Poesie di Mahmud Darwish – Poeta palestinese-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Poesie di Mahmud Darwish – Poeta palestinese-
Traduzione di Saleh Zaghloul-Disegno di Alex Albadree
Saramago:”Mahmud Darwish è il più grande poeta palestinese”
LE POESIE – Solo una minima parte della sua produzione è stata, fino ad ora, tradotta in italiano (segnaliamo, ad esempio, Una trilogia palestinese, tradotta da R.Ciucani per Feltrinelli). Vi offriamo alcune delle sue poesie.
“Passanti tra le parole che passano”
Oh, voi, passanti tra le parole che passano: Prendete i vostri nomi e andatevene. Ritirate le vostre ore dal nostro tempo e andatevene. Prendete pure quanto volete dell’azzurro del mare e della sabbia della memoria. Portate via tutte le foto che volete, per sapere che non riuscirete mai a capire come possa una pietra della nostra terra reggere la volta del cielo.
Oh, voi, passanti tra le parole che passano:
Da voi la spada, e da noi il nostro sangue.
Da voi acciaio e fuoco, da noi la nostra carne.
Da voi un altro carro armato, da noi una pietra.
Da voi bombe a gas e da noi la pioggia.
Sopra di noi c’è lo stesso cielo e la stessa aria sopra di voi. Portate via la vostra parte del nostro sangue e andatevene.
Partecipate pure alla cena di gala e poi però andate via. Sta a noi vigilare sulle rose dei martiri, sta a noi vivere come vogliamo.
Oh, voi, passanti tra le parole che passano:
Come polvere amara passate dove volete ma non passate tra di noi come insetti volanti, perché noi abbiamo da fare in terra nostra, abbiamo il grano da coltivare e da innaffiare con la rugiada dei nostri corpi. E abbiamo qui per voi ciò che non vi piace: una pietra o la vostra vergogna. Portate pure il passato al mercato dell’antiquariato se volete. Ricomponete, se volete, lo scheletro all’upupa su un piatto di porcellana, noi abbiamo per voi ciò che non vi piace: abbiamo il futuro e abbiamo da fare in terra nostra.
Oh, voi, passanti tra le parole che passano:
Seppellite dentro una fossa abbandonata le vostre illusioni e andatevene.
Riportate le lancette del tempo alla legittimità del vitello d’oro o all’ora della musica di una pistola, noi abbiamo qui per voi ciò che non vi piace, andatevene dunque.
E abbiamo ciò che voi non avete: una patria che sanguina e un popolo che sanguina,
una patria adatta all’oblio o alla memoria.
Oh, voi, passanti tra le parole che passano.
È arrivato il tempo che ve ne andiate,
che dimoriate dove volete ma non da noi.
È tempo che ve ne andiate, che moriate dove volete ma non qui da noi, perché noi abbiamo da fare qui, in terra nostra.
E abbiamo il nostro passato qui e la voce iniziale della vita e abbiamo il presente e il presente e il futuro.
E abbiamo qui la vita e l’aldilà, andate dunque via dalla nostra terra, dalla nostra terraferma, e dal nostro mare, dal nostro grano, dal nostro sale e dalle nostre ferite.
Andate via da ogni cosa, e andate via dai vocaboli della memoria, oh, voi, passanti tra le parole che passano.
Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,
non dimenticare il cibo delle colombe.
Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,
non dimenticare coloro che chiedono la pace.
Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri,
coloro che mungono le nuvole.
Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,
non dimenticare i popoli delle tende.
Mentre dormi contando i pianeti , pensa agli altri,
coloro che non trovano un posto dove dormire.
Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,
coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.
Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,
e dì: magari fossi una candela in mezzo al buio.
CARTA D’IDENTITA’
Ricordate!
Sono un arabo
E la mia carta d’identità è la numero cinquantamila
Ho otto bambini
E il nono arriverà dopo l’estate.
V’irriterete?
Ricordate!
Sono un arabo,
impiegato con gli operai nella cava
Ho otto bambini
Dalle rocce
Ricavo il pane,
I vestiti e I libri.
Non chiedo la carità alle vostre porte
Né mi umilio ai gradini della vostra camera
Perciò, sarete irritati?
Ricordate!
Sono un arabo,
Ho un nome senza titoli
E resto paziente nella terra
La cui gente è irritata.
Le mie radici
furono usurpate prima della nascita del tempo
prima dell’apertura delle ere
prima dei pini, e degli alberi d’olivo
E prima che crescesse l’erba.
Mio padre… viene dalla stirpe dell’aratro,
Non da un ceto privilegiato
e mio nonno, era un contadino
né ben cresciuto, né ben nato!
Mi ha insegnato l’orgoglio del sole
Prima di insegnarmi a leggere,
e la mia casa è come la guardiola di un sorvegliante
fatta di vimini e paglia:
siete soddisfatti del mio stato?
Ho un nome senza titolo!
Ricordate!
Sono un arabo.
E voi avete rubato gli orti dei miei antenati
E la terra che coltivavo
Insieme ai miei figli,
Senza lasciarci nulla
se non queste rocce,
E lo Stato prenderà anche queste,
Come si mormora.
Perciò!
Segnatelo in cima alla vostra prima pagina:
Non odio la gente
Né ho mai abusato di alcuno
ma se divento affamato
La carne dell’usurpatore diverrà il mio cibo.
Prestate attenzione!
Prestate attenzione!
Alla mia collera
Ed alla mia fame!
PROFUGO
Hanno incatenato la sua bocca
e legato le sue mani alla pietra dei morti.
Hanno detto: “Assassino!”,
gli hanno tolto il cibo, le vesti, le bandiere
e lo hanno gettato nella cella dei morti.
Hanno detto: “Ladro!”,
lo hanno rifiutato in tutti i porti,
hanno portato via il suo piccolo amore,
poi hanno detto: “Profugo!”.
Tu che hai piedi e mani insanguinati,
la notte è effimera,
né gli anelli delle catene sono indistruttibili,
perché i chicchi della mia spiga che va seccando
riempiranno la valle di grano.
Brevissima Biografia di Mahmoud Darwish
POETA STRANIERO IN TERRA PROPRIA – Mahmoud Darwish, scrittore palestinese considerato tra i maggiori poeti del mondo arabo, ha raccontato l’orrore della guerra, dell’oppressione, dell’esilio (al-Birwa, suo villaggio natale, è stato distrutto dalle truppe israeliane durante la Nakba e ora non esiste più, né fisicamente né sulle cartine geografiche). Fuggito in Libano con la famiglia, per scampare alle persecuzioni sioniste, tornò in patria (divenuta terra dello Stato d’Israele) da clandestino, non potendo fare altrimenti. La sua condizione di “alieno” e di “ospite illegale” nel suo stesso paese rappresenterà uno dei capisaldi della sua produzione artistica.
ARRESTI ED ESILIO – Arrestato svariate volte per la sua condizione di illegalità e per aver recitato poesie in pubblico, Mahmoud – che esercitò anche la professione di giornalista – vagò a lungo, non avendo il permesso di vivere nella propria patria: Unione Sovietica, Egitto, Libano, Giordania, Cipro, Francia furono le principali nazioni dove il poeta, esule dalla sua terra, visse e lavorò.
Eletto membro del parlamento dell’Autorità Nazionale Palestinese, poté visitare i suoi parenti solo nel 1996, anno in cui – dopo 26 anni di esilio – ottenne un permesso da Israele. Il poeta si spense a Houston (Texas) il 9 agosto 2008 in seguito a complicazioni post-operatorie. Mahmoud aveva infatti subito diversi interventi al cuore, l’ultimo dei quali gli fu fatale.