Rivista Collettivo R-Poesie pubblicate n° 29/30 Gennaio del 1983 –Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA-
Rivista Collettivo R-Poesie pubblicate nel n° 29/30 Gennaio del 1983 –
Rivista Collettivo R-La casa editrice venne fondata nel dicembre 1970 su inizativa di Luca Rosi, Ubaldo Bardi e Franco Manescalchi all’interno del movimento dell’underground culturale ed editoriale fiorentino in stretto collegamento con l’associazionismo politico culturale e ricreativo (Arci, Circoli culturali, Case del popolo, partiti della sinistra storica, sindacati e movimento studentesco). Lo scopo era di collegare la contestazione politica con orizzonti culturali più ampi attraverso la proposta della riflessione di scrittori e poeti, in particolare italiani e latinoamericani, poco noti al grande pubblico. L’iniziativa si concretizzò nella pubblicazione della rivista «Collettivo R», un nome derivato dalle unioni spontanee di quegli anni e una lettera simbolica R ad indicare un triplice richiamo: Resistenza, Ricerca, Rivoluzione.
La rivista mosse i suoi primi passi come “rivista al ciclostile” e visse nei luoghi di cui si volle fare icona e portavoce. Si interessò e propose accanto alla poesia anche lavori grafici, critiche letterarie, racconti. A fianco della rivista uscirono le serie dei “Quaderni” con raccolte poetiche contemporanee. Nel 1980 fu pubblicata L’utopia consumata: Antologia 1970-1980 che riassume le iniziative e le proposte del primo decennio di esperienza di “poesia militante”. Nel 1981 con la Casa della Cultura e il Consiglio di Quartiere 7 diede vita al Centro Due Arti di documentazione poetica e grafica e affiancò all’attività editoriale la produzione di spettacoli culturali, recital poetici e incontri di divulgazione nelle scuole. Tradusse, pubblicò e introdusse in Italia numerosi poeti latinoamericani in collaborazione con le cattedre di ispanistica delle università di Firenze, Siena e Venezia, tra questi ricordiamo Ernesto Cardenal padre trappista e ministro della cultura del Nicaragua rivoluzionario. Il primo maggio del 1994 Luca Rosi, Franco Varano e Paolo Tassi diedero vita all’attuale configurazione societaria l’Associazione culturale Athaualpa finalizzata al perseguimento di soli obiettivi culturali con il sostegno e l’impegno pratico di numerosi soci che dedicano gratuitamente la loro attività professionale alla realizzazione delle edizioni.
La Rivista Collettivo R mosse i suoi primi passi come “rivista al ciclostile” e visse nei luoghi di cui si volle fare icona e portavoce. Si interessò e propose accanto alla poesia anche lavori grafici, critiche letterarie, racconti. A fianco della rivista uscirono le serie dei “Quaderni” con raccolte poetiche contemporanee. Nel 1980 fu pubblicata L’utopia consumata: Antologia 1970-1980 che riassume le iniziative e le proposte del primo decennio di esperienza di “poesia militante”. Nel 1981 con la Casa della Cultura e il Consiglio di Quartiere 7 diede vita al Centro Due Arti di documentazione poetica e grafica e affiancò all’attività editoriale la produzione di spettacoli culturali, recital poetici e incontri di divulgazione nelle scuole. Tradusse, pubblicò e introdusse in Italia numerosi poeti latinoamericani in collaborazione con le cattedre di ispanistica delle università di Firenze, Siena e Venezia, tra questi ricordiamo Ernesto Cardenal padre trappista e ministro della cultura del Nicaragua rivoluzionario. Il primo maggio del 1994 Luca Rosi, Franco Varano e Paolo Tassi diedero vita all’attuale configurazione societaria l’Associazione culturale Athaualpa finalizzata al perseguimento di soli obiettivi culturali con il sostegno e l’impegno pratico di numerosi soci che dedicano gratuitamente la loro attività professionale alla realizzazione delle edizioni.
IN RICORDO DI LUCA ROSI direttore della rivista di poesia “COLLETTIVO R- ATAHUALPA”
Sabato 21 settembre u.s. è morto Luca Rosi. Quanti l’abbiamo conosciuto abbiamo perso non solo il poeta, ma l’amico leale e sensibile, sempre vicino nei problemi di vita quotidiana; tutti noi dopo la sua morte siamo orfani di qualcosa,sentiamo la sua assenza come un vuoto e siamo affranti, questo vuoto era la sua dolcezza nei rapporti con tutti e il suo impegno tenace, di una persona forte e resistente moralmente, con la sua orientazione a portare a termine impegni di traduzione dei testi della rivista, di redazione dei “quaderni” di poesia o della preparazione dei diversi numeri della rivista. In questo impegno in cui si riconosceva pienamente e attraverso esso comunicava con tutti noi ed era felice quando inviava la rivista e spesso aggiungeva in un foglio allegato un caro saluto. Luca, con me, che abito a Roma, spesso era presente con una telefonata o con una lettera. Qualche volta veniva a Roma per i suoi impegni nel sindacato dell’editoria,ed era un’occasione di incontro e di riflessione, ugualmente avveniva nei miei ritorni a Firenze, anche dopo la conclusione del periodo universitario.
Luca era nato settanta quattro anni fa. L’ho incontrato la prima volta a Firenze, nella sua abitazione, per una riunione della redazione della rivista “Collettivo R”, fondata da Franco Manescalchi insieme allo stesso Luca. Quella sera, ricordo ci fossero Silvano Guarducci, Ubaldo Bardi e Paolo Tassi. Ero stato invitato, dopo aver scritto una lettera alla redazione in seguito alla presa visione di uno dei primi numeri che era arrivato alla redazione dei “Quaderni Calabresi” di Vibo Valentia. Siamo nei primi anni ’70, molto ricchi di fermenti culturali, e io ero alla ricerca di un percorso personale, che coniugasse politica e poesia. Allora mi sembrò – e fu poi così – di averlo trovato nella rivista fiorentina e nel gruppo di persone che l’animava.
Quando i rapporti redazionali divennero più frequenti con Luca, si andava formando anche una sincera amicizia, che col tempo si è consolidata, diventando molto preziosa. Io lo apprezzavo molto e gli volevo bene, e lui non mancava di farmi sentire il suo affetto e la sua stima, giudicando positivamente non solo i miei primi testi poetici per la rivista, ma spesso mi incoraggiava tantissimo a continuare a scrivere durante i miei periodi di dubbi e di insicurezza nel trovare un mio percorso. Io intanto scorgevo in lui (anche in Franco e Silvano e Paolo) l’unione tra intelligenza e sforzo morale: cioè l’attenzione che riversava verso la storia coniugata con la poesia. Lui , figlio di emigranti italiani in Venezuela, ritornato in Italia per studiare all’Università, aveva cominciato con l’interesse per i problemi degli studenti stranieri in Italia, con la redazione di un giornale degli studenti immigrati. Nel frattempo aveva avviato con la scrittura di testi poetici una comprensione del mondo e della sua storia. Penso alle prime due raccolte: “TERRA CALCINATA” E “AMORE SENZA TEMPO”. Per la prima volta ho cominciato a sentire da lui ( e da Franco) l’espressione caratterizzante: la poesia come poesia della tensione. Essa era il risultato di riflessioni sul giusto rapporto morale con il mondo di quella storia che allora era divisa tra oppressione e movimenti di rivolta e rivoluzione. In quella concezione della poesia mi sembrava abitasse qualcosa di spirituale unito al politico. Luca era così, racchiudeva l’uno e l’altro. Lo spirituale mi sembrava basato su ciò che chiamiamo scelta, responsabilità, disponibilità all’apertura al mondo della storia. Così era fatto il suo mondo di poeta e di intellettuale, di poeta-intellettuale. Lui proponeva una poesia fatta con la passione della politica e con una tensione spirituale verso le singole persone oltre che per i fatti storico-collettivi. In Luca era molto presente anche l’orizzonte esistenziale, credo per dare un senso maggiore alla storia e alla vita stessa. Luca, già nei primi numeri della rivista “Collettivo R” individuava il ruolo del poeta come politico, con una sensibilità e una “tensione” verso le classi sfruttate e oppresse. Lui pensava possibile una <<lunga marcia>> in cui i poeti avrebbero lasciato da parte le ambizioni piccolo-borghesi, ogni prestigio personale per identificarsi con i problemi storici dell’oppressione. Luca è stato un innovatore : attraverso i testi classici del marxismo, denunciava nei primi scritti l’alienazione del lavoro intellettuale nell’industria, tra cui quello del poeta, che avrebbe perso l’aureola, e proponeva l’uscita dall’editoria tradizionale, con l’esoeditoria e il ciclostile e la diffusione a braccio della poesia tra gli strati popolari (case del popolo, scuole, ecc), collegandosi con le forze sociali che agivano a livello di massa. Così individuava il ruolo del poeta come ruolo politico in senso lato, con una tensione verso le classi oppresse. La Sua presenza alle feste dell’Unità, in alcune scuole, presso le Case del Popolo, e altri luoghi pubblici era determinante e necessaria: lui non riservava le sue energie che a questa attività di pedagogo, di amante della poesia, per far altresì innamorare gli altri. Una sua grande gioia era quella di poter invitare in questi incontri il poeta Cardenal o Rafael Alberti, o di tradurre dallo spagnolo moltissimi poeti latino-americani, per poterli far conoscere ai lettori italiani, cominciando dall’ antologia collettivamente tradotta: “Poeti a Cuba”. Il suo amore intenso per la poesia lo portava spesso a organizzare cene di sottoscrizione per continuare la pubblicazione della rivista, o a passare giorni interi a correggere le bozze di più di 50 libri di poesia di altrettanti autori, o a interessarsi alla redazione dell’antologia “L’Utopia Consumata” (o Anti-Antologia),o a curare periodicamente e con assiduità la corrispondenza con i poeti della rivista , o a tener testa ai diversi progetti culturali, relativi alla fondazione del Centro Eielson per la conoscenza della poesia latino-americana, o alla fondazione dell’Associazione culturale “ATAHUALPA, o alla edizione della nuova serie della rivista a cominciare dal 2006, o a preparare presso la biblioteca Marucelliana di Firenze la mostra di tutti i materiali di “COLLETTIVO R” e i diversi incontri di presentazione di libri per il quarantesimo anniversario della rivista.In questo suo impegno tenace era sempre sostenuto da una famiglia molto generose e a lui vicina: dalla moglie Felis, dalle figlie e dai nipoti, a cui ha saputo trasmettere con molto affetto il valore della poesia. Ecco, quando prendiamo in mano o pensiamo un numero della rivista o uno dei libri editati da Colletttivo R, pensiamo a Luca, al suo grande amore perché la poesia giungesse a tantissimi, perciò pensiamo a Lui come poeta, intellettuale e pedagogo. Ora questo suo mondo apparentemente trascorso vivrà nel futuro, nella misura in cui noi lo ricordiamo riproponendolo. (Luca un grazie infinito da parte mia e a nome anche di coloro che ti hanno conosciuto attraverso la Rivista).