Richard Newbury- Elisabetta I-Una donna alle origini del mondo moderno-Editore Claudiana-
Descrizione del libro di Richard Newbury ci regala un ritratto – affettuoso e pieno di humour – di Elisabetta I, sovrana che rifiutò di diventare regina consorte. Ereditato un paese sull’orlo della guerra civile e di religione, Elisabetta regnò per quasi mezzo secolo: pacificò e fece della debole Inghilterra cattolica una potente nazione protestante – la cui chiesa è oggi la terza tra quelle cristiane –, con il primo governo parlamentare dell’era moderna nonché una marina, una City e una lingua destinate a conquistare il mondo.
Papa Sisto V disse di lei: «Guardate come governa! È solo una donna, solo la signora di mezza isola eppure si fa temere da tutti». La presente è la terza edizione.«Nel suo divertente ritratto – che inevitabilmente si tinge dei colori dell’autore – Richard Newbury dichiara che il frutto di questa regina, che scelse di rimanere senza figli per il bene del suo paese e del suo popolo, “siamo tutti noi”, è il mondo moderno, il liberalismo che può essere sintetizzato con massima: “Tutto è lecito purché non si facciano scartare i cavalli”. Elisabetta è l’origine di quella democrazia parlamentare che, per parafrasare un suo altro grande eccentrico figlio, Winston Churchill, per quanto piena di difetti è il miglior sistema di governo che l’umanità abbia finora prodotto. Grazie, per cominciare, alla capricciosa e testarda regina dai capelli rossi, gran diva a cui, non a caso, soltanto negli ultimi vent’anni Hollywood ha dedicato tre film e altrettante pellicole sono state realizzate dalla BBC».
Dall’Introduzione di Erica Scroppo
Indice testuale
Introduzione di Erica Scroppo
1.Il naso di cleopatra
2.La figlia di papà
3.Elisabetta, la figlia di un’incestuosa ed eretica sgualdrina
4.Quando la manica divenne una barriera. Nebbia sulla manica: continente isolato
5.Nascita di un’erede al trono o della figlia illegittima di una sgualdrina?
6.Istruzione accademica e per la sopravvivenza
7.Scampare alla mannaia, ovvero: come avere successo
8.Oh signore! La regina è una donna!
9.Il settlement elisabettiano
10.Il dolce Robin
11.Il mostruoso regime delle donne
12.«Conoscevo Doris Day prima che diventasse vergine» (Groucho Marx)
13.Le due cugine
14.Un ospite indesiderato
15.Testa e croce
16.Il Ranocchio della regina
17.Figlia della discordia
18.L’apoteosi di Elisabetta e la chiave di volta della storia europea: la sconfitta dell’Armada spagnola
19.Martiri ed esuli
20.La sfida puritana, più temibile di quella papista
21.Elisabetta e i cattolici
22.La decapitazione del toyboy 23.Regina quondam reginaque futura
Biografia dell’autore
Richard Newbury storico e giornalista, vive e lavora a Cambridge e a Torre Pellice (To). Collaboratore de “La Stampa” e “Il Foglio”, per Claudiana ha pubblicato anche La regina Vittoria (2011) e Oliver Cromwell (2013).
Erich Fried nato a Vienna nel 1921, nel 1938 lasciò l’Austria e si trasferì a London. Tra i suoi volumi di poesia: Germania (Deutschland, 1944), Contestazioni (Anfechtungen, 1967), Cento poesie senza patria (100 Gedichte ohne Vaterland, 1978). Tra i romanzi e racconti: Figli e pazzi (Kinder und Narren, 1957), Un soldato e una ragazza (Ein Soldat und ein Mädchen, 1960), Quasi tutto il possibile (Fast alles Mögliche, 1975). Nei suoi testi la sperimentazione formale si unisce all’impegno politico.
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Scarna povertà, fradicia povertà,
coi calzoni laceri al cavallo e al ginocchio.
Si scalda le mani su cocenti infamie,
chiama il destino Lui e Loro
e si delizia con cose dai nomi duri:
stracci e piedi, cibo e mani –
non t’ingozzare, che non ce n’è più!
Fradicia povertà, oscena povertà,
ronza con spietata fedeltà
come legno marcio con accenno di orifizio,
umido giornale ficcato nei vuoti dell’artifizio,
e ci disgusta fino alla feroce lealtà.
Non è mai colpa di quelli che ami:
la povertà discende dai cieli.
Lascia che balli su sedie, che sfondi la porta,
sorge da tutto quello che è venuto prima,
e ogni outsider è il nemico –
il bastone di Cristo rovesciò tutto questo
cavalieri e filosofi rimisero tutto a posto.
Oscena povertà, scarna povertà,
croste tra le gambe e piaghe tra i capelli
una finestra fatta d’aria è pulita,
non l’argento sporco di una manica.
Bada se ciò faccia bene alla scuola
e debba andare e desideri andare:
qualcuno, un giorno, dovrà pagare.
Raditi con il sapone, corri alla carne,
stupisci la nazione, governa l’esercito,
aspetti ancora il giorno in cui sarai rispedito
dove libri o giocattoli sono rifiuti sul pavimento
e nessuno ha il permesso di venire a giocare
perché la tua casa si chiama baracca
e l’acqua calda sfrigola nel piatto sporco di latta.
Traduzione di Roberto Cogo e Graziella Isgrò
Poesia n. 181 Marzo 2004
Les Murray. Poesie del vuoto falciato
A cura di Paolo Ruffilli
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Ed è chiaro che, alla fine, lei è caduta giù
dalla luna, non come una
snella Cinzia a Delfi, dopotutto
non è diciassettenne, ma con la grazia
sensuale e l’implacabilità personale
di una dea dei nostri tempi; così lui dice a
se stesso di notte vedendo il bagliore
del sonno di lei nella metà (due-terzi a rigore)
del loro letto, il claire de lune della spalla
e della fronte dietro le nuvole scure
dei capelli. Lui beve il suo vino
e ingoia più pillole. Gli uccelli
cantano la loro prima mattinata, piccoli cinguettii e
frinire di insetti, e fuori la prima luce
vela la finestra. Il giorno sarà orribile,
nervoso, cupo e pieno di tensione. L’ultima
sigaretta, il sorso finale di chardonnay,
e si stringe contro il caldo bagliore di lei,
pensando a quando dodicenne
nuotava nel caldo laghetto oltre
gli olmi e gli alberi di noce al limite
del prato. Si rigirava come una carpa assonnata
tra le ninfee, sotto le libellule
e le nuvole roventi dei vecchi giorni d’estate.
Traduzione di Fiorenza Mormile
Poesia n. 323 Febbraio 2017
Hayden Carruth. Il primato dell’etica
a cura di Fiorenza Mormile
Erich Fried
Neve in ufficio
Jürgen Theobaldy
Una certa nostalgia di palme. Qui
è freddo, ma non soltanto. I tuoi baci
al mattino sono pochi, poi sto seduto
otto ore qui in ufficio. Anche tu sei
una reclusa e non possiamo
telefonarci. Alzare il ricevitore
e origliare? Telefono, perché il tuo
polso batte solo per altri? Qualcuno chiede:
“Come stai?”, e senza attendere risposta
è già fuori dalla stanza.
Che cosa può muovere l’amore? Io calcolo
i prezzi e vengo calcolato. Tutti i pezzi di ricambio,
le parti di caldaia, i bruciatori a olio, tutti passano
per la mia testa come numeri, nient’altro.
E anch’io passo attraverso qualcuno
come un numero. Ma alla sera vengo da te
con tutto quello che sono. Scienziati
scrivono che anche l’amore è
una relazione produttiva. E dove sono
le palme? Le palme si mostrano sulla spiaggia
di una cartolina illustrata; e noi, supini,
le contempliamo. Al mattino ritorniamo
in ufficio, ognuno al suo posto.
Con un numero, come il telefono. Traduzione di Gio Batta Bucciol
Poesia n. 285 Settembre 2013 Jürgen Theobaldy La neve e le palme
a cura di Gio Battta Bucciol
Fondazione Poesia Onlus 2013
Erich Fried
Thomas Bernhard 18
Le parole – bambine piccole, molestano, fanno male,
se le accarezzi ridono, poi subito si ostinano,
han fretta di dir tutto, s’imbrogliano, sanno amare,
diventan grido, tacciono, nascostamente svelano.
Le parole – bambine piccole, a volte si ribellano,
sanno dire le lacrime, il riso sanno scrivere.
Agnelle si sacrificano, belve nella passione,
ansiose di dipingere l’intero mondo azzurro.
Le parole – bambine piccole. Flessuosi corpicini
che agguerriti si levano, mettono le ali, volano.
Sognano, si spaventano, si alleano, si separano,
animelle cui è stato dato di avere sempre sete.
Le parole – bambine piccole. Bianco per loro il tempo,
pagine su cui scrivere, vele che il vento gonfia
per fare viaggi nella gioia, far viaggi nel dolore.
L’amore sa trasformare in sacro la tempesta.
Traduzione di Nicola Crocetti
Poesia n. 298 Novembre 2014 Pandelìs Bukalas. Dal Mito alla Storia
a cura di Massimo Cazzulo e Nicola Crocetti
Poesia notturna
(…)
In un vestito di fiamme che rotolano nel cielo è così
che mi sentii la notte che mi disse
che aveva un’amante e con timido orgoglio
tirò fuori una foto.
Non posso vederne la faccia ho detto con rabbia,
buttandola a terra. Mi ha guardata.
Eravamo alla finestra (di un ristorante) in alto sulla
strada,
sposati da poco più di un anno.
Un lavoro veloce dissi io. Sarai maligna disse lui.
Ruppi il vetro e saltai.
Adesso certo sai
che non è questa la verità, ciò che si ruppe non era vetro,
ciò che cadde a terra non era corpo.
Tuttavia quando ricordo quella conversazione questo è
ciò che vedo – me stessa come il pilota di un caccia
che si salva sul canale. Me stessa come preda.
Oh no non siamo nemici disse lui. Ti amo! Vi amo
entrambe.
Non sembra il Signor Rochester che digrigna i denti e dice
in meno di due minuti con il suo strisciante verde sibilo
la gelosia può divorarci fino al cuore, una formula che
gli si presenta
mentre sedeva nel muschio e nell’ambra
del suo balcone parigino
e guardava la sua bella da operetta al braccio di un
cavaliere sconosciuto?
Rimanere umani è rompere un limite.
Partenza
Le nubi persero ogni ritegno
accorse in volo il vento piú disperato
e tentò di sospingere
in alto le ciocche d’acqua
su di loro scivolai in basso
la tua mano per sempre
tra collo e guancia
Traduzione di Riccarda Novello
Christoph Wilhelm Aigner Prova di stelle
a cura di Riccarda Novello
Crocetti Editore 2001
Poesia d’amore per la libertà e poesia di libertà per l’amore
Mattino infine: là nella neve le tue
lievi impronte d’arrivo e di ritorno.
Null’altro ci ha lasciato la notte di visibile,
non la candela, il vino bevuto a metà,
né il tocco della gioia; soltanto questo segno
della tua vita che alla mia cammina.
Finché la pioggia le cancelli, e resti
la verità cui ci svegliò il mattino;
felicità o dolore non sappiamo.
Traduzione di Silvio Raffo
Poesia n. 294 Giugno 2014 Philip Larkin. Lettere dall’esilio
a cura di Silvio Raffo
Come ti si dovrebbe baciare
Quando ti bacio non è solo la tua bocca non è solo il tuo ombelico non è solo il tuo grembo che bacio. Io bacio anche le tue domande e i tuoi desideri bacio il tuo riflettere i tuoi dubbi e il tuo coraggio il tuo amore per me e la tua libertà da me il tuo piede che è giunto qui e che di nuovo se ne va io bacio te così come sei e come sarai domani e oltre e quando il mio tempo sarà trascorso.
Erich Fried
Quel che è
È assurdo dice la ragione È quel che è dice l’amore
È infelicità dice il calcolo Non è altro che dolore dice la paura È vano dice il giudizio È quel che è dice l’amore.
Chi ha nostalgia di te quando io ho nostalgia di te?
Chi ti accarezza quando la mia mano ti cerca?
Sono io o sono i resti della mia gioventù?
Sono io o sono gli inizi della mia vecchiaia?
È il mio coraggio di vivere o la mia paura di morire?
E perché la mia nostalgia dovrebbe dirti qualcosa?
E che cosa ti dà la mia esperienza che mi ha solo reso triste?
E che cosa ti dànno le mie poesie in cui dico soltanto
come è diventato difficile essere o dare?
Eppure brilla nel giardino il sole nel vento prima della pioggia
e profuma l’erba che muore e il ligustro
e io ti guardo e la mia mano tastando ti cerca.
Che cosa sei per me? Che cosa sono per me le tue dita e che cosa le tue labbra? Che cos’è per me il suono della tua voce? Che cos’è per me il tuo odore prima del nostro abbraccio e il tuo profumo nel nostro abbraccio e dopo?
Che cosa sei per me? Che cosa sono per te? Che cosa sono?
Erich Fried
Breve biografia di Erich Fried nato a Vienna nel 1921, nel 1938 lasciò l’Austria e si trasferì a London.Tra i suoi volumi di poesia: Germania (Deutschland, 1944), Contestazioni (Anfechtungen, 1967), Cento poesie senza patria (100 Gedichte ohne Vaterland, 1978). Tra i romanzi e racconti: Figli e pazzi (Kinder und Narren, 1957), Un soldato e una ragazza (Ein Soldat und ein Mädchen, 1960), Quasi tutto il possibile (Fast alles Mögliche, 1975). Nei suoi testi la sperimentazione formale si unisce all’impegno politico.
ROMA al Teatro Tor Bella Monaca va in scena “FIORI D’ACCIAIO”-
ROMA al Teatro Tor Bella Monaca va in scena “FIORI D’ACCIAIO”, spettacolo diretto da Michela Andreozzi e Massimiliano Vado in scena in Sala Grande il 5 e 6 marzo, inaugura la settimana al Teatro Tor Bella Monaca.
“Fiori d’acciaio” è per me l’occasione di costruire, con un cast così ricco e variegato, una banda di soliste, in grado di suonare insieme ma di battere in volata quando serve; disegnare personaggi anche estremi ma capaci di ascoltarsi, o di imparare strada facendo ad accogliersi senza snaturarsi_ annota Michela Andreozzi. “Solo da adulta ho scoperto che il film era una piece teatrale, ancora attualissima, sotto un superficiale strato di polvere fisiologico, e perfettamente rappresentativa di un microcosmo, quello del negozio di provincia, che è specchio di macrocosmi le cui dinamiche, perfino oggi, fanno fatica a cambiare. Per questo motivo si è deciso di lasciare l’ambientazione di fine anni ’80, perché permette di osservare un tempo appena trascorso e racconta che siamo già nel futuro. E forse anche perché l’immagine e lo stile di quel periodo, negli abiti, negli arredamenti, ma soprattutto nella musica, sono ormai identificativi di un momento storico diventato ormai glamour. Oltre al fatto che certe modalità, oggi, sarebbero condizionate dalla tecnologia. Un racconto di sentimenti e di ironia che qualche volta è crudele ma mai cinico, mai diventa sarcasmo. Se c’è una cosa che le donne sanno fare, è essere terribili, spietate e capaci di affrontarsi, insomma, dei fiori di acciaio, senza mai smettere di amare.”
Teatro Tor Bella Monaca va in scena “FIORI D’ACCIAIO”-
Teatro Tor Bella Monaca va in scena “FIORI D’ACCIAIO”-
Teatro Tor Bella Monaca va in scena “FIORI D’ACCIAIO”-
Dal 6 all’8 marzo va, invece, in scena in Sala Piccola dal romanzo di Sacha Naspini pubblicato da Edizioni E/O, uno spettacolo con Sara Donzelli e Sergio Sgrilli, per la drammaturgia di Riccardo Fazi e a cura di Giorgio Zorcù. Scrittore grossetano ormai tradotto in tutto il mondo, Sacha Naspini immerge i suoi romanzi in una cultura contadina stralunata e feroce. “Nives” è un romanzo che tiene incollato il lettore e lo sorprende, finalista all’American Literary Translator Association nel 2022 e tradotto in 25 lingue, tra cui cinese e arabo. Una donna è rimasta sola nella sua tenuta dopo la morte improvvisa del marito. Unica sua compagnia, una gallina zoppa che si incanta davanti alla réclame del Dash in Tv. Nives chiama così Loriano Bottai, il veterinario del paese. Inizia una lunga telefonata durante la quale due intere esistenze si mettono a nudo, in un dialogo fitto e ricco di colpi di scena. Gli spettatori ascoltano in cuffia, immersi sempre più a fondo nella conversazione che Nives e Loriano, come in una danza, imbastiscono dalle estremità di un lungo tavolo che unisce simbolicamente le due stanze lontane. Tra riletture di fatti lontani nel tempo e vecchi rancori si scoprono gli abissi di amori perduti, occasioni mancate e rivelazioni difficili da accettare in tarda età.
Le voci fuori campo sono di Graziano Piazza ed Elena Guerrini. Costumi di Marco Caboni. Collaborazione ai movimenti: Giulia Mureddu. Disegno luci di Marcello D’Agostino e disegno sonoro di Umberto Foddis. Grafica di Matteo Neri. Produzione Accademia Mutamenti, Muta Imago, con il contributo di regione Toscana, Città di Follonica / Teatro Fonderia Leopolda.
Inoltre, dal 7 al 9 marzo, in Sala Grande ci si immerge in I. A. LO STRANO CASO DEL DOTTOR JEROME STORM, spettacolo di Rocco Bucciarelli con la regia di Zenone Benedetto. Il testo ci porta in un futuro lontano e precisamente nell’era galattica 3000 su un esopianeta in via di Terraforming (terra formazione) dove il dottor Jerome Storm, capo missione del presidio sperimentale del mondo interplanetario Delta, trascorre le sue giornate creando nuovi mondi accoglienti per l’umanità avida di conquiste. Nelle sue funzioni il dottor Storm è aiutato da Absyde, un computer quantico di ultima generazione e precisamente una I.A. (Intelligenza artificiale) di livello 1000. Le giornate scorrono tranquille all’insegna dei lavori di routine volti a controllare i piani di avanzamento della missione. Un giorno, però, il dottor Storm interagendo con Absyde si accorge di alcune anomalie di sistema e tramite un confronto intenso e serrato sul senso stesso della missione scopre il suo terribile piano segreto e il suo delirio di onnipotenza. Egli allora fa di tutto per impedire alla I.A. di prendere il controllo totale delle operazioni e non riuscendovi prende la drammatica decisione di premere il tasto dell’auto distruzione distruggendo l’intero sistema e ovviamente lui stesso. Ma il finale sarà imprevedibile e sconvolgente….
Lo spettacolo – tra filosofia, scienza e fisica quantistica – pone al centro dell’attenzione il delicato rapporto uomo-macchina. L’interazione tra questi ultimi è infatti uno dei temi centrali sui quali la ricerca scientifico-tecnologica e la riflessione umanistica si sono spese negli ultimi cent’anni, generando un investimento incredibile nella ricerca e aprendo fette di mercato notevoli e prima impensabili.
Per i più piccoli e per le loro famiglie domenica 9 marzo alle 17 appuntamento con IL GRUFFALÒ – A SPASSO CON IL MOSTRO di Marco Zordan.
“Ha zanne tremende, artigli affilati e denti da mostro di bava bagnati”. Questa è la descrizione che fa del Gruffalò un piccolo topolino, impegnato ad inventare un mostro tremendo che lo avrebbe vendicato se qualche belva feroce lo avrebbe mangiato, fino a scoprire che il Gruffalò … esiste veramente. Uno spettacolo con rime, canzoni e animali parlanti che tra lo scherzo e l’intrattenimento fa riflettere su tutto quello che è diverso da noi.
La programmazione dei Teatri in Comune 2024-2025 è finanziata dall’Unione Europea, Next Generation EU nell’ambito del PNRR, e rientra tra gli Interventi “Il Giubileo dei Pellegrini: eventi artistici e culturali nella città di Roma, dal centro alla periferia, al fine di favorire la fruizione turistica nel periodo giubilare” (PNRR – M1C3-Inv.4.3 Caput Mundi. Next Generation EU per grandi eventi turistici).
Teatro Tor Bella Monaca – Arena Teatro Tor Bella Monaca
Via Bruno Cirino angolo Via Duilio Cambellotti raggiungibile con Metro C o Linea Bus 20
Ampio parcheggio disponibile
SPETTACOLI ORE 21; DOMENICA ORE 17:30
Per informazioni e prenotazioni:
Telefono 062010579 (dalle 10:30 alle 19:30)
Messaggi whatsapp 3920650683 promozione@teatrotorbellamonaca.it
Botteghino: dal martedì alla domenica dalle 10,30 alle 21,30
www.teatrotorbellamonaca.it – www.teatriincomune.roma.it
Acquisto online su Vivaticket
BIGLIETTI intero 12,00 Euro
ridotto 10,00 Euro
giovani 8,00 Euro
GIFT CARD 78,00 Euro (10 ingressi)
Pescara-“Ines e le altre” al Museo delle Genti d’Abruzzo la mostra di Primarosa Cesarini Sforza-
Pescara, 25 febbraio 2025- Al Museo delle Genti d’Abruzzo la mostra di Primarosa Cesarini Sforza.Le sue dimensioni sono il segno e il tempo, combinate in un percorso che diventa emozione, racconto, visione. Sarà inaugurata sabato 1 marzo, alle ore 18, nelle sale del Museo delle Genti d’Abruzzo ,la personale dell’artista Primarosa Cesarini Sforza “Ines e le altre”, curata da Mariano Cipollini.
Un viaggio in un universo creativo che si rigenera attraverso l’utilizzo di tecniche originali e raffinate, materiali evocativi, espressione di una sensibilità che non mantiene il ricordo come citazione retorica, ma lo acquisisce come elemento di un presente in continua evoluzione.
Museo delle Genti d’Abruzzo la mostra di Primarosa Cesarini Sforza
“La memoria, sicuramente presente nelle sue opere – sottolinea infatti nelle note critiche il curatore Mariano Cipollini – non ha né valenza archeologica, né assume struttura cronologica portante. In buona parte resta depositaria di un’iconografia efficace, necessaria quanto variabile, parallela al quotidiano, espressamente correlata al gesto creativo e svincolata dalla retorica della nostalgia.
Una storia iniziatica, un vero imprinting che ne ha favorito l’utilizzo a piacimento, in un tempo modificabile e funzionale alle sue esigenze.
Esperienze accordate con le sue sensibilità e le sue richieste. Con i tempi che, fin dagli esordi, scanditi dall’alternanza della luce e del buio, dai giochi favoriti dagli sguardi semplici e benevoli delle adulte, ne hanno amplificati i contenuti e costruito il bagaglio conoscitivo.”
Le opere sono il frutto di una ricerca artistica che guarda alla comunicazione con chi guarda attraverso un linguaggio capace di trasmettere un messaggio essenziale, facilmente comprensibile, una sorta di porta che favorisce lo scambio di conoscenze, che si incontrano per comprendere ed essere comprese.
Mariano Cipollini -Testo critico -Ines e le altre
La memoria è lo spazio virtuale tra i più fecondi nel quale operare il recupero di temi essenziali per costruire un esaustivo percorso d’arte, e non solo.
Il ricordo, sicuramente fonte inesauribile di argomenti, a volte, può rigenerarsi e trovare applicazioni insolite che danno ampio spazio alle considerazioni.
Nel caso di Primarosa Cesarini Sforza, si configura come un tassello necessario ma non prioritario, tanto da non rappresentare il punto focale per operare in seno alle arti visive.
Tale opinione, in apparenza discordante con la corposa documentazione critica che accompagna il lavoro dell’artista, nasce da alcune personali riflessioni.
Osservazioni che mi consentono di ipotizzare una collocazione non comune del ricordo, e un differente sistema applicativo all’interno del percorso artistico e personale.
La forza interventista della sua personalità, combinata a una relazione preponderante tra l’osservazione e il saper cogliere le versatilità potenziali dell’osservato, le consente di concepire l’accoglienza, nel senso più vasto del termine: punto d’incontro delle sue esperienze, luogo tanto virtuale quanto geografico, pronto a modificare nella sostanza il processo relazionale tra le conoscenze e il tempo che le distanzia.
Museo delle Genti d’Abruzzo la mostra di Primarosa Cesarini Sforza
Prerogativa insolita quanto fortuita, nella quale far convergere le innumerevoli annotazioni per costruire il collegamento risolutivo tra la donna e l’artista.
Ambito che amalgama le peculiarità in cui il tempo ha valore sommatorio e non sedimentante all’interno di un programma di vita, che diventa luogo deputato nel quale far convergere gli interessi essenziali del suo far arte.
Un corpo unico che le consente di accostarsi al cenacolo artistico con una visione possibilista e prendere in considerazione una quantità vasta di argomenti.
Temi che vanno a soddisfare sia il processo creativo, sia la struttura portante del pensiero che ne è il motore.
Osservando i suoi lavori, più che riferirsi a un recupero di storie o emozioni derivanti in buona parte dal passato, penso, piuttosto, che si possa parlare di trascrizioni a getto continuo, generate da una singolare struttura pensante, ben modellate da un’ infanzia formativa trascorsa positivamente.
Una risultante tra la sua essenza priva di condizionamenti e una libertà, o vita liberamente condotta, in una natura benigna che l’ha accolta, un regalo casuale dettato dalle circostanze.
Coincidenze formative che le hanno consentito e le consentono ancora di esprimersi attraverso uno stato di fatto determinato e libertario, in un tempo disposto a duplicare un alto numero di variabili che restano costanti, alternabili ed esentate dall’essere archiviate.
Le stesse collegate a un’affettività ad ampio raggio, in cui la memoria ne rigenera continuamente la figurazione, senza un prima o un poi.
Variabili che hanno fatto dell’addizione una costante narrativa.
Una sommatoria di esperienze e sperimentazioni in cui l’accumulo è trascrizione continua dei temi d’elezione. Sovrapposizione di argomenti utilizzabili all’occasione nel tempo.
Da qui la considerazione che la memoria, sicuramente presente nelle sue opere, non ha né valenza archeologica, né assume struttura cronologica portante. In buona parte resta depositaria di un’iconografia efficace, necessaria quanto variabile, parallela al quotidiano, espressamente correlata al gesto creativo e svincolata dalla retorica della nostalgia.
Una storia iniziatica, un vero imprinting che ne ha favorito l’utilizzo a piacimento, in un tempo modificabile e funzionale alle sue esigenze.
Esperienze accordate con le sue sensibilità e le sue richieste. Con i tempi che, fin dagli esordi, scanditi dall’alternanza della luce e del buio, dai giochi favoriti dagli sguardi semplici e benevoli delle adulte, ne hanno amplificati i contenuti e costruito il bagaglio conoscitivo.
Esperienze che, stimolate da una trasgressività benigna, qualità innata nella bambina e sviluppatasi poi nella donna, hanno fatto di Primarosa Cesarini Sforza l’artista che è.
Quest’aspetto mi porta a concepire il suo lavoro come un corpo unico fatto di pensiero, azione ed esperienze identificative. Un risultato possibilmente frazionabile non correlato necessariamente alle sedimentazioni del ricordo.
Le sue opere sono un serio rapporto tra le inclinazioni personali, la costruzione dello spazio di appartenenza, luogo preso in prestito da un mondo o dai mondi che vivendo ha verificato e in parte contribuito a costruire e la sana follia liberatoria che le concede di sentire il canto profondo della poetica dell’essere.
Passaggi verificabili.
Nei suoi lavori, tutto il “precedente” è continua presenza. Uno stato di fatto costante e ripetibile.
Una ramificazione che esalta le connessioni con il presente e le diverse interpretazioni che il sociale – collettività in modificazione – le consente di apportare in progressione.
Esperienze da annoverare come processo continuo generato dalla conoscenza, in cui la sedimentazione è addizione continua, non a esclusivo appannaggio della memoria.
Bagaglio il cui peso volatile non richiede di essere trascinato. Contenitore dilatabile in evoluzione, in cui il divenire è già passato prossimo è disponibile futuro a discapito della consecuzione cronologica del vissuto.
Visione possibilista che non depotenzia o sminuisce lo spessore artistico parco di legami esclusivamente temporali, tutto è un processo immune da confronti e affiliabili similitudini.
L’affettività rivolta al mondo circostante, composta da tutti gli elementi che ci segnala, evidenzia una coralità che non prevede primogeniture.
Un aspetto che le permette di considerare le affinità elettive e i temi d’elezione sullo stesso piano, liberandosi in tal modo da ogni dipendenza eventuale.
La benefica anarchia derivante non le consente di aderire a un momentaneo o definitivo movimento artistico che la metterebbe di fatto in una condizione subordinata che ne ridurrebbe lo spazio d’azione.
Adesioni non indispensabili in quanto non rispondenti a tutto quello da lei tutelato e promosso nel tempo.
Le installazioni che presenta sono un accostarsi ai movimenti delle “libere avanguardie”, senza necessitare di particolari etichette e scevre dall’essere autoreferenziali. Come i libri d’artista che incidono profondamente sulla costruzione avanzata di linguaggi differenziati, presi in prestito da altre discipline e rimodulate per l’occasione.
Stralci di partiture musicali, ritagli di carte variegate, scritti, disegni, tutto quello che ritiene indispensabile entra nel suo universo.
Energiche cuciture interattive.
Collegano archetipi differenziati, programmano esperienze visive, tattili e narrative rispondenti a una comunicazione trasversale della sua politica: “sottili” profili testamentari.
Resetta le singole letture, progetta interconnessioni che, partendo dal particolare, articolano un fonema promotore di evolute architetture linguistiche, le cui figurazioni generano pagine dalle collaudabili valenze iconiche.
Nella sua lunga e corposa esperienza artistica lo sguardo è il suo mentore e le empatie che ne derivano sono subordinate al qui e ora, noncuranti del pensiero altrui.
Materiali disparati, metalli, terrecotte, corde e feticci tribali, concorrono a ridisegnare condizioni esistenziali, sociali e politiche. Ogni singolo elemento può anche essere citazione dalla valenza puramente colloquiale.
L’insieme che costruisce è aderenza al presente, elemento di congiunzione tra le mancanze che rileva e il suo intuire, soluzioni probabili, non necessariamente risolutive.
Il segno continua ancora oggi a contenere la sua storia. Non ha mai smesso di assumere sembianze differenti pur di accordare loro i giusti riferimenti narrativi.
Fatto di grafite o inchiostro, colore o tracciato di funi, fili, ombre proiettate e proiettabili, attraverso congiunzioni di materiali differenti è un rinnovato vocabolario, perenne tramite che la collega a noi e alle nostre esperienze visive e cognitive.
Vero e proprio filo.
Tessuto o intrecciato, costruisce la struttura dell’impianto compositivo.
“Dimensioni”, tecniche miste, nel cui interno convergono apporti tecnici differenti finalizzati alla trascrizione della relazione parentale che la lega a una natura che è “Casa”.
Impianto scenico cristallizzato che sancisce un tacito accordo tra una collaudata manualità e una figurazione onirica tanto benefica quanto evocatrice. Rivincita di un manufatto che sdogana gesto e risultato dalla condizione iniziale legata al femminino. Amplifica la valenza universale del ricamo non più correlato a una legge unilaterale delle attitudini.
Intricati labirinti.
Micro e macrocosmi non possono che ricucire le distanze costruite dalle avidità, dalle assenze e dalle mancanze. Strappi generati dall’uomo stesso e dalle sue cadute.
L’artista evidenzia offese e danni. Ricostruisce habitat ideali esorcizzando il mal fatto.
Cerca di arginare, attraverso i suoi possibili “innesti”, recuperi in cui l’effimero è affiancato al provvisorio. L’insieme, dall’apparente fragile volatilità, riconferma la centralità di una natura pronta ancora una volta a rigenerarsi senza rancori. Primavere duplicabili, promotrici di spazi abitativi desiderabili, riconoscibili dalla collettività immersa in un paesaggio ai limiti del collasso.
Un percorso espositivo che ben si accorda alla volontà museale che accoglie i suoi lavori in un rimbalzo temporale denso di affermazioni. Una relazione espositiva fatta di reperti e opere in cui appare evidente il diverso percorso delle memorie. Il loro approdo al presente, la funzione socio-politica differenziata, assolta da analisi comparate e la strategia narrativa altamente formativa rivolta alle nuove generazioni.
Aspetti che riallineano i parallelismi tra azione, reazione e applicazione temporale delle riletture su piani disciplinari equivalenti.
“Derivati” che, nella loro complessità, attraverso la partecipazione creativa di Primarosa, trovano lo spazio per essere evidenziati, dibattuti e ludicamente goduti, attraverso un riscontro visivo aggiornato.
Opere, spazi virtuali costruiti dall’anima e con anima. Probabilmente accresciuti da quelle circostanze iniziali fatte di natura, luce e colore, dimensioni che rappresentano il suo sogno artistico e il nostro prossimo immaginario.
Offerte spontanee: gioco liberatorio e scoperta di una natura primordiale, regalatele da semplici e ignare “Signore della Terra”, hanno contribuito a determinare tutto quello che oggi ci offre.
Roma al Teatro Hallet va in scena lo spettacolo “QUINTOPIANO” diretto da Mariella Pizziconi-
Roma Debutta al Teatro Hamletdal 6 al 9 marzo, QUINTOPIANO, spettacolo scritto e diretto da Mariella Pizziconi.In un palazzo di Roma due famiglie si fanno la guerra. Capita tra vicini. Elide, la boss del quartiere e proprietaria anche di quasi tutto il caseggiato ,prova a mettere pace ; non perché sia buona ,anzi, è cattivissima, ma perché vuole stare tranquilla e riscuotere gli affitti senza problemi. Le cose si evolvono improvvisamente : esplode addirittura l’amore: una passione cieca e inaspettata che crea ancora più problemi. Ormai è un crescendo di colpi di scena. Un viavai di esseri inquieti e fuori di testa. Non finirà bene ,no, proprio no.
Roma al Teatro Hallet “QUINTOPIANO” diretto da Mariella Pizziconi
“QUINTOPIANO è uno spettacolo difficile per gli attori e per la regista” _ annota Mariella Pizziconi. “ Il copione è stato volutamente scritto così ( ne sono anche l’autrice) perché un autore ama sempre sfidarsi . Dov’è la difficoltà? È subito spiegato… I piani in discussione sono il quinto e il quarto ma, scenograficamente non sono sistemati uno sopra l’altro, bensì uno accanto all’altro, cosicché gli attori saranno costretti, quelli del quinto a guardare in giù (quando si riferiscono ai vicini di sotto) e quelli del quarto in su. Ci saranno poi dei momenti di musica operistica (Rossini e Verdi) durante i quali tutti gli attori (sette), cantando in playback si muoveranno in modo concitato avanti e indietro. La commedia è arricchita da colpi di scena veramente inaspettati ,il finale toglie il fiato. Gli attori, straordinari, sono stati scelti in modo oculato.”
Rita Pasqualoni , Romano Talevi , Simona Ciammaruconi , Maurizio Greco , Rita Gianini , Andrea Scaramuzza , Gabriele Perfumo
QUINTOPIANO
Storia di follia scritta e diretta da Mariella Pizziconi
Con Maurizio Greco, Simona Ciammaruconi, Rita Pasqualoni, Romano Talevi, Rita Gianini, Andrea Scaramuzza, Gabriele Perfumo
Aiuto Regia Serena Canali
Abiti Pizzuti Boutique
DAL 6 AL 9 MARZO
TEATRO HAMLET- ROMA
da sinistra Rita Pasqualoni , Simona Ciammaruconi e Rita GianiniSimona Ciammaruconi-Maurizio Greco-Attori
Orario Spettacoli
Da giovedì a sabato ore 21
Domenica ore 18
TEATRO HAMLET_ Via Alberto da Giussano 13, Roma (Pigneto)
“Siamo fatti della stessa sostanza dei Sogni”
W. Shakespeare
Sotto la Direzione Artistica di Gina Merulla nasce “Teatro Hamlet APS” che si propone di promuovere l’Arte e la Cultura, di diventare importante punto di riferimento per il territorio romano, di “parlare” tanto alla Mente quanto al Cuore della gente.
Dopo un’importtante ristrutturazione recentemente è stato inaugurato il nuovo Spazio Polifunzionale attrezzato per il Teatro, la Danza, la Musica.
E’ nostra intenzione, da fedeli servi dell’Arte, far vivere a questo spazio mille vite diverse.
SPETTACOLO
Primo e fondamentale aspetto è la dimensione Spettacolo. Il palcoscenico.. le luci.. l’odore.. i suoni.. la magia..
Attraverso la promozione di una programmazione teatrale innovativa e variegata ci proponiamo di offrire ai nostri soci stimoli ed emozioni sempre nuovi. E’ nostra intenzione proporre spettacoli sempre nuovi che esplorino tutti i generi e tutte le forme teatrali al fine incentivare i fruitori a guardare tutto il teatro, non solo ciò a cui sono abituati. La programmazone prevedrà quindi spettacoli drammatici e commedia brillante, grandi classici e nuova drammaturgia, artisti affermati e giovani compagnie.
Fuori Cartellone ancora teatro, spettacoli musicali e danza per promuovere l’Arte in tutte le sue forme.
“Il mondo intero è un palcoscenico”
W. Shakespeare
COMPAGNIA
La Compagnia “ Teatro Hamlet ” nasce dall’esigenza più antica e profonda dell’uomo di esplorare il proprio mondo interiore, di emozionarsi, di emozionare.
Il nostro principale intento è quello di intraprendere un nuovo percorso denso e significativo che sia al tempo stesso incontro, viaggio, ricerca.. Affinché l’Arte da effimera e priva di materia possa diventare Viva..
“Nel Teatro si vive sul serio quello che gli altri recitano male nella vita.”
E. De Filippo
FORMAZIONE
Con un approccio teorico-pratico ricco di esperienze legate al palcoscenico la formazione si apre a tutti con l’organizzazione di corsi di teatro, musica e danza per bambini, ragazzi e adulti.
Ci proponiamo inoltre di essere Centro di ricerca per per chiunque voglia completare, aggiornare e arricchire la propria preparazione, proponendo incontri, stage, seminari e workshops.
“Quanto più ci innalziamo tanto più piccoli sembriamo
a coloro che non possono volare.”
F. Nietzsche
PRODUZIONI
L’Associazione si occupa di valutare, selezionare e sostenere economicamente progetti nuovi e interessanti che rappresentino innovazione e crescita poiché è nostra convinzione che è indispensabile chi fa arte ma anche chi la sostiene.
“La cultura non è un lusso ma una necessità”
G. Xingjjan
EVENTI
Concerti, Concorsi, Manifestazioni, Rassegne, Conferenze, Festival, Presentazioni letterarie, Mostre e tanto altro poiché..
“Non esiste emozione che non vale la pena di essere vissuta.”
O. Wilde
Fara in Sabina al Teatro Potlach va in scena “AMORE COINTESTATO”
Fara in Sabina (Rieti)- va in scena al TeatroPotlach“AMORE COINTESTATO” di e con Enoch Marrella, e con Giulia Salvarani-Una insolubile storia d’amore, ambientata in un ipotetico futuro prossimo, tra un intellettuale di origini benestanti che vive in prima periferia – e nella vita non guadagna nulla – e una ragazza di estrema periferia che dalla vita ha tutto da guadagnare. Accanto ai due protagonisti in carne e ossa al Teatro Potlach , Enoch Marrella e Giulia Salvarani, i puppets virtuali generati dal visual designer Andrea Romoli con programmi AI, che entrano nel dialogo creando un’atmosfera distopico–futuristica. A comporre la scena sono le luci di Gianni Staropoli e le opere scultoree dell’artista Aleksandar Stamenov della serie “Antemetica/metafisica dell’informazione”, appositamente commissionate per questa nuova produzione, e il suono di Gabriele Silvestri.
Si parla di amore romantico, delusione delle aspettative, violenza domestica, scontri fra classi, shock culturali e atti psicomagici, in un’opera che segue la struttura dell’in-yer-face theatre, in cui il pubblico diventa interlocutore diretto dei crudi argomenti trattati.
Teatro Potlach va in scena “AMORE COINTESTATO” di e con Enoch Marrella e con Giulia Salvarani
Enoch Marrella (classe 1980) è vincitore del premio Made in Marche (2013) con lo spettacolo Cuoredebole e finalista al Premio Tuttoteatro.com alle arti sceniche Dante Cappelletti (2014) con lo spettacolo Nell’oceano il mondo. È vincitore del Premio Tuttoteatro.com alle arti sceniche Dante Cappelletti (2021) con lo spettacolo Tecnicismi&Baldoria. Nel 2020 dà vita a un progetto crossmediale di rivalutazione del patrimonio petroliniano dal titolo Petrolini Infinito. Nel 2023 presenta lo spettacolo All You Can VAX, un viaggio in tre episodi nei migliori hub vaccinali della capitale. Nel 2024 realizza il nuovo progetto La corazza emotiva – Primo movimento / Amore cointestato prodotto da Tuttoteatro.com con il contributo di Regione Lazio – Spettacolo dal Vivo.
Sabato 1 Marzo alle ore 21.00 al Teatro Potlach di Fara Sabina
“AMORE COINTESTATO” – di e con Enoch Marrella, e con Giulia Salvarani
VISUAL Andrea Romoli
ARTWORK Aleksandar Stamenov
SOUND DESIGN Gabriele Silvestri
LUCI Gianni Staropoli
COSTUMI Marta Montevecchi COORDINAMENTO Maria Federica Bianchi
VIDEO Daniele Parisi e Dario Tacconelli
CON (in video): Italo Amerighi, Nicoló Ayroldi, Valerio De Rose, Luca Di Capua, Francesco Lai, Laura Marcucci, Francesca Romagnoli, Beatrice Simonetti
Giulia Salvarani Prova di ‘ Amore Contestato ‘ –
Teatro Potlach va in scena “AMORE COINTESTATO” di e con Enoch Marrella e con Giulia Salvarani
Teatro Potlach va in scena “AMORE COINTESTATO” di e con Enoch Marrella e con Giulia Salvarani
Biglietto: 10 €
Info e prenotazioni scrivendo SMS o WhatsApp al numero del Teatro Potlach: 351.7954176
CLICCA QUI per scoprire tutta la Stagione di Teatro di Teatro Contemporaneo 2025
TEATRO POTLACH via Santa Maria in Castello n. 28, Fara in Sabina (RI)
Il Teatro Potlach è stato fondato nel 1976 da Pino Di Buduo e Daniela Regnoli. Nel 1979 l’attrice svizzera Nathalie Mentha si unisce al gruppo è da allora i tre costituiscono il gruppo fisso del Teatro Potlach.
L’identità artistica del Potlach si è espressa contemporaneamente nella produzione di spettacoli di sala e di spettacoli di strada, e nell’attivazione di iniziative pedagogiche che hanno coinvolto l’insieme delle tecniche espressive e performative, in un continuo scambio di intenti e di strumenti con gruppi nazionali e internazionali, alla ricerca di un profilo professionale capace di offrire spettacolo ad ogni tipo di pubblico.
Fara in Sabina (Rieti)
The Potlach Theatre is located in Fara Sabina, a Medieval village 60 km from Rome. He is defined as a centre of applied theatrical sciences in the field of theatre research, formation, experimentation and international circulation of interdisciplinary artistic projects. It is part of ACCR since 2003.
A PLACE OF CULTURAL HERITAGE
The theatre’s headquarters are within the walls of what used to be the Monastery Santa Maria del Soccorso. Part of the building, which was abandoned at the time, was given to the Potlach Theatre in 1976 by the municipality of Fara in Sabina to establish its theatre.
The building was part of an ancient castle whose origins are lost in the early Middle Ages. Demolished and rebuilt several times through the centuries, it achieved a relative stability in the fifteenth century, when it became the house of the commendatory abbot of Farfa, and then of the noble families Orsini, Farnese, Della Rovere, Savelli, Colonna, Perretti, Barberini.
In the seventeenth century, cardinal Francesco Barberini, Pope Urbano VIII’s grandson, rearranged the complex of buildings of the fortress, dividing them into two spaces: the Monastery Santa Maria del Soccorso, according to the people of Fara Sabina’s wishes, and the Monastery of the Hermit Poor Clares, according to the cardinal Francesco Barberini wishes, still consacrated today.
With the unification of Italy in 1861, several properties of the Church became public properties, and the Monastery Santa Maria del Soccorso was among those: it became the Fara in Sabina City Hall’s headquarters. Through the years, the former Monastery hosted the city’s band, a cinema, the recreational club’s headquarters and finally it was abandoned.
In 1976, these spaces were entrusted to Teatro Potlach, founded by Pino Di Buduo and Daniela Regnoli in Fara Sabina. In 1979, the Swiss actress Nathalie Mentha joins the group, and since then these three people are the permanent core of Teatro Potlach.
In 2006 Teatro Potlach refurbished the former Monastery with its own private money. Since then, its spaces are: two theatre halls, a multifunctional room, a rehearsal room, six offices / dressing rooms, a garden with a small stage, a courtyard, a costume workshop, warehouses, a guest house with 9 rooms and 22 beds, a kitchen.
THE CULTURAL PROJECT
Teatro Potlach’s cultural project expresses itself on two different roads at the same time: on one hand the local activity of circulation and production of performances, of formation and pedagogy, of artists’ residencies; on the other hand, the national and international activity with interdisciplinary artistic site specific projects on different themes (environment, architecture, fine arts, science, literature and so on).
Our cultural centre’s goals are:
– To create cultural events of the highest quality, capable of presenting the most fertile inspirations from the international theatrical landscape, through the circulation and mobility of the artists;
– To propose high quality performances, according to an intercultural logic and aimed to the local cultural growth;
– To facilitate the meeting with the new languages of performance and the multidisciplinary tools, organising workshops, lessons and meetings with artists and personalities of national and international levels;
– To facilitate the formation of a new audience and the promotion, through art, of the artistic, architectural, environmental, cultural excellences of the territory;
– To redevolop and promote our territory’s identity, in order to make the inhabitants themselves aware of the richness of their own artistic and cultural heritage, which sometimes is forgotten.
ACTIVITIES AND ACTIONS
Throughout the whole year, Teatro Potlach hosts many different activities:
– Theatre seasons for children and adults;
– International festivals;
– Professional training courses (individual or collective courses within the School of Arts and Professions of the Performance);
– Residencies for single artists (writers, actors, dancers, researchers, directors) or groups (theatre groups, dance groups, visual and digital arts groups);
– Theatrical projects oriented towards dialogue and intercultural reception, with groups of refugees, elders, disabled people, young people with school problems;
– Historical and artistic guided tours of the premises, organised in special occasions like special dates and anniversaries, which we are developing.
The strong point of our activity is FLIPT – Intercultural Workshop Festival of Theatre Practices, between East and West, which we organise since 2000 in our premises and in the whole village of Fara in Sabina(see photo) every year; a rich cultural and interdisciplinary event lasting three weeks between June and July.
This Festival is organised in tight cooperation with the local businesses and touristic promoters, who help us with some logistic aspects like board and lodging, transportation and other technical needs.
In fact, many artists, artistic groups, dance groups, students, young video artists, academics are invited to the Festival. During the day, they attend the workshops, held by the hosted masters, about Western and Eastern theatrical practices (Commedia dell’Arte, Japanese dance kamigata-mai, storytelling techniques, Indian singing and dancing Baul, corporeal mime, directing techniques and so on), while in the evening they attend the performances by the international companies.
Moreover, during the Festival many collective site specific performances are created, with all the paricipants contributing, coordinated by Pino Di Buduo and by Teatro Potlach’s pedagogues.
Franco Leggeri Fotoreportage-Roma Gianicolo- Monumento a Giuseppe Garibaldi-
Franco Leggeri Fotoreportage-GIUSEPPE GARIBALDI- monumento al Gianicolo -ROMA
ROMA- Articolo del Dott.Paolo TAFFONI-Franco Leggeri Fotoreportage-Roma Gianicolo- Monumento a Giuseppe Garibaldi-Fu proprio col decreto reale del 3 giugno 1882, giorno successivo alla morte di Giuseppe Garibaldi, che veniva stabilito di erigere un monumento in suo onore. La scelta del luogo cadde sul Gianicolo, dove ancora vivo era il ricordo dell’epopea garibaldina dei giorni dell’effimera Repubblica Romana. Dal decreto si passò, l’anno successivo, al bando del concorso pubblico e prese vita, con De Pretis alla Presidenza, la commissione composta da artisti, deputati, senatori e dal sindaco di Roma Leopoldo Torlonia. Nel bando del concorso veniva indicato il luogo preciso del Gianicolo in quanto la commissione sentiva il dovere di fornire al concorrente tutti gli elementi necessari allo studio dell’opera da erigere e dello spazio a disposizione. A tal proposito, giustamente scriveva l’architetto Camillo Boito, membro della commissione: “La massa del monumento, la stessa sua composizione, la scelta dei materiali, la grandezza e lavoratura dei particolari, dipendono in parte dalle condizioni anche secondarie del luogo”. Così, dopo attento esame, fu scelta la zona di proprietà dei Wedekind, il punto più alto di Roma, sopra il giardino di S. Pietro in Montorio, luogo particolarmente eccellente e idoneo alla rievocazione dei tragici gloriosi momenti della difesa di Roma.
Franco Leggeri Fotoreportage-Giuseppe GARIBALDI- monumento al Gianicolo -ROMA
ROMA- Gianicolo- Monumento a GIUSEPPE GARIBALDI
Franco Leggeri Fotoreportage-GIUSEPPE GARIBALDI- monumento al Gianicolo -ROMA
Quindi le preferenze andarono al modello di Emilio Gallori, ispirato a monumenti equestri rinascimentali e in obbedienza al gusto del momento.
Nel bozzetto la statua equestre, esprimente eleganza, quiete, gentilezza, era poggiata su un basamento di granito che recava sui fianchi le figure allegoriche dell’Europa e dell’America, oltre ai bassorilievi recanti lo sbarco a Marsala e la resistenza di Boiada. La difesa di Roma e il gruppo della libertà apparivano rispettivamente nelle parti anteriore e posteriore. Lo stesso Gallori, per chiarire i motivi che lo avevano ispirato nella realizzazione del proprio progetto, così si espresse: “Nella figura equestre ho cercato di imprimere quella serenità e quella calma, che non possono discompagnarsi da una figura come quella di Garibaldi, generoso, filosofo, sempre umanitario”. Inoltre il momento storico richiedeva la celebrazione di un Garibaldi non guerrigliero e rivoluzionario, ma un condottiero virtuoso e accorto, sostenitore della pace mondiali.
Franco Leggeri Fotoreportage-GIUSEPPE GARIBALDI- monumento al Gianicolo -ROMA
Franco Leggeri Fotoreportage-GIUSEPPE GARIBALDI- monumento al Gianicolo -ROMA
Franco Leggeri Fotoreportage-GIUSEPPE GARIBALDI- monumento al Gianicolo -ROMA
Si giunge al momento solenne dell’inaugurazione, fissata nel programma del Municipio per il 21 settembre 1895, ma anticipata al 20, in occasione del venticinquesimo anniversario della breccia di Porta Pia. La celebrazione sul Gianicolo fu senz’altro la più importante e raccolse intorno al monumento oltre 30.000 invitati giunti da ogni parte d’Italia, o meglio, da quelle province e da quei comuni che deliberarono la propria partecipazione, aderendo alla richiesta del governo e superando ogni ostacolo di carattere polemico oltre che politico. E non basta. Già il 16 luglio 1895, quasi alla vigilia dell’inaugurazione, si rendevano palesi le angustie in cui versava il “Comitato Generale per solennizzare il XXV anniversario della liberazione di Roma”. Proprio in quella data Menotti Garibaldi, primogenito dell’eroe e presidente della commissione esecutiva, faceva presente a Crispi che, secondo quanto rilevato dai membri della commissione finanziaria dello stesso comitato, il programma predisposto non sarebbe mai giunto a concreta realizzazione se il governo non fosse intervenuto con un impegno di 100.000 lire. Un rifiuto a tale richiesta avrebbe portato a irrevocabili dimissioni. E le dimissioni ci furono. Le comunicò il 24 luglio lo stesso sindaco di Roma, Emanuele Ruspoli.
Franco Leggeri Fotoreportage-GIUSEPPE GARIBALDI- monumento al Gianicolo -ROMA
Fu una presa di posizione molto grave che si ripercosse sulla stessa inaugurazione. Infatti tutti i membri della famiglia Garibaldi si rifiutarono di presenziare alla cerimonia e furono concordi nel declinare l’invito ufficiale, adducendo scuse di varia natura. Tuttavia alle 11 di quell’agitato 20 settembre cadde il telo che nascondeva il maestoso monumento costato complessivamente 1.200.000 lire, di cui 1.000.000 messo a disposizione dallo Stato. per il resto contribuirono i cittadini e le diverse rappresentanze. Dall’altezza di 22 metri Garibaldi appare avvolto nel poncho tradizionale e lascia trasparire dall’atteggiamento quieto e sereno e dallo sguardo ammonitore rivolto verso i monti Parioli, tutta la dolcezza e fierezza del suo volto. Sotto di lui lo stesso cavallo semplice e grandioso completa a meraviglia la solennità del monumento. La rigidità della posizione sta ad indicare il riposo fiero dopo la conquista.
Franco Leggeri Fotoreportage-GIUSEPPE GARIBALDI- monumento al Gianicolo -ROMA
ROMA- Gianicolo- Monumento a GIUSEPPE GARIBALDI GIUSEPPE GARIBALDI
Franco Leggeri Fotoreportage-GIUSEPPE GARIBALDI- monumento al Gianicolo -ROMA
Sui gradini a destra del basamento giaceva una grande ed artistica corona di bronzo, opera di Ettore Ferrari, per ricordare ai posteri che Garibaldi fu il primo illustre Gran Maestro della Massoneria italiana. Ma nel 1925 la corona fu trafugata per sostituire i simboli massonici con quelli fascisti e la prima epigrafe con la seguente: “La Massoneria pose, il Fascismo rettificò. Al Duce delle Camicie Rosse – le Camice Nere trasteverine”.
Franco Leggeri Fotoreportage-GIUSEPPE GARIBALDI- monumento al Gianicolo -ROMA
Franco Leggeri Fotoreportage-GIUSEPPE GARIBALDI- monumento al Gianicolo -ROMA
Franco Leggeri Fotoreportage-GIUSEPPE GARIBALDI- monumento al Gianicolo -ROMA
Dopo il 25 luglio 1943 i simboli fascisti furono rimossi e la corona, a liberazione avvenuta, finì prima nei magazzini di Porta S. Pancrazio e poi in quelli comunali del Teatro di Marcello.
Secondo quanto è possibile sapere, la grande corona del 1895 non è più tornata sul Gianicolo. Il suo posto fu occupato nel 1907 da un’altra corona di bronzo recante i simboli massonici e la scritta:
AL GRAN MAESTRO
GIUSEPPE GARIBALDI
NEL CENTENARIO DELLA
SUA NASCITA
LA MASSONERIA ITALIANA
A.N. MMDCLX A.V.C.
l’opera è da attribuire al Ferrari che, ugualmente a Garibaldi, fu Gran Maestro della Massoneria e come tale amava datare i propri lavori secondo l’uso ufficiale massonico; per cui A.V.C. vuole significare Anno Verae Creationis, ossia 5000 anni prima dell’Era volgare.
-Bertolt Brecht IL PEGGIOR ANALFABETA È L’ANALFABETA POLITICO – La nostra civiltà è intrisa di un profondo analfabetismo, eppure tutti sanno leggere e scrivere. Bertolt Brecht, grande poeta e drammaturgo della prima metà del ’900, traccia il profilo del nuovo analfabeta, per l’appunto l’analfabeta politico, il peggiore della categoria. Oltre la porta di casa tutto ciò che c’è è affare che non riguarda se stessi. Eppure questa ignoranza produce effetti drammaticamente deleteri perché fa regredire l’uomo da cittadino a suddito il quale non fa altro che apprendere apaticamente e subire le decisioni dall’alto. Brecht ci riporta anche degli atteggiamenti esteriori del nostro analfabeta. “Si vanta e si gonfia il petto dicendo che odia la politica”.
AL MOMENTO DI MARCIARE MOLTI NON SANNO
Al momento di marciare molti non sanno
che alla loro testa marcia il nemico.
La voce che li comanda
e’ la voce del loro nemico.
E chi parla del nemico
e’ lui stesso il nemico.
PER CHI STA IN ALTO
Per chi sta in alto
parlare di mangiare e’ cosa bassa.
Si capisce: hanno gia’
mangiato, loro.
Chi sta in basso deve andarsene dal mondo
senza aver mangiato
un po’ di carne buona.
Per pensare di dove venga e dove
vada, chi e’ in basso,
nelle belle serate,
troppo e’ sfinito.
I monti e il mare grande
non li hanno ancora visti
che il loro tempo gia’ e’ passato.
Se chi e’ in basso non pensa
alla bassezza, mai
potra’ venire in alto.
Bertold Brecht
IL PANE DEGLI AFFAMATI E’ STATO MANGIATO
Il pane degli affamati e’ stato mangiato.
Non si sa piu’ cos’e’ la carne. inutilmente
e’ stato versato il sudore del popolo.
Gli allori sono stati
tagliati.
Dalle ciminiere delle fabbriche di munizioni
sale fumo.
Bertolt Brecht
QUELLI CHE PORTANO VIA LA CARNE DALLE TAVOLE
Quelli che portano via la carne dalle tavole
insegnano ad accontentarsi.
Coloro ai quali il dono e’ destinato
esigono spirito di sacrificio.
I ben pasciuti parlano agli affamati
dei grandi tempi che verranno.
Quelli che portano all’abisso la nazione
affermano che governare e’ troppo difficile
per l’uomo qualsiasi.
Bertolt Brecht
CHI STA IN ALTO DICE: PACE E GUERRA
Chi sta in alto dice: pace e guerra
sono di essenza diversa.
La loro pace e la loro guerra
sono come il vento e la tempesta.
La guerra cresce dalla loro pace
come il figlio dalla madre.
Ha in faccia
i suoi lineamenti orridi.
La loro guerra uccide
quel che alla loro pace
e’ sopravvissuto.
Bertolt Brecht
QUANDO CHI STA IN ALTO PARLA DI PACE
Quando chi sta in alto parla di pace
la gente comune sa
che ci sara’ la guerra.
Quando chi sta in alto maledice la guerra
le cartoline precetto sono gia’ compilate.
QUELLI CHE STANNO IN ALTO
Quelli che stanno in alto
si sono riuniti in una stanza.
Uomo della strada
lascia ogni speranza.
I governi
firmano patti di non aggressione.
Uomo qualsiasi,
firma il tuo testamento.
Bertolt Brecht
SUL MURO C’ERA SCRITTO COL GESSO
Sul muro c’era scritto col gesso:
vogliono la guerra.
Chi l’ha scritto
e’ gia’ caduto.
CHI STA IN ALTO DICE
Chi sta in alto dice:
si va alla gloria.
Chi sta in basso dice:
si va alla fossa.
LA GUERRA CHE VERRA’
La guerra che verra’
non e’ la prima. Prima
ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima
c’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
faceva la fame. Fra i vincitori
faceva la fame la povera gente egualmente.
QUANDO LA GUERRA COMINCIA
Quando la guerra comincia
forse i vostri fratelli si trasformeranno
e i loro volti saranno irriconoscibili.
Ma voi dovete rimanere eguali.
Andranno in guerra, non
come ad un massacro, ma
ad un serio lavoro. Tutto
avranno dimenticato.
Ma voi nulla dovete dimenticare.
Vi verseranno grappa nella gola
come a tutti gli altri.
Ma voi dovete rimanere lucidi.
MIO FRATELLO AVIATORE
Avevo un fratello aviatore.
Un giorno, la cartolina.
Fece i bagagli, e via,
lungo la rotta del sud.
Mio fratello e’ un conquistatore.
Il popolo nostro ha bisogno
di spazio. E prendersi terre su terre,
da noi, e’ un vecchio sogno.
E lo spazio che s’e’ conquistato
sta sui monti del Guadarrama.
E’ di lunghezza un metro e ottanta,
uno e cinquanta di profondita’.
GENERALE, IL TUO CARRO ARMATO E’ UNA MACCHINA POTENTE
Generale, il tuo carro armato e’ una macchina potente
spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.
Generale, il tuo bombardiere e’ potente.
Vola piu’ rapido d’una tempesta e porta piu’ di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.
Generale, l’uomo fa di tutto.
Puo’ volare e puo’ uccidere.
Ma ha un difetto:
puo’ pensare.
Bertolt Brecht
Nelle città venni al tempo del disordine,
quando la fame regnava.
Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte
e mi ribellai insieme a loro.
Cosí il tempo passò
che sulla terra m’era stato dato.
Il mio pane, lo mangiai tra le battaglie.
Per dormire mi stesi in mezzo agli assassini.
Feci all’amore senza badarci
e la natura la guardai con impazienza.
Cosí il tempo passò
che sulla terra m’era stato dato.
Al mio tempo, le strade si perdevano nella palude.
La parola mi tradiva al carnefice.
Poco era in mio potere. Ma i potenti
posavano piú sicuri senza di me; o lo speravo.
Cosí il tempo passò
che sulla terra m’era stato dato.
Le forze erano misere. La meta
era molto remota.
La si poteva scorgere chiaramente, seppure anche per me
quasi inattingibile.
Cosí il tempo passò
che sulla terra m’era stato dato.
I bambini giocano alla guerra
I bambini giocano alla guerra.
E’ raro che giochino alla pace
perché gli adulti
da sempre fanno la guerra,
tu fai “pum” e ridi;
il soldato spara
e un altro uomo
non ride più.
E’ la guerra.
C’è un altro gioco
da inventare:
far sorridere il mondo,
non farlo piangere.
Pace vuol dire
che non a tutti piace
lo stesso gioco,
che i tuoi giocattoli
piacciono anche
agli altri bimbi
che spesso non ne hanno,
perché ne hai troppi tu;
che i disegni degli altri bambini
non sono dei pasticci;
che la tua mamma
non è solo tutta tua;
che tutti i bambini
sono tuoi amici.
E pace è ancora
non avere fame
non avere freddo
non avere paura.
Bertolt Brecht
“Generale – il tuo carro armato”.
Generale, dietro la collina Ci sta la notte crucca e assassina E in mezzo al prato c’è una contadina Curva sul tramonto, sembra una bambina Di cinquant’anni e di cinque figli Venuti al mondo come conigli Partiti al mondo come soldati E non ancora tornati Generale, dietro la stazione Lo vedi il treno che portava al sole? Non fa più fermate, neanche per pisciare Si va dritti a casa senza più pensare Che la guerra è bella, anche se fa male Che torneremo ancora a cantare E a farci fare l’amore L’amore dalle infermiere Generale, la guerra è finita Il nemico è scappato, è vinto, battuto Dietro la collina non c’è più nessuno Solo aghi di pino e silenzio e funghi Buoni da mangiare, buoni da seccare Da farci il sugo quando viene Natale Quando i bambini piangono E a dormire non ci vogliono andare Generale, queste cinque stelle ‘Ste cinque lacrime sulla mia pelle Che senso hanno dentro al rumore di questo treno? Che è mezzo vuoto e mezzo pieno E va veloce verso il ritorno Tra due minuti è quasi giorno È quasi casa, è quasi amore
L’ANALFABETA POLITICO (BRECHT) “Il peggiore analfabeta è l’analfabeta politico. Egli non sente, non parla, nè s’importa degli avvenimenti politici. Egli non sa che il costo della vita, il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina, dell’affitto, delle scarpe e delle medicine dipendono dalle decisioni politiche. L’analfabeta politico è così somaro che si vanta e si gonfia il petto dicendo che odia la politica. Non sa l’imbecille che dalla sua ignoranza politica nasce la prostituta, il bambino abbandonato, l’assaltante, il peggiore di tutti i banditi, che è il politico imbroglione, il mafioso corrotto, il lacchè delle imprese nazionali e multinazionali.”
Bertolt Brecht
-Bertolt Brecht IL PEGGIOR ANALFABETA È L’ANALFABETA POLITICO – La nostra civiltà è intrisa di un profondo analfabetismo, eppure tutti sanno leggere e scrivere. Bertolt Brecht, grande poeta e drammaturgo della prima metà del ’900, traccia il profilo del nuovo analfabeta, per l’appunto l’analfabeta politico, il peggiore della categoria. Oltre la porta di casa tutto ciò che c’è è affare che non riguarda se stessi. Eppure questa ignoranza produce effetti drammaticamente deleteri perché fa regredire l’uomo da cittadino a suddito il quale non fa altro che apprendere apaticamente e subire le decisioni dall’alto. Brecht ci riporta anche degli atteggiamenti esteriori del nostro analfabeta. “Si vanta e si gonfia il petto dicendo che odia la politica”. La frase è tipica e, ahimè, troppo diffusa nella nostra società. La politica è affare di tutti e non si manifesta solo in senso stretto prendendo parte a questo o quel partito politico. Essere politicizzati significa comprendere di far parte di una società complessa, di una realtà che non può e non deve rimanerci indifferente. “Zoon politikon” diceva Aristotele, l’uomo è un “animale politico” e questa caratteristica è insita nella natura dell’essere umano. Rimanere indifferenti dinanzi alla società in cui si vive, riempendosi la bocca di espressioni come: “la politica è sporca”, “lo stato è corrotto”, “è già tutto deciso”, ci preclude di essere parte attiva, di avere un ruolo. Chi non pone rimedio alla propria ignoranza politica non sa scindere il bene dal male di una comunità. Brecht in maniera probabilmente anche molto forte fa una carrellata di esempi lampanti delle conseguenze del considerare la politica altro da sè, fuori dalla propria sfera di interessi. “Il bambino abbandonato, la prostituta, l’assaltante, il mafioso corrotto” sono solo alcuni esiti. Certamente la politica oggi non ci invita ad un suntuoso banchetto, ma nello stesso tempo non possiamo non partecipare alla mensa perchè i piatti non sono di nostro gradimento.
Roma al Teatro Vascello va in scena – RECOLLECTION OF A FALLING-30 anni di Spellbound Contemporary Ballet-
Roma al Teatro Vascello dal 25 febbraio al 2 marzo dal martedì al venerdì h 21, sabato h 19 e domenica h 17 va in scena RECOLLECTION OF A FALLING 30 anni di Spellbound Contemporary Ballet
Roma al Teatro Vascello – RECOLLECTION OF A FALLING
Programma in due parti
Jacopo Godani – “Forma mentis”
Mauro Astolfi – “Daughters and angels”
Interpreti: Maria Cossu, Giuliana Mele, Lorenzo Beneventano, Alessandro Piergentili, Anita Bonavida, Roberto Pontieri, Martina Staltari, Miriam Raffone, Filippo Arlenghi,
Una produzione Spellbound
in collaborazione con Comune di Pesaro & AMAT per Pesaro Capitale italiana della Cultura 2024, Festival Torino Danza
durata 30’ e 38’ con intervallo di 15’
SHAPE \* MERGEFORMAT
Viviamo in un pianeta pieno di ricordi. Abbiamo impiegato circa trent’anni per imparare come assemblare i nostri e non diventarne schiavi.
Roma al Teatro Vascello – RECOLLECTION OF A FALLING
Il ricordo della prima caduta, quell’attimo prima e soprattutto quell’attimo dopo che ci ha fatto capire che è stato un bene spingerci verso esperienze più profonde. Questo è il nostro punto di partenza, nato dall’idea e dal tentativo di parlare dell’interconnessione di tutto quello che abbiamo attraversato.
Trent’anni per capire che non saremo mai delle isole indipendenti ma parte di un tutto. Probabilmente avremo ricordi più ricchi di cui nutrirci, forse sempre più disordinati, ma pur sempre qualcosa che mettiamo dentro e poi tiriamo fuori da noi stessi.
Recollection of a falling è il nostro sistema di dati accessibili e infinitamente espandibili. Come esseri umani abbiamo fornito prove sufficienti delle nostre capacità di distruggere tutto: il ricordo di una caduta, piccola o pericolosamente grande può essere il modo per riconnetterci al mondo naturale, saltarci dentro e ricostruirlo ogni giorno.
SHAPE \* MERGEFORMAT Roma Teatro Vascello -RECOLLECTION OF A FALLING-30 anni di Spellbound Contemporary Ballet
Parte 1
Forma mentis
Coreografia, Art Direction, Luci, Costumi: Jacopo Godani
Musica originale: Ulrich Müller
Musica dal vivo Sergey Sadovoy
Assistente alle coreografie: Vincenzo De Rosa
FORMA MENTIS, un’esperienza coreografica che celebra giovani danzatori straordinari che partecipano alla creazione di un manifesto artistico per le nuove generazioni. In questa nuova creazione, Jacopo Godani utilizza l’arte della “danza intelligente” come strumento di realizzazione e come mezzo di comunicazione diretta con le nuove generazioni.
Consapevole delle molteplici sfaccettature che siano state attribuite all’arte negli ultimi decenni, Jacopo Godani ricerca un equilibrio tra la presentazione di un formato d’arte contemporanea definito da un terreno etico e la creazione di un dispositivo che possa fungere da sostegno per giovani artisti per trasformare la loro creatività in idee concrete e progettualità.
Forma Mentis è una piattaforma vibrante per esplorare il potenziale della danza come linguaggio universale per mezzo della propria intelligenza. Ogni passo, ogni movimento, è un’opportunità per esprimere idee e visioni, creando un dialogo dinamico con se stessi, il pubblico e le generazioni future. In questo spazio creativo, Godani riconosce il valore del talento e della determinazione professionale. Ogni danzatore, ogni artista, è un faro di ispirazione per coloro che anelano a realizzare i propri sogni.
Forma Mentis non è solo una performance, ma un impegno a creare un impatto duraturo usando la danza come strumento di incoraggiamento a una pluralità di idee e prospettive. Ogni movimento sul palcoscenico è un passo avanti verso la scoperta e la celebrazione del potenziale umano.
Forma Mentis è un invito a esplorare, a sognare e a creare, è un’opportunità per le nuove generazioni di concretizzare i pensieri, alimentare le visioni e le aspirazioni.
Roma al Teatro Vascello – RECOLLECTION OF A FALLING
Parte 2
Daughters and angels
Coreografia e regia: Mauro Astolfi
Set e Disegno luci: Marco Policastro
Musica originale: Davidson Jaconello
Costumi: Anna Coluccia
Assistente alle coreografie: Elena Furlan
Daughters and Angels è un lavoro ispirato dalla lettura di Knowledge and Powers di Isabel Pérez Molina pubblicato da Duoda, un centro di ricerca interdisciplinare dell’Università di Barcellona riconosciuto a livello internazionale nel campo degli Women’s Studies. Il testo incrocia un interesse di Mauro Astolfi, coltivato fin da adolescente, rispetto all’immaginario legato alle “streghe”, oltre la spettacolarità della cinematografia e alla patina della magia e più rivolto ai costrutti culturali, gli stereotipi di genere, di linguaggio, gli abusi di potere radicati ancora oggi.
Secondo Isabel Pérez Molina le donne in ambito medico furono le prime nella storia occidentale a conoscere e a praticare soluzioni terapeutiche di diverso tipo. Durante il Medioevo furono guaritrici, anatomiste e farmacologhe, intenditrici di piante medicinali e conoscitrici dei segreti della medicina empirica tramandata da generazione in generazione. Riconosciute dalla comunità come “donne sapienti”, ma “chafarderas” (pettegole), prima che “streghe” dalle istituzioni, destabilizzavano un certo sistema organizzato e soprasseduto dagli uomini, sfidando i limiti imposti dai modelli dominanti di genere al punto da divenire un problema per l’élite maschile feudale e patriarcale. Durante il Rinascimento la tensione misogina si consolida, insieme alle dinamiche di esclusione per le donne in ogni campo. È in quel momento che la lotta per il controllo maschile della conoscenza e della scienza si inasprisce e comincia la caccia alle streghe.
In Daughters and Angels Mauro Astolfi rielabora storia, sensazioni e percezioni personali, per mettere in evidenza l’automatismo folle che porta a trasformare in violenza, negazione e annichilimento tutto ciò che non si conosce. In scena, una grande seta nera rappresenta il confine immaginario di un luogo dove riunirsi di notte, per nascondersi e decidere come sopravvivere all’ignoranza legittimata. Il nero come blocco, negazione, opposizione, protesta al potere, al controllo, al mistero. Ma anche luogo di sicurezza, riservatezza e misteriosa inaccessibilità.
“In Daughters and Angels, non parlo di magia, ma della possibilità di intraprendere un percorso di conoscenza da parte del genere maschile del proprio femminile, smantellando gli stereotipi di genere e mettendo in discussione alcune rocche forti della mascolinità. Cerco di recuperare un’informazione antica, il semplice potere della conoscenza, senza appartenenza né primati. La donna che immagino è stata una figlia ricorda ed amplifica ciò che ha imparato dalla sorgente, l’uomo, sembra aver dimenticato quasi tutto” (Mauro Astolfi)
Campagna abbonamenti
Card libera 108 euro (6 spettacoli a scelta) (ACQUISTA ONLINE) con eventuale scelta del posto
Card love 72 euro (2 spettacoli a scelta per 2 persona) (ACQUISTA ONLINE) con eventuale scelta del posto
Info e prenotazioni esclusivamente tramite abbonamenti Zefiro , Eolo e CARD LIBERA E CARD LOVE info promozioneteatrovascello@gmail.com
Biglietti: Intero 25 euro – Ridotto over 65: 20 euro – Ridotto addetti ai lavori del settore e Cral/Enti convenzionati: 18 euro – Ridotto studenti, studenti universitari, docenti e operatori esclusivamente delle scuole di teatro, cinema e danza 16 euro e gruppi di almeno 10 persone 16 euro a persona È possibile acquistare i biglietti, abbonamenti e card telefonicamente 065881021 con carta di credito e bancomat abilitati,
acquista direttamente alla biglietteria https://www.teatrovascello.it/biglietteria-23-24/
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Come raggiungerci con mezzi privati: Parcheggio per automobili lungo Via delle Mura Gianicolensi, a circa 100 metri dal Teatro. Parcheggi a pagamento vicini al Teatro Vascello: Via Giacinto Carini, 43, Roma; Via Maurizio Quadrio, 22, 00152 Roma, Via R. Giovagnoli, 20,00152 Roma
Con mezzi pubblici: autobus 75 ferma davanti al teatro Vascello che si può prendere da stazione Termini, Colosseo, Piramide, oppure: 44, 710, 870, 871. Treno Metropolitano: da Ostiense fermata Stazione Quattro Venti a due passi dal Teatro Vascello. Oppure fermata della metro Cipro e Treno Metropolitano fino a Stazione Quattro Venti a due passi dal Teatro Vascello
Bolsena (VT)- Basilica di Santa Cristina: La “riscoperta” di una statua in terracotta invetriata di Benedetto Buglioni-
Bolsena (VT)- Basilica di Santa Cristina: La “riscoperta” di una statua in terracotta invetriata di Benedetto Buglioni –Bolsena-Nelle ultime settimane si è pervenuti con certezza all’identificazione di una porzione inedita di una preziosa statua a tutto tondo in terracotta invetriata, raffigurante la protettrice della vista, Santa Lucia, proveniente dalla Basilica di Santa Cristina a Bolsena, la cui postura sembra ispirata a celebri modelli verrocchieschi. La scoperta getta nuova luce su Benedetto Buglioni (Firenze, 1461 – 1521), rinomato scultore e ceramista che fu il principale concorrente dei Della Robbia nella produzione di grandi maioliche rinascimentali e che nella chiesa bolsenese realizzò moltissime opere, tra cui le lunette dei portali, una pala d’altare con la Crocifissione e il Miracolo eucaristico e il monumentale tabernacolo nella Cappella del Sacramento.
Bolsena (VT)- Basilica di Santa Cristina- Fonte battesimale
Il restauro della Santa Lucia, che già alla fine del XIX secolo era segnalata da Paolo Zampi come “mezza statua”, è stato voluto dalla Diocesi di Orvieto-Todi e dalla parrocchia dei Santi Giorgio e Cristina di Bolsena su proposta della Soprintendenza, che negli anni scorsi ha seguito, con la dott.ssa Luisa Caporossi, i lavori di restauro di un’altra preziosa opera di Buglioni, il simulacro di Santa Cristina giacente sul catafalco, che sormonta il sarcofago contenente le spoglie mortali della martire bolsenese, nella cosiddetta Basilica Ipogea.
Bolsena (VT)- Basilica di Santa Cristina
Bolsena (VT)- Basilica di Santa Cristina
“Gli interventi da programmare in occasione dell’anno giubilare – auspica il nuovo funzionario storico dell’arte di zona Saverio Ricci -, oltre alla ricomposizione della scultura frammentaria di Santa Lucia, dovrebbero includere anche il consolidamento e la pulitura di un fonte battesimale, anch’esso opera ‘dimenticata’ di Buglioni, che giace ormai inutilizzato nella chiesa del Santissimo Salvatore e che meriterebbe di essere collocato nella Basilica, così come un generale riassetto delle opere mobili dislocate all’interno delle navate; a cominciare dal pregevole Crocifisso ligneo, che dovrebbe ritrovare la sua posizione privilegiata nella cappella a destra dell’altare maggiore, chiamata non a caso nei documenti antichi ‘Cappella del Crocifisso’”.
La statua di Santa Lucia, il cui busto si trova nella medesima cappella, sarebbe databile al 1493-97 circa; il tronco inferiore, ritrovato in pezzi che erano stati murati a scopo conservativo nella parete di un’altra cappella, è stato ricomposto senza che si sapesse minimamente cosa rappresentasse, giungendo infine alla clamorosa scoperta. Questa porzione è attualmente depositata presso lo studio del restauratore Marziali in Acquapendente, che si è occupato di questa prima fase dell’intervento.
Attualmente, è stato avviato l’iter autorizzatorio per riconsegnare il bene alla parrocchia, per poi procedere all’esame di un progetto che preveda due interventi: la rimessione in pristino della statua nella sua integrità e la valorizzazione della stessa attraverso un riposizionamento che permetta di apprezzarne la tridimensionalità.
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