Poesie di Daria Menicanti (1914-1995)-Biblioteca DEA SABINA

Biblioteca DEA SABINA

Poesie di Daria Menicanti (1914-1995)-

 

Daria Menicanti è stata una Poetessa, insegnante e traduttrice italiana. In lei si mescolano il registro sarcastico e ironico e quello più sottile della malinconia. Per Lalla Romano la sua era “una voce nuova, moderna e classica, per niente alla moda, ma libera e anche audace”.

Daria Menicanti Poetessa, insegnante e traduttrice italiana

ESTIVA

*

Ogni sera le madri dai balconi

chiamano i figli con urli soavi.

Cadono i nomi gridati nel buio

come stelle filanti. Ad uno ad uno

tornano con le bluse a quadrettini

le gonnellette alte una spanna i teneri

re,le regine.

Daria Menicanti, il “grillo” che ha cantato Milano

“Io mi sento il palloncino fuggito dal suo grappolo”

Da bambina la chiamavano grillo, un soprannome che ha conservato per tutta la vita e che a volte disegnava accanto alla sua firma. Un nomignolo profetico per chi del canto ha fatto la sua voce. Daria Menicanti è una delle poetesse italiane dimenticate da riscoprire.

A Piacenza c’è nata “per caso” in quel 6 aprile del 1914 perché sentiva di avere un destino legato al mare viste le origini livornesi e fiumane dei genitori. Il padre aveva studiato con Pascoli che nutriva speranze nel promettente poeta. Lui scelse però di studiare legge e lavorare prima come assicuratore a Trieste e poi come bancario in diverse città del Nord. In seguito fu costretto a cambiare molti lavori per le difficoltà dovute al suo antifascismo e la famiglia si spostò spesso seguendolo.

Daria era la sesta figlia, l’ultima, la più vezzeggiata, la più capricciosa, mingherlina ma con un carattere molto risoluto. I rapporti con la famiglia furono sempre burrascosi, specie col padre spesso assente. Non disse a nessuno che si laureava e nessuno invitò al suo matrimonio, pochi mesi dopo. Dopo le nozze in Comune tornò semplicemente a casa, riempì una borsa e se ne andò dicendo “stasera non vengo a casa perché mi sono sposata”, ricorda la nipote Lucia.

A mano a mano quale ero ritorno:

una che va vestita come càpita,

contenta del poco, di rari

amici scontrosi,

una dispari

felice di bere alla brocca

della sua solitudine.

Daria è una persona schiva e solitaria e i primi anni li vive nella stessa “campana di vetro” di cui parla Sylvia Plath, che avrebbe poi tradotto nel 1968. È di salute cagionevole perciò non va a scuola e studia a casa seguita dalla sorella maggiore Trieste. Inizia a frequentare la scuola pubblica solo alle superiori iscrivendosi al Liceo Ginnasio Berchet di Milano. Continua gli studi alla Facoltà di Lettere e Filosofia e ha come compagni di corso Antonia Pozzi, Luciano Anceschi, Vittorio Sereni, Enzo Paci. Si laurea in estetica con Antonio Banfi e una tesi sulla poetica di Keats. Proprio quel Banfi che creerà intorno a sé la “scuola di Milano”.

Lo sbocco naturale della sua formazione è l’insegnamento e per tutta la vita Daria Menicanti insegna nella scuola media, diventando in seguito anche preside. Ma il suo lavoro culturale è più ampio. Dagli Anni 30 in poi compone poesie, scrive sulle riviste letterarie e traduce, traduce moltissimo, specialmente dall’inglese e dal francese: John Henry Muirhead, Paul Nizan, Betty Smith, Noel Coward, Nelly Sachs, Paul Geraldy, Sylvia Plath. Le traduzioni servono da laboratorio per la definizione della lingua poetica anche se Daria ha tradotto soprattutto prosa, e specialmente filosofia. “La vita dello scriba è una manciata / di sillabe e vocali e consonanti / e di allitterazioni”.

Daria Menicanti Poetessa, insegnante e traduttrice italiana

Dopo tanto silenzio

mi arriva di lontano

festante, fragorosa

una banda di rime,

di assonanze.

Le corro incontro

felice

fino sull’angolo.

L’impronta filosofica resta sempre forte nella sua scrittura. La sua poesia non si lascia andare mai al sentimentalismo ma è sempre frutto della lucida riflessione propria della filosofia. Eppure non è mai fredda, distante, anzi si interessa alla più piccola realtà, inclusi animali e piante, tanto cari alla poetessa.

È ancora capace di infanzia

il tronco ficcato sul cuore

della città. Una luce d’alba gli esce

dai rami, ai piedi gli si affolla

un subbuglio di verde.

A un vento improvviso lo zampillo

della fontana gira verso il tronco

assentendo approvando: – D’accordo,

sussurra, la vita

può essere ancora bella

“Il razionalismo per me è sempre stata una vocazione. Pensa che tempo fa mi dicevo che ero una illuminista” dice in una intervista parlando della sua poesia come dell’“irrazionale espresso razionalmente”. A radicare la sua opera creativa nel razionalismo filosofico ha contribuito l’amore per Giulio Preti, anche lui filosofo della scuola banfiana. Si sposano nel 1937 ma il matrimonio è burrascoso. Finisce nel 1954 ma restano legati da una profonda amicizia.

Poeta

In giro me ne vado come un cirro

silenzioso color ombra. Mi piace

stare alto sui tetti a galleggiare

guardando. Io mi sento il palloncino

fuggito dal suo grappolo: una cosa

ironica leggera e all’apparenza

felice

Le amicizie di Daria si contano sulle dita di una mano ma sono per sempre. Lalla Romano, collega a scuola, diventa la sua più cara amica e di lei dice che “aveva maturato una voce nuova, moderna e classica, per niente alla moda, ma libera e anche audace”. Anche Vittorio Sereni è un punto di riferimento importante, sia personale che professionale. Ogni domenica la poetessa va a pranzo dai Sereni e dà alle loro figlie lezioni private di greco e latino.

Alla poesia si avvicina già negli anni dell’Università ma è ancora qualcosa che tiene per sé. È negli Anni 50, e soprattutto dopo il definitivo trasferimento a Milano, che si dedica alla poesia innestandola a fondo nella sua città.

Daria Menicanti Poetessa, insegnante e traduttrice italiana

Con la tazzina stretta tra le dita,

ben calda tra le dita,

sola, in pace,

in un tiepido alone

di vapori,

di aroma di caffè,

indugio presso il banco

insaziata di calore

tra gli urti continui

e i pardons.

Nel 1964 esce per Mondadori la prima raccolta, Città come, che vince il premio Carducci. Nella prestigiosa collana Lo Specchio saranno pubblicate anche Un nero d’ombra nel 1969 e Poesie per un passante nel 1978. Il direttore della collana era Sereni e nel 1982 aveva già approvato un volume in attesa di pubblicazione, Ferragosto. Ma nel 1983 l’amico muore improvvisamente e Mondadori fa un passo indietro comunicandole per lettera che non sarà più pubblicata. Uno sgarbo che Daria non digerirà mai. Da allora in avanti la poetessa affida le sue raccolte a editori più piccoli: Altri amici, un bestiario poetico dedicato agli animali da Daria tanto amati, esce nel 1986; Ferragosto, considerata dall’autrice la sua opera migliore, vede le stampe nello stesso anno; Ultimo Quarto nel 1990.

Daria Menicanti Poetessa, insegnante e traduttrice italiana

Lucciola

Fu per come esitava che l’amai

subito

e colsi quel seme di luce

stringendo le due palme.

Ma come ci guardai gelosa, buio

era tornato il bel fuoco,

ombra con ombra

pace

Dopo l’ultima raccolta continua a scrivere anche se le sue condizioni fisiche e psichiche vanno peggiorando rapidamente, fino alla morte appena 5 anni dopo. Sulle poesie inedite ha lavorato febbrilmente, correggendo e limando continuamente i versi come testimoniano i taccuini scritti a matita. Un lavorio continuo che passa al setaccio della ragione tutti i moti dell’animo e li distilla.

Di qua la vita e da quell’altra parte

la morte e in mezzo l’uomo

in stato di assedio

La sua poesia si è nutrita di minime situazioni quotidiane, di silenzi e inquietudini, piccole epifanie, di vissuto cittadino popolato da personaggi che qualche volta Daria sembra orchestrare sulla scena come una abile regista. Quando parla di se stessa si definisce un “camaleont poet” come il suo amato Keats.

Ma sono – oltre che me – sono sul guscio

d’un fiore il mite grillo

dell’estate inquilino –

o l’urlo abbandonato dell’ossesso

sul marciapiede riverso –

Nella sua opera si passa dal tratto nostalgico e struggente a quello ironico e tagliente, dalla riflessione filosofica sulla vita al ritratto dei reietti metropolitani. La città è sempre presente, se non da protagonista come sfondo attivo.

Me ne vo con un gran coltello infisso

nel petto, il manico fuori.

Me ne vado tranquilla e bianca. Un vigile

col fischio mi richiama: – Il coltello,

mi grida, il coltello! –

Par proprio che la lama

superi le misure della legge.

Così mi fermo e pago

l’ennesima contravvenzione

E spesso presente è il cuore, anche se non viene quasi mai nominato direttamente ed è sempre mediato dall’intelletto. Non c’è sentimentalismo fine a se stesso ma riflessione lucida e acuta sulle ragioni del cuore.

Se il cuore è innamorato

il fracasso che fa.

L’hanno paragonata a Umberto Saba e Sandro Penna ma a lei piaceva di più far riferimento ai poeti classici, specialmente a Orazio e Marziale, a cui si ispirano anche i suoi fulminanti epigrammi.

Dopo tanto odio ti ricordo infine

con animo fraterno

e ti perdono

il bene che mi hai fatto

(Le poesie e le citazioni sono tratte da Il concerto del grillo: l’opera poetica completa con tutte le poesie inedite, Mimesis)