Memorie e Lettere-La fede come pietra angolare dell’amore –Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Memorie e Lettere-La fede come pietra angolare dell’amore –
Alcune settimane fa vi abbiamo presentato il volume “Memorie e lettere“, che raccoglie il diario di Emma Rochat e le lettere del marito pastore Carlo Gay, a cavallo dell’ultimo conflitto mondiale. Intense corrispondenze e appunti personali che ricostruiscono una storia d’amore e di ideali.
Qui di seguito vi proponiamo alcune riflessioni che una delle figlie della coppia, Livia, ha voluto condividere a seguito della presentazione del libro e dopo un dialogo con fratelli e sorelle.
La presentazione del libro è il risultato di un confronto fra di noi, i 5 figli di Emma e Carlo ancora in vita (Paolo, Marco, Giovanna, Erica e io, Livia); un’occasione per riflettere sulle nostre radici e interrogarci sulla eredità spirituale.
Per me la lettura di questi testi è stata di aiuto per capire meglio mio padre. Nostra madre ha avuto un ruolo più diretto, meno “misterioso”: era lei che si è occupava delle cose concrete dell’accudimento.
Questo libro presenta prima una memoria autobiografica di nostra madre (dalla sua nascita nel 1915 al 1964), poi le lettere di nostro padre, da lei ricopiate e da cui ha tolto le parti più intime e sentimentali; inviate dal 1936 al 1938 durante il fidanzamento, in cui si sono visti molto poco. Nel 1939 si sono sposati, a 21 e 23 anni.
Vi consiglio di iniziare la lettura dal primo capitolo delle Memorie di Emma, che arriva fino all’incontro con Carlo, poi passare alle lettere. Leggetele come un romanzo di formazione. Vi sono riportate le sue riflessioni, letture e studi e soprattutto descritte le esperienze di aiutopastore in varie comunità (nelle valli valdesi, ad Aosta, a Milano, in Sicilia e a Basilea in Svizzera).
Dopo la lettura delle lettere riprendete le Memorie: avrete così nell’insieme una specie di romanzo storico, sentimentale, esistenziale, di una coppia e poi di una famiglia.
Ecco alcune notizie sui due personaggi.
Emmina, alta atletica, l’ultima di 4 figli. Nasce a Firenze nel 1915. Il padre, medico di famiglia, è di origine svizzera, mentre i nonni materni sono l’una inglese e l’altro francese.
Scrive: “Mio padre era adatto a questo ruolo – di medico- ed era molto amato…. non tutti ricevevano il conto, naturalmente nè i pastori, nè le opere delle Chiesa Valdese”.
Per lei, nell’infanzia ed adolescenza, lezioni di pianoforte, ginnastica svedese, passeggiate e visite ai musei e alle chiese di Firenze. Si laurea in lettere nel 1938.
Ancora dalla memoria: “Quando mia sorella ebbe 18 anni -scrive- mi ricordo di aver sentito dire dai miei genitori: “Il faut aller aux le Valleès autrement cette fille epousera un catholique!…..” .
Scrive: “L’argomento di cui avevo maggiormente sentito parlare in casa era l’antifascismo, in nome della dignità, verità, autenticità dell’uomo.”
“…. in prima liceo ….ci trovammo di fronte a un professore ebreo bravissimo, che ci insegnò a ragionare e a non accontentarsi delle soluzioni facili.”
Carlo, nato a Perosa Argentina (Torino) nel 1913, famiglia valdese, la madre originaria dalla valle di Massello, secondo di sei figli, perde presto il padre. Nel 1934 si laurea in Giurisprudenza e nel 1938 in Teologia e poi in Scienze Politiche. Si consacra pastore nel ’38 e insieme vanno a Riesi dove lui ha la sua prima sede pastorale. Ai 23 anni conosce bene tre lingue.
Cosa si dicono sulla coppia basata, oltre che sull’amore, sulla fede e sulla vocazione di Carlo al pastorato?
Carlo. Dalle lettere. “Sento che la mia vita per essere limpida deve essere personale e al fatto di sentirmi come imbalsamato in un cilindro di acciaio nella posizione ufficiale di pastore mi fa dubitare di trovarmi nella posizione di quei profeti che profetizzano “benché io non li abbia mandati e non abbia dato loro alcun ordine” (Geremia. 23).”
Visite ai parenti anziani: “ ….Infine il vecchio mi disse “Toi etudie Theologie? Bravo!” e mi batte le mani sulla schiena; e la vecchia “vous avez la foi de pasteur?“. A tali scene e parole tremavo in me stesso come sotto l’impressione di una generazione passata, che mi giudicasse e non potevo dar loro risposte precise.”
“Hai ragione di sentirti sicura della nostra unione; io ti prometto fedeltà dinanzi a Dio e davanti a Lui ti scelgo come compagna di viaggio su questa terra, e con Dio non si scherza.”
“Emmina, ricordami sempre di non tradire per nessuna ragione la mia coscienza, perché tante volte si è stufi di tutto e si vorrebbe considerare ogni ideale superiore …… come un ostacolo a una vita senza turbamenti e senza noie così gravose.”
Emma. Nel ricordare la sua vita a Firenze, prima di incontrare Carlo, Emma racconta: “Mi piaceva di tanto in tanto andare nello studio di mio padre. ……oltre ai libri di scienza c’erano in uno scaffale raccolti alcuni libri religiosi”. Aprendo uno di quei libri: “…ebbi la rivelazione che la ragione (la scienza) aveva un limite e che bisognava lanciarsi oltre quel limite, nel mondo della fede per incontrare la Verità e l’Eternità; bisognava affidarsi oltre le nostre capacità.”.
“Avevo avuto qualche attrazione e simpatia per compagni di scuola…. ma ero molto timorosa in quel campo; decisa a non lasciarmi andare se non per una completa adesione intellettuale e spirituale.”
Da una sua risposta ad una lettera di nostro padre:
“…siamo in acque difficili, ma sai che ti voglio seguire sempre e confido che le supereremo; in ogni caso so che la via da seguire è quella della Croce.”
“Che sia facile nel pastorato, quale è ora, cadere nel borghesismo e compromesso lo vedo anch’io, ma mi domando se sia la colpa degli individui più che del pastorato in sè. Lotta, lotta pure con tutto che sarò sempre con te.”
Carlo. “ Ricordati che un compito di amore e umiltà ci aspetta domani. “
“Il rischio della vita del pastore sai qual è? …….è soprattutto il pericolo di diventare “possidenti” e buffoni, diffusori di tutti i più scemi ideali umani, che forse oggi disprezziamo e che domani, fiaccati forse dalla vita, cominceremo a lisciare; odiosa fine degna di essere calpestata dagli uomini! Ma spero che Dio rinsalderà il nostro appello, che Egli rimarrà l’ospite disturbatore e acquietante di casa nostra; se un giorno, dimenticassi la serietà, sarai tu, che sarai la mia più prossima compagna, che dovrai energicamente e senza pietà (falsa pietà e falso amore) additarmi il possibile fallimento.”
“Non credo che sarebbe o sia una cristianizzazione in sé e per sé la parificazione dei diritti dell’ uomo e di quelli della donna: relatività delle leggi umane! Ci è però imposta anche qui un’obbedienza a Dio; quindi fedeltà reciproca e più ancora della semplice morale umana, elevazione del matrimonio ad ambiente in cui Dio è centro e ragione prima e ultima dell’esistenza; quindi compito di educazione dei figli nella Parola.. …..Intenderei perciò il matrimonio oltreché nel suo carattere di continuità (che può anche essere banale) nel suo svolgersi di continue, rinnovate e fedeli decisioni dei 2 coniugi.”
“…….qualsiasi posizione si accetti non è di per sé cristiana, se è statica e generale e non attuale e personale.”
Qualche nostra osservazione.
Quanto di “verticalità”, trascendenza, è contenuto nel progetto della coppia come descritta dal testo!! Possiamo immaginare una base come questa, condivisa per 59 anni, in cui nascono e crescono sei figli!!? Non è facile! La quotidianità l’ha messa a dura prova. Ma non mi sembra l’abbia smentita. Hanno attraversato la condizione del fascismo, la guerra, la lotta partigiana, i lutti in famiglia.
Una coppia che si presenta unita, non solo nella Fede; che poco si presta ai “giochetti” dei figli per dividere i genitori. Per chiedere attenzione i figli dovevano affermarsi con forza nello sviluppo della loro personalità.
L’uomo è quello che propone, la donna sceglie di aderire e partecipare, seguace e garante con profonda sintonia. Due progetti un pò diversi, sempre in linea con la cultura del loro tempo: uno, quello maschile, basato sulla guida della comunità valdese, l’altro sulla relazionalità d’amore e l’accudimento dei figli. Partecipazione e divisione dei compiti.
Mamma ha sacrificato la sua realizzazione professionale? Ci facciamo delle domande, ma è giusto leggere la situazione di allora con la visione che abbiamo oggi?
Possiamo pensare al dispositivo del battesimo in cui i genitori si impegnano, di fronte a Dio, di trasmettere, insegnare, la Parola. Intensità emotiva, ben di più di un “ruolo” genitoriale; un impegno nel formare qualcosa di sostanziale e fondante nei figli; non parziale, ma totale per l’insieme della loro personalità. Base della famiglia cristiana.
Data questa intensità emotiva, quali le scelte pedagogiche? Ci soffermiamo su alcune differenze: quello calvinista/svizzero e quello valligiano. Per lei per esempio era una scelta precisa non dare peso alle “cose”. Nella famiglia di nostro padre non si disdegnavano affatto i piaceri, la cura del cibo e altri aspetti “materiali”.
Pensiamo ad un aspetto ambivalente della pedagogia: un “pedagogismo” più vicino ad un insieme di regole e al concetto di “morale”. Un approccio diverso quello di nostro padre: piuttosto una sequenza di enigmi offerto ai figli che inducono a pensare, lasciando il campo aperto a risposte diverse e incerte. Meno “sicurezze” , ma anche stimoli ad un pensiero personale e ad una ricerca di senso, profonda e autonoma.
Certo che siamo nati e cresciuti in una famiglia non comune!
Il padre-papà pastore sostanzialmente mite viene vissuto molto indaffarato con la comunità, ma anche dal punto di vista intellettuale. Il mantra ai figli è così ispirato: “Lo spirito soffia come e quando vuole”. Questo messaggio viene vissuto come espressione di libertà e tolleranza, altre volte viene sospettata una delega di responsabilità paterna a un altrove non ben determinato.
I sermoni del padre generalmente piacciono ai figli, per lo meno nella dimensione poetica-umanizzata piuttosto che nell’assertività teologica.
La madre-mamma viene vissuta come presente, accudente, per lo più ‘ragionevole’, a volte quasi troppo.
È in lei presente una purezza ritrosa, con uno sfondo passionale. Protettiva come una leonessa. Madre coraggio nella vita dei figli.
Purezza e tratto virginale si impongono nella relazione con l’adolescenza delle ragazze, spalleggiata dal padre fin troppo complice ed elegante. Il suo atteggiamento incute paura e rispetto, ma anche severità e giudizio. Nello sfondo si muove una passione mai doma in una fisicità potente.
In nostra madre ricordiamo la diversità dal tradizionale approccio italiano: un insegnamento della gestione del corpo indirizzato verso la libertà di espressione, nel movimento e nel vestito, al di là delle differenze di genere e delle convenzioni, un’attenzione moderna alla salute e alla cura del corpo. Amore verso la natura, anche selvaggia ed incontaminata, amore per la libertà e l’armonia nella consapevolezza del movimento del corpo.
La ricordo quando da sola esce dall’acqua al mare……..a ottanta anni, senza bisogno di aiuto.
La relazione educativa era uguale verso i maschi e verso le femmine? No.
Al riguardo si impone il tema della sessualità. Forse coerente con gli aspetti sessuofobici dell’epoca? O conta l’influenza pietista? Il padre si teneva in seconda linea, in ombra, su questi aspetti. La relazione tra la madre e le figlie è stata anche carica di problemi, difficoltà di comprensione, delusioni vicendevoli. Dobbiamo tenere conto che si tratta dell’epoca in cui i sistemi di contraccezione non sono diffusi, in cui di sessualità si parla a fatica, prima della legge sull’aborto e dell’istituzione del divorzio….
Possiamo solo ora accennare alla diversa concezione della sessualità tra il pensiero cattolico e quello protestante; più preciso nell’elenco di cosa è “peccato” il primo, più “psicologico”, che invita ad una responsabilità personale più individuale, in ambito protestante.
Il tema della responsabilità personale è stato importante e abbiamo avuto la sensazione che a volte l’ideale, la tensione verso l’alto, abbia dato ombra alla considerazione per l’orizzontalità; lo sguardo verso il “basso” delle emozioni leggermente offuscato (“… o troppo vicini o troppo lontani”, senza armonia”, viene detto).
Ancora due concetti che voglio mettere in evidenza come eredità che chiamo spirituale: l’abitudine a non evitare l’impegno nello studio e nel lavoro, anzi una dedizione quasi appassionata, e un’attenzione al mondo degli altri e della politica in senso generale che fa scrivere a nostro padre: “L’unica sia pure pericolosa soluzione della nostra naturale attitudine a ripiegarsi su noi stessi è quella di aprirci alle gioie e ai dolori degli altri…”.
Fonte- Riforma.it- Il quotidiano on-line delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi in Italia.