I BUTTERI dell’Azienda agraria di Castel di Guido-FOTO FRANCO LEGGERI
I BUTTERI dell’Azienda agraria di Castel di Guido , del Comune di Roma, governano un nutrito branco di vacche maremmane dalle lunga corna , circa cinquecento, una specie protetta dall’Unione Europea. Nonostante sia stata introdotta qualche modesta forma di modernizzazione , l’allevamento di questi bovini viene tuttora praticato da butteri a cavallo secondo antiche modalità ; nelle diverse operazioni lavorative ( spostamenti, “sbrancamanti”, recupero di capi ecc.), i butteri si servono di fischi, richiami , grida, con cui comunicano (alluccano) con le vacche : frutto di un lungo apprendimento orale fatto di “saperi “e di tecniche tramandati di padre in figlio.
Testo tratto da GRIDA E RICHIAMI : Domenico Frascarelli, Mario Sfascia, Massimo Sfascia-
Roma, Castel di Guido, 29 novembre 2000.Archivio del Centro Regionale per la Documentazione dei Beni culturali e Ambientali , REGIONE LAZIO.
Le foto originali sono di Franco Leggeri- settembre 2012-
I BUTTERI dell’Azienda agraria di Castel di GuidoI BUTTERI dell’Azienda agraria di Castel di GuidoI BUTTERI dell’Azienda agraria di Castel di GuidoI BUTTERI dell’Azienda agraria di Castel di GuidoI BUTTERI dell’Azienda agraria di Castel di GuidoI BUTTERI dell’Azienda agraria di Castel di Guido
Roma- Municipio XIII- Castel di Guido-Tra i siti archeologici più interessanti che si trovano sul territorio del Municipio XIII è da annoverare senz’altro lo scavo-museo noto con il nome di Polledrara di Cecanibbio situato a Castel di Guido in un’area che, come lo stesso nome dice, doveva essere una riserva di pascolo destinata all’allevamento di puledri in Via di Cecanibbio, toponimo interpretato come indicativo della presenza in loco di un corso d’acqua sorvolato dal nibbio bruno.
In effetti un antico fiume doveva scorrere davvero in questa zona poiché nel suo alveo, rinvenuto sotto svariati strati di terreno, si sono depositati straordinari resti fossili di antichissimi animali di epoca preistorica (bue primigenio, bufalo, lupo, cervo elafo) ma soprattutto di elefanti antichi per i cui imponenti resti questo sito è considerato uno dei più importanti giacimenti paleontologici attualmente noti nel Lazio, risalente a circa 320.000 anni fa, all’epoca del Pleistocene medio-superiore. Contestualmente, sono stati rinvenuti anche strumenti litici e resti ossei risalenti al Paleolitico Inferiore.
L’area fu individuata begli anni 80 in seguito ad alcune ricognizioni di superficie condotte dalla Soprintendenza Archeologica e si estende per una superficie che supera i 900 mq e gli scavi sono ora in fase di conclusione. I risultati di essi ed i numerosissimi e ben conservati resti fossili hanno determinato – grazie ai finanziamenti stanziati dal MIBAC in occasione del Giubileo del 2000 – la nascita di un Museo che potesse contenerli e proporli all’attenzione del pubblico attraverso adeguati spazi espositivi.
Il giacimento è attualmente aperto al pubblico e può essere visitato dietro prenotazione da effettuare telefonando al numero +39.06.39967700(lunedì-sabato 9-13.30 e 14.30-17), o collegandosi al sito www.archeorm.arti.beniculturali.it
La Polledrara di CecanibbioLa Polledrara di CecanibbioLa Polledrara di CecanibbioLa Polledrara di CecanibbioLa Polledrara di CecanibbioLa Polledrara di CecanibbioLa Polledrara di CecanibbioLa Polledrara di CecanibbioLa Polledrara di CecanibbioLa Polledrara di Cecanibbio
SANTA MARINELLA –14 aprile 2016- Il Museo del Mare e della Navigazione antica ha chiuso i battenti. Da quasi due mesi infatti, lo storico portone che consente l’ingresso dei visitatori del castello di Santa severa, è letteralmente sbarrato. I motivi che hanno costretto la direzione del bene storico a bloccare la attività archeologiche del museo, sono da addebitare alla lentezza della macchina burocratica comunale che costringe le operatrici che lavorano all’interno della struttura a restare a casa in attesa di una chiamata. Nei mesi scorsi, infatti, il Comune aveva indetto un bando di gara per la gestione del Museo Civico, dopo che era stato rescisso il contratto con la cooperativa ‘‘Fuori C’Entro’’ per inadempienze contrattuali. A prendere il posto della vecchia società è stata la Cooperativa Culture di Mestre che ha vinto la nuova gara, presentando un progetto che ha riscontrato il favore dei dirigenti comunali. Purtroppo, però, l’azienda veneta non ha potuto prendere possesso del Museo in quanto, da una indagine fatta dalla stessa cooperativa, è stato rilevato che la struttura museale è priva di alcuni presidi che non la rendono idonea all’apertura al pubblico tra i quali il sistema antincendio. L’amministrazione comunale, dunque, dovrà provvedere a mettere a norma i locali prima di consegnarli alla Cooperative Culture. Tutte queste pastoie burocratiche e i tempi lunghi che hanno accompagnato il nuovo bando di gare per la gestione del Museo, hanno di fatto costretto i responsabili del castello a chiudere il Museo della Navigazione Antica. Un danno enorme per il traffico turistico del territorio cittadino e per il personale che lavorava all’interno della struttura archeologica. In base ad indiscrezioni, sembra che il problema relativo all’assenza dei presidi antincendio possano essere risolti prima del 25 aprile, data che solitamente, in passato, portava al castello di Santa Severa centinaia di turisti e amanti dell’archeologia provenienti da tutta Italia, per visitare il più grande porto di Pyrgi e il maniero più antico d’Italia che nasconde tra le sua mura poligonali testimonianze storiche uniche come le Lamine d’Oro o il Frontone di Pyrgi, considerati dei pezzi unici dell’antica civiltà etrusca. Per quella data dovrebbe anche riaprire l’intero castello che, come tutti sanno, è gestito dalla Regione Lazio che decide autonomamente quando spalancare i cancelli per consentire ai visitatori di vedere le torri Saracena e Normanna e le antiche mura poligonali.
Roma- Municipio XIII-9 aprile 2016 Nei giorni passati, le storiche colonne romane di piazza Irnerio sono state oggetto di uno sfregio vandalico. Qualche cittadino poco virtuoso ha acquistato del cemento, ha preso una scala, si è arrampicato sulle tre colonne Romane di tre tipi di granito diverso, (grigio sardo, grigio africano e rosa africano) ed ha versato il cemento su una di queste, dopo aver tolto gli spuntoni “anti piccione”. Le colonne erano state installate in piazza Irnerio dopo essere state recuperate dalle grotte della Domus Aurea nel 2012, e restaurate con cura sotto la direzione della Soprintendenza. “L’assenza dell’amministrazione Municipale è inaccettabile, sono sei mesi che abbiamo richiesto la riparazione della cancellata di Piazza Irnerio” dichiara il Vice-Coordinatore Romano di Forza Italia Alessandro Vannini. “Piazza Irnerio dovrebbe essere il fiore all’occhiello del nostro Municipio invece, da mesi, è abbandonata al degrado più totale come il resto del territorio municipale”.
Tra le bellezze poco conosciute del nostro territorio, lungo il percorso immediatamente suburbano della Antica Via Aurelia che usciva dalla città nei pressi dell’odierna Porta San Pancrazio al Gianicolo, si collocano i resti di una splendida necropoli risalente all’età augustea ed in uso almeno fino al II sec. d.C.
Essa fa parte di un sistema complesso di siti sepolcrali, in buona parte anche ipogei, disposti nel tratto extracittadino dell’Aurelia Antica in cui si inseriscono anche le necropoli di San Pancrazio (sotto la basilica omonima) risalente addirittura all’epoca repubblicana nei suoi resti più antichi e di Calepodio (presso via del Casale di San Pio V), sito più tardo afferibile al II-III sec. d.C. La persistenza di queste necropoli lungo la via testimonia l’intensa vitalità della regio XIV Transtiberim, l’ultima delle grandi sezioni in cui fu divisa Roma da Augusto nel I sec.d.C., densamente popolata da piccoli commercianti e artigiani, conciatori di pelli, falegnami, mugnai, vasai ed operai delle fornaci di cui rimangono tracce nelle iscrizioni sepolcrali rinvenute in queste aree, purtroppo in buona parte oggi non visitabili.
La Necropoli all’altezza del civ. 111 dell’Aurelia Antica si inserisce nella suggestiva cornice di Villa Doria Pamphilj e sorge poco distante dalla pars publica della Villa, costituita dallo splendida palazzina dell’Algardi (detta anche Casino del Bel Respiro) attualmente in uso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e divenuta sede di rappresentanza per le visite di Capi di Stato e di Governo.
Essa e’costituita principalmente di edifici del tipo a colombario (prevalenti anche nelle necropoli vicine) ossia di ambienti nelle cui pareti venivano alloggiate in apposite nicchie ricavate, le urne contenenti le ceneri dei defunti secondo l’uso della cremazione nettamente prevalente nel I sec.d.C.. Il colombario risultava essere la soluzione più pratica per ottimizzare gli spazi includendo il maggior numero di sepolture, soprattutto considerando che i cimiteri antichi erano costruiti su proprietà private.
Il complesso di Villa Pamphilj venne individuato già nel XVII sec. con la sistemazione della Villa da parte dell’Algardi, ma fu oggetto di indagini più accurate negli anni fra il 1821 ed il 1830 in seguito ad ulteriori lavori di modifica ed ampliamento della proprietà. I resti antichi conservati appartengono ad una serie di edifici il cui principale è il cosiddetto “Colombario maggiore” per numero delle sepolture/loculi ivi rintracciabili in buona parte ipogee, all’incirca 500, disposte su 7-8 file sovrapposte ognuna contraddistinta da una piccola tabella dipinta o da una piccola lastra marmorea inscritta col nome del defunto. Questo colombario era costituito da un’unica sala sotterranea in opera reticolata di tufo e da un’altra sala sovrastante a livello stradale dove si svolgevano i riti funebri. La sala ipogea aveva le pareti completamente affrescate con soggetti assai vari: paesaggi con architetture fantastiche, nature morte, paesaggi di campagna con uccelli e personaggi vari che alludono a scene mitologiche. La bellezza di questi affreschi era tale che intorno al 195 si decise di staccarli e conservarli nel Museo Nazionale delle Terme (Palazzo Massimo).
Adiacente al Grande Colombario è il monumento dalle forme più immediatamente rintracciabili per l’epoca antica, detto “Colombario Minore” di epoca adrianea. Esso si presenta interamente sopraterra, realizzato in opus latericium e recante due ingressi gemelli con architravi in travertino sormontati da rilievi con i busti dei defunti e cornice modellata in laterizio che doveva contenere l’iscrizione con il nome del capostipite della famiglia ivi sepolta. Il Colombario Minore mostra al suo interno l’uso contemporaneo dei riti di incinerazione e di inumazione, essendo presenti sia le nicchie ospitanti le urne con le ceneri, sia gli arcosoli per la deposizione degli inumati.
Nell’area si conservano alcune interessanti epigrafi sepolcrali appartenenti a liberti impegnati nelle varie attività artigianali del quartiere trasteverino, ma anche di soldati del I sec.d.C.
Il sito è ancor oggi oggetto di scavi e studi e l’ultima delle scoperte di un ulteriore colombario ipogeo adiacente agli altri due è avvenuta nel 1984: si tratta di una vasta camera funeraria rettangolare interamente sotto terra cui erano uniti altri ambienti più piccoli coperti con volte a botte tutte decorate con affreschi raffiguranti paesaggi naturalistici ed architetture fantastiche. Anche esso conteneva oltre 500 nicchie sigillate con lastre marmoree o muretti in argilla recanti l’iscrizione funebre, disposte su 7 file e probabilmente risalenti al I-II sec. d.C. Il pavimento delle sale è decorato interamente con mosaici, in particolare quello della sala centrale è in opus scutulatum, ossia ottenuto con tessere di materiale di scarto. Su un lato di esso si trova l’iscrizione C. Scribonius C. f. Menophilus che si riferisce verosimilmente a colui che pagò la messa in opera del pavimento, dunque il colombario oggi è conosciuto dagli studiosi come il Colombario di Scribonio Menofilo.
Completano l’intero complesso i resti monumentali di un recinto funerario costruito in opera quadrata di tufo e peperino, risalente alla fine del II sec. d.C. recante al centro del lato frontale una falsa porta in peperino decorata con ovuli e dentelli: al centro dei due battenti si trovano una coppia di maniglie proto leonine ricavate in bassorilievo con battenti ad anelli e due gorgoni; ai lati della porta sono anche riportate le misure dell’intera area sepolcrale (avente forma quadrata di circa 7, 2 m per lato). Un’ulteriore monumento funerario che testimonia il carattere dell’area si trova a ovest della Via Olimpica, il cosiddetto Casale di Giovio, probabilmente eretto su un edificio romano di età imperiale (I-II sec.d.C.). Sono ancora visibili i resti di una cortina laterizia che corre lungo tutto il perimetro della costruzione, in alcune parti conservate per un’altezza di circa 4 m.
L’intera area fin qui descritta è visitabile unicamente con un permesso speciale rilasciato dalla Questura, data la natura ufficiale che Villa Algardi riveste nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri. (MaG)
Due tenute di questo nome esistono nell’Agro romano , ambedue fuori di Porta Cavalleggeri , ambedue pertinenti ai Doria Pamphilj e fra loro confinanti, e distanti da roma 13 miglia. Distinguendosi co’ i nomi Testa di lepre di Sopra e Testa di Lepre di Sotto.
Testa di lepre di Sopra comprende 400 rubbia divise ne’ quarti del Casale, dell’arrone, della Colonnaccia e Rieo Maggiore, e delle Grottelle: confina colle tenute di Testa di Lepre di Sotto, Tragliata, Malvicino, Buccea e Torrimpietra.
Testa di Lepre di sotto comprende rubbia 460, è in parte mecchiosa ed in parte sodiva: essa è tutta destinata a pascipascolo del procoio del Principe proprietario, e confina colla precedente , colla strada di Civitavecchia (Aurelia), coll’Arrone, e colla tenuta di Torrimpietra.
FONTE-Antonio Nibby – ANALISI –STORICO-TOPOGRAFICO – ANTIQUARIA della Carta de’ dintorni di Roma -1849
Biblioteca Nazionale Centrale
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