Carla Cerasa-Valeria Mosca-Non ci è lecito mollare-
Introduzione di Simone Visciola
Saggio conclusivo di Gigliola Sacerdoti Mariani
Edizioni Effigi
DESCRIZIONE del libro di Carla Cerasa-Valeria Mosca-Non ci è lecito mollare-Carteggio tra Amelia Rosselli e Gaetano Salvemini-Nella loro densa corrispondenza (che copre fondamentalmente il periodo intercorso tra il 1937, poco dopo l’assassinio dei fratelli Carlo e Nello Rosselli, e la prima metà degli anni Cinquanta), le voci di Amelia Rosselli e di Gaetano Salvemini sono unite da un imperativo comune, “Non ci è lecito mollare”. Esso riprende il monito che aveva dato il nome al primo giornale clandestino antifascista della penisola, fondato nel 1925 dallo stesso Salvemini e dai suoi giovani discepoli. I due protagonisti condividono una missione: difendono la memoria di Carlo e Nello dalle distorsioni che il regime fascista, per depistare le indagini intorno all’assassinio, sta diffondendo sulla stampa in Italia e all’estero, e la coltivano perché venga tramandata in tutta la sua autenticità negli anni a venire. Sorretti da profonda amicizia, Amelia e Gaetano iniziano un complesso “percorso di lavoro” volto a vivificare l’eredità culturale e civile dei due fratelli, a fare chiarezza sui responsabili della loro morte, ad organizzare la raccolta, la cura e la divulgazione dei loro scritti: un’operazione umana e intellettuale di altissimo profilo che si avvale, fra Italia, Europa e Stati Uniti, della fitta rete di rapporti dei Rosselli oltre che del network salveminiano. Il confronto tra Amelia e Gaetano tocca, inoltre, il processo di edificazione dell’Italia repubblicana. Un’esperienza che, nelle sue fasi più critiche, i due amici vissero e condivisero con passione, inquietudine e speranza, fissando riflessioni che si rivelano illuminanti per (ri)leggere, oggi, quella transizione cruciale della Storia dell’Italia contemporanea.
Edizioni Effigi
C&P Adver Effigi è una società che si occupa di comunicazione da oltre vent’anni. Il lavoro editoriale di Effigi muove dal territorio, in particolare dalla Maremma e dall’Amiata. Proprio dalla valorizzazione del patrimonio territoriale nasce, infatti, l’ispirazione per la maggior parte dei libri prodotti. Tra le prime collane realizzate si ricordano “Genius loci” (approfondimenti su temi di cultura locale), “Parole e memorie – tradizione e folclore” e “Archivi riemersi”. La produzione si è poi avventurata nell’ambito delle guide con “Microcosmi” (viaggi dentro al territorio) e con le declinazioni “Del vedere”, “Delle arti”, “Dei luoghi”. Con “Sul confine – opere in penombra”, la casa editrice ha iniziato ad indagare la letteratura e la poesia disperse e appartate, gli scrittori che non sanno di esserlo, i poeti dialettali. E da qui è nata la collana “Narrazioni”, con l’ambizione di scoprire nuovi talenti e valorizzarne altri. Dedicata ai giovani è la collana “Cavalli a dondolo” e nutrita è anche la collana “Tavole imbandite” che si occupa di gastronomia.
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Flaminia Cruciani e la sua raccolte poetica ‘Piano di evacuazione’
Par Cinzia Demi
In Missione poesia, Piano di evacuazione, di Flaminia Cruciani: un libro impostato sulla ricerca, attraverso il linguaggio della poesia, di un senso al vivere per confutare l’arrendevolezza dell’uomo all’apparenza, al conformismo, alle dinamiche che portano al non riconoscimento del mistero della vita, basandosi sulla falsificazione del reale, sino a renderlo invivibile.
Flaminia Cruciani, vive a Roma, si è laureata in “Archeologia e storia dell’arte del Vicino Oriente antico” e per lunghi anni ha partecipato alle annuali campagne di scavo a Ebla in Siria, in qualità di membro della “Missione archeologica italiana a Ebla”. Dopo il Dottorato di Ricerca in “Archeologia Orientale” ha conseguito una seconda laurea in “Storia dell’arte” e un Master in “Architettura per l’Archeologia – Archeologia per l’Architettura” per la valorizzazione del patrimonio culturale. Si è specializzata, inoltre, in “Discipline Analogiche” e pratica la professione di Analogista. ha, inoltre, inventato il “Noli me tangere®”, uno strumento di aiuto fondato sulla metafora e sul potere evocativo delle immagini. Nel 2008 ha pubblicato Sorso di notte potabile (Edizioni lietoColle) e Dentro (Edizioni Pulcinoelefante). Nel 2013 ha pubblicato Frammenti (Edizioni Pulcinoelefante), mentre Lapidarium è uscito nel 2015 (Edizioni Puntoacapo). Del 2016 è Semiotica del male (Edizioni Campanotto), con la prefazione di Tomaso Kemeny, finalista al premio Camaiore e al Premio Gradiva- New York. Suoi testi letterari sono stati tradotti in spagnolo, rumeno, coreano e inglese e sono presenti in numerose antologie italiane e straniere. ha collaborato con la rivista “Qui libri” e collabora con diverse testate giornalistiche. È stata selezionata fra i giovani poeti italiani contemporanei per il “Bombardeo de Poemas sobre Milán”, opera del collettivo cileno Casagrande.Un’ampia scelta di suoi testi è stata stampata, nel gennaio 2017, sulla rivista “Journal of Italian traslation” curata da “Department of Modern languages and literatures”, Brooklyn, New York. È tra i fondatori e gli ideatori della “Freccia della Poesia” e del movimento culturale “Poetry and Discovery”.
Conosco Flaminia Cruciani da diversi anni, considerandola un’autrice di grande spessore cultuale e di ottime doti personali di comunicazione ed empatia. Di lei apprezzo moltissimo la dinamicità con cui si muove – anche fisicamente – nel campo della poesia per assurgere a testimone di eventi di grande spessore a livello nazionale, capaci di coinvolgere poeti da tutto il territorio per partecipare a incontri, reading, iniziative simboliche di protesta e affermazione di diritti civili che spaziano nei vari campi del sociale, della politica, dell’economia. Ritengo la sua ricerca di linguaggio e di intersezione interdisciplinare dei linguaggi in poesia, un progetto molto utile anche allo sviluppo linguistico dello scrivere – che poi è uno dei compiti, o dei meriti, della poesia – e considero i suoi testi come tra i più innovativi in questo ambito – anche se non di facile approccio per tutte le platee-. Flaminia sarà ospite agli incontri del Thè con la poesia a Bologna, presso il Grand Hotel Majestic, mercoledì 18 aprile 2018.
Piano di evacuazione
Flaminia Cruciani
A introdurre la raccolta poetica di Flaminia Cruciani “Piano di evacuazione” troviamo una poesia di Paolo Ruffilli che intente il senso come il cogliere, lo staccare, lo strappare e che sembra suggerire di come le voci che incontriamo siano trascritte, ma a margine della nostra vita… Per l’autrice questo testo appare come una dichiarazione di poetica in quanto, tutto il libro che andremo a leggere è impostato sulla spasmodica ricerca di un senso al vivere per confutare l’arrendevolezza dell’uomo all’apparenza, al conformismo, alle dinamiche che portano al non riconoscimento del mistero della vita, ma si basano sulla falsificazione del reale, sino a renderlo invivibile. La poesia, in ogni caso, assume il ruolo di una metapoesia, nel duplice assetto metaforico per affrontare e rappresentare sia la ricerca di senso che il significato stesso, l’importanza del fare poesia e la mancanza, spesso, di un approccio utile e sincero al suo farsi.
Ora, nel percorso di lettura di questo lavoro si ha spesso la sensazione, ad avviso di chi scrive, di trovarsi di fronte a un’esperienza che unisce la poesia del reale alla fantascienza della mente, intesa nel senso più ampio del confronto e, sicuramente, come risvolto innovativo di ricerca: a volte, infatti, è come se le parole dell’autrice andassero oltre il liminare del loro sapere, straripassero dal loro contenere e si avvicinassero a zone estranee, quasi di non conoscenza, facendo diventare la poesia una sorta di esperienza di verità impossibile da rivelare (cosa che del resto è spesso riscontrabile anche dichiaratamente dalla stessa Cruciani, qua e là tra i versi: ho pensieri sfondati dai paradossi della normalità/come un angelo barbone/in equilibrio sul presente/perché c’è più materia che antimateria?). D’altra parte, la stessa poesia sopra citata di Ruffilli, posta in exergo al libro, conferma questa teoria: Ruffilli è poeta che combina la lingua, che attraversa la cifra letteraria fine a se stessa, con l’equilibrio tra la parola sperimentale e la comunicazione propria della poesia, il ritmo, la musica e la poetica. Per la Cruciani è lo stesso: la cifra stilistica dell’autrice si riversa in questa commistione che trova il suo archetipo nel futurismo di Marinetti, in quelle “parole in libertà” – prova ne sia anche l’ultima sezione del libro, fatta di poesia prettamente visiva, ma non priva di contenuto – e in quella dimensione umana che attiene più al futuro che al passato, in una sorta di contenitore dove si riversano linee carsiche transneuronali, technoparole, rigurgiti di scienze matematiche e fisiche, incursioni in archeologie umanistiche ma anche postmoderniste: c’è un last minute/venerdì paro con gli Argonauti; Viaggio in seconda classe in questa esistenza scomoda/basta un click per collegarti a questa grande fregatura virtuale; Perché non si può ricordare il futuro?; Qui tutto si gioca fra passato presente futuro/chissà cosa fanno negli universi paralleli?; Il mio cane nacque fra sei giorni/ha un pelo maculato come il morbillo/tre ore fa sarà catturato dall’accalappiacani/mentre abbaiava al fuoco senza vigile/che stava dirigendo il traffico.
Naturalmente, la ricerca della Cruciani che tende a un oltre da raggiungere, è fatta anche, come dicevo in apertura, di contenuti, che hanno a che fare con l’impegno civile e morale di indagine sulla realtà, sul comportamento dell’uomo e del poeta, sulla possibilità di salvezza pensando proprio alla realizzazione di un piano di evacuazione, titolo, e fine ultimo del libro, e che si innestano con riflessioni sulla poesia stessa e sul suo farsi. E’ così che nel partecipare al destino della materia l’autrice sperimenta come il mondo le sia stretto e come il camminare fra le pagine diventi simile al camminare sul fuoco a piedi nudi come sia necessario il sangue, la sofferenza, (per scavare nella poesia e nella vita e trovare il vero).
In questo cammino, l’indagine della realtà, risulta messa in grande rilievo, dall’utilizzo di una terminologia a tratti religiosa dove i sintagmi: diocesi dell’abbondanza, ali spezzate d’infinito, volto crescente di Dio, battezzato alla mia lava, miracoli di riserva,angelo barbone (solo per citare quelli della poesia che apre il libro, ma che ritornano con altre modalità in altri testi) sono il viatico per porre una domanda fondamentale che, ancora una volta tiene le fila del discorso sulla vita e sulla poesia che, di nuovo, si intrecciano: chi ha poggiato l’universo sulla curvatura dello spaziotenpo?/Chi ha ordinato l’alfabeto alle sue particelle elementari? Un oste bendato, senza istruzioni per l’uso, con le/unità semantiche in mano. E se, nella visione dell’autrice, la realtà è quella di una corsa verso il disfacimento dell’universo dove si vive nell’illusione costante, avvolti nel filosofico velo di Maja – senza afferrare la differenza tra ciò che è e ciò che appare -, in uno scenario di finzione che induce al consolidamento di false credenze, false conoscenze, dove Dio – il cui talento è l’imperfezione mentre si avvale del tempo che è suo giullare – diventa quasi il burattinaio di un uomo incapace di scegliere e reagire – sebbene ne abbia le armi, laddove il quadrante della materia è l’intelligenza -, è proprio quest’ultimo a diventare il bersaglio prediletto della poesia: l’uomo è accusato/è lui il colpevole dell’irreversibilità/ […] incriminato per il tramonto delle possibilità/ […] è praticamente un falsario/incapace di mantenere in bilico e celebrare/i confronti fra gli istanti contemporanei/privato di solenne conoscenza … l’uomo è Colpevole di prevedibilità e certezze e non combatte per la sua salvezza. Anche il poeta tentenna, viene preso da mille paure: ho paura di addormentarmi/e non trovare più al risveglio/l’ospitalità plurale del tempo/il limite condiviso/il futuro vacante/il volto inferiore dell’istante, vorrebbe smascherare le concatenazioni sfigurate/dei congegni di questo inganno, trovare la chiave per fuggire e ritrovare slanci ideali, creativi, possibili per realizzarsi nella vita e nell’arte, per tentare – anche se non rimane più niente – un’uscita di sicurezza, un piano di evacuazione da condividere con il lettore che sarà arrivato al termine di questo libro.
Flaminia Cruciani
Alcuni testi da: “Piano di evacuazione”
Partecipo al destino della materia
provo il mondo mi sta stretto
cammino fra pagine di fuoco a piedi nudi
l’attesa è desiderio incarnato
vertigine invisibile il passato
inopportuno il rumore del tempo
il funambolo alchemico origina dall’intimità
della luce, interpreta il dominio delle ali
saccheggia la fine in terra sconsacrata […]
*****
Ogni uomo sarà salato col fuoco e ogni vittima sarà salata col sale
Where am I in my body?
Sono ospite guardiano di questo corpo
dove originano i vapori terrestri dei miei desideri
nella rete di ossa mio padre giace
pensiero lacerato in filigrana di neuroni
nel temporale dell’ippocampo giace
elevato pensiero a godimento di nulla
in quale regione abita l’amore?
Nelle valli ombrose dei reni laboriosi
tra gli ostinati calcoli alla cistifellea
annidato fra le cisti al seno
non scorre col sangue tra le placche di calcio vile nelle vene
ma io so che di tutte le dimore ha scelto quella degli umori
una casa rarefatta che cambia quota
con le intenzioni di chi l’amore lo porta
come una disgrazia in versi. […]
*****
[…]Prova e riprova, la ragione corrode
domande, resiste e approda ai limiti inconsistenti
agita l’imperturbabilità della realtà annunciando soluzioni
inganni a incriminare le gesta della verità.
Ma quale verità?
La verità è un crimine premeditato
la fine della curiosità
è il primo gesto dell’uno contro l’altro
la verità è il segreto del tempo.
L’unica cosa certa è un dettato dell’incertezza. […]
*****
Gli occhi hanno stipiti d’alba
cavalcano l’impresa della fine
con pupille di seta fanno
l’inventario erotico della conoscenza
ho paura ad addormentarmi
e non trovare più al risveglio
l’ospitalità plurale del tempo
il limite condiviso
il futuro vacante
il volto inferiore dell’istante
e accompagnare il mondo
alla resa dei conti
sarò vetta o sogno sleale
nella traccia di questa durata.
Voglio un millennio di magnolia assoluta
risorgere in errore superlativo
il puro incanto di allucinazioni artigianali
smascherare le concatenazioni sfigurate
dei congegni di questo inganno
ascendere il mistero corporeo
in nave egea nel racconto della rosa mutabilis
al faro di clorofilla del pensiero.
Come diamo i nomi alle cose?
Ceci n’est pas une pipe
questo non è un testo
non vi ingannate non è la mia voce che parla
questa non è la mia vita
questo non l’ho scritto io
ah nemmeno io.
Se i miei sensi non fossero in salita
e smettessero di profanare la realtà
mi risveglierei dal sonno dogmatico della conoscenza
romperei i vincoli del provvisorio sensibile
scapperei dall’ostaggio fenomenico
sul rinoceronte di Dürer nel 1515
andrei a spasso con Kant e l’ornitorinco
mi perderei nella Babel di Bosch
sarei un ready-made
I would be Grizzly Giant
sarei diesis nelle note di Schön Rosmarin
farei acrobazie da piccantismo
nelle bolle di sapone di Chardin
parteciperei a Le déjeuner sur l’herbe
andrei con Deridda alla banca del vero
a riscuotere la cambiale della percezione
e vedrei simultaneamente le sei facce del cubo di Husserl
i fenomeni farebbero pettegolezzi sul noumeno
interdetto il traffico di stupefacenti
nella giurisdizione dell’intelletto
in mongolfiera sorvolerei la Critica della ragion pura
decapitato il Ground di Peirce
nella rivoluzione dell’intrinseco
sarebbero svelati i veri nomi dell’evidenza.
Al diavolo l’intuizione dell’ente
lo schematismo trascendentale
il carico fiscale dell’appartamento cognitivo
ipotecato il mondo, battuta all’asta la rappresentazione
vietato l’accesso al distretto delle ipotesi
il velo di Maya in riparazione sartoriale
giustiziate le contraddizioni della fisica.
Ordinerei un Long Island e io sarei l’altro
I’m a frog.
E se la percezione non mantiene la parola data?
E se fossero soltanto isole?
Anyway
gli eventi sono un impasto di spaziotempo
dai salta, scavalca lo spazio
scusa reggimi un momento il tempo ed è sempre l’ora del tè
ma non è servito qui e neanche ora.
Cinzia Demi
Bologna, 16 aprile 2018
Cinzia Demi
Cinzia Demi (Piombino – LI), lavora e vive a Bologna, dove ha conseguito la Laurea Magistrale in Italianistica.E’ operatrice culturale, poeta, scrittrice e saggista. Dirige insieme a Giancarlo Pontiggia la Collana di poesia under 40 Kleide per le Edizioni Minerva (Bologna). Cura per Altritaliani la rubrica “Missione poesia”. Tra le pubblicazioni: Incontriamoci all’Inferno. Parodia di fatti e personaggi della Divina Commedia di Dante Alighieri (Pendragon, 2007); Il tratto che ci unisce (Prova d’Autore, 2009); Incontri e Incantamenti (Raffaelli, 2012); Ero Maddalena e Maria e Gabriele. L’accoglienza delle madri (Puntoacapo , 2013 e 2015); Nel nome del mare (Carteggi Letterari, 2017). Ha curato diverse antologie, tra cui “Ritratti di Poeta” con oltre ottanta articoli di saggistica sulla poesia contemporanea (Puntooacapo, 2019). Suoi testi sono stati tradotti in inglese, rumeno, francese. E’ caporedattore della Rivista Trimestale Menabò (Terra d’Ulivi Edizioni). Tra gli artisti con cui ha lavorato figurano: Raoul Grassilli, Ivano Marescotti, Diego Bragonzi Bignami, Daniele Marchesini. E’ curatrice di eventi culturali, il più noto è “Un thè con la poesia”, ciclo di incontri con autori di poesia contemporanea, presso il Grand Hotel Majestic di Bologna.
I bambini e l’Epifania: la figura della Befana ed il suo significato profondo articolo di Marialuisa Roscino-
La figura della Befana, con la sua scopa e la sua calza piena di doni, è un elemento fondamentale delle tradizioni natalizie italiane, e rappresenta un simbolo di speranza e di ricompensa per moltissimi bambini. Le teorie sulla sua nascita sono molteplici. Alcuni studi scientifici la collegano alla tradizione cristiana dei Re Magi, altre la vedono come una divinità pagana legata ai culti invernali. Ma quali sono le origini di questa simpatica vecchietta, cosa si cela dietro questa figura così affascinante? E quali sono gli effetti psicologici che esercita sui più piccoli? Lo abbiamo chiesto ad Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana
Happy Epiphany
Dott.ssa Lucattini, la storia della Befana, a Suo avviso, stimola la fantasia dei bambini? Cosa illustrano in particolare, i diversi studi in merito alle sue origini?
La figura della Befana, con il suo aspetto misterioso e il ruolo di portatrice di doni o carbone, offre ai bambini un terreno fertile per l’immaginazione. Il suo carattere ambivalente – gentile e generoso, ma anche severo e giudicante – permette ai più piccoli di proiettare desideri, paure e conflitti. Il volo su una scopa e la capacità di visitare tutte le case in una sola notte aggiungono un elemento magico che affascina e stimola la fantasia, creando un ponte tra il mondo della realtà e quello del mito. Inoltre, i rituali legati alla Befana, come lasciare una calza o immaginare il contenuto che troveranno, favoriscono il gioco simbolico, un’attività fondamentale per lo sviluppo psicologico ed emotivo. Le origini della Befana affondano le radici in tradizioni pagane e cristiane, offrendo un ricco substrato culturale che i bambini, anche inconsciamente, percepiscono. Gli studi evidenziano che la Befana potrebbe derivare da antichi riti di passaggio legati alla natura e ai cicli agricoli. Nell’antichità, si celebrava una figura femminile associata alla rinascita e alla fertilità, rappresentata spesso come una vecchia che, simbolicamente, “porta via” l’anno passato per far spazio al nuovo. Con il cristianesimo, la Befana si è legata alla celebrazione dell’Epifania, diventando un personaggio più familiare e accessibile.
L’attesa dell’arrivo della Befana suscita nei bambini una vasta gamma di emozioni: gioia, ansia, speranza, eccitazione. Queste emozioni contribuiscono a sviluppare la loro intelligenza emotiva?
L’attesa del suo arrivo è un’opportunità preziosa per i bambini di esplorare e comprendere il proprio mondo emotivo. La varietà di sentimenti che provano – gioia per i doni in arrivo, ansia per l’eventualità del carbone, eccitazione per il mistero e la sorpresa – favorisce alcuni processi fondamentali per lo sviluppo dell’intelligenza emotiva, che include la capacità di comprendere e regolare le proprie emozioni, di relazionarsi con gli altri in modo empatico e di affrontare le difficoltà in maniera resiliente.
Come è possibile creare un’atmosfera magica per l’arrivo della Befana e come i genitori possono gestire le paure dei bambini più piccoli legate a questa figura?
L’atmosfera dell’Epifania si costruisce con piccoli gesti e abitudini che alimentano la fantasia dei più piccoli. Ad esempio, preparare la calza insieme, scegliendola con cura, che sia capiente e diversa per ciascuno; raccontare della Befana, magari aggiungendo un tocco originale, aiuta i bambini a immergersi nella magia; lasciare (biscotti, latte o frutta) come ringraziamento per la sua venuta, qualunque regalo voglia portare; raccontare dei Re Magi che portarono Oro, Incenso e Mirra come regali di benvenuto a Gesù Bambino.
La notte della Befana può secondo Lei rappresentare un’esperienza educativa per i bambini?
Assolutamente sì, oltre ad essere un momento magico e di festa, racchiude diversi insegnamenti, offre ai bambini la possibilità di riflettere sul proprio comportamento. Racchiude un valore simbolico, aiuta a comprendere l’importanza delle azioni e a valorizzare i comportamenti positivi come a poter rimediare quelli negativi. Aiuta ad interiorizzare valori come la gentilezza, il rispetto anche del giudizio altrui e la condivisione di un momento di gioia. Aspettare il suo arrivo aiuta i bambini a gestire l’ansia dell’attesa e ad aspettare, dopo un piccolo sacrificio, andare a dormire presto, ci sarà la gratificazione desiderata.
Ricevere un dono è sempre un’occasione che va colta, per insegnare ai bambini il valore della gratitudine e della bontà d’animo. I doni non sono semplicemente degli oggetti materiali, racchiudono in sé anche l’affetto e le attenzioni dei genitori, per questo devono essere pensati e non essere per forza costosi. Possono essere semplici pensierini.
Il sistema di premi e punizioni legato alla figura della Befana (dolci per i bambini buoni, carbone per quelli cattivi) contribuisce a rafforzare il loro senso del bene e del male?
Sapere che possono ricevere anche carbone o frutta insieme ai dolciumi, li stimola ad affrontare la coesistenza nella propria vita e in se stessi, di cose buone e cose cattive. Poiché il carbone è “simbolico”, è bene che sia un dolciume insieme a frutta amata dai bambini, scelta con cura dai genitori proprio per loro. In questo modo, superano la frustrazione e la delusione iniziale e comprendono profondamente, che anche le cose cattive sono affrontabili, interiorizzabili, digeribili.
L’Epifania è anche un’occasione per le famiglie di riunirsi e condividere momenti unici, di spensieratezza, ritiene che la figura della Befana possa dunque diventare un momento importante per rafforzare i legami affettivi e familiari?
L’Epifania è sia un evento religioso, rappresentato dall’arrivo dei tre Re Magi, che secolarizzato con le tradizioni legate alla Befana in sé, comprese le canzoncine propiziatorie come “La Befana vien di notte”. È un modo per trasmettere ai bambini la storia di Gesù e i suoi insegnamenti o narrare Gesù storico. Conoscere e sapere, renderà i bambini liberi di scegliere in futuro, coltivando comunque una spiritualità, ideali e valori indispensabili per una vita ben vissuta. Inoltre, rappresenta un momento speciale in cui le famiglie possono rafforzare i propri legami affettivi attraverso la condivisione di consuetudini tramandate, tradizioni familiari, attività condivise con gioia e piacere, con allegria, nutrimento per l’anima e la mente di grandi e piccini.
Cosa fare se i bambini hanno paura della Befana?
Questo tipo di paura si genera soltanto se vi è una rappresentazione concreta dei personaggi con un’aura di magia. Ogni volta che si passa da una visione fantastica, idealizzata e il magico, avvolto da un’aura di mistero si tramuta in reale, vale a dire “in un momento più concretizzato”, nei bambini si crea uno sconcerto e un conflitto interiore che sfocia nella paura. Infatti, la ricostruzione che ogni bambino fa della Befana nella propria mente ha delle caratteristiche peculiari e delle originalità. Inoltre, fa sentire al bambino che le cose brutte che sente di avere dentro di sé, sono accettabili e rappresentabili, in questo modo possono trasformarsi in cose buone, di valore. Se attraverso un personaggio vivente (una persona travestita da Befana), il reale irrompe bruscamente nel mondo interiore, non è elaborabile spontaneamente per la mente e spaventa. Mentre interiormente è possibile conciliare il brutto e il buono nella realtà, l’imponenza del personaggio (interpretato sempre da un adulto) rispetto al bambino e le caratteristiche di trascuratezza (i vestiti stracciati e il volto sfigurato) angosciano e spaventano i bambini.
Quali consigli si sente di dare ai genitori?
-Tenere conto che ciascun bambino vive la magia della Befana in modo diverso. Alcuni sono incuriositi, altri possono essere intimoriti da una figura misteriosa, con la scopa volante, ma anzianissima, non è certo Harry Potter! È importante adattare i racconti all’età e al vissuto emotivo dei propri bambini;
-Preparare la calza insieme, scrivere la letterina se piccoli, lasciare che la scrivano da soli quando più grandicelli;
– Se chiedono su come faccia a volare o essere così piccola da entrare dalla cappa della cucina, domanda classica, naturalmente è bene mantenere la magia;
-Non esagerare con carbone o frutta. I bambini devono vedere e sapere che possono affrontare i cambiamenti richiesti dai genitori e che il loro sforzo per essere buoni e comportarsi bene sono serviti;
-Valorizzare sempre i risultati dei bambini, spiegando anche con l’aiuto di una letterina, lasciata dalla Befana, in che cosa possono migliorare e cosa possono fare attivamente. Dare dei compiti rigidi o viceversa, essere troppo generici, non li aiuta, poiché tutti i bambini sanno di essere sia buoni, che un po’ cattivelli, ma sperano di essere ugualmente amati, con pregi e difetti;
-Prepararli alla verità, iniziando fin da subito il racconto dei tre Re Magi. Quando la Befana diventerà un personaggio fantastico e i regali saranno portati dai genitori, resterà l’aspetto spirituale e storico dell’evento dei Re Magi e la magia dell’infanzia sarà in salvo, come tesoro prezioso: l’affetto e l’attenzione dei genitori ormai interiorizzati, di cui si ha sempre bisogno, per tutta la vita.
Basilio Reale è nato a Capo d’Orlando il 22 novembre 1934-È morto a Milano il 6 febbraio 2011.
Nel 1953 si trasferisce a Milano per frequentarvi la facoltà di giurisprudenza. I suoi primi componimenti, risalgono al ’50.
Novembre
Ed è dunque tornato ancora il tempo di ritrovare le cose perdute di risentire con le fitte a un braccio il tuo umore, Novembre. Dalla mia terra bruciata di sale ho risalito tutte le contrade qui ho chiesto nebbia e pane. So cosa dite, so le querele che mi fate, amici. Voi non sapete cosa voglia dire nascere a Novembre; voi non sapete cosa voglia dire riconquistare le cose perdute.
Le due rive
Attorno ai globi rossi sulle due rive era ogni sera uno sciamare astioso di zanzare che saliva dagli argini e ronzava sopra le nostre teste.
Così cresceva il segno dell’estate, il rifiorire d’erbe e canne sul fiume la mia ansia d’intendere il fluttuare delle maree ad ogni nuova luna.
Basilio Reale
Rifugio della notte
Su questi alberi, queste siepi sempreverdi di pitosfori si è allungato il tuo oblio, e il mare tigrato là davanti è specchio fangoso, obliquo rifugio della notte.
In teoria tutto dovrebbe
In teoria tutto dovrebbe andare benissimo.
Egli è seduto a un tavolo. Sta scrivendo un libro, sta leggendo il giornale, sta guardando fuori dalla finestra.
Egli è seduto al tavolo, sta facendo parole incrociate. Una parola due parole molte parole difficili.
Quanto di me è rimasto
Quanto di me è rimasto – di quel poco che ero, di ciò che avevo – ha solo senso nel tuo ricordo, nascosto nel cuore del mio cuore, che pace per sé non chiede al Dio in cui hai creduto fino all’ultimo istante, quando dicevi, gli occhi a me rivolti: “Non ho paura, non ho più paura.”
L’AUTORE
Basilio Reale
Basilio Reale è nato a Capo d’Orlando il 22 novembre 1934-È morto a Milano il 6 febbraio 2011.
Nel 1953 si trasferisce a Milano per frequentarvi la facoltà di giurisprudenza. I suoi primi componimenti, risalgono al ’50.
Ha pubblicato: Forse il mare, Schwarz Editore, Milano 1956. Le quotidiane abitudini, Rebellato Editore, Padova 1959. La vita attiva, “Il Menabò” n. 6, Einaudi, Torino 1963. I ricambi, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1968. L’esistenza amorosa, All’insegna del pesce d’oro di Vanni Scheiwiller, Milano 1989. Travasare il miele, All’insegna del pesce d’oro di Vanni Scheiwiller, Milano 1996. La balena dighiaccio, Nino Aragno Editore, Torino 2000. Da un ricordo di Daniele. Pulcinoelefante, Ed.788 Osnago 1994. Dove è verde l’ombra. Poesie inedite e sparse (1956-2000), L’arcolaio, Forlimpopoli 2019. Ha pubblicato anche diverse pubblicazioni di saggi.
L’Altrove è un Blog di poesia contemporanea italiana e straniera
“La poesia non cerca seguaci, cerca amanti”. (Federico García Lorca)
Con questo presupposto, L’Altrove intende ripercorrere insieme a voi la storia della poesia fino ai giorni nostri.
Si propone, inoltre, di restituire alla poesia quel ruolo di supremazia che ultimamente ha perso e, allo stesso tempo, di farla conoscere ad un pubblico sempre più vasto.
Troverete, infatti, qui tutto quello che riguarda la poesia: eventi, poesie scelte, appuntamenti di reading, interviste ai poeti, concorsi di poesia, uno spazio dedicato ai giovani autori e tanto altro.
Noi de L’Altrove crediamo che la poesia possa ancora portare chi legge a sperimentare nuove emozioni. Per questo ci auguriamo che possiate riscoprirvi amanti e non semplici seguaci di una così grande arte.
Franco Leggeri Fotoreportage-Fiume ARRONE-Confine di Roma-Fiumicino
Franco Leggeri Fotoreportage-L’Arrone è un fiume del Lazio; scorre nella provincia di Roma, è lungo 35 chilometri, nasce nella parte sud-orientale del lago di Bracciano ad Anguillara Sabazia e sfocia a Fiumicino nel mar Tirreno tra Maccarese e Fregene. Il bacino misura 125 km² di superficie.
Pur configurandosi emissario del lago di Bracciano, il contributo del lago alla portata del fiume è esiguo, e in alcuni mesi dell’anno del tutto nullo. Nell’alto bacino sono presenti le sorgenti dell’Acqua Claudia.
Dall’estremità sudorientale del lago, a quota 164 nsln, il fiume si dirige da Nord Ovest a Sud Est per circa 3 km, poi si dirige a Sud per 12 km e quindi a Sud Ovest fino alla foce. In questo tratto confluisce il Rio Maggiore, affluente di destra. Subito a valle di questa confluenza il bacino dell’Arrone è attraversato dalla Strada Statale Aurelia.
Alla foce è presente un prezioso ambiente umido che, insieme a tutta l’area contigua coperta da macchia mediterranea detta Bosco Foce dell’Arrone, fa parte della Riserva naturale Litorale romano.
Curiosità
“Sulle rive dell’Arrone” è il titolo di una canzone di Daniele Silvestri, contenuta nell’album “Il Latitante” (2007), in cui si parla della prospettiva, raggiungibile dalle rive del fiume, con cui si riescono a vedere diversamente le cose.
All’Arrone accenna in tutt’altri termini lo spettacolo teatrale “Storie di scorie” di Ulderico Pesce, in cui si affronta il problema delle scorie nucleari, come quelle stoccate nel deposito nucleare alla Casaccia che avrebbero contaminato in passato anche il fiume, con danni incalcolabili all’ambiente.
FIUME ARRONECASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.Stemma sul PONTE sul FIUME ARRONEIl fiume ArroneIl fiume ArroneIl fiume ArroneIl fiume ArronePONTE SUL FIUME ARRONEIl fiume ArroneCASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.CASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.Il fiume Arrone
E’ il 1902 a Salonicco, quando viene al mondo Nazim Hikmet, in una famiglia aristocratica e privilegiata. Sua madre, un’appassionata pittrice, è una grande amante della poesia francese, specialmente di Baudelaire e Lamartine. Suo padre è un diplomatico, ma anche lui di tanto in tanto butta giù qualche verso e qualche testo in prosa. L’interesse magnetico per la parola, scorre nel DNA della famiglia: persino il nonno di Hikmet ne subisce il fascino e di professione è filologo.
È inverno-
E improvvisamente,
la neve,
caduta all’insaputa nella notte.
Il mattino comincia con i corvi
in fuga tra i rami tutti bianchi.
È inverno,
inverno a perdita d’occhio.
Così la stagione muta
d’un tratto
e sotto la terra, laboriosa
e fiera, la vita prosegue.
Nazim Hikmet- Poeta turco
Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
sei la mia carne che brucia
come la nuda carne delle notti d’estate
sei la mia patria
tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
tu, alta e vittoriosa
sei la mia nostalgia
di saperti inaccessibile
nel momento stesso
in cui ti afferro.
Nazim Hikmet- Poeta turco
Alla vita
La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla dal di fuori o nell’al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.
La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla è più bello, più vero della vita.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.
Nazim Hikmet- Poeta turco
Amo in te
Amo in te
l’avventura della nave che va verso il polo
amo in te
l’audacia dei giocatori delle grandi scoperte
amo in te le cose lontane
amo in te l’impossibile
entro nei tuoi occhi come in un bosco
pieno di sole
e sudato affamato infuriato
ho la passione del cacciatore
per mordere nella tua carne.
amo in te l’impossibile
ma non la disperazione.
Nazim Hikmet- Poeta turco
Anima mia
Anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
e come s’affonda nell’acqua
immergiti nel sonno
nuda e vestita di bianco
il più bello dei sogni
ti accoglierà
anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
abbandonati come nell’arco delle mie braccia
nel tuo sonno non dimenticarmi
chiudi gli occhi pian piano
i tuoi occhi marroni
dove brucia una fiamma verde
anima mia.
Nazim Hikmet- Poeta turco
Angina pectoris
Se qui c’è la metà del mio cuore, dottore,
l’altra metà sta in Cina
nella lunga marcia verso il Fiume Giallo.
E poi ogni mattina, dottore,
ogni mattina all’alba
il mio cuore lo fucilano in Grecia.
E poi, quando i prigionieri cadono nel sonno
quando gli ultimi passi si allontanano
dall’infermeria
il mio cuore se ne va, dottore,
se ne va in una vecchia casa di legno, a Istanbul.
E poi sono dieci anni, dottore,
che non ho niente in mano da offrire al mio popolo
niente altro che una mela
una mela rossa, il mio cuore.
È per tutto questo, dottore,
e non per l’arteriosclérosi, per la nicotina, per la prigione,
che ho quest’angina pectoris…
Guardo la notte attraverso le sbarre
e malgrado tutti questi muri che mi pesano sul petto
il mio cuore batte con la stella più lontana.
Nazim Hikmet- Poeta turco
I tuoi occhi
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che tu venga all’ospedale o in prigione
nei tuoi occhi porti sempre il sole.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
questa fine di maggio, dalle parti d’Antalya,
sono così, le spighe, di primo mattino;
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
quante volte hanno pianto davanti a me
son rimasti tutti nudi, i tuoi occhi,
nudi e immensi come gli occhi di un bimbo
ma non un giorno han perso il loro sole;
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che s’illanguidiscano un poco, i tuoi occhi
gioiosi, immensamente intelligenti, perfetti:
allora saprò far echeggiare il mondo
del mio amore.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
così sono d’autunno i castagneti di Bursa
le foglie dopo la pioggia
e in ogni stagione e ad ogni ora, Istanbul.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
verrà un giorno, mia rosa, verrà un giorno
che gli uomini si guarderanno l’un l’altro
fraternamente
con i tuoi occhi, amor mio,
si guarderanno con i tuoi occhi.
Nazim Hikmet- Poeta turco
Ho sognato della mia bella
Ho sognato della mia bella
m’è apparsa sopra i rami
passava sopra la luna
tra una nuvola e l’altra
andava e io la seguivi
mi fermavo e lei si fermava
la guardavo e lei mi guardava
e tutto è finito qui
Nazim Hikmet- Poeta turco
L’uomo
Le piante, da quelle di seta fino alle più arruffate
gli animali, da quelli a pelo fino a quelli a scaglie
le case, dalle tende di crine fino al cemento armato
le macchine, dagli aeroplani al rasoio elettrico
e poi gli oceani e poi l’acqua nel bicchiere
le stelle
il sonno delle montagne
dappertutto mescolato a tutto l’uomo
ossia il sudore della fronte
la luce nei libri
la verità e la menzogna
l’amico e il nemico
la nostalgia la gioia il dolore
sono passato attraverso la folla
insieme alla folla che passa.
Nazim Hikmet- Poeta turco
.
Ti sei stancata di portare il mio peso
Ti sei stancata di portare il mio peso
delle mie mani
dei miei occhi, della mia ombra
le mie parole erano incendi
le mie parole eran pozzi profondi
verrà un giorno un giorno improvvisamente
sentirai dentro di te
le orme dei miei passi
che si allontanano
e quel peso sarà il più grave.
Nazim Hikmet- Poeta turco
Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
la mia carne che brucia
come la nuda carne delle notti d’estate
sei la mia patria
tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
tu, alta e vittoriosa
sei la mia nostalgia
di saperti inaccessibile
nel momento stesso
in cui ti afferro-
Nazim Hikmet- Poeta turco
Nazim Hikmet: la poetica libera da ogni reclusione.
E’ il 1902 a Salonicco, quando viene al mondo Nazim Hikmet, in una famiglia aristocratica e privilegiata. Sua madre, un’appassionata pittrice, è una grande amante della poesia francese, specialmente di Baudelaire e Lamartine. Suo padre è un diplomatico, ma anche lui di tanto in tanto butta giù qualche verso e qualche testo in prosa. L’interesse magnetico per la parola, scorre nel DNA della famiglia: persino il nonno di Hikmet ne subisce il fascino e di professione è filologo.
Nazim Hikmet- Poeta turco
Una vita turbolenta
La vita di Nazim Hikmet è tutt’altro che serena e lineare. Da adolescente frequenta l’Accademia di Marina a Istanbul, che ben presto lascia, trovando la sua strada altrove. La vera svolta arriva quando decide di intraprendere gli studi di sociologia in Russia. All’università di Mosca ha modo di studiare e fare propri i principi di Karl Marx. Inizia a frequentare quelli che saranno i grandi nomi della storia, tra i quali Lenin e Majakovskij e si consacra definitivamente al partito comunista.
Insieme alle sue scelte politiche, arriva anche la definizione di uno dei suoi maggiori nemici per tutta la vita: il governo turco. Le condanne non tardano ad arrivare e caratterizzano lunghi anni della vita di Hikmet, condannandolo a terribili torture e lunghi anni di reclusione in condizioni indegne.
Nazim Hikmet- Poeta turco
Nazim Hikmet e gli anni di reclusione
La prima volta nel 1928 viene arrestato per affissione irregolare di manifesti politici. Dopo dieci anni, torna ancora una volta in carcere con l’accusa di propaganda comunista e complotto contro il governo. Nei dodici anni di reclusione, la vita di Hikmet si alterna tra momenti di febbrile produzione poetica e pesanti tentativi di protesta.
Il più importante è un lungo sciopero della fame, dopo il quale sviluppa i problemi cardiaci che lo porteranno alla morte. Nonostante la reclusione, Nazim Hikmet scrive dei versi memorabili, come il suo capolavoro Poesie d’amore, che inizia in carcere e porta avanti pressoché fino alla sua morte, che coincide con la data di pubblicazione dell’opera stessa.
Nazim Hikmet- Poeta turco
La poetica di Nazim Hikmet
L’amore per la patria e la malinconia per il passato si permeano di un estremo attaccamento alla vita. La presenza costante della speranza, rende la sua opera un inno alla libertà, al rispetto della dignità umana e al suo immenso valore. Attraverso un lessico non troppo ricercato, l’autore delinea dei sentimenti con una delicatezza sbalorditiva, se si pensa alla durezza degli eventi che lo toccano.
Con uno stile eterogeneo, caratterizzato da una visione quasi mistica e al ritmo incalzante della scrittura di avanguardia francese, Nazim Hikmet può essere considerato il più grande poeta turco del secolo scorso.
Gli ultimi anni
Nel 1950 esce dal carcere, grazie all’intervento di una commissione internazionale d’eccellenza formata tra gli altri da Picasso, Tzara e Neruda. Ma dopo i dodici anni di reclusione, il governo continua a opprimere Hikmet, organizzandogli due attentati e costringendolo a un lungo esilio itinerante.
Nazim Hikmet si spegne nel 1963, dopo aver visto i suoi scritti tradotti in molte lingue, tranne la sua. Solo nel 2002, in occasione del centenario della sua nascita, il governo turco gli restituirà la tanto agognata cittadinanza.
Recensione del romanzo “Storia di una ladra di libri”
Articolo di Esperance H.Ripanti
Articolo di Esperance H.Ripanti-Che bene fanno le parole? Sono gli anni della guerra, della Germania glorificata e vincente e in un paesino accanto alla più grande e conosciuta Monaco, Liesel sopravvive alle conseguenze di un conflitto di cui è vittima innocente. Dodici anni sono troppo pochi per vedere suo fratello morire e vivere l’abbandono di una madre che non sa come convivere col peso dell’indigenza, del dolore troppo grande e del vuoto della solitudine. Proprio per questo viene affidata a una famiglia tedesca che la adotterà nonostante la povertà collettiva di un paese scosso.
Inizia così uno dei più famosi best seller letterari degli ultimi anni, Storia di una ladra di libri. La vita di Liesel stravolta e portata dentro le mura di una casa che l’accoglie con umanità e calore nonostante la sua identità sia un pericolo per tutti e non solo per lei. Liesel è ebrea; e la sua condizione la porta a convivere con un’angoscia costante che le si riversa addosso nelle fredde notti tedesche che solo una cosa riuscirà a calmare: i libri. Il primo trovato accanto al fratellino morente, preso per curiosità; senza sapere cosa sia – arrivando da una realtà di analfabetismo e povertà – ma con la certezza che le appartenga. E così, il suo rapporto con questi oggetti che piano piano prendono significato oltre alla forma si fa sempre più forte, più intensa; fino a diventare una vera e propria ricerca, ossessione che supera tutti i divieti e addirittura le fiamme dei roghi di un passato che così vicino a noi non lo è mai stato. Sarà tramite la pazienza quasi commovente dei suoi genitori adottivi che Liesel imparerà a leggere, andrà a scuola, familiarizzerà col quartiere trovando amici, complici e un pizzico di serenità. Ed è proprio tramite il piacere e l’amore per la lettura, la ragazzina, troverà la via migliore per liberarsi – per il tempo di un capitolo – dalla sua storia cruda e dagli strascichi feroci che la guerra le ha lasciato addosso senza pietà. Un racconto che ha emozionato e continua a colpire le corde più profonde dei lettori che ad ogni lettura, nuova o ripetuta, riescono ad immedesimarsi nella passione ardente che una storia, un personaggio, la descrizione di un attimo importante riescono ad accendere. Storia di una ladra di libri è diventato best seller e anche prodotto cinematografico di successo perché è riuscito a portare su carta e sugli schermi l’esatta sensazione che Liesle prova quando si chiede con innocenza e fervore “che bene fanno le parole?”. La risposta a una domanda semplice e la certezza che una volta finito di leggere, questo libro, possa lasciare colme e complete le risposte grandi o piccole che fanno vagare per il mondo l’umanità da anni. Un’esperienza forte, una narrazione scorrevole e potente, perché reale e perché, dopo la sua lettura è impressionante il desiderio sempre impellente di andare a salvare i libri dai roghi di questo presente cupo ma pieno di speranza.
“Sonetti” di William ShakespeareWilliam Shakespeare Sonnets
I “Sonetti” di William Shakespeare
I “Sonetti” di William Shakespeare è il più misterioso tra i libri di Shakespeare. Sulla loro storia esterna sappiamo poco. E’ probabile che venissero scritti tra il 1593 e il 1595, per il conte di Southampton, sebbene alcuni sonetti (che risentono l’influenza di Donne) sembrino più tardi. Una cosa è più certa: i “Sonetti” sono un grande libro filosofico, forse il libro di Shakespeare dove il complicatissimo intreccio delle metafore viene più drammaticamente teso da una straordinaria forza intellettuale. Senza proporselo, Shakespeare riuscì a fondere le due tendenze opposte della cultura dell’Occidente. Da un lato l'”amico” che egli canta è un archetipo platonico, incarnato in un essere umano, nel quale si riflettono tutti i tratti della bellezza e dell’amore di ogni tempo. Ma, dall’altro, questo archetipo si trasforma all’infinito; la forma immobile subisce un’incessante metamorfosi ovidiana, una moltiplicazione nella mobilità fluttuante della natura. Così i “Sonetti” sono insieme il poema dell’eterno e dei disastri, della rovina (ma che trionfali disastri, che sontuosa rovina!) del tempo. Un altro grande tema è la disperata schiavitù, l’atroce carcere della passione amorosa.
La traduzione fedelissima di A. Serpieri è accompagnata da un commento che rappresenta uno dei culmini dell’arte moderna dell’interpretazione. Ogni parola, ogni immagine, ogni concetto sono interpreti nel loro concreto aspetto linguistico, e insieme visti come forme di quell’ “unico poema”, di cui parlava Coleridge; di un solo, immenso tappeto metaforico, al quale attraverso Shakespeare ha collaborato tutto l’universo.
Mario Marchisio è nato a Torino nel 1953. Dopo la laurea in Giurisprudenza, ha compiuto studi letterari e teologici. È stato redattore della rivista La Clessidra dal 1995 al 2004, dirigendo nello stesso periodo una collana di poesia per le Edizioni Joker di Novi Ligure.
ARCANO XV IL DIAVOLO
L’inventore geniale son io
D’ogni dottrina che nega Dio.
Ho spappolato la teodicea
E la scodello come purea.
Sbatto le ali e il mio sangue gela,
S’alza e s’abbassa la nera vela.
Il piedistallo sembra un altare…
Tutto il mondo vorrei profanare.
Ma fin da adesso darò il tormento
A chi è in catene sul pavimento.
*
FORRA
Un gallo lontano, accecato dalla canicola,
Intossicato dalle cicale, canta;
Anche lui fuori orario, come l’anima sfatta
Che nel tugurio del mio corpo formicola.
*
VENDEMMIA
Bussi alle porte dell’aurora,
Nell’aria cristallina
Nuda ti ergi all’orizzonte
Dove il trono di Venere scintilla
E trascolorano le foglie,
Gli Amori ti festeggiano, sui colli
I grappoli dorati già s’inchinano.
Protenderò le mani alla tua luce
Come un fiume risvegliato dal sole.
*
SPECCHIO DEI GAUDENTI
– Davvero non coltivi alcun sospetto
Che i corpi stian scemando nel sepolcro?
Rinuncia, almeno oggi, ad esser ciocco.
– Ti parla questo catafalco austero
Dove il legno dei feretri ha premuto
Senza ritegno il suo damasco nero.
– Alla corte del Nulla sei vissuto
Due volte pazzo!, ora dovrai capire
Non dico la maestà del firmamento
Ma un solo, microscopico concetto:
La boria, il fasto, le liete compagnie
Se li è ingoiati il putrido fermento
Che nutre i vermi di lingue lascive.
Breve biografia di Mario Marchisio è nato a Torino nel 1953. Dopo la laurea in Giurisprudenza, ha compiuto studi letterari e teologici. È stato redattore della rivista La Clessidra dal 1995 al 2004, dirigendo nello stesso periodo una collana di poesia per le Edizioni Joker di Novi Ligure. Tra le opere recenti di poesia, ricordiamo: Versi giocosi e satirici (1999), Il sipario della schiena (2003), Il viandante. Poesie d’amore (2003), Tre giornate. Poesie edite e inedite (2013), Epigrammi, parodie, satire (2022). In prosa: I dialoghi di Incmaro (1999), Elogio della pittura (2014), Poesia e prosa ad armi pari. Conversazioni sulla letteratura (2015), Ricerca di Dio e labirinto del mondo (2020), Chi vive se ne pente. Dodici racconti e una farsa (2020).
Biblioteca DEA SABINA
-La rivista «Atelier»-
http://www.atelierpoesia.it
La rivista «Atelier» ha periodicità trimestrale (marzo, giugno, settembre, dicembre) e si occupa di letteratura contemporanea. Ha due redazioni: una che lavora per la rivista cartacea trimestrale e una che cura il sito Online e i suoi contenuti. Il nome (in origine “laboratorio dove si lavora il legno”) allude a un luogo di confronto e impegno operativo, aperto alla realtà. Si è distinta in questi anni, conquistandosi un posto preminente fra i periodici militanti, per il rigore critico e l’accurato scandaglio delle voci contemporanee. In particolare, si è resa levatrice di una generazione di poeti (si veda, per esempio, la pubblicazione dell’antologia L’Opera comune, la prima antologia dedicata ai poeti nati negli anni Settanta, cui hanno fatto seguito molte pubblicazioni analoghe). Si ricordano anche diversi numeri monografici: un Omaggio alla poesia contemporanea con i poeti italiani delle ultime generazioni (n. 10), gli atti di un convegno che ha radunato “la generazione dei nati negli anni Settanta” (La responsabilità della poesia, n. 24), un omaggio alla poesia europea con testi di poeti giovani e interventi di autori già affermati (Giovane poesia europea, n. 30), un’antologia di racconti di scrittori italiani emergenti (Racconti italiani, n. 38), un numero dedicato al tema “Poesia e conoscenza” (Che ne sanno i poeti?, n. 50).
Direttore responsabile: Giuliano Ladolfi Coordinatore delle redazioni: Luca Ariano
Redazione Online Direttori: Eleonora Rimolo, Giovanni Ibello Caporedattore: Carlo Ragliani Redazione: Mario Famularo, Michele Bordoni, Gerardo Masuccio, Paola Mancinelli, Matteo Pupillo, Antonio Fiori, Giulio Maffii, Giovanna Rosadini, Carlo Ragliani, Daniele Costantini, Francesca Coppola.
Redazione Cartaceo Direttore: Giovanna Rosadini Redazione: Mario Famularo, Giulio Greco, Alessio Zanichelli, Mattia Tarantino, Giuseppe Carracchia, Carlo Ragliani.
Contattaci
http://www.atelierpoesia.it
La rivista «Atelier» ha periodicità trimestrale e si occupa di letteratura contemporanea.
direzioneatelierpoesiaonline@gmail.com
Per tutte le comunicazioni e proposte per Atelier Online, sia di pubblicazione di inediti che di recensioni vi preghiamo di scrivere al seguente indirizzo mail di direzione: eleonorarimolo@gmail.com
Armando Lostaglio- Giuseppe Tornatore “Il Collezionista di Baci” cinematografici
Il collezionista di baci. Ediz. illustrata di Giuseppe Tornatore Mondadori Electa 2014
Un libro sul bacio cinematografico. Un regalo per la San Valentino. Ciascuno di noi ha nel fondo del proprio intimo cassetto il bacio più bello, quello che al cinema ha visto da ragazzo, che lo ha ammaliato e forse turbato. Nel 2014, il regista premio Oscar Giuseppe Tornatore ne ha fatto un libro prezioso, un volume fotografico per raccontare il bacio cinematografico attraverso le suggestioni che proiettavano i manifesti dei film. Vere e proprie opere d’arte pittorica.
Questo libro – pubblicato da Mondadori Electa, 215 pagine – ha un pregio particolare, oltre a quello di farci rivivere scene famose di film che fanno parte della storia del secolo scorso: restituisce dignità a quegli artisti che dipingevano i manifesti, pittori come Anselmo Ballester, Alfredo Capitani, Luigi Martinati. “E come Casaro – sottolinea Tornatore – che è stato quello che ha portato più a lungo questa tradizione della cartellonistica pittorica, ma ci sono stati degli artisti, dei pittori che per arrotondare facevano i manifesti per il cinema. Era un’arte particolare, i manifesti erano bellissimi.”
Il regista siciliano, ideatore dell’indimenticabile sequenza finale di “Nuovo Cinema Paradiso” dedicata proprio al bacio, che il parroco don Adelfio tagliava perché li giudicava scabrosi, ha selezionato e commentato più di duecento manifesti originali che coprono un arco temporale di circa un secolo. Si tratta di immagini provenienti dalla collezione di Filippo Lo Medico, il quale – aggiunge ancora Tornatore – “ha dedicato tutta la sua vita alla gestione di sale cinematografiche ed ha collezionato 60 anni di cartellonistica cinematografica. Quando vide “Nuovo cinema Paradiso” manifestò l’idea di fare una raccolta di baci nei manifesti e oggi, a distanza di 25 anni, il sogno si realizza”. Il libro ripercorre dunque su un’unica traiettoria un arco temporale che va dal 1926, col bacio tra Rodolfo Valentino e Vilma Banky nel film “Il figlio dello sceicco”, fino al 2005 con “Cinderella man” e il bacio tra Russell Crowe e Renee Zellweger.
E come non ricordare la locandina dell’indimenticabile bacio tra Clark Gable e Vivien Leigh di “Via col vento” (del 1939) e de “La dolce vita” (del 1960) fra Marcello Mastroianni e Anita Ekberg nella mitica Fontana di Trevi? Ed ancora quello tra Audrey Hepburn e George Peppard in “Colazione da Tiffany”; sublime quello tra Marcello Mastroianni e Sophia Loren in “Una giornata particolare” di Ettore Scola; vigoroso e reale quello tra Jack Nicholson e Jessica Lange in “Il postino suona sempre due volte”; e, più vicino a noi nel tempo, il bacio quasi innocente tra Leonardo Di Caprio e Kate Winslet del “Titanic”; e quello della coppia (allora anche nella vita) Nicole Kidman e Tom Cruise per l’ultimo film di Kubrick “Eyes wide shut”.
Ma il bacio preferito di Tornatore qual è? “Ne ricordo tanti, ma se dovessi scegliere non ho dubbi: è quello fra Tyron Power e Kim Novak in “Incantesimo”, perché con questo film fu inaugurato il Supercinema di Bagheria che era a poche centinaia di metri da casa mia. Lì sono entrato per la prima volta a vedere un film, lì sono ritornato da solo e da ragazzo, sempre in quella sala ho lavorato come proiezionista ».
Una testimonianza toccante che profuma di amore verso il cinema; il bacio che ha segnato la nostra passione rimarrà quello fra il pugile Rocky Graziano/Paul Newman e Norma/Pier Angeli (l’italiana Annamaria Pierangeli), diretti nel 1956 da Robert Wise in “Lassù qualcuno mi ama”, il primo film della personale folgorazione verso quest’arte.
Armando Lostaglio
Nota biografica di ARMANDO LOSTAGLIO iscritto all’Ordine dei Giornalisti di Basilicata; fondatore del CineClub Vittorio De Sica – Cinit di Rionero in Vulture nel 1994 con oltre 150 iscritti; promotore di altri cinecircoli Cinit, e di mostre di cinema per scuole, carceri, centri anziani; autore di testi di cinema: Sequenze (La Nuova del Sud, 2006); Schermi Riflessi (EditricErmes, 2011); autore dei docufilm: Albe dentro l’imbrunire (2012); Il genio contro – Guy Debord e il cinema nell’avangardia (2013); La strada meno battura – a cavallo sulla Via Herculia (2014); Il cinema e il Blues (2016); Il cinema e il brigantaggio (2017). Collaboratore di riviste e giornali: La Nuova del Sud, e web Altritaliani (Parigi), Cabiria, Francavillainforma; Tg7 Basilicata.
Il collezionista di baci. Ediz. illustrata di Giuseppe Tornatore Mondadori Electa 2014
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