
Fotografia arte e mostre

Biblioteca DEA SABINA-PUBBLICITA’ in Bianco e Nero anno 1930
Biblioteca DEA SABINA
PUBBLICITA in Bianco e Nero anno 1930
Mudec-Robert Capa nella storia-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Mudec – Robert Capa nella storia
Mudec – Museo delle Culture-Edizione inglese
24 Ore Cultura-EDITORE
DESCRIZIONE
Catalogo della mostra di Milano al Mudec Photo dal 11 novembre 2022 al 19 marzo 2023. In questa mostra e nel catalogo che l’accompagna, vediamo la profonda verità umana degli eventi che Capa ha documentato. Qui abbiamo la quintessenza del lavoro di Capa. Anche in piena guerra, la sua macchina fotografica ha registrato pochi cadaveri o atrocità. Capa si preoccupava soprattutto dei vivi, non dei morti. Il suo vero soggetto come fotografo di guerra era il trionfo dello spirito umano anche sulle più terribili avversità, sebbene abbia realizzato anche immagini di persone il cui destino è stato tragicamente spezzato dalle loro sofferenze.
Robert Capa-L’opera 1932/1954-Biblioteca DEA SABINA
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Robert Capa. L’opera 1932-1954-
Ediz. italiana, inglese e francese: L’Opera / The Work / L’Oeuvre 1932-1954
DESCRIZIONE
Gabriel Bauret :«La cronologia dell’opera di Capa, vero e proprio monumento nella storia della fotografia, scandisce le pagine di questo libro ricchissimo di immagini, dando da un lato l’idea della sua vastità e dall’altro delineando il modo in cui il fotografo opera sul campo. Il volume traccia le tappe principali di un percorso la cui brillantezza non ha pressoché eguali, lasciando emergere diverse “icone” da questo corpus eccezionale. I suoi resoconti di guerra ne hanno plasmato la leggenda, come afferma Michel Lefebvre nel suo saggio, ma Capa, pur risultando spesso il primo e il più vicino, ci mostra la realtà anche da altre angolazioni: le sue immagini descrivono momenti che ci rimandano all’uomo, alla sua sensibilità verso vittime e migranti, evocando così il suo viaggio dalla nativa Ungheria. Si dice che la musica riveli se stessa tra le note: questo libro lascia intravedere alcune sfaccettature di un personaggio complesso, intraprendente e indubbiamente mai del tutto soddisfatto, che non esita a rischiare la propria carriera come la propria esistenza. Se Capa ha mostrato una personalità da giocatore, la sua opera assume una dimensione epica che non sfuggirà al finale tragico»
Robert Capa Biografia
Robert Capa nasce a Budapest nel 1913. Il suo vero nome era Endre Ernő Friedmann, che fu costretto a cambiare durante un periodo di clandestinita’ in Francia. E‘ considerato il primo e piu’ famoso fotografo di guerra, e documento’ cinque diversi conflitti : la guerra civile spagnola (1936-1939), la seconda guerra sino-giapponese (che seguì nel 1938), la seconda guerra mondiale (1941-1945), la guerra arabo-israeliana (1948) e la prima guerra d’Indocina (1954). Studio’ Scienze all’Universita’ di Berlino fra il 1931 ed il 1933, quando dovette lasciare la Germania nazista a causa delle sue origini ebraiche. Autodidatta, inizio’ come assistente di laboratorio e inizio’ a fare il fotografo freelance quando si trasferi’ a Parigi.La sua fama esplosa durante la guerra civile spagnola, grazie alla famosa foto “ Il miliziano colpito a morte”, di cui ancora oggi si discute l’autenticita’. Robert Capa si interesso’ anche di cinema. Nel 1936 giro’ alcune sequenze per il film di montaggio “Spagna 36” diretto da Jean Paul Le Chanois e prodotto da Luis Bunuel. · La relazione con l’attrice Ingrid Bergman permise a Capa di scattare alcune foto sul set del film “Notorious” (1946) di Alfred Hitchcock. ·Nel 1947 assieme a Henri Cartier-Bresson, David Seymour, Georges Rodger e William Vandivert fonda l’ agenzia fotografica “Magnum Photos“. Come la storica compagna Gerda Taro, mori’ facendo il suo lavoro, saltando su una mina in Vietnam nel 1954.Paradossalmente, la sua foto piu’ famosa e’ anche la piu’ controversa. “Il miliziano colpito a morte” rappresenta una vera icona del secolo scorso, ma tutt’ ora si dibatte sulla sua autenticita’. Secondo alcuni, la foto sarebbe infatti preparata ad arte da Robert Capa, e le circostanze dello scatto riportate dal fotografo non sarebbero veritiere. Robert Capa, in un’ intervista radiofonica datata 1947, racconta come riusci’ a realizzare lo scatto: “Ho scattato la foto in Andalusia – racconta – mentre ero in trincea con 20 soldati repubblicani, avevano in mano dei vecchi fucili e morivano ogni minuto. Ho messo la macchina fotografica sopra la mia testa, e senza guardare ho fotografato un soldato mentre si spostava sopra la trincea, questo è tutto. Non ho sviluppato subito le foto le ho spedite assieme a tante altre. Sono stato in Spagna per tre mesi e al mio ritorno ero un fotografo famoso, perché la macchina fotografica che avevo sopra la mia testa aveva catturato un uomo nel momento in cui gli sparavano. Si diceva che fosse la miglior foto che avessi mai scattato, ed io non l’avevo nemmeno inquadrata nel mirino perché avevo la macchina fotografica sopra la testa”.Documento’ la anche la seconda guerra mondiale, lasciando immagini memorabili delle attivita’ militari degli americani in Sicilia e dello sbarco in Normandia. Si distinse anche come fotografo in tempo di pace, ritraendo attori ed artisti e documentando la vita decadente ed opulenta dei ricchi europei.
Rimmarra’ nella storia come il prototipo del fotografo di guerra e come fondatore dell’ agenzia fotografica Magnum che con i suoi canoni etici ed estetici defrinisce ancora oggi il modo in cui il fotogiornalismo racconta il mondo.
Wim Wenders-Scritto nel West-Biblioteca DEA SABINA
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Wim Wenders- Scritto nel West-
Traduttori-Marco Zapparoli e Cristiano Screm
Editore- Jaca Book
DESCRIZIONE
Alla fine del 1983 prima di iniziare le riprese di “Paris, Texas”, Wim Wenders viaggia per mesi attraverso il West americano, dal Texas all’Arizona, dalla California al New Mexico, munito della sua Makina-Plaubel 6×7. Wenders si lascia catturare dalla straordinaria vastità e bellezza di un paesaggio imbevuto di luce e di colore, sperando di «migliorare la mia comprensione, la mia sintonia con quella luce, quel paesaggio». Lo sguardo professionale del regista e la meraviglia dell’europeo che nel West cerca di cogliere la terra originaria del “sogno americano” costituiscono il fascino di questa raccolta di immagini, singolare e irripetibile. Nel 2001 Wenders torna nella sonnolenta cittadina di Paris e scatta nuove fotografie, questa volta con una Fuji 6×4,5. È la testimonianza di una fascinazione rimasta intatta, un viaggio dell’artista nei propri ricordi. Si aggiunge un nuovo essenziale capitolo al classico Scritto nel West, ora Revisited. Con il poscritto dell autore “I like Paris in the winter”.
Robert Harrington -Luci e flash-Biblioteca DEA SABINA
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Robert Harrington -Luci e flash
Corso completo di tecnica fotografica. Edizione illustrata
Traduttori:Riccardo De Biasi – Enrico Passoni -Chiara Finardi –
Editore White Star
DESCRIZIONE
Questa guida alla fotografia, grazie all’esperienza di un professionista del settore, vi condurrà alla scoperta dei segreti dell’utilizzo dei flash e delle luci: vi fornirà preziosi suggerimenti sulla scelta delle apparecchiature e consigli d’uso sui flash della fotocamera ed esterni, sull’allestimento di uno studio di posa domestico e sulle tecniche di post-produzione. Robert Harrington vi fornirà in questo volume tutti gli strumenti per ottenere risultati migliori per le vostre fotografie.
CASTELNUOVO di FARFA-1889-La vita nel Borgo-Biblioteca DEA SABINA
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BRANO dal libro di Franco Leggeri :Castelnuovo , la riva sinistra del Farfa.
-LA VITA NEL BORGO –nel 1889
Castelnuovo di Farfa: dalla fine del 1800 fino agli anni 1960, come si può ricostruire o immaginare la vita nel Borgo? Se fossi stato un cronista del diciannovesimo secolo ,inviato da un giornale, questo sarebbe stato il “pezzo” che avrei inviato alla redazione .
Castelnuovo di Farfa- 1889- (la data è stampata sulla foto)- Castelnuovo , la vita tranquilla del Borgo, il silenzio di piccole piazze (la piazzetta) e delle vie strette tra muri di pietra sono animate dai rumori “di una vita tranquilla”. La gente impegnata nel lavoro, svolge le proprie faccende “con ritmi non affrettati ”. Il tempo nel Borgo è segnato dalle stagioni che hanno inizio con feste religiose come, ad esempio, la festa di ottobre, LA FESTA DELLA QUINDICINA , oppure la festa di San Filippo in primavera ed ancora la Festa della Madonna degli Angeli in agosto. La fiera è un appuntamento importante per l’economia agricola degli abitanti, oggi diremo :“Si capitalizza e trasforma in liquidità , moneta, il lavoro.” La Fiera-Mercato era un appuntamento molto importante per i castelnuovesi; infatti la compravendita del bestiame o il commercio minuto dei generi di prima necessità, non prodotti dall’economia locale, diventano “scorte strategiche” da immagazzinare sia per le attività agricole sia per la vita domestica .
Al report per completezza avrei allegato la foto della TORRE DELL’OROLOGIO , in cui si vedono le case con le facciate annerite dal tempo, e anche dall’abbandono . Al Centro si è riunito un gruppo di donne, bambini e anche due ciclisti;le biciclette, probabilmente con le gomme piene, perché le strade non erano asfaltate, ma pavimentate con un misto di cava . Tutti i castelnuovesi erano incuriositi dalla complessa attrezzatura del fotografo: cavalletto di legno che sosteneva l’enorme macchina fotografica , spettacolo inconsueto per l’epoca , specialmente per i borghi agricoli tagliati fuori dai processi di industrializzazione e, quindi, dal progresso.
Oggi il centro storico di Castelnuovo è pressoché immutato, salvo la casa parrocchiale (orrenda) costruita negli anni ’50 o primi anni ’60. Per la realizzazione di questo edificio si è dovuto demolire l’antica bottega del falegname Asterio . La bottega demolita, io la ricordo con affaccio su di un piccolo piazzale, antistante palazzo Perelli, con al centro una vecchia macina di un mulino ad olio. BRANO dal libro di Franco Leggeri :Castelnuovo , la riva sinistra del Farfa.
Castelnuovo , la riva sinistra del Farfa.
Foto archivio privato Franco Leggeri
La nascita dell’ESTATE CASTELNUOVESE
LA FONTANA-
Noi vecchi Castelnuovesi nella storia? Lo siamo già, l’abbiamo già scritta .
Castelnuovo di Farfa- Castelnuovo è , a volte, un romanzo, un noir, ma anche un documentato reportage giornalistico. Ritrovarsi un detective story che entra dentro i fatti recenti e antichi della vita delle persone, oppure, narrare Castelnuovo alla vigilia della grande speranza del dopo guerra e poi gli anni della corsa verso Roma. Raccontare e ricordare le partenze delle famiglie per realizzare il sogno di una vita migliore, sognando un lavoro sicuro. E’ la cronaca di una navigazione verso la grande città, leggere questo “libro dei ricordi” scritto da lacrime ,rimpianti, amori sopiti , delusioni e speranze cresciute con i figli nati a Roma . Noi Castelnuovesi eravamo radici trapiantate in terra nuova, Roma come terra promessa. Da Castelnuovo eravamo partiti verso la periferia romana, sì quella narrata da Pasolini , dagli uliveti tranquilli alle vie trafficate della Roma del boom edilizio , della speculazione selvaggia , la Roma dei palazzinari. E’ questa la trama , il filo del racconto che fa scorrere la narrazione di un mese di agosto di tanti anni fa , un giorno lungo, inciso nella memoria dei Castelnuovesi, quello della festa della Madonna degli Angeli. Si tornava a Castelnuovo con lo “stordimento della modernità” e ci si immergeva con i racconti, magari seduti sui bordi della Fontana ,nella narrazione , dopo un prologo carico di nostalgia mal mascherata. Il racconto e i racconti a più voci, per rivivere e parlare con la tua gente, riascoltare e dialogare parlando il dialetto e gustando il caro vecchio sapore della “madrelingua”. Si raccontava di Roma , con la descrizione delle sue strade e dei suoi quartieri . Noi ci sentivamo, inconsapevolmente, reporter di viaggi e si snocciolava una narrazione da cronista della vita metropolitana, “navigatori” esperti della Capitale. A tratti i racconti erano interrotti dal passaggio della “ragazzina” che ora era diventata donna. Seduti sulla Fontana , con i nostri racconti , si percorrevano sentieri nascosti, riscoprendo la cultura e l’antica storia del nostro paese. Noi ragazzi eravamo le contraddizioni del nostro Castelnuovo e del suo futuro. Eravamo, inconsapevolmente, il contrasto, tuttora irrisolto, tra l’antico e il moderno. Eravamo stati partoriti da un dolore antico che aveva cercato, con la partenza, fortemente il riscatto, e la voglia di salire su quell’ascensore che portava ai piani alti di un grattacielo, forse, podio dove si ammirava un orizzonte lontano e impensabile, oltre la fantasia. In quei pomeriggi di agosto si smaltiva lo “stordimento della modernità” e si tornava ad essere cronisti di storie antiche, cronisti del passato dove ognuno di noi arricchiva il racconto con dettagli e incisi a volte piacevoli a volte tristi. Così era l’Estate di noi Castelnuovesi , carica e desiderosa di avvenire. Erano storie che cercavano anche il volto di un amore intenso. Castelnuovo era ed è il nostro paese, dove tutto è visibile affacciandosi, oppure restando dietro i vetri delle finestre per vivere i racconti corali di una piazza amica e fraterna. Cosa è rimasto, mi chiedo scrivendo questo articolo, di quelle Estati Castelnuovesi? Castelnuovo è forse morto? Non nei racconti, ma sicuramente è stato “ucciso” da un’arroganza bigotta, sì quella del perbenismo di facciata che ostenta e maschera la propria ignoranza e l’affoga , appunto,“nell’arroganza spocchiosa ” che dopo decenni è ancora in essere. Scrivo questa riflessione perché ho voglia di riaccendere la fiamma dei ricordi, non un ritorno al passato, ma un forte desiderio di modernizzare una stagione e ritrovare il pentagramma dov’è scritta la melodia che tutti, noi veri Castelnuovesi, abbiamo amato e amiamo e che , forse, molti, come me, rimpiangono .
Poesia dedicata a noi Castelnuovesi senza volto e senza diritto di parola –Dalla raccolta
MURALES CASTELNUOVESI
Sulla vecchia cote dei ricordi affiliamo lame di impossibili rivolte. Abbiamo grattato terre incolte con il chiodo del primitivo, seminando speranze di poveri. Spartendo i raccolti con il padrone è rimasta la rabbia dei figli e l’aia deserta.
Anche in noi, questo furore taciuto riporta a scelte lontane, quando vita, giovinezza e volti di ragazzi inebriati di troppa ingenuità tutto bruciammo. Solo per amore. Bastasse questo pugno di anni (paura e speranza della sera) per ritoccare quella bilancia e non imbastire cupi silenzi su mani stanche, ma golose di sole.
A Castelnuovo mattini uguali e incerti come aste sul quaderno di stagioni incolori, quando il silenzio diventa eresia, e l’antico ripetersi scava sentieri tra le pietre scritte, e il rito del ritrovarsi tra il vuoto di assenze che pesano – già affiora il dire: questa è l’ultima volta – resta, ancora, da capire la somma dei perché, mentre la nebbia nasconde l’oblio.
Non ha senso la Storia . Anche quella che si scrive nel bronzo e le stagioni rigano di una patina verde (ora, che dissolti i cristalli di lacrime, alza soltanto steli di pietra e grovigli di lamiere), anche quello che è stato, e furono parole e musica e canti nati nei bivacchi e folla e bandiere, e tutti a premere l’erba sul cuore dei morti: anche l’amore di allora e le schegge di verità ( forse, anche i giuramenti), adesso, non hanno più senso.
Il tempo, con il volto di rigattiere, ha raccolto le cose vecchie districando dai rami brandelli incolori, lembi di aquiloni e frammenti di foglie stinte di speranza. Castelnuovo nel cuore, i ricordi, le speranze, le lotte vecchie e nuove e ancora giorni senza tregua ,bivacchi per nuove battaglie e strategie per nuovi obiettivi.
Brano da ” Il vecchio e il giovane nella storia , Castelnuovo per sempre. Castelnuovo nel cuore.”dalla raccolta di Poesie – “MURALES CASTELNUOVESI” di Franco Leggeri .
Castelnuovo di Farfa il corrosivo “VERBA”
– Ai castelnuovesi della mia generazione come dice Pasolini :”non era concesso sperimentare il conformismo dei giovani ribelli”. Noi che siamo nati solo come “carne” siamo dovuti nascere anche come “spirito” poi, nel distacco adolescenziale, abbiamo anche sperimentato la ribellione, ma fu difficile ribellarsi contro il “vuoto”. Noi giovani castelnuovesi riuscimmo a schiuderci e da larve ci ritrovammo a volare , ci fu chi atterrò lontano e chi vicino; chi ebbe la forza di tornare e chi si è invece disperso nell’infinito cielo.
Sono tornato , molto spesso, nel mio Dedalo, nei miei vicoli e nelle mie vie circolari , raggi che partono dal totem che è la “Fontanella della Piazzetta” .
Ho vissuto e camminato nella notte castelnuovese, quando i veli del silenzio mostrano i disegni, tratti di pennellate di colore indefinito che sono lasciati dal pianto della terra. I miei vicoli di Castelnuovo sono per me arterie che alimentano i pensieri per poi arrivare alle radici del tempo passato. Allora i ricordi diventano , a volte, il mio pane della tristezza, ma anche l’humus dove sboccia la tenerezza , la fragilità, della mia poesia.
Ora che sono al crepuscolo della mia vita devo riordinare le parole, i segni e, con saggezza, dividerli dalle “chiacchere” e dal rumore interiore prodotto dai veli che si agitano all’alito della luna castelnuovese.
La luna che illumina via Coronari e via Garibaldi sino al totem della Piazzetta dove dalla Fontanella sgorgano fiumi di Ricordi e la “grammatica” che alimentava il sogno di un “posto” diverso .
Noi ragazzi di allora avevamo le unghie forti che si conficcavano nell’anima per trovare la forza di annullare il distacco.
Abitare le parole è diventato un esercizio , anche testimonianza, per trasformare il pensiero in immagine e i paradossi in “profili” di letture.
Se i ricordi diventano racconti estrapolati dai colori macinati e prodotti da meccanismi che non rispettano le regole ecco, allora, che la forza dirompente dei personaggi iniziano a muoversi e a intravedersi nella rete di Dedalo. Escono allora dal letargo le barche cariche di pensieri è così che la penna entra nell’inchiostro della navigazione e il contesto innovativo esce dall’esperimento e e il viaggio della penna prosegue, naviga, nelle motivazioni degli “abissi profondi” in questo mare aperto che offre la visione “larga” necessaria per scrivere e descrivere “l’Orgoglio Castelnuovese”. L’Orgoglio è la volontà libera racchiusa nell’irrazionale dove le azioni non sono trappole, ma pluralità costruttiva all’interno di spazi di libertà “liquida”. Noi castelnuovesi riusciamo a scoprire il vero volto del nemico, il vigliacco dietro le quinte , verme serpente nascosto nel letame dei suoi residui organici.L’Orgoglio dei castelnuovesi è stata la forza di cancellarsi dal volto quella atavica paura e con coraggio hanno saputo attraversare le frontiere del servilismo.
Si può leggere ancora il racconto di intere generazioni che hanno inciso i frammenti dei loro racconti nei campi arati , fertili, ma protetti dall’oro del silenzio.
Nelle notti si possono ascoltare le voci dei contadini di Castelnuovo:“………I sospiri, le vibrazioni e il ritmo della vita umile dei contadini che attendono una nuova alba. Sogni soffocati dalla stanchezza, attimi di gioia strappati all’impossibile. Gli assoli di note fuggite a cavallo di onde distese sul pentagramma, dove le note sono gocce di sudore di una vita che si consuma nel breve segmento di un riposo povero , dopo una cena avara…….”
Brano dalla raccolta Muralese Castelnuovesi di Franco Leggeri.
Castelnuovo di Farfa-Metti un pomeriggio di ricordi.
Castelnuovo di Farfa-“Se un Castelnuovese abita a Roma, ve ne sono moltissimi, nei fine settimana o per qualsiasi altro motivo decide di lasciarsi alle spalle rumori, stress e cemento dove andare se non in Sabina . E innegabile che la mente e il corpo si distendono immergendosi nel “morbido” paesaggio collinare , ma come descrivere , trovare le parole, il piacere di “affogare” gli occhi e l’anima tra gli uliveti . Tornando in Sabina , a Castelnuovo, ritrovi sepolti sotto uno strato spesso di fogli polverosi, migliaia di immagini archiviate nella memoria. Questi fogli si sono stratificati e appiccicati l’uno all’altro, ma è ancora leggibile lo scritto. Qui a Castelnuovo ritrovi i volti del passato vedendo i giovani che corrono per la piazza. Certo a Castelnuovo , tappa intermedia tra passato e futuro, scopri che puoi ancora incontrare un sorriso e chi crede ancora nella stretta di mano. Si , qui a Castelnuovo puoi incontrare ancora un sorriso che si allarga e ti viene incontro per una stretta di mano per dimostrare , a me, che esistono ancora ricordi e voci che hanno segnato , inciso, le notti castelnuovesi senza lampioni. Disperdi l’ansia quotidiana, ma ricordi e rivivi l’ansia di guadagnarsi il futuro , proprio qui dove hai costruito il timbro della rabbia e lo slancio per la lotta. E’ qui che mi chiedevo cosa ci fosse oltre l’orizzonte, ma non è questo il giorno, oggi, per essere l’archeologo del ricordo. Ormai, forse, solo la Poesia ha un effetto tellurico e carnale che sa trasformare il mio tempo. Il “tempo differente” in tempo di Poesia; di salvezza e di recupero di tutto ciò che l’uomo perde nel suo allontanarsi dall’infanzia, beata età dell’innocenza, che nella memoria poetica diventa un luogo di simboliche appartenenze. Qui a Castelnuovo, le fragili figure dei sogni rivivono , sono ferite, le più insanabili ferite, fatte di carne e di sangue. Ferite, sogni feriti che incontro nei vicoli di Dedalo (Castelnuovo) con un destino , un tragico destino di dolore, ma forse questa è una storia di ordinaria follia dove il pathos si genera in stigmatiche narrazioni che, poi, riesco sempre a diluirsi nella “retorica dei sentimenti”. Ai primi segni di pioggia va in frantumi, nel mio ricordo, il mondo arcadico, bucolico, ma fragile come un presepe di cartapesta. Ora a Castelnuovo regna la stirpe della “razza carnefici”, a Castelnuovo sono escluso, sono l’intellettuale-poeta, con la testa tra le nuvole e nel cuore i versi di una poesia. Si, è vero riesco ancora a sentire tra i vicoli di Dedalo le canzoni ingenue e sentimentali dell’anteguerra. E’ ora di andare ,ma resterò sempre col cuore castelnuovese. E ora lancio lo sguardo verso questo cielo carico di nubi e di spazi azzurri , sembra un cielo di Raffaello, dove le leggi della natura mescolano la vita e morte anche nel misto colore di un pomeriggio qualunque passato qui a Castelnuovo”.
Brano da Murales Castelnuovesi – Franco Leggeri
Foto inizio 1900-
Via Roma Est- foto inizio ‘900
Via Roma Est- foto inizio ‘900
nei disegni di Francesca Vanoncini-
Palazzo Eredi Salustri Galli
Palazzo Salustri-Galli
Panorama (prima del 1935)
Palazzo Eredi Salustri-Galli
Foto del 1889
Foto inizio 1900-
Programma festa Madonna del Rosario
anno 10 ottobre 1933
Foto inizio 1900-
Foto inizio 1900-
Palazzo Eredi Salustri-Galli
nei disegni di Francesca Vanoncini-
La Fontanella della Piazzetta
nei disegni di Francesca Vanoncini-
Porta Fonte Cisterna
nei disegni di Francesca Vanoncini-La Torre dell’Orologio
Porta Castello, Torre dell’Orologio
“Le Sabine” un dipinto di Jacques-Louis David-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
“Le Sabine” è un dipinto di Jacques-Louis David
“Le Sabine” è un dipinto ad olio su tela di grandi dimensioni – misura infatti 385 x 522 – eseguito da Jacques-Louis David tra il 1796 e il 1799 ed esposto a Parigi al Museo del Louvre. Il soggetto non rappresenta il Ratto delle Sabine da parte dei Romani, tema già trattato da Giambologna e Poussin, per esempio, ma un episodio leggendario delle origini di Roma nell’VIII secolo, di cui parlano Plutarco e Livio (Ab Urbe condita, I, 9, 5-10).Si tratta di un dipinto di genere storico appartenente alla corrente neoclassica, che segna un’evoluzione nello stile di David dopo la Rivoluzione francese e qualificato da lui stesso come puramente greco. David iniziò il dipinto all’inizio del 1796 e la sua realizzazione durò quasi quattro anni. Il maestro fu assistito da Delafontaine, responsabile della documentazione, e da Jean-Pierre Franque, che in seguito fu sostituito da Jérôme-Martin Langlois e da Jean-Auguste-Dominique Ingres. David dipinse Le Sabine senza aver ricevuto da qualcuno la commissione del quadro e alla fine del 1799 espose il dipinto al Louvre nell’ex gabinetto di architettura.
Nonostante la sua mostra fosse a pagamento, Le Sabine attirò un gran numero di visitatori fino al 1805.
Anche la scelta di esporre un quadro e di farlo vedere previo pagamento di un biglietto d’entrata, può sembrare a noi moderni un fatto normale ma, nella mentalità del tempo, costituì un importante passo avanti nella definizione della libertà creativa dell’artista, il quale, precedentemente alla Rivoluzione, era stato in qualche modo sottomesso alla volontà della committenza: per la Francia, in particolare, a quella del re. In questa occasione, David scrisse un testo che giustificava sia questa forma di esposizione sia la nudità dei guerrieri che avevano scatenato grandi polemiche.
Dopo l’espulsione degli artisti dal Louvre tra cui lo stesso David, il dipinto fu spostato nell’ex chiesa del Collegio Cluny in Place de la Sorbonne che fungeva ormai da personale laboratorio di David. Nel 1819 David vendette Le Sabine e la sua tela gemella Leonida alle Termopili” ai musei reali per 100.000 franchi. Prima esposto al Palais du Luxembourg e, dopo la morte del pittore, il dipinto tornò al Louvre nel 1826.
Toffia (RI) Nelle immagini del fotografo Tano D’Amico-Biblioteca DEA SABINA
“Toffia nelle immagini di Tano D’Amico”,Pubblicazione a cura del Gruppo FAI Sabina
BELLA SABINA. I VOLTI E LE PIETRE DI TOFFIA IN UN LIBRO FOTOGRAFICO DI VENT’ANNI FA
L’altro giorno, grazie alla gentilezza di Marco Silvestri, bibliotecario a Toffia e Montopoli, abbiamo potuto guardare con attenzione un libro fotografico che avevamo già intravisto nel caos creativo delle nostre Giornate d’autunno.
“Toffia nelle immagini di Tano D’Amico”, così si chiama il libro, è stato stampato ventitrè anni fa, alla fine dello scorso secolo (per non dire millennio…) e racconta le pietre e i volti del bel borgo che in tanti hanno apprezzato a metà ottobre.
Tano D’Amico è uno dei più grandi fotografi italiani. Il suo bianco e nero è una tavolozza ricca, come e più del colore, e risuona ed emoziona anche su una carta non proprio adatta alle fotografie. Le sue foto, commentate nel volume dai ragazzi della scuola elementare di Toffia, catturano i sorrisi, gli sguardi e i gesti di tutti i giorni dei toffiesi, incuriositi e anche divertiti da questo buffo signore con la macchina fotografica che ha un dono quasi unico di cogliere l’attimo, quel dono che è solo dei grandi.
“Quello che più colpisce a Toffia è il modo di guardarsi – scrive Tano D’Amico nel libro – un modo fatto di gentilezza e di rispetto, libero e pieno d’attenzione”. Ed è anche la cifra con la quale il fotografo si è avvicinato a Toffia e alla sua gente, una scelta che traspare da tutte le pagine del libro.
Il libro, ovviamente, oggi è introvabile (se non, forse, su qualche bancarella). In biblioteca, a Toffia, ne hanno una copia. Noi ne abbiamo fotografato qualche foto e, pur consapevole di tutti i limiti di una ri-fotografia (e chiedendovene scusa), ve le offriamo…
Raffaele Ingegno- LUX: La gestione della luce in fotografia
Biblioteca DEA SABINA
Raffaele Ingegno- LUX: La gestione della luce in fotografia –
Manuale completo sulla luce e la sua gestione in fotografia
DESCRIZIONE
LUX è un trattato completo sulla luce e la sua gestione in fotografia. Un punto di vista ed un metodo che ti permetterà di conoscere e gestire la luce in maniera pratica e professionale. Con questo manuale di facile lettura, troverai la metodologia giusta per realizzare fotografie efficaci. Raffaele Ingegno in questo libro illustra teoria e pratica di luce naturale, artificiale continua e artificiale flash, fornendo al lettore un percorso di apprendimento completo e stimolando la creatività con delle solide basi.
Quali argomenti potrai approfondire in questo libro:
- Luce naturale
- Luce artificiale con lampade continue
- Luce artificiale con lampade flash
- Relazione tra fonte di luce e macchina fotografica
- Indicazioni tecniche sulle fonti di luce
- Gestione della luce nel set fotografico
- Modificatori di luce
- Schemi di luce semplici e complessi
- Software per progettare
- Software per regolare le luci in post produzione
Inoltre:
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Se tutto ciò non bastasse, cerca Raffaele Ingegno sul web, potrai trovare il suo sito internet, o il suo profilo instagram, in modo da capire quali livelli potrai raggiungere con la sua esperienza.