Poesie di Bartolo Cattafi -Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Poesie di Bartolo Cattafi
POESIE da “Il viaggio misteriosofico di Bartolo Cattafi” in Lo specchio oscuro. Piccolo – Cattafi – Ripellino di Franco Pappalardo La Rosa, Edizioni dell’Orso, 2004, pag. 75
Nei due tempi in cui la critica lo scinde – il primo comprendente Nel centro della mano [1951], Partenza da Greenwich [1955], Le mosche del meriggio [1958] e L’osso, l’anima [1964], e , il secondo, che inizia, distanziato da un ottennio, con L’aria secca del fuoco [1972], e prosegue con La discesa al trono [1975], Marzo e le sue idi [1977], L’allodola ottobrina [1979] e le postume Chiromanzia d’inverno [1983] e Segni [1986] – l’itinerario poetico di Bartolo Cattafi appare sicuramente non lineare, ma zigzagante dentro l’infinità dei percorsi labirintici tracciati dagli aspetti del reale: dalla fredda, ingombrante, ossessiva presenza degli oggetti, che ribalta prospettive, inganna, genera angoscia. L’intera avventura poetica di Cattafi, infatti, tende ad accreditarsi, letteralmente, come ininterrotto poema (o diario di bordo) e, metaforicamente, come viaggio, poi, si lascia intuire come impeto esplorativo e di ricerca, come ansia irrefrenabile di conoscenza.
Tre poesie di Bartolo Cattafi, con una citazione critica di Franco Pappalardo La Rosa
Liffey River
La Birra Guinness ha molte porte scure
sui docks e qualche lume
sparso in un lento
regno di chiatte e di vagoni
di ruggine vagante lungo il fiume,
dove il cigno e il gabbiano sono amici
col petto bianco puntato contro il fango.
Più davanti, a lato della foce,
un prato di trifoglio nella pioggia:
in mezzo vi s’ammucchiano le nostre
giacche, le anime e i loro
segreti scoloriti, le belle
bottiglie tracannate
da una gola tenera, feroce.
E Cristo passa,
astro avvolto di nebbia o nido
per le stanche farfalle che partono da noi,
dolce luce d’oblio.
Dublino, 1952
(da Partenza da Greenwich, Quaderni della Meridiana, Milano, 1955)
Autocondanna
Non fummo né abili né attenti,
non vedemmo le cose, c’era buio.
Comparve un esile barbaglio,
era il filo di fiamma di una torcia
o d’altro dramma che riguarda l’uomo.
Le cose cominciavano a chiarirsi.
Chiedemmo arnesi d’emergenza,
sedia, benda, un gruppo di fucili
repentini.
Alle spalle, che importa, ciò che conta
è la porta d’uscita per salvare
l’unica cosa amata, a lungo amata,
trafugandola al mondo, alla chiarezza.
(da L’osso, l’anima, Mondadori, 1964)
Queste cose terrestri
Queste cose terrestri
che scoppiano tra i piedi come rose
le raccatti ammirato le porti
ai più alti ripiani
e perdi il lume degli occhi
non vedi
le altissime cose cadute in frantumi.
(da L’allodola ottobrina, Mondadori, 1979)
La discesa al trono
Non è una pausa di riflessione
è un raccogliere forze ed elemosine
seduti a sommo delle scale
prima d’intraprendere
la discesa al trono
e tutto profondere
al fondo roccioso
aspro inebriante della disperazione.
Cricetide
Cricetide che i rudimenti conosce
l’alfabeto della maratona
roditore di sterili chilometri
saltato su una sfera
lo faccio ruotare in aria
intorno al suo asse saldato
a due pareti di gabbia
con quattro zampe
la fronte corrugata
occhi lucenti e muso
protesi all’orizzonte
compio così viaggi interminati
sul rotondo veicolo
della mia solitudine
topouccello volante tra sbarre
con un tonfo infine si smonta
col corpo pesante giaccio
in fondo alla gabbia
le gambe aperte
la zampina sul petto
come napoleone dopo sedan
sèvres sestrière senegal
e la megiera mi dice mangia
la minestra di segale e rape
non toccare la caffettiera
non è il tuo copricapo
ora si smette con le galoppate
finisce tutto
se ne va la bionda
vivandiera del reggimento distrutto.
Qua o là
Qua o là
si morde un punto dello stesso globo
ciò che in questa calda
giornata liquefatta ci sostiene
è un odio sordo
livida spirale che s’allarga
al largo dietro un banco di foschía
infuria una battaglia di triremi.
È un dolce commercio
È un dolce commercio
darti questo o quello
di me
mani piedi testa
ciò che più bolle
in pentola coi visceri del mondo
solo un eden ebbi
fu talvolta l’intreccio
delle mie brame belanti
con le tue trame.
Arancia
Scala immensa
gradini infiniti
il tuo fianco aperto
d’arancia ormai
rotolata in basso
verso marmellata muffita
io più in basso di te
aggrappato a un piano
di sopravvivenza
a quel colaticcio attingo
e mi lecco le dita.
da La discesa al trono, Mondadori, 1975
Le città invisibili | Taranto
Presenze nella città vecchia – Taranto
Foto di Rosanna Frattaruolo, 2023
«…Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale…»
A centimetri cinque
Con uno schiocco imprevisto
imperativo
a centimetri cinque dalla testa
scrostò l’intonaco
scheggiò un mattone
schiacciato cadde
piombo impolverato
calmatosi un rombo
di sangue nella testa
restai immobile
girai lo sguardo
con la mano feci
un pallido gesto di saluto
c’erano morte e vita su quel muro
la vite americana arrancava in salita
senza aiuto
a centimetri cinque dal traguardo.
Bartolo Cattafi, da Poesie scelte (1946-1973), Mondadori, 1978
- § §
Le città invisibili sono un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili.
Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d’un linguaggio; le città sono luogo di scambi […] ma questi scambi non sono soltanto scambi di merci, sono scambi di parole, di desideri, di ricordi. (Italo Calvino)
Biografia-Bartolo Cattafi-
(Barcellona Pozzo di Gotto, 6 luglio 1922 – Milano, 13 marzo 1979) è stato un poeta italiano.
Laureatosi in Giurisprudenza a Messina, dal 1947 visse tra Milano, dove lavorava come pubblicitario, e la Sicilia.
Il suo primo incontro con la poesia avviene proprio nella sua terra nativa, dove nella primavera del 1943 trascorre un periodo di convalescenza durante la Seconda guerra mondiale. Quella «snervante primavera» è per lui come rituffarsi in una seconda infanzia, dove si ritrova «a enumerare le cose amate, a compitare in versi un ingenuo inventario del mondo». Il tragico scatenarsi dei bombardamenti lo vede estraniato, con naturalezza, in un quadro bucolico inebriante: «Me ne andavo nella colorita campagna nutrendomi di sapori, aromi, immagini; la morte non era un elemento innaturale in quel quadro; era come un pesco fiorito, un falco sulla gallina, una lucertola che guizza attraverso la viottola».[1] Nel 1951 pubblica la prima raccolta di versi, Nel centro della mano.
I viaggi che compie in Europa e in Africa diventano i motivi ispiratori di alcune sue raccolte di poesie come Partenza da Greenwich del 1955. Silvio Ramat parla di «viaggio inteso come necessità biologica, di avventura e di verifica di una condizione umana, che altrimenti non arriva a scoprire il proprio valore, il proprio significato».[2]
Nel 1964 con L’osso, l’anima, ottiene il premio Chianciano.
Quella di Cattafi è una poesia dai toni epigrammatici che fa spesso ricorso alla metafora del vuoto e della solitudine per delineare l’amaro bilancio di una generazione che ha vissuto la giovinezza durante il ventennio fascista, per poi assistere agli orrori della seconda guerra mondiale; una generazione che, a dirla con Giuseppe Amoroso, si pone “alla stregua di chi viene dopo il diluvio”[3]
Per la sua opera riceve il premio Mondello nel 1975. Il poeta – che, secondo Carmelo Aliberti in un suo saggio[4], è tra i più validi della generazione fiorita nel secondo dopoguerra, comprendente tra gli altri Luciano Erba, Nelo Risi, Giorgio Orelli e Giovanni Giudici – muore prematuramente a causa di una grave malattia e non ha avuto gran riconoscimento dalla critica. Quella di Bartolo Cattafi rappresenta peraltro un’esperienza poetica da riconsiderare anche alla luce di qualche giudizio ponderato, quale ad esempio quello di Giorgio Bàrberi Squarotti su L’aria secca del fuoco: «uno dei testi poetici più inquietanti del dopoguerra: con amarezza Cattafi compie uno dei più acuti e mortali esami di coscienza della sua generazione».[5]
Un’antologia delle sue poesie, curata da Vincenzo Leotta e Giovanni Raboni, è uscita nel 1990 nella collana Lo Specchio (Mondadori, 1990), poi negli Oscar (2001). Un’altra raccolta è apparsa pure postuma: Occhio e oggetto precisi – Poesie 1972-’73, con prefazione di Silvio Ramat (Scheiwiller, 1998).
Nel 2019 l’intera opera poetica di Cattafi è stata raccolta nel volume Tutte le poesie, a cura di Diego Bertelli, introduzione di Raoul Bruni, per Le Lettere di Firenze.
Opere
- Simùn – Trentadue liriche inedite, a cura di Silvio Ramat, Genova, Edizioni San Marco dei Giustiniani, “Quaderni di poesia”, 2004. ISBN 978-88-7494-1551
- Nel centro della mano, (Edizioni della Meridiana , 1951, Milano)
- Partenza da Greenwich (ivi, Quaderni della Meridiana, 1955),
- Le mosche del meriggio (ivi, Mondadori, 1958),
- Qualcosa di preciso (ivi, Scheiwiller, 1961),
- L’osso, l’anima (ivi, Mondadori, 1964),
- L’aria secca del fuoco (ibidem, 1972),
- Il buio (ivi, Scheiwiller, 1973),
- Lame, con un’acquaforte di Cattafi e due acqueforti di Carmelo Cappello, Verona, Sommaruga, 1974, *Ostuni, con sette disegni di Ruggero Savinio (Milano, Edizioni 32, 1975),
- La discesa al trono (ivi, 1975), Ipotenusa, avec une gravure di André Haagen. Sanningheber, Origine, 1975),
- Marzo e le sue idi (Milano, Mondadori, 1977),
- Nel rettangolo dei teoremi, con 5 acqueforti di Nino Ricci, Ivi, Scheiwiller, 1977,
- 18 dediche ’76-’77 (ibidem, 1978),
- Poesie scelte 1946-1973, a cura di Giovanni Raboni, (ivi, Mondadori, 1978),
- Se i cavalli…, con 10 disegni di Gianluigi Giovanola (ivi, Scheiwiller, 1979),
- L’allodola ottobrina (ivi, Mondadori, 1979),
- Chiromanzia d’inverno, pubblicata postuma (ibidem, nel 1983),
- Segni, con la prefazione di Marisa Bulgheroni (ivi, Scheiwiller, 1986).
Note
- ^ Le citazioni autobiografiche virgolettate sono tratte dal profilo Bartolo Cattafi di Silvio Ramat, in Letteratura italiana – I Contemporanei, volume sesto, Milano, Marzorati, 1974, p. 1369.
- ^ Silvio Ramat, Op. cit., p. 1370.
- ^ Giuseppe Amoroso, Su Simun, Firenze, Leo S. Olschki, 2006.
- ^ Carmelo Aliberti, La poesia di Bartolo Cattafi. Tra spasimo esistenziale e ansia metafisica, Terme Vigliatore (ME), Giambra editori, 2014.
- ^ Giorgio Bàrberi Squarotti, Cattafi Bartolo, in Grande dizionario enciclopedico, Torino, UTET, Appendice 1973, p. 146.
Bibliografia
- Piero Chiara, in Cenobio, agosto 1959.
- Giorgio Caproni, in La Fiera letteraria, 1º marzo 1959.
- Marco Forti, in Le proposte della poesia, Milano, Mursia, 1963.
- Giuseppe Zagarrio, in Sicilia e poesia contemporanea, Caltanissetta, ed. Salvatore Sciascia, 1964.
- Aldo Rossi, in L’Approdo letterario, aprile 1964.
- Luigi Baldacci, in Epoca, 24 maggio 1964.
- Carlo Bo, in Corriere della sera, 26 luglio 1964.
- Giansiro Ferrata, in Rinascita, 7 novembre 1964.
- Alfredo Giuliani, in Immagini e maniere, Milano, Feltrinelli, 1965.
- Giorgio Bàrberi Squarotti, in La cultura e la poesia italiana del dopoguerra, Bologna, 1966.
- Silvio Ramat, in L’intelligenza dei contemporanei, Padova, Rebellato, 1968.
- Marco Forti, in L’Albero, 49, 1972.
- Domenico Porzio, in Panorama, 20 aprile 1972.
- Giuseppe Servello, in Giornale di Sicilia, 23 maggio 1972.
- Elio Maraone, in Avvenire, 14 luglio 1972.
- G. Nogara, in Il Mattino, 17 agosto 1972.
- Arnaldo Bocelli, in La Stampa, 1º settembre 1972.
- Dario Bellezza, in Paese sera, 6 ottobre 1972.
- Giorgio Bàrberi Squarotti, Cattafi Bartolo, in Grande dizionario enciclopedico, Torino, UTET, Appendice 1973, p. 146.
- Silvio Ramat, Bartolo Cattafi, in Letteratura italiana – I Contemporanei, volume sesto, Milano, Marzorati, 1974, pp. 1369-1370.
- Franco Pappalardo La Rosa, Lo specchio oscuro. Piccolo, Cattafi, Ripellino, Alessandria, Edizioni Dell’Orso, 2004].
- Carlo Del Teglio, Per Cattafi in memoriam, in Leucensia, Editrice C.B.R.S., Lecco, 1985, pp. 132–136.
- Andrea Galgano, Il filo di paglia di Bartolo Cattafi, in Mosaico, Aracne, Roma 2013.
- Carmelo Aliberti, La poesia di Bartolo Cattafi, Terme Vigliatore, Giambra editori, 2014.
- Diego Bertelli, L’«inattuale» destinato a restare, in Poesia, marzo 2014.
- Massimo Nardi, Bartolo Cattafi: un itinerario poetico di conversione religiosa, in Zenit, 7 febbraio 2015.
- Andrea Amoroso, I sentieri del verso. Sulla poesia di Amelia Rosselli, Lorenzo Calogero e Bartolo Cattafi, Milano, Mimesis, 2018.
- Paragone Letteratura 162-163-164, Per Bartolo Cattafi: inediti, le