Museo Civico di Rieti presenta “Sabato è Museo, incontri tra Arte, Storia e Archeologia”
Descrizione-L’Ufficio Museo del Comune di Rieti informa che dall’8 marzo si aprirà il ciclo di incontri e approfondimenti “Sabato è Museo” presso le sedi del Museo Civico di Rieti del Palazzo Comunale in piazza Vittorio Emanuele II, sezione Storico-Artistica e via S. Anna 4, sezione Archeologica.
RIETI-Il Museo Civico
Il primo evento, curato dalla dott.ssa Laura Saulli, si terrà l’8 marzo dalle ore 17 presso la sezione Storico Artistica e sarà dedicato alla pittrice Clotilde Sabucchi e prevederà una visita guidata speciale in occasione della chiusura della mostra dedicata all’artista.
“Sabato è Museo, incontri tra Arte, Storia e Archeologia”, è un ciclo di appuntamenti dedicati alla divulgazione del patrimonio come occasione di incontro. Il progetto nasce da un’idea dalla direzione del Museo e si è concretizzato grazie al serrato lavoro degli Uffici del Museo e alla disponibilità degli operatori.
Ogni mese, presso una delle due sedi museali studiosi e professionisti racconteranno le proprie ricerche e il proprio lavoro.
Tutti gli appuntamenti saranno a ingresso gratuito fino ad esaurimento posti, e saranno ospitati a seconda dei temi trattati nella Sala 2 della sezione Storico-Artistica o in sala Mostre della sezione Archeologica.
È possibile prenotare in anticipo il posto sulla piattaforma Eventbrite.
Il ciclo di Arte è intitolato “Firma d’Autore” e sarà a cura di Laura Saulli, curatrice della collezione per la sezione storico-artistica. Gli incontri prevedranno visite e conferenze di approfondimento su opere del Museo legate tra loro proprio dalla firma dell’autore.
Il ciclo di Storia si intitola “Di chiavi, armi e monete” e vuole approfondire alcune tematiche legate agli oggetti artistici e documenti storici da collezione
Il ciclo di Archeologia intitolato “Ricerche in archivio e in campo” è a cura di Francesca Lezzi, direttrice del Museo Civico di Rieti, e si pone l’obiettivo di mostrare il rapporto poco noto che lega gli scavi archeologici e gli archivi, spesso importanti fonti di informazione e documentazione.
Con questo ciclo di appuntamenti il Museo Civico di Rieti vuole offrire al pubblico una proposta culturale di profilo scientifico e dalla forte connotazione divulgativa.
Franco Leggeri Fotoreportage-Roma Gianicolo-La quercia del Tasso –
Articolo di Marco Fulvio Barozzi –Fotoreportage di di Franco Leggeri per REDREPORT-Quell’antico tronco d’albero che si vede ancor oggi sul Gianicolo a Roma, secco, morto, corroso e ormai quasi informe, tenuto su da un muricciolo dentro il quale è stato murato acciocché non cada o non possa farsene legna da ardere, si chiama la quercia del Tasso perché, avverte una lapide, Torquato Tasso andava a sedervisi sotto, quand’essa era frondosa.
Anche a quei tempi la chiamavano così.
Fin qui niente di nuovo. Lo sanno tutti e lo dicono le guide.
Meno noto è che, poco lungi da essa, c’era, ai tempi del grande e infelice poeta, un’altra quercia fra le cui radici abitava uno di quegli animaletti del genere dei plantigradi, detti tassi.
Un caso.
Ma a cagione di esso si parlava della quercia del Tasso con la “t” maiuscola e della quercia del tasso con la “t” minuscola. In verità c’era anche un tasso nella quercia del Tasso e questo animaletto, per distinguerlo dall’altro, lo chiamavano il tasso della quercia del Tasso.
Alcuni credevano che appartenesse al poeta, perciò lo chiamavano “il tasso del Tasso”; e l’albero era detto “la quercia del tasso del Tasso” da alcuni, e “la quercia del Tasso del tasso” da altri.
Siccome c’era un altro Tasso (Bernardo, padre di Torquato, poeta anch’egli), il quale andava a mettersi sotto un olmo, il popolino diceva: “E’ il Tasso dell’olmo o il Tasso della quercia?”.
Così poi, quando si sentiva dire “il Tasso della quercia” qualcuno domandava: “Di quale quercia?”
“Della quercia del Tasso.”
E dell’animaletto di cui sopra, ch’era stato donato al poeta in omaggio al suo nome, si disse: “il tasso del Tasso della quercia del Tasso”.
Poi c’era la guercia del Tasso: una poverina con un occhio storto, che s’era dedicata al poeta e perciò era detta “la guercia del Tasso della quercia”, per distinguerla da un’altra guercia che s’era dedicata al Tasso dell’olmo (perché c’era un grande antagonismo fra i due).
Ella andava a sedersi sotto una quercia poco distante da quella del suo principale e perciò detta: “la quercia della guercia del Tasso”; mentre quella del Tasso era detta: “la quercia del Tasso della guercia”: qualche volta si vide anche la guercia del Tasso sotto la quercia del Tasso.
Qualcuno più brevemente diceva: “la quercia della guercia” o “la guercia della quercia”. Poi, sapete com’è la gente, si parlò anche del Tasso della guercia della quercia; e, quando lui si metteva sotto l’albero di lei, si alluse al Tasso della quercia della guercia.
Ora voi vorrete sapere se anche nella quercia della guercia vivesse uno di quegli animaletti detti tassi.
Viveva.
E lo chiamarono: “il tasso della quercia della guercia del Tasso”, mentre l’albero era detto: “la quercia del tasso della guercia del Tasso” e lei: “la guercia del Tasso della quercia del tasso”.
Successivamente Torquato cambiò albero: si trasferì (capriccio di poeta) sotto un tasso (albero delle Alpi), che per un certo tempo fu detto: “il tasso del Tasso”.
Anche il piccolo quadrupede del genere degli orsi lo seguì fedelmente, e durante il tempo in cui essi stettero sotto il nuovo albero, l’animaletto venne indicato come: “il tasso del tasso del Tasso”.
Quanto a Bernardo, non potendo trasferirsi all’ombra d’un tasso perché non ce n’erano a portata di mano, si spostò accanto a un tasso barbasso (nota pianta, detta pure verbasco), che fu chiamato da allora: “il tasso barbasso del Tasso”; e Bernardo fu chiamato: “il Tasso del tasso barbasso”, per distinguerlo dal Tasso del tasso.
Quanto al piccolo tasso di Bernardo, questi lo volle con sé, quindi da allora quell’animaletto fu indicato da alcuni come: il tasso del Tasso del tasso barbasso, per distinguerlo dal tasso del Tasso del tasso; da altri come il tasso del tasso barbasso del Tasso, per distinguerlo dal tasso del tasso del Tasso.
Il comune di Roma voleva che i due poeti pagassero qualcosa per la sosta delle bestiole sotto gli alberi, ma fu difficile stabilire il tasso da pagare; cioè il tasso del tasso del tasso del Tasso e il tasso del tasso del tasso barbasso del Tasso.
Articolo Pubblicato da Marco Fulvio Barozzi sul sito web Popinga –
venerdì 3 maggio 2013-Scienza e letteratura: terribilis est locus iste-
La quercia del Tasso al GianicoloLa quercia del Tasso al GianicoloLa quercia del Tasso al GianicoloLa quercia del Tasso al GianicoloLa quercia del Tasso al Gianicolo
Roma-Ruggero Lenci – Ai. Dialoghi sulla forma | Franco Purini –
Traslitterazioni di 19 disegni + 1-alla GALLERIA EMBRICE-
Roma-Alla GALLERIA EMBRICE in mostra stampe di file digitali creati da Ruggero Lenci a partire da 20 disegni originali di Franco Purini. I disegni sono stati trattati e moficati con l’Intelligenza Artificiale in diverse varianti grafiche. In un caso è stato prodotta (senza Ai) una tela e una scultura tramite stampante 3d.
Il Professor Ruggero Lenci, nella sua diuturna attenzione all’offerta tecnica di nuovi strumenti informatici, ha progettato ed elaborato immagini con l’Intelligenza Artificiale a partire dall’Autunno 2024, che ora pubblica in questa mostra e catalogo.
Il soggetto conferma il suo decennale interesse per la figura del Professor Franco Purini, in questo caso per 20 dei suoi circa 2000 disegni eseguiti a inchiostro di china su cartoncino bianco, talvolta colorati e spesso riprodotti nello spazio urbano in grande formato.
Un risultato precoce, su di un tema che inquieta la società intera e, in questa, la comunità del progetto grafico, architettonico e ambientale, coerentemente all’istanza strutturale dell’aggiornamento scientifico in campo accademico.
Lenci si confronta con questo relativamente piccolo esperimento, a tutto campo col nuovo strumento: mettendo le mani in pasta, come succedeva quaranta anni fa in ambito accademico con i primi computer, con dischi grandi come un 33 giri: l’unica via per capire era, come diceva Eugenio Battisti agli studenti di Architettura di Roma Sapienza in visita a Penn State University, affrontare il rapporto diretto con la macchina.
Fino a pochi anni prima, con i grandi computer a schede e plotter a penne, il rapporto col nuovo strumento era remoto; bisognava andarli a scovare, come fecero per il Concorso per la Nuova Università della Calabria ad Arcavacata, Elena Mortola e Alessandro Giangrande alla fine degli anni 1970, nelle stanze che la alloggiavano a Via Gramsci.
L’elemento più evidente di questo lavoro è l’introduzione del colore: il Farbe, che fu uno degli elementi straordinari di sorpresa inseriti dal mercato alla Werkbundausstellung di Colonia nel 1914, accanto alle testimonianze del successo industriale.
Come allora, un colore di straordinaria efficacia.
Lenci presenta oltre 30 variazioni su 20 disegni di Purini eseguiti nel corso degli anni, alcune delle quali consentono di leggere un primo chiaro risultato: l’acquisizione di una completa plasticità dell’oggetto e conseguentemente di profondità spaziali che molti degli originali non potevano mostrare fino a questo punto. In questi casi, in definitiva, AI disvela possibilità ulteriori di controllo delle scelte progettuali fin nel dettaglio.
Si apre dunque il quesito: qual è il peso dell’Intelligenza Artificiale sul progetto di Architettura? È indubbio che programmi quali Autocad, Rynoceros, Revit abbiano avuto una forte influenza. Rynoceros in particolare, consentendo di operare con una modalità quasi plastica sulla forma architettonica, ha contribuito ad aprire la fase di anarchia ancora presente nell’Architettura contemporanea, mettendo a disposizione un patrimonio infinito di opzioni figurative.
Guardando con attenzione alcuni campioni dell’esperimento Lenci, superando l’immediata percezione figurativa, qualche indicazione si può cogliere: ad esempio nei casi in cui, nella manipolazione del disegno originale l’Autore trova degli spazi nei quali costruisce delle sue geometrie architettoniche caratterizzate da una notevole complessità: come se vi fossero degli spazi architettonici che già si celavano nell’originale. Potrà forse questo significare che AI suggerirà ella stessa i molteplici possibili sviluppi del progetto, fin dal primo segno tracciato dall’Architetto, come oggi i nostri telefoni anticipano il nome o la frase che ci accingiamo a scrivere? Ma c’è un fatto da tenere a mente. Qualunque nuovo strumento di manipolazione dell’informazione si confronta col tema dell’autenticità e, in ultima analisi, della verità. Tema già aperto a livello individuale negli anni 1970, come sosteneva Kenneth Gergen, Psicologo Sociale basato a Swarthmore, Pennsylvania: un io superfilled, troppo pieno per la quantità di informazioni, può mentire perfettamente convinto di dire il vero. Questione base quanto alla Storia e ai percorsi didattici, continuamente sotto l’attacco del potere che tenta continuamente, anche in Italia, di riscrivere e riformare, come nei casi estremi delle Dinastie Imperiali cinesi, che – i synology mi perdonino l’approssimazione – bruciavano le biblioteche dei predecessori e uccidevano i loro intellettuali. Sindrome potenzialmente letale nel nostro tempo di crisi della civiltà, come nel 1935 scriveva Johan Huizinga: allora l’ascesa del Nazismo, oggi la fine del diritto internazionale e del libero scambio, la trasformazione delle democrazie in oligarchie e il consolidamento dei regimi autoritari.
Lenci, nell’incertezza fra riscrittura e traslitterazione, sceglie alla fine questo secondo termine, apparentemente più sicuro e neutrale, e ne cita per intero una circostanziata definizione. L’aspetto sperimentale della proposta soffre ovviamente del naturale entusiasmo per i risultati indubbiamente shining sul piano figurativo. Una vera traslitterazione avrebbe forse richiesto un solo nuovo carattere per ognuno di quelli puriniani, e AI non è uno strumento di scrittura, ma piuttosto di modifica, pilotata da un prompt e da un set di settaggi dei caratteri del testo esistente.
Ammesso che i disegni scelti si possano definire una scrittura, l’operazione fatta con AI non si traduce in una nuova scrittura: per questo i caratteri dovrebbero essere univoci, per non proporre multiple varianti su ognuno di quelli di partenza. Ma forse neanche si può parlare di contraffazione, termine che avevo inizialmente proposto all’Autore.
Il testo spesso presenta varie interpretazioni di ciascun originale, ed è forse compito del l’osservatore costruire una sequenza univoca, scegliendo per ognuno di essi una traslitterazione come carattere del nuovo linguaggio tra quelli che Ruggero Lenci ha riscritto in più modalità, sondando molteplici possibilità di sviluppo.
E se volessimo trovare un sistema coerente di nuovi segni, dovremmo forse giocare al ribasso, scartando proprio quelle proposte sulle quali l’autore delle traslitterazioni si è meglio espresso sul piano figurativo.
Carlo Severati
Roma-al Teatro Belli con Expo – Teatro Italiano Contemporaneo-
Roma -Una nuova settimana al Teatro Belli con Expo – Teatro Italiano Contemporaneo, Rassegna diffusa di drammaturgia italiana contemporanea, ideata da Società Per Attori, da Franco Clavari e Andrea Paolotti.
Roma Teatro Belli-Contagio con Luca Vergoni, Francesca Blasutig, Andrea Barbati, Pietro Bovi
Andrea Barbati dirige Contagiodal 4 al 6 marzo. In scena Luca Vergoni, Francesca Blasutig, Andrea Barbati, Pietro Bovi intrepretano il testo di Enzo Ferraro Una grave epidemia si sta diffondendo. Un virus che permette di trasmettere convinzioni politiche, religiose o altri ideali da una persona all’altra semplicemente parlandone, sta creando panico e caos. Tre persone di tre diverse idee politiche vengono rinchiuse, come pazienti (o forse cavie), in un ambulatorio, sotto il controllo di un infermiere incaricato di tenerli sotto osservazione. Costretti ad una convivenza forzata, i tre si troveranno a dover affrontare le loro diversità ideologiche ma anche a collaborare, rivelando così l’ostacolo di qualsiasi ideologia: i sentimenti umani. Ciò che porterà i tre a contagiarsi l’un l’altro, sarà stato veramente il virus?
Roma Teatro Belli- PICCOLE DONNE NON DEVONO MORIRE scritto e diretto da Francesca Pica e Maria Scorza
Piccole donne non devono morire scritto e diretto da Francesca Pica e Maria Scorza, dal 7 al 9 marzo. Sud Italia, una piccola cittadina di provincia, oggi. Due sorelle, Margherita e Pina, si incontrano in un cimitero per un triste evento: la riesumazione della sorella Bettina, morta prematuramente vent’anni prima. Margherita è la maggiore, completamente assorbita dalla vita familiare, dal suo ruolo di madre di due gemelli adolescenti. Pina è la secondogenita, la più estroversa e brillante, spinta da tutta la famiglia a coltivare il suo talento di scrittrice. È riuscita a pubblicare un romanzo che le ha dato fama, ma le opere successive non sono state all’altezza della precedente. Le due sorelle mentre attendono Emilia, la piccola di casa, si confessano, discutono: riaffiorano vecchi rancori, segreti di famiglia. Le figure che hanno fatto parte della loro vita emergono da un passato che incombe su di loro. Un’imprevedibile scoperta le costringerà a guardare la realtà con altri occhi.
EXPO – TEATRO ITALIANO CONTEMPORANEO
rassegna diffusa di drammaturgia italiana contemporanea
CONTAGIO
Scritto da Enzo Ferraro
Con Luca Vergoni, Francesca Blasutig, Andrea Barbati, Pietro Bovi
Regia di Andrea Barbati
Dal 4 al 6 marzo
PICCOLE DONNE NON DEVONO MORIRE
scritto e diretto da Francesca Pica e Maria Scorza
Viterbo al Teatro dell’Unione va in scena “Il Rumore del Silenzio”
Il Comune di Viterbo –Teatro dell’Unione e ATCL – Circuito multidisciplinare del Lazio sostenuto da MIC – Ministero della Cultura e Regione Lazio, presentano, al Teatro dell’Unione, domenica 2 marzo, alle ore 18,00, Il Rumore del Silenzio,testo e regia Renato Sarti, con Laura Curino e Renato Sarti, disegni Ugo Pierri e Giulio Peranzoni, video installazione Fabio Bettonica, musiche originali Carlo Boccadoro, assistenti alla regia Salvatore Burruano, Chicco Dossi. “Il 12 dicembre 1969, alle 16:37 – si legge nella scheda dello spettacolo – nella Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano esplose una bomba che causò la morte di 17 persone e ne ferì 88. In seguito ai primi arresti, il 15 dicembre l’anarchico Giuseppe Pinelli, trattenuto illegalmente, morì innocente precipitando dalla finestra di un ufficio situato al quarto piano della Questura di Milano. Ricordare a cinquant’anni di distanza, con la forza di uno spettacolo teatrale, il tentativo della destra eversiva di imporre la legge dei carri armati attraverso il caos, le bombe e l’uccisione di innocenti, è un atto doveroso innanzitutto nei confronti delle vittime delle stragi e dei loro familiari. Il testo si sofferma soprattutto sulla tragedia, spesso dimenticata, delle vittime e dei loro cari, concentrando l’attenzione soprattutto sugli aspetti umani, quelli circoscritti alla sfera prettamente personale”.
Viterbo-Teatro dell’Unione- Il Rumore del Silenzio
ATCL – Circuito Multidisciplinare del Lazio https://www.facebook.com/atcl1
Instagram
ATCL Lazio https://www.instagram.com/atcl_lazio/
Viterbo-Teatro dell’Unione-
il Teatro Unione (o Teatro dell’Unione) è il principale teatro della città di Viterbo. La sua costruzione ed il suo nome derivano dalla “unione” di un gruppo di cittadini viterbesi che nel 1844 formarono la “società dei palchettisti”, con a capo il conte Tommaso Fani Ciotti.[1]
In seguito ai gravi danni dovuti ai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, vista la necessità di reperire ingenti somme per la sua ricostruzione, termina il condominio tra la Società dei Palchettisti ed il Comune, che fino a quel momento aveva amministrato il teatro. Dal 9 dicembre 1949, con decreto prefettizio, la proprietà è totalmente comunale.[5]
Foyer del Teatro Unione e Carrozza dei Priori (1700).
L’edificio è situato nel centro storico in piazza Verdi (comunemente detta piazza del Teatro).
Dopo un lungo periodo di chiusura di oltre sei anni dovuto a lavori di ristrutturazione, il Teatro è stato riaperto al pubblico il 13 giugno 2017 nell’occasione di un incontro con lo scrittore americano Jeffery Deaver.[6][7]
Dal dicembre 2017 la programmazione delle stagioni di prosa, danza e teatro ragazzi è curata dall’Associazione Teatrale fra i Comuni del Lazio.[8][9][10][11] Il teatro ospita inoltre il concorso internazionale di canto Premio Fausto Ricci che ha visto come Presidenti di Giuria personalità del mondo della lirica come Fiorenza Cossotto, Desirée Rancatore, Fiorenza Cedolins, Luciana Serra e Alfonso Antoniozzi nonché direttori e casting manager di importanti teatri d’opera italiani ed europei, e, per l’edizione 2020, il celebre tenore spagnolo José Carreras[12][13].
1. Storia
Soffitto del Teatro Unione.
Fino alla seconda metà dell’Ottocento, il teatro principale di Viterbo era il Teatro del Genio, ma era ormai ritenuto non più adeguato, sia per la capienza che per la sua scarsa connotazione sul tessuto urbano.[1]
Il Teatro dell’Unione divenne nell’Ottocento il primo per importanza e prestigio poiché l’impulso che ne permise l’edificazione fu la passione, comune a quasi tutte le principali città italiane, per l’opera lirica.
Il progetto prevedeva una nutrita partecipazione sia da parte della società dei palchettisti che da parte dello stesso Comune, il quale garantì l’acquisto di almeno cinque palchi. Il primo atto della società fu l’elezione della Deputazione Teatrale, composta dal Delegato Apostolico Mons. Orlandini e da sei deputati: Tommaso Fani, Antonio Calandrelli, Domenico Liberati, Giuseppe Signorelli, Cesare Calabresi e Vincenzo Federici, ingegnere comunale.[5]
La scelta della località dove erigere il Teatro ricadde sulla Contrada San Marco, dopo aver scartato l’idea di abbattere il Teatro del Genio e le abitazioni vicine per costruirvi il nuovo edificio. La Deputazione propose inoltre di dare all’Unione la forma del Teatro Argentina di Roma.[14]
Il 20 Giugno 1845 fu bandito l’appalto concorso per la costruzione del Teatro, l’incarico di valutare i progetti fu attribuito all’Accademia Nazionale di San Luca e la scelta ricadde sull’architetto Virginio Vespignani, esponente di spicco del tardo “classicismo eclettico”.[5]
Inaugurato nel 1855 con una stagione lirica che durò dal 4 agosto al 25 settembre e che comprendeva ben tre melodrammi e un balletto, la prima stagione si rivelò un vero e proprio successo. Negli anni successivi andò aumentando l’interesse del pubblico, sia con melodrammi che con lavori di prosa del repertorio dell’epoca e dai primi del ‘900 il teatro ospitò anche alcuni spettacoli cinematografici. Durante la seconda Guerra mondiale il teatro fu gravemente danneggiato e a causa della necessità di reperire ingenti somme per la ricostruzione il comune ne diventò unico proprietario.[5]
Facciata del Teatro dell’Unione di Viterbo
La sua conformazione architettonica propria dei teatri all’italiana è caratterizzata dalla separazione tra sala e scena, dalla simmetria e dalla prospettiva dell’impianto, il palco in declivio, la divisione “classistica” o “gerarchica” dei posti nonché le raffinate decorazioni fanno del Teatro dell’Unione un vero e proprio gioiello tra i teatri storici italiani.[5]
2. Il Teatro dell’Unione oggi
La capienza del teatro è di 574 posti, di cui 188 in platea a cui vanno aggiunti 4 posti per disabili e altrettanti per i relativi accompagnatori. I palchetti sono in totale 97 e sono disposti su 4 ordini. Il loggione non è agibile per motivi di sicurezza.
Dopo i lavori di restauro la graticcia è stata completamente rinnovata, così come la quadratura nera ed il sipario. Il palco ha 3 americane motorizzate.
3. Note
Clementina Barucci, Virginio Vespignani, architetto tra Stato Pontificio e Regno d’Italia, Argos, p. 296.
^ Clementina Barucci, Enzo Bentivoglio, Vincenzo Fontana., Vespignani a Viterbo. Il teatro dell’Unione e le opere progettate nel viterbese dall’architetto Virginio Vespignani., a cura di Simonetta Valtieri, GBE / Ginevra Bentivoglio Editore.
Catalogo Mostra- M9 – Museo del ’900 -Venezia Mestre
a cura di Gabriella Belli- Editore Marsilio Arte
Emilio Vedova è un artista che ancora ci ispira: nella vita come nell’arte ha unito etica ed estetica, messo al centro della sua ricerca l’uomo, rivoluzionato la pittura con un percorso riconosciuto dalla critica internazionale, svolto con passione l’insegnamento ai giovani, cui ha affidato idee nuove, responsabilità e speranze.
Rivoluzione Vedova, a cura di Gabriella Belli, presenta tanto la rivoluzione che Emilio Vedova ha rappresentato nella storia della pittura italiana quanto le sue battaglie per i diritti civili, il pacifismo, contro l’inganno delle ideologie e la violenza delle dittature, per i diritti democratici.
In mostra tre grandi installazioni, tra cui …in continuum, compenetrazioni/traslati ’87/’88 e i plurimi dell’Absurdes Berliner Tagebuch ’64, per la prima volta assieme nello stesso spazio espositivo, oltre a una quindicina di opere realizzate tra gli anni quaranta e i novanta, concepite da Vedova nell’urgenza di rispondere ai conflitti e alle contraddizione del suo tempo.
Rivoluzione Vedova apre un percorso inedito per M9 che, per la prima volta dalla sua inaugurazione, sceglie l’arte contemporanea come strumento per esplorare e interpretare la storia.
L’iniziativa avvia un ciclo di mostre biennali, dedicate a protagonisti della storia dell’arte dall’alto impegno civile che, al contempo, hanno rivoluzionato le arti cambiando regole e canoni con contributi originali e innovativi, come Emilio Vedova, la cui opera è interprete e testimone di una costante attualità.
Saranno esposti, tra gli altri, alcuni fondamentali lavori del pittore veneziano connotati proprio dal forte legame con i drammatici eventi del suo tempo, come Diario partigiano, Diario di Corea, Praga 1968, Chi brucia un libro brucia un uomo, oltre al grande ciclo …in continuum, compenetrazioni/traslati ’87/’88 e i sette plurimi dell’Absurdes Berliner Tagebuch ’64.
“L’attualità di Vedova sta negli universali della sua pittura o, più semplicemente, nel suo messaggio. Valori radicati nel suo esistenziale in dialogo con la storia, intesa come vivere nel presente, “esserci dentro”, misurarne i conflitti e le contraddizioni in una quotidiana dialettica.
La storia come una punteggiatura costante che ha esercitato nella sua vita pressioni ora forti ora lievi, il basso continuo di un’avventura che ha unito l’uomo all’artista, senza soluzione di continuità.
La storia come respiro e vampate della sua pittura, che ha agito all’unisono con le sue battaglie per i diritti civili, il pacifismo, contro l’inganno delle ideologie e la violenza delle dittature, per incalzare il cambiamento, per la difesa di Venezia, la cura dei suoi luoghi più antichi, e molto, molto altro ancora.
Vedova è un contemporaneo che ancora ci ispira: nella vita come nell’arte ha unito etica ed estetica, messo al centro della sua speculazione l’uomo, come riverbero delle infinite costellazioni dell’universo, rivoluzionato la pittura con un originalissimo percorso, riconosciuto fin dagli anni cinquanta
dalle massime autorità della critica internazionale, svolto con passione l’insegnamento ai giovani, a cui ha affidato idee nuove, responsabilità e speranza. Un artista che ancora oggi pone domande, accanto ai migliori della nostra epoca.”
Gabriella Belli curatrice
Gabriella Belli-Rivoluzione Vedova M9 Museum
Biografia di Emilio Vedova
Emilio Vedova M9 Museum
Nato a Venezia il 9 agosto 1919, deceduto a Venezia il 25 ottobre 2006, pittore.Negli anni che precedettero la Seconda guerra mondiale, Vedova fece parte, a Milano, del gruppo di “Corrente”, nella cui galleria presentò una delle sue prime “personali”. Dopo l’8 settembre 1943 partecipò alla Guerra di liberazione nelle file della Resistenza romana.Militò poi, col nome di battaglia di “Barabba” (scelto, forse, per la folta barba che ne avrebbe incorniciato il volto per tutta la vita), in una formazione partigiana molto attiva sull’altipiano bellunese. Nel corso di un rastrellamento “Barabba” fu ferito, ma riuscì, fortunosamente ad evitare di essere catturato dai nazifascisti.
Dopo la Liberazione, Vedova tornò alla sua attività di pittore sempre mantenendosi coerente con i suoi ideali antifascisti, anche se mantenne le distanze dalla poetica degli artisti del Realismo. Nel 1946 elaborò, con Ennio Morlotti, il manifesto “Oltre Guernica” (la città spagnola bombardata dai nazisti”) e fu tra i fondatori della “Nuova secessione artistica italiana- Fronte nuovo delle arti”. Nel 1955 espose per la prima volta a “Documenta”, la rassegna artistica che lanciò le avanguardie postbelliche ed alla quale partecipò altre tre volte. Nel 1960 ecco per Vedova il Gran premio della pittura della Biennale di Venezia.
Emilio Vedova M9 Museum
Nel 1997, sempre alla Biennale, la consegna del Premio alla carriera. Un riconoscimento anche all’impegno didattico che il pittore profuse per anni all’Accademia di Venezia, sempre conservando gli ideali civili che l’avevano animato durante la Resistenza e ai quali Emilio Vedova è rimasto fedele anche quando era diventato un artista acclamato in tutto il mondo. Nell’aprile del 2006 il Presidente dell’ANPI provinciale di Venezia Gianmario Vianello gli ha consegnato la tessera ad honoremdell’associazione.
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato ai familiari di Emilio Vedova il seguente messaggio: “Partecipo commosso al dolore della famiglia e al cordoglio del mondo dell’arte per la scomparsa di Emilio Vedova, maestro della pittura italiana, interprete di una ricerca artistica che, attraverso gli anni drammatici della II Guerra Mondiale e i travagli del Novecento, ha saputo intervenire nel reale ed interpretare i mutamenti con una significativa espressione personale e collettiva. Il suo originale linguaggio artistico e gestuale, ricco di tensioni ideali, lascia un segno profondo nella cultura del nostro paese”.
All’inizio degli anni cinquanta realizza i suoi celebri cicli di opere: Scontro di situazioni, ciclo della Protesta, ciclo della Natura. Nel 1954, alla II Biennale di San Paolo, vince un premio che gli permetterà di trascorrere tre mesi in Brasile, la cui estrema e difficile realtà lo colpirà profondamente. Nel 1961 realizza al Teatro La Fenice le scenografie e i costumi per Intolleranza ’60 di Luigi Nono, con il quale collaborerà anche nel 1984 al Prometeo.
Emilio Vedova M9 Museum
è considerato uno dei più influenti artisti italiani della seconda metà del XX secolo. La sua opera è interprete e testimone di un forte legame storico e civile con gli eventi che hanno segnato il XX secolo, mantenendo al contempo la forza di una costante attualità.
In catalogo ritroviamo alcuni dei fondamentali lavori del pittore veneziano, connotati dal forte legame con i drammatici eventi del suo tempo, come Diario partigiano, Diario di Corea, Praga 1968, Chi brucia un libro brucia un uomo, oltre al grande ciclo …in continuum, compenetrazioni/traslati ’87/’88 e i sette plurimi dell’Absurdes Berliner Tagebuch ’64.
Il volume ripercorre la produzione dell’artista con uno straordinario supporto iconografico e approfondisce la vita e l’opera di Vedova attraverso il saggio di Gabriella Belli e le testimonianze di Fabrizio Gazzarri – artista che iniziò la sua attività di insegnamento come assistente al Corso di Pittura di Emilio Vedova all’Accademia di Belle Arti di Venezia nel 1980, oggi direttore dell’Archivio e della Collezione di Fondazione Emilio e Annabianca Vedova – e Anselm Kiefer – pittore conosciuto e apprezzato da Vedova, i cui lavori sono stati ampiamente presentati alla Fondazione. I due dialogano con la curatrice su Vedova e l’arte tout court, rilevando aspetti inediti della pittura dell’artista veneziano. Il contesto in cui Vedova ha operato viene presentato in un magistrale excursus storico di Andrea Jacchia.
Decrizione del libro di Peter Lindbergh-Editore Taschen-With such credits as the Calvin Klein Eternity campaigns, shooting the first Vogue cover under Editor-in-Chief Anna Wintour, and helping to catapult the ’90s supermodels to mega fortune and fame, Peter Lindbergh has emblazoned his name into the halls of fashion history. The industry quickly became enamored with his almost anti-fashion fashion photography, capturing the spirit of his subjects rather than highlighting impossible ideals. In this book, the influential Lindbergh works to redefine beauty standards with awe-inspiring, never-before-seen images taken at his iconic Pirelli shoot. Beautiful women with beautiful minds are portrayed simply, accessibly, and in breathtaking fashion—unapologetic pores, fine lines, freckles, and all. The only photographer granted permission to shoot the calendar more than twice, Lindbergh leverages the marketing tool as an opportunity to communicate the zeitgeist. In lieu of opting for a traditional nudity-focused aesthetic and flawless supermodel lineup, he casts 14 Hollywood actresses (including 11 Oscar winners) instead. The message? True beauty isn’t perfect; it’s rooted in interest, intelligence, and emotional appeal. The photographer: Peter Lindbergh was born in Lissa, Germany, in 1944. His celebrated work is part of many permanent collections of fine art museums and has been presented in prestigious museums and galleries around the world, from the Victoria & Albert Museum in London to Centre Pompidou in Paris, as well as in solo exhibitions at Hamburger Bahnhof, Museum für Gegenwart, Berlin; Bunkamura Museum of Art, Tokyo; and the Pushkin Museum of Fine Arts, Moscow. Lindbergh lives and works between Paris, New York, and Arles.
Peter Lindbergh
Peter LindberghPeter LindberghPeter LindberghPeter LindberghPeter Lindbergh
Roma al Teatro Vascello va in scena EDIPO RE di Sofocle,
traduzione Fabrizio Sinisi, adattamento e regia Andrea De Rosa-
Roma al Teatro Vascello debutto romano EDIPO RE di Sofocle, traduzione Fabrizio Sinisi, adattamento e regia Andrea De Rosa,
con (in o.a.) Francesca Cutolo, Francesca Della Monica, Marco Foschi, Roberto Latini, Frédérique Loliée, Fabio Pasquini
scene Daniele Spanò, lo spettacolo andrà in scena dal 4 al 9 marzo dal martedì al venerdì h 21, sabato h 19 e domenica h 17
Roma al Teatro Vascello va in scena EDIPO RE di Sofocle
EDIPO RE
di Sofocle traduzione Fabrizio Sinisi
adattamento e regia Andrea De Rosa
produzione TPE Teatro Piemonte Europa, Teatro di Napoli-teatro nazionale, Lac Lugano Arte e Cultura, Teatro Nazionale di Genova, Emilia Romagna Teatro ERT/teatro nazionale
EDIPO RE
Sofocle / Andrea De Rosa
di Sofocle
traduzione Fabrizio Sinisi
adattamento e regia Andrea De Rosa
con (in o.a.) Francesca Cutolo, Francesca Della Monica, Marco Foschi, Roberto Latini, Frédérique Loliée, Fabio Pasquini
scene Daniele Spanò
luci Pasquale Mari
suono G.U.P. Alcaro
costumi Graziella Pepe costumi realizzati presso il Laboratorio di Sartoria Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
assistenti alla regia Paolo Costantini, Andrea Lucchetta
produzione TPE – Teatro Piemonte Europa, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, LAC Lugano Arte e Cultura, Teatro Nazionale di Genova, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
La verità che Edipo sta cercando è chiara. Ma la luce di quella verità, per lui che è il campione della chiarezza, è troppo forte e infine lo acceca.
Teatro Vascello Via Giacinto Carini, 78, 00152 Roma
Considerato uno dei testi teatrali più belli di tutti i tempi, Edipo re di Sofocle rappresenta il simbolo universale dell’eterno dissidio tra libertà e necessità, tra colpa e fato. Arrivato al potere grazie alla sua capacità di “far luce attraverso le parole”, abilità che gli aveva permesso di sconfiggere la Sfinge che tormentava la città di Tebe, Edipo è costretto, attraverso una convulsa indagine retrospettiva, a scoprire che il suo passato è una lunga sequenza di orrori e delitti, fino a riconoscere la drammatica verità delle ultime, desolate parole del Coro: “Non dite mai di un uomo che è felice, finché non sia arrivato il suo ultimo giorno”.
In una città che non vediamo mai, un lamento arriva da lontano. È Tebe martoriata dalla peste. Un gruppo di persone non dorme da giorni. Come salvarsi? A chi rivolgersi per guarire la città che muore? Al centro della scena, al centro della città, al centro del teatro c’è lui, Edipo. Lui, che ha saputo illuminare l’enigma della Sfinge con la luce delle sue parole, si trova ora di fronte alla più difficile delle domande: chi ha ucciso Laio, il vecchio re di Tebe? La risposta che Edipo sta cercando è chiara fin dall’inizio, e tuona in due sole parole: “sei tu”. Ma Edipo non può ricevere una verità così grande, non la può vedere. Preferisce guardare da un’altra parte. Sarà la voce di Apollo, il dio nascosto, il dio obliquo, a guidarlo attraverso un’inchiesta in cui l’inquirente si rivelerà essere il colpevole. Presto si capirà che il medico che avrebbe dovuto guarire la città è la malattia. Perché è lui, Edipo, l’assassino e quindi la causa del contagio. La luce della verità è il dono del dio. Ma anche la sua maledizione.
Roma al Teatro Vascello va in scena EDIPO RE di Sofocle
La nuova regia di Andrea De Rosa, che torna per l’occasione a lavorare con Fabrizio Sinisi dopo la fortunata collaborazione sul testo di Processo Galileo, parte dalla storia di Edipo re che ruota attorno alla verità, proclamata, cercata e misconosciuta. “Il sapere è terribile, se non giova a chi sa.” Nello spettacolo di De Rosa, Edipo è interpretato da Marco Foschi, affiancato da Roberto Latini nel ruolo di Tiresia, da Frédérique Loliée nella parte di Giocasta, Fabio Pasquini di Creonte e da un coro dalle molteplici voci di Francesca Cutolo e Francesca Della Monica. La messa in scena di Edipo re si avvale dell’intervento artistico di Graziella Pepe ai costumi, Pasquale Mari alle luci e di G.U.P. Alcaro ai suoni, questi ultimi, tra le molte collaborazioni, hanno affiancato De Rosa in Solaris. Le scene sono state affidate a Daniele Spanò.
Note di regia di Andrea De Rosa
La novità più importante di questo adattamento del testo di Sofocle consiste nell’aver affidato allo stesso attore i ruoli di Tiresia e di tutti i messaggeri. Non si tratta solo di uno stratagemma registico, ma di mettere in scena un personaggio che, di volta in volta, rappresenti una manifestazione del dio Apollo, della sua voce oscura, dei suoi oracoli. Questo spettacolo sarà per me un proseguimento del lavoro iniziato con Le Baccanti. Se in quello tutto ruotava intorno alla figura e alla voce di Dioniso, in questo il protagonista nascosto sarà Apollo. A queste divinità non dobbiamo smettere di prestare ascolto se è vero, come dice Platone, che “i più grandi doni vengono dati agli uomini dagli dèi attraverso la follia”. A quella follia è sicuramente legata la nascita, forse anche il destino, del teatro occidentale.
Roma al Teatro Vascello va in scena EDIPO RE di Sofocle
Note sul testo di Fabrizio Sinisi
Questa traduzione di Edipo re la considero, in un certo senso, un saggio su Apollo. Non solo perché Andrea De Rosa mi ha domandato di comporre appositamente un inserto originale che funzionasse come una sorta di preghiera, capace di evocare alcune fra le caratteristiche meno conosciute di questo dio spesso considerato solare e aggraziato – Apollo come essere capriccioso, vendicativo, infantile, ambiguo, competitivo, sanguinario. “Il dio con il coltello in mano”, come scrive Marcel Detienne. Ma soprattutto perché l’oscura e indefinibile specificità di Apollo è sicuramente legata al rapporto col linguaggio. Profezie, nascondimenti, mediazioni, enigmi – insomma “le parole del dio”, un’espressione che ricorre spesso in questo spettacolo – fanno di Edipo re una vera e propria “tragedia del linguaggio”. È nel linguaggio che la verità, qualunque essa sia, “va in scena”, non tanto come lo sviluppo di un racconto quanto come lo svolgimento di un rito, di un mistero.
Note sulle scene di Daniele Spanò
Quello realizzato è un allestimento spaziale dal carattere fortemente installativo che dichiara con crudezza la sua funzionalità: dare luce. Una selva di fari teatrali disordinatamente distribuiti sul fondo, prendono forma e si organizzano avanzando nello spazio fino a descrivere un emiciclo al centro del palcoscenico; il tempio del dio Apollo. A delineare ulteriormente il tempio, una schiera di pannelli dorati capaci di catturare i raggi luminosi riportandoli allo spettatore. Una linea bianca, segno che prende forma dal gesto, è tracciata invece su sette pannelli trasparenti ad occludere la vista di coloro che non possono o non vogliono vedere la verità. La luce è dunque il vero protagonista di uno spazio scenico pensato per mettere in risalto le sue innumerevoli caratteristiche fisiche, drammaturgiche e simboliche.
Teatro Vascello Via Giacinto Carini, 78, 00152 Roma
Note sulle luci di Pasquale Mari
Interrogare la luce del dio è rischioso. Riceverne in pieno viso il fascio può accecare. Edipo, una volta a Colono, esiliato e cieco, non smetterà per il resto dei suoi giorni di maledire il carro del Sole guidato da Apollo, che porta vita e conforto agli umani ma può anche annientarli. In questo adattamento il profeta anche lui cieco Tiresia si fa voce di Apollo fin a indentificarsi con un dio che forse ha guardato in viso una volta di troppo perdendo la vista. Nel nostro lavoro ci parla dal centro di un emiciclo di un luci rivolte verso Edipo e verso noi spettatori che viviamo e compatiamo fisicamente la sua condizione. Per la foresta di luci immaginata da Andrea De Rosa e Daniele Spanò per questo allestimento, ho scelto lampade PAR (parabolic aluminium reflector), incandescenti e analogiche, che stanno per scomparire ma che sono tutt’ora il migliore strumento ideato dall’uomo per simulare sulla scena i raggi del sole al tramonto
Note sul suono di G.U.P. Alcaro
La voce e la vocalità al centro del lavoro, una ritualità mantrica che evoca immagini sonore. Voce come strumento generativo che si fa materia in un deserto atonale fatto di ombre e sussurri. Incursioni acustiche che irrompono come squarci di luce.
Roma Teatro Vascello
Note sui costumi di Graziella Pepe
È la prima volta che affronto la tragedia di Edipo ed entrando sempre più in profondità nel racconto, ho iniziato a lavorare sentendo di dover tradurre una sensazione più che rappresentare dei singoli personaggi. Con Andrea abbiamo immaginato persone consumate dal dolore, che non dormono da giorni; quindi, con gli abiti regali che vanno perdendo splendore via via che la verità viene svelata. È stato proprio il concetto di svelamento a guidare il disegno dei costumi: c’è sempre una verità che si intravede ma che resta celata, scivola tra le pieghe delle camicie di seta e luccica tra i ricami preziosi. Ho scelto tessuti trasparenti, leggeri e morbidi che avvolgessero e proteggessero segreti e verità. Colori profondi ma cangianti, tonalità tra il blu e il verde nel cercare di raccontare questo stato d’animo, questo bilico tra sapere e credere di non sapere, di vite che si consumano nel fronteggiare un destino già segnato.
Andrea De Rosa
Regista teatrale di prosa e opera lirica, Andrea De Rosa (1967) è stato direttore del Teatro Stabile di Napoli e dal 2021 è direttore del TPE Teatro Astra di Torino (Fondazione Teatro Piemonte Europa – Teatro di Rilevante Interesse Culturale). I suoi lavori in prosa sono caratterizzati da uno spiccato senso di ricerca teatrale/filosofica e dimostrano un grande interesse per i personaggi tragici; con Fedra di Seneca ha vinto il Premio dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro 2015 per il miglior spettacolo dell’anno. Nel 2021 ha vinto il Premio Hystrio alla regia. Nell’opera spazia dal Novecento al melodramma ottocentesco, fino al primo Novecento di Puccini e Granados. Le sue produzioni sono state rappresentate in teatri quali il Teatro dell’Opera di Roma, il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, il Teatro Regio di Torino, il teatro La Fenice di Venezia, il San Carlo di Napoli, il Teatro Real di Madrid, il Municipal di Sao Paolo, il Sao Carlos di Lisbona, la Royal Opera di Copenaghen, il Mariinsky di San Pietroburgo, Il Festival di Pentecoste di Salisburgo. Nel febbraio 2024 ha firmato la messa in scena di Un ballo in maschera di Verdi al Teatro Regio di Torino con la direzione di Riccardo Muti.
Fabrizio Sinisi
Drammaturgo, poeta e scrittore, lavora stabilmente con i maggiori teatri nazionali, collaborando con i più importanti registi della scena italiana. Suoi lavori sono stati tradotti e rappresentati anche in Austria, Croazia, Egitto, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Romania, Spagna, Svezia, Svizzera e Stati Uniti. Ha ottenuto la menzione dell’American Playwrights Project, il Premio Testori per la Letteratura e il Premio Nazionale dei Critici di Teatro.
Francesca Cutolo
Ha lavorato con i più importanti registi di prosa del teatro italiano, tra cui Mario Martone, Carlo Cecchi, Roberto Andò e Antonio Latella. Al teatro affianca da sempre il cinema, lavora per trasmissioni radiofoniche, film TV e serie televisive di grande successo, tra cui The Young Pope e The New Pope per la regia di Paolo Sorrentino.
Francesca Della Monica
Una delle voci più originali nel panorama della musica sperimentale italiana. Lavora come compositrice delle partiture vocali e come preparatrice vocale con importanti registi, ed è stata preparatrice vocale e musicale di Dario Fo.
Marco Foschi
Al fianco di Giorgio Albertazzi in Moby Dick all’Odéon di Parigi, e con Luca Ronconi al Piccolo Teatro di Milano, al teatro ha sempre alternato il cinema e la televisione (miglior attore al Festival di Annecy 2004, menzione d’onore al Cleveland International Film Festival). Ha ricevuto il Premio Ubu come miglior attore giovane (2003), il premio Coppola Prati, il Premio dell’Associazione Critici Italiani, il premio Flaiano, il premio Le Maschere del Teatro, il premio Cavalierato Giovanile.
Roberto Latini
Attore, autore, regista, ha ricevuto il Premio Sipario 2011, il Premio Ubu 2014 – Miglior Attore, il Premio della Critica nel 2015 (interpretazione e regia), il Premio Ubu 2017 – Miglior Attore, il Premio Le Maschere del Teatro – Miglior Spettacolo (regia). Ha diretto ll teatro comico di Carlo Goldoni, produzione Piccolo Teatro di Milano nel 2018. Tra i suoi ultimi lavori Pagliacci All’uscita, da Leoncavallo e Pirandello, e Romeo e Giulietta – stai leggero nel salto.
Frédérique Loliée
Frédérique Loliée è un’attrice francese che lavora in Francia e in Italia. In Italia, diretta da Andrea De Rosa, ottiene il Premio speciale Golden Graal 2006. Lavora al Teatro Stabile di Genova con Matthias Langhoff e Marcial Di Fonzo Bo tra gli altri, e nel 2022 torna a recitare con Matthias Langhoff in Riva fatiscente-Medea/materiali- Paesaggio con Argonauti di Heiner Müller, al Teatro Astra di Torino. Partecipa al film Noi credevamo di Mario Martone.
Fabio Pasquini
Lavora in teatro ricoprendo ruoli da protagonista con importanti registi; al cinema con i fratelli
Taviani e con la regista Marlene Gorris accanto a Emily Watson e John Turturro. Ha partecipato a
sceneggiati radiofonici RAI e a varie fiction televisive.
Roma Teatro Vascello
Daniele Spanò
Dopo una formazione da scenografo inizia l’attività di regista e artista visivo nell’ambito della performance e della videoarte, e firma il disegno video di numerosi spettacoli teatrali. Tra le collaborazioni più importanti quella con il videoartista Gary Hill per la realizzazione della sua installazione al Colosseo di Roma, e la partecipazione al format televisivo scritto e condotto da Takeshi Kitano. Dal 2012 al 2015 è consulente artistico per la Fondazione Romaeuropa. In ambito della videoarte realizza installazioni multimediali sia per spazi pubblici sia per gallerie private (al Made in New York – Media Art Centre; al Cafesjian Center for the Arts di Yerevan-Armenia; al Festival dei Due Mondi – Spoleto).
Pasquale Mari
Direttore della fotografia e disegnatore luci, è attivo nel teatro di prosa, d’opera e nell’arte contemporanea. Collaboratore da lungo tempo di Andrea De Rosa ha lavorato con lui di recente in Solaris (premio Ubu alle luci 2021) e per Processo Galileo. Nel febbraio 2024 ha firmato le luci della sua regia di Un ballo in maschera diretto dal M° Muti al teatro Regio di Torino. Con Mario Martone ha aperto nel 2017 la stagione del Teatro alla Scala con Andrea Chénier, e ha lavorato alle produzioni televisive per RAI Cultura e Teatro dell’Opera di Roma de Il barbiere di Siviglia (Premio Abbiati), La traviata, e all’opera-film Bohème del 2022. In ambito cinematografico, tra le sue direzioni della fotografia più importanti ricordiamo Teatro di Guerra di Martone, Il Bagno turco e Le Fate Ignoranti di Ozpetek, L’Uomo in più di Sorrentino, Lezioni di volo di Archibugi, L’Ora di religione e Buongiorno, Notte di Bellocchio. Nel 2021 ha pubblicato con Cristina Grazioli il volume Dire Luce, ed. Cue Press.
G.U.P. Alcaro
È sound designer e musicista, cura progetti musicali di ricerca come produttore artistico. Condivide il palcoscenico con diversi attori come Luigi Lo Cascio, Fabrizio Gifuni e Sergio Rubini, oltre a progettare drammaturgie sonore per il teatro di prosa con i migliori registi italiani vincendo il Premio UBU 2014 per Quartett di Heiner Müller e nel 2023 per Lazarus di Valter Malosti. Collabora stabilmente con Andrea De Rosa.
Graziella Pepe
Dal 2015 firma i costumi di spettacoli diretti da Antonio Latella in Italia (Piccolo Teatro di Milano, in Svizzera (Theater Basel), in Germania (Residenztheater di Monaco di Baviera) e in Austria (Burghtheater di Vienna). Collabora negli anni con diversi registi alla Biennale di Venezia e con l’Accademia D’Arte Drammatica Silvio d’Amico di Roma.
Roma Teatro Vascello
Campagna abbonamenti
Card libera 108 euro (6 spettacoli a scelta) (ACQUISTA ONLINE) con eventuale scelta del posto
Card love 72 euro (2 spettacoli a scelta per 2 persona) (ACQUISTA ONLINE) con eventuale scelta del posto
Info e prenotazioni esclusivamente tramite abbonamenti Zefiro , Eolo e CARD LIBERA E CARD LOVE info promozioneteatrovascello@gmail.com
Biglietti: Intero 25 euro – Ridotto over 65: 20 euro – Ridotto addetti ai lavori del settore e Cral/Enti convenzionati: 18 euro – Ridotto studenti, studenti universitari, docenti e operatori esclusivamente delle scuole di teatro, cinema e danza 16 euro e gruppi di almeno 10 persone 16 euro a persona È possibile acquistare i biglietti, abbonamenti e card telefonicamente 065881021 con carta di credito e bancomat abilitati,
acquista direttamente alla biglietteria https://www.teatrovascello.it/biglietteria-23-24/
acquista tramite bonifico bancario a favore di Coop. La Fabbrica dell’Attore E.T.S. BANCA INTESA SAN PAOLO ag. Circ. Gianicolense 137 A di Roma iban IT28f0306905096100000013849
Donaci il tuo 5×1000 con la prossima dichiarazione dei redditi basta indicare al tuo commercialista il nostro codice fiscale: 01340410586 – Coop. La Fabbrica dell’Attore E.T.S. BANCA INTESA SAN PAOLO ag. Circ. Gianicolense 137 A di Roma iban IT28f0306905096100000013849
Come raggiungerci con mezzi privati: Parcheggio per automobili lungo Via delle Mura Gianicolensi, a circa 100 metri dal Teatro. Parcheggi a pagamento vicini al Teatro Vascello: Via Giacinto Carini, 43, Roma; Via Maurizio Quadrio, 22, 00152 Roma, Via R. Giovagnoli, 20,00152 Roma
Con mezzi pubblici: autobus 75 ferma davanti al teatro Vascello che si può prendere da stazione Termini, Colosseo, Piramide, oppure: 44, 710, 870, 871. Treno Metropolitano: da Ostiense fermata Stazione Quattro Venti a due passi dal Teatro Vascello. Oppure fermata della metro Cipro e Treno Metropolitano fino a Stazione Quattro Venti a due passi dal Teatro Vascello
ROMA- Debutta al Teatro Lo Spazio dal 7 al 9 marz, InVIOLAta
Roma-Debutta al Teatro Lo Spazio dal 7 al 9 marz,InVIOLAta, spettacolo scritto e diretto da Teresa Cecere e David Marzi, vincitore del Concorso Idee nello Spazio 2024.
Teatro Lo Spazio InVIOLAta-Maria Barnaba- Sandra Di Gennaro- Ilenia Sibilio
InVIOLAta è una riflessione sulla vergogna imposta alle donne e sull’onore maschile, concetti che per secoli hanno segnato la cultura e la legislazione italiana. Il titolo richiama sia il nome della protagonista che l’idea di inviolabilità dell’integrità personale, spesso negata in nome di tradizioni arcaiche.
La scena è dominata da vestiti stesi, mollette e fili, simbolo di un mondo domestico che viene dissacrato e reinterpretato da tre attrici Maria Barnaba, Sandra Di Gennaro e Ilenia Sibilio. Attraverso il corpo, la voce e il gesto, le interpreti passano dal maschile al femminile, dal sacro al prosaico, componendo un quadro scenico che mescola il teatro fisico con la narrazione.
Teatro Lo Spazio InVIOLAta-Maria Barnaba- Sandra Di Gennaro- Ilenia Sibilio
Teatro Lo Spazio InVIOLAta-Maria Barnaba- Sandra Di Gennaro- Ilenia Sibilio
Teatro Lo Spazio InVIOLAta-Maria Barnaba- Sandra Di Gennaro- Ilenia Sibilio
Lo spettacolo prende spunto da fonti storiche e letterarie, tra cui il libro-inchiesta “Le Svergognate” di Lieta Harrison, con prefazione di Pier Paolo Pasolini, che offre una testimonianza diretta della condizione femminile in Italia negli anni Sessanta. InVIOLAta restituisce al teatro un ruolo di denuncia, affidando il tradizionale “Cunto” siciliano a una giovane attrice di sedici anni, un ribaltamento di una tradizione finora riservata agli uomini.
Teatro Lo Spazio InVIOLAta-Maria Barnaba- Sandra Di Gennaro- Ilenia Sibilio
Teatro Lo Spazio InVIOLAta-Maria Barnaba- Sandra Di Gennaro- Ilenia Sibilio
Teatro Lo Spazio InVIOLAta-Maria Barnaba- Sandra Di Gennaro- Ilenia Sibilio
La vicenda di Franca Viola non viene raccontata solo come un episodio storico, ma come un riflesso delle dinamiche sociali ancora presenti. La sua scelta di rifiutare il matrimonio riparatore non fu solo un atto personale di ribellione, ma una sfida aperta a un sistema che per decenni aveva legalizzato la subordinazione femminile. InVIOLAta porta in scena questa frattura, trasformando un momento di resistenza in un’opera teatrale di forte impatto emotivo e politico.
InVIOLAta
di Teresa Cecere e David Marzi
regia Teresa Cecere e David Marzi
con Maria Barnaba- Sandra Di Gennaro- Ilenia Sibilio
Spettacolo Primo classificato Idee nello Spazio 2024
Allegate n.5 foto relative alla Processione del 1992.
Filetta , località sita a 5km. dal capoluogo Amatrice, dove il 22 maggio 1472 ,dalla pastorella Chiara Valente, fu trovata una piccola immagine incisa su di un cammeo , che fu venerata dal popolo.
AMATRICE-Santuario di Filetta del sec. XV:
Nello stesso anno(1472), nel luogo in cui avvenne il rinvenimento dell’Immagine , fu eretta la chiesa di Santa Maria dell’Ascensione.
Il Santuario, nella facciata principale , presenta un portale ad arco acuto, un campanile a doppia vela e, lateralmente, un secondo ingresso.
L’interno della chiesa è ad una sola navata, il soffitto è a carena. I dipinti, di notevole interesse, sono opera degli Artisti Dioniso Cappelli, Pier Paolo da Fermo e di altri pittori minori locali.
Ogni anno, la domenica dopo l’Ascensione, il reliquiario, contenente la Sacra immagine, è portato in processione , dalla chiesa di San Francesco di Amatrice sino al Santuario di Filetta.
La Processione, prima di avviarsi verso Filetta, sosta nella chiesa del Crocifisso in Amatrice, dove il reliquiario viene preso in consegna, dopo una piccola cerimonia, dal Parroco di S.S. Lorenzo a Flaviano, il quale ha la giurisdizione ecclesiastica su Filetta.
La processione dei fedeli riprende il cammino e giunta al torrente Mareta si congiunge con i cortei delle Confraternite di S.S. Lorenzo a Flaviano, che hanno il privilegio di accompagnare la Madonna del Santuario di Filetta, restando, come indica il cerimoniere, in prima fila. Questa processione , come è sopra descritta, si rinnova da secoli rispettando ogni parte del vecchio cerimoniale.
Le foto allegate al post:
A) Madonna di Filetta;
B) Santuario di Filetta del sec. XV:
C) Filetta di Amatrice – la casa della pastorella Chiara Valente, la quale, il 22 maggio del 1472, trovò la Sacra Immagine della Madonna;
D) Amatrice-Chiesa di San Francesco (sec.XIII)-Altare ligneo con fregi, capitelli e pregiati lavori d’intaglio. Al centro, la Sacra Immagine della Madonna di Filetta, custodita nell’artistico e prezioso reliquiario- Particolare :le famose 7 chiavi con cui viene chiusa.
E) Seguono n.5 foto relative alla Processione del 1992.
AMATRICE- Festa della Madonna della Filetta.AMATRICE-Santuario di Filetta del sec. XV:Filetta di Amatrice – la casa della pastorella Chiara Valente, la quale, il 22 maggio del 1472, trovò la Sacra Immagine della Madonna;AMATRICE-Sacra Immagine della Madonna di FilettaAMATRICE-foto relative alla Processione del 1992.AMATRICE-foto relative alla Processione del 1992.AMATRICE-foto relative alla Processione del 1992.AMATRICE-foto relative alla Processione del 1992.
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