Roma al Teatro Ghione va in scena Dr. Jekyll & Mr. Hyde, dal 6 al 9 marzo-
Roma -Jekyll & Mr. Hyde, Teatro Ghione dal 6 al 9 marzo locandina spettacolo-Londra 1886. Il dottor Henry Jekyll, medico affermato e stimato, studia con dedizione la psiche umana. Dopo vari e originali esperimenti, giunge alla composizione di una pozione dagli effetti straordinari. La prova su se stesso e subisce una trasformazione tale da far emergere la sua seconda natura, quella non domata da morale o educazione: «La droga infatti, di per se stessa, non agiva in un senso piuttosto che nell’altro, non era divina né diabolica di per sé; scosse le porte che incarceravano le mie inclinazioni».
Roma -Jekyll & Mr. Hyde, Teatro Ghione
Jekyll proietta dalle proprie viscere il mostro Mr. Hyde (in inglese il verbo to hyde significa nascondere, dunque letteralmente Mister Occulto). Il suo doppio malvagio imperversa impunito in una progressione di delitti, sconvolgendo chiunque abbia a che fare con lui: Hyde è puro istinto di libertà. Ma cosa accadrà a Jekyll? Quale tra le due parti, Jekyll-Hyde, sopravvivrà? Jekyll riuscirà a non far scoprire a nessuno il suo segreto?
Roma -Jekyll & Mr. Hyde, Teatro Ghione
Roma -Jekyll & Mr. Hyde, Teatro Ghione
Roma al Teatro Ghione va in scena Dr. Jekyll & Mr. Hyde
“Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” è considerata la più importante opera di Stevenson, ed è uno dei più grandi classici della letteratura fantastica di tutti i tempi. La trama del racconto trae origine da un incubo dell’autore. Fortemente impressionato dallo “spirito malvagio” che aveva abitato la sua notte, lo scrittore si mise immediatamente al lavoro su quel che diventerà il suo capolavoro. “Quel forte senso della doppiezza che si annida nell’ uomo è qualcosa che a tratti cattura e sovrasta la mente di ogni creatura pensante”. Opera dell’horror e del mistero, strutturata sulle trame del romanzo poliziesco carico di suspense e di colpi di scena
imprevedibili, si dipana intorno ad un preciso nucleo tematico, relativo ad un caso di sdoppiamento della personalità.
Il dottor Jekyll si accorgerà, con terrore, che le trasformazioni dall’una all’altra personalità si avvicenderanno senza suo intervento e ad una frequenza sempre più irregolare, a intervalli di tempo via via più breve. Lo spettacolo, dalla trama avvincente, trasporterà lo spettatore direttamente nella Londra di fine ‘800, durante la seconda rivoluzione industriale, grazie alla scenografia strutturata su tre piani, ideata e realizzata dall’artista internazionale Sergio Gotti, ad abiti d’epoca di alta sartoria teatrale, e ad una vasta ed accattivante scelta musicale.
Teatro Ghione
Dal 6 al 9 marzo 2025
Teatro della Luce e dell’Ombra
Dr. Jekyll & Mr. Hyde
Da Robert Louis Stevenson
Regia di Gennaro Duccilli
con Gennaro Duccilli, Eleonora Mancini, Maria Angelica Duccilli, Paolo Ricchi, Natale Russo, Giordano Luci, Fabrizio Rinaldi, Matteo Rancadore, Isabella de Cesaris, Priscilla Menin, Raffaello Micheli, Lorenzo Romanazzi, Samuele Libertucci, Vittoria Pacetti
Roma -Jekyll & Mr. Hyde, Teatro Ghione
Roma -Jekyll & Mr. Hyde, Teatro Ghione
Roma -Jekyll & Mr. Hyde, Teatro Ghione
Scene: Sergio Gotti, Luci: Antonio Accardo, Sound design: Giulio Duccilli, Ufficio stampa: Andrea Cavazzini, Comunicazione e marketing: www.cultadv.com , Produzione: Teatro della Luce e dell’Ombra, Responsabile comunicazione: Antonio Maria Duccilli.
Roma -Jekyll & Mr. Hyde, Teatro Ghione
Cast Artistico
con Paolo Ricchi, Eleonora Mancini, Giordano Luci, Maria Angelica Duccilli, Natale Russo, Fabrizio Rinaldi Matteo Rancadore, Isabella de Cesaris, Priscilla Menin, Raffaello Micheli, Lorenzo Romanazzi, Samuele Libertucci, Giulia Lovisa, Vittoria Pacetti
Comunicazione: www.cultadv.com, Ufficio stampa: Andrea Cavazzini – Quarta Parete,
Gennaro Duccilli e il “Teatro della Luce e dell’Ombra”
Gennaro Duccilli è un attore, regista e drammaturgo italiano. Nel 1975 è tra i fondatori della compagnia di sperimentazione teatrale “C.S.T. Majakovskij”. Collabora come attore con il Libera Scena Ensemble diretto da Gennaro Vitiello. Dal 1980 frequenta a Napoli l’Università popolare dello Spettacolo (prorettori Paolo Stoppa e Mario Scaccia), ideata e voluta da Eduardo De Filippo. Primo tra gli allievi, viene selezionato per far parte del cast della Compagnia Attori Italiani e debutta al Teatro Grande di Pompei nel “Don Giovanni” di Molière, per la regia di Sergio Pacelli. Nel 1992 firma la sua prima regia: “Don Chisciotte della Mancha”. Nel 1994 riceve il Premio Rosa Balistreri per la regia dello spettacolo Assolo di Luna – M.A.F.I.A, che debutta in Sicilia. Nel 2006 fonda la compagnia teatrale professionistica “Teatro della Luce e dell’Ombra”, che opera in Italia e in Europa producendo spettacoli e organizzando eventi, festival, rassegne, manifestazioni in ambito culturale. Si occupa, inoltre, di formazione: corsi di recitazione per adulti e ragazzi, stage, seminari e corsi di specializzazione per professionisti del settore.
L’opera di Stevenson
“Lo strano caso del Dr. Jekyll e del Signor Hyde” è considerata la più importante opera di Stevenson ed è uno dei più grandi classici della letteratura fantastica di tutti i tempi. La trama del racconto trae origine da un incubo dell’autore.
Fortemente impressionato dallo “spirito malvagio” che aveva abitato la sua notte, lo scrittore decise di mettersi al lavoro e scrisse in poche ore, quello che sarebbe diventato il suo capolavoro. La riduzione teatrale di Dr. Jekyll e Mr. Hyde andò in scena, per la prima volta a Londra, nell’agosto1888.
Il pubblico seguì con grande interesse l’emozionante vicenda e, la sera del 6 agosto, tributò al protagonista (l’attore americano Richard Mainsfield) un notevole successo. Quella stessa notte ci fu il primo assassinio di Jack lo squartatore. L’epoca vittoriana aveva così dato vita alla sua ombra: il primo serial killer della storia.
La messa in scena
Il “Dr. Jekyll & Mr. Hyde” della compagnia “Teatro della Luce e dell’Ombra” è estremamente fedele al racconto di Stevenson e ne ripercorre la trama avvincente e ricca di suspence, atmosfere e dei colpi di scena propri delle opere letterarie di genere poliziesco e mistery. Si dipana intorno ad un preciso nucleo tematico, relativo ad un caso di sdoppiamento della personalità: Jekyll/Hyde. Ma, a ben vedere, nella messa in scena della compagnia ogni personaggio della rappresentazione mostrerà, anche solo per un attimo, il suo doppio, la maschera celata dal quotidiano.
La pièce si configura, altresì, come un viaggio nel male della letteratura d’Occidente: negli “incubi” di Jekyll, che aprono e chiudono il primo atto e in altri momenti dello spettacolo si rimanda ad importanti autori dell’Ottocento e del Novecento, come Wedekind (Lulù), Lautréamont (I canti di Maldoror), Laforgue (Pierrot Fumista), Rimbaud (Una stagione all’Inferno), Philippe (Bubu di Montparnasse), Joyce (Ulisse). Si arricchisce, inoltre, di contaminazioni e rimandi a trasposizioni cinematografiche del racconto di Stevenson: dal cinema muto (Mamoulian, Robertson) agli anni 40 (Victor Fleming).
Castelnuovo di Porto (Roma)-La mostra “Da Picasso a Warhol”
Castelnuovo di Porto (Roma) nelle sale della Rocca Colonna si inaugura “DA PICASSO A WARHOL” – Le vinyl cover dei Grandi Maestri, una originale mostra di copertine di vinili realizzate dai più grandi artisti internazionali.
La mostra, a cura di Vincenzo e Giorgia Sanfo, con la collaborazione di Alessandra Mammì, Red Ronnie e Sergio Secondiano Sacchi, è organizzata da BLU&BLU NETWORK e da ART BOOK WEB e promossa dall’Associazione CastelRete una rete di imprese nata per volere del Comune di Castelnuovo di Porto per valorizzare e promuovere il territorio attraverso l’arte e la cultura. Come dichiara Riccardo Travaglini, Sindaco di Castelnuovo di Porto “Le Vinyl Cover dei Grandi Maestri è più di una mostra: è un tributo al dialogo stupefacente e fecondo tra arte e musica. Per questo siamo felicissimi che la Rocca Colonna faccia da palcoscenico a questa occasione unica per collezionisti e appassionati di arte.”
Castelnuovo di Porto (Roma)-La mostra “Da Picasso a Warhol”
Partendo da Alex Steinweiss, primo ad avere l’intuizione di inventare una grafica per le copertine musicali, passando da Jean-Michel Basquiat da Jean Dubuffet a Joseph Beuys, attraverso tutta la storia dell’arte contemporanea, la mostra intende trasportare il visitatore in un mondo, quello delle copertine dei vinili, che dagli anni Quaranta ad oggi ha rivoluzionato la grafica contemporanea e il modo di promuovere la musica.
In esposizione oltre 150 cover d’artista realizzate da grandi maestri tra cui Pablo Picasso, Joan Mirò, Andy Warhol, Jeff Koons, Damien Hirst, Miquel Barcelò, Antoni Tàpies, Keith Haring, e tra gli italiani Mimmo Paladino, Marco Lodola, Michelangelo Pistoletto, Francesco Clemente, Marco Nereo Rotelli, Ferruccio D’Angelo, Gilberto Zorio. Ma anche con l’apporto di grandi fotografi come ad esempio Nobuyoshi Araki, Robert Mapplethorpe, Luigi Ghirri e importanti illustratori tra cui, tra gli altri, Guido Crepax e Milo Manara.
Le soluzioni formali di un contenitore, che ha una dimensione ben definita e una utilizzazione specifica, hanno imposto agli artisti di creare, pur utilizzando il proprio stile personale, immagini che a volte hanno innescato autentiche rivoluzioni nel mondo dell’arte e non solo. Come è successo, ad esempio ad Andy Warhol che, attraverso le cover musicali ha compreso la grande forza comunicativa della riproducibilità seriale di un’opera. DA PICASSO A WARHOL – Le vinyl cover dei Grandi Maestri presenterà quasi tutti i lavori realizzati da Warhol in questo ambito a partire dai primi timidi tentativi risalenti agli anni ‘40 e mediati da Ben Shan, sino all’ultima cover, realizzata per MTV pochi mesi prima della sua morte.
Tra gli autori anche Salvador Dali e René Magritte, Jenny Saville, Victor Vasarely, fino a Ai Weiwei, Gilbert & George, Julian Schnabel e Robert Rauschenberg con la sua cover componibile pensata per l’album dei Talking Heads Speaking in Tongues.
Il percorso espositivo racconta inoltre di alcune importanti collaborazioni intercorse tra artisti e musicisti e cantanti come, ad esempio, tra Lady Gaga e Jeff Koons, tra i Rolling Stones e Andy Warhol, e tra Bruce Springsteen e Annie Leibovitz.
ELENCO ARTISTI IN MOSTRA
Josef Albers
2. Pierre Alechinsky
3. Nobuyoshi Araki
4. Eduardo Arroyo
5. Frank Auerbach
6. John Baldessari
7. Banksy
8. Miquel Barcelò
9. Matthew Barney
10. Georg Baselitz
11. Jean-Michel Basquiat
12. Joseph Beuys
13. Peter Blake
14. David Byrne
15. Dinos Chapman
16. Sandro Chia
17. Francesco Clemente
18. George Condo
19. Guido Crepax
20. John Currin & Marc Jacobs
21. Salvador Dalì
22. Wim Delvoye
23. Jim Dine
24. Jiri Georg Dokoupil
25. Jean Dubuffet
26. Marlene Dumas
27. Futura 2000
28. Luigi Ghirri
29. Gilbert &George
30. Andreas Gursky
31. Richard Hamilton
32. Keith Haring
33. Damien Hirst
34. Anish Kapoor
35. Franz Kline
36. Jannis Kounellis
37. Yayoi Kusama
38. Annie Leibovitz
39. Sol Lewitt
40. Roy Lichtenstein
41. Marco Lodola
42. René Magritte
43. Milo Manara
44. Robert Mapplethorpe
45. Henri Matisse
46. Manolo Millares
47. Joan Mirò
48. Takashi Murakami
49. Ugo Nespolo
50. Yoko Ono
51. Mimmo Paladino
52. Andrea Pazienza
53. Michelangelo Pistoletto
54. Hugo Pratt
55. Marc Quinn
56. Rammellzee
57. Robert Rauschenberg
58. Mimmo Rotella
59. Marco Nereo Rotelli
60. Jenny Saville
61. Mario Schifano
62. Julian Schnabel
63. Ben Shahn
64. Kiki Smith
65. Sergio Staino
66. Hiroshi Sugimoto
67. Antoni Tàpies
68. Victor Vasarely
69. Andy Warhol
70. Ai Weiwei
71. Gilberto Zorio
Roma al Teatro Belli con Expo – Teatro Italiano Contemporaneo-
Roma-Una nuova settimana al Teatro Belli con Expo – Teatro Italiano Contemporaneo, Rassegna diffusa di drammaturgia italiana contemporanea, ideata da Società Per Attori, da Franco Clavari e Andrea Paolotti.
La Grande Menzogna è in scena dal 25 febbraio al 2 marzo. Lo spettacolo, di Claudio Fava che dirige David Coco è il furto di verità che il nostro Paese ha subito sulla morte di Paolo Borsellino, ridotta ormai a un garbuglio di menzogne, finti testimoni, amnesie, sorrisi furbi, processi viziati, infiniti silenzi e sfacciate, sfacciatissime menzogne. Il testo non porta in scena la narrazione minuziosa del depistaggio, perché non vuole essere un’operazione di teatro pedagogico della memoria: è anzitutto un’invettiva. E protagonista ne è lui, Borsellino: raccontato non più – come cento volte si è fatto – nell’agonia e nella morte, ma nella condizione risolta di chi non c’è più. E vuol riepilogare le cose accadute, con il divertito distacco di chi è ormai oltre e altrove.
Roma al Teatro Belli-La Grande Menzogna
Un Borsellino picaresco, sfrontato, rabbioso, lucido, imprevedibile, mai mesto. La sua invettiva non ha come obiettivo mafie e manovali mafiosi, bensì noi. Il buon pubblico dei vivi, dei giusti, degli addolorati, dei falsi penitenti, degli irrimediabili distratti. Alla banalità del male, la voce del giudice sostituisce la banalità del bene, la sua ovvietà, il comodo rifugio di chi inventa eroi ed eroismi per non accorgersi che della verità viene fatto scialo sotto i suoi occhi.
“In questo paese fa comodo a tutti pensare che dietro la mafia ci sia solo mafia. Che le ombre sono solo macchie di luce. Che dopo ogni notte ritorna il giorno, e si porta via i pensieri storti, i sospetti, i silenzi…” dirà Borsellino, tra le ultime battute, in un dialogo immaginario con noi e con sua figlia Fiammetta.
EXPO – TEATRO ITALIANO CONTEMPORANEO
rassegna diffusa di drammaturgia italiana contemporanea
LA GRANDE MENZOGNA
Scritto e diretto da Claudio Fava
Con David Coco
Produzione Nutrimenti Terrestri
Dal 25 febbraio al 2 marzo
Teatro Belli
Piazza di Sant’Apollonia 11 Roma
Finale aperto, restituito allo spettatore: “La verità. Dedicatemi la verità”.
Roma -Liliana Malta”Kind of Blue” espone alla Capitolium Art Gallery-
Roma-Liliana Malta Kind of Blue , espone sino al 16 aprile 2025 , alla Capitolium Art Gallery di Roma L’arte prodotta dalle grandi dominazioni culturali è resa plurale dalla fusione tra i modi della cultura dominante e quelli delle varie tradizioni artistiche locali. Non fa eccezione alla regola la storia dell’arte post war, quella in cui le avanguardie dell’espressionismo astratto americano e della pop art trovano, nella loro massiva diffusione internazionale, declinazioni regionali di rilevante interesse. Nella densa intersezione tra la lezione della Scuola di New York e la stratificata eredità culturale europea si pone la ricerca di Liliana Malta, presente, dal 13 febbraio al 16 aprile, alla Capitolium Art Gallery di Roma con una personale che espone nove oli su tela di grande formato prodotti dall’artista tra il 2002 e il 2024.
Liliana Malta Kind of Blue
Il filo che collega Liliana Malta ai protagonisti dell’espressionismo astratto di New York è solido e diretto. L’artista è stata infatti l’allieva prediletta di Nicolas Carone (1917-2010), uno dei pittori della prima generazione della Scuola di New York, interlocutore e intimo amico di Pollock, De Kooning, Rothko, nonché fondatore, in Italia, della International School of Art di Todi e Montecastello.
Inizialmente avviata a una carriera di scultrice e ceramista – linguaggi peraltro mai abbandonati dall’artista – Malta ha seguito Carone nei territori della pittura e del colore con esiti di autentico valore artistico. Le nove opere selezionate dalla curatrice Dorota Grubba Thiede rendono conto della pienezza di senso e vitalità di una ricerca condotta all’interno di valori espressivi emersi nel corso del Novecento e che oggi appartengono al patrimonio di una eterna classicità.
Liliana Malta Kind of Blue
In rapporto di perfetta compenetrazione con la pittura, i titoli scelti da Malta per i suoi dipinti ne diventano l’imprescindibile chiave di accesso, la parola d’ordine che introduce a una narrazione – sempre presente e corposa – sviluppata con i linguaggi del gesto, del segno e del colore.
Particolarmente significativo, e non casualmente scelto anche per nominare la mostra, è il titolo che accompagna un grande olio del 2024: “Kind of Blue”. Usare una citazione come incipit dei suoi colorati racconti è un escamotage a cui Liliana Malta ricorre spesso, a volte si parte dal verso di una poesia, altre dal repertorio della mitologia classica o da un’allusione attinta dalla sua vasta cultura musicale. Nel caso di Kind of Blue il riferimento al rivoluzionario album pubblicato da Miles Davis nel 1959 è lampante e va oltre l’omaggio al grande musicista. Citando l’opera che inaugura la fulgida stagione del jazz modale, Liliana Malta rivendica una piena contiguità con quel clima, una contiguità che chi visiterà la mostra non farà fatica a riconoscere. Il rinnovato approccio al cuore del jazz, le improvvisazioni, introdotto da Davis nel 1959 diede infatti vita a una musica eminentemente cromatica mettendo a disposizione dei musicisti una vera e propria tavolozza, il nuovo jazz suonava colore. Lo faceva improvvisando non più sulla base di accordi ma su una serie di scale diverse da quelle usate sino ad allora, scale collegate a “modi”, vale a dire colori, ciascuno dei quali evocativo di particolari atmosfere ed emozioni.
Liliana Malta Kind of Blue
I visitatori di Kind of Blue scopriranno una mostra dipinta nei “modi” del blu, il colore che da sempre tallona la pittura di Liliana Malta: “Ho provato a modificare la mia tavolozza, a escludere dalle mie scelte cromatiche il colore che mi insegue, ma alla fine mi sono sempre ritrovata di fronte a una qualche variazione di blu” spiega l’artista.
E sono improvvisazioni sui toni del blu (intensamente musicali così come intensamente pittorica è la musica di Kind of Blue) le opere scaturite dal vissuto e dalle passioni dell’artista:
Dì alla terra immota io scorro, un grande olio del 2024 ispirato da un sonetto di Rainer Maria Rilke;
Preludio (2024), influenzata dalla musica di Aleksandr Skrjabin;
le due opere su carta denominate Tabulae votivae, suggestive invenzioni tridimensionali tratte dal ciclo dedicato dall’artista al mito di Persefone;
Pangaea (2008-2009), dove il nome del protocontinente evocato da una pittura che suggerisce suggestioni di flora preistorica è anche il titolo di un album di Miles Davis;
Occhi ancora rimangono sepolti (2007) citazione da una poesia di Danilo Dolci;
e poi, naturalmente, Kind of Blue, l’olio del 2024 che presta il titolo alla mostra e In limine e Senza più peso,
realizzati tra il 2002 e il 2003.
Liliana Malta Kind of Blue
Alla Capitolium Art Gallery, dal 13 febbraio al 16 aprile, Liliana Malta e la sua Rhapsody in blue.
Roma- Lorena Tiberi personale presso SUarteGallery-
Roma-Lorena Tiberi, conosciuta nel mondo dell’arte come MANI, in mostra
con la sua prima esposizione personale presso SUarteGallery Roma.
L’esposizione sarà visitabile al pubblico dal giorno 12 febbraio al 9
marzo 2025 nel giorni e orari disposti dalla galleria.
L’evento inaugurale si terrà il 12 Febbraio presso la Galleria situata in
Via del Pozzetto 118, 00187 Roma dalle ore 19:00 alle 21:00.
Il progetto nasce dalla collaborazione con Visionarte organizzato da
Agostino Gambino e Ludovico Genone che con la realizzazione di una
serie di eventi espositivi e performativi nelle terre dell’Argentario la
scorsa estate, hanno visto l’Artista MANI Lorena Tiberi vincitrice del
premio Forte Stella 2024.
Le opere esposte tra quadri e sculture permetteranno al pubblico di
esplorare l’immaginario interiore dell’artista.
MANI opera attraverso un linguaggio contemporaneo, oscillando tra
astrattismo e forme. Le linee sinuose e contorte creano microcosmi
semi-astratti guidati dalla presenza ricorrente dell’elemento del seme,
il quale rimanda a una dimensione dinamica quasi ancestrale. L’uso
dei colori porta in superficie gli strati più profondi dell’emotività
dell’Artista, offrendo agli spettatori una completa proiezione dentro la
sua visione. L’apertura al pubblico rappresenta un benvenuto nel
mondo di MANI, un invito a osservare da vicino il processo creativo e
a conoscere più approfonditamente l’Artista e le sue opere.
Margherita da Cortona, Santa Margherita: un profilo principesco, un fascino senza tempo, un “ploth” che prende il lettore e lo trasporta in pagine di storia che hanno tutto il carisma di fiaba, di racconto. Per iniziare questo racconto dobbiamo “trasferirci” a Laviano, località a una decina di chilometri a est del Lago Trasimeno. E qui che nasce, nel 1247, Margherita, in una famiglia contadina. Orfana di mamma, viene allevata da una matrigna gelosa: il rapporto tra le due è difficile, impossibile. A soli 18 anni, decide di scappare con un giovane di Montepulciano: lei, affascinante, diviene la sua amante, ma mai la sua sposa. Dalla loro unione nascerà un figlio. Il compagno morirà assassinato nove anni dopo.
Viene così allontana dai parenti del compagno. Si trasferisce, allora, a Cortona dove lavora come infermiera per le partorienti. Qui educa il figlio che si farà poi francescano, e si dedica agli ammalati poveri. Raccoglie alcune donne volontarie che si chiameranno “Poverelle”, promuovendo l’assistenza gratuita a domicilio. Fonda, poi, un’ospedale detto “della Misericordia”. In espiazione del suo passato, Margherita si taglia i capelli e si copre il capo con un velo. Porterà addirittura il cilicio. Si asterrà per sempre dalla carne, dalle uova e dal formaggio.
Tre anni dovranno passare prima di poter entrare – come era suo desiderio – nel Terz’Ordine francescano perché “era troppo bella e giovane”: frati avevano dei dubbi sulla sua perseveranza. Nel 1277 (secondo altre fonti nel 1275) crebbe sempre più in lei il desiderio di solitudine. Nella “Leggenda” si leggono queste parole attribuite alla Santa: “Non voglio più trattenere per me nessuna cosa necessaria per mangiare e per vestire. Voglio morire di fame per saziare i poveri; voglio svestirmi per rivestire loro; voglio dare una tunica nuova a loro e io mi accontenterò dei loro stracci e resterò povera di ogni cosa, perchè essi ne abbiano in abbondanza”. A Cortona spesso la gente va da lei, nella cella presso la Rocca dove risiede dal 1288. Nel 1289 Margherita è tra coloro che danno vita alla Confraternita delle Laudi. Muore a Cortona nel 1297.
La venerazione per lei cominciò subito dopo la morte, grazie soprattutto ai numerosi miracoli attribuiti alla sua intercessione. Papa Leone X ne autorizzò il culto a Cortona nel 1515, mentre fu Papa Urbano VIII ad esntenderlo – nel 1623 – a tutto l’Ordine francescano. Papa Clemente XI, nel 1715, inserì il nome di Margherita nel Martirologio romano. Ma la canonizzazione avvenne solo il 16 maggio 1728 ad opera di Benedetto XIII.
Articolo di Antonio Tarallo-Fonte ACI Stampa
Santa Margherita da Cortona
MARGHERITA da Cortona, santa. – Nacque a Laviano, presso Castiglione del Lago, a poca distanza dal lago Trasimeno, nel 1247. La famiglia era di umili origini: il padre coltivava terreni presi in affitto dal Comune di Perugia. A otto anni M. restò orfana di madre e il padre si risposò presto con una donna cui la Legenda di M. attribuisce i caratteri tipici della «cattiva matrigna». A sedici anni, all’età in cui avrebbe dovuto sposare un giovane del suo ceto, M. fuggì di casa per seguire un nobile di Montepulciano, Arsenio, di cui divenne la concubina per circa nove anni e cui diede un figlio.
In questo periodo, secondo il testo agiografico, avrebbe condiviso la vita del suo giovane amante, ricco e incurante della morale come della religione: M. amava mostrarsi vestita di abiti eleganti, ornata di gioielli e partecipare a feste e conviti. Questa vita spensierata si concluse con la morte, forse in un incidente di caccia, forse in un agguato, di Arsenio.
Data la sua situazione «irregolare», a M. non restò che tornare col figlio nella casa paterna, dove però non trovò solidarietà né comprensione. Decise allora di tentare la sorte a Cortona, dove poté contare sull’aiuto di due nobildonne, Marinaria e Raineria, che le offrirono alloggio. In un primo periodo M., per mantenere se stessa e il figlio, accudì le ricche cortonesi nel periodo del parto.
Ben presto venne a contatto con i francescani, presenti in città sin dagli inizi del Duecento; sotto la loro influenza M. maturò una radicale conversione. Confessò pubblicamente i propri peccati e assunse la forma di vita della penitente. Solo dopo alcuni anni (nel 1275 o, meno probabilmente, nel 1277) i frati minori l’accolsero formalmente tra i penitenti loro legati alla presenza di fra Rainaldo da Castiglione, superiore della custodia di Arezzo. Non è esatto definirla già in questa fase terziaria francescana, perché dal punto di vista del diritto canonico si può parlare di Terz’Ordine di S. Francesco solo dal 1289, quando il papa francescano Niccolò IV emanò la bolla Supra montem, nella quale la paternità dell’intero movimento penitenziale è attribuita anacronisticamente a Francesco, che invece aveva personalmente vissuto l’esperienza della penitenza come tanti suoi contemporanei; inoltre si tentò, senza successo, di collocare tutti i penitenti sotto la guida dei frati minori.
Santa Margherita da Cortona
Ma, al di là del fatto giuridico, è certo che M. prese dimora in una piccola cella presso la chiesa di S. Francesco e che la sua guida spirituale fu assunta prima da fra Giovanni da Castiglion Fiorentino e, quando questi fu trasferito ad Arezzo, da fra Giunta di Bevignate, autore, dopo la sua morte, della Legenda di Margherita.
Le più antiche testimonianze iconografiche che, certamente, vollero ritrarla in modo immediatamente riconoscibile, mostrano comunque che M. non assunse l’abito di colore bigio (né bianco né nero), che contraddistingueva di norma i penitenti: appare infatti spesso vestita di una tunica «a quadri», simile a quella indossata dalla più o meno contemporanea Chiara da Rimini.
Per essere più libera di consacrarsi totalmente a Dio, M. affidò il figlio a un precettore di Arezzo; dopo alcuni anni il giovane, evidentemente sotto l’influenza spirituale della madre, entrò nell’Ordine dei minori. Nella sua cella M. condusse una vita di durissima penitenza.
Se un tempo aveva amato le vesti costose; se nelle sue visioni le veniva promesso di comparire, dopo la morte, di fronte al Signore coperta di una tunica tutta intessuta d’oro, nel suo umile rifugio M. si accontentava delle vesti più povere, sempre di qualità scadente, rappezzate e sudice. Come Francesco, era sempre disposta a donare quei poveri indumenti a chi le sembrasse ancor più miserabile e non esitava a dare in elemosina le maniche della tunica (che allora erano spesso unite alla veste solo da nastri) o il velo che portava sul capo. Altrettanto austero era il suo vitto: pane, acqua, a volte qualche erba scondita, seguendo l’esempio dei padri del deserto.
Santa Margherita da Cortona
Ricchissima era invece la sua vita spirituale: le continue preghiere, le intense meditazioni della Passione di Cristo erano compensate da numerose visioni, in cui le venne più volte assicurata la salvezza eterna e la certezza di essere stata «eletta» dal Cristo a sua sposa. La mistica di M. è infatti cristocentrica e sponsale, come in altri casi di donne sotto l’influenza spirituale dei mendicanti; ma in lei il rapporto con lo Sposo raggiunge toni di intensità e di passionalità rare.
Anche in questa fase della sua vita M. non trascurò comunque di operare a favore del prossimo sofferente, fondando, grazie all’aiuto della nobiltà cortonese e forse dello stesso Uguccio Casali detto il Vecchio, che si avviava a diventare signore della città, un piccolo ospedale dove curare malati, poveri e pellegrini. Il gruppo di devoti che si unirono a lei nell’attività assistenziale diede vita alla Confraternita di S. Maria della Misericordia, che vide approvato lo statuto nel 1286 dal vescovo di Arezzo, della cui diocesi Cortona faceva parte. Come molti altri, chierici e laici, ispirati dalla pastorale mendicante, M. volle operare per la pace, proponendosi come mediatrice tra le fazioni che si disputavano il potere in città e tra Cortona e Arezzo, impegnate in un conflitto secolare.
Nel 1288 il suo consigliere spirituale, fra Giovanni da Castiglion Fiorentino, fu trasferito ad Arezzo e le fu assegnato come confessore fra Giunta di Bevignate. Ma proprio in quegli anni maturò in M. la decisione di sottrarsi alle distrazioni della vita cittadina, che le impedivano di raccogliersi in preghiera e meditazione come avrebbe voluto, per quanto già vivesse rinchiusa in una cella. Si trasferì allora in un’altra cella, a qualche distanza dal centro abitato, in prossimità della rocca, accanto alle rovine della chiesa di S. Basilio. Proprio dietro sua richiesta, il Comune di Cortona si impegnò a ricostruire il modesto edificio, segno questo dell’influenza e dell’autorità che M. esercitava sulla popolazione del luogo, che – sempre più spesso – si rivolgeva a lei per ottenerne l’intercessione presso Dio.
La nuova residenza si tradusse presto anche in un’interruzione del legame che la univa ai frati minori; nel 1290, quando, dopo l’emanazione della Supra montem, avrebbe dovuto rafforzare il proprio rapporto di dipendenza spirituale dai figli di S. Francesco, ormai gli unici autorizzati a esercitare il ruolo di visitatori nei confronti dei penitenti, M. si sottrasse invece alla loro cura; nei suoi ultimi anni di vita suo confessore fu infatti un secolare, ser Badia Venturi, rettore della restaurata chiesa di S. Basilio.
Fu ser Badia a fornire a fra Giunta i particolari relativi agli ultimi anni di vita di M., confluiti poi nel testo agiografico. M. morì a Cortona il 22 febbr. 1297.
Quando si diffuse la notizia della sua morte, la popolazione cortonese, che la venerava già come una santa, volle che il suo corpo venisse imbalsamato e, vestito di porpora, fosse esposto alla venerazione dei fedeli nella chiesa di S. Basilio. L’edificio, negli anni immediatamente successivi, fu ampliato e parzialmente ricostruito in forme gotiche. Venne inoltre ornato di un ciclo di affreschi (ora perduti, ma noti attraverso una copia ad acquerello, autenticata da un notaio, dai cui atti venne tratta nel 1634 e allegata agli atti del processo apostolico da poco autorizzato dalla S. Sede), opera di maestranze senesi, probabilmente legate a Pietro Lorenzetti. Di questa chiesa ben poco è rimasto, a causa di una radicale trasformazione del complesso nel sec. XIX.
La chiesa in cui fu sepolta M. divenne presto centro di una devozione civica favorita dai nuovi signori di Cortona, i Casali, che scelsero di farsi seppellire accanto alle spoglie di Margherita. Gli statuti del 1325, anno in cui Cortona fu affrancata dalla dipendenza da Arezzo ed eretta in diocesi, segnalano già il contributo economico del Comune in occasione della festa di M., la cui memoria veniva celebrata da una processione cui partecipavano tutte le istituzioni e i mestieri cittadini. I frati minori non si rassegnarono però a rinunciare a quella che consideravano una loro figlia spirituale. Pochi anni dopo la morte di M., e quando già si andava affermando il suo culto in città, fra Giunta ricevette l’incarico di scrivere la Vita di M., rivendicando il carattere francescano della sua religiosità, presentandola come una «novella Maddalena» e come «luce del Terz’Ordine francescano». Il testo di Giunta fu letto, come risulta da una nota apposta dallo stesso autore alla fine della sua opera, da molti eminenti personaggi dell’Ordine ma, soprattutto, dal cardinale legato Napoleone Orsini che, nel 1308, si fece consegnare una copia del testo, lo fece ricopiare, ne approvò il contenuto ed esortò tutti a favorire la circolazione dello scritto e a predicare vita, virtù e miracoli di Margherita. Il potente cardinale Orsini – membro di una delle famiglie romane di antica nobiltà e fautore non solo degli spirituali francescani, ma anche delle nuove forme di religiosità femminile, di cui M. è un fulgido esempio – si impegnò anche a far mettere per iscritto i miracoli operati grazie alla sua intercessione. L’intervento del cardinale a favore del riconoscimento della santità di M. fu immediatamente avvertito come di singolare importanza. La scena della registrazione notarile dei miracoli di fronte a Napoleone Orsini e al vescovo, anacronisticamente identificato col primo vescovo di Cortona (che non fu diocesi fino al 1325), fu inserita nel ciclo che decorava le pareti della chiesa-santuario ben presto nota col nome di S. Margherita.
Film Santa Margherita da Cortona
Ma anche se poté godere dell’appoggio del cardinale Orsini e della devozione di un’intera città, la causa di M. non trovò favorevole accoglienza presso i papi e la Curia. La santità femminile, con il suo carattere «non disciplinato» e segnata da un misticismo sospetto a molti uomini di Chiesa, dovette attendere secoli per essere riconosciuta. Solo grazie a una serie di favorevoli circostanze, Leone X, prestando ascolto alle insistenze del nobile cortonese e cardinale Silvio Passerini, che aveva avuto modo di conoscere e apprezzare prima della sua elezione al pontificato, concesse, nel 1516, la celebrazione della festa di M. nella diocesi di Cortona. Urbano VIII estese tale privilegio all’intero Ordine francescano; nel 1629 fu finalmente autorizzata l’apertura del processo apostolico, che portò il 16 maggio 1728 al riconoscimento formale della santità di Margherita.
La complessa figura spirituale di M. ha attirato l’interesse anche di scrittori dal forte afflato religioso: subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, il futuro premio Nobel F. Mauriac pubblicava Sainte Marguerite de Cortone (Paris 1945, trad. italiana Milano 1952), mentre nei primi anni del XX secolo il danese J.J. Jörgensen, neoconvertito al cattolicesimo, la collocava in un trittico femminile fortemente segnato dal francescanesimo insieme con Angela da Foligno e Camilla Battista da Varano (In excelsis: Angela da Foligno, M. da C., Camilla Battista Varano, Bari 1959).
Altrettanto successo ha riscosso M. nelle arti visive (cfr. Bibl. sanctorum, VIII, coll. 770-773). Il suo cenotafio, in S. Margherita a Cortona, è un superbo lavoro di scultura gotica di Agnolo e Francesco di Pietro. In pieno secolo XX, il cortonese Gino Severini ha dedicato a M. una grande immagine in mosaico, quale ex voto della città, sfuggita alle devastazioni della seconda guerra mondiale.
Fonti e Bibl.: Il testo di Giunta di Bevignate fu edito parzialmente per la prima volta in Acta sanctorum, Februarii, III, Antverpiae 1658, pp. 298-357; poi per intero da L. Bargigli da Pelago, Antica leggenda della vita e de’ miracoli di s. M. da C., Lucca 1793; poi ancora in Legenda de vita et miraculis beatae Margaritae de Cortona, a cura di F. Iozzelli, Grottaferrata 1997; per i manoscritti e le traduzioni si veda Repertorium fontium historiae Medii Aevi, VI, pp. 477 s.; gli atti del processo di canonizzazione, conservati in almeno cinque codici, sono stati editi, a partire da uno dei tre manoscritti cortonesi, tradotti in italiano da O. Montenovesi, I fioretti di santa M. da C., in Miscell. francescana, XLVI (1946), pp. 254-293.
La bibliografia relativa a M. è ricchissima ma sovente di taglio devozionale. Si segnalano qui le opere degli ultimi decenni che hanno maggiormente contribuito alla conoscenza storica del personaggio: F. Cardini, Agiografia e politica: M. da C. e le vicende di una città inquieta, in Studi francescani, LXXVI (1979), pp. 127-136; C. Frugoni, Le mistiche, le visioni e l’iconografia: rapporti ed influssi, in Temi e problemi nella mistica femminile trecentesca. Atti del XX Convegno del Centro di studi sulla spiritualità medievale-Acc. Tudertina… 1979, Todi 1983, pp. 137-179; E. Menestò, La mistica di M. da C., ibid., pp. 181-206; La «Supra montem» di Niccolò IV (1289). Genesi e diffusione di una regola, a cura di R. Pazzelli – L. Temperini, Roma 1988; A. Vauchez, La santità nel Medioevo, Bologna 1989, ad ind.; D. Mirri, Cronaca dei lavori edilizi della nuova chiesa di S. Margherita in Cortona, a cura di E. Mori, Cortona 1989; R. Rusconi, M. da C. peccatrice redenta e patrona cittadina, in E. Menestò – R. Rusconi, Umbria sacra e civile, Torino 1989, pp. 89-104; A. Vauchez, I laici nel Medioevo. Pratiche ed esperienze religiose, Milano 1989, ad ind.; A. Benvenuti, Cristomimesi al femminile, in Id., «In castro poenitentiae». Santità e società femminile nell’Italia medievale, Roma 1990, pp. 141-168; A. Benvenuti Papi, in Storia dei santi e della santità cristiana, VII, [Paris] 1991, pp. 185-190; A. Calufetti, L’esperienza della Croce nel racconto di due convertite: s. M. da C.… e la b. Angela da Foligno…, in Studi francescani, LXXXIX (1992), pp. 207-222; M.C. Iacobelli, Una donna senza volto. Lineamenti antropologico-culturali della santità di M. da C., Roma 1992; C. Perol, Les Marguerite de Cortone, lecture onomastique d’une cité toscane (XIVe-XXe siècle), in Mélanges de l’École française de Rome, CIV (1992), pp. 611-641; D. Bornstein, The uses of the body: the Church and the cult of s. M. da C., in Church History, LXII (1993), pp. 163-177; F. Iozzelli, I miracoli nella «Legenda» di s. M. da C., in Archivum Franciscanum historicum, LXXXVI (1993), pp. 217-276; J. Cannon, Marguerite et les Cortonais, in La religion civique à l’époque médiévale et moderne (chrétienté et islam). Atti del Colloquio…, Nanterre… 1993, a cura di A. Vauchez, Rome 1995, pp. 403-413; F. Iozzelli, M. da C. «nuova Maddalena», in Studi francescani, XCIII (1996), pp. 347-359; Mariano d’Alatri, S. M. da C. e il Terz’Ordine francescano, in M. da C., Quaderni di spiritualità francescana, XVIII (1997), pp. 87-99; M. Sensi, S. M. nel contesto storico sociale cortonese, ibid., pp. 9-49; A. Vauchez, Aspetti umani e mistico-religiosi nell’epoca di s. M., ibid., pp. 61-85; M. da C. Una storia emblematica di devozione narrata per testi e immagini, a cura di L. Corti – R. Spinelli, Milano 1998 (con ricca bibliografia soprattutto in materia storico-artistica); M.P. Alberzoni, L’«approbatio»: Curia romana, Ordine minoritico e Liber, in Angèle de Foligno. Le dossier, a cura di G. Barone – J. Dalarun, Rome 1999, pp. 293-310; J. Cannon – A. Vauchez, M. da C. e i Lorenzetti (con un contributo di C. Perol), Roma 2000; E. Pasztòr, Esperienze di povertà al femminile in Italia tra XII e XIV secolo, in Id., Donne e sante. Studi sulla religiosità femminile nel Medio Evo, Roma 2000, specialmente pp. 142-144; A. Vauchez, S. M. da C. (m. 1297) dalla religione civica al culto universale, in Id., Esperienze religiose nel Medioevo, Roma 2003, pp. 137-148; Wörterbuch der Mystik, a cura di P. Dinzelbacher, Stuttgart 1989, pp. 339 s.; Il grande libro dei santi, a cura di C. Leonardi – A. Riccardi – G. Zarri, Cinisello Balsamo 1998, pp. 1293-1298 (con bibl.); Bibliotheca sanctorum, VIII, coll. 759-773; Lexikon des Mittelalters, VI, 2, col. 233.Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani
Feminism8: torna la Fiera dell’editoria delle donne a Roma. Pratiche politiche di vita interiore-
Roma-Dal 28 febbraio al 3 marzo 2025 torna la Fiera dell’editoria delle donne alla Casa internazionale delle Donne a via della Lungara 19 si avvicenderanno più di 70 autrici tra focus, dialoghi e presentazioni. Una vera e propria immersione nel flusso continuo di incontri che caratterizzano da sempre il cuore pulsante di Feminism. Grande attesa per le madrine, la Premio Campiello Giulia Caminito e la psicoanalista femminista Manuela Fraire.
Fiera dell’editoria delle donne a Roma
Roma,– La staffetta della letteratura delle donne, fondata da un piccolo gruppo di donne lungimiranti – Anna Maria Crispino, Giovanna Olivieri, Maria Palazzesi, Stefania Vulterini, Maria Vittoria Vittori – è giunta alla sua VIII edizione. Letteratura e attualità saranno come sempre le protagoniste della quattro giorni dell’editoria delle donne che darà spazio a dibattiti dialogici e presentazioni di opere di saggistica, narrativa, poesia. Se questo che si è appena aperto è il Giubileo della speranza, vale certamente la pena, nell’ambito di Feminism8, ricordare le parole di Marìa Zambrano che, nel saggio “I beati”, definisce la speranza come “un ponte tra l’indifferenza che confina con l’annichilimento della persona umana e la piena attualizzazione della sua finalità”. Nel segno di questa suggestione il titolo di Feminism8 è, infatti, Pratiche politiche di vite interiori. Si tratta, quindi, di una rivisitazione laica, militante e in una prospettiva di genere del richiamo alla spiritualità e all’ umanesimo cui il Giubileo sprona in ottica religiosa. Troppo spesso silenziata dalla conflittualità o dall’indifferenza, troppe volte riassorbita nelle religioni confessionali, la vita interiore si declina in molteplici sfumature e diramazioni, dalla fede alla meditazione, all’ autocoscienza, alla militanza, sfuggendo perciò a ogni riduttiva catalogazione.
Questi i numeri dell’ottava edizione: 6 dialoghi che affrontano questioni di rilievo, dalle dimensioni della spiritualità alle nuove sfide poste all’informazione, passando per le relazioni tra corpo, affetti e logiche di mercato, percorsi di consapevolezza nei luoghi del conflitto e il desiderio di vivere in pace all’interno di culture diverse; 2 focus incentrati rispettivamente sulle dinamiche dell’autocoscienza e sull’ecologia; 4 dediche a donne particolarmente significative del panorama culturale quali Luce d’Eramo, Marija Gimbutas, Susan Sontag, Adriana Zarri; molte le presentazioni di iniziative culturali, di testi narrativi, poetici, saggistici e un’intera giornata -lunedì 3 marzo- rivolta alla scuola; numerose le presentazioni singole su proposta delle 66 case editrici presenti.
Promossa da Archivia, dalla Casa internazionale delle donne, dalla rivista Leggendaria, dalla collana sessismo&razzismo di Futura editrice, la manifestazione ha il sostegno di ADEI -associazione degli editori indipendenti- della SIL- società italiana delle letterate-, della Fondazione Una Nessuna Centomila, del Concorso Nazionale Lingua Madre, della casa editrice Iacobelli e si avvale della collaborazione del Centro giovani del I Municipio, delle associazioni Zalib e CCO, Crisi come opportunità, e coinvolgerà, anche quest’anno, ragazze e ragazzi dei collettivi studenteschi capitolini.
Articolo 21, liberi di… è un’associazione nata il 27 febbraio 2002 che riunisce esponenti del mondo della comunicazione, della cultura e dello spettacolo; giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).
Dalla storia delle idee filosofiche a quella del movimento femminista, dalla storia del pacifismo a quella dei media, dalla storia della psicoterapia a quella della scienza. Ricostruire con voci e prospettive diverse la storia è un lavoro che ancora ci appassiona moltissimo: ma mai, come in questa edizione di Feminism, è diventato uno snodo cruciale il modo con cui queste riscritture e risignificazioni possono trasmettersi e elaborarsi insieme alle nuove generazioni di donne. “Passaggio di consegne” è l’eloquente titolo del libro della sociologa Marina Piazza edito da Enciclopedia delle Donne in cui si affrontano, con sguardo rivolto al futuro, le questioni più rilevanti del presente; e la stessa casa editrice propone “Fuori la guerra dalla storia”, a cura della direttora di “Marea” Monica Lanfranco, una raccolta di articoli firmati dall’antesignana del pacifismo Lidia Menapace, la prima a “porre l’attenzione al linguaggio sul doppio versante dell’antimilitarismo e dell’antisessismo”. Altre figure si affiancano alla sua, a comporre una genealogia di donne d’intelletto e d’azione capaci di filtrare attraverso diverse generazioni. Come Adrienne Rich, la filosofa che ha dato voce a chi era fuori dalla Storia, al centro del libro “Adrienne
Rich: passione e politica” curato da Rita Monticelli, Samanta Picciaiola, Maria Luisa Vezzali e Anna Zani, per Vita Activa Nuova Editrice. Come Carla Lonzi, di cui la filosofa Annarosa Buttarelli riprende una delle espressioni tipiche, “Ti darei un bacio”, per il titolo di un libro edito da Moretti e Vitali che raccoglie testi di filosofe, letterate, psicoanaliste sulle idee e sull’opera ancora così stimolanti di questa geniale femminista e critica d’arte. Come Bianca Pomeranzi, che nel libro “Femministe di un unico mondo” uscito postumo da Fandango a cura di Carla Cotti, racconta quello ch’è stato l’asse portante della sua vita, ovvero l’impegno intellettuale e politico, all’interno e al di là delle istituzioni, per il movimento femminista globale. Come Maria Occhipinti, l’iniziatrice nel 1945 della rivolta antimilitarista “Non si parte” a cui Gisella Modica e Serena Todesco hanno dedicato il volume collettaneo “Maria Occhipinti: i luoghi, le voci, la memoria”, in un necessario
avvicinamento delle sue idee e delle sue istanze al nostro presente. E ancora, come Lynn Hoffman, per la prima volta pubblicata in Italia da FrancoAngeli grazie alla traduzione e alla cura delle psicoterapeute Maria Laura Vittori, Rita Accettura e Monica Micheli, che in “Terapia familiare. Una storia intima” racconta con un linguaggio avvincente il suo percorso nell’ambito della terapia familiare e l’approdo a una posizione che lei stessa, in riferimento a Carol Gilligan, definisce “una voce differente”. In “Il cammino di Sofia” e “Le madri di idee. Le donne scienziate e il Premio Nobel” ,entrambi editi da Nemapress, la filosofa Francesca Brezzi e la matematica Elisabetta Strickland ci consegnano rispettivamente i ritratti di filosofe significative ma ancora poco o non del tutto conosciute, e i profili biografico-professionali delle scienziate a cui è stato attribuito il Premio Nobel; mentre nella raccolta di saggi “Donne nella storia dei media. Autrici, artiste, influencer tra ribalta e retroscena” edito da FrancoAngeli con la cura di Anna Lucia Natale e Paola Panarese, si evidenzia l’apporto creativo delle donne all’evoluzione dei linguaggi comunicativi e dell’industria dei media. Raccontano cambiamenti in atto, anche se in territori molto diversi, Rosella Prezzo e Paola Cavallari: prendendo in prestito il titolo a un’espressione di Gertrude Stein, la filosofa Rosella
Prezzo in “Guerre che ho (solo) visto”, edito da Moretti e Vitali, indaga sulle trasformazioni che le guerre e i suoi soggetti-armati o inermi-hanno assunto nel corso del tempo; nel saggio “Lilith se ne va. Femminismo, spiritualità e passione politica” pubblicato da Vanda Edizioni, la teologa Paola Cavallari rivisita criticamente l’indagine religiosa alla luce del movimento femminista. Si legge come un romanzo la documentata ricostruzione storica che Simona Feci, docente di storia delle donne, offre in “L’acquetta di Giulia”, edito da Viella: uno spaccato della Roma del Seicento visto attraverso quelle donne che ricorrevano al veleno per liberarsi dalle violenze coniugali. Cruciale, come si diceva, il tema della trasmissione dei saperi e delle pratiche del femminismo, ed ecco allora l’importanza di una rivista storica come “Mezzocielo”,fondata nel 1991 a Palermo da Simona Mafai, Letizia Battaglia e Rosanna Pirajno, che dalle sue radici trova sempre nutrimento per affrontare le battaglie del presente; e di un libro come “Cronario. Parole mutate mutanti” curato per le edizioni Vanda da Luciana Percovich che raccoglie le voci di coloro che hanno vissuto l’avventura della liberazione delle donne e la raccontano a chi ancora non c’era. È nel territorio della formazione scolastica che si attesta il saggio “Dietro la cattedra, sotto il banco” pubblicato da Prospero editore in cui Lea Melandri e le Cattive Maestre nel corso di un dialogo intergenerazionale riflettono sul ruolo che possono giocare le teorie e le pratiche femministe all’interno della scuola. Non è mai troppo presto per iniziare a sentire voci nuove: è alle bambine e ai bambini che si rivolge la casa editrice Settenove con due graphic novel: “Sconfinate” firmato dalla giornalista Cristina Pujol Buhigas e dall’illustratrice Rena Ortega, il racconto di viaggi di scoperta e di esplorazione compiuti da donne, e “L’età moderna. Altri sguardi, nuovi racconti” che,
attraverso i testi di Simona Feci e Marina Garbellotti e le illustrazioni di Caterina Di Paolo, racconta, oltre a storie di regine e di rivoluzionarie, anche i viaggi forzati che costrinsero donne e ragazze a lasciare le proprie terre in condizioni di schiavitù: l’altra faccia della storia di cui poco si parla, ma che è necessario conoscere. Così la storia dei corpi di intreccia a quello del pensiero nelle sue pluralità, nelll’ inclusione delle alterità e delle diversità, come sottolinea la madrina dell’’ VIII edizione di Feminism, la scrittrice Premio Campiello Giulia Caminito, attesa per presentare il suo ultimo lavoro Il male che non c’ è (Bompiani 2024): “ Niente come una fiera dell’editoria delle donne può servire a ragionare sulla forza e la debolezza dei nostri corpi in tempi dolorosi di troppa performatività. Solo le nostre maniere pensose di resistere posso creare nuovi spazi e accogliere ogni soggettività”.
Articolo 21, liberi di…è un’associazione nata il 27 febbraio 2002 che riunisce esponenti del mondo della comunicazione, della cultura e dello spettacolo; giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).
Roma, Galleria Il Margutta ospita la mostra “Sguardi nell’anima”, personale dell’artista Stefania Ceccariglia
Roma-Dal 21 febbraio al 31 marzo 2025, la galleria del ristorante Il Margutta, in via Margutta 118 a Roma, ospita la mostra “Sguardi nell’anima”, personale dell’artista Stefania Ceccariglia. L’esposizione, curata da Flaminia Gallo con la cocuratela e organizzazione di Tina Vannini, racconta l’intensità degli sguardi e la profondità delle emozioni attraverso opere vibranti, dense di colore e materia. La sua arte è un’esplorazione della libertà espressiva: le sue pennellate energiche e materiche danno vita a volti, occhi e fiori che sembrano emergere dalla tela, superandone i confini. I suoi lavori trasportano lo spettatore in un viaggio introspettivo, alla ricerca di sé stesso nelle profondità degli sguardi che dipinge. Ingresso gratuito, vernissage su invito.
L’intensità degli occhi e il potere del colore – Le opere di Ceccariglia trovano il loro fulcro negli occhi, elemento centrale della mostra. Ogni sguardo è un ponte tra l’artista e chi osserva, una porta aperta sull’anima. Nei suoi dipinti, gli occhi non sono semplici dettagli anatomici, ma specchi di emozioni, capaci di riflettere la profondità dell’essere umano. L’evoluzione cromatica è un altro tratto distintivo del suo stile. Se nei primi anni la sua pittura era caratterizzata da toni più morbidi, oggi si distingue per contrasti forti e vibranti. Spesso il nero è il punto di partenza, non come assenza, ma come base da cui il colore esplode con forza. Un processo che richiama l’influenza di Van Gogh, maestro a cui si ispira e con cui condivide la ricerca di libertà attraverso la pittura.
“La pittura è un viaggio che inizia dentro di me e che si svela sulla tela – spiega l’artista Stefania Ceccariglia – Ogni pennellata è un frammento della mia vita, un’esplorazione di emozioni e ricordi che vanno oltre il visibile. Quando dipingo, non sto semplicemente creando un’immagine, ma sto raccontando una storia, la mia storia, quella di chi sono e di ciò che ho vissuto. La tela diventa una finestra aperta sul mio mondo interiore, dove ogni colore, ogni tratto, diventa una parte di me che prende forma, un movimento che non si ferma alla superficie.”
Roma-la mostra “Sguardi nell’anima”, personale dell’artista Stefania Ceccariglia
Un linguaggio pittorico potente e istintivo – Anche la materia ha un ruolo fondamentale: le tecniche miste con acrilico, stucco e pastello danno corpo ai soggetti, creando superfici stratificate che sembrano vivere di energia propria. Il tratto veloce e istintivo dell’artista dà vita a un movimento continuo, come un vortice che rispecchia i moti dell’animo umano.
“L’arte di Stefania Ceccariglia è un’esperienza visiva e sensoriale – dichiara Flaminia Gallo, curatrice della mostra – I suoi sguardi ci chiamano, ci interrogano, ci accolgono. Il suo tratto è deciso, mosso da un’urgenza espressiva che trova nella pittura un linguaggio potente e istintivo. L’uso della materia e del colore genera un’energia vibrante, che supera il confine della tela per coinvolgere lo spettatore in un dialogo emotivo e profondo. Ogni opera è una storia da leggere attraverso gli occhi dei suoi protagonisti, una finestra aperta sulla fragilità e sulla forza dell’anima umana.”
La natura come radice e ispirazione – Accanto ai ritratti, un altro elemento essenziale nella poetica di Ceccariglia è la natura, rappresentata in particolare attraverso i fiori di campo. La loro semplicità cela un’essenza autentica, un richiamo alle sue radici umbre e al legame profondo con la terra. I fiori, realizzati con tecniche miste, sono metafore di resistenza e trasformazione, testimoni di una bellezza delicata ma forte, capace di sopravvivere e rinnovarsi.
“Le opere di Stefania, con quegli sguardi intensi e magnetici, sono vere narrazioni visive capaci di trasmettere emozioni profonde – conclude Tina Vannini, titolare de Il Margutta e cocuratrice della mostra – Ogni quadro si apre come una finestra su un mondo interiore, dove luce e colore dialogano per rivelare storie di bellezza e introspezione. Sono convinta che la mostra al Margutta saprà incantare e ispirare ogni visitatore, offrendo un’esperienza immersiva che va ben oltre il semplice atto del vedere.”
Biografia dell’artista – Stefania Ceccariglia nasce nel 1968 a Roma dove risiede tuttora. Da sempre appassionata di pittura, ispirata dagli impressionisti e post-impressionisti, ha iniziato a dipingere ad olio in età giovanile per poi passare all’acrilico. Diplomata in Illustrazione presso lo IED di Roma, perfeziona le principali tecniche di disegno, illustrazione e pittura per poi avviare un percorso nel settore pubblicitario per importanti agenzie creative. Nel corso degli anni esplora tutti gli ambiti della comunicazione presso grandi multinazionali nel settore del largo consumo, telecomunicazioni ed energia, dove consolida la sua esperienza professionale. Continua a dedicarsi alla pittura per passione sperimentando la tecnica mista ma avendo sempre al centro del progetto il contrasto cromatico e l’uso della materia come elemento distintivo del proprio tratto stilistico.
Roma-La Mostra “INTERIM” di Guglielmo Mattei presso la Galleria Vittoria, in via Margutta-
Roma-La Mostra “INTERIM” di Guglielmo Mattei- La Galleria Vittoria, in via Margutta, presenta oltre 22 opere inedite dell’artista Guglielmo Mattei le opere esposte testimoniano un’evoluzione del suo percorso artistico, sempre più orientato verso una fusione tra tecnica classica e sperimentazione contemporanea.
Roma-Galleria Vittoria, via Margutta -103
L’esposizione, a cura di Tiziano M. Todi è accompagnata da un testo critico di Gianlorenzo Chiaraluce, e patrocinata dalla Regione Lazio e dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Roma e presenterà oltre 22 opere inedite dell’artista.
Roma-La Mostra “INTERIM” di Guglielmo Mattei presso la Galleria Vittoria
Il titolo della mostra, INTERIM, trae origine dal latino e significa “nel frattempo”, “nell’intervallo di tempo”. Mattei lo utilizza per evocare quella fascia di transizione tra luce e buio, un crepuscolo in cui la città si trasforma e svela una bellezza sospesa. Come Gianlorenzo Chiaraluce afferma nel suo testo critico: “È, forse, il variare delle condizioni luminose dell’atmosfera uno dei veri protagonisti ricorrenti dei quadri così diversi di Mattei. Con questi esperimenti, egli ne testa di volta in volta gli effetti, come un chimico o alchimista dei riverberi. […] Ne scaturisce una pittura d’attesa, sospesa nell’incertezza dell’anzitempo che si fa immagine. E proprio nel qui e ora dell’interim, nell’anemia solare del vespro, Mattei ritrova le ragioni della sua pittura.” Questo concetto si inserisce in continuità con la sua precedente esposizione Fragmenta, che esplorava la frammentarietà della memoria e delle immagini urbane. Se in Fragmenta Mattei rifletteva sulla stratificazione e sulla disgregazione, con INTERIM affronta il tempo come elemento fluido e dinamico, in cui la pittura diventa il mezzo per fissare momenti di passaggio e renderli eterni.
Roma-La Mostra “INTERIM” di Guglielmo Mattei presso la Galleria Vittoria
Come dichiara l’artista Guglielmo Mattei: “Roma è una città che si rinnova continuamente, che vive in un perpetuo dialogo tra passato e presente. La pittura mi permette di raccontare questa contraddizione, di fissare l’attimo in cui il tramonto si fonde con la notte. Per me, dipingere è un atto di memoria e di speranza, è un modo di riappropriarsi della città e del tempo che ci appartiene. Ogni pennellata è un modo di restituire alla luce ciò che, per un attimo, scompare. Le mie opere sono percorsi immersivi che si frequentano quotidianamente e che si percepiscono in maniera familiare. Con pitture classiche mi apro a un dialogo sperimentale, raccontando una Roma stratificata da secoli di storia con un linguaggio formale e contemporaneo al tempo stesso, fatto di carte sovrapposte e pitture, creando un dialogo tra materia e colore.” Come afferma Tiziano M. Todi, curatore della mostra: “L’approccio artistico di Guglielmo Mattei si distingue per la capacità di assimilare e rielaborare suggestioni pittoriche del primo ’900, inserendole in un linguaggio del tutto personale e riconoscibile. Nelle sue opere emergono echi della pittura metafisica, dell’espressionismo e di alcune tendenze post-impressioniste, ma il suo segno si fa unico grazie a un’attenta stratificazione materica e alla raffinata scelta cromatica. Ha saputo ampliare la sua ricerca, rendendo la sua pittura non solo evocativa e suggestiva, ma anche estremamente colta, frutto di un’indagine artistica profonda e di un continuo confronto con la storia dell’arte.” Questa è la seconda mostra personale di Mattei presso la Galleria Vittoria, con la quale collabora stabilmente dal 2018. Le opere esposte testimoniano un’evoluzione del suo percorso artistico, sempre più orientato verso una fusione tra tecnica classica e sperimentazione contemporanea. In occasione della mostra sarà disponibile il catalogo ufficiale INTERIM, edito da Officina Vittoria, che raccoglie le immagini delle opere esposte e il testo critico di Gianlorenzo Chiaraluce.
Breve bio di Guglielmo Mattei Guglielmo Mattei (Roma, 1988) è pittore e professore di Lettere. Dopo aver conseguito il dottorato in Letteratura Latina nel 2017, insegna Latino e Greco presso il Liceo ‘Giulio Cesare’ di Roma. La pittura è la sua passione più profonda, trasmessagli dal nonno e dal padre fin dall’infanzia. Allievo del maestro Elio Mazzella, tra il 2017 e il 2019 ha esplorato sia la figurazione classica sia linguaggi più informali, illustrando nel 2019 la guida ufficiale dell’evento Cortili aperti Roma, a cura di ADSI. Dal 2020 ha focalizzato la sua ricerca sulla rappresentazione della città e del paesaggio, sviluppando cicli di opere come Paesaggi romani, Mesi a Roma, Estivi e Ritratti sospesi. Nel 2020 è ammesso alla 47ª edizione del ‘Premio Sulmona’. Nel giugno 2021 collabora con il collettivo STRUTTURA, partecipa alla 115ª edizione dei ‘Cento Pittori di Via Margutta’, mentre a ottobre vince il XXXI Premio ‘La scaletta’ di Velletri (RM). Nel 2022 espone con la Galleria ‘Vittoria’ di Roma e vince nella categoria Under 35 al I Premio ‘La Pigna’. Nel novembre 2024 espone con gli artisti di BABELE all’Istituto italiano di cultura ad Amburgo. È ideatore e curatore della Biennale d’Irpinia, con Stefano Volpe. Vive e lavora a Roma.
Roma-La Mostra “INTERIM” di Guglielmo Mattei presso la Galleria Vittoria-Opera Villa Torlonia
Premi – I Edizione del Rospigliosi Art Prize, presso il Palazzo Rospigliosi di Zagarolo, RM (21-29 aprile 2018). A cura di Tiziano M. Todi. Vincitore nella categoria ‘Under 30’. – I Edizione di Cammini di fede, presso l’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata, RM (21-29 settembre 2019). A cura di Alessandra Pasqualucci e Laura Giovanna Bevione. – XXXI Edizione del Premio di pittura La scaletta, presso il Polo espositivo ‘Juana Romani’ di Velletri, RM (25 settembre-3 ottobre 2021). A cura di Alessandro Filippi – I Edizione del Premio La pigna (in onore di Carlo Marraffa), categoria Under 35, presso la Galleria La Pigna, RM (9-18 novembre 2022). A cura di UCAI – selezionato come finalista per la II edizione del ‘Premio Fausto Pirandello’, presso Soriano nel Cimino, VT (2 dicembre 2023-28 gennaio 2024). A cura della Fondazione ‘Fausto Pirandello’, Manuel Carrera, Andrea Iezzi.
Roma-La Mostra “INTERIM” di Guglielmo Mattei presso la Galleria Vittoria
Mostre personali – Artisti tra due ponti, bipersonale con Camilla Mazzella presso la Galleria “Arte & Dintorni” di Napoli (2-7 maggio 2015), a cura di Luigi Grossi. Presentazione critica di Nino D’Antonio. – Il gusto dell’incontro, bipersonale con Camilla Mazzella presso “Anticafé” di Roma (16 giugno-10 luglio 2016). Presentazione critica della prof.ssa Clara Rech – Sguardi dal futuro, presso “Anticafé” di Roma (11 novembre-9 dicembre 2016). Presentazione critica della prof.ssa Maria Giuseppina Di Monte – Tra palazzi e cortili, presso Palazzo Malvezzi Campeggi di Roma (18-19 maggio 2019); mostra allestita in concomitanza con l’evento ‘Cortili aperti Roma 2019’, a cura della ADSI; è stata pubblicata la guida dell’evento, con testi di Patrizio Mario Mergè e illustrazioni di Guglielmo Mattei. – Partire e ritornare, presso il Chiostro degli Agostiniani di Bracciano, RM (30 agosto – 1 settembre 2019). A cura di Roberta Leoni. – Arboreto privato, presso Villa Mergè di Frascati, RM (4 ottobre 2020: X Giornata nazionale ADSI). A cura di Patrizio Mario Mergè. – FRAGMENTA, presso la Galleria ‘Vittoria’ di Roma (16-26 marzo 2022). A cura di Tiziana Todi. Testo di Clara Rech. – ARBORETO ROMANO, presso la Galleria ‘La Pigna’ di Roma (11-21 gennaio 2023), nell’ambito dell’evento ‘Giovani talenti” II ed. A cura dell’UCAI. Numerosissime anche le esposizioni collettive dal 2014 ad oggi. IG: guglielmomattei_art
Roma-La Mostra “INTERIM” di Guglielmo Mattei presso la Galleria Vittoria
INTERIM la personale di Guglielmo Mattei
Galleria Vittoria – Via Margutta 103, Roma
Dal 19 febbraio al 7 marzo 2025
Orari: Lunedì – Venerdì, 15:00 – 19:00 (fuori orario su appuntamento)
Ingresso gratuito
Email: info@galleriavittoria.com
Telefono: 06 36001878
Sito web: https://www.galleriavittoria.com/
La piccola Thérèse di Lisieux s’impossessò senza timore delle virtù di Cristo per avvicinarsi a Dio. La sua poesia “Se io avessi commesso tutti i crimini possibili…” riassume perfettamente la grazia della sua “piccola via”, alla portata di tutti.
Santa Thérèse di Lisieux è un genio spirituale la cui audacia si fonda su una teologia sicurissima. La Chiesa non l’ha forse riconosciuta come uno dei suoi dottori? È alla luce della sua solidità dottrinale che possiamo meditare la sua celebre poesia “Se io avessi commesso…”:
Se io avessi commesso tutti i crimini possibili
conserverei sempre la stessa fiducia,
perché so bene che quella legione di offese
non è che una goccia d’acqua in un braciere ardente.
La rivelazione del Sinai ci insegna che Dio è un fuoco che non consuma. A che può servire un fuoco, se non a bruciare? Ora, il mistero di un fuoco che brucia senza consumare non è comprensibile che se vediamo all’opera un Essere che, come un “braciere ardente”, brucia in noi i nostri peccati senza distruggerci. E poiché Dio è infinito in misericordia, quest’ultima sarà sempre superiore all’insieme delle nostre trasgressioni, cosa che sostiene Thérèse nel conservare fiducia malgrado “tutti i crimini possibili”. Benché serissimi, questi ultimi sono come “gocce d’acqua” comparate al braciere della misericordia divina.
Un cuore che soffre
Sì, ho bisogno di un cuore tutto ardente di tenerezza,
che resti punto di appoggio per me, e che senza alcun tornaconto
ami tutto di me, perfino la mia debolezza,
e che non mi lasci mai, né di giorno né di notte.
Qui la poesia sottintende la divinità di Cristo: quale altro cuore potrebbe non lasciare il credente «né di giorno né di notte», se non quello onnipresente di Dio? Anzi, Dio – che conosce le proprie creature – non è mai disgustato dalle loro debolezze, al contrario vi ravvisa l’occasione di spalancare ancora di più la propria misericordia.
No: non sono riuscita a trovare alcuna altra creatura
che mi amasse fino a questo punto, e senza mai morire.
Perché ho bisogno di un Dio che prenda la mia natura,
che diventi mio fratello, e che possa soffrire.
In questa quartina Thérèse sottolinea la realtà dell’Incarnazione: in Gesù, Dio si è fatto pienamente uomo al punto da essere diventato capace di soffrire. Egli resta nondimeno Dio, e dopo essere risorto al terzo giorno non può più morire.
Notiamo che la fraternità di Cristo rispetto a noi risulta esemplata sulla sua capacità di soffrire come noi e con noi. È questa amicizia nella solidarietà che spinge Thérèse a meravigliarsi di un Dio che l’«amasse fino a questo punto».
La santità di Gesù è la nostra
So fin troppo bene che tutti i nostri atti di giustizia
non hanno il minimo valore davanti al tuo sguardo,
e per dare prezzo a tutti i miei sacrifici
sì, voglio gettarli fin dentro al tuo cuore divino.
Thérèse non si fa troppe illusioni sulla giustizia degli uomini. Ad ogni modo non si scoraggia: non cerca in sé stessa la virtù, ma in Gesù. La comunione dei santi significa anzitutto comunione nelle cose sante. Ora, la prima “cosa santa” è Gesù stesso. Quel che è suo è pure, per l’opera della Redenzione, diventato nostro, così come nell’Incarnazione quel che è nostro è diventato suo. Noi gli abbiamo dato una natura mortale e, in cambio, egli ci ha donato la sua santità. In virtù di questo admirabile commercium, tutto a nostro vantaggio, i nostri sacrifici assumono valore quando vengono appuntati sulla Croce.
L’amore perfetto
No, neppure una creatura hai trovato senza colpa
in mezzo ai bagliori: ci donasti allora la tua legge
e nel tuo cuore sacro, Gesù, mi nascondo.
No, non tremo perché la mia virtù sei tu.
Santa Teresa di Lisieux
Questa quartina completa la precedente. La Scrittura afferma che anche gli angeli non sono puri agli occhi di Dio. A fortiori gli uomini! E tuttavia ancora una volta Thérèse «non trema»: «L’amore perfetto esclude il timore» (1Gv 4,18). Effettivamente, perché tremare laddove, per la fede, la nostra virtù non è la nostra ma quella dell’Uomo perfetto, Gesù? In ciascuno di noi il Padre vede il Figlio nel quale «noi ci nascondiamo», secondo le parole della poesia: come potrebbe Egli trattarci altrimenti, allora, che come figlie e figli amatissimi?
Paradossalmente, è la piccola via di Thérèse che ci offre la sicurezza di poter stare senza paura davanti a Dio. Come una bambina, Thérèse si rimette completamente al nostro Padre celeste per arrivare a camminare sulle vette. Anche la sua spiritualità, ancorata in una teologia sicurissima, è liberatrice perché porta a compimento quel che Gesù è venuto a elemosinare su questa terra: la nostra fede e la nostra fiducia. La santa di Lisieux opera una sorta di prodigiosa sintesi dello spirituale e del dottrinale.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]
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