Descrizione del libro di Simona Tanzini-Conosci l’estate?-Viola, romana trapiantata a Palermo per un combinarsi di caso e di scelta, è un «volto televisivo», una giornalista tv. Ha un disturbo della percezione (lei preferisce «una particolarità»), la sinestesia: ogni cosa, ogni luogo, ogni persona che guarda si unisce, per lei, a una musica e la musica a un colore; ma non tutti, alcuni non hanno musica e quindi colore, «meglio tenersi lontani». A questo si accompagna una più grave malattia degenerativa, «neuroni bucati» che, senza disabilitarla, determinano il suo modo di muoversi e l’approccio alla realtà. Nel pieno di un’ondata di scirocco è morta strangolata Romina, una ventenne di buona famiglia. È immediatamente sospettato Zefir, un popolarissimo cantautore. Viola vaga per tutti i luoghi coinvolti dal crimine, conducendo la sua vita movimentata, curiosando nelle case e nelle giornate di ogni tipo di gente. Santo, l’ex caporedattore, trincerato dietro tenaci silenzi la mette in contatto con un suo amico, un poliziotto che lei chiama Zelig perché cangiante di colore, il quale sembra sfruttare le sue intuizioni, le sue visioni, l’abilità di profittare del caso. L’inchiesta diventa una storia in una prima persona insolita, né flusso di coscienza né descrizione; un registrare emozioni, eventi e coincidenze lontani, mischiati a pensieri contemporanei su se stessa, sulla città, su fatti e persone, con spirito ironia sarcasmo pena cinismo amore, sentimenti tutti orientati all’obiettivo di rubare la verità a una realtà frammentaria. Conosci l’estate? scandaglia senza trovare fondo il tema della colpa e dell’innocenza. E dietro la vicenda gialla traspare il vero cuore del romanzo: il ritratto commovente, quasi un diario, di una donna che avverte che in lei «si sta allargando il buio», che è lei «quella diversa» e perciò attraversa la vita in modo totale con tristezza e divertimento, malinconia ed entusiasmo, dolore e godimento. Di queste contraddizioni Palermo è il simbolo oltre che il luogo, «città ossimoro»: i suoi odori, la sua compassione e ferocia; e l’Altra Palermo disillusa, «più ipocrita e indifferente di prima». Ma è a Viola che non si può non voler bene.
Pescara-“Indiscrezioni”, in mostra la fotografia del Premio Oscar Giuseppe Tornatore
Pescara- “Indiscrezioni”, in mostra la fotografia del Premio Oscar Giuseppe Tornatore-Da Bagheria alla Siberia. Sono 28 le fotografie in bianco e nero e a colori firmate dal premio Oscar Giuseppe Tornatore esposte nella mostra Indiscrezioni a Pescara fino al 20 dicembre 2024 presso la prima sala di Fondazione La Rocca, presentata nell’ambito di Fla Festival di Libri e Altrecose e Mood Photography e a cura di Stefano Schirato.
La passione per la fotografia di Tornatore
La passione per la fotografia del regista nacque nel 1964 quando aveva solo otto anni. Sotto la guida di Mimmo Pintacuda, fotografo e proiezionista, il giovanissimo Tornatore inizia ad esplorare e documentare la sua città natale, Bagheria, con l’aiuto di una Rolleicord.
La prima sezione della mostra è dedicata agli scatti della sua Sicilia, con le immagini scattate tra il 1967 e il 1977 in cui Tornatore esplora la sua città e la sua regione. Fotografie che risuonano di nostalgia e di orgoglio, di una connessione chiara e profonda con la sua terra.
E poi i bambini che giocano per strada, le feste popolari, i manifesti incollati ai muri, i volti, i ritratti dei suoi familiari, un omaggio vero alle tradizioni siciliane, alle persone e ai luoghi che hanno plasmato il suo immaginario.
La Siberia
La seconda sezione, invece, presenta fotografie risalenti al 1999, anno in cui il regista si recò in Siberia, dopo essersi dedicato per anni esclusivamente al cinema.
Quell’anno Italgas gli commissionò un lavoro: un viaggio a Novij Urengoi, una città nata negli anni Ottanta grazie alla scoperta di oltre seimila miliardi di metri cubi di riserve naturali. Le foto immortalano la natura, la resilienza della popolazione locale, il contrasto tra il paesaggio urbano e quello siberiano con le sue bufere di neve.
Tornatore poi si spinse oltre il conglomerato urbano, oltre il Circolo Polare Artico, dove fotografò le comunità di cacciatori di renne, documentando l’immensità degli spazi aperti fino ai momenti più intimi degli uomini e donne che vivono lì.
Da Bagheria alla Siberia. Sono 28 le fotografie in bianco e nero e a colori firmate dal premio Oscar Giuseppe Tornatore esposte nella mostra Indiscrezioni a Pescara fino al 20 dicembre presso la prima sala di Fondazione La Rocca, presentata nell’ambito di Fla Festival di Libri e Altrecose e Mood Photography e a cura di Stefano Schirato.
La passione per la fotografia di Tornatore
La passione per la fotografia del regista nacque nel 1964 quando aveva solo otto anni. Sotto la guida di Mimmo Pintacuda, fotografo e proiezionista, il giovanissimo Tornatore inizia ad esplorare e documentare la sua città natale, Bagheria, con l’aiuto di una Rolleicord.
La prima sezione della mostra è dedicata agli scatti della sua Sicilia, con le immagini scattate tra il 1967 e il 1977 in cui Tornatore esplora la sua città e la sua regione. Fotografie che risuonano di nostalgia e di orgoglio, di una connessione chiara e profonda con la sua terra.
E poi i bambini che giocano per strada, le feste popolari, i manifesti incollati ai muri, i volti, i ritratti dei suoi familiari, un omaggio vero alle tradizioni siciliane, alle persone e ai luoghi che hanno plasmato il suo immaginario.
La Siberia
La seconda sezione, invece, presenta fotografie risalenti al 1999, anno in cui il regista si recò in Siberia, dopo essersi dedicato per anni esclusivamente al cinema.
Quell’anno Italgas gli commissionò un lavoro: un viaggio a Novij Urengoi, una città nata negli anni Ottanta grazie alla scoperta di oltre seimila miliardi di metri cubi di riserve naturali. Le foto immortalano la natura, la resilienza della popolazione locale, il contrasto tra il paesaggio urbano e quello siberiano con le sue bufere di neve.
Tornatore poi si spinse oltre il conglomerato urbano, oltre il Circolo Polare Artico, dove fotografò le comunità di cacciatori di renne, documentando l’immensità degli spazi aperti fino ai momenti più intimi degli uomini e donne che vivono lì.
In esposizione una selezione di 28 immagini, scelte tra la produzione fotografica del regista Premio Oscar e suddivise in due sezioni dedicate rispettivamente alla Sicilia (1967-1977) e alla Siberia (1999).
All’età di otto anni, Giuseppe Tornatore comincia a frequentare Mimmo Pintacuda, proiezionista del Cinema Capitol di Bagheria e fotografo. Le foto di Pintacuda stupiscono il futuro regista ancora bambino perché gli mostrano aspetti mai visti del suo paese natale. Grazie all’esempio e alla passione del maestro, con la sua fedele Rolleicord al seguito, Giuseppe inizia un lungo periodo di esplorazione della realtà che lo circonda.
Le immagini siciliane di quel periodo risuonano di nostalgia e orgoglio, rivelando la profonda connessione con la sua terra di origine. Il gioco dei bambini in strada, le feste popolari, i manifesti incollati ai muri, i volti, i ritratti dei suoi familiari: ogni scatto ferma nel tempo un momento e rende omaggio alle tradizioni, alle persone e ai luoghi che hanno plasmato il suo immaginario.
È solo nel 1999 che, dopo essersi dedicato quasi esclusivamente al cinema, il regista torna alla sua antica passione. L’occasione è un lavoro commissionatogli dall’Italgas: un viaggio in Siberia per raccontare Novij Urengoi, un moderno agglomerato urbano, nato intorno agli anni 80’, grazie alla scoperta di oltre 6000 miliardi di metri cubi di riserve di gas naturali.
Tornatore accetta e il risultato è un alternarsi di sagome scure, quasi irriconoscibili, avvolte in bufere di neve e scene di interni familiari e quotidiani. Tornatore si spinge poi oltre il Circolo Polare Artico, dove ritrae le
comunità di cacciatori di renne, rivelando un contrasto affascinante tra la vastità degli spazi aperti e l’intimità delle vite di uomini e donne che hanno imparato a vivere in armonia con un ambiente ostile.
Dove Fondazione La Rocca
Via Raffaele Paolucci 71
Pescara
Orari di apertura
(9 novembre – 20 dicembre 2024)
dal martedì al sabato, ore 16:00 – 20:00
Altre info
Mostra organizzata in collaborazione tra FLA Festival di Libri e Altrecose e MOOD Photography nell’ambito di FLAsh, la sezione del festival dedicata ai linguaggi fotografici.
La mostra è ospitata dalla Fondazione La Rocca.
*** Ingresso libero
’Ateneo e Campus è stato istituito quale Università telematica con Decreto Ministeriale 30 gennaio 2006. Ha sede operativa presso l’ex centro IBM di Novedrate (CO), in un campus immerso nel tranquillo verde della Brianza con 270 camere e in un insieme di spazi e luoghi di interesse a disposizione degli studenti, dei professori e degli ospiti italiani e stranieri per gli esami e le attività di arricchimento curriculare quali corsi intensivi, seminari e convegni
John Julius Norwich “I normanni nel Sud. 1016-1130”
Sellerio editore
Descrizione del libro di John Julius Norwich -Una storia di uomini, di armi e di bellezza: lo «stile arabo-normanno» diventa un romanzo grazie alla penna appassionata di John Julius Norwich che dopo “Breve storia della Sicilia” e “Il mare di mezzo” torna ad emozionarci con “I normanni nel Sud. 1016-1130”.
Le gesta e le imprese dei normanni, il loro lento viaggio alla conquista dell’Italia meridionale in un racconto storico divertito che scorre agile e veloce, coinvolgente come un romanzo, appassionante come una saga epica. La conquista normanna di Sicilia e dell’Italia meridionale è l’epopea più avvincente che ci giunge dal Medioevo. Un pugno di guerrieri poveri chiamati, dal villaggetto di Hauteville in Francia del Nord, a battersi, con la forza, con il coraggio e con l’astuzia, contro bizantini, longobardi, saraceni: è l’esempio chiaro di cosa volesse dire in quell’epoca essere cavaliere. E il risultato, strabiliante agli occhi di papi e imperatori, fu l’edificazione in poco più di un secolo, su terre favorite dalla natura, del regno più florido e moderno del tempo, guidato da una linea dinastica, gli Altavilla, breve e favolosa.
«Qui, al centro del Mediterraneo, si trovava il ponte che riuniva Nord e Sud, Est ed Ovest, latini, teutoni, cristiani e musulmani – scrive Norwich – magnifica inconfutabile testimonianza di un’era di illuminata tolleranza, ignota ovunque nell’Europa medievale e raramente eguagliata nei secoli che seguirono». Un colorato affresco che rappresenta il mescolarsi di culture e genti quale fonte di civiltà, ed è, in questi anni di migrazioni e trasferimenti, una lezione che ha tanto da insegnarci ancora oggi.
E l’autore lo dipinge da scrittore, con la freschezza, l’entusiasmo, di una scoperta che riguarda gli umani, l’ardore che deriva dal trasporto dello storico verso i luoghi di cui tratta, una scrittura elegante e carica di umo
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