Storia del fiume ADIGE-Il fiume è stato protagonista di alcune devastanti alluvioni. Già in epoca romana la sua idrografia subì una variazione: Plinio il Vecchio[3] non cita più il Po di Adria perché l’Adige aveva subito una rotta ed era confluito nella Filistina e in altri due canali, chiamati il Fossone e la Carbonaria (Po di Goro).[4] Successivamente la rotta della Cucca, la catastrofica alluvione del VI secolo (589), secondo le cronache di Paolo Diacono, provocò morte e distruzione a Verona e nelle campagne. Vi è la notizia di altri fenomeni di questo tipo in passato: tra i più gravi sono da ricordare le inondazioni del 1882, del 1966 e del 1981.
Nel 1474, vicino a Castel Firmiano presso Bolzano, l’Adige in piena – chiamato nel documento «wasszer Etsch» – aveva inondato e distrutto le vie di passaggio, al che i duchi d’Austria misero in atto misure di ripristino delle comunicazioni viarie.[6]
Nel 1858 il corso del fiume fu deviato dal centro della città di Trento con uno spostamento del corso verso ovest: si trattò di rettificare il percorso che invece in origine faceva un’ansa verso est, fin quasi sotto alle mura del castello del Buonconsiglio. Tale operazione, che nei progetti doveva servire ad evitare inondazioni e piene nel centro della città, di fatto trasformò profondamente la zona del tracciato originale.
Nel settembre 1882 il fiume ruppe gli argini in nove punti a Bolzano e a San Michele all’Adige, e inondò la parte nord della città di Trento; la piena provocò anche un’alluvione a Verona e un’alluvione in Polesine. Proprio per salvare la città di Verona da possibili inondazioni, nella prima metà del XX secolo fu progettato, costruito e completato nel 1959 un tunnel scolmatore (Galleria Adige-Garda) che congiunge l’Adige in località Mori con il lago di Garda in località Nago-Torbole e che è in grado di convogliare le acque in eccesso dal fiume al lago. A causa della notevole differenza di temperatura e qualità delle acque, si fece ricorso al travaso delle acque molto raramente, soltanto quando strettamente necessario. Il tunnel venne usato infatti soltanto 13 volte tra il 1960 e il 2023: nel 1960, 1965, 1966 (due volte), 1976, 1980, 1981, 1983, 2000, 2002, 2018, 2022 e 2023. L’utilizzo dello scolmatore deve essere coordinato con il livello del lago di Garda e del fiume Mincio per evitare problemi.
Nel novembre 1966 la città di Trento conobbe la più grande alluvione della sua storia: buona parte della città e circa 5.000 ettari di campagna furono sommersi da circa due metri d’acqua. In seguito all’alluvione, gli argini vennero alzati di circa un metro. Nel luglio 1981 gli argini cedettero nei pressi di Salorno che fu sommersa assieme alle campagne circostanti.
Nel 2019 la portata massima che può transitare nel fiume era pari a 2.500 m³/s ed era corrispondente a un tempo di ritorno di 200 anni.
Nel corso del medioevo l’Adige fu anche teatro di importanti azioni militari, come nel 1439, quando le flotte congiunte dei Visconti e dei Gonzaga, allora in guerra contro Venezia, riuscirono a risalire il fiume e prima assediarono Legnago e poi gettarono un ponte di barche fortificato a valle di Verona per bloccare i rifornimenti alla città, mentre nel 1487, sempre lungo l’Adige, a Calliano i veneziani furono sconfitti dall’esercito del duca Sigismondo d’Austria[7].
Informazioni e curiosità sul fiume Adige
Lungo le rive del fiume, sfruttando le strade degli argini, si sviluppa la ciclopista della valle dell’Adige, una delle più lunghe presenti in Italia, che unisce la provincia di Verona con quella di Bolzano.
Ogni anno nel mese di ottobre nel tratto compreso tra Borghetto (TN) e Pescantina (VR) si svolge l’Adige marathon, una gara canoistica sia a livello agonistico che amatoriale.
La Rivista Pan
La Rivista Pan(sottotitolo: «Rassegna di lettere, arte e musica») fu una rivista di lettere, arte e musica, fondata da Ugo Ojetti nel 1933.
La rivista PAN professava un sollecito ossequio a tutte le forme del regime, condivideva gli obiettivi di grandezza nazionale e di ordine nuovo da instaurare nella società italiana e dava il suo pieno consenso ai miti della civiltà latino-mediterranea e del fascismo universale.
Redatta da Giuseppe De Robertis e dal giovane scrittore Guido Piovene per la milanese Rizzoli, Pan, rispetto alla rivista Pegaso che l’aveva preceduta, allarga gli orizzonti a interessi più ampi, spaziando dalla letteratura greca e latina, alla storia, alle arti figurative, secondo un ideale di Humanitas completamente antinovecentesco e filofascista che venne espresso nel numero del gennaio 1934 nell’Avvertenza al lettore.
L’allineamento al regime di Pan passa dai contributi dell’architetto ufficiale del regime Marcello Piacentini e del compositore Ildebrando Pizzetti, alle adulazioni di Ojetti che nel suo articolo Scritti e discorsi di Benito Mussolini, febbraio 1935, ne esalta l’oratoria e altre virtù.
Per quanto riguarda la musica classicistica e antiavanguardista, Mario Labroca esalta la “ricchezza ritmica, chiarezza, logicità di linguaggio” dello stile musicale di Stravinskij.
A parte le specializzazioni differenti, le due riviste di Ojetti sono sostanzialmente simili. Pan terminerà le pubblicazioni nel 1935.
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Caprarola-Palazzo Farnese-Carteggio i cardinali Cristoforo Madruzzo e Alessandro Farnese con Pier Francesco Orsini-
Caprarola-Palazzo Farnese-Venerdì 14 marzo 2025 alle ore 17:30 presso la Sala di Giove a Palazzo Farnese, Caprarola la presentazione del volume “Calamaio e carteggio nel valore dell’amicizia tra i cardinali Cristoforo Madruzzo e Alessandro Farnese con il signore di Bomarzo Pier Francesco Orsini detto Vicino”, a cura di Francesca Ceci e Francesca Pandimiglio (Intermedia Edizioni).
Il volume racconta il periodo d’oro della Tuscia rinascimentale ricostruendo i rapporti esistenti tra tre amici, Cristoforo Madruzzo, Alessandro Farnese, Pier Francesco Orsini, figure tra le più importanti ed originali del Cinquecento italiano.
Una fitta corrispondenza durata anni fra tre amici di tutto riguardo, con al centro Soriano nel Cimino, Caprarola, Bomarzo e la cultura ermetica dell’epoca. Un carteggio ricco di considerazioni religiose, alchemiche, ermetiche, artistiche, esoteriche, politiche e personali che rappresenta al tempo stesso un eccezionale punto di osservazione per capire a fondo uno spaccato illuminante della cultura del Rinascimento italiano e dei valori a cui si ispiravano le élite di quel tempo.
Cristoforo Madruzzo (1512-1578), in quanto vescovo della città, fu uno dei protagonisti del Concilio di Trento ed ebbe un ruolo importante anche di mediatore tra i principi tedeschi che sostenevano la Riforma luterana e la Chiesa romana. Papa Paolo III Farnese gli assegnò il feudo di Bassano in Teverina, Gallese e Soriano dove iniziò a costruire il magnifico palazzo noto come Villa Papacqua, oggi conosciuto come Palazzo Chigi Albani. Pur impegnato in una carriera ecclesiastica di primissimo piano con incarichi anche internazionali, Madruzzo dedicò molte energie a Soriano, dove realizzò miglioramenti urbanistici, fece costruire la fontana che porta il suo nome e fece restaurare il castello. Nel corso della sua permanenza a Soriano, il cardinale frequentò assiduamente il Cardinale Farnese e l’Orsini. Si creò un sodalizio fra i tre personaggi impegnati ad abbellire i loro rifugi intellettuali e fisici, luoghi di diletto e di delizie, nei quali venne spesso ospitato anche il cardinale Gianfrancesco Gambara che si era costruito Villa Lante a Bagnaia con il suo splendido giardino. La dimora sorianese viene descritta dalle autrici come “una residenza fondata sulla realizzazione di un sogno, un ideale spirituale ed artistico-iniziatico, aperto a molteplici chiavi di lettura fondate sulla profonda conoscenza dell’antico e di tutta la produzione letteraria, filosofica ed ermetica tipica dell’epoca che vede nel passato classico e nella sua rivisitazione moderna e simbolica e in alcuni casi alchemica, il fine superiore della libera conoscenza umana, riservata ad una scelta e circoscritta élite intellettuale”. I tre erano strettamente uniti dalla profonda conoscenza della tradizione ermetica e del suo linguaggio simbolico di cui troviamo segni evidenti nelle loro ville, ricche di riferimento esoterici, dalla cultura egizia, della cabala ebraica, dell’astrologia, dell’alchimia. Il legame fra loro è testimoniato anche dagli affreschi di palazzo Farnese a Caprarola dove sono ritratti anche il Madruzzo e l’Orsini. Del resto anche la Casa Pendente nel Sacro Bosco venne dedicata da Vicino Orsini al Cardinal Madruzzo.
Franca Valeri, pseudonimo di Franca Norsa, aveva nell’albero genealogico della famiglia la presenza di un’attrice, vissuta nel XVIII secolo, di nome Fanny Norsa.Franca Valeri appassionata di recitazione fin da piccola, imitatrice delle amiche della madre, Franca cresce apprendendo, su invito del padre (il quale le regala spesso dischi a 78 giri di Ettore Petrolini), l’inglese e il francese e frequentando, grazie a entrambi i genitori spesso ospiti in un palchetto di amici, il teatro alla Scala, appassionandosi così all’opera. Vive inoltre a Riccione, Venezia e la Svizzera per le lunghe vacanze estive[5]. Dopo un periodo vissuto in un appartamento in via della Spiga, i Norsa nel 1935 si trasferiscono nella signorile via Mozart.
Franca Valeri
Franca frequenta il Regio Liceo Ginnasio Giuseppe Parini nella sezione C, l’unica in cui venga insegnata la lingua inglese. Sua compagna di classe e amica in quel periodo è Silvana Mauri[8], futura moglie di Ottiero Ottieri e nipote di Valentino Bompiani, il quale, trasferitosi a Milano in quegli anni, aveva fondato la casa editrice Bompiani.
Franca adolescente inizia recitando caricature in compagnia di alcune amiche: con loro inscena una specie di teatrino ad uso e consumo di amici e parenti. Nasce in questo contesto il personaggio della Signorina Snob (che stigmatizzava con sagacia e ironia i comportamenti ipocriti della borghesia milanese, cui lei stessa appartiene).
Franca Valeri
Le leggi razziali fasciste del 1938 privano la famiglia dei diritti fondamentali e Franca si trova, per di più, a dover rinunciare anche alle affezionate domestiche. Espulsa dal Parini all’ultimo anno, riesce ad iscriversi da privatista, senza destare sospetti, al Regio Liceo – Ginnasio Alessandro Manzoni.
Il periodo più buio arriva dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Il padre e il fratello trovano rifugio in Svizzera. Franca, rimasta a Milano con la madre, sopravvive alle deportazioni grazie a un impiegato dell’anagrafe, il quale le rilascia una carta d’identità falsa, che la trasforma nella figlia illegittima di sua madre Cecilia Pernetta, nata a Pavia come quest’ultima e non a Milano. Lei e la madre lasciano l’appartamento di via Mozart ad alcune persone ricercate e si trasferiscono in Brianza, poi in una località sopra Lecco, per tornare infine a Milano, nascoste in una casa di ringhiera bombardata, di proprietà di amici, in via Rovello. Per passare il tempo legge Marcel Proust, nei libri Gallimard in lingua originale posseduti da suo padre, il quale aveva studiato alla Sorbona.
Franca Valeri
Nel 1944, ospitata a Roma da una cugina del padre, si presenta all’audizione per l’ingresso all’Accademia nazionale d’arte drammatica, assieme a Tino Buazzelli. Recita un brano da Le mosche, di Jean-Paul Sartre, ma Silvio D’Amico, Wanda Capodaglio e Orazio Costa, affamati e di fretta, prendono Buazzelli e respingono lei. Franca non si dà per vinta, e, complice la cugina, fa credere ai suoi di frequentare l’accademia; nel frattempo riesce a recitare e a fare cabaret, divenendo amica di Ennio Flaiano e Nicola Ciarletta. Domenica 29 aprile 1945 è a Milano ed assiste all’esposizione del Duce Benito Mussolini, Claretta Petacci e gerarchi a piazzale Loreto, avendo la sensazione di assistere a un giudizio universale.
Esordi
Nel 1946 debutta ufficialmente a teatro nel ruolo di una sarta, in una commedia della compagnia di Ernesto Calindri, in scena al Teatro Olimpia, in Foro Buonaparte. Nel 1947 si fa notare con il personaggio di Lea Lebowitz, una ebrea innamorata del rabbino, in un lavoro teatrale di Alessandro Fersen. Accetta poi di interpretare il cane bassotto del signor Bonaventura, per poter recitare con Sergio Tofano. In seguito entra a far parte della compagnia del Teatro dei Gobbi, nella quale esordisce nel 1949. Il nome d’arte Franca Valeri viene scelto solo più tardi, nei primi anni cinquanta, su suggerimento dell’amica Silvana Mauri, che in quel periodo stava leggendo un libro del poeta Paul Valéry, e su spinta del padre ingegnere che non era convinto della carriera d’attrice della figlia.
Franca Valeri
La compagnia del Teatro dei Gobbi, formata da Alberto Bonucci (più tardi sostituito da Luciano Salce. Vittorio Caprioli (conosciuto a Roma e ritrovato a Milano in una rivista di Marisa Maresca) e Franca Valeri, si trasferisce a Parigi portando in scena i Carnet de notes n. 1 (1949) e Carnet de notes n. 2 (1950), opere che propongono una serie di sketch satirici sulla società contemporanea senza ausilio di scene e costumi.
La compagnia sceglie infatti una formula teatrale che non prevede alcun travestimento: gli attori non indossano costumi per caratterizzare uno o l’altro personaggio, ma si presentano così come sono al naturale, in modo che il personaggio sia una invenzione del momento e che scaturisca “come dal cappello di un prestigiatore”.
A Parigi la compagnia si esibisce in un teatrino del quartiere latino, vicino al teatro dei Pitöeff, condividendo la serata con un’altra coppia di artisti: Raymond Devos e Marcel Marceau e utilizzando scene dipinte da Lila De Nobili.
Anni cinquanta
Durante gli anni cinquanta, la Valeri intraprende l’attività di attrice cinematografica: esordisce con Federico Fellini, il primo film al quale prende parte è infatti Luci del varietà, codiretto dal regista riminese assieme ad Alberto Lattuada, nel quale interpreta la piccola parte della coreografa ungherese che allestisce un balletto surreale nel nuovo spettacolo di Checco Dalmonte (Peppino De Filippo). Farà seguito una lunga serie di commedie, spesso al fianco di Alberto Sordi o di Totò, tra cui Totò a colori (1952), Piccola posta (1955), Il segno di Venere (1955), Il bigamo (1956), Arrangiatevi! (1959), Il vedovo (1959).
Franca Valeri
Nel 1950 Colette Rosselli e Indro Montanelli si trovano a Parigi, dove va in scena proprio il Carnet de notes n. 2. Montanelli e la Rosselli sono amici della Valeri e sostenitori dello spettacolo. Nasce così in quel periodo la collaborazione tra la Valeri e la Rosselli, che le porterà a realizzare congiuntamente il libro, fortemente sostenuto dallo stesso Montanelli, Il diario della Signorina snob, pubblicato nel 1951 dalla Mondadori. Il volume è frutto della celebrità ottenuta dal personaggio della “signorina snob” alla radio, alla fine degli anni quaranta. Il diario della Signorina Snob racconta, in forma di diario, un anno della vita di questo personaggio, tracciandone la vita quotidiana, le frequentazioni, le vacanze. Ogni pagina del diario è illustrata dalle tavole della Rosselli.
Anni sessanta
Negli anni sessanta viene diretta dal marito Vittorio Caprioli in alcune commedie a colori, di cui è anche coautrice della sceneggiatura: Leoni al sole (1961), Parigi o cara (1962) e Scusi, facciamo l’amore? (1967).
Franca Valeri è colonna portante del varietà televisivo dagli anni sessanta, spesso diretta da Antonello Falqui in trasmissioni come Le divine (1959), Studio Uno (1966) e Sabato sera (1967), gli ultimi due condotti da Mina e diretti da Antonello Falqui.
Le pellicole che la vedono protagonista sono poche e per la maggior parte scritte da lei e dirette da Caprioli. In Parigi o cara al personaggio di Delia Nesti è affidato il ruolo di reggere da sola l’intera costruzione del film, circondato da personaggi tutti di secondo piano.
Franca Valeri inoltre non si è dedicata molto al doppiaggio, tuttavia è rimasto un suo doppiaggio dell’attrice francese Simone Signoret nel film Confetti al pepe del 1963.
Durante gli anni sessanta, Franca Valeri pubblica una serie di dischi nei quali vengono registrati i suoi personaggi femminili. La serie di dischi viene pubblicata dalla casa discografica EMI – La voce del padrone. Nascono così gli album Le donne di Franca Valeri (1962, con lo stesso titolo verrà pubblicato anche un EP 7″ contenente un brano inedito rispetto all’album), Una serata con Franca Valeri (1965) e La signora Cecioni e le altre (1968). Negli album ogni traccia racchiude un breve monologo dei personaggi più celebri e conosciuti di Franca Valeri, attraverso la radio e la televisione. Al successo televisivo si deve infatti l’album La signora Cecioni e le altre del 1968, che dedica tutta la prima facciata al personaggio della signora Cecioni, una romana popolana sempre al telefono con mammà, divenuta celebre grazie alle trasmissioni, dirette da Antonello Falqui, Studio Uno (1966) e Sabato sera (1967).
Anni settanta
Le ultime apparizioni cinematografiche di Franca Valeri sono da posizionare tra gli anni settanta e gli anni ottanta, quando figura in alcune pellicole minori che fanno parte degli ultimi fuochi della commedia all’italiana, tra le tante: Basta guardarla di Luciano Salce (1970), Ettore lo fusto (1972), Ultimo tango a Zagarol (1973), La signora gioca bene a scopa? (1974).
Durante gli anni settanta partecipa alla fertile stagione degli sceneggiati televisivi della Rai. Diviene molto amica di persone di teatro, come Nora Ricci, con la quale reciterà negli sceneggiati Rai Nel mondo di Alice e Sì, vendetta…, entrambi del 1974, e Giuseppe Patroni Griffi. Nel 1974 scrive e interpreta la miniserie in quattro puntate Sì, vendetta…, diretta da Mario Ferrero. La vicenda è una riflessione sul mondo degli anni settanta e sui cambiamenti avvenuti in seno alla società italiana in conseguenza alla rivoluzione sessuale, vissuta attravers o gli occhi di una signora borghese e della di lei figlia hippy. Ogni episodio infatti affronta un argomento diverso (l’emancipazione dei ragazzi italiani, il femminismo, il rapporto della borghesia con le mode dei giovani, ecc.), attraverso personaggi femminili, in parte già affrontati precedentemente da Franca Valeri nei suoi sketch: ad esempio l’episodio nel quale Sandra Mondaini interpreta la ricca signora che ha votato la sua esistenza alle stravaganze del mondo dell’arte, riecheggia il personaggio della traccia La donna del mondo hippy, presente nell’album La signora Cecioni e le altre, del 1968, che vuole convincere il marito ad indossare abiti stravaganti per non sfigurare alla festa che lei sta organizzando. Sempre nel 1974 Franca Valeri prende parte allo sceneggiato Nel mondo di Alice, diretto da Guido Stagnaro e interpretato da Milena Vukotic (Alice).
Il 12 giugno 1978, su Rete2 viene mandato in onda lo speciale Bistecca, insalatina, del programma di Claudio Barbati e Francesco Bortolini, Videosera. Franca Valeri fa da conduttrice intervistando vari personaggi celebri sul tema dell’alimentazione e delle diete dimagranti. Tra gli altri vengono intervistati Agostina Belli, Margherita Boniver e Maurizio Costanzo
Anni ottanta e novanta
Nel 1982 è nuovamente in TV nel varietà di Enzo Trapani Due di tutto.
Dal 1989 fino al 1993 nell’ampio spazio all’aperto del Museo della civiltà romana, vengono organizzate e prodotte le stagioni Eurmuse dal regista Massimiliano Terzo in collaborazione con Franca Valeri, grande appassionata di opere liriche, e il direttore d’orchestra Maurizio Rinaldi; Eurmuse ebbe risonanza a livello internazionale. Durante questa manifestazione Franca Valeri cura la regia nelle opere: Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini e Rigoletto di Giuseppe Verdi.
Nel 1993, dopo un’assenza di circa un decennio, riappare sugli schermi televisivi partecipando alla trasmissione Magazine 3, in onda su Raitre.[17] Nel 1995 ritorna a recitare per la fiction, partecipando alla sit-com Norma e Felice accanto al comico Gino Bramieri (con cui aveva già collaborato ai tempi di Felicita Colombo, durante gli anni sessanta), a cui fanno seguito le due serie di Caro maestro (1996-1997), nelle quali interpretava il ruolo della bidella della scuola elementare nella quale era ambientato il telefilm.
Nel 1998 ritorna al varietà partecipando a La posta del cuore, in cui riporta in auge il personaggio della “Sora Cecioni”. Nel 1999 interpreta a teatro Alcool, commedia sulla decadenza dell’alta borghesia diretta da Adriana Asti[
Ultimi anni
Oltre che attrice famosa è autrice di commedie di successo, come Lina e il cavaliere, Meno storie, Tosca e altre due (portata anche sul grande schermo nel 2003) e Le Catacombe.
Nel 2000 prende poi parte alle fiction Linda e il brigadiere e Come quando fuori piove. A gennaio 2007 la trasmissione di Raiuno TV7 le dedica un approfondimento. Durante la lunga intervista, l’attrice racconta un aspetto inedito della sua vita: i suoi primi anni e la sua esperienza di componente di una famiglia ebraica durante le leggi razziali del 1938 e la seconda guerra mondiale. Il 25 settembre 2009 prende parte a una puntata del varietà I migliori anni su Raiuno. Ospitata ed intervistata da Carlo Conti viene tributata dal pubblico con lunghi e calorosi applausi in ricordo della sua fulgida carriera.[senza fonte]
Tornerà al doppiaggio nel 2001 prestando la voce a uno dei personaggi principali del film d’animazione Disney Atlantis – L’impero perduto, la Signora Wilhelmina Bertha Packard. Nel 2003 Franca Valeri collabora con il rapper Frankie hi-nrg mc, prestando la sua voce per i pezzi prologo ed epilogo dell’album Ero un autarchico. Nel 2005 ha pubblicato Animali e altri attori. Nel 2006 ha recitato in Les bonnes di Jean Genet.
Nel dicembre 2010 Franca Valeri pubblica il libro autobiografico Bugiarda no, reticente, un racconto di un centinaio di pagine nel quale traccia i principali avvenimenti della sua esistenza, che l’hanno portata a intraprendere la carriera artistica come autodidatta. A gennaio 2011 l’attrice torna sul palco del Teatro Valle di Roma con due lavori: Non tutto è risolto (commedia diretta da Giuseppe Marini, con Licia Maglietta, confermata anche nella stagione successiva), la nuova commedia di cui è autrice e protagonista, e La vedova Socrate, un testo liberamente ispirato a La morte di Socrate di Dürrenmatt che aveva debuttato nel 2003; vi farà ritorno il 16 giugno durante l’occupazione[19]. Nell’aprile dello stesso anno aveva già sostenuto quella della Sala Arrigoni (ex Cinema Palazzo) nel quartiere di San Lorenzo, partecipandovi con un intervento insieme con Sabina Guzzanti.
Insieme a Luciana Littizzetto scrive il libro L’educazione delle fanciulle, per poi essere ospite della seconda serata del Festival di Sanremo 2014, condotto dalla stessa Littizzetto insieme a Fabio Fazio.
Romania-Lo scultore rumeno Darius Hulea mescola le opere in metallo della vecchia scuola con metodi contemporanei per creare i suoi incredibili “schizzi” di metallo con fili di ferro, acciaio inossidabile, ottone e rame.
Biografia di Darius Hulea is a Romanian Postwar & Contemporary artist who was born in 1987. Darius Hulea’s work has been offered at auction multiple times, with realized prices ranging from 5,469 USD to 19,324 USD, depending on the size and medium of the artwork. Since 2020 the record price for this artist at auction is 19,324 USD for Venus In The Mirror, sold at Artmark in 2021. Darius Hulea has been featured in articles for Daily Art Magazine, Hi-Fructose and My Modern Met. The most recent article is A Contemporary Sculpture Exhibition in the Mountains: Cantacuzino Palace in Romania written for Daily Art Magazine in September 2021.
Anche la bellezza svanisce di Nikollë Loka è una meditazione profonda e struggente sull’impermanenza e la natura sfuggente della bellezza. Loka esplora la dinamica dell’attrazione e il desiderio, descrivendo come inizialmente si venga colpiti da una bellezza seducente e misteriosa, che affascina e intrappola lo sguardo. Attraverso versi delicati, l’autore cattura l’intensità di una sete crescente che diventa quasi insaziabile, e con l’immagine di una “canutola” incantevole, evoca un profumo che inebria senza bisogno di essere toccato. La bellezza descritta non è superficiale, ma vive in una “stanza senza porte né finestre”, un luogo chiuso e inaccessibile che l’anima anela a raggiungere.
La poesia si conclude con una potente verità: la bellezza, se troppo lontana, si disperde e svanisce, lasciando il cuore sospeso in una ricerca impossibile. Questa riflessione sul desiderio e sulla bellezza trascende la materialità per diventare una considerazione sull’anima, sulla fugacità e sull’intrinseca difficoltà di possedere davvero ciò che ci attrae. Con un linguaggio poetico e profondo, Loka riesce a evocare immagini forti e cariche di simbolismo, rendendo questa poesia un’esplorazione malinconica e universale dell’effimero.
Anche la bellezza svanisce, di Nikollë Loka
All’inizio, da lei ti senti solo attratto, poi, ti chiedi il perché dell’attrazione. Ti prende un desiderio e poi cresce la sete, mentre vedi una canutola che ti incanta, ti offre l’ebbrezza del profumo, ancor prima di toccarla, non raccogli nulla da lei con un solo tocco, la bellezza si disperde dentro l’anima, in una stanza senza porte, né finestre. E tu ebbro attendi dietro quelle mura, che si apra una porta spontaneo, senza saperlo che anche la bellezza svanisce, quando si allontana e si nasconde dall’uomo.
Nikollë Loka , poetessa albanese
Biografia di Nikollë Loka è una stimata poetessa albanese, nata a Mirdita il 25 marzo 1960. Dopo aver conseguito la laurea in insegnamento presso l’Università “Luigj Gurakuqi” di Scutari, ha proseguito gli studi con un master in pedagogia e un dottorato in storia dell’educazione all’Università di Tirana. La sua carriera nel settore educativo comprende ruoli di insegnante, preside e ispettore scolastico nel distretto di Mirdita, oltre a insegnare in licei di Tirana e all’Università “Aleksandër Xhuvani” di Elbasan. Loka è autrice di dieci raccolte poetiche in albanese e tre in italiano, e le sue opere sono tradotte in diverse lingue, tra cui inglese, francese, e tedesco. Inserita in numerose antologie, tra cui La Poesie contemporaine albanaise, ha ricevuto premi letterari in patria e all’estero, ed è presente nel Lessico degli scrittori albanesi e nell’Enciclopedia dei poeti contemporanei di lingua italiana.
Roma al Teatro Olimpico va in scena “Sapore di mare “- Il Musical-
Roma – Il Teatro Olimpico ospita l’emozionante e originale Musical Sapore di Sale tratto dall’indimenticabile film del 1983 dei fratelli Vanzina, nella produzione adattata da Enrico Vanzina e Fausto Brizzi.
Al ritmo di una suggestiva e irresistibile colonna sonora con i brani più iconici della musica italiana ‒ tra cui Il cielo in una stanza, Una rotonda sul mare, Nessuno mi può giudicare, Nel blu, dipinto di blu, Quando quando quando, Non son degno di te ‒ lo spettacolo racconta le storie di alcuni giovani e delle loro famiglie durante l’estate del 1964 sullo sfondo della splendida Versilia: tra giochi in spiaggia, flirt, risate spensierate e falò sotto il cielo stellato, si intrecciano vite e nascono amori, amicizie, promesse e speranze, fino alla fine dell’estate, quando una sola promessa resisterà al tempo, dimostrando che certe emozioni e certi amori non conoscono fine.
in scena, un cast straordinario – come Paolo Ruffini (Cecco il fotografo), Fatima Trotta (Marina Pinardi), Edoardo Piacente e Lorenzo Tognocchi (Fratelli Carraro), Paky Vicenti (Paolo Pinardi), Luca Quarquioni (Gianni), Anna Foria (Selvaggia), Giulia Carra (Adriana Balestra) e Marta Melchiorre (Susan Hunt) – diretto da Maurizio Colombi, con gli splendidi costumi, accessori, acconciature e make-up dell’Atelier Creativo firmato Diego Dalla Palma, che darà vita al look di ogni personaggio dello spettacolo.
Prodotto da Alveare Produzioni insieme a Savà Produzioni Creative e Gli Ipocriti Melina Balsamo.
Il Teatro Olimpico di Roma, attivo come Cine-Teatro Olimpico dal 1936 e come Teatro Olimpico dal 1981, è uno dei più importanti teatri storici di Roma. È locato in Piazza Gentile da Fabriano sul lungotevere Flaminio, all’altezza del ponte della Musica. Wikipedia
LA DANIMARCA E LA RESISTENZA NONVIOLENTA AL NAZISMO: UN’ESPERIENZA DA RISCOPRIRE
Articolo di Irene Bracchi
La nonviolenza è un metodo di lotta che può raggiungere risultati evidenti.
Soprattutto se, invece che i morti, si contano le vite strappate al nemico.
Forse in pochi conoscono la storia di resistenza nonviolenta al nazismo della Danimarca, eppure è unica ed interessante perché mostra la potenza della nonviolenza e della resistenza passiva, anche quando l’avversario è un regime estremamente sanguinario e gode di mezzi infinitamente superiori.
LA DANIMARCA E LA RESISTENZA NONVIOLENTA
Riferendosi all’esperienza danese, Hannah Arendt sosteneva che su questa storia si dovrebbero tenere lezioni obbligatorie in tutte le università, ove vi sia una facoltà di scienze politiche, per insegnare a quali risultati può arrivare una lotta nonviolenta, sorretta da un buon livello di coesione sociale e di riconoscimento popolare nelle istituzioni.
L’invasione nazista
Il 9 aprile 1940 la Danimarca viene invasa dalla Germania nazista. L’esercito danese in sole sei ore capitola, il governo socialdemocratico danese resta in carica e, pur protestando contro la violazione della neutralità, acconsente a misure come la messa al bando dei comunisti e al mantenimento di relazioni economiche con la Germania, diventando un simbolo di propaganda e lasciandosi usare come «vetrina democratica» del III Reich.
Alla limitata resistenza armata si affianca una più diffusa e sempre crescente non collaborazione civile incoraggiata e sostenuta dal re Cristiano X che sin da subito si era opposto all’obbligo per gli ebrei di portare la stella di Davide, e dal governo che già nell’ottobre 1942 era riuscito ad evitare l’introduzione delle leggi antiebraiche, minacciando di dimettersi e dichiarando che ogni attacco agli ebrei danesi avrebbe costituito un attacco alla Costituzione che garantiva l’uguaglianza di tutti i cittadini.
Dopo un primo periodo, in cui il Paese diventa una sorta di protettorato tedesco, con la Germania che si impegna a non ingerire negli affari interni danesi, nell’agosto del 1943 cessa la libertà relativa concessa alle autorità locali con l’introduzione della legge marziale.
La resistenza nonviolenta
La reazione del governo fu quella di dichiarare il proprio autoscioglimento, dando in tal modo legittimazione alla resistenza. Le istituzioni collaborazioniste vengono svuotate e delegittimate, la parvenza di normalità a cui aspirano gli occupanti fallisce.
È proprio in questo momento che la risposta nonviolenta della popolazione diviene fondamentale: viene attivato tutto il tessuto associativo, vengono nascosti i ricercati e viene raccolto il denaro per organizzare la loro fuga nella vicina Svezia, li si accompagna nella notte ai luoghi di imbarco mentre i membri della resistenza si occupano di sorvegliare le strade per permettere l’esodo. A queste operazioni collaborano molte associazioni della società civile ma anche organi amministrativi, polizia e guardia costiera, arrivando a pagare con la vita e le deportazioni il proprio impegno. Grazie a questa mobilitazione più del 90% dei 7.695 ebrei danesi viene portato in salvo.
A queste opere di supporto e resistenza si affianca, così come negli altri paesi scandinavi, un rifiuto diffuso da parte di professionisti quali insegnanti, magistrati, medici e sportivi (spesso appoggiati dalle Chiese) ad iscriversi ad associazioni di mestiere e corporazioni di stampo nazista. Tanto che nella vicina Norvegia, a causa di questa scelta, non si organizzano gare sportive fino alla fine della guerra, contribuendo in tal modo ad allontanare i giovani dal regime.
Il sangue risparmiato
Se questa storia è poco conosciuta la ragione è da ricercarsi nel disinteresse diffuso, fino almeno agli anni novanta, per le lotte disarmate. Le ricerche in queGermania, sto ambito erano condotte quasi esclusivamente da studiosi dell’area nonviolenta, tra cui lo storico francese Jacques Sémelin, che alla fine degli anni ottanta elabora il concetto di resistenza civile, dando a queste pratiche estremamente eterogenee, riscontrabili anche in altri Paesi europei (Italia compresa), uno statuto teorico, chiarendone le specificità: assenza delle armi e metodi in genere nonviolenti, i cittadini come protagonisti principali, autonomia degli obiettivi diretti a contrastare lo sfruttamento e il dominio nazista sulla società.
Che senso ha quindi oggi riscoprire questi atti di ottant’anni fa? E che legame possono avere con l’oggi? L’esperienza danese insegna che la lotta nonviolenta può essere più efficacie di quella armata e che una popolazione che coopera verso un fine comune può ottenere risultati difficili da immaginare. Insegna anche, come scrive Anna Bravo, che «la seconda guerra mondiale ha ancora molto da dire, a cominciare da quel che si intende per contributo di un Paese o di un gruppo alla lotta antinazista (e a qualsiasi lotta). Oggi lo si valuta ancora in termini di morti in combattimento; sarebbe giusto, tanto più in tempi di guerre contro i civili, misurarlo anche sulla quantità di energie, di beni, soprattutto di vite strappate al nemico; sul sangue risparmiato non meno che sul sangue versato”.
Biografia di Alda Costa nacque a Ferrara il 26 gennaio 1876 da Vincenzo e Caterina Zaballi. Diplomatasi – come la madre – maestra elementare, iniziò ad insegnare nel 1895 e nel settembre 1899 ottenne il ruolo di maestra comunale a Ferrara. Attratta dalle idee socialiste riformiste, iniziò la sua attività politica e sindacale all’interno del Psi promuovendo, nel 1905, la nascita della Federazione provinciale dei circoli socialisti ferraresi.
Costa Alda (1876-1944)-Maestra elementare
Nel 1907 entrò nella Federazione di Ferrara del Partito socialista italiano e collaborò al giornale socialista-riformista locale “Pensiero socialista”. La collaborazione con le principali testate di partito fu un elemento fondamentale della biografia di Alda, consapevole dell’importanza della stampa come strumento di riflessione e educazione alla politica. Nel 1913 fu tra i fondatori di “Bandiera socialista”, che divenne il giornale ufficiale sindacale e politico del socialismo riformista ferrarese. Da quell’anno Alda divenne collaboratrice di Gaetano Zirardini (nuovo segretario comunale) nel lavoro di direzione della Camera del Lavoro e della Federazione socialista locale.
Neutralista convinta, allo scoppio del primo conflitto mondiale diede vita ad una intensa propaganda antimilitarista organizzando dimostrazioni pacifiste delle donne nella provincia ferrarese.
Nel novembre del 1916 il Congresso socialista regionale del partito svoltosi a Bologna, la nominò responsabile della propaganda per la pace e dell’organizzazione femminile. Durante i lavori del Congresso, Alda intervenne a sostegno della scuola laica indispensabile strumento per formare le coscienze dei giovani e dei lavoratori. Inoltre svolse un ruolo attivo nelle agitazioni contro la guerra svoltesi nel Ferrarese a partire dal gennaio 1917. Questa sua decisa presa di posizione indusse la polizia a schedarla come “sovversiva pericolosa”. Gli attacchi contro la Costa si intensificarono quando il 26 gennaio 1917 si rifiutò di condurre i suoi allievi alla proiezione di un film di propaganda sulla presa di Gorizia. Nei numerosi articoli di giornale che uscirono sulla stampa locale contro di lei, accanto agli attacchi per la sua fede politica e le scelte antimilitariste, non si risparmiavano nemmeno le critiche alle sue scelte di vita privata, che la dipingevano come “una signorina stagionata”. A questi attacchi Alda rispose riaffermando la sua idea di educazione che doveva essere “fattrice” di pace e di sentimenti di umanità.
Nel 1917 entrò negli esecutivi della Federazione del Partito socialista italiano e della Camera del Lavoro di Ferrara.
Nel primo dopoguerra si scontrò da un lato con le donne rivoluzionarie e massimaliste del partito e dall’altro con il movimento squadrista fascista. Quando i maggiori dirigenti socialisti furono costretti all’esilio, Alda continuò, anche in forma clandestina, il suo impegno politico, sociale e di insegnante.
Nel 1925 rifiutò di sottoporsi, come maestra elementare, all’obbligo di salutare romanamente. Tale scelta ebbe come conseguenza la perquisizione della sua abitazione e, il 17 marzo 1926, prima la sospensione dall’insegnamento e poi il licenziamento.
Nell’autunno dello stesso anno Alda si trasferì a Milano dove venne arrestata e assegnata al confino per 5 anni, periodo che trascorse tra le isole Tremiti e la Basilicata (a Corleto Perticara in provincia di Potenza). Rientrata a Ferrara dopo un accorciamento della pena a soli 2 anni, non le fu comunque permesso di riprendere l’insegnamento e quindi fu costretta a chiedere il prepensionamento e a vivere dando lezioni private.
Durante la seconda guerra mondiale riprese i contatti con gli antifascisti della provincia, scelta che le costò nuovamente l’arresto nel 1942 e la condanna a un mese di reclusione e di torture per ottenere dettagli della lotta antifascista. Dopo il 25 luglio partecipò agli incontri che avrebbero condotto alla nascita del Cln ferrarese. Arrestata il 15 novembre del 1943, in seguito all’uccisione di un federale fascista, fu condotta nelle carceri di Copparo.
Morì di leucemia il 30 aprile 1944 e le fu negato anche il funerale per timore di manifestazioni e tumulti.
FONTI E BIBLIOGRAFIA
Fonti archivistiche
Archivio di Stato di Ferrara.
Archivio Storico Comunale di Ferrara.
Fonti iconografiche
Immagine del profilo: Marco Cazzola, Alda Costa. Scritti e discorsi (1905-1921), Ferrara, Spazio libri Editore, 1992.
Bibliografia
Antonella Cagnolati, La professionalità, la politica: Alda Costa, in Maternità militanti. Impegno sociale tra educazione ed emancipazione, a cura di Antonella Cagnolati, Roma, Aracne, 2010, pp. 115-129.
Marco Cazzola, Alda Costa. Scritti e discorsi (1905-1921), Ferrara, Spazio libri Editore, 1992.
La Maestra. Da Alda alla Clelia di Giorgio Bassani, a cura di Anna Quarzi, Ferrara, 2G Editrice, 2004.
Il movimento operaio italiano: dizionario biografico, 1853-1943, a cura di Franco Andreucci, Tommaso Detti, Roma, Editori riuniti, 1975, ad nomen.
La Fondazione Argentina Bonetti Altobelli è in via Marconi 69, 40122 Bologna. Per informazioni scrivere all’indirizzo mail info@fondazionealtobelli.it.
Costa Alda (1876-1944)-Maestra elementare
COSTA, Alda
Nacque a Ferrara il 26 genn. 1876 da Vincenzo e Caterina Zaballi. Conseguito il diploma di maestra elementare, svolse a partire dal 1895 una serie di supplenze in varie frazioni del Ferrarese (Marrara, Boara, Fondo Reno, Quacchio, Spinazzino), e partecipò al concorso magistrale del 20 marzo 1897 (una prova scritta, una lezione e un esperimento di pratica nei lavori femminili di cucito), risultando idonea.
Il Consiglio comunale di Ferrara la nominò insegnante elementare il 2 giugno 1899 con decorrenza 1º sett. 1899 e stipendio iniziale di mille lire. La miseria e la letterale denutrizione delle sue prime scolaresche furono sofferte e sentite dalla C. come un ostacolo all’apprendimento da rimuovere non soltanto con l’impegno professionale più rigoroso – che in lei non venne mai meno -, ma anche e soprattutto con l’azione sindacale e politica in favore delle classi diseredate.
Emblematico di questo suo modo di vivere l’esperienza scolastica può essere considerato il seguente passo, tratto da un articolo da lei pubblicato sul Pensiero socialista del 24 febbr. 1906: “Impartite … delle utili cognizioni, ci si ripete. Oh, non sapete dunque che le loro deboli menti di denutriti non riescono ad afferrare le più semplici fra le cognizioni! Che irrisione per voi poveri bimbi l’istruzione pubblica, gratuita, obbligatoria. Che irrisione e che crudeltà! Presentarvi un libro quando negli occhi, nel viso, in tutto il vostro misero corpicciolo non avete che un grido: “ho fame””.
Questo linguaggio deamicisiano spiega bene come l’inizio della carriera scolastica della C. abbia coinciso con la sua adesione alle idee socialiste (riformiste) e alla federazione ferrarese dei Partito socialista italiano. Nell’anibito di questa, la C. si dedicò con particolare impegno alla propaganda tra le donne, alla fondazione di circoli femminili socialisti nelle campagne e alla continuazione dell’attività femminista-classista svolta a Ferrara nel 1901-1902, prima della sua forzata emigrazione, dalla concittadina Rina Melli con il periodico Eva. Nel novembre 1905, quando i sindacalisti rivoluzionari conquistarono la maggioranza nella federazione socialista ferrarese, la C., quale delegata del circolo femminile di Portoverrara, aderì alla scissionista federazione provinciale riformista dei circoli socialisti e collaborò, come si e visto, al Pensiero socialista, suo organo ufficiale fino al riassorbimento della scissione (novembre 1906).
Ma la statura politica e culturale della gracile ed ascetica maestra ferrarese, forse superiore a quella di qualsiasi altro dirigente socialista della provincia, ebbe modo di manifestarsi appieno soltanto a partire dal momento (novembre 1913) in cui i riformistì riconquistarono la maggioranza nel movimento sindacale e pofitico del socialismo ferrarese. Allora la C. divenne la principale animatrice della Bandiera socialista, nuovo organo sindacale e politico del socialismo ferrarese da lei fondato in collaborazione con l’avvocato Francesco Baraldi, con lo studente universitario Fabio Petrucci e con un impiegato postale, e della ricostruzione del partito e della Camera del lavoro. Quando (1914) la direzione politica e sindacale del movimento fu assunta da Gaetano Zirardini, all’uopo fatto venire da Ravenna dai riformisti ferraresi, la C. ne divenne la principale collaboratrice, inaugurando un’amicizia che continuerà anche negli anni della dittatura fascista.
Particolarmente preziosa fu l’attività politica, sindacale, giornalistica, organizzativa della C. durante la guerra mondiale, che sottrasse al partito gran parte dei quadri maschili, e che l’animosa dirigente socialista ferrarese avversò in tutte le circostanze, fino al rifiuto di accompagnare i suoi scolari alle manifestazioni patriottiche: un rifiuto che essa teorizzò sulle colonne della Bandiera socialista in nome di una scuola umana e universale.
Membro, per tutta la durata del conflitto, degli esecutivi della federazione socialista e della Camera del lavoro, il 26 nov. 1916 la C. fu nominata, dal congresso regionale socialista di Bologna, responsabile, per la provincia di Ferrara, della propaganda per la pace e dell’organizzazione femminile del partito: due compiti il cui simultaneo assolvimento fu all’origine delle dimostrazioni pacifiste delle donne dei Copparese, dell’Argentano, del Bondenese e del Codigorese. Al congresso provinciale straordinario socialista del 23 sett. 1917 la C. presentò, insieme a Zirardini, l’ordine del giorno conclusivo contro la guerra e per l’unità proletaria internazionale. Il dopoguerra la vide disincantata e critica osservatrice delle facili illusioni rivoluzionarie e dell’ondata di massimalismo che dilagarono anche nella gracile federazione socialista ferrarese (1.458 tesserati nel 1919). La C. si assunse allora, ma senza successo, il compito di mettere in guardia i militanti contro il dominante ottimismo rivoluzionario della maggioranza, cui sfuggiva la reale natura del partito.
Lettrice attenta dell’Ordine nuovo, il 31 luglio 1920 osservò sulla Scintilla, organo della federazione ferrarese, in materia di preparazione della rivoluzione: “L’unico tentativo, quello di Torino per la costituzione dei consigli di fabbrica, ha naufragato fra l’indifferenza dei più e lo scetticismo della stessa direzione del partito”.
Di contro alla defezione di molti, tra i quali non pochi ex assertori della violenza rivoluzionaria, la C. restò impavida al suo posto di dirigente socialista dinanzi allo scatenarsi dello squadrismo fascista che non le risparmiò molestie ed umiliazioni. e in preparazione del XVIII congresso nazionale del partito (Milano, 10-15 ott. 1921) si schierò, coerente con il proprio dinamico ed attivo riformismo, con la frazione unitaria di C. Alessandri ed E. Musatti. Ormai costretti all’esilio in altre province i maggiori dirigenti del socialismo ferrarese, compreso Zirardini, la C. continuò la lotta contro il fascismo anche dopo la marcia su Roma, e lavorò, dopo la scissione dell’ottobre 1922, per entrambi i partiti socialisti, carteggiando con gli esuli in Italia e all’estero, organizzando riunioni clandestine e adoperandosi in favore dei detenuti politici.
Richiamata dai superiori nel dicembre 1925 perché si rifiutava di salutare romanamente, difese il suo comportamento scrivendo tra l’altro al sindaco di Ferrara: “Nessuno potrebbe credere alla sincerità di quell’atto, ed io ritengo, per l’altissima stima che ho dei miei superiori, che essi giudicherebbero l’atto ipocrita e me meritevole di disistima”.
La C. attirò nuovamente su di sé l’attenzione delle autorità con il contegno insofferente da lei tenuto durante la cerimonia del giuramento: subì allora una perquisizione domiciliare che ne rivelò la stretta collaborazione con il Partito socialista italiano, a seguito della quale fu sospesa dall’insegnamento (17 marzo), licenziata (7 agosto) e inviata al confino per cinque anni, successivamente ridotti a due (novembre 1926-novembre 1928). Trascorso alle Tremiti e in Basilicata il biennio di confino, la C., benché ripristinata nei suoi diritti dal Consiglio di Stato, dovette chiedere il pensionamento anticipato (1932) e chiudersi nella solitudine della sua casetta alla periferia di Ferrara.
Durante la seconda guerra mondiale, avendo intensificato i contatti con alcuni vecchi compagni, fu arrestata e tenuta in carcere per un mese. Dopo il 25 luglio 1943 partecipò, come rappresentante socialista, ad una serie di incontri interpartitici, che le costarono un nuovo arresto il 15 nov. 1943, a seguito dell’uccisione del federale repubblichino ferrarese Ghisellini. Trasferita dalle carceri di Ferrara a quelle di Copparo (provincia di Ferrara), morì di leucemia nell’ospedale di Copparo il 28 apr. 1944.
Il 15 maggio successivo l’edizione bolognese dell’Avanti! le dedicò un commosso articolo intitolato Un grave lutto del proletariato ferrarese, nelquale era scritto tra l’altro: “La consorteria agraria e fascista esulterà soddisfatta per la scomparsa della sua più implacabile accusatrice”.
Per la ricostruzione del profilo biografico sono rilevanti i seguenti contributi della C.: Un attimo di bontà, in Il Pensiero socialista (Ferrara), 21 ott. 1905; In iscuola (dal vero), ibid., 11 nov. 1905; La fata bianca (a proposito di beneficenza borghese), ibid., 30 dic. 1905; In casa vostra, ibid., 3 febbr. 1906; Refezione teatro e scheda, ibid., 24 febbr. 1906; Per essi, ibid., 3 marzo 1906; Quel giorno egli odiò, ibid., 31 marzo 1906; Né la culla né la tomba, ibid., 14apr. 1906; Dal vero. Figure dolorose, ibid., 14 luglio 1906; Relaz. politica della Federazione socialista provinciale, in La Bandiera socialista (Ferrara), 7 marzo 1915; Rinunce, mai, ibid., 4 giugno 1916; Nota–bene, ibid., 25 giugno e 9 luglio 1916; Verso il congresso socialista, 13 sett. 1919; Domando la parola, in La Scintilla (Ferrara), 24 luglio 1920, Attenti al timone, ibid., 31 luglio 1920; Per chiarire le idee, ibid., 7 ag. 1920; Lavoratori, salvate dal ciclone devastatore la fede e la coscienza socialista (in collab. con L. Morelli), 23 apr. 1921.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Casell. polit. centr., ad nomen;Ibid., Minist. dell’Int., Direz. gen. Pubbl. Sicur., Divis. Affari gen. e ris., 1917, busta 19; G. Bardellini, Social. ferrarese. Note sulle prime lotte oper. e dall’avvento del fascismo fino ai giorni nostri, Bologna 1963, pp. 21-29; A. Roveri, Dal sindacalismo rivoluzionario al fascismo. Capitalismo agrario e socialismo nel Ferrarese (1870–1920), Firenze 1972, pp. 186, 299, 309, 313, 328; P. R. Corner, Il fascismo a Ferrara 1915–1925, Bari 1974, pp. 112 s., 118, 286; A. Roveri, Le origini del fascismo a Ferrara 1918–1921, Milano 1974, pp. 43 ss., 72 ss., 89; J. Busoni, Nel tempo del fascismo, Roma 1975, pp. 107, 109, 111 s., 114, 116, 127 s., 158 s. e passim;A. Roveri, C. A., in Il Movim. operaio italiano. Dizionario biogr. 1853–1943, II, Roma 1976, pp. 106-109; G. Inzerillo, La maestra A. C., “vedetta sovversiva“. Una “storia“ ferrarese, in I Problemi della pedagogia, XXII (1976), pp. 1131-36; Id., A. C. e la fascistizzazione della scuola a Ferrara, ms. conservato presso l’Arch. dell’Istituto di storia contemporanea del movim. operaio e contad. di Ferrara.Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani –
Storia della filosofia occidentale e dei suoi rapporti con le vicende politiche e sociali dall’antichità a oggi –
AUTORE -Bertrand Russell
Descrizione-La “Storia della filosofia occidentale” di Bertrand Russell Vero è proprio capolavoro di sintesi e di chiarezza espositiva, si offre come un quadro completo dello sviluppo del pensiero filosofico, all’interno del quale i singoli pensatori sono collocati nel loro contesto storico e sociale a dimostrare che l’opera di un filosofo non sorge mai isolata, bensì riflette ed elabora le idee e i sentimenti che sono comuni alla società di cui fa parte. L’opera di Russell, priva di difficoltà terminologiche e di disquisizioni tecniche, rappresenta uno dei migliori e più conosciuti esempi di divulgazione filosofica.
Bertrand Arthur William Russell
Breve biografia di Bertrand Arthur William Russellnacque il 18 maggio 1872 a Ravenscroft (Galles). A causa della morte precoce dei suoi genitori venne allevato dalla nonna, scozzese e presbiteriana, sostenitrice dei diritti degli Irlandesi e contraria alla politica imperialista inglese in Africa. Ricevette la prima educazione da precettori privati agnostici, imparando perfettamente il francese e il tedesco, appassionandosi fin da subito, grazie alla ricca biblioteca del nonno, alla storia e soprattutto alla geometria di Euclide. Attraverso il pensiero del grande matematico dell’antichità, il piccolo Russell scoprì la bellezza e il rigore di quella disciplina, troppo spesso vista a torto come un’arida astrazione. La sua fanciullezza, tuttavia, non fu del tutto felice, almeno fino ai diciotto anni, quando entrò al Trinity College di Cambridge, posto magico che gli svelò “un mondo nuovo” e dove godette di “un periodo di infinita letizia”.
Fu, per un breve periodo, hegeliano e seguì la filosofia di Bradley, ma intorno al 1898 sotto l’influenza di G. E. Moore si liberò dell’idealismo e rientrò nell’empirismo, dottrina tradizionale della filosofia inglese. Molti e importanti sono i suoi contributi a questa concezione empirica e realista del pensiero, tra cui rimangono a imperitura memoria: “I problemi della filosofia” (1912), “La conoscenza del mondo esterno” (1914), “Misticismo e logica” (1918), “L’analisi della mente” (1921) e “L’analisi della materia” (1927).
Nel 1918, per aver scritto un articolo a favore del pacifismo, dovette scontare sei mesi di carcere dove scrisse la sua “Introduzione alla filosofia matematica”. Dopo la guerra fu in Russia e in Cina; dal 1938 visse e insegnò negli Stati Uniti. Nel 1940, a causa dello scandalo che le sue teorie etiche e sociali avevano suscitato, fu privato dell’incarico al City College di New York. Nel 1944 tornò a vivere in Inghilterra e ad insegnare al Trinity College dove completò una delle sue opere fondamentali: “La conoscenza umana, suo ambito e suoi limiti”. Nel 1950 Bertrand Russell ricevette il premio Nobel per la letteratura.
Spese gli ultimi anni della sua vita nella difesa dei suoi ideali etico-politici. Con grande coerenza e pagando di persona, fu sempre in prima linea contro ogni forma di sopruso. Si schierò contro le ingiustizie del capitalismo ma anche contro l’oppressione del bolscevismo, così come combattè sia l’antisemitismo che l’orrida applicazione dei crimini nazisti.
Pacifista convinto dal tempo del primo conflitto mondiale fino alla guerra del Vietnam, si batté negli anni ’50 insieme ad Albert Einstein contro gli armamenti atomici.
Strenuo difensore dei diritti umani e tenace sostenitore delle libertà dell’individuo fu ispiratore del cosiddetto Tribunale Russell istituito per denunciare le persecuzioni ideologiche e distintosi nella lotta per smascherare i crimini di guerra contro il Vietnam.
Bertrand Russell morì in Galles, nella notte di lunedì 2 febbraio 1970 presso la sua villa.
La Vaccheria di Roma-L’esposizione Arte e impegno sociale: l’8 marzo inaugura Glass Ceiling-
Roma-La mostra GLASS CEILING nello lo spazio espositivo La Vaccheria inaugurerà l’8 marzo 2025 alle ore 17:00 (fino al 12 aprile 2025) in occasione della Giornata Internazionale per i diritti delle donne e in coincidenza con la pubblicazione del Glass Ceiling index 2025. A cura di Wind Mill nello lo spazio espositivo La Vaccheria (situato nella zona Eur di Roma) sarà così possibile assistere ad una esposizione d’arte, performance e talk.
In occasione della Giornata Internazionale per i diritti delle donne, si inugura la mostra GLASS CEILING in coincidenza con la pubblicazione del Glass Ceiling index 2025. Il settimanale The Economist ha creato il Glass-Ceiling Index nel 2013, indicatore del soffitto
di cristallo in 29 paesi. Questo viene aggiornato annualmente elaborando i dati provenienti da varie organizzazioni, inclusa la Commissione europea.
Il progetto espositivo Glass Ceiling, vuole porre l’accento su questo tema poco conosciuto attraverso il lavoro di 35 artiste invitate le quali con le loro opere intendono promuovere una maggiore consapevolezza nelle donne circa le loro opportunità nella società in ambito
lavorativo e non.
Le 35 artiste del Women Visual Artists Database, progetto della no profit Wind Mill di Roma, sono tutte residenti sul territorio, ma hanno una origine internazionale che dà alla mostra un respiro multiculturale:
Il progetto si è ispirato anche alla ricerca dell’artista Lucia Sapienza sul tema “Una stanza tutta per sé” di Virginia Woolf.
Esiste un Glass Ceiling, metafora coniata nel 1978 da Marilyn Loden, anche nel mondo dell’arte. L’esigenza per le artiste e le donne, diventa quindi non solo avere una “stanza” ma far diventare il soffitto di cristallo il pavimento sul quale camminare.
La manifestazione avrà al suo interno eventi di grande interesse come l’Art Action Ecce Domina Glass Ceiling, che si svolgerà proprio in occasione dell’inaugurazione della mostra e alla quale parteciperanno le artiste:
Carolyn Angus, Evelyne Baly, Marina Buening, Fabiola Cenci, Petra de Goude,
Anita Guerra, Emanuela Lena, Roberta Maola, Camelia Mirescu,
Daniela Monaci, Mahshid Mussavi, Giulia Ripandelli, Anna Maria Rocchi,
Lucia Sapienza, Cinzia Tellarini.
Progetto DECLINAZIONE FEMMINILE/MASCHILE per il Women Visual Artists Database, Ecce Domina e Ecce Dominus performance che di volta in volta puntano l’accento su temi specifici.Il 16 Marzo alle ore 16,30 si terrà il Reading di Poesia dal titolo DONNE IN AZIONE E PAROLE #25, a cura di Patrizia Chianese, organizzato con Roma Centro Mostre, con la partecipazione
di:
Lucianna Argentino, Antonella Carfora, Enza Cigliano, Laura Colombo,
Rossana Coratella, Stefania Di Lino, Laura VdB Facchini, Raffaella Lanzetta,
Maria Teresa Laudenzi, Carolina Lombardi, Camelia Mirescu, Rossella Seller,
Maria Grazia Savino.
Il 21 Marzo alle ore 17,00 si terrà l’incontro con la scrittrice Tea Ranno, autrice di “Avevo un Fuoco dentro”, e l’artista australiana Viginia Ryan con le sue opere, moderatrice Laura VdB Facchini per parlare su “storia di un dolore che non si può dire”.
Ci saranno performance, talk, conferenze, in date ancora da definire, per concludere con il inissage e una performance gioiosa ed ironica dal titolo Stella tra le stelle di Francesca di Ciaula, il 12 aprile.
La mostra e gli eventi, action ect. saranno documentati da una pubblicazione in edizione digitale, scaricabile gratuitamente dal sito www.windmillart.it
Il Glass-Ceiling Index
Il settimanale The Economist ha introdotto nel 2013 il Glass-Ceiling Index, un indicatore che misura la presenza del cosiddetto “soffitto di cristallo” in 29 paesi. Questo indice viene aggiornato annualmente sulla base di dati provenienti da diverse fonti, tra cui la Commissione Europea. A partire da questa tematica ancora poco conosciuta, quindi, nasce il progetto espositivo Glass Ceiling, che intende sensibilizzare il pubblico attraverso le opere di 35 artiste.
Le loro creazioni mirano a stimolare una maggiore consapevolezza sulle opportunità delle donne nella società, sia in ambito lavorativo che in altri contesti. Le 35 artiste partecipanti fanno parte del Women Visual Artists Database, un’iniziativa della no-profit Wind Mill di Roma. Pur risiedendo tutte in Italia, le loro origini internazionali conferiscono alla mostra una prospettiva multiculturale, arricchendone il significato e il valore artistico.
Qui la lista delle artiste: Minou Amirsoleimani, Carolyn Angus, Evelyne Baly, Marina Buening, Priscilla Burke, Emanuela Camacci, Fabiola Cenci, Karmen Corak, Kristien De Neve, Francesca di Ciaula, Marilù Eustachio, Stefania Fabrizi, Stella Gallas, Anita Guerra, Fariba Karimi, Giusy Lauriola, Emanuela Lena, Carolina Lombardi, Adele Lotito, Roberta Maola, Camelia Mirescu, Patrizia Molinari, Daniela Monaci, Mahshid Mussavi, Elly Nagaoka, Gianna Parisse, Daniela Perego, Claudia Quintieri, Giulia Ripandelli, Paola Romoli Venturi, Lucia Sapienza, Silvia Stucky, Olga Teksheva Cinzia Tellarini, Laura Vdb Facchini.
Il Glass Ceiling nel mondo dell’arte
Il progetto trae ispirazione anche dalla ricerca dell’artista Lucia Sapienza sul tema Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf. Nel mondo dell’arte esiste il Glass Ceiling, termine coniato nel 1978 da Marilyn Loden, che rappresenta le barriere invisibili che limitano le opportunità delle donne. Per le artiste e le donne, dunque, la sfida non è solo quella di avere una “stanza”, ma di trasformare il soffitto di cristallo nel pavimento su cui camminare, abbattendo ogni ostacolo.
All’interno della manifestazione sono così previsti eventi di grande rilievo, tra cui l’Art Action Ecce Domina Glass Ceiling, che si terrà in occasione dell’inaugurazione della mostra e vedrà la partecipazione delle segeuenti artiste: Carolyn Angus, Evelyne Baly, Marina Buening, Fabiola Cenci, Petra de Goede, Anita Guerra, Emanuela Lena, Roberta Maola, Camelia Mirescu, Daniela Monaci, Mahshid Mussavi, Giulia Ripandelli, Anna Maria Rocchi, Lucia Sapienza, Cinzia Tellarini.
Alcuni eventi della mostra
Il progetto DECLINAZIONE FEMMINILE/MASCHILE per il Women Visual Artists Database comprende le performance Ecce Domina ed Ecce Dominus, ciascuna focalizzata su temi specifici che mettono in luce diverse prospettive di genere. Tra gli eventi in programma, il 16 marzo alle ore 16:30 si terrà il Reading di Poesia intitolato DONNE IN AZIONE E PAROLE #25, a cura di Patrizia Chianese, in collaborazione con Roma Centro Mostre, con la partecipazione di Lucianna Argentino, Antonella Carfora, Enza Cigliano, Laura Colombo, Rossana Coratella, Stefania Di Lino, Laura VdB Facchini, Raffaella Lanzetta, Maria Teresa Laudenzi, Carolina Lombardi, Camelia Mirescu, Rossella Seller e Maria Grazia Savino.
Il 21 marzo alle ore 17:00 si terrà invece un incontro con la scrittrice Tea Ranno, autrice di Avevo un fuoco dentro, e l’artista australiana Virginia Ryan, che presenterà le sue opere. La conversazione, moderata da Laura VdB Facchini, affronterà il tema “storia di un dolore che non si può dire”. Nel corso della manifestazione si susseguiranno performance, talk e conferenze, le cui date saranno comunicate prossimamente. L’evento si concluderà il 12 aprile con il finissage e una performance gioiosa e ironica intitolata Stella tra le stelle, a cura di Francesca Di Ciaula.
La mostra e tutti gli eventi, comprese le azioni performative, saranno documentati in una pubblicazione digitale, scaricabile gratuitamente dal sito www.windmillart.it.
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