Descrizione del libro di Elio Varutti- La Patria perduta-Aska Edizioni-La vicenda del Campo profughi di Laterina (AR), è stata solo accennata nei libri di argomento storico generale. Questo libro è una novità. Dal 1941 al 1943, sotto il fascismo, è un Campo di concentramento per prigionieri inglesi, sudafricani e canadesi. Sottoalimentazione e scarsa igiene nelle baracche provocano nei 2.500-3.000 prigionieri varie malattie debilitanti, come dissenteria e tifo. Poi per un anno il Campo è stato un reclusorio sotto la sorveglianza nazista. Dopo la liberazione, avvenuta nel 1944, a cura della VIII Armata britannica, si trasforma fino al 1946 in un campo di concentramento per tedeschi e repubblicani della RSI catturati al Nord. Dal 1946 al 1963, per ben diciassette anni, funziona come Campo profughi per italiani in fuga dall’Istria, Fiume e Dalmazia (per oltre 10mila persone), terre assegnate alla Jugoslavia col trattato di pace del 10 febbraio 1947. Sono italiani della patria perduta. Patiscono il freddo e la fame. Tra i più anziani di loro ci fu un alto tasso di suicidi. A Laterina giungono pure alcuni sfollati dalle ex colonie italiane. Non c’è un libro che tratti in modo specifico questi anni di vita quotidiana e di incontro-scontro con la popolazione locale, fino alla completa integrazione sociale, mediante qualche matrimonio misto (di solito: marito toscano e moglie istro-dalmata) e, soprattutto, col lavoro e con l’assegnazione delle case popolari ai profughi.
L’Autore-
Elio Varutti (Udine 1953) è laureato in Sociologia all’Università di Trento nel 1977. Ha collaborato con l’Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia (1980). Ha conseguito all’Università di Udine il diploma di perfezionamento in Storia (1998) e il diploma di Metodologia e linguistica delle lingue minoritarie (2006). Ha insegnato discipline economiche aziendali nelle scuole superiori in Friuli dal 1978 al 2016, anno della quiescenza. Giornalista pubblicista (1980-2020), ha collaborato per la redazione di Udine de «Il Gazzettino», 1977-1991 e con altre testate locali. È consigliere della Società Filologica Friulana dal 1995. Nel 2012 è stato nominato consigliere onorario del Comitato Provinciale di Udine dell’ANVGD e, dal 2017 al 2021, vice-presidente del
medesimo organismo. Dal 2017 collabora col Gruppo culturale “Alfredo Orzan” della Parrocchia di S. Pio X, Udine. Dal 2017 tiene il corso di “Sociologia del Ricordo. Esodo giuliano dalmata” all’Università della Terza Età (UTE) di Udine. Ha pubblicato vari saggi, come: Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia esuli in Friuli 1943-1960. Testimonianze di profughi giuliano dalmati a Udine e dintorni, Provincia di Udine, 2017.
Aska Edizioni
Aska edizioni viene fondata, nel 2001, dall’incontro di diverse esperienze nel settore dell’editoria, con l’obiettivo di fornire consulenza e servizi destinati ad imprese, organizzazioni ed enti locali.
Attraverso la società Inprogress Srl, l’attività spazia dai progetti editoriali a quelli multimediali, dal marketing territoriale e la comunicazione, alla distribuzione.
Aska è uno, cento percorsi, mille itinerari alla ricerca di radici e tradizioni di una cultura millenaria che mai come oggi, in un mondo sempre più globalizzato ed uguale, possono aiutare a valorizzare l’unicità dei nostri territori facendone scoprire i tesori forse meno conosciuti, ma certamente non meno belli e affascinanti di quelli più noti al turismo di massa. Una struttura, dinamica e flessibile, capace di ascoltare le esigenze dei propri clienti, garantendo loro un supporto concreto e qualificato nell’orientare le idee strategicamente. La casa editrice svolge un ruolo di documentazione e di valorizzazione del patrimonio culturale e territoriale sul piano nazionale e in particolare di una Toscana lontana dai “luoghi comuni”, realizzando volumi di gran pregio che hanno anche il grande merito di recuperare e tutelare una memoria collettiva, quasi delle microstorie che, altrimenti, rischierebbero di andare perdute.
Roma –Museo Storico della Fanteria-Mostra:Salvador Dalì, tra Arte e Mito-
Roma –Museo Storico della Fanteria-Mostra:Salvador Dalì, tra Arte e Mito-Sogno, realtà e un modo di raccontare il mondo che spazza via ogni logica per creare nuove strutture. Dal 25 gennaio al 27 luglio, Roma ospita Salvador Dalí, tra arte e mito, la mostra dedicata al grande maestro del surrealismo, organizzata da Navigare presso il Museo Storico della Fanteria dell’Esercito Italiano e allestita dal curatore di mostre internazionali Vincenzo Sanfo, con il supporto di un comitato internazionale. La mostra gode del patrocinio della Regione Lazio, di Roma Capitale – Assessorato alla Cultura e dell’Oficina Cultural de la Embajada de España
Circa 80 opere provenienti da collezioni private di Belgio e Italia – tra cui serie composte da numerosi pezzi – offrono un viaggio nell’arte e nel mito del genio di Salvador Dalí. Disegni, sculture, ceramiche, boccette di profumo, incisioni, litografie, documenti, libri e fotografie accompagnano il pubblico in un’immersione nell’universo daliniano, libero dalla rigidità delle regole, dove la realtà è costituita dai sogni.
A completare questo percorso, sono esposte anche opere di altri autori che hanno condiviso con Dalí l’idea di un’arte dal carattere onirico e surreale. Un evento che, per i lavori esposti, assume una straordinaria rilevanza a livello internazionale, celebrando non solo Dalí, ma anche l’intero panorama surrealista europeo.
“L’itinerario espositivo si sviluppa con un approccio antologico, partendo dai primi anni della carriera dell’artista e dal fondamentale incontro con figure come il poeta Federico García Lorca, rappresentato in mostra da inediti disegni surrealisti, e il regista Luis Buñuel, presente con spezzoni di film che hanno segnato il percorso creativo di Dalí – spiega il curatore Vincenzo Sanfo –. Questi legami hanno contribuito a plasmare il futuro di uno dei più grandi protagonisti dell’arte del Novecento. Il percorso continua attraverso tutte le fasi della produzione artistica di Dalí, fino alle ultime sperimentazioni oniriche degli anni finali della sua vita.”
Tra le opere in esposizione si trovano anche numerose litografie, comprese quelle legate ai lavori di García Lorca e alla Divina Commedia, incisioni a puntasecca, disegni, arazzi, sculture, oggetti in vetro, ceramiche, gioielli, oltre a una serie di fotografie, libri e documenti che arricchiscono ulteriormente la collezione.
“Questa mostra rappresenta, in un periodo così intenso di attività legate al Giubileo 2025, un’occasione unica per immergersi nel genio creativo di Dalí e nel contesto artistico e culturale del surrealismo, offrendo una prospettiva completa e affascinante su uno dei movimenti più influenti del secolo scorso, fornendo anche un’interessante testimonianza storica del sentire di quei tempi – aggiunge Salvatore Lacagnina, Responsabile di Navigare –. Un percorso in cui l’arte appare potente e immediata, che suscita forti emozioni nello spettatore, senza necessariamente essere un esperto. Un viaggio nel ‘bello’, per avvicinare e far appassionare a questo mondo chiunque varchi la soglia di ingresso al museo.”
Apertura: 25/01/2025
Conclusione: 27/07/2025
Organizzazione: Navigare
Curatore: Vincenzo Sanfo
Indirizzo: Piazza di Santa Croce in Gerusalemme, 7 – Roma
Orari:
Dal Lunedì al Venerdì: dalle ore 09,30 alle ore 19,30.
Sabato e Domenica: dalle ore 09,30 alle ore 20,30.
Ultimo ingresso trenta minuti prima della chiusura.
Costo biglietto:
€ 15,00 Biglietto intero WEEKEND E FESTIVI
€ 13,00 Biglietto intero Feriali
€ 10,00 Biglietto Ridotto (solo in biglietteria): TUTTI I GIORNI Giovani fino a 14 anni
Giornalisti, Universitari, Convenzioni
€ 10,00 Gruppi oltre 10 persone
€ 16,00 Biglietto Open Include ingresso salta la fila
€ 5,00 Scuole
Gratuito Bambini fino a 5 anni
Biografia di Salvador Dalì ,Pittore catalano (Figueras 1904 – ivi 1989). Artista tra i più incisivi del Novecento, dopo una breve parentesi nel gruppo surrealista ne fu escluso per le sue simpatie per i regimi di destra. In D. il surrealismo assunse un carattere individualistico, ironico e provocatorio (famose le trovate pubblicitarie e scandalistiche e i saggi autobiografici come Le journal d’un génie, 1964). Tra le opere più conosciute: Femme dormant dans un paysage (1931, Venezia, Fond. P. Guggenheim); La persistance de la mémoire (1931, New York, Mus. of modern art).
Vita e attività
Dopo studî burrascosi all’Accademia di Madrid, si rivolse con interesse alla pittura metafisica di G. De Chirico e di C. Carrà. Amico di Miró e Buñuel, accolto nel gruppo surrealista di Breton dal 1929, ne veniva escluso nel 1934 a causa delle sue simpatie per i regimi di destra. In D. il surrealismo ha sempre mantenuto un carattere individualistico, alternativamente ironico, problematico, onirico. Dell’attivismo surrealista egli ha dato una clamorosa versione personale, agendo apertamente con trovate pubblicitarie e scandalistiche e insistendo sul carattere morboso della sua figurazione, sostenuta da un’eccezionale abilità tecnica. Nel 1934 illustrava i Chants de Maldoror di Lautréamont e compiva un primo viaggio negli Stati Uniti. Nel 1937 un viaggio in Italia ridestava in lui l’interesse per la pittura del Rinascimento maturo e del Seicento. Nel 1940 si stabiliva negli Stati Uniti, dove ha continuato a passare gli inverni anche dopo il suo ritorno in Spagna nel 1948. Successivamente, nel decennio 1950-60, ha affrontato temi religiosi (Il Cristo di s. Giovanni della Croce, 1951, Glasgow, Art Gall.). D. ha pubblicato numerosi saggi teorico-critici e autobiografici: La femme visible (1930); The secret life of S. D. (1942); Manifeste mystique (1951); Le journal d’un génie (1964); Comment on devient Dalí (1973). Con Buñuel ha realizzato nel 1929 il primo film surrealista, Le chien andalou, e, nel 1930, L’âge d’or. Si è occupato di moda, di arredamento e ha anche disegnato gioielli. D. ha costituito anche due musei proprî: quello di Cleveland (1971) e il teatro-Museo di Figueras (1974), dove è stato sepolto. Oltre a quelle già citate, tra le sue opere più significative occorre citare: Symbole agnostique (1932, Filadelfia, Philadelphia Museum of art); Visage de Mae West (1934-35, Chicago, Art Institute); Girafes en feu (1936-37, Basilea, Kunstmus.).Fonte-Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani
Carmelo Pecora- Noi che siam stati partigiani-Uomini e donne della Resistenza
Edizioni del Loggione -Modena
Descrizione del libro di Carmelo Pecora- Noi che siam stati partigiani-Edizioni del Loggione -Modena-Noi che siam stati partigiani propone tre storie, una al femminile e due al maschile, tutte romagnole, e ambientate a non molta distanza o nei pressi della linea Gotica che fu, come è noto, l’ultimo baluardo tedesco e “repubblichino” contro le armate alleate che risalivano da sud per dilagare nella pianura Padana, e vide un’intensa attività partigiana con terribili orrori, stragi ed eccidi perpetrati dai nazifascisti. Raccontate, alternando la prima o la terza persona, le storie incrociano la grande storia dove trovano un posto degno. Ma eccone i protagonisti. Mario Bonazza, classe 1928, nome di battaglia Calipso, partigiano ravennate, di Marina di Ravenna per l’esattezza, combattente col leggendario comandante Bulow, Arrigo Boldrini, 28ª brigata Garibaldi. Sergio Giammarchi, forlivese, sale in montagna con Adriano Casadei per unirsi alla banda di Silvio Corbar. Nara Lotti, staffetta partigiana di Santa Sofia, si schiera, sull’esempio dei fratelli combattenti nella Resistenza, contro la prepotenza criminale dei nazifascisti: durissime ma letterariamente bellissime l’infanzia e la giovinezza di questa donna che non piegò mai la testa. (Dalla prefazione di Gianfranco Miro Gori)
Edizioni del Loggione srl
Via Piave, 60 – 41121 – Modena – Italy
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Roma- Museo Galleria Borghese-“C’era una volta”è un percorso di approfondimento condotto dal personale del museo e dedicato al ciclo delle volte dipinte che inizia martedì 4 febbraio e termina venerdì 11 aprile 2025.L’iniziativa nasce per valorizzare lo straordinario lavoro di riqualificazione della villa promosso dal Principe Marcantonio IV Borghese alla fine del Settecento (1770-1800). Un lavoro straordinario, poco conosciuto, che vide una radicale ristrutturazione dell’edificio e l’aggiornamento della decorazione interna.
Roma- Museo Galleria Borghese
L’incarico fu affidato all’architetto Antonio Asprucci (1723-1808), di grande fama e talento, uno dei primi ad introdurre a Roma il Neoclassicismo come stile architettonico. Asprucci, che si avvalse della collaborazione di una rinomata equipe di artisti italiani e stranieri, tra cui Gavin Hamilton, Tommaso Conca, Mariano Rossi, il quadraturista Giovan Battista Marchetti e altri, concepì le superfici degli ambienti come scenari per i marmi antichi e moderni già presenti nell’edificio. Le pareti si rivestirono di policromie a stucco marmoreo, i bellissimi camini seicenteschi furono sostituiti con altri detti “alla francese”, addossati al muro e ornati di materiali preziosi, e le volte furono scompartite da eleganti quadrature architettoniche, con preziose cornici a stucco e al centro quadri il cui soggetto era in stretto dialogo con il capolavoro posto al centro. Tutto il ciclo decorativo delle volte assumeva un carattere descrittivo, destinato all’ospite della Villa Pinciana, e volto ad esaltare la famiglia Borghese e le antiche origini.
L’iniziativa è gratuita e la prenotazione è obbligatoria chiamando il numero: 06 67233755 (da lunedì a venerdì, dalle 14.00 alle 17.00).
Le visite si svolgono dal martedì al venerdì.
L’appuntamento è alle ore 14.30 presso il banco Informazioni del museo, situato accanto alla Biglietteria. Il percorso dura circa 40 minuti e prevede la visita delle sale I, II e III.
L’ingresso al museo non dà diritto alla visita delle altre sale.
Museo Galleria Borghese-Piazzale Scipione Borghese 5, 00197 Roma, Italia Tel. +39 068413979 mail. ga-bor@cultura.gov.it pec. ga-bor@pec.cultura.gov.it Per acquisto biglietti: +39 06 32810
Il Museo Galleria Borghese custodisce ed espone una collezione di sculture, bassorilievi e mosaici antichi, nonché dipinti e sculture dal XV al XIX secolo. Tra i capolavori della raccolta, il cui primo e più importante nucleo risale al collezionismo del cardinale Scipione (1579-1633), nipote di Papa Paolo V, ci sono opere di Caravaggio, Raffaello, Tiziano, Correggio, Antonello da Messina, Giovanni Bellini e le sculture di Gian Lorenzo Bernini e del Canova.
Le opere sono esposte nelle 20 sale affrescate che, insieme con il portico e il Salone di ingresso, costituiscono gli ambienti del Museo aperti al pubblico. Oltre 260 dipinti sono custoditi nei Depositi della Galleria Borghese, collocati sopra il piano della Pinacoteca e allestiti come una quadreria. I Depositi della Galleria Borghese sono visitabili su prenotazione.
Per ragioni di sicurezza legate alla conformazione dell’edificio storico, l’accesso al Museo è regolamentato in turni di visita di due ore l’uno, per un massimo di 360 persone ciascuno, con uscita obbligatoria a fine turno.
da “Tutte le poesie“Mondadori- dalla Rivista Avamposto
Giovanni Giudici nasce il 26 giugno 1924 a Le Grazie (La Spezia). Vive per molti anni a Roma, dove si laurea in Lettere. Giornalista professionista dal 1° gennaio 1948, nel 1956 viene assunto alla Olivetti di Ivrea con l’incarico formale di bibliotecario, ma in realtà per dirigere, secondo la volontà di Adriano Olivetti, il settimanale «Comunità di fabbrica».
Mi chiedi cosa vuol dire
Mi chiedi cosa vuol dire
la parola alienazione:
da quando nasci è morire
per vivere in un padrone
che ti vende – è consegnare
ciò che porti – forza, amore,
odio intero – per trovare
sesso, vino, crepacuore.
Vuol dire fuori di te
già essere mentre credi
in te abitare perché
ti scalza il vento a cui cedi.
Puoi resistere, ma un giorno
è un secolo a consumarti:
ciò che dài non fa ritorno
al te stesso da cui parte.
È un’altra vita aspettare,
ma un altro tempo non c’è:
il tempo che sei scompare,
ciò che resta non sei te.
Il benessere
Quanti hanno avuto ciò che non avevano:
un lavoro, una casa – ma poi
che l’ebbero ottenuto vi si chiusero.
Ancora per poco sarò tra voi.
Dal cuore del miracolo
Parlo di me, dal cuore del miracolo:
la mia colpa sociale è di non ridere,
di non commuovermi al momento giusto.
E intanto muoio, per aspettare a vivere.
Il rancore è di chi non ha speranza:
dunque è pietà di me che mi fa credere
essere altrove una vita più vera?
Già piegato, presumo di non cedere.
La vita in versi
Metti in versi la vita, trascrivi
fedelmente, senza tacere
particolare alcuno, l’evidenza dei vivi.
Ma non dimenticare che vedere non è
sapere, né potere, bensì ridicolo
un altro voler essere che te.
Nel sotto e nel soprammondo s’allacciano
complicità di visceri, saettano occhiate
d’accordi. E gli istanti s’affacciano
al limbo delle intermedie balaustre:
applaudono, compiangono entrambi i sensi
del sublime – l’infame, l’illustre.
Inoltre metti in versi che morire
è possibile a tutti più che nascere
e in ogni caso l’essere è più del dire.
GIOVANNI GIUDICI
Quando piega al termine
Quando piega al termine l’età,
la nostra età, l’età del mondo, quando
aspettare il nulla che accadrà
è chiaramente un inganno – si mette al bando
volontario colui che il sorriso rifiuta
e non sopporta di essere vile
più, non chiede più complici e muta
persona diventa, facile preda ostile.
Ciao, Sublime
Tu, cosa della cosa
o Sublime.
Al di là della fine
e senza fine.
Senza principio
al di qua del principio.
Sublime – esser per essere.
Sublime – divenire.
Crisma dell’immanenza.
Sublime – stella fissa del durare.
Superfluità della coscienza.
Ciao, Sublime.
Ciao, Sublime.
Sublime che non si volta.
Sublime che non si ascolta.
Sublime senza prima
né ultima volta.
Io no – che sempre aspetto
il cominciare, l’apertura.
Io no – per poca fede.
Per poca paura.
Io – senza occhi per contemplarti.
Io che non ho ginocchi per adorarti.
Cosa della cosa.
Rosa della rosa.
Tu – rosa e cosa
ma senza le parole cosa e rosa.
Tu – non foglia che cresce
ma crescersi di foglia.
Tu – non mare che splende
ma splendersi del mare.
Tu – amore nell’amare.
Ciao, Sublime.
Ciao, Essere Umano semplicemente.
E io che passeggio con te.
Io che posso prenderti per mano.
Io che mi brucio di te
nel corpo, nella mente.
Maria de las angustias
Un massimo di impostura è inevitabile
Considerato quanto futile è il cuore:
Anche dalla finzione tuttavia il vero può nascere
Smascherata maschera all’incerto amore.
Egli fabbrica e notturno arzigògola
La via donde buscar el Levante:
A te sale e ti osa, Maria de las angustias,
Ti chiama presenza/assenza, essenza miracolante.
Ma tu per mano a angoli d’acque lo guidavi,
Che in ombre marezzavano le arcate discrete:
E lui con te così tortuosamente naturale
Nell’estraneità di quella quiete.
***
Maestra di enigmi
Affermate che basta una parola
E quella sola che nessuno ha –
Lei che trasvola via dalla memoria
Lucciola albale e falena
È nera spina di pena
Brùscolo a un occhio di storia –
Venisse al mio parlare
Èffeta e poi per sempre bocca muta
Al servo vostro stretto
Frugando sul sentiero
Dove non scende lume di pietà –
Se la felicità sia il nostro vero
O il nostro vero la felicità
L’amore dei vecchi
In una gloria di sole occidente
Vaneggi, mente stanca:
Inseguito prodigio non si adempie
Nell’aldiquà del fiore che s’imbianca
Ma tu, distanza, torna a ricolmarti
Tu a farti terra in questa ferma fuga
Mare di nuda promessa
Ai nostri balbettati passi tardi
E tu, voce, rimani
Persuàdici – un poco, un poco ancora
Nostro non più domani,
Usignolo dell’aurora.
Il mio delitto
Se scrivere era vivere
Vissuto fu lo scritto
Cercavo appena un’isola di spazio
Un silenzio un sorriso intorno a me
E blando vino e modica allegria
Un quieto conversare a lume spento
Esserne perdonato non sapendo
Il mio delitto
GIOVANNI GIUDICI
Breve biografia di Giovanni Giudici nasce il 26 giugno 1924 a Le Grazie (La Spezia). Vive per molti anni a Roma, dove si laurea in Lettere.Giornalista professionista dal 1° gennaio 1948, nel 1956 viene assunto alla Olivetti di Ivrea con l’incarico formale di bibliotecario, ma in realtà per dirigere, secondo la volontà di Adriano Olivetti, il settimanale «Comunità di fabbrica». Dopo un breve periodo trascorso a Torino, nel 1958 è nella sede Olivetti di Milano, dove lavora come copywriter nella Direzione pubblicità e stampa. Nel 1953 pubblica la prima raccolta di versi, Fiorì d’improvviso. La vita in versi, uscito nel 1965, lo impone definitivamente all’attenzione di lettori e critici. Negli anni successivi dà alle stampe Autobiologia (1969, Premio Viareggio), O beatrice (1972), Il male dei creditori (1977), Il ristorante dei morti (1981), Lume dei tuoi misteri (1984), Salutz (1986, Premio Librex-Guggenheim Montale), Prove del teatro (1953-1988) (1989), Fortezza (1990), Poesie (1953-1990) (1991), Quanto spera di campare Giovanni (1993), Empie stelle (1996), Eresie della sera (1999). Nel 2000 la sua opera poetica è raccolta nel Meridiano I versi della vita. Nel 2004 esce l’ultima raccolta, Da una soglia infinita. Prove e poesie 1983-2002. Muore a La Spezia il 24 maggio 2011.
Testi selezionati da Tutte le poesie (Mondadori, 2014) dalla RIVISTA «Avamposto»
«Avamposto»è uno spazio di ricerca, articolato in rubriche di approfondimento, che si propone di realizzare un dialogo vivo rivolto allo studio della poesia attraverso un approccio multidisciplinare, nella consapevolezza che una pluralità di prospettive sia maggiormente capace di restituirne la valenza, senza mai sfociare in atteggiamenti statici e gerarchizzanti. Ma «Avamposto» è anche un luogo di riflessione sulla crisi del linguaggio. L’obiettivo è interrogarne le ragioni, opponendo alla tirannia dell’immediatezza – e alla sciatteria con la quale viene spesso liquidata l’esperienza del verso – un’etica dello scavo e dello sforzo (nella parola, per la parola). Tramite l’esaltazione della lentezza e del diritto alla diversità, la rivista intende suggerire un’alternativa al ritmo fagocitante e all’omologazione culturale (e linguistica) del presente, promuovendo la scoperta di autori dimenticati o ritenuti, forse a torto, marginali, provando a rileggere poeti noti (talvolta prigionieri di luoghi comuni) e a vedere cosa si muove al di là della frontiera del già detto, per accogliere voci nuove con la curiosità e l’amore che questo tempo non riesce più a esprimere.
CONTATTI- RIVISTA «Avamposto»
Via Lupardini 4, 89121 Reggio Calabria (c/o Sergio Bertolino)
Roma-Dubutta all’Altrove Teatro Studio, SECONDO PIANO, spettacolo scritto da Andrea Giovalè-
ALTROVE TEATRO STUDIO
Roma-Dubutta in prima assoluta dal 7 al 9 febbraio, all’Altrove Teatro Studio,SECONDO PIANO, spettacolo scritto da Andrea Giovalè, Sara Mafodda e Michele Eburnea, con la regia di Michele Eburnea.
all’ Altrove Teatro Studio, SECONDO PIANO
all’ Altrove Teatro Studio, SECONDO PIANO
all’ Altrove Teatro Studio, SECONDO PIANO
Quante volte si torna con la memoria ai primi momenti di una relazione? Agli appuntamenti romantici, agli sguardi carichi di desiderio, ai gesti densi di imbarazzo? Secondo piano è lo specchio grottesco e deformante di quei ritorni, e racconta la storia di un divorzio consensuale in quattro appuntamenti. Le stesse emozioni, invecchiate e compresse in una cornice fredda e burocratica, costellano un lungo iter di attese e rimpianti, ricordi e contrasti, per capire se dallo sciogliersi di una relazione può davvero forgiarsi qualcosa di nuovo.
Ispirato a innumerevoli storie vere.
all’ Altrove Teatro Studio, SECONDO PIANO
all’ Altrove Teatro Studio, SECONDO PIANO
Secondo piano gioca in contropiede sulla familiarità di una relazione giovane, energica, viva, incastrandola in un luogo asettico e alienante come una stanza a caso del Comune, e tornando più volte, col pretesto della burocrazia e l’esercizio virtuoso del teatro, al momento tipicamente – ma non obbligatoriamente – drammatico della separazione.
Si crea quindi un triangolo fluido tra azione, luogo e tempo, all’interno del quale i meccanismi del racconto possono, a piacimento, fare da acceleratore, ostacolo, elemento di caos, dejavù, umorismo, coerenza, incoerenza e chissà cos’altro, alla ricerca del perfetto punto di equilibrio tra sereno e grottesco, emozione e imbarazzo, assurdo e banale.
SPETTACOLI
Venerdì ore 20
Sabato e domenica ore 18
Biglietti: Intero 15€_ Ridotto 10€
Altrove Teatro Studio – Via Giorgio Scalia 53, Roma
Per informazioni e prenotazioni: telefono 3518700413, email ipensieridellaltrove@gmail.com
L’Altrove Teatro Studio presenta una nuova stagione d’eccellenza
SOLO PEZZI DI BRAVURA!
In cartellone 20 spettacoli, tra nuova drammaturgia, debutti assoluti, grandi ritorni, concerti, eventi speciali, un concorso dedicato alle nuove scritture di scena e un ampio spazio alla formazione
L’Altrove Teatro Studio, nel cuore del quartiere Prati, da il via ad una nuova stagione proiettata verso la qualità e l’eccellenza artistica, il talento e la sperimentazione che si trasformano in realtà attraverso la scena, lo spettacolo dal vivo, la musica, i progetti innovativi.
“Solo pezzi di bravura!” è, infatti, il claim della nuova programmazione 2024-2025, che prevede un cartellone ancora più “di livello”, che concentra insieme nuovi talenti della scena contemporanea con maestri già notevolmente affermati, impegnati in progetti moderni, al passo con i tempi e le nuove tendenze, tra prosa, musica, drammaturgia contemporanea e formazione. Artisti che si riconoscono nell’anima e nello spirito creativo di questo luogo da abitare proprio come una “casa”, da chi il teatro lo fa, lo studia, lo vede.
L’Altrove Teatro Studio, fin dalla sua fondazione nel 2017, ha voluto essere per il pubblico romano, un luogo di salvezza dalla bruttura del mondo, un’occasione di cambiamento, un’isola felice dove tenere in vita il senti- mento della meraviglia.
Nel nome dell’eccellenza artistica, della qualita? degli spettacoli offerti e della didattica accademica, i direttori Ottavia Bianchi e Giorgio Latini hanno fatto si? che i migliori artisti della scena contemporanea nazionale e internazionale riconoscessero “Altrove” come riferimento imprescindibile nel panorama teatrale romano. Di conseguenza gli spettatori hanno con- fermato sempre piu? il patto di fiducia stretto con il teatro che e? stato inoltre il luogo prescelto dai giovanissimi per dare uno schiaffo in faccia alle lusinghe dei social in favore della scoperta del se? e dello studio serio e appassionato di una professione. Altrove e? stato infine lo spazio privilegiato dove coltivare le passioni che rendono la vita meno dolente, dove incontrare anime affini seppur nella diversita? di ognuno, tutti uniti, adulti e giovanissimi, artisti e spettatori, nel desiderio di rinascere.
“Attraverso il sentimento condiviso della gioia che, come una scarica di elettrica esaltazione, attraversa l’animo di chi varca la soglia di questo luogo magico, il teatro ci insegna che la sofferenza del vivere ci accompagna ogni giorno tranne che in alcuni brevi momenti nei quali riusciamo a mettere in pausa l’inquietudine occupandoci d’altro o di altre persone, agendo fuori dalla nostra realtà? che e? poi, nel bene e nel male, la nostra zona di comfort. In questi momenti possiamo ritrovarci uniti in una comunità? che non si riconosce nella “vacuita? della fuffa” o in un teatro autori- ferito e incurante dei bisogni del pubblico. Gli abitanti dell’Altrove non si lasciano abbindolare dall’inganno del nometto televisivo ma fanno una scelta in favore del talento attoriale e del saper fare che e? poi il filo rosso di tutti gli spettacoli in cartellone.
Per questo motivo, quest’anno, il nostro obbiettivo e? di rendere ancor piu? esplicita questa consapevolezza: se la mediocrità? del mondo mortifica le nostre aspettative, almeno “Altrove”, possiamo sempre trovare solo pezzi di bravura.”_ annotano i direttori artistici Ottavia Bianchi e Giorgio Latini.
Ventuno spettacoli, tra debutti assoluti, progetti inediti, prosa, musica, con un’attenzione particolare rivolta alla drammaturgia contemporanea, alle nuove scritture, a tematiche fortemente attuali, alle nuove voci e ai nuovi volti della scena teatrale, e non solo.
Un’offerta che punta alla qualità, più che alla quantità, con l’obiettivo di meravigliare il pubblico più variegato e soddisfare i più disparati gusti, sottolineando come lo spettacolo dal vivo sia un punto fermo per la crescita e l’arricchimento sociale, e il teatro un luogo da abitare costantemente, in cui poter crescere, divertirsi, imparare, confrontarsi.
Tanti i nomi in cartellone, tra interpreti e registi, volti noti del panorama teatrale italiano e giovani promesse: Ottavia Bianchi, Giorgio Latini, Livia Castiglioni, Patrizia Ciabatta, Giulia Santilli, Gianfranco Corona, Antonello Foddis, Giuseppe Ligios, Pierpaolo Palladino?, Giulia Gallone, Ottavia Orticello, Chiara Arrigoni, Francesca Caprioli?, Miana Merisi, Alessandra Corona, Guido Tuveri, Maria Assunta Calvisi, Loredana Piedimonte, Gabriele D’Angelo, Luca Mascolo, Valentina Martino Ghiglia, Veronica Rivolta, Federico Malvaldi, Michele Eburnea, Sara Mafodda, Mersila Sokoli, Andrea Giovalè, Nora Godano, Giorgio Cantarini, Agustina Risotto Interlandi, Jesus Emiliano Coltorti?, Ennio Coltorti?, Roberto Fedele, Viola Pornaro, Francesco Sala, Daniele D’Alberti, Chiara Meschini, Pietro Meschini, Sara Sileo, Ludovica Bove, Giacomo Ronconi, Donato Cedrone, Ferdinando Ceriani, Valentina Di Silvestro, Pino Cangialosi, Fabio Battistelli, Alessandro Cedrone, Gizem Aiture Cedrone, Marco Palmiggiani, Giacomo Ronconi.
Non mancherà, inoltre, la quarta edizione del concorso “Prosit! Nuove drammaturgie per un nuovo teatro”, uno spazio riservato esclusivamente alla prosa, ai nuovi autori e alle nuove idee, alla capacità di scrivere e raccontare storie contemporanee.
“Solo pezzi di bravura!” è una dichiarazione di intenti, una missione per diffondere qualità e talento in scena offrendo al pubblico una stagione piena di bellezza.
LA STAGIONE
Inaugura la stagione, l’8 novembre, un graditissimo ritorno, LE SORELLASTRE di Ottavia Bianchi con la regia di Giorgio Latini. Le Sorellastre è una commedia dai risvolti drammatici che racconta la storia di quattro sorelle Emma, Emilia, Elvira e Ughetta che, lontane e in cattivi rapporti da molti anni, sono improvvisamente obbligate a passare insieme ventiquattro ore in occasione della veglia alla morte della vecchia madre. Infatti è in ballo un’inaspettata eredità che permetterà alle Sorellastre di rimettere a posto alcuni aspetti della loro esistenza. L’eredità in palio diventa l’innesco di un vero e proprio gioco al massacro fatto di rappresaglie, antichi rancori e desideri di vendetta mai sopiti.
A seguire, il 17 novembre, ROSENCRANTZ?& GUILDENSTERN SONO MORTI liberamente ispirato all’omonimo testo di Tom Stoppard con Gianfranco Corona, Antonello Foddis, Giuseppe Ligios e la regia di Giuseppe Ligios. Un viaggio attraverso l’esistenza umana quello che i due protagonisti Rosencrantz e Guildenstern si trovano a compiere loro malgrado. Pochi i punti fermi in loro possesso, alquanto confusi se non assenti i ricordi sul passato recente, che riaffiorano con difficoltà, a partire dai loro stessi nomi. Unica certezza, e al contempo unica ragione di vita, sembra risiedere nel motivo del loro viaggio, la convocazione a Corte per “spigolare” sulle cause che hanno mutato drasticamente l’animo di Amleto, tanto da farlo sembrare pazzo.
Musica e teatro si abbracciano dal 29 novembre al 1 dicembre con LA BATTAGLIA DI ROMA, lettura scenica a cura di Alessia Sambrini?di e con Pierpaolo Palladino? e musiche dal vivo di Pino Cangialosi – pianoforte e percussioni Fabio Battistelli – clarinetto. In scena un attore solo, che racconta una storia da lui scritta in versi per rievocare una giornata emblematica, il 10 settembre 1943, due giorni dopo l’armistizio. Quel giorno fu combattuta a Roma la più grossa battaglia sul suolo nazionale tra l’esercito regolare italiano e le armate tedesche. I fatti storici e i sogni privati dei compagni d’arme sono rievocati in questo testo/racconto, partendo dalla descrizione delle strade bombardate dagli americani fino al luogo della battaglia, che ebbe il suo epicentro davanti alla porta di San Paolo.
Dal 6 all’8 dicembre appuntamento con A LITTLE GOSSIP?NEVER KILLED NOBODY di Chiara Arrigoni, ?con Giulia Gallone, Ottavia Orticello, Chiara Arrigoni dirette da Francesca Caprioli?.
Le protagoniste sono tre operaie: Klara, l’aspirante leader, Agnese, la pigra mediatrice, e Martha, quella nuova. Il lavoro in fabbrica è logorante, soprattutto per le donne, persino sciogliere i capelli durante l’orario di lavoro è un atto trasgressivo sottoposto a rigido divieto e sembra impossibile sognare qualcosa di più. Un giorno, però, succede qualcosa: Martha inizia una relazione clandestina con il loro capo e, da quel momento, le tre donne cominciano a ottenere dei piccoli miglioramenti sul lavoro, guidate dal sogno di Klara di una ribellione contro il sistema. Spettacolo vincitore del Premio scintille 2023.
Il 14 e il 15 dicembre è la volta di WHY, CLITENNESTRA, WHY? da “Clitennestra o del crimine” di Marguerite Yourcenar con Miana Merisi, Alessandra Corona, Guido Tuveri voce off Luigi Tontoranelli? e la partecipazione in video Federico Giaime Nonnis. Maria Assunta Calvisi dirige il testo è inserito in “Fuochi”, dove la Yourcenar ha raccolto una serie di prose liriche collegate dal tema dell’amore guardato sotto una lente dis- sonante che fa intravedere possibilità diverse di lettura. Nel caso di Clitennestra l’amore prende il sopravvento sulla vendetta. Lo spettacolo vuole affondare le mani in questo terreno scivoloso e si racconta con le parole, con l’intensità dei corpi, con le immagini suggestive proiettate a tutto schermo ma anche su corpi o oggetti con la tecnica del video mapping e con musiche originali intense e di grande contemporaneità.
Tornano per il consueto concerto natalizio, il 21 e il 22 dicembre, LE MANI AVANTI il coro diretto da Gabriele D’Angelo con il loro repertorio e ovviamente grandi classici natalizi, da White Christmas a Happy Xmas (War Is Over), passando per rivisitazioni originali come Jingle Bells in minore e una Carol of the bells al cardiopalma. Molti i brani in italiano, con grandi nomi del nostro cantautorato come Fossati, il duo Gazzé – Fabi, fino ad arrivare ai 99 Posse e La rappresentante di lista.
Apre il nuovo anno, dal 10 al 12 gennaio, in prima assoluta, UNA CULLA SBAGLIATA di Ottavia Bianchi ?con Ottavia Bianchi, Loredana Piedimonte e la regiadi Ottavia Bianchi e Giorgio Latini. Liberamente tratto dal best seller “Perché essere felice quando puoi essere normale?” della scrittrice britannica Jeanette Winterson e in parte autobiografico, lo spettacolo narra la storia di una vita difficile, quella di Jeanette. In bilico tra il fanatismo religioso della madre adottiva e la scoperta della vera sé stessa, la protagonista troverà il suo riscatto grazie all’amore per la letteratura e alla poesia. La strada per la ricon- ciliazione con i fantasmi dell’infanzia sarà lunga e tortuosa, passando per il funerale di una madre pazza, una casa piena di ricordi e la visita di una donna misteriosa che la aiuterà in questo percorso fino ad un finale imprevisto.
Luca Mascolo torna all’Altrove Teatro Studio, questa volta con un nuovo progetto su Vittorio De Sica, dal 17 al 19 gennaio, con VITTORIO DE SICA? Suspire ‘e vase, Museca ‘e passione? con al ?violoncello Donato Cedrone?, alla chitarra classica Valentina Di Silvestro?. A 50 anni dalla scomparsa di Vittorio De Sica, questo spettacolo vuole non solo omaggiare il Maestro del Neorealismo ma anche indagare il suo percorso; il fine dicitore che divenne attor giovane, poi celebrità del cinema anni ’30 e famoso interprete di tante canzoni. Questo spettacolo fatto di recitazione e musica, nell’arco di un’ora e poco più, racconterà alcuni momenti fondamentali nella carriera di Vittorio De Sica e farà conoscere meglio al pubblico il mondo attorno a De Sica. Scopriremo l’arte del suo tempo, le opere letterarie che l’hanno influenzato, l’amore per Napoli, la canzone d’epoca, le macchiette, i versi di Salvatore Di Giacomo, la Ciociara di Moravia, L’oro di Napoli di Marotta e Totò il buono di Cesare Zavattini.
Dal 24 al 26 gennaio, Valentina Martino Gghiglia porta in scena VACANZE DI GUERRAdi Ignasi Garcìa Barba? con la regia Ferdinando Ceriani. Berta è una guida turistica di un’insolita agenzia di viaggi che organizza visite turistiche nei paesi in guerra. Il testo di Ignasi Garcìa Barba, tra i più quotati autori spagnoli viventi, è spiazzante, esilarante e tragico al tempo stesso in cui i turisti/spettatori e la guida Berta interagiscono continuamente. L’offerta della giornata prevede una visita a un campo di rifugiati con pranzo al sacco e la possibilità di collocare con le proprie mani una bomba antiuomo. In un clima da tragicommedia in cui la risata si fa amara, si racconta di una madre di famiglia, moglie di un nullafacente, che ha dovuto accettare questo lavoro pur di dare un futuro ai suoi due figli.
Spazio poi, dal 31 gennaio al 2 febbraio, HINTERLAND, il nuovo spettacolo scritto e diretto da Federico Malvaldi? con Veronica Rivolta e Giulia Santilli. Un vecchio McDonald’s di periferia. Grassi saturi, minimo salariale e tagli di carne scadenti. La vita che passa tra le mura laccate del locale è quella di giovani squattrinati dal futuro incerto e di chi a malapena arriva alla fine del mese ma vuole comunque concedersi l’illusione di un pasto fuori casa. Lea lavora lì, in mezzo alla puzza di patatine fritte e detersivi, da quando aveva sedici anni e adesso ne ha quaranta. Un’esistenza nel girone infernale della miseria umana, dove bene e male sembrano solo un retaggio della lontana vita borghese: quella in cui Cassie, grazie alle sue abilità imprenditoriali era riuscita ad ottenere.
Dal 7 al 9 febbraio è la volta di SECONDO PIANO di Andrea Giovalè, Sara Mafodda, Michele Eburnea con Michele Eburnea, Sara Mafodda, Mersila Sokoli e la regia di Michele Eburnea. Quante volte si torna con la memoria ai primi momenti di una relazione? Agli appuntamenti romantici, agli sguardi carichi di desiderio, ai gesti densi di imbarazzo? Secondo piano è lo specchio grottesco e deformante di quei ritorni, e racconta la storia di un divorzio consensuale in quattro appuntamenti. Le stesse emozioni, invecchiate e compresse in una cornice fredda e burocratica, costellano un lungo iter di attese e rimpianti, ricordi e contrasti, per capire se dallo sciogliersi di una relazione può davvero forgiarsi qualcosa di nuovo.
Debutta in prima assoluta dal 14 al 16 febbraio, MINA spettacolo scritto e diretto da Livia Castiglioni? con Nora Godano? e le voci off di Livia Castiglioni e Simone Nebbia. Mina Harker nel nostro immaginario collettivo ha il volto delicato e diafano di Winona Ryder, nel celebre “Dracula di Bram Stoker” di Coppola. A volte è stata dimenticata, tagliata, resa marginale o a una indefinita entità denominata per l’occasione come una generica “moglie di Dracula”. Ma chi c’è sotto la maschera? Vogliamo indagare, tra suggestioni vampiresche e archetipi gotici.
Dal 21 al 23 febbraio, appuntamento con ALTROVE scritto e diretto da Agustina Risotto Interlandi? con Giorgio Cantarini,e Agustina Risotto Interlandi. Marzo 2020. Alan ed Eva si ritrovano chiusi in casa. Una coppia come tante si trova improvvisamente ad affrontare la convivenza forzata. Alan è il marito ideale, è attento, disponibile, mostra quella sicurezza che è spesso richiesta ad ogni uomo anche se non riesce del tutto a comprendere il mondo femminile di Eva e le sue fragilità. Tuttavia è disposto a qualsiasi cosa pur di renderla felice. Eva non è proprio la moglie ideale, ma sicuramente onesta nella sua antipatia e nel suo cinismo. Mentre in apparenza tutto scorre nella normalità, lentamente, ognuno inizia a rendersi conto della propria condizione di estrema solitudine e di come i confini della propria libertà siano, in questo momento, drasticamente dipendenti dalla volontà dell’altro.
Successivamente, dal 28 febbraio al 2 marzo va in scena GLENN GOULD, L’ULTIMA NOTA di Marilina Ciricillo ?con Jesus Emiliano Coltorti, la ?regia Ennio Coltorti e al ?pianoforte Andrea Bianchi?. La figura del famoso pianista canadese amato in tutto il mondo per le sue travolgenti esecuzioni/interpretazioni pianistiche; spesso anche criticate perché considerate da molti poco riverenti. Lo spettacolo è incentrato sull’aspetto umano di uno straordinario artista che, ancora giovane, decide di interrompere i suoi richiestissimi e affollati concerti per chiudersi nella sua residenza in Canada, nell’Ontario, e dedicare gli ultimi anni della propria vita solo ed esclusivamente alla ricerca del suono perfetto. Una rappresentazione che unisce l’anima di Gould all’anima dello spettatore.
Torna a grande richiesta, dal 7 al 9 marzo, COSA POTREBBE ANDARE STORTO commedia scritta e diretta da Giorgio Latini?, con Ottavia Bianchi, Patrizia Ciabatta, Roberto Fedele, Giorgio Latini?. Due improbabili ladri tentano di rapinare una banca, ma qualcosa non va secondo i programmi e si vedono costretti a barricarsi all’interno dell’edificio con due ostaggi. Comincia una trattativa con la polizia ma il direttore della banca riesce a liberarsi e li assale a tradimento. Di qui ha inizio un paradossale susseguirsi di avvenimenti in cui nulla è come sembra (nemmeno la rapina stessa) e l’inatteso confronto tra malviventi e presunte vittime porta ad una serie di situazioni sempre più comiche e al limite del surreale.
Spazio poi, dal 14 al 16 marzo, a LA SIGNORA SANDOKAN di Osvaldo Guerrieri con Viola Pornaro e la regia di Francesco Sala. La mattina del 26 Aprile 1911 “LA STAMPA” di Torino titolava in cronaca: Emilio Salgari si è ucciso a colpi di rasoio. Quanti sono a conoscenza dei particolari biografici e dell’immensa produzione di Emilio Salgari? Scrisse più di ottanta romanzi, circa cento racconti. Lascia con il suo gesto quattro figli e una moglie; Ida Salgari che sarà ricoverata nel Regio Manicomio, reparto indigenti. Ida parla con un’infermiera invisibile. Grida e implora, minaccia e prega. Apre squarci sulla vita intima dello scrittore, sull’alcol, il rapporto tormentato con gli editori, le sue mitomanie, le infedeltà. Una vita d’artista, straordinaria, immaginosa e vulnerabile, faticosa e disperata di cui Ida è cronista e testimone.
L’icona senza tempo Edith Piaf, è la protagonista di PIAF, spettacolo scritto e diretto da Federico Malvaldi con Veronica Rivolta, in scena domenica 23 marzo. Una donna troppo piccola, per una voce così grande. Questo dicevano di lei. E da questo aneddoto si sviluppa un racconto fatto di musica, amore, autodistruzione, disperazione e momenti di intensissima felicità. Al centro di tutto, oltre alla vita, ci sono le sue canzoni più celebri – Je Ne Regrette Rien, Padam Padam, Hymne A L’Amour – e soprattutto la sua voce vibrante e potente, capace di raggiungere picchi di intensità così alti da dimenticare che il corpo che la contiene sta lentamente morendo a causa di un’esistenza sregolata.
Ancora musica, domenica 29 marzo, con OCCHI CHIUSI IN MARE APERTO live con Daniele D’Alberti, Gabriele D’Angelo, Chiara Meschini, Pietro Meschini, Sara Sileo. Occhi Chiusi In Mare Aperto è un gruppo di cinque voci che si fondono in arrangiamenti pop originali. Nato nel 2017, il gruppo ha costruito la sua identità sperimentando stili e armonie che mettessero in risalto le caratteristiche particolari di ogni voce, alla ricerca di un suono d’insieme unico e riconoscibile. Arrangiare un pezzo, per Occhi Chiusi In Mare Aperto, è creare qualcosa di completamente nuovo a partire da ciò che esiste già. Talèa è il nome del primo album: descrive esattamente questo processo creativo che nasce dall’ispirazione ricevuta da un testo, una sensazione, un accordo, e culmina nell’abbandonarsi a occhi chiusi al flusso musicale che ne scaturisce.
Dopo il successo della scorsa stagione, torna in scena il 4 aprile, MORRICONE OLTRE LA PELLICOLA. Le musiche del Maestro Ennio Morricone nella letteratura italiana da un’idea di Luca Mascolo con il ?Quartetto “Refice”?. La musica del Maestro Ennio Morricone ha raggiunto nel corso degli anni una fama e un consenso planetari. Ma c’è qualcosa di più: liberate dal loro ruolo di “colonne sonore” infatti, quelle composizioni evocano temi archetipici della vita di ognuno di noi: l’amore, il viaggio e il confronto con le forze della natura, la vastità del creato che ci circonda, la vendetta. E se per un attimo dimenticassimo i film a cui queste musiche sono legate e provassimo ad abbinarle con alcune pagine della letteratura italiana classica e contemporanea? Parole di secoli fa brillano, tornano a nuova vita e sembrano incastrarsi alla perfezione nelle “scenografie musicali” create dall’arte di Morricone.
Chiude la stagione, il 13 aprile, BEAT GENERATION di Giorgio Latini? con Ottavia Bianchi, Ludovica Bove, Giorgio Latini e alla chitarra Giacomo Ronconi.
Nel 1940 l’incontro tra Jack Kerouack e Allen Ginsberg genera un movimento che quattro anni più tardi prenderà il nome di Beat Generation e culminerà nel 1951 con la scrittura del libro cult “On the road”. Gli ideali della Beat Generation sono il rifiuto della violenza e delle regole della vita convenzionale, la liberazione sessuale e delle droghe. Da qui nascerà il beat, ovvero il movimento musicale che si origina proprio nei primi anni ’60. Attraverso le voci di Ottavia Bianchi, Ludovica Bove e Giorgio Latini, accompagnate alla chitarra da Giacomo Ronconi, torneremo al periodo tra la fine degli anni ’50 e il 1969. Riascolteremo i brani noti e meno noti della “Brit Invasion”: i Beatles e i Rolling Stones ma anche il folk americano fino alla musica psichedelica che saranno lo sfondo per il successivo grande movimento sociale degli hippie.
Anche quest’anno, non mancherà PROSIT! La quarta edizione del concorso “Nuove drammaturgie per un nuovo teatro”, uno spazio riservato esclusivamente alla prosa, ai nuovi autori e alle nuove idee, alla capacità di scrivere e raccontare storie contemporanee (3 maggio).
L’Altrove Teatro Studio è, infine, attento alla formazione con l’Accademia di Arte Scenica, i corsi di teatro professionali e semi-professionali, i corsi di teatro ragazzi, corsi di canto, di dizione e linguaggio para verbale e pianoforte.
Biglietti: Intero 15 euro – Ridotto 10 euro – Tessera 2 euro
Abbonamenti:
MUSICA E DANZA 72 euro (8 spettacoli)
PROSA 152 euro (19 spettacoli)
STAGIONALE 168 euro (21 spettacoli)
CARNET 90 euro (10 ingressi)
ALTROVE TEATRO STUDIO
Via Giorgio Scalìa, 53
ipensieridellaltrove@gmail.com
MP 351 8700413
www.altroveteatrostudio.it
Ancona-L’Anfiteatro romano entra nella rete dei Musei Italiani.- Soprintendenza Archeologia delle Marche-
Ancona-L’Anfiteatro romano
L’Anfiteatro romano di Ancona entra ufficialmente a far parte della rete nazionale dei Musei Italiani, sotto la gestione della Direzione regionale Musei delle Marche, guidata da Luigi Gallo. L’anfiteatro sarà aperto al pubblico a partire dalla metà di aprile, per offrire ai visitatori un’ulteriore opportunità di scoprire il patrimonio storico della città. Grazie alla possibilità di combinare la visita al Museo Archeologico Nazionale delle Marche con l’Anfiteatro, il pubblico potrà così vivere un’esperienza immersiva nel fascino del mondo antico.
La Direzione Musei ha l’obiettivo di garantire un programma di aperture settimanali all’anfiteatro a partire da metà aprile, per rendere accessibile l’area archeologica più significativa del capoluogo marchigiano.
“Nel corso degli ultimi anni”, ha dichiarato Luigi Gallo, “la Direzione Regionale Musei Nazionali Marche ha posto particolare cura nella valorizzazione delle sedi espositive e delle collezioni in esse contenute, intreccio di vicende e opere che contribuiscono in modo rilevante alla storia del patrimonio e dell’identità regionale. L’Anfiteatro romano è un importante tassello di questo percorso e restituisce ai cittadini e ai visitatori di Ancona lo spaccato di un periodo cruciale della storia della città Dorica; un lavoro che proseguirà nel corso dei prossimi mesi con l’elaborazione di un ampio progetto di restauro e valorizzazione del monumento antico, rendendo accessibili tutte le sue particelle, per offrire una visione quanto più completa e stratificata della città resa ulteriormente possibile dalla prossimità con il Museo Archeologico nazionale, dove poco più di un anno fa è tornata visibile una rinnovata sezione museale dedicata all’età romana”.
Anfiteatro romano di Ancona-
L’anfiteatro romano è stato realizzato nel periodo augusteo (fine I sec. a.C. – inizi I sec. d.C.) sulla sella collinare che sovrasta il porto e la città antica di Ancona; la morfologia del pendio ha condizionato la forma dell’ellisse non perfettamente regolare con asse maggiore che misura circa 93 metri (corrispondenti alla misura romana di mezzo stadio), l’asse minore di 74 metri (cento gradus) e l’arena di 52 metri (un actus e mezzo). La cavea, sviluppata su oltre venti gradinate disposte su tre ordini, poggiava in parte sulla roccia marnosa – tagliata per accogliere la struttura – e in parte su volte cementizie costruite in elevato.
Ancona-L’Anfiteatro romano
Si può calcolare che l’anfiteatro potesse accogliere fino a 10.000 spettatori e ciò suggerisce che l’edificio fosse destinato sia all’utenza cittadina sia a quella del contado, se non anche delle cittàromane più vicine. Le tecniche costruttive dell’anfiteatro di Ancona sono molteplici, spesso in mescolanza tra loro, a
testimoniare sia alcuni “ripensamenti” in corso d’opera, sia fasi edilizie successive. Dopo l’abbandono in età tardo antica (IV d.C.), venne utilizzato come cava di materiali e, a partire dal XIII secolo, come base per nuove costruzioni che ne hanno nascosto la struttura. L’arco di ingresso ingloba, probabilmente, la porta monumentale di accesso all’acropoli di epoca greca che, anche per la sua valenza culturale, fu gelosamente conservata dall’architetto di età augustea.
Adiacente all’anfiteatro è stato scavato parte di un complesso termale – un vasto ambiente (frigidario) con vasca rivestita di lastre di marmoree, pavimento a mosaico con iscrizione che menziona i duo viri della colonia augustea, da poco costituita, e pareti affrescate, e altri ambienti con resti del sistema di riscaldamento termale, eretti sopra un precedente lastricato stradale. Il rifugio Birarelli – rifugio antiaereo del carcere di santa Palazia (o “tunnel della morte “), fu costruito nei primi anni Quaranta dai detenuti del carcere. Concepito a protezione degli stessi detenuti, oltre che del personale del carcere, il rifugio fu un realtà aperto anche alla cittadinanza, e in particolare agli abitanti del quartiere Guasco – San Pietro; per questo era diviso in due parti da un piccola porta che separava i detenuti dalla popolazione. Durante il bombardamento della novembre 1943 il rifugio fu colpito da quattro bombe sganciate da bombardieri dell’Aviazione dell’esercito degli Sati Uniti, almeno due delle quali ebbero effetti sulle circa mille persone che in quel momento si trovavano all’interno, inclusi molti bambini e le orfànelle dell’Istituto Birarelli: i morti furono più di settecento (mai nella storia della guerra aerea si sono contate tante vittime civili in seguito a un bombardamento su un rifugio anti aereo). Il tunnel è stato riaperto nel novembre del 2013, a settanta anni da quei fatti, e al suo interno contiene anche preziose testimonianze di età romana.
ORARI: Segreteria Soprintendenza Archeologia delle Marche tel.071 50298202 -dal lunedi al venerdi ore 10.00-12.00 Prenotazioni per Gruppi superiori alle 20 unità
Agenzia NEV-500 anni di Anabattismo. Celebrazioni e iniziative in Italia
Roma (NEV), 21 gennaio 2025 –500 anni di Anabattismo, Il 21 gennaio 1525 nasceva a Zurigo il movimento Anabattista. Appartenente alla cosiddetta ala radicale della riforma, distinta dalla Riforma magistrale di Lutero, Calvino e Zwingli, gli anabattisti furono egualmente perseguitati da cattolici e protestanti per la loro pratica del battesimo degli adulti, o meglio dei credenti. Il loro supplizio, per tragica ironia, consisteva nell’annegamento.
500 anni di Anabattismo. Celebrazioni e iniziative in Italia
Cos’è il battesimo dei credenti? Lo abbiamo chiesto al Anabattismoautore fra l’altro della SCHEDA nev sugli Anabattisti.
Raffaele Volpe è stato Presidente dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (UCEBI) e attualmente è Segretario del Dipartimento di Teologia della stessa UCEBI.
Il battesimo dei credenti è “la possibilità di rispondere sì al sì di Dio. Quindi, è la confessione pubblica della propria fede all’interno della comunità. Battesimo dei credenti indica quell’età alla quale si ha consapevolezza, comprensione della propria fede e la si può confessare. Non c’è un limite minimo o massimo” ha detto Volpe.
Anche in Italia si celebra il Cinquecentenario del movimento anabattista, proprio per iniziativa dell’UCEBI. Sul motivo per cui a festeggiare questa ricorrenza sono, in modo particolare, i battisti, Volpe ha dichiarato: “In qualche modo noi ci sentiamo nipoti di questo movimento, in cui si ritrovano molte caratteristiche che si trovano anche nei battisti: il battesimo dei credenti, come abbiamo detto, la dimensione della comunità locale, l’assenza totale di gerarchie. Quindi il battismo, anche soltanto idealmente, si riconosce nell’Anabattismo”.
Il primo appuntamento ufficiale di questo 500° anniversario è per sabato 25 gennaio, con l’incontro con il pastore Raffaele Volpe su attualità dell’anabattismo.
Curato dall’Associazione delle Chiese battiste del Nord-Est, l’incontro si terrà presso la Chiesa battista di Marghera, via Canetti 25 – via Rinascita 24, a partire dalle 15.30 (vd. volantino allegato: 25 gennaio 2025 – L’attualità dell’Anabattismo).
Il 9 marzo, un nuovo appuntamento a cura dell’Associazione lombarda delle Chiese battiste, presso la Chiesa battista di via Pinamonte a Milano, dal titolo “Ricordare per agire, agire per sperare” (vd. volantino allegato). A seguire, da aprile in poi, sono in calendario anche altri incontri in tutta Italia.
Le celebrazioni per i 500 anni del movimento anabattista coinvolgono anche avventisti e pentecostali e l’UCEBI sta lavorando insieme a loro per una sorta di “Triennio sull’anabattismo”.
Come ha spiegato Volpe, c’è “una matrice comune fra battisti, avventisti, pentecostali, chiesa dei fratelli – rappresentata in questo caso dal GBU (Gruppo biblico universitario, la casa editrice). Stiamo sviluppando questo appuntamento su tre anni, partendo proprio dal 21 gennaio. Ricorre proprio oggi quel primo battesimo, di quindici credenti, che simbolicamente rappresenta l’inizio del movimento.
La cosiddetta Confessione di Schleitheim, o “Fraterno accordo di alcuni figli di Dio riguardo a sette articoli” (1527). Immagine tratta dalla Storia dell’anabattismo vol.1 Dalle origini a Münster (1525-1535) di Ugo Gastaldi, ed. Claudiana
Fu durante un culto serale a casa di Felix Mantz, che venne poi condannato e annegato qualche anno dopo nel lago di Zurigo. Concluderemo poi ricordando la famosa confessione di Schleitheim del 1527, riflettendo sull’essere comunità che nascono e si riconoscono intorno a una confessione di fede, a un ordinamento, a un’idea di chiesa”. In collaborazione con queste altre chiese sono previsti due simposi, il cui programma è in fase di definizione.
Nel 2010 la Federazione luterana mondiale (FLM) e la chiesa mennonita, la maggiore denominazione nata dall’anabattismo ancora esistente, hanno condiviso un percorso di riconciliazione. L’Assemblea della FLM infatti votò all’unanimità un documento di richiesta di perdono, sia per le persecuzioni del Cinquecento, sia per aver sottovalutato nei secoli successivi quei fatti. Il documento era stato redatto da una commissione di studio congiunta luterano-mennonita riunitasi dal 2005 al 2009 e portò fra l’altro a modificare gli articoli della Confessione di Augusta, base dell’espressione di fede luterana, che condannavano il movimento anabattista.
Fonte-Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
Scheda curata dal pastore battista Raffaele Volpe
Raffaele Volpe è stato Presidente dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (UCEBI) e attualmente è Segretario del Dipartimento di Teologia della stessa UCEBI.-Il movimento anabattista nasce nel 1525, nell’ambito di quei processi di riforma della chiesa che ebbero inizio nel 1517 a Wittenberg ad opera dell’ex-monaco Martin Lutero. Il 21 gennaio 1525, dopo un estenuante braccio di ferro con le autorità riformate di Zurigo, un gruppo di persone, perduta ogni speranza di vedere riconosciuta la loro libertà religiosa, decise di compiere un atto che Zwingli, padre della riforma di Zurigo, definì ‘la parola d’ordine di uomini sediziosi’. Quell’atto fu il battesimo dei credenti! Durante un culto serale a casa di Felix Mantz, condannato e annegato qualche anno dopo nel fiume Limmat, quindici persone ricevettero il battesimo dei credenti. L’origine del nome ‘anabattisti’, che significa ‘ribattezzatori’, è legata a questo evento battesimale e fu utilizzato in modo dispregiativo da coloro che li perseguitarono.
Qualche anno dopo, ma senza alcuna diretta relazione con gli eventi zurighesi, nacquero in Germania e nei Paesi Bassi altri movimenti anabattisti, ragion per cui è opportuno ricordare che la storia delle origini anabattiste non può limitarsi alla domanda su dove ebbe inizio questo movimento, ma deve dedicarsi allo studio delle sue origini plurali. La pluralità delle sue origini è alla base di una sua pluralità teologica che ha comportato posizioni anche antitetiche in merito a svariate questioni; ad esempio, sull’atteggiamento che la chiesa deve avere nel suo rapporto con il potere secolare, si possono identificare almeno tre posizioni: 1. Un cristiano fa parte di una realtà minoritaria e perseguitata che rifiuta l’uso della spada e non partecipa alla vita politica (i Fratelli svizzeri e gli Articoli di Schleitheim); 2. Un cristiano può partecipare alla vita politica perché un governatore cristiano governerà meglio di un governatore non cristiano (Balthasar Hubmaier); 3. Un cristiano che ha una responsabilità politica non può usare la forza della spada per difendere la chiesa (Pilgram Marpeck).
Tuttavia, le differenti posizioni, anche se in alcuni casi crearono delle divisioni, il più delle volte diedero vita a dialoghi costruttivi che produssero una forma di ‘meticciato teologico’. Il resto dell’opera, invece, fu compiuto dalla persecuzione che fu generalizzata (coinvolse luterani, riformati e cattolici) e metodica, costringendo i gruppi sopravvissuti a ritirarsi in comunità separate.
500 anni di Anabattismo
La più antica chiesa mennonita in Pennsylvania, immagine tratta da Protestantesimo nei secoli. Fonti e documenti. Vol. 1: Cinquecento e Seicento. di Emidio Campi, ed. Claudiana
Sopravvissero due rami dell’anabattismo: i mennoniti (da Menno Simons) e gli hutteriti (da Jakob Hutter) e la ragione fu preminentemente politica: i mennoniti nei Paesi Bassi e gli hutteriti in Moravia trovarono governatori più tolleranti.
Oggigiorno, quasi tutti gli hutteriti vivono nel Canada occidentale e nelle Grandi Pianure settentrionali degli Stati Uniti. Mentre i Mennoniti, la comunità più numerosa, vive soprattutto negli Stati Uniti, sulle coste caraibiche in Honduras, in Paraguay (soprattutto tra i discendenti degli immigrati tedeschi) e in Canada. In realtà, c’è un’altra comunità anabattista sopravvissuta, gli Amish (da Jakob Ammann), nati da una costola più conservatrice all’interno della comunità anabattista svizzera. La stragrande popolazione amish vive negli Stati Uniti.
La teologia anabattista nasce dall’elaborazione di un’esperienza di oppressione e di persecuzione. È una teologia di un gruppo marginalizzato e assume sia aspetti di resistenza sia toni profetici nei confronti del ‘mondo’. Questi sono i temi principali di questa teologia: 1. L’unità tra fede e vita: l’esperienza della salvezza per mezzo della grazia avviene, a livello individuale, con la nuova nascita. Qui si colgono gli intrecci essenziali tra il battesimo dei credenti, il discepolato e una vita vissuta alla luce del potere trasformativo dello Spirito alla luce di Romani 12; 2. La chiesa visibile: è nella comunità locale che il perdono, il discernimento e la responsabilità vengono amministrati come doni di Dio. Qui si colgono gli intrecci essenziali tra la condivisione dei beni, l’esperienza religiosa dell’abbandono e il senso di disciplina alla luce di Matteo 18; 3. La missione: la chiesa è discepola di Dio nel mondo, sia con l’annuncio del Vangelo sia attraverso la trasformazione dei conflitti. Qui si colgono gli intrecci essenziali tra la resistenza non violenta, l’impegno per la pace e la denuncia di forme di oppressione e di discriminazione alla luce del sermone sul monte (Matteo 5-7).scheda curata dal pastore battista Raffaele Volpe
Fonte-Servizio stampa della Federazione delle chiese evangeliche in Italia via Firenze 38, I-00184 Roma tel. (+39) 06 4825 120 – (+39) 06 483 768
Il 15 gennaio del 1914 nasceva Etty Hillesum, la scrittrice olandese di origini ebraiche morta ad Auschwitz il 30 novembre del 1943. La pubblicazione, da parte di Adelphi, dell’edizione integrale prima del Diario e ora delle Lettere ci permette di conoscere da vicino la vita e il pensiero di questa straordinaria donna, che, quanto più la realtà intorno a lei si faceva orribile e insostenibile, tanto più seppe immergersi nella sua interiorità, scoprendone le profondità e le ricchezze ineusaribili e traendone la forza per amare chiunque incontrava.
L’incalzare della storia e della persecuzione nazista la distolsero progressivamente dai suoi amati studi, la letteratura russa e Rilke su tutti, portandola a scegliere in libertà di operare a Westerbork, il centro dove i tedeschi raccoglievano gli ebrei prima di mandarli a morire ad Auschwitz. Lei stessa, il 7 settembre del 1943, fu caricata su un convoglio diretto al lager insieme al padre, alla madre e al fratello Mischa.
Non esiste modo migliore di ricordarla, nel centenario della nascita, che leggere e meditare la sua storia, ben tramandata nei due volumi citati. È quello che vogliamo fare in questo spazio, lasciandole la parola. Ascoltiamo la sua voce, tratta dalle Lettere (Adelphi), immaginandola mentre si aggira per il campo di Westerbork a consolare e incoraggiare, senza che il sorriso si spegnesse mai sulle sue labbra.
«Arrabbiarsi ed essere scontenti non è produttivo; soffrire davvero per qualcosa è produttivo, e precisamente perché nella scontentezza, nell’arrabbiarsi c’è una passività attiva, mentre nella sofferenza c’è un’attività passiva».
«Questo momento storico, così come lo stiamo vivendo adesso, io ho la forza di sostenerlo, di portarlo tutto sulle mie spalle senza crollare soto il suo peso, e posso perfino perdonare Dio, che le cose vadano come devono andare. Il fatto è che si ha tanto amore in sé, da riuscire a perdonare Dio!!!».
«Io credo che dalla vita si possa ricavare qualcosa di positivo in tutte le circostanze, ma che si abbia il diritto di affermarlo solo se personalmente non si sfugge alle circostanze peggiori. Spesso penso che dovremmo caricarci il nostro zaino sulle spalle e salire su un treno di deportati».
«Se noi dai campi di prigionia, ovunque siano nel mondo, salveremo i nostri corpi e basta, sarà troppo poco. Non si tratta infatti di conservare questa vita a ogni costo, ma di come la si conserva. A volte penso che ogni nuova situazione, buona o cattiva, possa arricchire l’uomo di nuove prospettive».
«Ma la ribellione che nasce solo quando la miseria comincia a toccarci personalmente non è vera ribellione, e non potrà mai dare buoni frutti. E assenza di odio non significa di per sé assenza di un elementare sdegno morale. So che chi odia ha fondati motivi per farlo. Ma perché dovremmo sempre scegliere la strada più facile e a buon mercato? Laggiù ho potuto toccare con mano come ogni atomo di odio che si aggiunge al mondo lo renda ancora più inospitale».
«La gente si smarrisce dietro ai mille piccoli dettagli che qui ti vengono quotidianamente addosso, e in questi dettagli si perde e annega. Così non tiene d’occhio le grandi linee, smarrisce la rotta e trova la vita assurda. (…) E malgrado tutto si approda sempre alla stessa conclusione: la vita è pur buona, non sarà colpa di Dio se a volte tutto va così storto, ma la colpa è nostra. Questa è la mia convinzione, anche ora, anche se sarò spedita in Polonia con l’intera famiglia».
«A ogni nuovo crimine o orrore dovremmo opporre un frammento di amore e di bontà che bisognerà conquistare in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere. E se sopravviveremo indenni a questo tempo, corpo e anima ma soprattutto anima, senza amarezza, senza odio, allora avremo anche il diritto di dire la nostra a guerra finita. Forse sono una donna ambiziosa, ma anch’io vorrei dire una parolina».
Articolo di Paolo Perazzolo-Fonte Famiglia Cristiana
Poeta cileno VICENTE HUIDOBRO-Poesia MONUMENTO AL MARE-
VICENTE HUIDOBRO
Vicente García-Huidobro Fernández (Santiago del Cile, 10 gennaio 1893 – Cartagena, 2 gennaio 1948) è stato l’ideatore del “creazionismo poetico” ed è considerato tra i quattro maggiori poeti cileni insieme a Neruda, De Rokha e Mistral.
MONUMENTO AL MARE
Pace sulla costellazione cantante delle acque Scontrate come gli ombri della moltitudine Pace nel mare alle onde di buona volontà Pace sulla lapide dei naufragi Pace sui tamburi dell’orgoglio e le pupille tenebrose E se io sono il traduttore delle onde Pace anche su di me.
Ecco qui lo stampo pieno di frantumi del destino Lo stampo della vendetta Con le sue frasi iraconde che si staccano dalle labbra Ecco qui lo stampo pieno di grazia Quando sei dolce e stai lì ipnotizzato dalle stelle
Ecco qui la morte inesauribile dal principio del mondo Perché un giorno nessuno se ne andrà a spasso per il tempo Nessuno lungo il tempo lastricato di pianeti defunti
Questo è il mare Il mare con le sue onde proprie Con i suoi propri sensi Il mare che cerca di rompere le sue catene Che vuole imitare l’eternità Che vuole essere polmone o nebbiolina di uccelli in pena O il giardino degli astri che pesano nel cielo Sulle tenebre che trasciniamo O che forse ci trascinano Quando volano di repente tutte le colombe della luna E si fa più oscuro dei crocevia della morte
Il mare entra nel carro funebre della notte E si allontana verso il mistero dei suoi paraggi profondi S’ode appena il rumore delle ruote E l’ala degli astri che soffrono nel cielo Questo è il mare Che saluta laggiù lontano l’eternità Che saluta gli astri dimenticati E le stelle conosciute.
Questo è il mare che si desta come il pianto di un bambino Il mare che apre gli occhi e cerca il sole con le piccole mani tremanti Il mare che spinge le onde Le sue onde che mescolano i destini
Alzati e saluta l’amore degli uomini
Ascolta le nostre risa e anche il nostro pianto Ascolta i passi di milioni di schiavi Ascolta la protesta interminabile Di quell’angoscia che si chiama uomo Ascolta il dolore millenario dei petti di carne E la speranza che rinasce dalle proprie ceneri ogni giorno.
Anche noi ti ascoltiamo Rimuginando tanti astri catturati nelle tue reti Rimuginando eternamente i secoli naufragati Anche noi ti ascoltiamo
Quando ti rigiri nel tuo letto di dolore Quando i tuoi gladiatori si battono tra di loro
Quando la tua collera fa esplodere i meridiani Oppure quando ti agiti come un gran mercato in festa Oppure quando maledici gli uomini O fingi di dormire Tremante nella tua grande ragnatela in attesa della preda.
Piangi senza sapere perché piangi E noi piangiamo credendo di sapere perché piangiamo Soffri soffri come soffrono gli uomini Che tu possa ascoltare digrignare i tuoi denti nella notte E rigirarti nel tuo letto Che l’insonnio non ti lasci placare le tue sofferenze Che i bambini prendano a sassate le tue finestre Che ti strappino i capelli Tosse tosse faccia esplodere in sangue i tuoi polmoni Che le tue molle si arrugginiscano E tu venga calpestato come cespuglio di tomba
Però sono vagabondo e ho paura che mi ascolti Ho paura delle tue vendette Dimentica le mie maledizioni e cantiamo insieme stanotte Fatti uomo ti dico come io a volte mi faccio mare Dimentica i presagi funesti Dimentica l’esplosione delle mie praterie Io ti tendo le mani come fiori Facciamo la pace ti dico Tu sei il più potente Che io stringa le tue mani nelle mie E sia la pace tra di noi
Vicino al mio cuore ti sento Quando ascolto il gemito dei tuoi violini Quando stai lì steso come il pianto di un bambino Quando sei pensieroso di fronte al cielo Quando sei dolorante tra le tue lenzuola Quando ti sento piangere dietro la mia finestra Quando piangiamo senza ragione come piangi tu.
Ecco qui il mare Il mare dove viene a scontrarsi l’odore delle città Col suo grembo pieno di barche e pesci e altre cose allegre Quelle barche che pescano sulla riva del cielo Quei pesci che ascoltano ogni raggio di luce Quelle alghe con sonni secolari E quell’onda che canta meglio delle altre
Ecco qui il mare Il mare che si distende e si afferra alle sue rive Il mare che avvolge le stelle nelle sue onde Il mare con la sua pelle martirizzata E i sussulti delle sue vene Con i suoi giorni di pace e le sue notti di isteria
E all’altro lato che c’è all’altro lato Che nascondi mare all’altro lato L’inizio della vita lungo come un serpente O l’inizio della morte più profonda di te stesso E più alta di tutti i monti Che c’è all’altro lato La millenaria volontà di fare una forma e un ritmo O il turbine eterno dei petali troncati
Ecco lì il mare Il mare spalancato Ecco lì il mare spezzato all’improvviso Affinché l’occhio veda l’inizio del mondo Ecco lì il mare Da un’onda all’altra c’è il tempo della vita Dalle sue onde al mio occhio c’è la distanza della morte.
Traduzione di Gianni Darconza per Raffaelli Editore
Breve biografia di Vicente García-Huidobro Fernández (Santiago del Cile, 10 gennaio 1893 – Cartagena, 2 gennaio 1948) è stato l’ideatore del “creazionismo poetico” ed è considerato tra i quattro maggiori poeti cileni insieme a Neruda, De Rokha e Mistral. Il creazionismo vuole fare della poesia uno strumento di creazione assoluta, in modo che i segni linguistici acquistino valore per la loro capacità di esprimere bellezza in sé e non per il loro significato sostanziale. Huidobro stesso descrisse, nella sua raccolta di saggi Manifesti, del 1925, cosa sia una poesia creata: «È una poesia nella quale ogni parte che la costituisce, e tutto l’insieme, mostra un fatto nuovo, indipendente dal mondo esterno, slegato da qualunque altra realtà che non sia la propria, che prende il suo posto nel mondo come fenomeno singolo, a parte, distinto dagli altri. Questa poesia è qualcosa che non può esistere se non nella testa del poeta. E non è bella perché ricorda qualcosa, perché ricorda cose viste, a loro volta belle, né perché descriva cose belle che potremmo anche vedere. È bella in sé e non ammette termini di comparazione. E nemmeno può essere concepita fuori dal libro. Niente le somiglia del mondo esterno; rende reale quel che non esiste, cioè si fa realtà a se stessa. Crea il meraviglioso e gli dà vita propria. Crea situazioni straordinarie che non potranno mai esistere nel mondo oggettivo, per cui dovranno esistere nella poesia perché esistano da qualche parte. Quando scrivo: “L’uccello fa il nido nell’arcobaleno”, si presenta un fatto nuovo, qualcosa che non avevate mai visto, che mai vedrete e che tuttavia vi piacerebbe molto vedere. Il poeta deve dire quelle cose che mai si direbbero senza di lui. Le poesie create acquisiscono proporzioni cosmogoniche; ci danno in ogni momento il vero sublime, quel sublime del quale i testi ci presentano esempi tanto poco convincenti. E non si tratta del sublime eccitante e grandioso, ma di un sublime senza pretese, senza terrore, che non vuole opprimere o schiacciare il lettore: un sublime da taschino. La poesia creazionista si compone di immagine create, di situazioni create, di concetti creati; non stiracchia alcun elemento della poesia tradizionale, salvo che in essa quegli elementi sono integralmente inventati, senza preoccuparsi assolutamente della loro realtà o veridicità precedenti l’atto della realizzazione».
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