Vladimir Vladimirovič Majakovski-” La nuvola in calzoni (1915)”- traduzione di Carmelo Bene-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Vladimir Vladimirovič Majakovski, La nuvola in calzoni (1915)
traduzione di Carmelo Bene
Strenuo innovatore,Vladimir Vladimirovič Majakovski, fuse le tendenze ribelli e anarchiche del futurismo con l’attività di tribuno e di agitatore durante la rivoluzione d’Ottobre. La sua opera maggiore prima della rivoluzione è il poema Oblako v štanach (“La nuvola in calzoni”, 1915), in cui il motivo d’amore e quello sociale s’intrecciano in una trama iperbolica, esasperata. Gli stessi accenti ritornano nei poemi Flejta-pozvonočnik (“Il flauto di vertebre”, 1915), Vojna i mir (“La guerra e l’universo”, 1917), Čelovek (“L’uomo”, 1916-17). Le vicende della rivoluzione sono trasposte su un piano biblico nella commedia Misterija-Buff (“Mistero buffo”, 1917) e rivissute come scene di canti epici e di vignette popolari nel poema 150.000.000 (1921), che contrappone in un grottesco duello il gigante russo Ivan e Woodrow Wilson. Al tema d’amore M. tornò nei poemi Ljublju (“Amo”, 1922) e Pro eto (“Di questo”, 1923). La morte di Lenin gli suggerì il poema Vladimir Il´ič Lenin (1924) e il decimo anniversario della rivoluzione l’affresco epico Chorošo! (“Bene!”, 1927). Accanto a queste ampie composizioni, scrisse odi d’intonazione oratoria, versi di propaganda commerciale e politica, poesie satiriche, scenari cinematografici, pantomime, canovacci per scene di circo, commedie come Klop (“La cimice”, 1928) e Banja (“Il bagno a vapore”, 1929). L’influenza di M. sui movimenti artistici russi d’avanguardia fu enorme. M. era stato inizialmente pittore, e della sua attività figurativa, dopo che si era dedicato agli scritti e all’azione politica, sono importanti le ricerche tipografiche e compositive fatte in collab. con A. Rodčenko (pagine della rivista Lef, 1923 segg.).
Intronando l’universo con la possanza della mia voce,
cammino- bello,
ventiduenne.
*
Se volete,
sarò rabbioso a furia di carne,
e, come il cielo mutando i toni,
se volete,
sarò tenero in modo inappuntabile,
non uomo, ma nuvola in calzoni!
*
Voi pensate che sia il delirio della malaria?
Ciò accadde,
accadde a Odessa.
“Verrò alle quattro” – aveva detto Maria.
Le otto.
Le nove.
Le dieci.
*
La dodicesima ora è caduta
Come dal patibolo la testa d’un giustiziato.
*
Sei entrata tu
Tagliente come un “eccomi!”,
tormentando i guanti di camoscio,
hai detto:
“Sapete,
io prendo marito”.
Ebbene, sposatevi.
Che importa.
Mi farò coraggio.
Vedete,sono così tranquillo!
Come il polso
D’un defunto.
Non vi sovviene?
Voi dicevate
“Jack London,
denaro,
amore,
passione,”-
ma io vidi una sola cosa:
vidi in voi una Gioconda
che bisognava rubare!
E vi hanno rubata.
*
Volete stuzzicarmi?
Ricordate!
Perì Pompei
Quando esasperarono il Vesuvio.
Ehi!
Signori!
Dilettanti
di sacrilegi,
di delitti,
di massacri,
avete visto mai
ciò che è più terribile:
il viso mio
quando
io
sono assolutamente tranquillo?
E sento che l’io
Per me è poco:
qualcuno da me si sprigiona ostinato.
Allò!
Chi parla?
Mamma!
Vostro figlio è magnificamente malato!
Mamma!
Ha l’incendio nel cuore.
Dite alle sorelle Ljuda e Olja
Ch’egli non sa più dove salvarsi.
*
Che m’importa di Faust
che in una ridda di razzi
scivola con Mefistofele sul pavimento del cielo!
Io so
che un chiodo del mio stivale
È più raccapricciante della fantasia di Goethe!
*
Me ne infischio se negli Omeri e negli Ovidi
non c’è gente come noi,
butterata e coperta di fuliggine.
Io so
che il sole si offuscherebbe a vedere
le sabbie aurifere delle nostre anime.
Muscoli e nervi sono più sicuri di tutte le preghiere.
Dovremmo impetrare le grazie dal tempo?
Ciascuno
di noi
tiene nelle sue cinque dita
le cinghie motrici dei mondi!
Ciò mi fece salire sul Golgota degli auditori
di Pietrogrado, di Mosca, di Odessa, di Kiev,
e non vi fu uno solo
il quale
non gridasse:
“Crocifiggi,
crocifiggilo!”
*
Io,
dileggiato dall’odierna generazione
come un lungo
aneddoto scabroso,
vedo venire per le montagne del tempo
qualcuno che nessuno vede.
Là dove l’occhio degli uomini si arresta insufficiente,
alla testa di orde affamate
con la corona di spine delle rivoluzioni
avanza l’anno sedici.
Ed io presso di voi sono il suo precursore,
io sono sempre là dove si soffre:
su ogni goccia di liquido lacrimale
ho posto in croce me stesso.
*
… attraverso il suo
occhio lacerato sino all’urlo
si inerpicava, impazzito, Burljuk
e con tenerezza inattesa in un uomo pingue
mi prese e disse
“Bene!”
Bene, quando una gialla blusa
protegge l’anima da tanti sguardi!
*
Ma dal fumo d’un sigaro
come un bicchierino di liquore
si è allungato il viso alticcio di Severjanin.
Come osate chiamarvi poeta
e, mediocre, squittire come una quaglia?
*
Io, che decanto la macchina e l’Inghilterra,
sono forse semplicemente
nel più comune vangelo
il tredicesimo apostolo.
*
Maria! Maria! Maria!
Lasciami entrare, Maria!
Non posso restare in istrada!
Non vuoi?
*
Mi hai lasciato entrare.
Bambina!
Non ti spaurire
se ancora una volta
nell’intemperie del tradimento
mi stringerò a migliaia di vezzose faccine.
“Adoratrici di Majakovskij!”
ma questa è davvero una dinastia
di regine salite al cuore d’un pazzo.
Maria, più vicino!
Con denudata impudenza
O con pavido tremore
Concedimi la florida vaghezza delle tue labbra:
io e il mio cuore non siamo vissuti neppure una volta sino a maggio,
e nella mia vita passata
c’è solo il centesimo aprile.
Maria!
Il poeta canta sonetti
mentre io,
tutto di carne,
uomo tutto,
chiedo semplicemente il tuo corpo,
come i cristiani chiedono
“Dacci oggi
il nostro pane quotidiano”
Maria, concediti!
Maria!
Maria, non vuoi?
Non vuoi?
Ah!
E allora di nuovo,
io prenderò il mio cuore
lo porterò
come un cane
porta
nella sua cuccia
la zampa stritolata dal treno.
*
Mi chinerò
Per dirgli in un orecchio:
Ascoltate, signor Dio!
Onnipossente che hai inventato un paio di braccia
E hai fatto sì che ciascuno
Avesse una sua testa,
perché non hai inventato una maniera
di baciare, baciare e ribaciare
senza tormenti?
Pensavo che tu fossi un grande Dio onnipotente,
e invece sei solo un povero deuccio.
*
Alati furfanti!
Rannicchiatevi in paradiso!
Te, impregnato d’incenso, io squarcerò
di qui sino all’Alaska!
Lasciatemi!
Non mi fermerete.
*
Guardate:
hanno di nuovo decapitato le stelle.
Ehi, voi!
Cielo!
Toglietevi il cappello!
Me ne vado!
Sordo.
L’universo dorme,
poggiando sulla zampa
l’enorme orecchio con zecche di stelle.
Biografia di Vladimir Vladimirovič Majakovski -Poeta, autore drammatico e pittore russo (Bagdadi, od. Majakovskij, presso Kutais, 1893 – Mosca 1930). Grande innovatore, esercitò enorme influenza sui movimenti artistici russi d’avanguardia. Militante nel partito bolscevico, fu inizialmente pittore e fece parte del gruppo dei cubofuturisti; nel 1923 organizzò il LEF (Leuyj Front iskusstv “Fronte di sinistra delle arti”). Tra le opere: i poemi Oblako v štanach (“La nuvola in calzoni”) e Flejta-pozvonočnik (“ll flauto di vertebre”), entrambi del 1915; la commedia Misterija-Buff (“Mistero buffo”, 1917), sulle vicende della Rivoluzione russa; il poema Vladimir Il´ič Lenin (1924).
Vita
Ancora adolescente, svolse intensa attività politica nel partito bolscevico e fu arrestato tre volte. Dedicatosi poi allo studio delle arti figurative, fu espulso (1914) dall’Istituto di pittura, scultura e architettura di Mosca per la sua appartenenza al gruppo dei cubofuturisti. Nel 1913 apparve il suo primo libro, Ja! (“Io!”). Nel dic. 1913 interpretò a Pietroburgo, al teatro Luna Park, la propria tragedia Vladimir Majakovskij. Accolse la rivoluzione con entusiasmo e nel 1923 organizzò il LEF (Levyj Front iskusstv “Fronte di sinistra delle arti”), che raggruppò artisti, poeti, scenografi, registi, filologi vicini al futurismo, e pubblicò la rivista omonima. In quegli anni fu il simbolo di tutto ciò che v’era di moderno e di audace nell’arte sovietica. La campagna condotta contro di lui dalla critica di partito, le delusioni politiche e motivi amorosi lo spinsero al suicidio.
Opere
Strenuo innovatore, fuse le tendenze ribelli e anarchiche del futurismo con l’attività di tribuno e di agitatore durante la rivoluzione d’Ottobre. La sua opera maggiore prima della rivoluzione è il poema Oblako v štanach (“La nuvola in calzoni”, 1915), in cui il motivo d’amore e quello sociale s’intrecciano in una trama iperbolica, esasperata. Gli stessi accenti ritornano nei poemi Flejta-pozvonočnik (“Il flauto di vertebre”, 1915), Vojna i mir (“La guerra e l’universo”, 1917), Čelovek (“L’uomo”, 1916-17). Le vicende della rivoluzione sono trasposte su un piano biblico nella commedia Misterija-Buff (“Mistero buffo”, 1917) e rivissute come scene di canti epici e di vignette popolari nel poema 150.000.000 (1921), che contrappone in un grottesco duello il gigante russo Ivan e Woodrow Wilson. Al tema d’amore M. tornò nei poemi Ljublju (“Amo”, 1922) e Pro eto (“Di questo”, 1923). La morte di Lenin gli suggerì il poema Vladimir Il´ič Lenin (1924) e il decimo anniversario della rivoluzione l’affresco epico Chorošo! (“Bene!”, 1927). Accanto a queste ampie composizioni, scrisse odi d’intonazione oratoria, versi di propaganda commerciale e politica, poesie satiriche, scenari cinematografici, pantomime, canovacci per scene di circo, commedie come Klop (“La cimice”, 1928) e Banja (“Il bagno a vapore”, 1929). L’influenza di M. sui movimenti artistici russi d’avanguardia fu enorme. M. era stato inizialmente pittore, e della sua attività figurativa, dopo che si era dedicato agli scritti e all’azione politica, sono importanti le ricerche tipografiche e compositive fatte in collab. con A. Rodčenko (pagine della rivista Lef, 1923 segg.).