Biblioteca DEA SABINA-Associazione CORNELIA ANTIQUA
Roma Municipio XIII, Perché il nome Castel di Guido?
Se percorri la strada con l’auto in corsa vedi solo una tabella che indica Castel di Guido-Comune di Roma e non ti chiedi dove sei ed il perché del nome del Borgo medioevale che attraversi così velocemente. Io me lo sono chiesto ed ho iniziato a fare delle ricerche per mio conto ed ho sbagliato subito l’approccio perché , ingenuamente, sono andato a consultare il libro di Cicerone “ LA TOPICA”, sempre perché qualcuno mi aveva detto che questo è un sito che nell’antichità era denominato LORIUM. Ma poi mi sono reso conto che molto spesso i nomi che vengono dati ad un territorio , borgo ecc derivano da eventi accaduti molti secoli prima, dunque se questo luogo all’epoca dell’antica Roma era chiamato Lorium ,dovevo spostare le mie ricerche verso l’anno mille e finalmente ci sono arrivato. Tra i vari documenti che ho consultato, il più esaustivo è stato quello che ho trovato scritto negli annali di Prudence de Troyes dove si legge testualmente” Guy, magravede Spolète accurt l’appel du Pape avec le concurs des Romaines il reporte une grande victoire sur les mecreants, battus par les milicies de la campanie romaine”. Trad. “ Guido, margrave di Spoleto, accorse all’appello del Papa, e con il concorso dei Romani riporta una grande vittoria sui miscredenti, battuti con l’aiuto delle milizie della campagna romana”. I fatti narrati avvennero nell’anno 846. La vittoria suscitò ammirazione tra i Romani che iniziarono a chiamare questi luoghi Castrum Guidi, in ossequio a Guido I Duca di Spoleto e Camerino, quindi è questa l’origine del nome CASTEL di GUIDO. Dopo questa breve ricostruzione mi sono domandato:” Ma i Saraceni superstiti dove sono andati a finire ?” Sembrerebbe nella località sita sulla via Tiburtina che prese appunto il nome di SARACINESCO. (F.L.)
Castel di GuidoCASTEL di GUIDO-Bivio di FREGENE-via Aurelia- PONTE ROMANO SUL FIUME ARRONE.CASTEL DI GUIDO-La Polledrara di Cecanibbio- MUSEO PALEONTOLOGICOCastel di GuidoCastel di GuidoAssociazione CORNELIA ANTIQUA– Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali.Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–Castel di GuidoCastel di Guido-chiesa Spirito SantoCROCE di CASTEL DI GUIDO– LA CROCE DI LORENA – CROCE DEL SANTO SPIRITOOASI LIPU di Castel di Guido- Archivio anno 2009 -Foto Gallery Costruzione della prima casetta in legnoOasi LIPU di Castel di Guido
CASTEL DI GUIDO Palio del 1988CASTEL DI GUIDO- IL PALIO DELLA MEZZA LUNA
ROMA MUNICIPIO XIII-Associazione CORNELIA ANTIQUA-
CASTEL DI GUIDO- IL PALIO DELLA MEZZA LUNA.
La Storia-
Il Gran Visir di Tunisi , Sultano dell’Islam, era il più potente in armi sul Mediterraneo nel sec. IX. Il Gran Visir, dopo aver occupato la Sicilia, progetta la conquista di Roma per tentare di “islamizzare” tutte le popolazioni cristiane. Siamo nell’anno 846; gli eredi di Carlo Magno si stavano “dividendo” l’Europa centrale. L’Italia, in particolare Roma, non aveva difese militari, navali e terrestri , che potessero far fronte alla potentissima armata islamica. Il progetto del Gran visir è diventa operativo nell’agosto dell’846. In quell’offensiva viene occupata e distrutta la città di Porto Romano, sede vescovile sin dal 221 .
Le armate saracene risalirono il Tevere e saccheggiarono e incendiarono la Basilica di San Paolo anche se i romani opposero una strenua difesa come nel Liber Pontificalis. I Saraceni si
Insediarono a Roma occupando saccheggiando la Basilica vaticana asportando tra le altre cose anche l’Altare ricoperto da una lamina in oro. Papa Sergio II, non potendo fare appello né ai Principi Carolingi e né al Duca di Napoli anch’egli alle prese con l’invasione saracena , il Papa invocò l’intervento del Duca Guido I di Spoleto. Guido rispose all’appello di Papa Sergio II e intervenne , con una efficientissima cavalleria, nella città di Roma liberandola dai Saraceni.
Le truppe saracene non potendo fuggire per via Tevere si riversarono sulla via Aurelia . Sulle colline di Lorium Guido da Spoleto, dopo aspra battaglia, ebbe ragione dei saraceni . Per la vittoria di Lorium fu determinante il contributo dei militi rurali meglio conosciti e ricordati “milizie di campagna” che presidiavano la domus-culta ora Castel di Guido. Il racconto della battaglia si legge negli “Annales” di Prudence di Troyes:” Guy, margrave de Spolète accourt l’appel du Pape avec le concours des Romains il
Castel di Guido-chiesa dello SPIRITO SANTO
remporte une grande victoire sur les mecreants, battus par les milicies de la campanie romaine”-( Guido, margave di Spoleto, accorse all’appello del Papa Sergio II e con il concorso dei Romani riporta una grande sui miscredenti, battuti con l’aiuto delle milizie della Campagna Romana). Lorium, infatti, oltre ad essere sede vescovile di una Diocesi minore, era anche una delle più importanti “ Domus-Cultae” (Aziende Agrarie Pilota); queste Aziende erano state istituite circa cento anni prima da Papa Zaccaria con il fine di sostituire, rimpiazzare , le mancate forniture di grano proveniente dalla Sicilia verso Roma essendo l’isola divenuta dominio saraceno e, quindi, non esportava più il grano verso la capitale del cristianesimo. La Domus-Culta godeva per la sua importanza strategica , fornitura di grano a Roma, di una forte ed agguerrita guarnigione di “MILITI-RURALI”, che oltre alla custodia delle culture e degli allevamenti , in caso di bisogno, divenivano guerrieri audaci nel respingere gli attacchi di possibili invasori. Ricordiamo che le invasione saracene diedero origine alla costruzione delle
Casale della Bottaccia
torri semaforiche di segnalazione, a Castel di Guido è in essere, anche se mal ridotta, la TORRE DELLA BOTTACCIA della cui storia avremo modo di parlare.Il clamore della vittoria conseguita da Guido da Spoleto e dalla guarnigio dei Militi-Rurali sollevò il popolo romano dal “terrore saraceno” che da quel giorno presero a chiamare le colline di Lorium con il titolo di Castrum Guidi, in omaggio al Duca di Spoleto, lasciando nell’oblio l’antico nome romano di Lorium. A conferma di questa ricostruzione e tesi storica che l’occupazione saracena dell’846 palesava il progetto di “islamizzazione” , se l’operazione militare fosse riuscita, del cuore stesso della cristianità sta il ripetuto tentativo d’invasione perpetrato dagli islamici , appena tre anni dopo nell’849 , fermato nella famosa battaglia navale ricordata con il nome di Battaglia di Ostia. In quegli anni Papa Leone IV costruì, a difesa del Vaticano, le famose Mura Leonine e stipulò un “Patto marinaro” per la difesa delle coste con le città di Gaeta, Napoli ed Amalfi e fu così stroncato il progetto di invasione saracena di Roma.
Casale della Bottaccia
Comunque da quel momento iniziarono le incursioni piratesche sulle coste laziali che si protrassero per secoli . Queste incursioni piratesche distrussero il territorio della maremma e determinarono il trasferimento delle popolazioni dalle coste alle zone interne .I nuovi insediamenti diedero vita ai numerosi Borghi che furono edificati negli 900 e 1000.
S.E. Cardinale AGOSTINO CASAROLI al Palio edizione del 1988-
IL PALIO-
Dal 1984, quando la minaccia di distruzione del nostro territorio sembrava incombente per un insano progetto di deturpazione e di degrado, alcuni appassionati della difesa paesaggistica e conoscitori ed estimatori della Storia di questi luoghi, LORIUM e CASTEL DI GUIDO, riuniti nella Cooperativa Portuensis , rievocando la storia dell’antica e mitica battagli di Lorium, la più sconosciuta , ma di fatto la più autentica LIBERAZIONE di ROMA, diedero vita, idearono e realizzarono, alla manifestazione folkloristica del
Castel di Guido-La TORRE DELLA BOTTACCIA
PALIO della MEZZALUNA. Nel 1984 furono le contrade minuscole dell’antica Lorium, Castel di Guido, a celebrare e rievocare l’evento storico. Le Contrare che parteciparono alla manifestazione furono: CASTELLO,BOTTACCIA, PONTE ARRONE, MURATELLA. Negli anni successivi la partecipazione fu allargata ad altre otto Contrade, questo per ricordare che tutti i cavalieri della Campagna Romana “MILITI-RURALI”, accorsero alla difesa di Roma e della cristianità . Il Comune di Roma dopo anni di partecipazione con il Gonfalone e le Rappresentanze ha voluto dare al Palio della Mezza Luna il massimo riconoscimento , abbinando la manifestazione e alla gara cavalleresca dei nostri Butteri, degni eredi degli antichi Cavalieri , la Lotteria nazionale “Città di Roma”.
Castel di Guido-Il giovane Buttero DOMENICO FRACARELLI
Si auspicava l’adesione alla manifestazione di tutti gli antichi Borghi medievali della Diocesi di Porto e Santa Rufina: Porto Romano, Santa Marinella, Cerveteri, Bracciano, Riano Flaminio, Castelnuovo di Porto, Sasso, Castel San Giuliano, La Storta, Cesano, Isola Farnese, Isola Sacra, Formello , Sacrofano, Borghi che sono il cuore dell’antica civiltà della Maremma Portuense.
On. Mario BACCINI
Trascrizione del testo del Libro dell’On. MARIO BACCINI.
Dall’antico Agro Portuense all’Area Metropolitana di Roma-Ovest (Libro Bianco di Mario Baccini)
Roma- 29 aprile 2017-Si è spento improvvisamente a Roma, questa mattina presso l’ospedale San Carlo di Nancy dove era ricoverato, monsignor Diego Natale Bona , vescovo della diocesi di Saluzzo dal 1994 al 2003.
Nato a Castiglione Tinella, nell’albese, l’11 dicembre 1926, Bona era stato ordinato sacerdote all’età di 23 anni, e precisamente l’8 ottobre del 1950.
Fu l’allora Pontefice KarolWojtyla, papa Giovanni Paolo II, il 9 novembre del 1985, ad eleggerlo vescovo alla sede suburbicaria – così si definiscono le sette Diocesi del Lazio intorno a quella di Roma – di Porto-Santa Rufina.
Il cardinale UgoPoletti, scomparso nel 1997, lo consacrò episcopo neanche un mese dopo, il 1 dicembre dello stesso anno, il 1985, mentre la nomina episcopale giunse il 30 settembre 1986.
Dal Lazio, dove Bona guidò la Diocesi di Porto per più di otto anni (dall’85 al 1994), venne trasferito in Piemonte come pastore della Diocesi saluzzese, dove si insediò il 19 marzo del 1994.
“Bona cuncta posce” (chiedi per noi ogni bene) fu il suo motto episcopale, nonchè un verso dell’antichissima preghiera a Maria, Ave Maris Stella.
A Saluzzo rimase sino al 2003, diventando vescovo emerito – il 16 aprile – affidando la circoscrizione vescovile al suo successore, Monsignor GiuseppeGuerrini.
Dal 1994 al 2002 fu anche presidente del “Pax Christi” italiano, il movimento cattolico per la pace, con Tonio Dell’Olio coordinatore nazionale.
Tra gli incarichi ricoperti, anche quello di membro della Commissione Espiscopale per il servizio della carità e della presidenza della Caritas italiana.
I solenni funerali si svolgeranno il 2 maggio alle ore 15.00 nella Parrocchia dei SS Cuori di Gesù e Maria
Chiesa Cattedrale Diocesi di Porto e Santa Rufina -Loc. LA STORTA-Roma
Monsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016
Roma Capitale-Municipio XIII, Presidentessa Dott.ssa Giuseppina Castagnetta
ROMA Capitale-Municipio XIII, Presidentessa Dott.ssa Giuseppina Castagnetta: fine anno partirà cantiere a Castel di Guido in merito al progetto ACEA ATO2.
Roma, 21 mar 2017 – “A Castel di Guido, in merito al progetto ACEA ATO2 che riguarda la rete idrica e fognante in Via Neviani/Gismondi è arrivato il Nulla Osta per l’accatastamento per la nuova area per la stazione di sollevamento. “Entro fine anno partirà il cantiere”. Lo scrive sulla sua pagina Facebook il presidente del Municipio XIII, Giuseppina Castagnetta.
Apoteosi di Antonino e Faustina , dalla base della Colonna di Antonino Pio.
Tito Aurelio Fulvo Boionio Arrio Antonino Pio (in latino: Titus Aurelium Fulvus Boionius Arrius Antoninus Pius; nato a Lanuvio il 19 settembre 86 d.C-Lorium(Castel di Guido) , 7 marzo 161 ) è stato un Imperatore romano dal 138 al 161.
Uno dei migliori imperatori romani. Fu adattato da Adriano e suo successore nel 138. Tutto inteso al bene dei popoli riedificò città distrutte dalle guerre, represse l’avidità dei governatori delle province, cacciò dalla corte i delatori, fondò istituti di beneficenza per gli orfani, migliorò la condizione giuridica degli schiavi, vietò le persecuzioni contro i Cristiani, mantenne ferma la pace e ricorse alle armi solo per necessità.
Colonna di Antonino Pio
Fu dolce, amorevole con tutti, ma sin troppo con Faustina (La Maggiore) sua moglie, indegna di lui; scelse come suo successore Marco Aurelio che sposò Faustina (La Minore) figlia dell’Imperatore. I successori di Antonino Pio assunsero il suo nome , e gli storici chiamano il secolo degli Antonini “ l’età più felice per l’Impero Romano”. Si attribuisce al Antonino Pio “L’Itinerarium provinciarum”, un prezioso documento dell’antica geografia che si dice fosse compilato per suo ordine.
Antonino Pio Imperatore RomanoAntonino Pio Imperatore Romano-Antonino Pio Imperatore Romano
IL CASALE DELLA BOTTACCIA FU IL PRIMO OSPEDALE DELLA CAMPAGNA ROMANA.
Breve Storia-Ricerca Bibliografica-(Parziale e non esaustiva) e foto originali a cura di Franco Leggeri-
Intorno alla metà del 1600 ,per la grande opera di Carità dell’abate Ottavio Sacco da Reggio Calabria (morto nel 1660) e per la benevolenza del Principe Camillo Pamphilj, che aveva acquistato nel 1641 la tenuta dal Card. Alessandro Peretti detto anche Cardinal Montalto, fu edificata la cappella annessa al Casale della Bottaccia . La Cappella fu dedicata a Sant’ Antonio Abate, che , da subito, diventa anche un “piccolo ospedale” per il primo soccorso degli ammalati. Si racconta che nei pressi della Cappella di Sant’Antonio era sempre pronto un carro, con cavalli attaccati, per raccogliere gli ammalati nella Campagna Romana .Gli ammalati o infortunati più gravi venivano inviati nell’Ospedale Santo Spirito di Roma.Una Cappella simile a quella del Casale della Bottaccia fu edificata , ancora esistente e visibile, a fianco del Casale Panphilj sito nel Borgo di Testa di Lepre di Sotto in via dell’Arrone.
Ricerca Bibliografica-(Parziale e non esaustiva)
IL CASALE DELLA BOTTACCIA FU IL PRIMO OSPEDALE DELLA CAMPAGNA ROMANA.
( T. Ashby, The Roman Campagna in the Classical Times, Ernest Benn ed., London 1970; I. Belli Barsali e M. G. Branchetti, Ville della Campagna Romana, ed SISAR, Milano 1975). Nell’acquerello del Catasto Alessandrino del 1660 sono chiaramente visibili due corpi di fabbrica: il nucleo centrale che probabilmente era la torre di cui oggi rimane ancora l’ingresso e il primo piano, successiva sarebbe invece la piccola costruzione che si affianca a sinistra di questo, ben visibile nell’acquerello del Catasto Alessandrino; la chiesa si intravede sulla destra della facciata. Sulla sinistra della facciata, sempre nell’acquerello del catasto Alessandrino si vede quello che ,probabilmente, è un giardino segreto oggi scomparso. In seguito, in un periodo non identificato si realizza un altro. L’ultimo corpo ad essere costruito è quello che oggi costituisce l’ingresso al piano nobile della parte posteriore sempre sulla sinistra arrivando dalla strada; ciò è testimoniato da una prima analisi materiali utilizzati: tale fabbricato è realizzato in laterizi, mentre tutti gli altri, almeno per quanto riguarda la parte basamentale sono costituiti di pietra calcarea.
IL CASALE DELLA BOTTACCIA FU IL PRIMO OSPEDALE DELLA CAMPAGNA ROMANA.
Nei primi del ‘700 fu realizzato, probabilmente nel corpo a sud con un grandi saloni ai piani superiori, un piccolo ospedale per il primo soccorso: l’Eschinardi infatti scrive: “. . omissis . . e parte del Principe Panfilj di rub. 281 con la seguente detta della Bottaccia di rub. 333 dove si trova sempre pronta una sua carrozza per condurre a Roma gl’ammalati della campagna.” ed anche il Metalli: “Il Principe Panfili vi istituì un piccolo ospedale ed un’ambulanza pel trasporto dei malati poveri a Roma.” . Tale notizia da quanto riportato sul sito del X Dipartimento sarebbe desunta anche dai registri parrocchiali di Castel di Guido: “ . . .omissis . , l’oste assumeva un ruolo delicato: nel contratto di affitto dei locali aveva anche l’obbligo di accogliere i malati e portarli al vicino ospedale. Il casale della Bottaccia fungeva non solo per la zona di Castel di Guido ma per tutto l’Agro Romano da ospedale. E due volte alla settimana i malati più gravi si trasferivano all’Ospedale di Roma.”; questo riferimento del XVIII secolo conferma anche l’utilizzo di parte del casale come osteria, ribadito anche nella “Rubrica delle tenute e dei casali della carta Cingolana”. Quest’ultima destinazione d’uso probabilmente rimane fino al secolo scorso poiché se ne trovano ancora le tracce nel casale, e L’ipotesi è sostenuta anche da Luigi Cherubini:”Le vecchie osterie della Campagna si danno da fare: per non restare tristemente abbandonate e inutilizzate, anche se hanno una storia, com’è successo alla “Bottaccia” di Castel di Guido e al Casale dei Francesi di Ciampino…per non morire” (Catasto Alessandrino 433bis/19 19 Ottobre 1661 “Sviluppo della strada che da Porta S. Pancrazio passa per Pisana e arriva a Maccarese” agrimensore Legendre Domenico; Isa Belli Barsali e M. G. Branchetti, “Ville della Campagna Romana”, ed. SISAR, Milano 1975, pag. 249-250-
IL CASALE DELLA BOTTACCIA FU IL PRIMO OSPEDALE DELLA CAMPAGNA ROMANA.IL CASALE DELLA BOTTACCIA FU IL PRIMO OSPEDALE DELLA CAMPAGNA ROMANA.Casale Panphilj sito nel Borgo di Testa di Lepre di Sotto in via dell’ArroneCasale Panphilj sito nel Borgo di Testa di Lepre di Sotto in via dell’ArroneChiesetta di Sant’Antonio -Casale Panphilj sito nel Borgo di Testa di Lepre di Sotto in via dell’Arrone
Brucia. Brucia il peccato. Brucia il lusso. Brucia il vizio. Brucia il demonio. Brucia la depravazione. Brucia la perdizione.
Brucia la febbre di conquista, nel volto di Girolamo Savonarola (1452-1498): il rivoluzionario, il moralizzatore, il profeta dei Piagnoni.
Le fiamme illuminano i suoi occhi spiritati, quasi in estasi di fronte a quello spettacolo di purificazione.
È il 7 febbraio 1497 e nel grande falò al centro di Piazza della Signoria bruciano migliaia di oggetti: specchi, cosmetici, vestiti di lusso, arpe, bombarde, cetre, chitarre, liuti, ciaramelle, cornamuse, flauti, ghironde, vielle, e ancora dadi, profumi, livree, parrucche, carte da gioco, libri immorali, manoscritti con canzoni profane, dipinti.
Sandro Botticelli ammira i suoi capolavori ardere: errori di gioventù finalmente riparati, opere infamanti che non infangheranno più il suo buon nome.
Dipinti pagani, che ritraggono figure mitologiche e che parlano di sensualità e di passione: Venere, Marte ed Ercole bruciano nel rogo. Brucia il mostruoso Centauro, bruciano i satiri giocherelloni.
Brucia il suo passato di peccato alla corte dei Medici, brucia la vergogna di artista cortigiano foraggiato dalla borghesia fiorentina; brucia per sempre l’epoca in cui dipingeva cicli ispirati al Decameron di Boccaccio e opere piene di allegorie pagane, brucia l’esaltazione del trionfo della vita.
Un-altro-falò-delle-vanità-
Girolamo Savonarola (Fra Bartolomeo, 1498, olio su tavola, Museo nazionale di San Marco, Firenze)
Per anni Sandro aveva prestato la sua arte per celebrare matrimoni e allietare banchetti di vino ed orge.
Poi era arrivato Savonarola ed era morto Lorenzo il Magnifico, e tutto era cambiato. Tutte le vecchie sicurezze si erano infrante, il trionfo della vita aveva lasciato il passo all’annuncio della morte e del giudizio finale e Sandro si era sentito profondamente colpevole per aver dato volto a quel magistero artistico tanto aspramente condannato dal “santo frate”.
Così, in questo martedì grasso che non era mai stato così magro, e terrificante ed esaltante, lo stesso pittore è corso alla sua bottega per fare razzìa delle sue opere e gettarle nel rogo.
Si guarda intorno e percepisce un’eccitazione generale.
È un’antica usanza, a Firenze, quella di accendere il grande falò per l’ultimo giorno di carnevale: tutto il popolo si adopera per portare in piazza legna, frasche e paglia, e poi lasciarsi andare a danze orgiastiche per tutta la notte.
Savonarola ha deciso di rispettare l’usanza anche quest’anno, ma con una piccola differenza: perché oggi saranno proprio le orge a bruciare sul falò: orge di ogni genere. Ogni forma di lascivia e impudicizia è destinata a finire nel grande rogo: che siano statue di uomini e di donne nudi o quadri dei grandi maestri del tempo, o strumenti musicali, o libri, o canzonieri. Ognuno porta ciò che vuole, e gli artisti stessi fanno a gara per purificare le proprie opere.
Baccio della Porta ha portato tutti i suoi disegni di studi sul corpo umano.
Ha 24 anni e in città è molto amato “per la virtù sua – scrive Vasari – assiduo al lavoro, quieto e buono di natura et assai timorato di Dio”. A Bartolomeo piace la vita quieta e fugge le pratiche viziose e molto gli dilettano le predicazioni, e cerca sempre “le pratiche delle persone dotte e posate”. Naturale, quindi che si sia letteralmente invaghito di Savonarola, tanto da essere spesso ospite nel convento dei frati domenicani, con cui ha stretto amicizia al punto che dopo la morte di Girolamo arriverà a farsi egli stesso frate domenicano. Sta anche preparando un ritratto del grande predicatore e ora ammira soddisfatto trasformarsi in cenere i suoi disegni in cui compaiono le figure nude di uomini e donne.
Al suo fianco, Lorenzo Di Credi osserva le fiamme con il sorriso tra le labbra. Allievo di Verrocchio e amico del Perugino e di Leonardo da Vinci, si è fatto conoscere con opere di arte sacra come la Madonna di piazza e L’Annunciazione, ma non aveva disdegnato di accettare committenze profane come il Ritratto di Caterina Sforza e la Venere. Ma il passato è alle fiamme, ormai. E nel suo futuro c’è solo il fervore religioso.
Un altro falò delle vanità (San Domenico e gli Albigensi) è ricordato nel dipinto del pittore spagnolo Pedro Berruguete
È un orgia casta, quella che si consuma attorno al fuoco, un delirio mistico e violento. Non ha convinto tutti, il frate riformatore: i suoi nemici si sono barricati in casa, altri sono venuti in piazza solo per guardare. Altri ancora sono confusi.
Come Cosimo, che osserva Savonarola, ascolta i suoi anatemi parola per parola. Ammira nei suoi occhi quella luce interiore che hanno gli uomini di fede, ammira la forza, ammira il rigore. Ma quando torna a casa e passa per via Tornabuoni, osserva compiaciuto le botteghe degli artisti, i bordelli, i mercati, e deve ammettere di sentirsi a suo agio tra i condannati.
Chi invece non ha alcun dubbio è lui: il nuovo “re di Firenze”, che si è guadagnato il favore del popolo riformando le tasse e abolendo l’usura e dopo aver rovesciato il regime dei Medici ha sfidato nientemeno che il Papa. Al suo fianco ci sono i fedelissimi Domenico da Pescia e Silvestro da Firenze.
Sono passati tredici anni da quando Girolamo ha messo per la prima volta piede in Firenze. Nella capitale del Rinascimento il frate ferrarese aveva trovato una città ricca, vivace, aperta al riso e al gioco; insomma il trionfo dell’immoralità e dell’indecenza. Più che la culla di una nuova civiltà il feretro di una nuova Sodoma.
Girolamo aveva iniziato subito a lanciare i suoi strali: il castigo divino – aveva annunciato – si sarebbe abbattuto sulla città per la corruzione del clero e dei costumi, per la lussuria, l’idolatria, le credenze astrologiche, la sodomia, il lassismo, la simonia. E aveva conquistato subito il cuore del popolo e dei poveri, che vedevano in lui il riscatto promesso dal Vangelo.
Si era scagliato con sempre più ferocia contro i capi della città che sono “superbi e corrotti, sfruttano i poveri, impongono tasse onerose, falsificano la moneta”.
Si era guadagnato così anche il sostegno dei nemici dei Medici. Lorenzo il Magnifico aveva cercato in ogni modo di fermarlo: con le buone e con le cattive. Lo aveva minacciato di confino e Girolamo aveva risposto che non se ne curava e anzi aveva predetto la prossima morte del principe. “Io sono forestiero e lui cittadino e il primo della città; io ho a stare e lui se n’ha a andare: io a stare e non lui”.
Poi Lorenzo gli aveva contrapposto un frate agostiniano, Mariano della Barba, che non era riuscito a reggere minimamente il confronto con il profeta della Rivoluzione.
Quando poi era diventato priore del convento domenicano, Girolamo si era rifiutato di rendere omaggio al principe come il suo nuovo ruolo avrebbe richiesto e come avevano fatto i suoi predecessori, né si era fatto ammansire dai doni e delle elemosine. E la sua cerchia dei fedeli era aumentata a dismisura.
Con la morte di Lorenzo de’ Medici, nell’aprile del 1492, quella Sodoma sembrava giunta finalmente sull’orlo del tracollo e il “Predicatore dei disperati” si era assunto il compito di salvarla dalla dannazione.
Monumento al frate domenicano in Piazza Savonarola a Firenze
Sinistri presagi avevano accompagnato la morte del Magnifico: durante una terribile tempesta un fulmine aveva colpito la cupola di Santa Maria del Fiore, lo stemma dei Medici era finito in mille pezzi e il medico di Lorenzo era stato trovato morto in fondo a un pozzo.
Tutti segnali, aveva spiegato il domenicano giunto da Ferrara, che l’Apocalisse era imminente. Dal pulpito del Duomo aveva lanciato i suoi strali contro l’immoralità dei fiorentini, l’arte rinascimentale, ma anche la ricchezza e il lusso della stessa Chiesa in mano al famigerato Alessandro VI Borgia.
Due anni dopo a suggellare la fine di un’epoca era arrivata l’invasione dell’esercito francese.
Carlo VIII era infatti determinato a prendersi anche la corona del Regno di Napoli che gli spettava – sosteneva – per supposti diritti ereditari.
Messosi in marcia sull’Italia con 30mila soldati di cui 8mila mercenari svizzeri, il 17 novembre 1494 era entrato a Firenze. Girolamo aveva enfatizzato il pericolo di saccheggi e violenze puntando il dito contro l’incapace Piero dei Medici, che prima si era schierato dalla parte degli aragonesi attirandosi l’ostilità del Re di Francia, poi si era arreso clamorosamente asservendosi del tutto al francese. Il popolo si era quindi indignato e ribellato e lo aveva cacciato dalla città proclamando la Repubblica.
Passato Carlo VIII, il potere è passato al governo democratico della Repubblica, ma in realtà è il predicatore domenicano ad aver assunto il pieno controllo della città e a dettare le regole a cui tutti, volenti o nolenti, devono adeguarsi.
Il supplizio di Savonarola – (Francesco di Lorenzo Rosselli, 1498 – Museo di S. Marco, Firenze)
Ora a Firenze non si gioca più in pubblico, le taverne sono serrate e le donne sono state costrette a rinunciare ad abiti troppo scollati e lascivi. La nuova Sodoma è diventata una nuova Gerusalemme, una terra santa dove si sperimenta una nuova forma di democrazia. Morale e popolare. Dove non sono più le regole del tiranno a dettare legge, ma quelle di Dio. O per meglio dire, del suo portavoce in tonaca bianca e mantella nera.
Una nuova democrazia, libera della corruzione dei potenti, ma assoggettata a un padre padrone che non insegue i propri interessi personali, ma decide per il bene della comunità e opera secondo giustizia. Il problema è che è lui il solo a decidere cosa è bene e cosa è giusto.
I gruppi politici si sono divisi in molte fazioni: i Bianchi (repubblicani) i Bigi (favorevoli ai Medici), i Frateschi o Piagnoni (sostenitori di Savonarola) e Arrabbiati o Palleschi (nemici giurati del frate). I Bianchi cercano di farsi valere sui Piagnoni e iniziano le prime frizioni: le proposte di legge di Girolamo per proibire le vesti scollate e le acconciature troppo elaborate vengono bocciate dal governo della città.
Intanto papa Borgia cerca in tutti i modi di liberarsi dell’ingombrante e ribelle frate: ha provato a spedirlo a predicare a Lucca, ma ha dovuto rinunciare per le proteste del popolo fiorentino. Poi lo ha convocato a Roma per interrogarlo, ma Girolamo ha rifiutato adducendo motivi di salute, e ha inviato una memoria scritta.
Lapide in piazza della Signoria a Firenze che ricorda il rogo di Savonarola
In seguito sono arrivate le sospensioni dagli incarichi, divieti di predicare e altri provvedimenti disciplinari, che Borgia ha dovuto puntualmente revocare a causa delle pressioni ricevute dai fiorentini. In compenso il frate non manca di attaccare il papa pubblicamente: “Noi non diciamo se non cose vere, ma sono li vostri peccati che profetano contra di voi, noi conduciamo li uomini alla simplicità e le donne ad onesto vivere, voi li conducete a lussuria e a pompa e a superbia, ché avete guasto il mondo e avete corrotto li uomini nella libidine, le donne alla disonestà, li fanciulli avete condotto alle soddomie e alle spurcizie e fattoli diventare come meretrici”.
L’ultimo tentativo per rabbonirlo è la nomina a cardinale, che Savonarola rifiuta sprezzante: “Io non voglio cappelli, né mitre né grandi né piccole; non voglio se non quello dato ai santi: un cappello rosso, un cappello di sangue, questo desidero”. E sarà accontentato, prima di quanto egli stesso non immagini.
Il falò in piazza della Signoria è l’ultimo grande atto della rivoluzione di Savonarola: dalle infiammate prediche è arrivato finalmente al rogo delle vanità; ma non lo sa, il nuovo padrone di Firenze, che la prossima a bruciare sul rogo – appena quindici mesi dopo, in quella stessa piazza – sarà la sua carne.
CIRCO PINOCCHIO di Leonardo Angelini diretto da La compagnia dei Giovani del Teatro Vascello
Teatro Vascello – STAGIONE TEATRALE 2016-2017-
Direzione Artistica Manuela Kustermann IL VASCELLO DEI PICCOLI .
ROMA dal 14 gennaio al 19 febbraio 2017 sabato ore 17.00 domenica ore 15.00
Matinee VENERDI’ 24 FEBBRAIO CARNEVALE H 10.30
CIRCO PINOCCHIO di Leonardo Angelini diretto da La compagnia dei Giovani del Teatro Vascello
interpretato da :
CIRCO PINOCCHIO di Leonardo Angelini diretto da La compagnia dei Giovani del Teatro Vascello
Valentina Bonci, Isabella Carle, Matteo Di Girolamo
Marco Ferrari, Chiara Mancuso, Valerio Russo, Pierfrancesco Scannavino, Chiara Lucisano.
musiche Claudio Corona Belgrave
costumi e scene Clelia Catalano e Silvia Colafrancesco
illustrazione Marco Sebastiani
produzione La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello
in collaborazione con La Scuola Romana di Circo
C’era una volta un bambino vero, Pinocchio, che, abbandonati gli abiti di burattino, aprì un circo tutto suo, il Circo Pinocchio.
CIRCO PINOCCHIO di Leonardo Angelini diretto da La compagnia dei Giovani del Teatro Vascello
Lo spettacolo racconta il circo, i suoi colori, lo sfarzo, le risate, ma anche i sacrifici, le rinunce e le lacrime di cui questo mondo ha bisogno per splendere e regalare la sua magia. Per un’artista, la cosa più difficile è trovare equilibrio tra divertimento e disciplina, tra passione e compromesso e, proprio attraverso l’eroe di Carlo Collodi, esploriamo luci e ombre di questo binomio eterno. Grazie ai suoi compagni d’avventura di sempre, anche loro acrobati e giocolieri, la Fata Turchina, Mangiafuoco, Gatto, Volpe e il grillo parlante, Pinocchio capirà come superare le sue paure.
Circo Pinocchio Valerio Russo
Davvero si può sopravvivere senza dire bugie?
Il burattino di Collodi, da quando è diventato umano – e adulto – ci prova con tutte le sue forze.
Per campare dirige un circo: la Fata Turchina volteggia ai trapezi, Mangiafuoco disegna fiamme nell’aria, il Gatto e la Volpe clowneggiano, il Grillo Parlante è il direttore di pista e Pinocchio il giocoliere.
Il Circo Pinocchio però è sempre più sgangherato: il Grillo soffre di balbuzie, la Fata è sovrappeso, Mangiafuoco è tutto fumo e niente fuoco, ed il Gatto e la Volpe, costretti a un’assoluta bontà e correttezza, non fanno ridere più nessuno.
Spinti dalla fame, i pigri e buffi compagni di Pinocchio cercano di convincerlo a dire qualche “innocente” bugia, per racimolare qualche spettatore in più. Lui però non si piega: in cuor suo è terrorizzato dalla possibilità di ritrasformarsi in un ciocco di
CIRCO PINOCCHIO di Leonardo Angelini diretto da La compagnia dei Giovani del Teatro Vascello
legno. “Le bugie non si dicono!”, ordina agli altri.
La divertente commedia prende spunto dal capolavoro di Collodi, ribaltandone i ruoli. Riflette sui temi della menzogna e della bontà. La sincerità costa cara. Pinocchio, per potersela permettere, proverà a diventare il giocoliere più bravo del mondo e cercherà di convincere i suoi amici a migliorare attraverso l’impegno e il lavoro, a scegliere con il cuore tra ciò che è giusto e ciò che è facile.
Con mezzi pubblici: autobus 75 ferma davanti al teatro Vascello che si può prendere da stazione Termini, Colosseo, Piramide, oppure: 44, 710, 870, 871. Treno Metropolitano: da Ostiense fermata Stazione Quattro Venti a due passi dal Teatro Vascello
ROMA CASTEL DI GUIDO–LA CROCE DI LORENA – CROCE DEL SANTO SPIRITO
CROCE di CASTEL DI GUIDO– LA CROCE DI LORENA – CROCE DEL SANTO SPIRITO
“A volte c’è un’unica immagine la cui struttura compositiva ha un tale vigore e una tale ricchezza e il cui contenuto irradia a tal punto al di fuori di essa che questa singola immagine è in sé un’intera narrazione. “ Henri Cartier Bresson Piccolissima (pillole) Storia della Croce a doppia traversa-CROCE DI LORENA- CROCE DEL SANTO SPIRITO. La Croce di Lorena è un simbolo a forma di croce con doppia trasversa. Chiamata CROCE D’ANGIO’ prima e poi di LORENA, figura nello stemma dei duchi d’ANGIO’ divenuti duchi di Lorena. La Croce deve la sua forma alla traversa superiore che rappresenta il “TITULUS CRUCIS” cioè l’iscrizione che Ponzio Pilato avrebbe fatto porre sulla croce di Gesù: “Gesù Nazareno, re dei Giudei”, abbreviata in “INRI” (dal latino Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum). Nella seconda guerra mondiale fu adottata come stemma della Francia Libera in opposizione alla croce uncinata , svastica, nazista. La Croce di Lorena figura nello stemma dei Re d’Ungheria, nello stemma di Ungheria con la corona di Santo Stefano, nella Bandiera della Slovacchia, nello Stemma della Slovacchia, nello Stemma di Casimiro Jagellone re di Polonia, nello Stemma della Lituania ed è il simbolo dell’aeronautica militare della Lituania. LE FOTO ALLEGATE AL POST- N.B. Nella foto si vede la Croce del Santo Spirito – CROCE di LORENA- che si trova incastonata nella cancellata installata tra le colonne site all’ingresso della nostra chiesa parrocchiale.Foto della vecchia Croce di Lorena e foto (varie) della nuova Croce di Lorena sita sul prato antistante la chiesa parrocchiale.
CROCE di CASTEL DI GUIDO– LA CROCE DI LORENA – CROCE DEL SANTO SPIRITOCROCE di CASTEL DI GUIDO– LA CROCE DI LORENA – CROCE DEL SANTO SPIRITO
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