Michael Longley-Poesie:” Il maestro del lume di candela”-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Michael Longley,- Poesie:”Il maestro del lume di candela”
Editore Mondadori-Officinapoesia Nuovi Argomenti
(Da poco uscita ne’ Lo Specchio Mondadori una raccolta antologica delle poesie di Michael Longley, a cura di Piero Boitani e Paolo Febbraro, con un saggio introduttivo di Piero Boitani, traduzioni di Paolo Febbraro, Piero Boitani e Marco Sonzogni. Proponiamo un estratto dell’introduzione e una selezione di poesie a cura di Piero Boitani.)
Il maestro del lume di candela (il “Maître à la chandelle”) è un pittore barocco che molti hanno identificato con Trophime Bigot (1579-1650), provenzale attivo per una decina d’anni anche a Roma, autore di tele di stile così diverso da essere stato persino sdoppiato, un artista più anziano e uno più giovane. E che a Roma è invece identificato, sulla base di documenti relativi al pagamento, con un “maestro Jacomo”, al secolo Giacomo Massa.
Il modo di dipingere di Trophime-Jacomo cambia considerevolmente, apparendo più tradizionale in Provenza, assai più aperto alla nuova maniera caravaggesca nella capitale pontificia, ma sua caratteristica costante è quella di presentare una scena, o una figura, immerse nell’oscurità, e tuttavia illuminate, dentro per così dire il buio, da una luce che talvolta viene emanata appunto da una candela fisicamente presente nella tela.
La luce della candela, di per sé non forte, possiede però nella fitta oscurità potenza tale da fare del quadro una ostensione: una rivelazione vera e propria. Michael Longley ha descritto molto bene il fenomeno in una lirica brevissima intitolata “Poem” della sua raccolta “The Candlelight Master”, del 2020, nella quale dichiara di essere lui stesso il maestro del lume di candela:
I am the candlelight master
Striking a match in the shadows.
A smoky wick, then radiance.
I am the candlelight master.
Sono il maestro del lume di candela
che fra le ombre accende un fiammifero.
Dallo stoppino fumo, poi fulgore.
Sono il maestro del lume di candela.
La concisione estrema, alla quale Longley si avvicina sempre di più negli ultimi due decenni, non consente allusioni al mistero dell’identità del maestro pittore, ma serve a far esplodere la luce «fra le ombre» (il plurale contenendo in inglese anche un accenno all’aldilà), in una radiance che è fulgore irraggiante, claritas radiosa. «Striking a match», letteralmente “lo sfregare un fiammifero”, è il gesto semplice e minimo di una creazione che ha per oggetto la luce e i volti e le cose che essa rivela, e il breve calore che il fuoco produce. Nel presentarsi come il maestro del lume di candela, Longley si mostra come il poietes umano: forte, diretto, immediato, ma anche coscientemente caduco come appunto una candela e la sua luce.
Piero Boitani
***
ANTICLEIA
Se alla roccia dove confluiscono i fragorosi fiumi, l’Acheronte,
il Piriflegetonte e il Cocito, affluente dello Stige, scavi
una fossa larga, lunga e fonda un cubito, dalle nocche al gomito,
e vi sacrifichi un montone e una pecora nera, piegando loro il capo verso le
tenebre esterne mentre tu volgi la fronte all’acqua,
tante di quelle anime anemiche dei morti ti si affolleranno attorno che dovrai
tenerle lontano dal sangue con la baionetta,
ma tra questi zombi a un tratto riconoscerai tua madre,
e se, dopo averle dato del sangue da bere e parlato di casa,
tre volte ti farai avanti per abbracciarla, per tre volte
come un’ombra o un’idea lei ti svanirà tra le braccia
e le chiederai perché evita di toccarti e lacrime verserai
perché ecco qua tua madre e perfino quaggiù nell’Ade
un abbraccio tremante sarebbe a entrambi di conforto,
ti spiegherà lei che i tendini non legano più la sua carne
alle ossa, che il fuoco irresistibile ha tutto demolito,
che l’anima prende il volo come un sogno e fluttua nel cielo,
che questo è quel che accade agli esseri umani quando muoiono?
ARGOS
Di separazioni ce n’erano state altre, così numerose
che Argo, il cane che attese Odisseo per vent’anni,
ha continuato ad aspettarlo, trascurato sul mucchio di letame
davanti la nostra porta, pieno di pulci, più morto che vivo,
lui che un tempo inseguiva capre selvatiche e caprioli; il cane
preferito, di razza pura, un fenomeno a cogliere l’usta,
che ancor oggi agita la coda e tiene le orecchie basse
sforzandosi di farsi più vicino alla voce che riconosce
e muore nello sforzo; finché anche noi come Odisseo
piangiamo per il cane Argo e per tutti gli altri cani,
per le retate di criceti e il panico dei ratti albini
e la deportazione di un canarino di nome Pepiček.
CAMPFIRES
Tutta la notte fuochi crepitanti tennero alto il morale
mentre nella terra di nessuno sonnecchiavano e sui campi di battaglia.
(Notti miti – non un alito, costellazioni in cielo
splendenti attorno a una luna abbagliante –
quando in alto una radura nell’aria svela
spazio sconfinato, e tutte le stelle appaiono
e illuminano le cime dei colli, le valli, i promontori e le punte
come Tonakeera e Allaran dove la marea
volge verso Killary, dove i salmoni lasciano il mare,
dove il pastore sorride sul suo campo lucente.
Tanti fuochi brillavano davanti a Ilio
tra il fiume e le navi: mille fuochi, e attorno
a ciascuno cinquanta uomini riposavano nella luce
delle fiamme.) I cavalli attendevano l’alba
muovendosi accanto ai carri, masticando orzo e avena lucente.
L’UOVO DEL LUCHERINO
Considera l’uovo del lucherino,
finemente screziato – macchie
e trattini – lilla, pallida ruggine
rossiccia, spruzzi di sangue
sparsi su un bianco verdastro –
tramonto a finis terrae – insomma
considera l’uovo del lucherino.
PROSEGUENDO AMERGIN
Sono la trota che si dilegua
fra le pietre di guado.
Sono la giovane anguilla
che indugia sotto il ponticello.
Sono il leprotto che mangiucchia
presso la siepe di fucsia.
Sono l’ermellino che danza
attorno al masso erratico.
Sono la matassa di lana
che vento e filo spinato ingarbugliano.
Sono il fango e lo sputo
che edificano il nido della rondine.
Sono il canto del saltimpalo,
sasso che percuote il sasso.
Sono il corvo aereo
che ha l’occhio in quello dell’agnello.
Sono il chiurlo notturno
che zufola nella canna fumaria.
Sono il pipistrello
che dimora tra costellazioni.
Sono la goccia di pioggia che racchiude
lino di fata oppure Samolus.
Sono il bocciolo di ninfea
e l’autunnale orchidea Spirantes.
Sono il temporale che penetra
nel buco della serratura.
Sono il chicco di grandine annerito
che il camino torna in acqua.
Sono la tana della lontra
e il covo del tasso nelle dune.
Sono il tasso che nell’alta marea
annega fra i detriti galleggianti.
Sono la lontra che muore
in cima al tumulo funebre.
IL MODELLINO DI AMELIA
I
Nel suo modellino del sistema solare
la mia cosmologa settenne
lega a uno spiedino da barbecue
con filo fusibile i pianeti, bottoni:
Venere, un bottone d’avorio,
Mercurio argento accanto al sole,
per Giove madreperla,
rosso e verde per Marte e la Terra,
per gli anelli di Saturno uno scovolino:
sicché nell’oscurità esterna
accanto alla cucina i suoi occhi castani
rappresentano Urano e Nettuno.
II
Amelia, nel filo non hai aggiunto Plutone
alla tua scultura del sistema solare:
minuscolo e remoto, un mondo gelido
di gelidi monti e neve di metano,
la danza di cinque lune sconosciute al sole,
il regno del dio dell’aldilà –
è lì, bambina mia, che andremo quando moriamo.
STELLE BAGNATE
Ho destato – al di là delle pietre di guado
sulla marea di luna piena – l’immaginazione –
guarda solo – costellazioni momentanee –
stelle bagnate fra i piedi – fosforescenza –
ardore dell’acqua del mare.
La storia della rivista «Nuovi Argomenti»
1953-1964
Alberto Carocci e Alberto Moravia fondano «Nuovi Argomenti». «L’idea», ricorderà Moravia, «era quella di creare una rivista di sinistra come “Temps Modernes” di Sartre, la quale avrebbe avuto un’attenzione per la realtà italiana di tipo oggettivo e non lirico». Il bimestrale ha la sua redazione in via dei Due Macelli 47 (segretario di redazione: Giovanni Carocci) e viene stampato presso l’Istituto Grafico Tiberino di Roma.
Il primo numero (marzo-aprile 1953) porta in sommario una Inchiesta sull’arte e il comunismo con interventi di Moravia, Lukacs, Solmi e Chiaromonte, ma anche racconti di Franco Lucentini e Rocco Scotellaro e un saggio di Franco Fortini.
Dal 1953 al 1964, sui 71 numeri che compongono la prima serie di Nuovi Argomenti scrivono, tra gli altri, Arbasino, Bassani, Bianciardi, Bobbio, Calvino (che pubblica La nuvola di Smog e il Diario americano) Cassola, Ginzburg, Fenoglio, Maraini, Montale, Morante, Ortese, Ottieri, Piovene, Pratolini, Raboni, Rea, Vittorini, Zolla.
Sul n. 10 del 1954 esce l’Inchiesta su Orgosolo di Franco Cagnetta; quest’ultimo – assieme ai direttori Carocci e Moravia – verrà denunciato dall’allora Ministro dell’Interno Mario Scelba per «reato di vilipendio delle forze armate» e «pubblicazione di notizie atte a turbare l’ordine pubblico», e la rivista venne sequestrata. Nel 1956, sul n. 17-18, Moravia pubblica alcuni capitoli inediti del suo romanzo La ciociara e la rivista per la prima volta apre alla poesia con Le ceneri di Gramsci di Pier Paolo Pasolini. Sul n. 20 (maggio-giugno 1956) trovano spazio 9 domande sullo stalinismo, con un’intervista a Palmiro Togliatti. È una formula che verrà replicata spesso, con le 9 domande sul romanzo (n. 37 del 1959, con scritti di Bassani, Calvino, Cassola, Montale, Morante, Moravia, Pasolini, Piovene, Solmi e Zolla), le 7 domande sulla poesia (n. 55-56 del 1962, con interventi di Baldacci, Bertolucci, Caproni, Devoto, Forti, Legnetti, Luzi, Montale, Paglierini, Pasolini, Pedio, Pignotti, Roversi, Sereni, Siciliano, Solmi, Vivaldi e Zolla) e le 10 domande su «neocapitalismo e letteratura» (n. 67-68 del 1964, con articoli di Arbasino, Baldini, Chiaramonte, Contessi, Cusatelli, Eco, Guglielmi, Leonetti, Moravia, Ottieri, Pasolini, Raboni, Rosso, Roversi, Siciliano, Saccà, Vittorini).
1966-1980
Nel gennaio del 1966 esce il primo numero della seconda serie – trimestrale – pubblicata da Garzanti. Ai due fondatori si è aggiunto nella direzione Pier Paolo Pasolini. Segretario di redazione è Enzo Siciliano che nel 1972, alla morte di Carocci, sostituisce quest’ultimo come direttore. Siciliano può considerarsi colui che su «Nuovi Argomenti» pratica la saggistica letteraria più compiuta, con attenzione, anche nella rivisitazione dei classici, alla sensibilità civile, ai rapporti della letteratura con la storia. Sulla rivista aveva esordito nel 1962, rispondendo al questionario sulla poesia e, due anni dopo, a quello su neocapitalismo e letteratura. Ma la caratteristica della sua presenza è data dal dittico intitolato L’anima contro la storia, due saggi su Bassani e su Elsa Morante che, dal 1966, vedono iniziare la sua presenza sempre più continua.
La seconda serie dura per 66 numeri e chiude nel 1980, segnando un percorso dove il fatto letterario tende sempre più a prendere il posto della discussione politica. Come un ciclone, nella seconda serie sta il nome di Pier Paolo Pasolini. Si può dire che la seconda serie di «Nuovi Argomenti» sia la serie di Pasolini, come la prima stagione della rivista era stata quella di Moravia, come la terza a quarta serie saranno soprattutto segnate da Siciliano. Pasolini dirige la rivista con una vitalità che tende a rompere i margini, assecondando una serie di collaborazioni dei cui autori il tempo perderà le tracce; ma tra i nomi rimasti, per esempio, ci sono Dario Bellezza, Franco Cordelli, Antonio Debenedetti, Dacia Maraini (che esordì nella prima serie, ma trovò nella seconda una vena di interesse civile), Giorgio Montefoschi, Vincenzo Pardini, Renzo Paris. A partire dal n. 10 della seconda serie (aprile-maggio 1968), Pasolini accantona discussioni di linguistica, cinema e poesia e irrompe con forza nel fascicolo della rivista. A sua firma compaiono sei interventi (Il PCI ai giovani!, Una risposta a Siciliano, Anche Marcuse adulatore, Aneddotica dell’integrazione a sinistra, Ah, Italia disunita!, e infine, come notizia da ultim’ora, Hanno sparato a Bob Kennedy). L’ultima firma è posta a 1951 nell’ultimo numero del 1975, che si sovrappone alla tragica notte all’Idroscalo di Ostia.
Nel primo numero dell’anno seguente, l’Omaggio a Pasolini coprirà la quasi totalità del fascicolo. Attilio Bertolucci affianca Moravia e Siciliano nella direzione. Redattori della rivista, dal 1974, sono Dario Bellezza e Piero Gelli. Nel 1978, Bellezza appare come segretario di redazione, con Gelli e Franco Cordelli come redattori. Tra gli autori invitati a collaborare alla rivista, Celati, Cerami, Consolo, Cucchi, Elkann, Giudici, Magrelli, Magris, Malerba, Montefoschi, Rosselli, Scialoja, Sereni, Siti, Spaziani, Zanzotto. Si pubblicano scritti di Octavio Paz, Julio Cortazar, Roland Barthes, Michail Bulgakov, Henry Michaux, José Lezama Lima, Michail Bachtin, Boris Pasternak, Joseph Brodskij.
1982-1994
«Scrivere di politica: portare o costringere gli scrittori a occuparsi di quei fatti che assediano da vicino l’esistenza quotidiana, e che ci appaiono indecifrabili, lugubremente enigmatici. Con questa ambizione si apre la terza serie di “Nuovi Argomenti”», scrive Enzo Siciliano nell’editoriale del numero di gennaio-marzo 1982 intitolato La letteratura delle cose, inaugurando i cinquanta numeri della terza serie pubblicati da Mondadori. Direttori sono Moravia, Siciliano e Leonardo Sciascia. Il collegio di direzione è composto da Dario Bellezza, Giulio Bollati, Franco Cordelli, Enzo Golino, Carlo Gregoretti, Leonardo Mondadori, Massimo Piattelli Palmarini, Lucio Villari. Nel 1984 entra a farne parte Edoardo Albinati, nel 1986 Leopoldo Fabiani. Dal 1988 Sandro Veronesi è segretario di redazione. Lo stesso anno Antonio Debenedetti entra nel collegio di direzione. Nell’89 ci sono anche Bruno Guerri, Rasy, Tondelli, Montefoschi, Elkann e Guarini e Giorgio Caproni affianca per breve tempo i direttori della rivista, fino alla sua morte che avverrà l’anno seguente.
Nel 1990, il n. 33 di «Nuovi Argomenti» (con una copertina di Mario Schifano) rende omaggio a Leonardo Sciascia, appena scomparso. Francesca Sanvitale diventa direttore accanto Moravia e Siciliano. Quest’ultimo, dall’anno seguente, avvia regolarmente la pubblicazione di un suo “diario” come editoriale della rivista. Sempre nel 1990, alla morte di Alberto Moravia, accanto a Siciliano e alla Sanvitale arrivano alla direzione Furio Colombo e Raffaele La Capria, con Dacia Maraini e Franco Cordelli in veste di vicedirettori. La rivista pubblica scritti di Bufalino, Eco, Ferrara, Mafai, Manganelli, Parazzoli, Scalfari, Tabucchi, Tobino, Vattimo, Villari, Viola, Zeichen e prosegue nella sua vocazione al talent-scouting aprendo alla collaborazione di giovani autori tra cui Abbate, Affinati, Albinati, Busi, Carbone, Colasanti, Covito, Lodoli, Mazzucco, Onofri, Picca, Tamaro, Tondelli, Trevi, Valduga, Veronesi, oltre a pubblicare scrittori stranieri quali Borges, Brodkey, Carver, Chatwin, Doctorow, Grossman, Kundera, Lowry, McEwan, McInerey, Oates, Perec, Updike, Walcott, Wolfe, Yeoshua. Nel 1993, per decisione di Enzo Siciliano e Sandro Veronesi, sul numero 48 (ottobre-dicembre) viene pubblicato il racconto lungo La baracca di Andrea Carraro, da cui successivamente lo scrittore romano trarrà il romanzo Il branco.
1994-1997
Nel 1994 la rivista cambia casa per la quarta volta. L’editore è Giunti che pubblicherà 12 fascicoli. La direzione, già dall’ultimo numero della serie Mondadori (n. 50), è composta da Dacia Maraini, Raffaele La Capria, Furio Colombo e Enzo Siciliano (direttore responsabile). Della redazione sono entrati a far parte Eraldo Affinati, Antonella Anedda, Luca Archibugi, Rocco Carbone, Massimo Onofri, Aurelio Picca, Emanuele Trevi. Al collegio di direzione si aggiungono Vincenzo Pardini, Giovanni Raboni, Nico Orengo, Sapo Matteucci, Giorgio Ficara. Segretario di redazione è Simone Caltabellota. Caporedattore Arnaldo Colasanti.
«Nuovi Argomenti» si conferma palestra per i giovani critici scrittori e poeti che in molti casi parteciperanno poi direttamente alla sua redazione: Scarpellini, Manica, Martini, Gibellini, Susani, Giartosio, Galaverni, Tripodo, De Bernardinis. Nel 1994 esordisce Niccolò Ammaniti, nel 1997 Alessandro Piperno. Sulla rivista trovano spazio Luca Doninelli, Antonio Riccardi, Claudio Piersanti, Enzo Fileno Carabba, Giulio Mozzi, Giuseppe Montesano, Antonio Franchini, Maurizio Maggiani. Vengono pubblicati Paul Auster, Don DeLillo e Seamus Heaney. Il formato non è più in ottavo ma diventa quello di un libro tascabile (sull’esempio della «Paris Review»).
1998-oggi
Dal 1998 «Nuovi Argomenti» torna ad essere stampata da Mondadori. Il primo numero della quinta serie è intitolato Terrore e terrorismo. Arnaldo Colasanti diventa direttore con Colombo, Maraini, La Capria e Siciliano (che è sempre il direttore responsabile). Lorenzo Pavolini è caporedattore. Alla redazione partecipano anche Andrea Salerno e Massimiliano Capati; collaborano Abeni, Guerneri, Tarquini, Santi. Sulle pagine della rivista continuano a passare scrittori e vita politica: Pascale, Fois, Riccarelli, Raimo, Ferracuti, Lagioia, Armitage, Strand, Hughes, Annunziata, De Angelis, Veltroni, Riotta, Moresco, Asor Rosa, Mari, Pascale, Guglielmi, Cortellessa, Voltolini.
Il n. 21 (gennaio-marzo 2003) festeggia una data importante e si chiama appunto Abbiamo 50 anni – Prologo. Seguiranno Abbiamo 50 anni – Atto Primo, Abbiamo 50 anni – Atto Secondo e Abbiamo avuto 50 anni. A partire dal numero di luglio-settembre 2003 inizia l’assidua collaborazione di Alessandro Piperno che firma un pezzo dal titolo Lettera aperta a Enzo Siciliano sul caso Philip Roth. Mario Desiati viene chiamato da Siciliano per svolgere le funzioni di segretario di redazione, in cui entrano Carlo Carabba, Leonardo Colombati, Helena Janeczeck e Roberto Saviano.
Per la rivista si apre una nuova stagione, suggellata nel 1994 dall’uscita del n. 28, Italville, e un anno dopo dal n. 30, Atlantide – Luoghi e personaggi sommersi, due numeri in cui intervengono molti dei più promettenti giovani autori del panorama italiano, tra cui Leonardo Colombati, Mario Desiati, Giuseppe Genna, Nicola Lagioia, Francesco Pacifico, Massimiliano Parente, Valeria Parrella, Tommaso Pincio, Alessandro Piperno, Flavio Santi, Roberto Saviano, Wu Ming 1.
Il 9 giugno 2006 muore Enzo Siciliano. Il n. 35 di «Nuovi Argomenti» gli rende omaggio con un numero speciale, Officina Siciliano, in cui lo ricordano tra gli altri Alberto Arbasino, Bernardo Bertolucci, Franco Buffoni, Arnaldo Colsanti, Franco Cordelli, Alain Elkann, Miriam Mafai, Valerio Magrelli, Raffaele Manica, Dacia Maraini, Vincenzo Pardini, Elisabetta Rasy, Giorgio van Straten. Quest’ultimo, assieme a Raffaele Manica, entra nella direzione affiancando Colasanti, Colombo e La Capria. Direttore responsabile diventa Dacia Maraini.
Nel gennaio 2009 Carlo Carabba diventa coordinatore della redazione. Gli succederanno Francesco Pacifico, Marco Cubeddu e Francesca Ferrandi.
Dal 2019 la direzione è composta da Colombati, La Capria, Manica, Maraini e van Straten.