Omaggio al Poeta Ubaldo Giacomucci-Regole dell’impazienza-
Biblioteca DEA SABINA
-Ad un anno dalla scomparsa rendiamo omaggio al Poeta e critico letterario
Ubaldo Giacomucci
Regole dell’impazienza- Edizioni Tracce 1992-
-Ad un anno dalla scomparsa rendiamo omaggio al poeta e critico letterario-
Ubaldo Giacomucci
Pescara: muore a 60 anni il poeta e critico letterario Ubaldo Giacomucci.
PESCARA- 15 marzo 2021-Riservato e di poche parole, lo si incontrava spesso, con la sua valigetta, per le vie del centro cittadino, a Pescara, la città dove ha vissuto buona parte della sua vita. Ubaldo Giacomucci era così, apparentemente timido, ma gentile e pronto a dare consigli a chi voleva avventurarsi nell’affascinante mondo della letteratura. Se n’è andato a quasi 60 anni e ora l’Abruzzo piange un personaggio simbolo della cultura. Intellettuale, poeta e critico letterario, era ricoverato all’Ospedale di Pescara, nel reparto di Medicina, dal 2 marzo scorso. Nei giorni precedenti al suo ingresso al Santo Spirito alcuni amici, preoccupati per l’assenza e il silenzio di Ubaldo, hanno cercato di rintracciarlo per capire se gli fosse successo qualcosa. Ubaldo era rinchiuso in casa da diversi giorni, perché non si sentiva bene. Ed è stato proprio grazie all’intervento degli amici più stretti, tra i quali Nicoletta Di Gregorio, Ennio Di Francesco e Andrea Costantin, che è stato trasportato in ospedale.
Purtroppo, però, non ce l’ha fatta. Ubaldo Giacomucci, Presidente della casa editrice Tracce, era nato a Venezia il 9 settembre 1961. Verrà per sempre ricordato come uno dei maggiori poeti italiani, ma anche come un talent scout della letteratura.
Un ricordo per Ubaldo Giacomucci – Edizioni Tracce-
Articolo di Fabio Barone
Il 16 marzo 2021, all’età di 59 anni, è morto Ubaldo Giacomucci. In vita direttore editoriale della casa Edizioni Tracce di Pescara, nonché autore di alcuni libri di poesie e antologie poetiche. Come spesso accade quando la notizia non interessa amici, parenti o anche solo conoscenti, questa attraversa l’animo senza sedimentarsi nella coscienza, diventare pensiero, immagine entro cui tradurre emotivamente la realtà e le sue verità. Quando accade è perché, spesso, l’emozione del nuovo si affaccia sugli schermi, sui giornali, sui canali dove avidamente si fiuta il fascino ambiguo della novità. Edmund Burke lo aveva detto molto bene: «[…] quelle cose che ci attirano soltanto per la novità non possono dominarci per molto tempo, la curiosità è la più superficiale di tutte le affezioni, e muta continuamente oggetto; la sua avidità è molto viva, ma assai facilmente soddisfatta, e presenta sempre un aspetto di vertigine, di irrequietezza, di ansietà».
Non siamo neanche qui a erigere un monumento in onore di Ubaldo, piuttosto a concedergli uno spazio, una stanza bianca e ariosa dove il suo nome può meglio affiancarsi al suo percorso di vita, quantomeno a un breve riassunto — un’immagine, di nuovo — contenuto nelle parole e nel ricordo di una storica amica, Nicoletta Di Gregorio, ex presidentessa di Edizioni Tracce.
Mi sento al telefono con lei, ascolto in silenzio, interrompendola solo per alcune precisazioni e brevi commenti: «Ho conosciuto Ubaldo intorno agli anni ‘80 — dice Nicoletta —, scrivevo poesie ma non avevo ancora avuto modo di confrontarmi con altri scrittori. Mio marito a quel tempo mi disse “è necessario che tu conosca altri poeti”, così in una libreria di Pescara, la quale vendeva volumi per l’università, andai un giorno e conobbi Ubaldo Giacomucci. Lì Ubaldo aveva fondato un gruppo di giovani poeti abruzzesi, una piccola associazione culturale dal nome Alfred Jarry orientata alla cultura poetica di ricerca: organizzavano eventi culturali invitando alcuni fra i maggiori poeti italiani. La particolarità di questo gruppo era il voler focalizzare l’attenzione e gli inviti non solo a chi scrivesse poesia in modo tradizionale, ma anche poesia sonora o verbo-visiva. Avevano una visione orizzontale del concetto di poesia. Gli eventi erano organizzati insieme all’università Gabriele d’Annunzio di Pescara.
Intorno al 1981 viene fondata la rivista Tracce, a capo vi era Domenico Cara e Ubaldo la dirigeva, questa aveva l’orientamento dello stesso gruppo dei poeti. Quasi fosse una metamorfosi naturale, dalla rivista nacque la casa editrice, un po’ per caso ma soprattutto per volontà, passione e forte interesse. All’inizio la casa si era posta l’obiettivo di pubblicare solo poesia, ma col tempo abbiamo cominciato a editare romanzi, racconti, saggi, e mano a mano che procedeva sono nate diverse collane, alcune universitarie per non parlare di vere e proprie riviste universitarie (Merope, RSV – Rivista di Studi Vittoriani).
Abbiamo cominciato a pubblicare alcuni fra i maggiori poeti italiani, da questi incontri è sorta l’amicizia, culturale e non, con lo scrittore Davide Rondoni; abbiamo organizzato premi che sono poi rimasti per vent’anni quale il “Premio Nuove Scrittrici” nato intorno agli anni ’90, che dieci anni dopo si è trasformato in “Scrivere Donna”. In giuria abbiamo avuto Maria Luisa Spaziani (autrice per ET) e Márcia Theóphilo per la poesia, Milena Milani per la narrativa. Abbiamo dato anche dei premi particolari: ogni anno omaggiavamo una figura femminile nel campo del cinema o della letteratura italiana: Amelia Rosselli, Edith Bruck, o l’attrice Lina Sastri. Vi era poi una sezione dedicata alle giovani scrittrici, alle scuole. La particolarità di questo premio stava nel sottolineare che la cultura non ha confini o limiti prestabiliti, per questo le premiazioni le svolgevamo in ogni provincia abruzzese: a Pescara la narrativa, a Teramo il personaggio speciale, a L’Aquila la poesia, a Chieti le giovani scrittrici che ottenevano così una pubblicazione con noi.
Un altro grande premio che abbiamo fondato è il “Premio Sant’Egidio” per la poesia spirituale, uno dei primi a quel tempo che nelle sue prime manifestazioni fu vinto da Davide Rondoni. La premiazione si svolgeva d’estate, solitamente il primo settembre, giorno di festa in onore di Sant’Egidio, dentro la chiesa di Madonna Delle Grazie (Civitaquana, nda) o davanti al sagrato della stessa, in base alle condizioni metereologiche.
Intorno alla seconda metà degli anni ’80 organizzammo una grande mostra dedicata a Gabriele d’Annunzio, allestita negli spazi nella neonata struttura universitaria di Pescara. Per quell’evento esposero grandi nomi dell’arte contemporanea internazionale, da Ettore Paladini a Ettore Spalletti e molti altri. Da quell’evento nacque un’antologia edita da Fabbri e Tracce. Per non dimenticare l’antologia “Pagine d’arte e poesia” (Tracce), per la quale Mario Schifano realizzò una copertina appositamente per noi, lì vi erano antologizzati diversi artisti figurativi a fianco dei maggiori poeti italiani.
Subito dopo il terremoto dell’Aquila del 2009, noi di Edizioni Tracce abbiamo invitato i poeti di ogni età a scrivere versi per la città, organizzato letture dentro i tendoni che accoglievano i cittadini. Con noi c’era anche il poeta Plinio Perilli. Dopo queste prime manifestazioni di solidarietà, abbiamo pensato di selezionare le migliori poesie caricate sul nostro blog che sono poi state antologizzate dentro il libro “La parola che ricostruisce” (ET), questo avvenne poco dopo l’accaduto. Il libro è poi stato edito anche da Bertoni Editore, a cura di Anna Maria Giancarli. Quel che vorrei sottolineare di questa breve storia — conclude la Di Gregorio —, è che Ubaldo è sempre stato in prima linea. Per quanto mi riguarda lo considero uno dei maggiori conoscitori della poesia italiana del ‘900, dalle avanguardie ad oggi, un intellettuale, amante della filosofia, ed uno tra i maggiori poeti abruzzesi. Ubaldo con Edizioni Tracce ha dato spazio ad importanti poeti da tutta Italia, era una persona buona, schiva, generosa».
Omaggio a Ubaldo Giacomucci
… sulla musica incauta dell’infinito …
alla sua Simona
[ Tra il muro e le alghe, in un sogno di
marmo slittano le voci resistenti
e inconsuete, avvolte da fibbie e fondali
come una statua improvvisata, un altare
cosparso di gesso e di spore.
– Ubaldo Giacomucci –
Ci sono poeti e amici della poesia, di cui nemmeno più ricordiamo come e quando li abbiamo conosciuti – tanto essi ci sono sempre rimasti
amici profondi, sodali usuali nella vita, nei gesti, nelle vicende, e vorrei dire anche nelle opere… Ubaldo Giacomucci era tra questi. Scrivo era, perché da pochi giorni è venuto a mancare, se n’è andato in modo insieme dignitoso e appartato – così come sempre in fondo era vissuto. Era… era… Ma non mi sento di archiviare quest’amicizia, questo nostro legame umano e letterario, tra le declinazioni dell’imperfetto, le coniugazioni d’un passato affettuoso ma ormai spento. Ubaldo aveva con la poesia un rapporto fertile, quotidiano, di seminatore diligente e paziente. “Seminatore”, ma non nelle pose romantiche d’un realismo di maniera, d’un luminoso e operoso credo laico: lui era tutto questo e molto di più; aveva comiciato da avanguardista, aveva fondato “Tracce”, a Pescara (rivista e insieme fortunata Casa Editrice), assieme all’infaticabile e sororale Nicoletta Di Gregorio, come una cooperativa, uno stuolo scelto di amici, tutti assolutamente “moderni”, comunque lontani da stili e stilemi passatisti… (Nicoletta ad esempio, veniva da beneamati studi d’Arte, era stata compagna di classe di Andrea Pazienza – Paz! –: avevano avuto come professore un maestro limpido e riservato, libero e fantasioso come Sandro Visca – a sua volta allievo/amico di Burri)… Quanti libri, negli anni, abbiamo condiviso (a partire dalla fine anni ’80!). Quante presentazioni, convegni, meetings, prefazioni, collane, proposte che rendevano giustizia a una città, Pescara – una cittadina sempre più allargatasi, per intenderci, dal borgo marinaresco de Le novelle della Pescara – che aveva dato i natali a D’Annunzio e poi a Flajano, certo, ma cercava una sua nuova identità di fine secolo, perché il ‘900 davvero rinascesse come secolo primo d’un millennio nuovo in tutto, anche nei linguaggi. Ora è ozioso e triste, ricordare gli appuntamenti più riusciti di questo sogno e bisogno, ma Ubaldo, con “Tracce” e Nicoletta, c’era sempre… Sembrava pigro ma era infaticabile, prospettico e propiziatorio, propugnatore e designatore d’un manifesto continuo del fare/poièin: umile e modernista, placido e febbrile all’unìsono. Si è trascurato?, come giurano gli amici. Era depresso? Sedotto dal mostro forse anch’esso virale del Cupio dissolvi?… Giunto quasi all’appuntamento coi 60 si è insomma lasciato andare, ha presso sottogamba problemi circolatori, difficoltà e impacci vascolari che abbastanza in fretta, invece, lo hanno condannato – fra la dolorosa stupefazione di chi lo conosceva… Un lock-down anche mentale, una sfinita e malinconica reclusione emotiva, all’interno del lock-down pubblico e obbligato… Ma non è stato il covid… C’è chi se lo chiedeva… Forse, oso dire oggi, a pochi giorni dall’infausto evento, è stata una sorta di dannato, appiccicoso e insidioso ripiegamento – che ha aggiunto ombre cupe di romanzo a una vita che finora scorreva quieta. Sì, i consueti dolori nel travaglio dell’Epoca e d’ogni esistenza… Il dolore per la perdita della Madre… O di amici davvero cari, pulsanti appuntamenti quotidiani (penso a Marco Tornar, un poeta appartato e travagliato già di suo, anche lui, più di lui, infibrato, salvato e contagiato da un’elegante melanchòlia leopardiana). Più di recente, il lutto per un grande e difficile amore – Simona (scomparsa proprio a un soffio dalle loro sognate e progettate nozze) – cui Ubaldo tanto s’era votato, ricambiato; ma come in un triste idillio leopardiano, sfumato, reciso da un vento alzatosi più forte, nella sua, loro città di mare – che siamo abituati a immaginare vacanza estiva, luogo felice: e cova invece stagioni immensamente tristi, inverni e rigori che non misura la metereologia, ma una balbettante, asfissiata alchimia dell’anima.
…
All’apparir del vero
Tu, misera, cadesti …
*******
Era poeta, e anche bravo, Ubaldo: che per tutta la vita s’è occupato quasi solo della poesia e della scrittura degli altri. Un po’ per lavoro, certo, predisposizione d’editore vero (l’editore in senso filologico, classico – che si prende cura dei libri, li aiuta a nascere, come un ostetrico minuzioso e illuminato). Ed era anche, e sempre meglio, un valente cervello critico, capace in poche righe di condensare stille o stelle di semplici arcani, o quotidiani universi…
Ricordo alcuni suoi interventi nemorabili, anche discorsi in pubblico, incredibilmente timidi e fieri insieme, brevi ma indimenticabili. Lui e Nicoletta, in questo, lasciavano il segno. Un segno plurimo, artistico, letterario, avanguardista, epocale, etico, psico-sociologico.
Bello un suo saggio sinestetico del 2000, Le ragioni dell’invisibile, degno di miglior fortuna. Non so se la fortuna aiuti davvero gli audaci, ma lui comunque audace non lo era – era creatura mite, appartata, trasognata. Ripeto, un buon poeta: ma le sue poesie, molto presto, non ha più voluto nemmeno stamparsele (dopo il bell’esito delle Regole dell’impazienza, 1992, da anni avevo lo scartafaccio in bozze d’un suo libro che poi finì col lasciare lì, socio emerito del sindacato delle opere incompiute, magari proprio quelle più giuste, più oneste, più ispirate).
Bisognava carpirgliele, le poesie – estirparle, estrarle come denti scheggiati e cariati di dolcezza. Lo fece nel 2010 Anna Maria Giancarli, quando andò a raccogliere i contributi dei poeti italiani per L’Aquila, aggregando un’antologia finalmente solidale, quanto inopinata. Ubaldo, anche lì, estrasse dal suo cilindro dei versi non di maniera, per nulla retorici, pur nella laica liturgia della pietas:
non ci sono più pietre nel cuore
né catene, ma specchi, redenzioni
e scoperte; una concezione indiscreta
ci scardina ogni giorno e in televisione
c’è un solo volto che non sappiamo
scrutare (troppi dolori in tasca
con un sapore immeritato di sconfitta,
e una ferita che brucia l’anima
perché non sappiamo chiedere, eppure
hanno sfilato in un centro invivibile
quelli che non ne conoscono la violenza
… Ma noi lo stimavamo davvero, così come tutti quelli che nei decenni ebbero il modo di collaborarci, di dialogarci. Ricordo non pochi compagni di strada (assieme alla giudiziosa e generosa Nicoletta Di Gregorio): figure disparate e anche divergenti – ma tutti lo rispettavano ed ascoltavano, in nome della stima. A caso e per mero riaffiorare lampeggiante, starei per dire rifioritura ancestrale, ricordo la verve di Umberto Piersanti, la sicura e fedele fideiussione culturale, anche emotiva, di Renato Minore; il coraggio umano e civile di Stevka Smitran; l’estro e insieme il magistero artistico di Sandro Visca, o Francesco Summa, o Elio Di Blasio; il lungo percorso esegetico e creativo di un Mario Lunetta; l’impegno appunto strenuo e cristallino della Giancarli, pasionaria del verso tra l’Io e la Storia, i sacri diritti delle Donne… (E quante donne frequentarono, operose e a loro modo illuminate, le stanze di “Tracce”, in quegli anni comunque di crescita, del paese e delle coscienze – e non è una semplice tirata giornalistica: da Diana Conti, psicoterapeuta e poetessa/filosofa, a Maria Di Lorenzo, poetessa ispirata e saggista d’indubbia finezza (scriverà un bel ricordo di Elio Fiore – che è già un titolo di merito); da Lisa Di Marzio, narratrice emotiva ed emozionata, a Vera Slaven, jugoslava “autoesiliata”, scrisse di sé, “profuga e inconsolabile dall’estate 1991”; da una giornalista impegnata come Daniela Quieti (autrice d’un bel saggio su Bacone), a Rita El Khayat, prima donna psichiatra in Maghreb, scrittrice e antropologa, figura mitica cui Pescara conferì la cittadinanza onoraria, e candidata da anni – fra l’altro – al Premio Nobel per la Pace)… Ma sono troppi i nomi ancora da fare, e non basterebbe inanellarne tanti altri, anche preziosi: Elena Clementelli e Giancarla Frare, Anna Ventura e Anila Hanxhari, Ninnj Di Stefano Busà e Stefania Lubrani, Anna Rita Persechino e Nostòs (Margherita Cordova)…
Rammento invece le vicende creative della collana “D’emblée”, che lui e Nico mi favorirono e che diede alle stampe – in illo tempore – testi di Vito Riviello e Ivan Graziani; una fortunata sceneggiatura di Francesca Archibugi, Mignon è partita, e le serrate, rivelatrici cronache di superfunzionario RAI come Giovanni Leto, spirito libero e finissimo (ed era la RAI che produceva il Leonardo di Castellani, Padre Padrone, Matti da slegare, una RAI insomma spesso accesa da antichi, ostili spiriti di censura)… Felice anche un’altra collezione, “Terzo Novecento”, aperta da Patto giurato (1996) il memorabile saggio di Eraldo Affinati su Milo De Angelis: “… la poesia moderna, quando è bloccata nella tensione verso l’assoluto, è come se scavasse un buco nero premiando chi vi si perde.”…
Last but not least, la trilogia “I Posteri del Moderno” di Nina Maroccolo, tre titoli d’una sola parola: Illacrimata, Animamadre, Malestremo (2011-2013)… Che Ubaldo postillò da par suo in aura junghiana: “Il riferimento a James Hillman non è certo casuale: Hillman crede che la psicologia debba evolversi oltre il suo ‘riduzionismo’ presente ed abbracciare teorie sullo sviluppo umano.”…
Per non parlare dei contributi arditamente sperimentali di figure importanti come Tomaso Binga, Mario Lunetta, Francesco Muzzioli, Marco Palladini… O della stessa, caparbia e ispirata poetessa brasiliana Márcia Theóphilo, con la sua recitata, salmodiante Amazzonia oceano d’alberi.
Molto, assieme a Nico, Ubaldo e “Tracce” fecero per i giovani, i poeti nuovi o comunque nuovi autori. Difficile dimenticare collane “storiche” come Scrivere Donna (dove esordirono, vincendo, poco più che ragazze, Maria Grazia Calandrone, Anna Maria Farabbi…). O l’altra collezione di autori neofiti, Giovani scrittori (sotto gli auspici della Fondazione PescarAbruzzo) tra cui vanno almeno ricordati Marco Tabellione e Igor Di Varano, Gianluca Chierici e Riccardo Bertolotti, Angelo Del Vecchio e Andrea Costantin…
Per non parlare di molti testi importanti, in genere trascurati dagli editori altolocati, e di cui Ubaldo e Nico ebbero cura. Su tutte, due collane, una di grandi autori stranieri riproposti in opere cult (Epitalamio di Pessoa, La sgualdrina della costa normanna della Duras – a cura di Sandro Naglia); l’altra di rari testi filosofici, i “Maestri Occulti”, diretta dall’indimenticabile e carissimo Mario Perniola, che stampò il Klossowski di Aldo Marroni, il Rigaut di Dietro lo specchio, Debord di Anselm Jappe… Ma anche i testi pedagogici, la didattica istintiva e progressista di Franca Battista; e “Armorica”, una elegante collana anglosassone guidata da Francesco Marroni; o gli agili, gustosissimi volumetti “Ad Alta Voce”, coi readings di poesia contemporanea curati da Luigi Amendola e Checco Tanzj: la voglia piena, scanzonata e insieme impegnata, di uno “Spazio Totale” che andasse “Oltre la Parola”.
*******
Dopo malinconiche vicissitudini editoriali, sofferte appunto assieme a Nicoletta, stoica storica amica e socia inderogabile, nella buona e nella cattiva sorte (i bilanci, i debiti, gli affitti, i conti delle tipografie, il purgatorio non sempre provvido degli autori!), Ubaldo riuscì di recente a rimettere insieme il marchio di Tracce, per una renovatio affettuosa quanto miracolosa. Riuscì ancora a editare qualche titolo (ricordo un bel saggio di Angelo Piemontese su Pavese, nella collana diretta da Francesco Paolo Tanzj; la fresca raccolta lirica di Fabio Tirone; un volume a più mani sul senso e il ruolo, oggi, della Scrittura, indagata anche sul filo della psicologia familiare e relazionale, grazie ai contributi di Silvana Madia e Federica Fava Del Piano); una mia ultima collana di poesia dove feci giungere all’appuntamento col possibile, e con la Voce Giusta, autori (e amici) quali Lorenzo Poggi e Tiziana Marini, Fausta Genziana Le Piane e Paolo Carlucci…
E tanti altri giovani di cui celebrare fervorosi il battesimo, o suffragare via via gli esordi: i decenni cambiavano, ma non le emozioni e le attese: 1989, Un dio per Saul di Daniele Cavicchia; 1990, Il ponte di Heidelberg di Sergio D’Amaro; 1994, Gli amplessi di Saint-Just di Fernando Acitelli; 2009, Cuore Cavato di Bibiana La Rovere; 2012, Alia di Claudia Iandolo)… Le prime poesie di Monica Martinelli (Poesie ed ombre, 2009), le presentammo da Feltrinelli assieme a Walter Mauro… Erano in fondo già tre generazioni – ma ogni cosa, ogni idealità si saldava e quadrava il cerchio.
Poi tutto fu nuovamente annichilito: scivolò, inciampò angustiato e arrestato, ora e per sempre.
Solo la pazienza di Nicoletta, collaboratrice da ultimo delle belle e citate edizioni della Fondazione PescarAbruzzo, àuspice Nicola Mattoscio, riuscì a rubargli, accudirgli in gioia qualche poesia nelle messi antologiche che intanto ri-nascevano. Nel 2015, il memorabile testo su Nutrimenti, per l’Expo 2015 a Milano. Nel 2020, ultimissima, la silloge a più voci Terra Mater, sulla salute e sui doni della terra (una Terra però straziata, malata, in fondo, proprio dell’umana presenza – ahinoi, negligenza – sino allo shakespeariano spettro di Banquo… cioè della accanita, impennata pandemia, sanitaria e certo anche epocale, conscia/inconscia a partita doppia)…
Ecco, vorrei ricordarlo, il nostro Ubaldo, con questi suoi versi belli, pieni, totali, avvincenti in spire morbide e accanite d’enjambements, senza mai dimenticare che i nutrimenti terrestri (non più quelli rapinosi, soavi, gidiani) sono e dovrebbero restare dono di tutti, per tutti:
In questa terra perdono terreno
le richieste degli ultimi, ancora smarrite
fioche nei deserti o clamorose nelle scene
televisive dei soliti noti. Chiedimi
se qualcuno debba morire, se ancora
può perdersi un uomo per del cibo
o un alloggio, se valgono i sentimenti
per i più poveri, se posso credere che
finirà la fame nel mondo. ………………..
Così che anche la Terra Madre, di continuo c’insegna e ci ammonisce in quest’auspicio mai domo, quest’ansia mai rassegnata – che chiede e assegna alla poesia, un fermo, nudo dovere civile :
Accosta alla fine un altro inizio,
suggerisci il copione sbagliato:
avremo un iceberg in salotto, un naufragio
senza più scuse, mentre balliamo
sulla musica incauta dell’infinito.
Ciao, carissimo Ubaldo! – arrivederci ad altre plaghe, altri cieli, altri mari e orizzonti (Altre voci, altre stanze). Tu che tanto amavi l’arte, le arti, la stessa musica, ultimamente la rete, sei salpato, lo so, per una rotta che nessuna mappa riesce a segnare, a capire, accettare. Lì ritroverai anime e cuori a te sommamente cari. Belle figure, aneddoti o episodi da ricordare – da riseminare per un altro inizio…
Nella vita, dalla vita e oltre la vita che sempre, prima o dopo, finisce: e diventa la rotta, l’emblema, l’Imago di tutti. E lì tutti ci ritroveremo, quando sarà, il più tardi possibile, certo. Nel Senza Tempo e Senza Spazio che ora t’ingloria, ti ospita e t’accoglie: già con in mano qualche strana, divinante ultima bozza, di libri e testi ancora da stampare, anzi leggere, correggere; fermare e poi bruciare per sempre, al vaglio della Luce. Sulla musica incauta dell’infinito…
Ogni Bene, di vero cuore,
tuo Plinio
(S. Pasqua 2021)
Abruzzo Notizie
Quando un poeta muore…
“Muore il piccolo mondo del foglio bianco, quel rettangolino segreto che aspetta, come un principe solitario, di incontrare la sua amante di sempre: la scrittura. Come un virtuoso matrimonio tra ritmo e malinconie viventi, l’incontro si veste di magia, e subito è il piccolo grande modo della poesia. Una parola, un mondo. E sono i poeti che celebrano la sacralità del matrimonio. I poeti, si, questi strani esseri a forma di uomo che fanno della scrittura l’unico tempo della loro vita, che hanno la normale vita terrena, ma che vivendo hanno infinite dimensioni, e quando muoiono par che si siano spostati nella stanza accanto”.
Ne parlavamo anni fa, forse 1984-85, una sera in una cena, insieme a Rita Ciprelli, Marco Tornar, io, e Ubaldo Giacomucci, che proprio l’altro giorno ci ha lasciati. Si , Ubaldo, il mite Ubaldo; se l’è portato con sé l’invisibile mostro. Vorrà egli raggiungere, l’amica Rita e l’amico Marco, per continuare un dialogo mai interrotto. Ubaldo era stato tra i fondatori della casa editrice Tracce che, fino a qualche anno fa, insieme a Nicoletta Di Gregorio ha portato alto il vessillo della cultura scritturale a Pescara, ormai mercantile e decadente. Egli era, è, non un pianeta, ma stella di prima grandezza. Chiunque facendo poesia, doveva far riferimento a lui, alla sua sapienza, alla sua saggezza poetica. Un punto di riferimento, per gli amanti della poesia e della scrittura.
Ubaldo, è stato, e resterà, indelebile faro la cui luce andava oltre gli orizzonti lirici. Era un ragazzo più giovane del sottoscritto (che non vuole diventare vecchio, quindi…) sempre disposto con tutti, magari poteva incutere un po’ di timore, è sempre stato fisicamente imponente, poteva apparire un po’ orso. Forse per certi versi lo era, ma era l’orsetto simpatico amico di tutti, cordiale, gentile, mai una parola fuori posto. Una ironia velata ed elegante unita ad una abilità dialettica fuori dal comune, erano i suoi tratti distintivi. E la sua immensa cultura poetica e soprattutto filosofica lo facevano elevare in voli leggiadri verso inarrivabili latitudini di puro lirismo. Adesso Ubaldo Giacomucci non è più con noi. Ci mancherà la sua imponenza, la sua voce cristallina, il suo senso dell’umorismo surreale. Ciao Ubi, come ti chiamò qualcuno. Sei contento, maledetto Covid, sei contento di questi capolavori?
URANUS
Omaggio a Ubaldo Giacomucci
Sabato 19 giugno 2021 alle ore 18,00 presso il Parco di Villa Sabucchi a Pescara, nella suggestiva cornice naturalistica dell’area spettacolo “Ruderi”, si è tenuto un evento in memoria del compianto poeta, editore e critico letterario Ubaldo Giacomucci, scomparso il 14 marzo 2021 a soli 59 anni lasciando un vuoto incolmabile in tutti coloro che lo hanno conosciuto e apprezzato.
L’iniziativa è stata curata della scrittrice Margherita Cordova in sinergia con Associazione L.A.A.D, Teatro Gianni Cordova e Parco di Villa Sabucchi.
Hanno partecipato, con letture di brani, poesie e toccanti testimonianze in ricordo di Giacomucci, gli autori: Antonio Alleva, Natalia Anzalone, Fabio Barone, Gabriella Bottino, Vittorina Castellano, Maria Gabriella Ciaffarini, Margherita Cordova, Andrea Costantin, Rolando D’Alonzo, Sandra De Felice, Franca Di Bello, Luigi Di Fonzo, Ennio Di Francesco, Nicoletta Di Gregorio, Milvia Di Michele, Anna Maria Giancarli, Daniela Quieti, Antonio Russo, Riccardo Santini, Tania Santurbano, Mara Seccia, Stevka Smitran, Tina Troiani, Rosetta Viglietti, Willian Zola.
È intervenuta, tra gli altri, la presidente dell’Associazione Editori Abruzzesi Elena Costa.
Voci recitanti: Attori della Compagnia “Torre del Bardo”.
Intervento musicale: Libero Maria Marotta.
Ubaldo Giacomucci aveva esordito giovanissimo frequentando alcuni tra i maggiori esponenti della cultura internazionale. Nato a Venezia, viveva a Pescara. Aveva pubblicato in volume le raccolte di poesia L’Ostaggio (Nuovo Ruolo, 1983),Garanzia corpuscolare (Tracce, 1985), Regole dell’impazienza (Tracce, 1989) e il saggio Le ragioni dell’invisibile (Tracce, 2000). Era stato presidente delle Edizioni Tracce e aveva curato molteplici collane editoriali, antologie, saggi, riviste letterarie, mostre di poesia visuale, rassegne di poesia sonora, letture pubbliche di poesia, presentazioni di libri, attività culturali di vario genere. Nel 1980 aveva fondato la rivista trimestrale Tracce. In campo giornalistico aveva collaborato con numerosi periodici di cultura. Aveva fatto parte delle giurie di numerosi concorsi di poesia e letteratura e aveva insegnato materie attinenti al giornalismo e alla redazione editoriale.