Vincenzo Cardarelli -Poesia Ottobre-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Vincenzo Cardarelli -Poesia Ottobre-
Ottobre
Un tempo, era d’estate,
era a quel fuoco, a quegli ardori,
che si destava la mia fantasia.
Inclino adesso all’autunno
dal colore che inebria,
amo la stanca stagione
che ha già vendemmiato.
Niente più mi somiglia,
nulla più mi consola,
di quest’aria che odora
di mosto e di vino,
di questo vecchio sole ottobrino
che splende sulle vigne saccheggiate.
Sole d’autunno inatteso,
che splendi come in un di là,
con tenera perdizione
e vagabonda felicità,
tu ci trovi fiaccati,
vòlgi al peggio e la morte nell’anima.
Ecco perché ci piaci,
vago sole superstite
che non sai dirci addio
tornando ogni mattina
come un nuovo miracolo,
tanto più bello quanto più t’inoltri
e sei lì per spirare.
E di queste incredibili giornate
vai componendo la tua stagione
ch’è tutta una dolcissima agonia.
Settembre a Venezia, Autunno Veneziano
Autunno, Ottobre
Liguria, Sera di Liguria
Questi tre gruppi di liriche hanno molti punti in comune. Si compongono ognuno di una lirica breve, simile ad un “mottetto” musicale, alla quale si contrappone una poesia più elaborata, maggiormente orchestrata, una “sonata” o un canto a più voci. Ma l’elemento di partenza è lo stesso: una stagione, una città, un ricordo, un’emozione. Nelle prime due liriche di argomento veneziano il poeta traduce in note musicali le sensazioni suscitate nel suo animo dal trapasso dall’estate all’autunno.
LO STILE
Nel 1919, ormai affermatosi negli ambienti letterari della capitale, Cardarelli fondò la rivista La Battaglia, dalle cui pagine cominciò a combattere quella che sarebbe stata la lunga battaglia letteraria della sua vita: la restaurazione del classicismo, inteso come severa disciplina.
La restaurazione cardelliana muove dalla riscoperta e dalla rivalutazione dell’opera di Leopardi. Cardarelli, da mente acuta di critico quale era, si era accorto che l’operazione di fondo da realizzare per riportare la poesia nel suo alveo e nei suoi giusti limiti era quella di ricreare lo stile, senza il quale, i contenuti non possono che produrre oratoria. Il suo limite consiste forse nell’aver identificato lo stile con quello di una tradizione ben determinata, il suo merito sta invece nell’aver restituito alla lingua, vergini e brillanti come nuovi, parole e modi di dire consumati dal cattivo uso, sbiaditi dalla genericità dei contesti e praticamente privi della loro significazione.
Ad un ideale di classica compostezza, di perfezione stilistica e di limpidezza formale restò fedele in tutto l’arco della sua produzione: versi prima dispersi in alcuni volumi di prose e poi raccolti in Poesie nelle tre edizioni del 1936, 1942 e 1958. E’ una poesia ragionata, nella quale il discorso si sviluppa e si stende con limpidezza e fluidità, tutto avvolto da un tono meditativo, che comunica al lettore quasi sensibilmente un desolato senso di vivere.
I TEMI DELLA POESIA
Cardarelli fu un conversatore brillante ed un letterato polemico e severo, avendo vissuto una vita vagabonda, solitaria e di austera e scontrosa dignità. Suoi maestri sono stati Baudelaire, Nietzsche, Leopardi, Pascal, i quali lo hanno portato ad esprimere le proprie passioni con un senso razionale, senza troppe esaltazioni spirituali. La sua è una poesia descrittiva lineare, legata a ricordi passati di qualunque tipo, siano paesaggi animali persone e stati d’animo, che vengono espressi con un uso di un linguaggio discorsivo e nello stesso tempo impetuoso e profondo.
I temi ricorrenti nelle sue liriche sono il trascorrere delle stagioni, avvertito come simbolo dell’eterna mutevolezza delle cose, lo sfiorire dell’adolescenza e della bellezza, i vagheggiamenti dell’infanzia e dei paesaggi ad essa collegati. Sia nell’esplosione della vitalità estiva o sia nel malinconico disfarsi del paesaggio autunnale, il trascorrere delle ore del giorno e delle stagioni diventa simbolo delle vicissitudini della vita. Come scrive nella prima strofa di Ottobre:
Un tempo, era d’estate,
era a quel fuoco, a quegli ardori
che si destava la mia fantasia.
Inclino adesso all’autunno
Dal colore che inebria,
Amo la stanca stagione
Che ha già vendemmiato.
Niente più mi somiglia,
Nulla più mi consola,
Di quest’aria che odora
Di mosto e di vino,
Di questo vecchio sole settembrino
Che splende nelle vigne saccheggiate.