Poesie di ALFONSINA STORNI, Poetessa Argentina-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Poesie di ALFONSINA STORNI, Poetessa Argentina-
DOS PALABRAS
Esta noche al oído me has dicho dos palabras Dos palabras tan dulces, que la luna que andaba Tan dulces dos palabras Tan dulces y tan bellas Oh, mis dedos quisieran (de El dulce daño, 1918) DUE PAROLE All’orecchio questa notte mi hai detto due parole Due parole così dolci, che la luna che passava Due parole così dolci Così dolci e così belle Vorrebbero le mie dita (da Il dolce danno, 1918) PRESENTIMIENTO Tengo el presentimiento que he de vivir muy poco. (de El dulce daño, 1918) PRESENTIMENTO Ho il presentimento che vivrò molto poco. (da Il dolce danno, 1918) HOMBRE Hombre, yo quiero que mi mal comprendas, (de Irremediablemente, 1920) UOMO Uomo, io voglio che tu comprenda il mio male, (da Irrimediabilmente, 1920) BORRADA El día que me muera, la noticia Y allá muy lejos, en un pueblecito (de Languidez, 1920) CANCELLATA Il giorno in cui morirò, la notizia E là molto lontano, in un paesino (da Languidezza, 1920) PECHO BLANCO Porque yo tengo el pecho blanco, dócil, Tú, la mano perversa que me hieres, (de Languidez, 1920) PETTO BIANCO Perché io ho il petto bianco, docile, Tu, la mano perversa che mi ferisce, (da Languidezza, 1920) VERSOS A LA LA TRISTEZA DE BUENOS AIRES Tristes calles derechas, agrisadas e iguales, Cuánto vagué por ellas, distraída, empapada Si en una de tus casas, Buenos Aires, me muero Que entre tus calles rectas, untadas de su río (de Ocre, 1925) VERSI ALLA TRISTEZZA DI BUENOS AIRES Tristi strade dritte, ingrigite e uguali, Quanto vagai da quelle parti, sbadata ed intrisa Se in una delle tue case, Buenos Aires, morirò Che tra le tue strade dritte, unte dal suo fiume (da Ocra, 1925)
YO EN EL FONDO DEL MAR En el fondo del mar A una avenida Un gran pez de oro, Me trae Duermo en una cama Un pulpo En el bosque verde Y sobre mi cabeza IO SUL FONDO DEL MARE In fondo al mare A una strada Un grande pesce d’oro, Mi porta Dormo in un letto Un polipo Nel bosco verde E sulla mia testa |
Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini. |
OPERE DI ALFONSINA STORNI
- La inquietud del rosal (1916)
- El dulce daño (1918)
- Irremediablemente (1919)
- Languidez (1920)
- Ocre (1925)
- Poemas de amor (1926)
- Mundo de siete pozos (1934)
- Mascarilla y trébol (1938)
- Antología poética (1938)
- Poesías completas (1968)
in Italia sono state pubblicate le antologie:
- Vivo, vivrò sempre e ho vissuto (2008, Ulivo)
- Utratelefono – poesie (1997, Noubs)
- Poemas de amor (1988, Casagrande)
Biografia della Poetessa Alfonsina Storni
Alfonsina Storni- nata a Sala Capriasca (Svizzera), 1892 – morta a Mar del Plata (Argentina), 1938-
Alfonsina Storni-è una figura leggendaria in Argentina e in tutto il Sud America. Pochi possono reggere il confronto con il mito nato intorno alla sua vita e alla sua morte – forse la messicana Frida Kahlo, di quindici anni più giovane, anche lei figlia di un immigrato. I primi anni da espatriata, la sua fama di poetessa ribelle e di declamatrice carismatica (oggi diremmo performer), la sua condizione di militante socialista e di madre nubile, le sue rubriche ora impegnate ora poetico-sperimentali, la sua audacia di fronte ai grandi interrogativi della modernità, le riflessioni sulla vita nella metropoli e in una società sopraffatta dalle migrazioni, e poi l’autodeterminazione dimostrata fino alla morte (si suicida, ammalata di cancro, il 25 ottobre 1938 a Mar de Plata), il suo congedarsi dal mondo con la poesia Voy a dormir (Vado a dormire) e, infine, la canzone Alfonsina y el mar (Alfonsina e il mare), resa celebre da Mercedes Sosa: tutto questo ha fatto di Alfonsina Storni un simbolo per generazioni di latino-americani. Lei stessa giudicò alquanto irrilevanti le dicerie che correvano sulla sua persona. Si considerava un’artista della parola e voleva essere letta. Fu poetessa, elzevirista, saggista, autrice di testi teatrali e regista.
Alfonsina Storni, nata il 29 maggio 1892 a Sala Capriasca, un paesino vicino a Lugano, era emigrata con la sua famiglia nel 1896. Ottenuto un diploma di “maestra rural” (‘maestra nelle scuole di campagna’), divenne a Buenos Aires una selfmade woman. Nel 1912 nacque suo figlio Alejandro (Storni non ha mai rivelato il nome di suo padre). Nella sua veste di madre nubile, di immigrata e di socialista, compose poesie, si fece strada con il suo primo volume di poesia (1916), fu la prima scrittrice a entrare negli ambienti culturali e intellettuali della capitale, insegnava in una scuola di teatro per bambini, al Conservatorio de Musica y Declamación a Buenos Aires e altre scuole per ragazzi e adulti: «Sono una donna del XX secolo», disse di sé. Ha scritto sempre in spagnolo; l’unica frase in italiano che ci resta di lei si trova in un telegramma che da Parigi, il 25 febbraio 1930, mandò ai parenti in Svizzera: «Ancora abbraccio tutti. Alfonsina».
La sua attività di poetessa la portò a frequentare Gabriela Mistral, Pablo Neruda e Federico García Lorca. Fu autrice di elzeviri per giornali e riviste, nei quali demolì la convinzione, diffusa all’epoca, che le donne dovessero sposarsi e crescere i figli senza aver prima potuto maturare una propria esperienza di vita. Fu anche autrice di opere teatrali e scrisse pièce d’avanguardia in cui sperimentò forme di rottura dell’illusione scenica. A lei si devono i primi testi teatrali per l’infanzia, che spogliò dai pregiudizi ideologici. Inoltre, in qualità di regista, docente di recitazione e guida spirituale, organizzò e diresse laboratori teatrali per bambini. Ma è come poetessa che viene ricordata, e generazioni di alunni argentini hanno imparato a memoria le sue poesie.
Storni pubblicò nove raccolte di poesie, fra il 1916 e il 1938, e ancora oggi viene ricordata come poetessa, non come prosatrice o autrice di testi teatrali per adulti e bambini. Fra il 1919 e il 1921 pubblicò settimanalmente una crónica (cioè un reportage narrativo) nel settimanale «La Nota» e nel prestigioso quotidiano «La Nación»; firmò la maggior parte dei suoi pezzi con lo pseudonimo Tao Lao, ad eccezione di alcuni che siglò con il suo nome. Con questa sua doppia identità giornalistica espresse la propria visione della vita in testi che si collocavano a metà tra finzione letteraria e giornalismo: un genere ibrido destinato a diventare straordinariamente importante nella letteratura latino-americana.
“Trovate la signora voluminosa sul sedile di una metropolitana. Ce l’avete davanti, a portata di bisturi. La signora voluminosa non è sola. Seduto accanto a lei c’è un uomo, il marito. Rasenta i quarantacinque, la signora, e l’età la discolpa dagli sguardi intemperanti e acuminati, verso di te che ne hai venti, non sei adiposa e hai buon umore e allegria da vendere. Allora immagini una storia.” (Alfonsina Storni, La Nota, 1 agosto 1919; in: Cronache, 2017)
La metropoli era il regno di Storni, che aveva un fiuto formidabile e uno sguardo straordinariamente acuto per cogliere e descrivere i modelli di vita urbani, la propensione al consumo e la maniera in cui uomini e donne si mostravano in pubblico. Con la sua penna graffiante ritraeva tipi di donna e di uomo a caccia del sesso opposto, tratteggiava scenette agli angoli delle strade, in auto, in metrò o in tram, e discorreva di moda, stili di vita e tango. Osservava le persone che popolavano la giungla d’asfalto, gli abitanti della capitale (porteños), impegnati nel lavoro o intenti a vagare per le vie della città, gli immigrati, le giovani donne dedite allo shopping, le madri con i figli, le famiglie al parco e le coppie alle serate danzanti. Metteva in luce il vero e il falso splendore degli anni Venti a Buenos Aires. Storni aveva sviluppato qualità letterarie che avevano fatto di lei un’elzevirista dotata di uno stile inconfondibile. Con lo pseudonimo Tao Lao praticò un giornalismo undercover, penetrò nel mondo delle acquerelliste a cottimo e delle lucidatrici di mobili e scrisse sfavillanti satire sulle condizioni di lavoro riservate alle donne argentine alla loro prima esperienza. Affrontò il tema della dura competizione tra i sessi e quello della professionalizzazione, effettiva o apparente, con cui uomini e donne dovevano fare i conti.
“Nella terra d’origine, l’emigrata aveva una personalità: si chiamava María, Juana o Rosa, ed era uno dei sei o sette membri della sua famiglia. Risultava il fiore di un piccolo giardino, una possibilità e una promessa (…). Gli alberi dei viali parevano dire: quella che sta passando si chiama María, o Juana, o Rosa… Gli alberi di Buenos Aires, invece, dicono che colei che passa è un libretto di risparmio.” (Tao Lao, La Nación, 1 agosto 1920, da: Cronache, 2017
Pur vivendo in una grande città, Storni provava nostalgia per la natura. I suoi quadri in prosa, come anche le sue poesie, parlano del tributo che il vivere in città richiede agli uomini che si muovono in flussi di pendolari. Buenos Aires esplodeva letteralmente e, nei primi decenni del Novecento, il rapporto fra centro e periferia cambiava senza sosta. Metropoli di una società di immigrati provenienti da tutta Europa, Buenos Aires era divenuta per lei un «gigante» dagli occhi di vetro. Immigrata lei stessa, disegnò con penna ora pungente ora poetica gli effetti della deformazione di una città, il cui carattere ortogonale non si fermava nemmeno di fronte alle lacrime umane. Con perspicacia descrisse anche gli effetti che la spinta al conformismo aveva sulle donne e che si palesava nel logoramento psichico e mentale, nella spersonalizzazione e nella tendenza all’emulazione. Storni mostrava invece una sincera ammirazione per tutti coloro che se ne infischiavano delle convenzioni sociali e che, a posizioni di privilegio, preferivano esercitare quella libertà d’azione capace di guidare la «macchina» sociale verso nuove strade. Fra il 1894 e il 1930 negli Stati Uniti si diffuse il modello della «new woman», la cui presenza nei nuovi media e, in particolare, nel mondo della pubblicità, scatenò controversie sul piano socio-politico. Alfonsina Storni fu, in Argentina e in America Latina, una delle figure che si fecero contagiare per prime da questa scintilla, diventando così tedofore della donna moderna – anche se lei non avrebbe mai rivendicato per sé un‘immagine tanto stilizzata.
Quando, nel 1929, Virginia Woolf pubblicò A Room of One’s Own (Una stanza tutta per sé) – un’arringa in favore di uno spazio economico, intellettuale e poetico da riservare delle donne scrittrici –, Storni vantava già quasi due decenni di esperienza di un «proprio spazio»: uno spazio un po’ eccentrico, come afferma nel suo testo Cicaleccio: “Dovremmo definirci le fuori-posto. Stiamo come fuori dal centro. Non ci inseriamo come si deve in nessun ambiente. Alcuni ci stanno stretti, altri larghi”.
Storni voleva essere una donna-uomo – ambiva a diventare una donna autonoma e rivendicava per sé una «morale virile», come spiegò in più di un’intervista. Fu il germe dell‘autonomia a rendere così preziosi ai suoi occhi i bambini: osservò in loro capacità espressive immediate e incorrotte e una saggezza genuina, costantemente minacciata dal mondo adulto. Inoltre, come intellettuale presente sulla scena pubblica, spezzò una lancia a favore dell’apertura e della tolleranza in anni in cui un numero sempre minore di intellettuali osava schierarsi. Dialogò con i morti, si mise all‘ascolto del battito della Terra e fu un’autrice inconfondibile, unica per i suoi tempi.
Sensibile al proprio tempo e alle spinte della contemporaneità, Storni provoca le sue lettrici e i suoi lettori e suscita il loro smarrimento. Rimprovera gli indolenti, provoca i mentalmente pigri e li incita ad avere il coraggio di pensare con la propria testa. Il linguaggio espressionista, talora surrealista, di Alfonsina Storni caratterizza le sue rubriche. Le crepuscolari è ad esempio un testo in cui l’individuo è assente. Gli esseri umani sembrano animali che diventano attivi solo ad un dato momento. Come cittadini e consumatori, sono una massa e un’onda che invade le strade e si riversa nei negozi. Sono prigionieri delle cose: delle scarpe, di un ascensore… E sono dei manichini a guidare le visitatrici di una sfilata di moda.
Nel 1935 le fu diagnosticato un cancro al seno; Storni si sottopose a un‘operazione, ma la malattia non si fermò. Nel 1938 maturò in lei la decisione di porre fine alla propria esistenza. L’arte di vivere e quella di morire non devono venir distinte l’una dall‘altra, come dice la protagonista della sua pièce teatrale Polixena y la cocinerita (Polissena, la piccola cuoca) (1932). Nella sua ultima poesia, Voy a dormir, Storni incoraggia le lettrici e i lettori a interpretare il suicidio del 25 ottobre 1938 come una decisione tanto naturale quanto l’andare a dormire. Il tempo, ha detto la poetessa nella prefazione al suo ultimo libro, scritto poco tempo prima di togliersi la vita, fa ordine nell’opera di uno scrittore: elimina qualcosa, mantiene qualcos’altro. «Il tempo ci fa cadere sopra badilate di terra, e va bene così». Ma il tempo continua a tenere in mano il badile, seppellisce dei nomi, ma ne dissotterra altri. Tra questi ultimi, e noi oggi lo sappiamo, c’è il nome di Alfonsina Storni.
Fonti, risorse bibliografiche, siti
Alfonsina Storni: Cronache da Buenos Aires. A cura di Hildegard Elisabeth Keller. Traduzione di Marco Stracquadaini. Bellinzona: Edizioni Casagrande 2017
Alfonsina Storni, Una lacrima quadrata, Napoli, ilfilodipartenope 2014
Alfonsina Storni, CHICAS. Curato e tradotto da Hildegard E. Keller, prefazione di Georg Kohler, Zurigo, Edition Maulhelden 2021
Alfonsina Storni, CUCA. Curato e tradotto da Hildegard E. Keller, prefazione di Elke Heidenreich, Zurigo, Edition Maulhelden 2021
Alfonsina Storni, CARDO. Curato e tradotto da Hildegard E. Keller, prefazione di Denise Tonella, Zurigo, Edition Maulhelden 2021
Alfonsina Storni, CIMBELINA. Curato e tradotto da Hildegard E. Keller, prefazione di Daniele Finzi Pasca, Zurigo, Edition Maulhelden 2021
Alfonsina Storni, Senza Rimedio, curato e tradotto da Lucia Valori e Rosaria Lo Russo, postfazione di Martha Canfield, Firenze: Edizioni Le Lettere 2011
Alfonsina Storni, Vivo, vivrò sempre e ho vissuto. Poesie (1892-1938), testo spagnolo a fronte, a cura di Franca Cleis e Marinella Luraschi Conforti, Balerna, Edizioni Ulivo 2008
Alfonsina Storni, Ultratelefono, curato e tradotto da Pina Allegrini, Chieti, Noubs 1997
Alfonsina Storni, Poemas de amor, testo spagnolo a fronte, a cura di Franca Cleis, Marinella Luraschi e Pepita Vera, traduzione di Augusta López-Bernasocchi, introduzione di Beatriz Sarlo, Bellinzona, Edizioni Casagrande (1988) 2002