alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna fino al 28 febbraio 2025-
Roma-La mostra “Il Tempo del Futurismo” alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, promossa e sostenuta dal Ministero della Cultura e curata da Gabriele Simongini, celebra l’ottantesimo anniversario dalla scomparsa di Filippo Tommaso Marinetti, avvenuta il 2 dicembre 1944.
Roma “Il Tempo del Futurismo”
Diversamente dalle mostre del passato dedicate al rivoluzionario movimento d’avanguardia fondato nel 1909 da Marinetti, questa mostra si concentra sul rapporto tra arte e scienza/tecnologia e illustra quel “completo rinnovamento della sensibilità umana avvenuto per effetto delle grandi scoperte scientifiche” posto alla base della nascita del Futurismo. Una riflessione oggi attualissima, se si pensa che lo tsunami tecnologico dell’intelligenza artificiale sta investendo l’umanità, avverando la profezia della macchinizzazione dell’umano e dell’umanizzazione della macchina preconizzata proprio dai futuristi.
La mostra punta a essere inclusiva, didattica e multidisciplinare, si rivolge al grande pubblico e in particolare alle nuove generazioni. Per questo illustra i concetti di velocità, di spazio, di distanza e di sensibilità percettiva evidenti nei capolavori del Futurismo contestualizzandoli nella società dell’epoca, rivoluzionata dalle innovazioni scientifiche e tecnologiche.
Saranno esposte circa 350 opere fra quadri, sculture, progetti, disegni, oggetti d’arredo, film, oltre a un centinaio fra libri e manifesti, con un’attenzione alla matrice letteraria del movimento marinettiano che non ha precedenti, insieme con un idrovolante, automobili, motociclette e strumenti scientifici d’epoca.
Per descrivere al meglio l’atmosfera futurista, l’esposizione sarà arricchita da due installazioni sitespecific di Magister Art e di Lorenzo Marini e sarà vivacizzata da eventi di approfondimento.
Si ringraziano i musei italiani e stranieri, tra cui il MoMA, il Metropolitan Museum di New York, il Philadelphia Museum of Art, la Estorick Collection di Londra e il Kunstmuseum Den Haag de L’Aia che con i loro prestiti hanno generosamente contribuito alla mostra. Il catalogo sarà pubblicato da Treccani e conterrà, oltre ai saluti istituzionali, i testi di Gabriele Simongini, Francesca Barbi Marinetti, Günter Berghaus, Elena Gigli, Claudio Giorgione, Giovanni Lista, Ada Masoero, Ida Mitrano, Riccardo Notte, Francesco Perfetti e Marcello Veneziani.
Collaborazioni rilevanti contribuiscono all’offerta culturale messa in campo, come quella con il MAXXI, che con l’apertura al pubblico di Casa Balla aggiunge una tappa fondamentale al discorso narrativo; con la Fondazione Magna Carta, promotrice di un programma di attività culturali con finalità pedagogiche; con il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci, per il prestito di numerosi oggetti che hanno arricchito la mostra anche con un taglio scientifico.
La mostra è visitabile dal 3 dicembre al 28 febbraio 2025 e gode del prezioso sostegno dei main sponsor Autostrade per l’Italia ed Enel, degli sponsor Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane e Unipol Gruppo, del partner tecnico ACI Storico.
Il Tempo del Futurismo introduzione al catalogo di Alessandro Giuli
Alessandro Giuli Ministro della Cultura
La mostra “Il Tempo del Futurismo”, evento internazionale che la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma ha dedicato alla più importante avanguardia culturale italiana del XX secolo, si è lasciata a lungo desiderare.
In epoca recente, eventi espositivi nazionali sul Futurismo non erano certo mancati ed erano stati tutti di successo, oltreché di pregio scientifico e divulgativo. Basti pensare al progetto condiviso tra il Museo Nazionale di Matera e la Direzione regionale Musei Veneto che ha dato vita alle due illuminanti rassegne “Futurismo italiano. Il contributo del Mezzogiorno agli sviluppi del movimento”, presentata a Palazzo Lanfranchi, nel capoluogo materano, e “Futurismo di carta”, presentata a Treviso, al Museo Nazionale Collezione Salce.
L’esposizione romana ha però avuto un respiro ulteriore e non ha nascosto il suo intento celebrativo con l’apertura dei battenti nell’esatta ricorrenza degli ottanta anni dalla morte di Filippo Tommaso Marinetti, avvenuta il 2 dicembre 1944.
Poeta e profeta di una “rivoluzione” estetica che traccia un vistoso spartiacque nella storia non solo artistica della modernità, a Marinetti dobbiamo la rivolta creatrice contro il “passatismo”, la glorificazione del movimento e della velocità, la decostruzione tecnologica del tempo e dello spazio, il superamento di logiche, sintassi e significati tradizionali attraverso un nuovo linguaggio dell’arte che ancora oggi permane nelle tante imprese che animano il mondo della tecno-scienza e dell’era digitale. Non c’è ambito linguistico, espressivo e creativo della contemporaneità in cui la mitopoiesi futurista non continui a essere stimolo visionario e fonte di ispirazione, dalla musica alla pubblicità, dal cinema alla moda, dal design alla fotografia, dalla danza alle nuove forme comunicative dei “social”.
La mostra curata con rigorosa dedizione da Gabriele Simongini ha per questo riservato la sua speciale attenzione al pubblico dei giovani ben cogliendo le intenzioni di Marinetti quando nel Discorso di Firenze del 1919 sostenne che scopo precipuo del suo movimento fosse quello di “incoraggiare tutti gli slanci temerari dell’ingegno giovanile, per preparare un’atmosfera veramente ossigenata di salute, incoraggiamento ed aiuto a tutti i giovani geniali d’Italia”.
Il percorso espositivo, distribuito in 26 sale, riccamente guarnite di manifesti, libri, film, riviste e oggetti scientifici, oltre alle centinaia di opere d’arte presenti, un idrovolante, automobili e motociclette d’epoca, è stato pensato con notevole sensibilità storica e filologica, accompagnando ogni visitatore in un viaggio appassionante che va dagli albori alla copiosa eredità che il Futurismo ha lasciato ai suoi posteri.
Il progetto – fortemente sostenuto dal precedente Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano – è stato possibile anche grazie agli uffici della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, coadiuvati dalla Direzione Generale Musei, che voglio ringraziare nelle persone della direttrice Cristina Mazzantini e del direttore Massimo Osanna.
Mi sia permesso di ricordare, infine, la rilevante collaborazione offerta dal MAXXI che ha contribuito alla riapertura di Casa Balla, e al recupero del prezioso quadro “Espansione Fiore n. 17”, altra tappa fondamentale per quanti vogliano conoscere temi e ispirazioni del più grande movimento letterario, culturale e artistico del Novecento italiano.
Il catalogo che qui possiamo sfogliare è dunque il felice compimento di un lavoro straordinario, che Governo e istituzioni della cultura hanno saputo offrire all’Italia e al grande pubblico.
Roma-Mostra, “San Francesco, tra Cimabue e Perugino” alla Biblioteca del Senato della Repubblica-
Roma-Il 10 dicembre 2024, a Roma, nella Sala Capitolare di Palazzo della Minerva, sede della Biblioteca del Senato della Repubblica, alla presenza del Presidente del Senato, Ignazio La Russa, e del Sottosegretario di Stato alla Cultura, Gianmarco Mazzi, è stata inaugurata la mostra San Francesco, tra Cimabue e Perugino. Nel Giubileo con il Cantico delle Creature, promossa dal Senato della Repubblica in collaborazione con il Ministero della Cultura, Musei Nazionali di Perugia – Direzione regionale Musei nazionali Umbria, che ne cura il progetto scientifico e l’organizzazione. L’esposizione si presenta come una iniziativa che coinvolge diverse realtà istituzionali del territorio umbro, grazie all’eccezionale collaborazione della Custodia Generale del Sacro Convento di San Francesco in Assisi, della Provincia Serafica di San Francesco dell’Umbria e del Comune di Terni, con il contributo del Comitato per le celebrazioni dell’ottavo centenario della morte di San Francesco d’Assisi, della Fondazione Perugia e della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni e il patrocinio del Dicastero per l’Evangelizzazione della Santa Sede.
L’esposizione, che si apre a chiusura dell’ottavo centenario delle Stimmate di San Francesco (2024) e dell’inizio dell’Anno Giubilare (2025), in concomitanza con l’ottavo centenario del Cantico delle Creature (2025), è curata da Costantino D’Orazio (direttore dei Musei Nazionali di Perugia – Direzione regionale Musei Nazionali Umbria) e da Veruska Picchiarelli (responsabile del Dipartimento di Arte medioevale e della prima età moderna della Galleria Nazionale dell’Umbria): l’obiettivo principale di questa iniziativa è quello di raccontare, in forma sintetica ma efficace, un ideale percorso di sviluppo dell’iconografia di San Francesco di Assisi, tra Medioevo e Rinascimento, esaltando il suo ruolo nell’ambito della definizione dell’identità nazionale italiana.
Roma-Mostra, “San Francesco, tra Cimabue e Perugino”
La mostra è l’occasione per declinare e condividere il patrimonio culturale dell’Umbria nel segno del “Poverello di Assisi”, promuovendo alcune delle principali realtà del territorio in cui è presente la sua memoria: in questo contesto, ad alcuni capolavori della Galleria Nazionale dell’Umbria si affiancano opere provenienti da altre istituzioni, in un’ideale linea del tempo volta a indagare l’evoluzione della percezione, della memoria, del messaggio di Francesco.
La mostra è aperta da due eccezionali prestiti, frutto della consolidata collaborazione tra la Galleria Nazionale dell’Umbria con la Custodia Generale del Sacro Convento di San Francesco in Assisi e la Provincia Serafica di San Francesco dell’Umbria.
Il primo concede, in via del tutto eccezionale, la Chartula, una pergamena annoverata tra le più importanti reliquie del santo, un frammento autografo di San Francesco, databile al 1224, vergata dopo l’impressione delle stimmate: in essa sono riportate una ispirata benedizione del Santo al compagno e amico frate Leone e, sul recto, una lirica, Lodi di Dio altissimo; la reliquia, conservata nella Cappella di San Nicola, nella Basilica inferiore di Assisi accanto al suo saio, è ancora ben leggibile, con il “Tau” impresso su un lato, simbolo con il quale il Santo si firmava.
Dal Museo della Porziuncola, che afferisce alla Provincia Serafica di San Francesco, arriva un altro capolavoro dall’intensa identità spirituale: l’effigie del Santo dipinta da Cimabue negli anni in cui era impegnato ad affrescare la Basilica di Assisi, utilizzando come supporto la tavola che, stando alla tradizione, era servita da copertura della prima umilissima cassa di legno nella quale il corpo di Francesco fu tumulato subito dopo la morte (1226).
Partendo da questi oggetti sacri, il percorso prosegue con opere di alcuni tra i maggiori pittori del Medioevo e del Rinascimento: Perugino, Benozzo Gozzoli, Taddeo di Bartolo, Niccolò di Liberatore, in una suggestiva narrazione volta a restituire l’evoluzione dell’immagine del Santo in parallelo all’affermazione, sempre crescente, del culto francescano.
Nel Gonfalone della Giustizia di Perugino, uno dei maggiori capolavori conservati presso la Galleria Nazionale dell’Umbria, Francesco è affiancato da San Bernardino in adorazione della Madonna col Bambino, in una composizione dove compare anche la comunità dei fedeli radunata ai piedi di una formidabile veduta di Perugia, ancora segnata da una selva di torri. Nel tabernacolo di Niccolò del Priore Francesco è protagonista di un evento straordinario che lo accosta ad uno dei momenti più dolorosi della Passione di Cristo: il conferimento delle stimmate lo consacra come alter Christus, l’unico uomo ad aver accolto sul suo corpo le stesse ferite di Gesù. Le opere della mostra si presentano come raffigurazioni di eccezionale potenza simbolica ed evocativa, come nell’elemento centrale del Polittico di San Francesco al Prato, capolavoro di Taddeo di Bartolo, in cui il Santo schiaccia le allegorie dei vizi opposti ai tre voti della Regola Francescana (la Superbia – opposta all’Obbedienza – la Lussuria – opposta alla Castità – l’Avarizia – opposta alla Povertà).
Passando per la sublime eleganza dello Sposalizio mistico di Santa Caterina, opera di Benozzo Gozzoli in prestito dalla Fondazione Perugia, e per la struggente Pietà di Niccolò Liberatore, proveniente dalla Museo d’arte moderna e contemporanea “Aurelio de Felice” di Terni, l’itinerario umbro si conclude, idealmente, con due capolavori dell’artista che ha la sua terra nel nome: Pietro Vannucci, detto Perugino, il quale nel corso della sua vita si misurò più volte con la volontà di dare un volto al Santo. Le sue opere, provenienti dalla Galleria Nazionale dell’Umbria, si accostano agli altri tre capolavori che giungono a Roma dal principale museo umbro, realizzati da maestri del calibro di Taddeo di Bartolo, Niccolò Liberatore (detto l’Alunno) e Niccolò del Priore.
La capacità del meglio maestro d’Italia (come lo definì Agostino Chigi, nel 1500) di rendere la portata mistica e le manifestazioni della sua ardente fede, attraverso i gesti e le espressioni, rende le sue visioni di Francesco particolarmente vive e attuali, ricordando come la contemporaneità del Santo sia il più efficace e puntuale manifesto dell’identità di una terra, di una regione, di un sentire umbro.
Perseguendo la portata eccezionale del suo insegnamento, la mostra nasce da una collaborazione territoriale, che vede unitariamente muoversi Enti e Istituzioni nell’intento non solo celebrativo, ma anche identitario: nell’anno del Giubileo, introiettando il messaggio sotteso al Cantico delle Creature, il Senato della Repubblica onora il Patrono d’Italia attraverso la più profonda identità della regione che gli ha dato i natali e ha accolto il suo transito: l’Umbria, celebrata da opere che indagano i suoi paesaggi, i suoi elementi, le sue tradizioni, i suoi culti, i suoi Maestri, la sua Storia, manifestando le radici sacre e le loro laiche declinazioni.
Elenco delle Opere
SAN FRANCESCO, TRA CIMABUE E PERUGINO.
Nel Giubileo con il Cantico delle Creature
Chartula autografa di frate Francesco con rubriche di frate Leone, 1224, settembre, ambito centro-italiano, inchiostro bruno ferro-gallico e rosso cinabro su pergamena di pelle di capra, Assisi, Cappella di San Nicola, Basilica di San Francesco (chiesa inferiore)
Reliquiario della Chartula, ultimo quarto del XVI secolo – ante 1613, Assisi, Cappella di San Nicola, Basilica di San Francesco (chiesa inferiore)
Cenni di Pepo detto Cimabue, San Francesco d’Assisi, 1280-1290 circa, tempera su tavola, Assisi, Santa Maria degli Angeli, Museo della Porziuncola
Taddeo di Bartolo, San Francesco d’Assisi in gloria schiaccia l’Orgoglio, la Lussuria e l’Avarizia (elemento centrale del verso del Polittico di San Francesco al Prato), 1403, firmato e datato, tempera su tavola, Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria
Benozzo di Lese detto Benozzo Gozzoli, Sposalizio mistico di santa Caterina d’Alessandria e i santi Bartolomeo, Francesco d’Assisi e Lucia, 1466, firmato e datato, tempera su tavola, Terni, Museo d’arte moderna e contemporanea “Aurelio de Felice”
Nicolò del Priore, Tabernacolo a sportelli, Stimmate di san Francesco tra san Francesco d’Assisi e santa Chiara, 1496, tempera su tavola, Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria
Pietro Vannucci detto Perugino, Gonfalone della Giustizia, 1496, olio su tela, Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria
Niccolò di Liberatore detto L’Alunno e Lattanzio di Niccolò, Cristo in Pietà tra la Vergine, san Giovanni Evangelista, le Pie donne e san Francesco, 1500 circa, olio su tela, Perugia, Fondazione Perugia, Museo di Palazzo Baldeschi al Corso
Pietro Vannucci detto Perugino, San Giovanni Battista tra i santi Francesco d’Assisi, Girolamo, Sebastiano e Antonio da Padova (Pala dei Cinque Santi), 1510-1512 circa, olio su tavola, Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria
SINOSSI del libro di Ugo Savoia-Dalla parte giusta- Guido Ucelli di Nemi (1885-1964) è stato uno dei grandi industriali italiani del Novecento e, al tempo stesso, un italiano che ebbe il coraggio di mettere in gioco tutte le sue fortune per salvare gli amici ebrei dalle aberrazioni delle leggi razziali prima e dalle persecuzioni naziste poi. Nel 1914 sposò Carla Tosi, figlia del fondatore delle omonime officine meccaniche di Legnano. Consigliere delegato della Riva, ingegnere, era un visionario appassionato di archeologia. A lui si deve il recupero delle navi fatte costruire duemila anni fa da Caligola e che giacevano da secoli sul fondo del lago di Nemi, nel Lazio, impresa che gli valse la gratitudine di Mussolini e il titolo di nobile, con predicato «di Nemi», concesso da Vittorio Emanuele iii. Questi privilegi non lo fecero comunque esitare nemmeno un istante, quando le leggi razziali misero al bando gli italiani di origine ebraica. Tra il 1943 e il 1944, durante l’occupazione nazista di Milano e del Nord Italia, assieme alla moglie sfidò le SS e il regime fascista offrendo rifugio e sostegno economico agli amici che cercavano di sfuggire alle persecuzioni. Scoperti, Guido e Carla vennero arrestati e rinchiusi a San Vittore: lui torturato, lei spedita in un campo di concentramento. Finita la guerra, Ucelli tornò a essere il visionario di un tempo fondando, negli anni Cinquanta, il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica «Leonardo da Vinci» di Milano, progetto che aveva caparbiamente inseguito tra le due guerre con il benestare di Guglielmo Marconi.
La storia di una coppia speciale, che comincia da un ex convento in via Cappuccio, nel cuore di Milano.
Ugo Savoia-Dalla parte giusta-
«La storia raccontata da Ugo Savoia di Guido Ucelli di Nemi e Carla Tosi ci riporta indietro a quegli anni, in una Milano piegata al nazifascismo, ma ci ricorda anche, che allora come oggi, si possono fare scelte diverse» Liliana Segre
«Qualcuno parla di Schindler italiano, ma ogni confronto lascia un pezzo di verità. In comune c’è la capacità di scegliere “la parte giusta”, la forza della rettitudine che si eleva sulla barbarie» Il Giornale, Simone Finotti
Autore-Ugo Savoia è stato direttore del Corriere del Veneto, primo responsabile dell’edizione online del Corriere della Sera nel 2000, caporedattore e capocronista del quotidiano di via Solferino. Ha lavorato anche per La Notte, il Giornale di Montanelli e Il Sole 24 Ore. Dal 2018 è coordinatore didattico del Master in Giornalismo dell’università Iulm. Nel 2022 ha pubblicato per Castelvecchi Bombe su Milano, raccolta di testimonianze di cittadini milanesi che ricordavano il primo grande bombardamento sulla città, avvenuto sabato 24 ottobre 1942.
Città del Vaticano -Natale 2024 -Benedizione dei Bambinelli in Piazza San Pietro-
Città del Vaticano -Natale 2024 -Benedizione dei Bambinelli
Città del Vaticano -A ridosso del Natale e della solenne apertura del Giubileo 2025 torna domenica 22 dicembre 2024 la tradizionale Benedizione dei Bambinelli, quest’anno slittata all’ultima domenica di Avvento in Piazza San Pietro. L’appuntamento per oratori, gruppi giovanili, parrocchie e famiglie di Roma rappresenta una ormai antica tradizione a partire dal 1969 quando per la prima volta Paolo VI il 21 dicembre impartì la solenne benedizione alle statuine portate dai bambini. Tema dell’evento di quest’anno sarà “Un Cuore di Luce”: Gesù Bambino, che sta per nascere nelle case, nelle comunità e nei cuori dei credenti, rappresenta la luce che risplende e che porta via le paure e le sofferenze, offrendo al cuore di ogni uomo un abbraccio sicuro.
Città del Vaticano -Natale 2024 -Benedizione dei Bambinelli
Ad ogni oratorio partecipante, impegnati in queste settimane nelle attività di animazione tipiche dell’Avvento che coinvolgono bambini, animatori, adolescenti e famiglie, il Centro Oratori Romani ha proposto un contest per rappresentare artisticamente su tela il tema prescelto per l’edizione 2024. Le tele realizzate negli oratori verranno esposte a Piazza San Pietro nella mattinata e i vincitori verranno premiati in occasione della Festa della Riconoscenza del prossimo 28 dicembre al Don Bosco, altro appuntamento natalizio per gli oratori di Roma per una celebrazione di ringraziamento a conclusione dell’anno. Sin dalle prime ore del mattino di domenica 22 dicembre, Piazza San Pietro accoglierà i gruppi di bambini, ragazzi, adolescenti e catechisti delle parrocchie romane per un momento di incontro e di animazione, guidato dal Centro Oratori Romani. Tutti insieme gli oratori parteciperanno alla solenne celebrazione eucaristica all’Altare della Confessione presieduta da S. Em.za il Card. Mauro Gambetti, Arciprete della Basilica Vaticana, e successivamente tutti i gruppi si sposteranno in piazza per partecipare alla recita dell’Angelus insieme a Papa Francesco e ricevere la benedizione delle statuine del Bambinello in un clima di festa e di vera gioia.
La Benedizione dei Bambinelli è promossa e organizzata dal Centro Oratori Romani, associazione di fedeli fondata dal Venerabile Arnaldo Canepa per la diffusione e la promozione della pastorale oratoriana a Roma. Questa tradizione si è diffusa moltissimo negli ultimi anni in Italia e all’estero (Stati Uniti, Filippine, Inghilterra, Irlanda, Sud America e molti altri) coinvolgendo centinaia di comunità e di Diocesi dove Vescovi e sacerdoti hanno scelto di dedicare una domenica di Avvento all’appuntamento con le statuine di Gesù Bambino e all’accoglienza di famiglie, animatori e religiosi della Chiesa locale. “Quest’anno l’attesa si è moltiplicata, l’invito è ad essere ancora più vigilanti e pronti per accogliere un Natale ‘particolare'”, sottolinea il Presidente del COR, Stefano Pichierri. “Giungeremo, infatti, a Piazza San Pietro a pochissime ore dall’apertura della prima Porta Santa e al solenne inizio del Giubileo nell’ultima domenica di Avvento. L’affetto e l’entusiasmo puro dei bambini possa condurre tutti allo stupore dell’Incarnazione ed alla speranza nell’annuncio giubilare che ci accompagnerà per tutto il nuovo anno. I bambini ed i catechisti degli oratori di Roma si ritrovano, nel corso del cammino avviato in questi anni nei territori, per celebrare e festeggiare insieme i frutti di un rinnovato entusiasmo pastorale. Siamo certi che, come ogni anno, Papa Francesco gioirà della vicinanza e delle preghiere sincere dei nostri bambini e giovani animatori”.
Lawrence Ferlinghetti a Praga-passeggiate, osterie e incontri nella Città d’oro-Articolo di Dario Bellini- Fonte- il manifesto-Alias- 13 marzo 2021.«Poeti, uscite dai vostri gabinetti…»È il motto sulla terza pagina di un libro comprato su una bancarella di libri usati in un parco di Praga dedicato al soggiorno praghese di Lawrence Ferlinghetti nel 1998. Sfogliando il libro al centro della pubblicazione spunta tra le pagine, in giallo smagliante su carta più spessa, un foglio con la poesia Rivers of Light. Una poesia pubblicata solo su questo libro edito da Meander nel ’99. L’unica traccia della poesia è sulla fotografia della CTK, in questi giorni su un articolo del Washington Post, Ferlinghetti la sta sventolando alla conferenza stampa presso il Centro Franz Kafka di Praga. Il libro in questione racconta nei dettagli il viaggio di Ferlinghetti a Praga e lui descrive la sua poesia così: «L’ho scritta ieri notte, quando mi sono svegliato da un sogno. Quando la leggerete saprete riconoscerne il senso… In ogni caso se qualcuno la vuole stampare lo può fare tranquillamente. È una poesia di questo momento ed è pubblica, chiunque è autorizzato a farlo. Questa è una liberatoria un po’ anarchica, vero? Gli anarchici non credono nel diritto d’autore».
L’arrivo a Praga in treno da Parigi-
Lawrence Ferlinghetti a Praga
L’idea di invitare Ferlinghetti a Praga era nell’aria da più di dieci anni, già dagli anni 80 durante il periodo di repressioni e carcerazioni, quando in Cecoslovacchia la normalizzazione arrestava intellettuali e musicisti jazz. È probabilmente così che iniziano le amicizie e le affinità dell’underground ceco di allora con Ferlinghetti e altre personalità mondiali che facevano petizioni per la liberazione degli arrestati a Praga. Ferlinghetti di sicuro si sentiva dalla loro parte e qualche esperienza di ingiustizia ce l’aveva anche lui. Nel ’57 era stato arrestato e processato per aver pubblicato l’Urlo di Allen Ginsberg, nel ’68 era stato arrestato e condannato a 17 giorni di carcere per una manifestazione contro la guerra in Vietnam e perfino in Italia nel 2005 era stato fermato una notte dalla polizia a Brescia, arrestato come un clandestino beatnik che scattava fotografie e suonava ai campanelli in una via della città vecchia dove avevano abitato i suoi genitori. Anche un altro grande scrittore verso la fine degli anni ’80 a Praga aveva avuto problemi con la polizia, tutte le settimane veniva convocato per tremendi interrogatori nella casa piastrellata dove c’era la centrale della polizia segreta. Era Bohumil Hrabal che invitato in direzione opposta, da est verso ovest, da Aprilina Clifford per una serie di incontri culturali e conferenze nell’anno della rivoluzione di velluto, durante l’Uragano di Novembre si affacciava alle vetrine della City Lights di Lawrence Ferlinghetti a San Francisco. Viaggi attraverso gli oceani e le culture che, specialmente dopo la caduta dei muri, ma prima delle loro ricostruzioni, si alternavano con visite reciproche di artisti e scrittori tra i due continenti. Incontri tra culture in via di liberazione e finalmente nel ’97 quando un nutrito gruppo di librai, traduttori, poeti e fotografi, era partito da Praga per invitare Ferlinghetti che promise la sua partecipazione dicendo agli organizzatori «non accetto però soldi dal governo Usa, dovete trovare i finanziamenti da qualche altra parte».
In quel periodo il presidente del Festival degli Scrittori era il poeta americano Michael March che viveva a Praga. Karel Srp rilanciava la famosa Sezione Jazz Artforum e così l’edizione del festival del 1998 è diventata anche una Beat Generation Fest. La più volte rimandata visita di Ferlinghetti si è concretizzata una sera del 16 Aprile con il suo arrivo alla stazione di Hlavni Nadrazi. Un suo desiderio era quello di non essere ospitato ufficialmente in un hotel, così già dalla prima sera a Praga Lorenzo si è ritrovato come a casa ospite di Iva e Mirek Vodrazkovy nella città vecchia in via del Tempio, in una casa che prima era stata una chiesa e secondo la leggenda un luogo di incontro dei cavalieri templari.
Ferlinghetti era molto stupito dell’affetto con il quale era stato accolto, diceva continuamente che lui non era importante come Ginsberg (che era stato a Praga quattro volte dal ’65, espulso per droga e ubriachezza dalla Cecoslovacchia tornò nel 96 nella Repubblica Ceca insieme a Philiph Glass) lui si aspettava un tranquillo festival casalingo, ma già dalla prima mattina in città era su tutte le prime pagine dei giornali e anche per strada in molti lo riconoscevano, praghesi e anche turisti di passaggio. Molti gli incontri e le iniziative che erano state organizzate e fitta di eventi la pianificazione del soggiorno di Ferlinghetti a Praga, tra istituzioni, scuole, gallerie d’arte, teatri, vari centri di cultura ma anche molte birrerie e vinerie. Dalle foto che lo ritraggono in quei giorni si vede bene che Lorenzo si deve essere molto divertito nei suoi attraversamenti culturali, tra storia e attualità, passeggiando sui ponti tra la città nuova e la città vecchia, sulle rive della Moldava e sopra i castelli.
Questi sono i miei fiumi-
Lawrence FERLINGHETTI
Il 18 Aprile era previsto il primo evento pubblico e la conferenza stampa al Centro Franz Kafka era molto affollata. C’era Maya Cain la curatrice di Prague Projekt, accanto a Ferlinghetti c’era Dante Marinacci, poeta e traduttore in Italia delle poesie di Ferlinghetti e direttore del centro di cultura italiano di Praga e c’erano Michael March e Karel Srp. Tra il pubblico, oltre ai giornalisti, molti artisti, poeti e ammiratori dello scrittore italoamericano. Subito la sorpresa di una poesia scritta proprio quella notte, istantaneamente stampata in giallo da Mirek in cento copie e distribuita ai presenti, in un’atmosfera di amicizia e grande disponibilità. C’era da mettersi d’accordo sulla lingua. L’inglese lo parlavano tutti, anche un po’ l’italiano che Ferlinghetti di origini bresciane parlava (aveva tradotto anche alcuni poeti), ma il ceco per lui era «come una lingua sulla luna».
Fu una conversazione molto internazionale e la conferenza fitta di domande specialmente sulla situazione politica, il ruolo degli intellettuali e la poesia. È vero che è venuto in treno? «Sì ho viaggiato per 15 ore, in treno vedo il mondo mentre in aereo sembra tutto uguale».
Conosce la poesia di Giuseppe Ungaretti? «Questi sono i miei fiumi…ho ripassato le epoche della mia vita… c’è molta affinità, la luce non è un’idea, è ambiente e atmosfera. Sì la citazione di Ungaretti l’ho usata per una mia raccolta di poesie che ho pubblicato prima negli Stati Uniti e poi in Italia». Ha incontrato recentemente Gregory Corso? «Certamente Gregory Corso è il più grande poeta della beat generation dopo Allen Ginsberg. È un poeta geniale. Ha un suo modo di parlare americano molto originale, una lingo americana, come la tradurreste? No non è un dialetto, è qualcosa di diverso. Lui è veramente molto originale, non è mai influenzato da altre fonti letterarie. La mia poesia è invece molto influenzata da molti scrittori e poeti come Ungaretti, T.S. Eliot, Dylan Thomas, Walt Whitman, invece Gregory Corso ha una sua anima poetica pulita come a suo modo aveva solo Shelley». Sapete dov’è Gregory adesso? «Chi lo sa… forse a New York, forse a Campo de’ Fiori a Roma, forse da qualche altra parte. Magari entrerà da questa porta, lui è sempre con Shelley». Che ne pensate dei poeti cechi e di Kafka? «Kafka non esiste, è come un marchio… Sul Lunapark avevo in testa la poesia di Kafka del Castello. Ho anche letto Havel, i suoi drammi La Tentazione e Largo Desolato sono molto vicini a Ionesco e Samuel Beckett, ma la mia conoscenza della letteratura ceca è molto limitata»
Come dovrebbe funzionare un mondo ideale? Cosa pensa dell’anarchia? «L’anarchia non è mai stata un’ideologia, è stato un anarchismo ideale. I media hanno degradato l’anarchia a dei bombaroli che buttano sempre qualcosa in aria. Quando ovviamente tornate all’idea di anarchia come filosofia, indietro a Bakunin e agli altri scrittori anarchici come l’anglicano Herbert Reed oppure il canadese George Woodkock, scoprite che la filosofia anarchica è realmente libertaria, di individui per la libertà contro gli stati totalitaristi, che limitano la libertà degli individui. Arriva all’ideale che afferma che l’uomo è capace di governarsi da solo, senza uccidere i propri simili. In altre parole l’anarchia è una fede e dice che le persone sono fondamentalmente buone. Si può dire che anche la beat generation è stata una fede, un modo di relazionarsi con il mondo e sono convinto del bisogno che c’è di questo, nel mondo di oggi assorbito da una ingordigia materialistica insaziabile».
Poeti, intellettuali e chaos-
E poi inizia a parlare di tutto, così come in diverse altre occasioni del suo soggiorno a Praga in una non stop di 72 ore di letture e giornate di passeggiate, di incontri nelle osterie e di altre iniziative più o meno organizzate, come per i ragazzi di una scuola d’arte che gli hanno fatto dei ritratti, con i fotografi che gli hanno scattato fotografie in continuazione o al teatro Lucerna dove ha partecipato con City Lights alla Fiera internazionale del libro in corso in quei giorni. Quasi dieci giorni di soggiorno a Praga che sono evidentemente volati tra la musica del Club Rokoko, del jazz nella chiesa di San Salvatore, a teatro con il regista Lumir Tucek e le sue rappresentazioni dei Giochi di amnesia e Le tremila formiche rosse, la visita al Castello, le dissertazioni sull’anarchia buddista di Gary Snyder che anche lui a fine anno sarebbe stato invitato a Praga, Brno e Olomouc per delle letture.
Parla volentieri di tutto, come del superamento di apparteneza nazionale: «La tecnologia informatica ormai ignora completamente le frontiere e i governi non riescono a padroneggiare il cambiamento. Come mi ha detto Gunther Grass forse nel ventunesimo secolo non esisteranno più gli stati così come li conosciamo adesso ma ci saranno solo orde migratorie, quando le etnie individuali vagheranno alla ricerca di cibo e alloggio. Io però questa visione così nera non ce l’ho. In tutto questo gli artisti ballano ai confini del mondo e cercano di cambiarne il destino. Nel campo della poesia darei la precedenza ad un’altra parola, oggi un poeta deve essere qualcosa di più di un semplice poeta, deve essere un intellettuale. Ci sono stati molti grandi poeti pazzi e burrascosi da Villon a Rimbaud e Dino Campana fino a Gregory Corso che sono degli enormi compositori lirici ci pazzoidi e non c’è niente che li possa sostituire, sono i poeti più grandi. Un’eccezione era Allen Ginsberg con il suo modo di pensare geniale era capace di ragionare ad ogni livello su ogni tema, come un grande poeta e non solo come un lirico geniale e pazzoide. Vaclav Havel è un’altra eccezione, è allo stesso tempo un intellettuale e un politico che sa parlare alla gente. In America non è così, i politici sono ad un così basso livello che spesso non sono creduti, leggono discorsi scritti da qualcun’altro.
Lawrence Ferlinghetti
Il bevitore di assenzio-
Così è intitolato il grande quadro appeso ad una parete della grande Kavarna Slavia, un luogo da sempre molto frequentato da tutti, famiglie, studenti, intellettuali, artisti, giovani e anziani. Lì proprio a fianco del quadro c’è una porticina secondaria, comunicante con la famosa Accademia di Cinema, Musica e Teatro, FAMU, AMU e DAMU dalla quale gli studenti entrano da sempre indisturbati. Le grandi vetrate danno sulla Narodny Trida dove c’è il Teatro Nazionale e di fronte sulla Vltava c’è il ponte dove transitano incessantemente i puntualissimi tram di Praga, in vista del Castello presidenziale di Hradcany. Poco più in là l’originale architettura del palazzo danzante con a fianco il portoncino del piccolo appartamento all’ultimo piano dove per un bel po’ Vaclav Havel si è ostinato ad abitare prima di trasferirsi al Castello.
La famosa Caffetteria Slavia ad un certo punto è stata acquistata da un grande gruppo immobiliare americano, è stata chiusa per tempo, si diceva addirittura che ci avrebbero aperto un Mc Donald ma naturalmente tutti si sono opposti. Quando finalmente il caffè è stato riaperto, bello come prima, era però sparito il quadro del bevitore di assenzio, stava per essere venduto all’asta ma poi è stato restituito. Proprio lì sotto quel ritratto impressionista di un autore senza nome, quasi in un appuntamento giornaliero, Lorenzo si incontrava con gli amici di Praga che lo hanno iniziato all’assenzio, lui diceva di non averlo mai bevuto ma il cameriere gli ha detto che era solo al 72 per cento e quindi innocuo. Lui per provare ne ha messo qualche goccia in un bicchierino di acqua che però non si è tinta di giallo come il pernod, poi con un dito intinto della sostanza ne ha esaminato il lavaggio del colore sul suo taccuino e dicendo quanto era piacevole quel posto che non ce n’era uno così in America e neanche a San Francisco, se lo è bevuto in un sorso alla salute dei bevitori di assenzio praghesi.
Di effetto un po’ lisergico diventavano così anche alcune sue citazioni di astronomia e di teorie del chaos: «Mi piace l’astronomia e l’ho studiata molto. Le teorie più avanzate sono spesso meravigliosamente poetiche come ad esempio il paradosso dell’astronomo tedesco Olbers che osservava che le stelle guardate a distanza ravvicinata erano moltissime, ma più a lungo guardava erano sempre di più, a distanza infinita ci sono grappoli di stelle giganteschi che si vede solo la luce, è il paradosso di Olbers dove l’infinito è solo luce». E qui viene in mente la poesia Proximity di Gregory Corso: A star is as far as the eye can see and near as my eye is to me. Tutti erano sorpresi del buon umore di Ferlinghetti e Iva Vondrackova l’attrice e cantante, che con Mirek lo ha accudito tutto il tempo nella loro casa in Templova Ulice, racconta di una mattina di sole (mattina in ceco si dice rano) in strada Lorenzo ballava e cantava «Rama rama, Rano rano… che bella giornata, di nuovo qualcosa di nuovo, non ho settantanove anni, ma ventuno»
Così che dopo essere stato dappertutto, anche in onore di Hrabal alla birreria del Tigre, U Zlateho Tygra dove insieme a Maja Cain, Brian Patten, Robert Creeley, Gyorgy Petri, Egon Bondi, a un certo punto sono arrivate come onde del Pacifico Brenda Knight insieme al suo fidanzato pittore Paul Blake, Ruth Weiss e Carolin Cassady, portavano il libro di Brenda sulle donne della beat generation.
Quando qualcuno ha poi chiesto a Ferlinghetti che cosa gli era piaciuto di più, se l’autogramiada (gli autografi) al teatro Lucerna, le letture di poesia, la serata di improvvisazione jazz o gli anarchici della rivista Konfrontace, Lawrence ha risposto «l’incontro con gli anarchici, sono giovani e si fanno delle domande interessanti. Si prendono cura di quello che succede nel mondo e sul pianeta». In partenza il 25 ci siamo alzati alle 6.30, racconta nel suo diario Iva, un caffè al volo e in fretta alla stazione. Un sorriso e un saluto. Ce ne siamo andati prima che il treno partisse, e lo abbiamo lasciato «on the road».
Prima stesura a cura di Maria Fancelli con un testo di Jonathan Bazzi –
Marsilio Editori Venezia
Descrizione-Il libro Johann W. Goethe racconta la breve vita di Werther, un giovane uomo redditiere, aspirante pittore, che vive in una imprecisata cittadina della Germania tardo-feudale circa quindici anni prima della Rivoluzione francese. Uscito di casa per un viaggio legato all’eredità materna, si innamora perdutamente di Lotte, promessa e poi sposa di Albert, il consorte esemplare. Mentre nella prima parte vive una stagione di travolgente felicità fisica, in armonia con se stesso e con gli altri, nella seconda parte Werther cade in uno stato depressivo e si abbandona a una crescente pulsione di morte. Finché, di fronte all’impossibilità di amare Lotte, medita una decisione estrema. Sistema le sue carte e scrive un biglietto di addio, quindi manda il servitore a chiedere le pistole ad Albert per un improbabile viaggio. Si lascia guidare in questo percorso dalle drammatiche pagine di un bardo gaelico appena scoperto, Ossian. Le accarezzerà a lungo, quelle pistole passate attraverso le mani di lei, contemplandole come un vettore d’amore. Lei che aveva tremato ed era trasalita nel porgere al servitore l’oggetto richiesto dall’amato. Altri temi si affacciano all’orizzonte del libro: la decadenza di un’aristocrazia al tramonto, la società chiusa, la pulsione artistica, il rifiuto della cultura accademica, lo spirito di libertà, la natura splendente e divina, la città ostile, il giardino, il sogno di un abbandono al dionisiaco. Ossian e Omero sono le contrastanti letture. Una storia d’amore e di morte, atto fondativo della letteratura tedesca moderna e icona del romanzo epistolare europeo.
Johann W. Goethe
Autore-Johann W.GoetheL’entusiasmo per il genio di Shakespeare, l’approfondimento dei grandi temi della sensibilità borghese, l’esperienza diretta della vita politica e culturale di un piccolo ducato tedesco, il lungo viaggio in Italia, l’assidua attenzione agli sviluppi della Rivoluzione francese, il costante riferimento ai grandi esempi della civiltà classica e la fervida discussione con le espressioni più salienti della cultura del suo tempo: su queste basi Johann Wolfgang Goethe (1749-1832) costruisce i pilastri della letteratura tedesca moderna e con le grandi figure di Werther e di Egmont, di Ifigenia e di Tasso, ma soprattutto di Wilhelm Meister e di Faust, la eleva a Weltliteratur.
Johann W. Goethe-I dolori del giovane Werther-
Prima stesura a cura di Maria Fancelli, con un testo di Jonathan Bazzi – Marsilio Editori Venezia
Poesie di Lilija Gazizova Poetessa e saggista russa
contributo a cura di Paolo Galvagni|Rivista Atelier|
LILIJA GAZIZOVA-Poetessa e saggista russa. È nata a Kazan’ (Tatarstan, Russia centrale). Si è laureata in medicina, poi al rinomato Istituto Letterario Gor’kij di Mosca. Per alcuni anni ha lavorato come pediatra. Attualmente insegna letteratura russa all’Università Erciyes di Kayseri (Turchia). Esperta di lingue turcofone, traduce in russo la poesia tartara e turca. Suoi versi sono apparsi sulle riviste “Novyj Mir”, “Znamja”, “Arion”, ‘Oktjabr’”, “Junost’”. Ha al suo attivo quindici raccolte poetiche, pubblicate in Russia, Europa e America. Ha curato l’antologia Il verso libero russo contemporaneo (Mosca 2021). Ha partecipato a numerosi festival letterari: Belgio, Francia, Finlandia, USA Armenia, Estonia, Polonia. a cura di Paolo Galvagni
Толстый ребёнок
Я думаю о том, какие мысли
В голове у очень толстого ребенка.
И часто ли ему бывает грустно.
Я думаю, что толстого ребенка
Намного чаще обижают,
Чем худого.
Еще я думаю о том,
Что в каждом из нас
Плачет толстый ребенок.
Un bambino grasso
Penso a quali pensieri abbia
In testa un bambino molto grasso.
E se è triste spesso.
Penso che un bambino grasso
Venga offeso molto più spesso,
Che un bambino magro.
Penso anche che
In ciascuno di noi
Pianga un bambino grasso.
***
Смерть поэзии
Когда поэзия умрет,
На похороны придут физики,
Цветочки положат на могилку.
Филологи чинно постоят,
Поскорбят для виду.
Детей приведут
В воспитательных целях
Или для массовости.
Прохожий подойдет,
Поинтересуется
Объектом похорон.
Все в ответ промолчат,
В мысли погруженные.
Да и что ответить-то.
La morte della poesia
Quando la poesia morirà,
Al funerale verranno i fisici,
Deporranno fioretti sulla tombina.
I filologi si ergeranno con decoro,
Soffriranno per finta.
Porteranno i bambini
Per scopi educativi.
O per partecipare in massa.
Un passante si avvicinerà,
Si interesserà
Dell’oggetto del funerale.
Tutti in risposta taceranno,
Immersi nei pensieri.
Ma che si può rispondere?
***
Бабушка и Далида
Когда бабушка слушала Далиду,
Она становилась добрее.
Я могла попросить ее
О чем угодно, даже о сладком.
Когда бабушка слушала Далиду,
Она становилась красивее.
Она распускала длинные волосы,
А в глазах появлялась мечта.
Когда бабушка умерла,
Далиду стала слушать
Другая женщина,
Похожая на бабушку.
La nonna e Dalida
Quando la nonna ascoltava Dalida,
Diventava più buona.
Potevo chiederle di tutto, anche i dolci.
Quando la nonna ascoltava Dalida,
Diventava più bella.
Scioglieva i capelli lunghi,
E negli occhi appariva il sogno.
Quando la nonna è morta,
Ha cominciato ad ascoltare Dalida
Un’altra donna,
Simile alla nonna.
Дороги
Я буду с тобой,
Пока не нужна тебе.
Стану нужной — уйду.
Так много дорог на земле,
И по всем я пройти хочу:
Каменистым, песчаным, кирпичным.
И погладить всех встречных собак.
И взглянуть в глаза всем мужчинам.
Не ревнуй!
Никому из них не удержать меня.
И тебе не удержать меня.
Но я буду с тобой, пока не нужна тебе.
Стану нужной — уйду.
Strade
Io starò con te,
Fin quando non ti servirò.
Ti servirò – me ne andrò.
Sono tante le strade sulla terra,
E le voglio percorrere tutte:
Di pietra, di sabbia, di mattone.
E accarezzare tutti i cani che incontro.
E guardare tutti gli uomini negli occhi.
Non ingelosirti!
Nessuno di loro mi tratterrà.
Nemmeno tu mi tratterrai.
Ma starò con te, fin quando non ti servirò.
Ti servirò – me ne andrò.
***
Любовь и математика
Ты – сложная математическая задача.
Хочу решить тебя эмпирически.
Формулы подбираю.
Меняю местами слагаемые и множители.
Но в течение дня
Условия задачи меняются.
И ответ ускользает.
Ночью как никогда
Я близка к решению.
Но к утру ты превращаешься
В новую математическую задачу.
И я снова решаю тебя.
L’amore e la matematica
Sei un esercizio di matematica complesso.
Voglio risolverti empiricamente.
Scelgo le formule.
Cambio di posto addendi e moltiplicatori.
Ma durante la giornata
I termini dell’esercizio cambiano.
E la risposta scivola via.
Di notte come non mai
Sono vicina alla soluzione.
Ma verso mattina ti tramuti
In un nuovo esercizio di matematica.
E io ti risolvo nuovamente.
Poesie pubblicate dalla Rivista Atelier
La rivista «Atelier» ha periodicità trimestrale (marzo, giugno, settembre, dicembre) e si occupa di letteratura contemporanea. Ha due redazioni: una che lavora per la rivista cartacea trimestrale e una che cura il sito Online e i suoi contenuti. Il nome (in origine “laboratorio dove si lavora il legno”) allude a un luogo di confronto e impegno operativo, aperto alla realtà. Si è distinta in questi anni, conquistandosi un posto preminente fra i periodici militanti, per il rigore critico e l’accurato scandaglio delle voci contemporanee. In particolare, si è resa levatrice di una generazione di poeti (si veda, per esempio, la pubblicazione dell’antologia L’Opera comune, la prima antologia dedicata ai poeti nati negli anni Settanta, cui hanno fatto seguito molte pubblicazioni analoghe). Si ricordano anche diversi numeri monografici: un Omaggio alla poesia contemporanea con i poeti italiani delle ultime generazioni (n. 10), gli atti di un convegno che ha radunato “la generazione dei nati negli anni Settanta” (La responsabilità della poesia, n. 24), un omaggio alla poesia europea con testi di poeti giovani e interventi di autori già affermati (Giovane poesia europea, n. 30), un’antologia di racconti di scrittori italiani emergenti (Racconti italiani, n. 38), un numero dedicato al tema “Poesia e conoscenza” (Che ne sanno i poeti?, n. 50).
Direttore generale e responsabile: Giuliano Ladolfi Coordinatore delle redazioni: Luca Ariano
Redazione Online
Direttore: Giovanni Ibello Caporedattrice: Valentina Furlotti Redazione: Giovanna Rosadini, Gisella Blanco, Sarah Talita Silvestri, Massimo D’Arcangelo, Piero Toto, Emanuele Canzaniello, Giovanni Di Benedetto, Silvia Patrizio, Mattia Tarantino. Collaboratori ed ex collaboratori: Michele Bordoni, Gerardo Masuccio, Antonio Fiori, Matteo Pupillo, Giulio Maffii, Daniele Costantini, Francesca Coppola, Mario Famularo, Paola Mancinelli, Lucrezia Lombardo.
Redazione Cartaceo
Direttore: Giovanna Rosadini Redazione: Mario Famularo, Giulio Greco, Alessio Zanichelli, Giuseppe Carracchia, Carlo Ragliani, Eleonora Rimolo.
Premio Nobel per la Medicina nel 1986, ci lasciava il 30 dicembre del 2012 , all’età di 103 anni
~ Rita Levi Montalcini:” Fin da bambina ero sicura di non voler diventare moglie e madre. Vedevo in famiglia una prevalenza assoluta di mio padre e lo temevo molto: due più due non faceva quattro davanti a lui, che pure era un matematico. Mia madre, pittrice, dovette smettere di lavorare dopo il matrimonio.
Lottai prima contro il volere di mio padre che non approvava che le figlie femmine si dedicassero allo studio. Mi disse solo ‘non posso impedirtelo, ma non ti approvo’, poi arrivarono le leggi razziali.
Le donne, valgono esattamente quanto gli uomini, anzi, sono dotate di una maggiore flessibilità cerebrale. Purtroppo nel corso della storia sono state tenute lontane dall’istruzione. Ma là dove hanno accesso al sapere, i risultati non mancano.
A 90 anni ho iniziato a perdere un po’ la vista, molto l’udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent’anni.
Il corpo faccia quello che vuole.
Io non sono il corpo: io sono la mente”…
Rita Lèvi-Montalcini – di Massimo Bray
Rita Levi-Montalcini- Neurobiologa italiana (Torino 1909 – Roma 2012). Con Stanley Cohen, suo collaboratore per le ricerche sull’NGF (nerve growth factor, fattore di crescita nervoso), è stata insignita nel 1986 del premio Nobel per la fisiologia o la medicina; nominata nel 1974 membro dell’Accademia pontificia delle scienze e nel 1990 socio nazionale dei Lincei (socio straniero dal 1977). Ha ricoperto tra il 1993 e il 1998 la carica di presidente dell’Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da G. Treccani, istituzione che è riuscita a rilanciare in quegli anni con l’allargamento della partecipazione societaria. È inoltre presidente onoraria dell’Associazione italiana per la sclerosi multipla. Nel 1992, insieme alla sorella ha costituito, sotto il motto “Il futuro ai giovani”, in memoria del padre Adamo Levi, la Fondazione Levi-Montalcini con lo scopo di aiutare giovani donne africane, attraverso l’assegnazione di borse di studio finalizzate alla formazione di dirigenti nella vita scientifica e sociale del proprio Paese. Il 1º agosto 2001 la scienziata è stata nominata senatore a vita per i suoi meriti scientifici e sociali. Tra i numerosi riconoscimenti prestigiosi a lei conferiti: socio dell’Accademia delle scienze detta dei XL, della National Academy of sciences statunitense e della Royal Society; ha ricevuto il Premio Antonio Feltrinelli per le scienze mediche nel 1969 e la laureahonoris causa al Politecnico della sua città natale nel 2006. Nel 2008 è stata insignita della prima medaglia d’onore dell’Accademia di Francia a Roma.
Di famiglia ebrea, sorella dell’architetto Gino e della pittrice Paola, L.-M. crebbe nel vivace ambiente intellettuale torinese del primo dopoguerra; frequentò l’istituto di anatomia umana dell’università di Torino diretto da Giuseppe Levi e nel 1936 conseguì la laurea in medicina e chirurgia, iniziando sin da allora gli studi sul sistema nervoso che avrebbe sviluppato con rilevanti risultati lungo tutta la sua carriera di ricercatrice. Le leggi razziali promulgate dal regime fascista nel 1938 diedero un duro e quasi inaspettato colpo alla comunità ebraica italiana che aveva partecipato con entusiasmo e gran coinvolgimento al periodo risorgimentale. Per l’esclusione da tutte le istituzioni pubbliche, L.-M. non poté continuare i suoi studi nei laboratori universitari italiani. Si trasferì in Belgio per frequentare un laboratorio neurologico a Bruxelles e lì proseguì le sue iniziali ricerche sui processi del differenziamento del sistema nervoso. Tali ricerche poté successivamente continuare a Torino, dove era rientrata nel 1940, allestendo un piccolo laboratorio “clandestino” di neurobiologia nella casa familiare, in cui accolse anche il suo professore G. Levi. Dopo l’inizio dell’occupazione tedesca, a seguito dell’armistizio dell’8 settembre 1943 dell’Italia con gli Alleati, L.-M. si trasferì a Firenze, dove tra il 1944 e il 1945 prestò servizio presso la Croce Rossa in un campo di rifugiati. Sono gli anni in cui affiora la grande determinazione che l’accompagnerà per tutta la vita nella scelta di coniugare impegno sociale e passione per la ricerca scientifica. Alla fine della seconda guerra mondiale, nel 1945 assunse il posto di assistente alla cattedra di anatomia di Torino. Già durante gli anni di guerra era venuta a conoscenza di alcuni esperimenti sul differenziamento del sistema nervoso condotti dall’embriologo statunitense V. Hamburger sugli embrioni di pollo e lei stessa aveva approfondito le ricerche giungendo a diversi risultati pubblicati su riviste scientifiche internazionali. Nel 1947, quando raggiunse Hamburger alla Washington University di St. Louis, dove in seguito fu nominata associated professor e poi full professor, portò sul terreno sperimentale il problema delle relazioni tra neurosviluppo e periferia organica. Innestando in embrioni di pollo frammenti di speciali tumori, poté osservare il prodursi di un “gomitolo” di fibre nervose a carico delle cellule gangliari, deducendone l’ipotesi di un fattore chimico, liberato dal tessuto ospite e attivo sullo sviluppo dei neuroni. Tra la fine del 1950 e il 1951, agganciandosi alle ricerche dell’embriologo E. Bueker, delineò l’idea di un nerve growth promoting agent, presentando nel dicembre 1951 presso la New York Academy of science la sua tesi che cercava di spiegare la differenziazione dei neuroni e la crescita di fibre nervose, l’esistenza di fattori liberati da altre cellule capaci di controllare questa differenziazione. La tesi venne approfondita e precisata con nuove esperienze, condotte nel 1952 con la cultura in vitro all’Istituto di biofisica dell’università di Rio de Janeiro, in collaborazione con H. Mayer, allieva di E. Fisher. Tornata nel 1953 a St. Louis e nominata professore associato, conobbe il biochimico S. Cohen, che iniziò a lavorare con lei. In quell’anno riuscì a isolare una frazione nucleoproteica tumorale e in seguito a identificare con la componente proteica il fattore attivo sulle cellule dei gangli nervosi. Designata come nerve growth factor (NGF) in un articolo apparso nel 1954 su Proceedings of the National Academy of Science U.S., essa si sarebbe dimostrata attiva sul differenziamento, il trofismo e il tropismo di determinati neuroni del sistema nervoso periferico e del cervello: prima di una nuova classe di sostanze fisiologicamente attive, i fattori di crescita. Presente anche in organi e liquidi organici – ghiandole sottomascellari di ratto, veleno di serpente, liquido seminale di toro – in cospicue quantità, l’NGF ha potuto essere sottoposto ad analisi chimiche e fisiochimiche, fino alla determinazione del peso molecolare e della sequenza di aminoacidi, a opera di allievi (V. Bocchini, P. Angeletti, R. H. Angeletti, R. Bradshaw).
La sua carriera universitaria e di ricerca si è svolta tra gli USA e l’Italia: professore ordinario, dal 1959 al 1977, nell’Istituto di biologia della Washington University a St. Louis, dal 1961 al 1969 ha diretto il Centro di ricerca neurobiologica, istituito dal Consiglio nazionale delle ricerche presso l’Istituto superiore di sanità. Nel 1969, e fino al 1979, è passata a dirigere il Laboratorio di biologia cellulare: professore ospite presso l’Istituto di neurobiologia, sempre dell’area CNR, fino al 1989. Nel 2005 ha fondato lo European brain research institute (EBRI), centro di ricerca scientifica internazionale per lo studio delle neuroscienze.
È da sempre molto attiva in campagne di interesse sociale, per es. contro le mine anti-uomo o per la responsabilità degli scienziati nei confronti della società. La Fondazione Rita Levi-Montalcini, rivolta sin dalla costituzione alla formazione e all’educazione dei giovani, ha ampliato nel 2001 la sua finalità per “venire in aiuto alle donne dei paesi del sud del mondo, in particolare nel continente africano”, favorendo l’accesso all’istruzione negato “per creare una classe educata di donne in grado di assumere posizioni direttive a livello sociale, politico e scientifico”. Prosegue la sua attività di ricerca presso l’EBRI, affiancata da un costante impegno in campo sociale e politico e sostanziata dalla profonda riflessione etica che ne ha animato l’intero percorso di vita.
Opere
Delle sue numerose pubblicazioni vanno segnalate: The nerve growth factor, in collaborazione con Pietro Calissano, in Scientific American, 240 (1979), 6; Nerve growth factor as a paradigm for other polipeptide growth factors, in collaborazione con P. Calissano, in Trends in Neuroscience, 1986, pp. 473-77; Elogio dell’imperfezione (1987); Il tuo futuro (1993); Senz’olio contro vento (1996); L’asso nella manica a brandelli (1998); La galassia mente (1999); Cantico di una vita (2000); Tempo di mutamenti (2002); Tempo di azione (2004); Abbi il coraggio di conoscere (2005); I nuovi magellani nell’er@ digitale (2006); Cronologia di una scoperta (2009). Tra i contributi redatti per l’Istituto della Enciclopedia Italiana: Neurogenesi (Enciclopedia del Novecento, vol. IV, 1979, pp. 637-661); Nerve growth factor (Enciclopedia della Scienza e della Tecnica, vol. II, 2007, pp. 177-188).
Roma-Make Art Gallery, Timeless un progetto artistico ideato dal curatore d’arte di Roma Stefano Fiore, presenta la mostra virtuale internazionale “Timeless“.
Make Art Gallery, Timeless
“Timeless” celebra l’essenza eterna dell’arte, esplorando come alcune creazioni riescano a superare le barriere temporali e culturali, rimanendo rilevanti attraverso i secoli. L’idea alla base del progetto è che alcune opere d’arte non siano vincolate al loro contesto storico, ma continuino a parlare all’animo umano con una forza universale. In ogni epoca, gli artisti hanno creato opere che hanno sfidato il tempo: dai maestosi templi dell’antichità ai capolavori rivoluzionari del Rinascimento, fino alle audaci espressioni dell’arte moderna.
In questa esposizione virtuale, incontrerete artisti che, attraverso il loro linguaggio visivo, indagano come le loro opere possano trascendere i confini storici, mantenendo unicità e forza nel tempo.
Online dal 30 novembre al 30 dicembre 2024
Accessibile dalla homepage del sito: https://www.makeartgallery.com
Direttore artistico: Stefano Fiore
La lista ufficiali degli artisti partecipanti.
The official list of participating artists.
Adina Elena Ghinaci
Bianca Duarte
Blessing Adegboro
Dead Boy
Dino Puglisi
Eleonora Hodut
Emanuele Alfredo Bianco
Fabio Adani
Francesca Mazzaglia
Georgiana Nicol Vigu
Giampiero De Santis
Irina Gamarnik
Marcos Enrique Hernandez Falcone
Maria Antonietta Letizia
Maristella Angeli
Massimiliano Bruno Calabresi
Patrizia Aletta
Raffaella Folle
Riccardo Montalbano
Simone Blasi
Stela Toncheva
Viego Drobotă
Viktoria Zaharova
Make Art Gallery è un team appassionato composto da artisti e curatori d’arte che collaborano dal 2010 per promuovere gli artisti attraverso nuove idee e spazi espositivi online.
Il gruppo artistico Make Art Gallery opera online attraverso eventi virtuali come mostre e concorsi per artisti emergenti, con una forte promozione online e su canali dedicati all’arte.
In questo nuovo mondo espositivo, gli artisti potranno partecipare a varie attività volte a promuovere la loro arte, quali: mostre virtuali sia collettive che personali, volumi d’arte internazionali ed eventi esclusivi come le mostre virtuali in streaming YouTube trasmesse direttamente dal Metaverso.
Make Art Gallery – Arte ed Artisti Contemporanei
Per informazioni e candidature spontanee:
e-mail: info@makeartgallery.com
Franco Leggeri Fotoreportage Roma Municipi XIII-XIV
-Ass. Cornelia Antiqua- Narrare il passato
– PONTI sul FIUME ARRONE –
Il fiume Arrone
Franco Leggeri Fotoreportage-Roma Municipio XIII- Ponti sul fiume ARRONE-Il vecchio ponte sull’Arrone , oramai in disuso , pavimentato ancora con il suo selciato originale ; incorporato nel parapetto si trova un blasone nobiliare medievale in marmo e poi vi sono ancora installate le vecchie paratie, vera archeologia industriale, le quali servivano per regolare il flusso dell’acqua destinata all’irrigazione della campagna romana circostante.
BREVI NOTIZIE SUL FIUME ARRONE IL CONFINE TRA ROMA E FIUMICINO.
Stemma sul PONTE sul FIUME ARRONE
L’Arrone è un fiume del Lazio; scorre nella provincia di Roma, è lungo 35 chilometri, nasce nella parte sud-orientale del lago di Bracciano ad Anguillara Sabazia e sfocia a Fiumicino nel mar Tirreno tra Maccarese e Fregene. Il bacino misura 125 km² di superficie. Pur configurandosi emissario del lago di Bracciano, il contributo del lago alla portata del fiume è esiguo, e in alcuni mesi dell’anno del tutto nullo. Nell’alto bacino sono presenti le sorgenti dell’Acqua Claudia. Dall’estremità sudorientale del lago, a quota 164 metri slm, il fiume si dirige da Nord Ovest a Sud Est per circa 3 km, poi si dirige a Sud per 12 km e quindi a Sud Ovest fino alla foce. In questo tratto confluisce il Rio Maggiore, affluente di destra. Subito a valle di questa confluenza il bacino dell’Arrone è attraversato dalla Strada Statale Aurelia. Alla foce è presente un prezioso ambiente umido che, insieme a tutta l’area contigua coperta da macchia mediterranea detta Bosco Foce dell’Arrone, fa parte della Riserva naturale Litorale romano.
FIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre Primavera
TORRE di MACCARESE-nota anche come TORRE PRIMAVERA o di FREGENE
La Torre di Maccarese si trova a circa 500 metri dalla foce dell’Arrone, sulla sponda sinistra. La Torre fu costruita probabilmente . al pari di quella di Palidoro nota come Torre Perla, per difendere la foce del fiume dagli sbarchi dei saraceni.
Il fiume Arrone
CURIOSITA’
“Sulle rive dell’Arrone” è il titolo di una canzone di Daniele Silvestri, contenuta nell’album “Il Latitante” (2007), in cui si parla della prospettiva, raggiungibile dalle rive del fiume, con cui si riescono a vedere diversamente le cose. All’Arrone accenna in tutt’altri termini lo spettacolo teatrale “Storie di scorie” di Ulderico Pesce, in cui si affronta il problema delle scorie nucleari, come quelle stoccate nel deposito nucleare alla Casaccia che avrebbero contaminato in passato anche il fiume, con danni incalcolabili all’ambiente.
Foto originali nota dalla Monografia TORRI SEGNALETICHE e SARACENE della Campagna Romana di Franco Leggeri
Il fiume ArroneFIUME ARRONEFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraIl fiume ArroneFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraIl fiume ArroneFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraIl fiume ArroneIl fiume ArroneIl fiume ArroneCasale Panphilj sito nel Borgo di Testa di Lepre di Sotto in via dell’Arrone
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