Pola vuole Dante Alighieri. Ma Dante pose lì il confine dell’Italia-Biblioteca DEA SABINA
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Pola vuole Dante Alighieri. Ma Dante pose lì il confine dell’Italia-
Pola, città oggi non Italiana, vuole Dante Alighieri. Ma Dante pose lì il confine dell’Italia – Si parla sempre di difendere i confini degli altri, mentre qualcuno vorrebbe cancellare i nostri, o quelli che rimangono ancora.
Non si parla mai di ciò che avviene o è avvenuto ieri dei Nostri confini, spesso ceduti per qualche spicciolo o… Svenduti ceduti, regalati in maniera tacita e silenziosa, spesso all’oscuro degli stessi Italiani, per evitare …
Così come, scusate il raffronto, sembra avvenire oggi con le Aziende Italiane, oggi scomparse o in mano a stati esteri.
E’ in questa ottica che rileviamo ciò che scrive la Pregiatissima “Accademia di Alta Cultura” a firma del Suo Presidente Giuseppe Bellantonio, che riproponiamo a seguire, per evidenziare una “strana” richiesta del Vicesindaco di Pola.
La richiesta del busto di Dante Alighieri, portato da Pola a Venezia, dove oggi è esposto all’Arsenale, da chi fu costretto a fuggire dalla città Italiana.
Pola, citta brutalmente strappata, insieme ad altre città e territori, all’Italia ed agli Italiani, tra Foibe, persecuzioni criminali ad opera dei comunisti Titini, attentato nella spiaggia di Vergarolla dove si è compiuto un ed r massacro con il più alto numero di morti mai avvenuto nella storia della Repubblica Italiana, e dove tantissimi i bambini furono polverizzati per te t cui si è persa ogni traccia.
Noi lo abbiamo ricordato recentemente, anche se le istituzioni, troppo spesso, dimenticano, con la complicità di tanti Media che tacciono o… negano.
Non vogliamo entrare nel merito della questione, ma solo ricordare, in questa tg fase, che riportare a Pola il busto originale di Dante Alighieri, sarebbe un vergognoso affronto verso tutti quegli italiani cacciati brutalmente da quella città e che con grande rischio hanno voluto togliere il Busto di chi nel tempo indicava il limite dei confini Italiani già nel Suor tempo, quando scrisse la Divina Commedia.
Affronto contro chi ha difeso l’Italia ed i suoi confini, sentendosi appartenente all’Italia, quindi Italiano, Nazario Sauro, che ben spiega la Sua appartenenza all’Italia nella lettera al Figlio scritta in punto di morte, o Cesare Battisti….
Affronto di tutti gli Italiani che sono stati vilmente, brutalmente infoibati.
Affronto di tutte le donne che sono state brutalizzate, violentate, ed uccise o buttate nelle foibe…
Affronto di tutta quella popolazione costretta ad esulare e disperdersi nel mondo, dopo una vera e propria “Pulizia Etnica” perpetrata nel silenzio delle blateranti Organizzazioni Internazionali e di una ignobile complicità dei Governi Nazionali ancora ad oggi.
Affronto a quegli Italiani cacciati dagli stessi Italiani a Bologna 18 febbraio 1947. “L’orologio segnava le 12 e l’altoparlante annunciava l’entrata in stazione di un treno pieno di profughi istriani, giuliani e dalmati… Molti di loro sono donne e vecchi, ma ci sono anche tanti bambini…. “
Tratto da :“Il treno della VERGOGNA” di cui pochi sanno…
E, potremmo continuare.
Ci chiediamo quindi perché dovremmo concedere ciò che è Italiano?
Facciano pure un calco del busto, ma che non sia l’originale.
Il popolo Italiano ha già dato tanto, derubato o svenduto che sia.
Ieri la Corsica, poi Nizza ecc. ceduti, attraverso trattati, per pochi spiccioli a causa di debiti…. poi, dopo la seconda guerra mondiale, L’Istria, la Dalmazia, e Fiume.
Oggi la Francia pretenderebbe il Monte Bianco, e la Svizzera Campione d’Italia?
Ricordiamo, tornando alla storia dell’area di Pola:
L’accordo di Osimo (in francese Traité d’Osimo; in inglese Treaty of Osimo; in serbo-croato Osimski ugovor) è un accordo, siglato a Osimo il 10 novembre 1975 tra i ministri degli affari esteri di Jugoslavia e Italia.
Il trattato di Osimo fu il primo accordo internazionale i cui negoziati per l’Italia non vennero curati dal Ministero degli affari esteri. Le trattative furono condotte deliberatamente in maniera riservata.
Fu ratificato dall’Italia il 14 marzo 1977 (legge n. 73/77) ed entrò in vigore l’11 ottobre 1977
Una vicenda di sangue Italiano, con migliaia di morti, feriti e deportati, ad oggi non si conoscono le cifre ufficiali, contrattati estorti, imposti, e… dove ancora, pur ratificati, non trovano riscontro ed applicazione per gli Italiani, dovrebbe finire a “Tarallucci e Vino” con l’ennesima remissione dell’Italia, e degli Italiani?
Ettore Lembo
“Perché usare l’Italianissimo simbolo di Dante Alighieri per “strane” rivendicazioni?”
“Una notizia apparsa sui mezzi di informazione alla vigilia di Ferragosto, riportava – cito testualmente dallo ‘strillo’ – “L’accorato appello di Bruno Cergnul, vicesindaco di Pola, di riavere il busto di Dante apposto sulla facciata dell’Arsenale…” di Venezia
Lo dico con franchezza, la notizia – ufficiale e riconducibile a una ‘accorata’ esternazione di un vicesindaco la cui origine è certamente italiana, e che in loco rappresenta proprio le sensibilità e le possibili istanze della minoranza Italiana di Pola – ha suscitato in me una certa curiosità ma anche sorpresa e meraviglia.
Ammetto che – per rinfrescare la memoria – sono riandato indietro all’immediatezza di un dopoguerra più che sfortunato per le popolazioni Italiane di Nord-Est, e in particolar modo quelle di Istriani, Fiumani e Dalmati, ricche di amor patrio e di un forte radicamento alle tradizioni, ai ricordi, alle fatiche, spese per generazioni nel segno di una schietta italianità. Eh sì! Perché è impossibile non ricordare che proprio quelle terre – e come non ricordare anche le questioni e le tensioni legate alle nostre amate e italianissime città di Trento e Trieste – costituirono momento di vero e proprio cruento baratto tra gli Alleati vincitori della II° Guerra Mondiale e il tetro regime che in Jugoslavia era sottoposto a Josip Tito e ai suoi esecutori, qual era Milovan Dilas. Come non ricordare la vera e propria persecuzione etnica che subirono pesantemente e drammaticamente gli Italiani che risiedevano in quelle terre, e i cui uomini avevano versato il loro sangue per l’Italia: come non ricordare il cruento, canagliesco, sterminio – il numero degli Italiani allora uccisi pecca tuttora per difetto – degli Italiani di tutte le età infoibati per mano di bande e militari Jugoslavi, uccisi sì per feroce odio etnico ma anche per derubare quella povera gente di terre, case e beni personali, costringendola all’esilio. Bande cui si unirono, con pari efferatezza, anche miserabili, infami, Italiani: altrettanto violenti, ladri e sanguinari, che forti della forza delle armi e vantando spesso la loro dichiarata appartenenza a bande pseudo-partigiane, saccheggiavano, stupravano ferocemente, uccidevano senza pietà, anche consumando vendette per antiche invidie o rancori prescindendo così da altre motivazioni di tipo etnico e/o politico.
Nel rispolverare vecchi testi, ho ritrovato il Trattato Dini-Granic – “Trattato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Croazia concernente i diritti delle Minoranze; Zagabria, 5 novembre 1996” – che all’Art. 3 recita “Tenendo conto dei documenti internazionali rilevanti accennati nel preambolo, la Repubblica di Croazia, nell’ambito del suo territorio, si impegna ad accordare alla minoranza italiana l’uniformità di trattamento nel proprio ordinamento giuridico al più alto livello acquisito; questa unitarietà può essere acquisita attraverso l’estensione graduale del trattamento accordato alla minoranza italiana nella ex zona ‘b’ sul territorio della repubblica di Croazia tradizionalmente abitato dalla minoranza italiana e dai suoi membri”.
Leggendone, mi è sorta una domanda: l’esternazione con toni ‘accorati’ di Bruno Cergnul, vicesindaco di Pola, intesa a ottenere in restituzione’ del busto di Dante, allora portato in Italia dai profughi e oggi collocato in una nicchia sulla facciata dell’Arsenale a Venezia, al pari di ogni azione della vita quotidiana, ha delle motivazioni: ma di quale tipo? Credo poco a una boutade personale: quindi, l’antico quesito cui prodest si pone, proprio per voler risalire alle pulsioni che possano aver mosso il vicesindaco Cergnul a formulare la particolare richiesta, fors’anche potenziale causa del possibile rinfocolarsi di polemiche e idonea a riaccendendo dolori mai sopiti.
Lo ha fatto per motivazioni squisitamente di tipo ‘culturale’? Come “stava qui” e “qui“ deve tornare? Voglia cortesemente chiarirlo.
Lo ha fatto per motivazioni ideologiche, fors’anche di segno politico, personali e/o collettive? Anche in questo caso, voglia cortesemente chiarirlo.
Lo ha fatto per una motivazione di tipo sociale, o per captare la possibile benevolenza di una qualche ‘parte’? Sia cortese nel chiarirlo.
In ogni caso, di norma, per aderire a una qualsiasi richiesta, è buona norma verificarne lo spessore e le reali motivazioni che possano rendere il richiedente credibile e meritevole di attenzione, piuttosto che i contenuti della richiesta stessa; nel particolare, una tematica fatta di pesi e contrappesi: impossibili da ignorare.
Proprio riandando all’Art.3 sopra menzionato è notorio – e il vicesindaco, proprio perché rappresentante in loco della minoranza italiana, non può non sapere – che proprio alcune parti essenziali dello stesso siano tuttora disattese, e non certo da parte Italiana.
Ad esempio sono cadute nel vuoto le richieste di parte Italiana di dar luogo a una doppia toponomastica tanto negli atti istituzionali che nelle cartine; l’utilizzo anche della lingua Italiana nelle indicazioni descrittive dei luoghi di interesse turistico e naturalistico; l’applicazione della legge croata che stabilisce ‘Il diritto all’educazione e istruzione nella Lingua e nella scrittura delle minoranze nazionali nella Repubblica di Croazia’, come pure per quanto riguarda l’applicazione concreta delle ‘modello C’, ovverosia ‘l’insegnamento viene svolto in Lingua croata, ma un monte ore che può variare da due a cinque ore settimanali viene dedicato all’insegnamento della Lingua e della cultura della minoranza nazionale nello specifico Lingua e letteratura, geografia, storia, arte musicale, arte figurativa’, che – è di tutta evidenza – includa l’utilizzo e il rispetto della lingua italiana (cfr. Fiume 6-1-2017, comunicaz. della Unione Italiana dal titolo ‘Il diritto all’educazione e istruzione nella Lingua e nella scrittura delle minoranze nazionali nella Repubblica Croazia’; cfr. intervento 7-12-2016 del Presidente della ‘Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati’, dr. Antonio Ballarin, nel corso delle cerimonie per la ‘Celebrazione dei 25 anni dell’Unione Italiana ed i 20 anni del Trattato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Croazia concernente i diritti minoritari’).
Quindi, parlando un linguaggio piano e rispettoso verso il vicesindaco, chiederei se sia per lui ‘normale’ o meno formulare richieste pretendendone attenzione e soddisfazione, mentre da controparte Croata molte e più serie inadempienze di Atti ufficiali, formali e istituzionali, restano irrisolte: nonostante il trascorrere del tempo.
E ancora: se i profughi Italiani nell’abbandonare le loro case e le loro cose, ritennero di portare con sé ‘quel’ busto di Dante fu perché esso era testimonianza di cultura, patria e di libertà, Italiane: in esso fu anche riposto simbolicamente lo stesso affetto che si rivolge a un familiare, a un parente, trasmettendolo di mano in mano mettendolo così in salvo da mani diversamente degne. Proprio la raffigurazione di Dante Alighieri, tra i massimi rappresentanti della Cultura e della Storia Italiane, che non si poteva lasciare nelle mani di chi tale Storia, tale Cultura, tale respiro antico, non rispettava e anzi offendeva e combatteva aspramente. E ritengo che queste considerazioni – proprio alla luce delle motivazioni relative alla perdurante e tenace in applicazione di parte delle intese istituzionali tra Italia e Croazia – abbiano mantenuto la propria attualità.
La stessa impossibilità si riverbera sul rilascio di una eventuale copia proprio di ‘quel’ busto di Dante. Dall’originale dovrebbe ricavarsi un calco da poter lavorare: ma il calco, a contatto con l’originale, ne trarrebbe un quid di immateriale ma esistente: un pezzo dello spirito di quella scultura, se vogliamo. Uno spirito meno peregrino di ciò che possa sembrare. La scultura in questione, così come ogni opera d’Arte, ha in sé la scintilla creativa dell’Artista che la concepì, e tale scintilla permea la scultura stessa. L’Artista in questione fu lo scultore – ma anche pittore, deputato, Direttore e Professore presso il Regio Istituto di Belle Arti di Roma – Ettore Ferrari: lo stesso dalle cui mani capaci ebbe vita anche la Statua di Giordano Bruno, collocata tuttora a Campo de’ Fiori, a Roma. Ferrari – i cui valori erano e sono ben noti, essendo stati improntati nel segno degli Ideali di Tolleranza, Libertà e Fraternità – realizzò per la Città di Pola, un busto dedicato a Dante Alighieri, dando così testimonianza e corpo ancorché simbolico ad alcuni celebri versi danteschi “Sì come a Pola presso del Quarnaro / Che Italia chiude e i suoi termini bagna.”. (cfr. Inferno, Canto IX, versi 113, 114).
Certamente, anche l’Artista non avrebbe accettato né gradito – né lo farebbe ora – che la sua opera, con tutto ciò che in essa fosse ed è tuttora riposto e rappresentato, non fosse più nelle mani di coloro cui essa era stata solennemente destinata e quindi consegnata: autentici Italiani, dignitosi e di forte personalità, e non certo gente da ‘poco’. Opera Italiana, di uno scultore Italiano, fatta per la comunità di Italiani residenti allora a Pola, rappresentante anche un Autore e una Cultura unicamente Italiani.
Egregio vicesindaco, se permette un sommesso e rispettoso suggerimento; se proprio dovesse accontentarsi di un calco, ma non di ‘quel’ calco, non è meglio comprare un oggetto similare da qualche parte in uno dei negozi lì presenti? Potrà così dire ‘è mio’, è ‘nostro’, anche con enfasi: lo avrà acquistato con i suoi mezzi, e sarebbe veramente e totalmente ‘suo’. E se lo volesse potrà ancor più adoperarsi, con l’usuale vigore che le gocce di sangue Italiano che scorrono nelle sue vene certamente le danno, a far sì che proprio la minoranza italiana presente a Pola, possa lì godere appieno dei propri diritti.
E ciò con buona pace di Dante Alighieri, di Ettore Ferrari e delle sensibilità, affatto irrilevanti, di quanti allora subirono offese e violenze inenarrabili, e che dovettero abbandonare terre, case e oggetti di famiglia, ma che non vollero abbandonare il loro simbolo di cultura e italianità, in territorio e in mani non italiane, fors’anche insanguinate.”
Accademia di Alta Cultura Il Presidente Giuseppe Bellantonio