Poesie di Nina Cassian tra le più importanti autrici romene del Novecento- Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Poesie di Nina Cassian tra le più importanti autrici romene del Novecento-
Nina Cassian-Renée Annie Cassian-Mătăsaru nacque a Galați, Romania il 27 novembre 1924 e morì a New York il 15 aprile 2014. Fu poetessa, scrittrice e traduttrice.
Studiò Belle Arti e Filologia presso l’Università di Bucarest. Il suo interesse per la poesia si sviluppò presto, e il suo esordio letterario risale agli anni ’40. Le sue prime opere furono influenzate dal surrealismo e da tematiche sociali. Tuttavia, con il passare del tempo, il suo stile si evolse e divenne sempre più personale, esplorando temi come l’amore, l’identità e la condizione umana.
Nel corso della sua carriera, Nina Cassian pubblicò numerose raccolte di poesie, acquisendo una reputazione distintiva all’interno della scena letteraria romena. Tra le sue opere di poesia citiamo Dialogul vântului cu marea (“Dialogo del vento col mare”, 1957), Destine paralele (“Destini paralleli”, 1967) e Numărătoarea inversă (“Conto alla rovescia”, 1983).
Nina Cassian fu anche un’abile traduttrice, portando opere di poeti stranieri come William Shakespeare, Samuel Beckett e T.S. Eliot in lingua romena. Questo contributo alla letteratura mondiale consolidò la sua posizione nel panorama culturale.
Tuttavia, la sua attività artistica la portò ad essere perseguitata dal regime comunista romeno. Nel 1985, dopo aver criticato apertamente il regime, si trasferì negli Stati Uniti, dove visse in esilio. Negli USA, continuò la sua produzione poetica, pubblicando nuove raccolte, tra cui Take my word for it del 1998, e proseguendo l’attività di pittrice.
Dopo essersi affermata in patria come poetessa e scrittrice, oltre che musicista e illustratrice di libri, nel 1985 è stata costretta a chiedere asilo politico in USA, dove ha vissuto il resto dei suoi giorni, poichè era stata presa di mira dalla Securitate, la polizia segreta del dittatore Ceauşescu, per aver trascritto alcune sue strofe compromettenti nel diario di un amico dissidente.
La stessa Cassian, che in una sua lirica scriverà, “pur se verrò sepolta in una terra aliena, risorgerò un giorno nella lingua romena”, ricorda così il periodo in cui maturò all’improvviso la dolorosa decisione di riparare oltreoceano:
“Sono partita nel settembre 1985. Avevo ricevuto un invito per insegnare Poesia alla New York University. Cinque mesi in tutto. Avevo solo un cappotto, pantaloni, maglioni e qualcosa di più elegante per Natale e Capodanno, che avrei trascorso a New York. Non avevo nemmeno una maglietta o un vestito estivo con me. A novembre ricevo una telefonata da Chicago, dalla figlia di George ‘Babu’ Ursu, che mi dice che suo padre è morto. Come sappiamo oggi, è stato ucciso in prigione, percosse. Ricevo poi un’altra chiamata, questa volta da una parente di Iordan Chimet, che mi consiglia di non tornare indietro.”
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SERENO
(Nina Cassian, pseudonimo di Renée Annie Cassian-Mătăsaru)
Sarà un tempo sereno, un tempo da inni.
Con un sol gesto l’aria fenderò,
pronuncerò solo parole immacolate.
Dirò “cielo”, “fonte”, dirò “sole”
e “lacrima” e “musica”, “immunità”.
Sarà il tempo in cui il mio ricordo
non sarà sfiorato da eco di massacri
ma da aliti soavi di poesia
ché a volte anche il sangue alita.
Di tutto quel che un tempo era promiscuo
conservo solo il sacro e mossa al perdono
loderò i contrasti perdonanti.
Dirò “cielo” e “sole” ma anche “musica”
e sarà “sole”, “musica” e “cielo”
intorno a me e intorno al mondo.
Le vocali assumeranno, naturali, la loro gloriosa aureola.
E verrà il tempo sonoro, scintillante,
un tempo solenne e puro, un tempo da inni
e verrà un giorno il tempo! Oh se verrà!
C’è modo e modo di sparire. Poesie 1945-2007 (Adelphi, 2013), trad. it. A. N. Bernacchia, O. Fatica
POESIA
Da questa matita si diparte una strada di grafite
e sulla strada passeggia una lettera, come un cane,
ed ecco una parola come una città abitata
dove forse arriverò domani.
SE TU POTESSI VIVERE
Se tu potessi vivere
le ore del tè, del caffè,
il tintinnio indolente delle tazze,
se potessi concepire le soavi ore ramate
nel pomeriggio di una vecchia famiglia di un secolo vecchio
che si è crogiolato in una memoria romantica,
se potessi non spaventarti quando
nella tazza colma di tè vedi il tuo volto
dalla fiamma dell’inferno intensamente illuminato.
C’è modo e modo di sparire
Ho creduto
di essere facilmente riconoscibile
dal mio leggiadro anulare
(ora tutto ingobbito)
e dal cane piumato
che mi accompagna.
Ho creduto di poter essere
una nappina appesa al Suo abat-jour,
Donna Decrepitudine.
La sabbia rosicchia la mia sagoma.
Scompaio,
divengo con lei una cosa sola.
C’è modo e modo di sparire (Adelphi, 2013), cura e traduzione di O. Fatica, A. Bernacchia
Volevo restare a settembre
sulla spiaggia pallida e deserta,
volevo caricarmi di cenere
delle mie volubili gru
e che il vento grave dormisse
come acqua nelle reti fra le chiome;
volevo una notte accendermi
una sigaretta più bianca della luna
e intorno a me – nessuno, solo il mare
con la sua forza grave e latente;
volevo restare a settembre,
presente al trascorrere del tempo,
una mano fra gli alberi e l’altra
nella sabbia canuta – e scivolare
nell’autunno insieme all’estate…
Ma a me sono stati prescritti,
è chiaro, più penosi abbandoni.
Mi è toccato strapparmi a paesaggi
a cuore impreparato
e mi è toccato lasciare l’amore
quando ancora amare vorrei…
C’è modo e modo di sparire (Adelphi Edizioni, 2013) trad. it. A. N. Bernacchia
Preghiera
Se esisti per davvero – fatti avanti,
sii nuvola, caprone, aviatore,
porta con te occhi, bocca, voce,
– chiedimi qualcosa, lascia che mi sacrifichi,
prendimi tra le braccia, proteggimi,
nutrimi con la settima parte di un pesce,
fammi un fischio, dissodami le dita,
ricolmami di aromi, di stupore,
– resuscitami.
La tentazione
Più vivo di così non sarai mai, te lo prometto.
Per la prima volta vedrai i pori schiudersi
come musi di pesce e potrai ascoltare
il mormorio del sangue nelle gallerie
e sentire la luce scivolarti sulle cornee
come lo strascico di un abito; per la prima volta
avvertirai la gravità pungerti
come una spina nel calcagno
e per l’imperativo delle ali avrai male alle scapole.
Ti prometto di renderti talmente vivo che
la polvere ti assorderà cadendo sopra i mobili,
che le sopracciglie diventeranno due ferite fresche
e ti parrà che i tuoi ricordi inizino
con la creazione del mondo.
Ginnastica mattutina
Mi sveglio e dico: sono perduta.
È il mio primo pensiero all’alba.
Comincio bene la giornata
con questo pensiero assassino.
Signore, abbi pietà di me
– è il secondo, e poi
scendo dal letto
e vivo come se
nulla mi fosse accaduto.
Ermetica
Se ci fosse un luogo dove conficcare un altro grido
quale potrebbe essere, la roccia o il mare
o l’occhio dell’uccello della notte, fisso e tondo, duro come la pietra,
giallo come la luna?
Ah, tutto è impenetrabile.
E il grido viene fuori dalla bocca
pendulo come la lingua dell’impiccato.
Articolo di Daniele Piccinini- Nina Cassian, una nuova genesi per il mondo –Fonte-Famiglia Cristiana-
13/06/2014 Viaggio nell’universo poetico della romena, in “esilio” negli Stati Uniti, una enciclopedia del ‘900 che tenta di immaginare la realtà a partire dall’esistente, fino alla preghiera finale: «Resuscitami».
L’esilio è per la poesia come una nutrice austera. In esso i fuochi della lingua materna brillano più chiari, il mondo diventa un unico grandioso mistero. Anche Nina Cassian, romena, si è abbeverata a questa fonte oscura, ricavandone una densa lezione. La sua poesia era già ampiamente formata quando il tema del non-ritorno, della fuoriuscita è venuto a visitarla.
Nel 1985 era in viaggio negli Stati Uniti: allora nella sua Romania le rivelazioni di un dissidente arrestato e torturato la mettono in pericolo e la rendono un possibile bersaglio del regime. Così decise di non tornare indietro. Da allora è vissuta negli Stati Uniti, fino alla recente scomparsa (aprile 2014), esprimendosi dunque in romeno e in inglese («Solo un sibilo bilingue» dice della sua lingua) oltre che nelle parole inventate dello spargano.
C’è modo e modo di sparire, suona il titolo della scelta di testi presentati al lettore italiano (C’è modo e modo di sparire. Poesie 1945-2007, a cura di Ottavio Fatica, Adelphi, pp. 304, euro 25,00). Nata nel 1924, la Cassian ha attraversato il secolo (che come Caproni vedeva ferito: «Ma non guarisco dalla ferita del secolo, dalla ferita del mondo»), anzi la sua poesia sembra per molti aspetti una specie di enciclopedia del Novecento, non solo letterario, ma anche artistico, a partire almeno dal surrealismo. Colori, pensiero, forme sembrano attinti a un unico misterioso bulicame caotico e zampillante (non per nulla la poetessa parla di un’«apocalisse ilare»): si tratta insomma, novecentescamente, di rifare il mondo, di immaginarlo a partire dall’esistente, rovesciando e inclinando le categorie, mescolando sogno e veglia, visione e vista.
Come nota Ottavio Fatica, curatore del volume e traduttore dei testi scritti in inglese (quelli in romeno sono tradotti da Anita Natascia Bernacchia), c’è prima di tutto un vasto bestiario nei versi della Cassian: dal cucciolo di squalo alla tigre con gli occhi gialli, dallo scoiattolo al mite asino. Quasi mai naturalistici in senso stretto, questi animali sono l’alfabeto di un universo da rifare. Infatti si tratta, come dice la poetessa, di «giocare alla Genesi», «perché qui come altrove tutto si rimescola».
Anche la musica entra nella nuova creazione, nel caotico convergere delle specie e delle arti (la Cassian si è anche dedicata a comporre musica e a dipingere): più che verso un’ampia sonata (si veda la lunga poesia su Bach), la Cassian ha tuttavia il respiro del testo medio e breve e soprattutto di quello epigrammatico, fino a sconfinare nell’aforisma. Lì sa dare il meglio del suo guizzo inventivo e arioso, con un tocco che ha forse qualche punto di contatto con la grande polacca Szymborska (sua quasi coetanea), nell’ironia, nella leggerezza, anche se intrise qui di onirico e magari di macabro.
Come non molti poeti moderni (viene in mente da noi il versante giocoso di Sanguineti) la Cassian gioca a farsi l’autoritratto, ne sorride (specie parlando del proprio naso), si diverte nell’autocaricatura, che è di nuovo, però, una ricetta di poesia all’insegna della commistione, dell’impurità, dell’invenzione fantastica e dell’antiretorica: «Mi è toccato questo volto strano, triangolare, / questo pan di zucchero o questa / polena degna di navi corsare / e capelli lunghi, lunari, sulla cresta. // Mi è toccato portare in giro un aggressivo contorno / errabondo da mane a sera che spesso / squarcia la retina di chi mi sta dintorno / quando proietto alla parete il mio incongruo essere». Così recitano le prime due quartine di Autoritratto, mentre la terza, la penultima, aggiunge: «A chi appartengo? Mi rinnegano antenati e genitori. / Temporaneamente alleate mi rinnegano le razze, / i bianchi, i gialli, i rossi e i neri. / Neppure la specie mi riconosce tutta d’un pezzo».
Invenzione e scherzo non tolgono serietà alla parola poetica, anzi ne sono il contraltare e la conferma, essa che è tutta protesa a «rendere felicità e dolore gradini della conoscenza».
La poesia, che imprigiona il mondo per ansia di conoscerlo e ricrearlo, ha un suo aldilà, può tentare – ancora alla Caproni – una preghiera paradossale ma non troppo («Se esisti per davvero – fatti avanti»), si tende da giovinezza a decrepitudine fino a un’ombra, un’idea di resurrezione. Da parola a parola, da soffio a sibilo, la poetessa arriva a pensare di risorgere nella lingua materna; a chiedere nella sua non convenzionale preghiera «- resuscitami»
Nina Cassian
C’è modo e modo di sparire
poesie 1945-2007
Traduzione di Anita Natascia Bernacchia, Ottavio Fatica
A cura di Ottavio Fatica
SINOSSI
Ultima figura emblematica di una ormai classica tradizione modernista, erede e testimone di quel fecondo ambiente romeno di cui facevano parte Brâncusi e Tzara, Ionesco, Eliade e Cioran, e come loro inevitabilmente esule, Nina Cassian ha percorso un tragitto artistico e umano singolare come la sua persona. Nel 1985, già titolare di una lunga carriera di successo (con qualche strappo al morso del regime), durante un soggiorno negli Stati Uniti finisce nel mirino della polizia, che ha scoperto certi suoi testi a dir poco caustici contro la politica e i politicanti del Paese: decide allora di non tornare in patria e chiede asilo politico. Qui, sostenuta e tradotta da vari poeti americani, rinasce a nuova vita. E la scelta, la riproposta, la traduzione, a volte la vera e propria ricreazione delle poesie romene precedenti l’esilio, nonché la stesura di nuovi componimenti – in romeno prima, e dopo qualche anno anche in inglese –, alimenteranno un corpus che non ha riscontri, né rivali, nell’odierno panorama poetico internazionale. Si avvertono, nella voce della Cassian, echi ravvicinati di tutta la più nobile stagione del Novecento: da Mandel’štam a Cvetaeva, da Apollinaire a Brecht a Celan, e si potrebbe risalire fino a Emily Dickinson, «sublime sorella», o anche più indietro, all’amoroso furor saffico. Il timbro è unico: diretto, spudorato, strenuamente lirico, a tratti disarmante, a tratti sornione, arguto e brutale al tempo stesso – e nudo, sempre, e sempre seducente. Si passa dalle punte epigrammatiche avvelenate ai voli pindarici sulle ali d’organo di un Bach – non per niente la Cassian compone musica: e dipinge, disegna, illustra libri anche per l’infanzia, spesso scritti da lei –, e ogni volta queste poesie, come ha scritto Vittorio Sermonti, ci riguardano da vicino, «sconvenientemente».
Nina Cassian, pseudonimo di Renée Annie Cassian-Mătăsaru (Galați, 27 novembre 1924 – New York, 15 aprile 2014), è stata una poetessa, scrittrice e traduttrice romena.
Biografia
Tra il 1926 e il 1935 vive e studia a Brașov, successivamente si trasferità a Bucarest dove terminerà gli studi liceali. Nella capitale inizia a frequentare corsi di recitazione con l’attrice Beate Fredanov, la scuola di pittura diretta dall’artista M.H. Maxy e studiare il pianoforte con il musicista Constantin Silvestri.
Nel 1943 sposa lo scrittore Vladimir Colin da cui divorzierà nel 1948, per sposarsi con il critico letterario Al. I. Stefanescu.
Nel 1944 si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia, ma non completerà mai gli studi universitari. Nel 1945 pubblica la sua prima poesia sul giornale România liberă, seguita a due anni di distanza dal volume La scară 1/1, opera stilisticamente vicina all’espressività delle avanguardie artistiche e per questo definita decadente dalla critica ufficiale comunista.
Negli anni successivi aderirà allo stile imposto dal regime scrivendo versi encomiastici verso il regime comunista e i suoi leader. A questo periodo risalgono le raccolte Sufletul nostru (1949), An viu – nouă sute și șaptesprezece (1949), Tinerețe (1953), Florile patriei (1954) e Versuri alese (1955). Solo nel 1957 con i volumi Vârstele anului e Dialogul vântului cu marea
La poetessa riapproderà a una poesia svincolata dalla celebrazione ideologica del regime comunista. Negli anni successivi si dedicherà a un’intensa attività poetica e alla produzione di libri per bambini. Nel 1969 riceve il Premio dell’Unione degli Scrittori di Romania.
Nel 1985 è invitata negli Stati Uniti a tenere un corso di “Creative Writting” all’Università di New York e decide di non rientrare più in Romania. Ha vissuto a New York fino alla morte, avvenuta il 15 aprile 2014, all’età di 89 anni, a seguito di un attacco cardiaco[1].
Opere
- La scara 1/1 (“Scala 1/1”), 1947
- Sufletul nostru (“La nostra anima”), 1949
- An viu, nouă sute şi şaptesprezece (“Anno vivo, novecento e diciassette”), 1949
- Horea nu mai este singur (“Horea non è più solo”), 1952
- Tinereţe (“Gioventù”), 1953
- Versuri alese (“Versi scelti”),1955
- Vârstele anului (“Le età dell’anno”), 1957
- Dialogul vântului cu marea (“Dialogo del vento col mare”), 1957
- Spectacol în aer liber – o monografie a dragostei (“Spettacolo all’aperto – una monografia dell’amore”), 1961
- Să ne facem daruri (“Facciamoci dei doni”), 1963
- Disciplina harfei (“La disciplina dell’arpa”), 1964
- Sângele (“Il sangue”), 1966
- Destine paralele (“Destini paralleli”), 1967
- Ambitus, 1969
- Cronofagie (“Cronofagia”), 1969
- Recviem, 1971
- Marea conjugare (“La grande coniugazione”), 1971
- Loto-poeme (“Lotto-poemi”), 1972
- Suave (“Soavi”), 1974
- O sută de poeme (“Cento poesie”), 1975
- Viraje (“Virate”), 1978
- De îndurare (“Per la misericordia”), 1981
- Numărătoarea inversă (“Conto alla rovescia”), 1983
- Blue Apple, trad. in inglese di Eva Feiler, New York, 1981;
- Lady of Miracles, versi, trad. di Laura Schiff, Bucarest, 1982;
- Numărătoarea inversă, versi, Bucarest, 1983;
- Jocuri de vacanță, versi e prosa, Bucaresti, 1983;
- El sangre, trad. in spagnolo di Mihaela Rădulescu, Bucarest, 1983;
- Lady of Miracles, trad. di Laura Schiff, Berkley, 1988;
- Call Yourself Alive?, versi, trad. in inglese di Brenda Walker e Andreea Deletant, Londra, 1988 (II, 1989);
- Life Sentence. Selected Poems, New York & London, 1990 (Trad.: Richard Wilbur, Stanley Kunitz, Carolyn Kiser, Nina Cassian, Andreea Deletant, Petre Solomon, Cristian Andrei etc);
- Cheerleader for a Funeral, Trad. da Brenda Walker con l’autrice, London & Boston, 1992;
- Cearta cu haosul, versi e prosa (1945-1991), Bucarest, 1993;
- Desfacerea lumii: 1984-1996, versi, Bucarest, 1997;
- Take My Word for It, versi, New York, 1998;
- Something Old, Something New, poemi, con disegni dell’autore, Tuscaloosa, Alabama, 2002;
- Memoria ca zestre. vol. I: 1948-1953, 1975-1979, 1987-2003; vol. II: 1954-1985, 2003-2004, Bucarest, 2003-2004.
Per bambini
- Nică fără frică (“Nica senza paura”), 1952
- Ce-a văzut Oana (“Cos’ha visto Oana”), 1952
- Florile patriei (“I fiori della patria”), 1954
- Prinţul Miorlau (“Il principe Miorlau”), 1957
- Aventurile lui Trompişor (“Le avventure di Trompişor”), 1959
- Încurcă-lume (“Il fastidia-gente”), 1961
- Curcubeu (”Arcobaleno”), 1962
- Povestea a doi pui de tigru, numiţi Ninigra şi Aligru (“La storia di due cuccioli di tigre, chiamati Ninigra e Aligru”), 1969
- Pisica la televizor (“Il gatto della TV”), 1971
- Între noi copiii (“Tra noi bambini”), 1974
- Roșcată ca arama și cei șapte șoricari, versuri pentru copii (Rossarame e i sette bassotti), Bucarest, 1985;
Traduzioni di Nina Cassian
- Vl. Maiakovski, Ce să fiu, Bucarest, 1951;
- M. Isakovski, Poezii alese, Bucarest, 1951;
- Vl. Maiakovski, Calul năzdrăvan, Bucarest, 1952;
- idem, Iată o cărticică în dar, despre moarte, despre far, Bucarest, 1953;
- idem, Pe fiecare filă, un elefant, o cămilă, Bucarest, 1953;
- A. Barto, Sărbătoarea ta, Bucarest, 1953;
- Vl. Maiakovski, Copiilor, Bucarest, 1953;
- K. Ciukovski, Povești, Bucarest, 1956 (ed. II, 1959; ed. III, 1963);
- Moliere, Mizantropul, Bucarest, 1956 (ed. II, 1966);
- idem, Femeile savante, Bucarest, 1958 (ed. II, 1974);
- Mărgărita Aligher, Zoia, Bucarest, 1958;
- Iannis Ritsos, Arhitectura copacilor, Bucarest, 1959;
- K. Ciukovski, Puișorul, Bucarest, 1959;
- D. Rendis, Legenda lacului, Bucarest, 1963;
- Iannis Ritsos, A patra dimensiune, Bucarest, 1964;
- D. Rendis, Poezii, Bucarest, 1966;
- B. Brecht, Versuri, Bucarest, 1966;
- Christian Morgenstern, Cântece de spânzurătoare, Bucarest, 1970;
- Paul Celan, Versuri, in collaborazione con Petre Solomon, Bucarest, 1973;
- H. Kahlau, Fluxul lucrurilor, Bucarest, 1974;
- Moliere, Femeile savante, Bucarest, 1974;
- E. Guillevie, Poemi, Bucarest, 1977;
- I. Manger, Balada evreului care a ajuns de la cenușiu la albastru, trad. in collaborazione con I. Bercovici, Bucarest, 1983.
Traduzioni in lingua italiana
- C’è modo e modo di sparire. Poesie 1945-2007, Milano, Adelphi, 2013. A cura di Ottavio Fatica. Traduzioni dal romeno di Anita Natascia Bernacchia; traduzioni dall’inglese di Ottavio Fatica.
- Iarna (inverno), Caltanissetta-Roma, S. Sciascia, 1960, versione a cura di Antonino Uccello.
- Poesie scelte, in L’immaginazione, n. 246/2009 (Manni Editori), traduzione di Anita Natascia Bernacchia.
- Il sangue; La tentazione; Cedere il posto agli anziani e agli ammalati; Mi tagliano in due; Il mio dialogo con la dittatura, in Il vizio di leggere di Vittorio Sermonti, Rizzoli, 2009, ISBN 88-17-03298-0 traduzione a cura di Anita Natascia Bernacchia.