Poesie di Eugénio de Andrade, poeta portoghese-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Poesie di Eugénio de Andrade, poeta portoghese
Biografia di Eugénio de Andrade è nato nel 1923 a Póvoa da Atalaia, piccolo borgo della Beira Baixa, all’interno del Portogallo, ed è scomparso di recente, a ottantadue anni, nella sua casa di Oporto, il 13 giugno 2005. Ha avuto un’infanzia povera nella quale, di abbondante, c’era soltanto il vento, la luce, gli alberi, l’azzurro del cielo, l’immanenza delle cose concrete e essenziali. È un mondo in cui il bianco abbagliante dei muri si interseca con le forme ardite dei tronchi d’ulivo, elementi di una geografia spiccatamente mediterranea che entra con prepotenza nell’architettura dei suoi versi, versi spogli e severi come il paesaggio della sua terra, ma illuminati da intuizioni folgoranti che sembrano sgorgare direttamente dall’inconscio. Poeta dell’amore, è stato definito più volte. Ed effettivamente l’Eros occupa una parte importante nella sua opera, un Eros spontaneo e solare. Il rilievo che il corpo assume in questa poesia rivela il desiderio profondo di ridare dignità a ciò che nell’uomo è stato disprezzato e vituperato da sempre: la gioia dei corpi, la sensualità, la passione concreta per le cose terrene, il miracolo dell’incontro profondo e misterioso fra due esseri. Nella sua poesia il corpo, limpido ed apollineo, diventa quasi un’anima carnale: si cancella il dualismo caratteristico della nostra cultura cattolico-occidentale e l’uomo risorge integro, nella sua dimensione assoluta. Poesia intensamente terrena (oserei dire disperatamente terrena, se ciò non fosse fuori luogo in questa poetica di equilibrio), quasi da diventare metafisica del fisico, parola che si fa corpo e corpo che si smaterializza in parola. Per Eugénio de Andrade l’atto poetico è “l’impegno totale dell’essere per la sua rivelazione”. L’ansia di riscatto dell’uomo totale, pertanto, la fedeltà assoluta alla vita, il desiderio di esprimere una coscienza – coscienza infelice – del mondo, è ciò che più contraddistingue questo grande lirico.
Il volto originale della sua poesia sta probabilmente anche nel sincretismo delle sue radici, nelle fonti molteplici alle quali ha attinto, dai classici greci – sopratutto Esiodo, Omero,
– alla tradizione lirica medioevale gallego-portoghese, passando attraverso la componente ispanica (la nonna materna era spagnola), in particolare García Lorca, Antonio Machado, Vicente Aleixandre, Luis Cernuda, fino ai più importanti lirici portoghesi quali Luís de Camões, Camilo Pessanha, António Nobre, Casais Monteiro, Fernando Pessoa.
Dalla pubblicazione del libro As mãos e os frutos, nel 1948, assistiamo ad un crescendo di rigore e depurazione linguistica che lo portano, in certi momenti, quasi alle soglie del silenzio, ai versi ridotti all’osso. Ma la parola è sempre limpida e immediata, quelle stesse parole nude e dirette – afferma il poeta – del cerimoniale arcaico della comunicazione delle prime necessità del corpo e dell’anima. E tuttavia è una poesia estremamente raffinata e di grande ricchezza verbale e musicale, segnata da una polifonia ritmica pari solo, in lingua portoghese, a quella di Camilo Pessanha. Fra l’altro, Eugénio de Andrade ha coltivato, con uguale sobrietà e maestria, anche il poème en prose.
La sua bibliografia comprende più di venti libri di poesia, due di prosa, un libro per l’infanzia, diverse opere di traduzione. È uno dei poeti portoghesi contemporanei di maggiore notorietà e ciò si deve anche all’immediatezza del suo mezzo espressivo. È stato tradotto in inglese, tedesco, italiano, spagnolo, francese, olandese, ceco, rumeno.
Poesie di Eugénio de Andrade, poeta portoghese
VEDERE CHIARO
Tutta la poesia è luminosa, persino
la più oscura.
È il lettore che ha talvolta,
al posto del sole, nebbia dentro di se.
E la nebbia non permette mai di vedere chiaro.
Se ritornerà
un’altra volta e un’altra volta
e un’altra volta
a queste sillabe infiammate
rimarrà cieco da tanto chiarore.
Sia felice se arriverà.
***
QUASI NIENTE
L’amore
è un uccello tremante
nelle mani di un bambino.
Si serve di parole
perché ignora
che le mattine più limpide
non hanno voce.
***
TO A GREEN GOD
Portava con sé la grazia
delle fonti quando fa notte.
Era il corpo come un fiume
in serena sfida
con i margini quando cala.
Camminava come chi passa
senza aver tempo di fermarsi.
Erbe crescevano dai passi,
crescevano tronchi dalle braccia
quando le alzava in aria.
Sorrideva come chi danza.
E sfogliava al danzare
il corpo, che gli tremava
in un ritmo che lui sapeva
che gli dei devono usare.
E seguiva il suo cammino,
perché era un dio che passava.
Estraneo a tutto ciò che vedeva,
avvinto nella melodia
di un flauto che suonava.
***
IMPETUOSO IL TUO CORPO È COME UN FIUME
Impetuoso, il tuo corpo è come un fiume
in cui il mio si perde.
Se ascolto, sento solo il tuo rumore.
Di me, neanche il segno più breve.
Immagine dei gesti che tracciai,
irrompe puro e completo.
Per questo, fiume fu il nome che gli diedi.
E in esso il cielo diventa più vicino.
***
GLI AMANTI SENZA DENARO
Avevano il viso aperto a chi passava.
Avevano leggende e miti
e freddo nel cuore.
Avevano giardini dove la luna passeggiava
mano nella mano con l’acqua
e un angelo di pietra come fratello.
Avevano come tutta la gente
il miracolo di ogni giorno
sgocciolando dai tetti;
e occhi di oro
in cui ardevano
i sogni più dispersi.
Avevano fame e sete come le bestie,
e silenzio
intorno ai loro passi.
Ma ad ogni gesto che facevano
un passero nasceva dalle dita
e abbagliato penetrava negli spazi.
***
ADDIO
Come se ci fosse una tempesta
a scurire i tuoi capelli,
o se preferisci, la mia bocca nei tuoi occhi,
carica di fiore e delle tue dita;
come se ci fosse un bambino cieco
a inciampare dentro di te,
ho parlato di neve, e tu trattenevi
la voce in cui con te mi persi.
Come se la notte venisse e ti portasse,
era fame l’unica cosa che sentivo;
ti dico addio, come se non tornassi
al paese in cui il tuo corpo inizia.
Come se ci fossero nuvole su nuvole,
e sulle nuvole mare perfetto,
o se preferisci, la tua bocca pura
ad avanzare largamente nel mio petto.
URGENTEMENTE
È urgente l’amore.
È urgente una barca in mare.
È urgente distruggere certe parole,
odio, solitudine e crudeltà,
alcuni lamenti,
molte spade.
È urgente inventare allegria,
moltiplicare i baci, i raccolti,
è urgente scoprire rose e fiumi
e mattine limpide.
Cade il silenzio sulle spalle e la luce
impura, fino a dolere.
È urgente l’amore, è urgente
Restare.
***
LE PAROLE
Sono come un cristallo,
le parole.
Alcune, un pugnale,
un incendio.
Altre,
rugiada appena.
Segrete vengono, piene di memoria.
Insicure navigano:
barche o baci,
agitano le acque.
Abbandonate, innocenti,
leggere.
Tessute sono di luce
e sono la notte.
E persino pallide
ricordano ancora verdi paradisi.
Chi le ascolta? Chi
le raccoglie, così,
crudeli, disfatte,
nei loro gusci puri?
***
I FRUTTI
Così io vorrei la poesia:
fremente di luce, aspra di terra,
rumoreggiante di acque e di vento.
***
METAMORFOSI DELLA CASA
Si innalza aerea pietra dopo pietra
la casa che solo possiede nella poesia.
La casa dorme, sogna nel vento
la delizia improvvisa di essere albero.
Come sussulta un busto delicato,
così una casa, così una barca.
Un gabbiano passa e un altro e un altro,
la casa non resiste: anch’essa vola.
Ah, un giorno la casa sarò bosco,
alla sua ombra incontrerò la fonte
dove un rumore d’acqua è solo silenzio.
***
NELLE PAROLE
Respiro la terra nelle parole,
nel dorso delle parole
respiro
la pietra fresca della calce;
respiro una vena d’acqua
che si perde
tra le spalle
o le natiche;
respiro un sole recente
e raso
nelle parole,
con lentezza d’animale.
***
SCRIVO
Scrivo già con la notte
in casa. Scrivo
sulla mattina in cui ascoltavo
il rumore della calce o del fuoco,
e eri tu soltanto
a dire il mio nome.
Scrivo per portare alla bocca
il sapore della prima
bocca che baciai tremante.
Scrivo per arrivare
alle origini.
E tornare a nascere.