LUCIANA CAPITOLO- Pier Paolo Pasolini Un giorno nei secoli tornerà aprile-
Biblioteca DEA SABINA
– LUCIANA CAPITOLO- Pier Paolo Pasolini Un giorno nei secoli tornerà aprile-
LUCIANA CAPITOLO
Pier Paolo Pasolini
Un giorno nei secoli tornerà aprile
LUCIANA CAPITOLO
Pier Paolo Pasolini
Un giorno nei secoli tornerà aprile
prefazione di Dario Pontuale
con un’intervista a Walter Siti
284 pp.
14,00 euro
ISBN 978-88-97376-47-7
A 47 anni esatti dalla morte di Pasolini, avvenuta il 2 novembre 1975, questo libro ripercorre le tappe più significative del suo percorso artistico e personale. Attraverso il rapporto con la città di Roma e soprattutto con il quartiere di Monteverde, a contatto con personalità del calibro di Attilio Bertolucci e suo figlio Bernardo, Carlo Emilio Gadda e Giorgio Caproni, il poeta indaga il dramma delle mutazioni antropologiche e culturali che percorrono l’intera società italiana. La consapevolezza delle trasformazioni prodotte dal Neocapitalismo porteranno negli anni Pasolini a un pessimismo sempre più cupo nel susseguirsi delle sue opere fino all’incompiuto Petrolio e a Salò, l’ultimo film, straziante metafora del nuovo potere che s’impossessa di corpi e anime. Il messaggio di speranza del poeta sembra allora affidato al verso: “un giorno nei secoli tornerà aprile”.
Pubblichiamo l’intervista a WALTER SITI contenuta nel volume “PIER PAOLO PASOLINI. UN GIORNO NEI SECOLI TORNERA’ APRILE” di LUCIANA CAPITOLO (Nova Delphi Libri, 2015)
[Cliccando sul link seguente è possibile ascoltare la puntata radiofonica di “Letteratitudine in Fm” con Walter Siti dedicata a “Resistere non serve a niente“, romanzo vincitore del Premio Strega nel 2013]
In collegamento con il forum di Letteratitudine dedicato al quarantesimo anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini
A 40 anni esatti dalla morte di Pasolini, avvenuta il 2 novembre 1975, questo libro ripercorre le tappe più significative del suo percorso artistico e personale.
Attraverso il rapporto con la città di Roma e soprattutto con il quartiere di Monteverde, a contatto con personalità del calibro di Attilio Bertolucci e suo figlio Bernardo, Carlo Emilio Gadda e Giorgio Caproni, il poeta indaga il dramma delle mutazioni antropologiche e culturali che percorrono l’intera società italiana. La consapevolezza delle trasformazioni prodotte dal Neocapitalismo porteranno negli anni Pasolini a un pessimismo sempre più cupo nel susseguirsi delle sue opere fino all’incompiuto Petrolio e a Salò, l’ultimo film, straziante metafora del nuovo potere che s’impossessa di corpi e anime. Il messaggio di speranza del poeta sembra allora affidato a un umile verso: “un giorno nei secoli tornerà aprile…”
* * *
INTERVISTA A WALTER SITI (estratta dal volume “Pier Paolo Pasolini. Un giorno nei secoli tornerà aprile” di Luciana Capitolo)
Essere e apparire, finzione del reale e realtà della finzione, sono solo alcuni dei temi e dei giochi letterari di Walter Siti. Critico letterario, curatore dell’opera di Pier Paolo Pasolini per “I Meridiani” Mondadori, vincitore del Premio Strega nel 2013 con “Resistere non serve a niente“, Siti è stato definito “il maggiore romanziere italiano”. Ha baffi bianchi, aria sorniona, una vastissima cultura e la semplicità dei grandi. Con Pasolini ha in comune l’omosessualità dichiarata, non il differente pathos irradiato dalle rispettive scritture.
Pasolini ha indagato il rapporto tra corpo e potere. Con quali risultati? Con quali esiti?
“Credo che a Pasolini interessasse soprattutto criticare la cultura consumistica dominante e mostrare come il potere dell’economia trasforma i corpi. Quando comincia ad affrontare questa tematica, lo fa facendo riferimento a Napoli, dove non a caso poi ambienterà il suo Decameron: nella Napoli narrata da Pasolini, i corpi hanno ancora antichità. Napoli, Africa, Terzo Mondo: luoghi pasoliniani dove il corpo è inteso come insieme di cellule di vitalità che ‘resistono’ alla Storia. Questo modo di leggere la Storia si prestava anche a critiche: Franco Fortini gli faceva notare che le speranze rivoluzionarie venivano dalla Cina: ‘mentre tu ti occupi di Africa’, gli diceva. L’idea pasoliniana si basava comunque sulla convinzione che il modo di vivere della società borghese trasforma e deforma i corpi: di qui, per esempio, il suo elogio dei capelli corti. Pasolini era poi anche molto ‘schizzinoso’ per quanto riguarda il corpo: nei suoi film adoperava corpi di sottoproletari veri per rappresentare i sottoproletari. Ma si serviva di attori per rappresentare i borghesi. Diceva di non sopportare i corpi borghesi. A lui interessavano i corpi-vittima e aveva in odio la borghesia, che definì perfino una ‘malattia’…”
Lei crede che la “mutazione antropologica” di cui parlava Pasolini sia giunta a compimento?
“La mutazione antropologica è un fenomeno che Pasolini ha sempre messo in relazione con l’omologazione culturale. Cinquant’anni dopo, ho l’impressione che quanto aveva previsto si sia in parte avverato e in parte no. La globalizzazione, termine che allora non esisteva, è andata avanti, come processo di omologazione e di mutazione profonda. Tuttavia Pasolini credeva che il consumismo avrebbe vinto su tutto e su tutti, annullando ogni differenza. In realtà non poteva prevedere la rinascita dei particolarismi o forme di resistenza all’omologazione come, per esempio, quelle del mondo arabo, o di una parte del mondo arabo, che pure spuntano qui e là nel mondo della globalizzazione.”
Il mondo pasoliniano, del tempo pasoliniano, è tramontato. Quello preconizzato si è in parte avverato. Come è cambiato il rapporto con il corpo? Che cos’è il corpo ai tempi della globalizzazione: essere, vita, piacere, merce? Morte? Ossessione?
“In realtà ogni corpo è due corpi. Mi spiego: uno è costituito da una macchina biologica, fatta di cellule, con un destino breve, soggetta a invecchiamento. L’altro corpo è l’immagine di quel corpo: un’immagine che se ne va in giro per il mondo, parlando agli altri e a se stessi. Una donna che sa di essere bella, per esempio, sa di mandare segnali attraverso la sua immagine. I due corpi hanno così destini diversi e spesso non abbiamo consapevolezza di questa ambiguità, non ci rendiamo conto cioè dei nostri due corpi: ce ne accorgiamo invece in occasione della malattia, quando constatiamo di essere davvero un ammasso di cellule. In quel momento si privilegia uno dei due corpi: quello da curare,”
Essere e apparire non è però dicotomia recente…
“Sì e no. Faccio un esempio: prendiamo i ‘ragazzi di vita’ degli anni cinquanta o sessanta, quelli delle borgate romane frequentate da Pasolini. Non avrebbero mai pensato di dover andare in palestra prima di vendersi. Erano ciò che erano. La escort di oggi, uomo o donna che sia, invece fa proprio questo: modella il proprio corpo, ne fa immagine. Distaccandosene al punto tale da chiamare ‘lui’ il proprio corpo, come fanno i culturisti: ‘lui è in forma’, ‘lui ha bisogno di riposo’ e così via.”
Pasolini fu processato per pornografia, categoria in continua trasformazione nel tempo. Lei ha detto che la pornografia ha oggi mutato i significati delle cose: la pornografia, cioè, è desiderio di immagine, non del corpo. Eppure l’immagine desiderata resta un surrogato del corpo. O no?
“Non so quanto questo ragionamento valga per la pornografia. Vale però per il glamour: sia che si tratti della foto di una modella sia che si tratti di Cristiano Ronaldo che indossa jeans attillati. La pornografia spinta all’eccesso, quasi per paradosso, finisce invece per privilegiare l’aspetto biologico. Girando per il web, ci si imbatte in una tassonomia del porno: le grasse, le tettone, le incinte, le asiatiche, i neri. Sollecitando e inseguendo distinte perversioni, si arriva quasi a una ‘medicalizzazione’ dell’immagine pornografica. Spesso non si mostra neanche più il corpo, ma solo una sua parte, un suo aspetto, una sua singola funzione. L’estetica pasoliniana espressa nei film e nei romanzi non ha nulla a che vedere con questo: Pasolini mostrava i corpi nel loro stare al mondo, non dettagli anatomici.”
(Riproduzione riservata)
–
Nota: Questa intervista è stata realizzata dal giornalista Francesco Romanetti nel marzo 2015. Parte di essa ha visto la pubblicazione sulle pagine del quotidiano “Il Mattino”, che ringraziamo per la gentile concessione.
Luciana Capitolo. Dopo la laurea in Lettere ha insegnato in diversi licei di Roma. Tra i progetti scolastici da lei diretti ricordiamo “Mafia e Memoria” e, insieme alla Fondazione Bellonci, “Invito alla lettura, Giuria- Giovani, Premio Strega”. Da sempre studiosa di Pasolini e “monteverdina doc”, in collaborazione con il Municipio XII della capitale ha pubblicato: Pier Paolo Pasolini a Monteverde, “La luce è sempre uguale ad altra luce…” (2003) e Giorgio Caproni a Monteverde,“Io, poeta del fil di voce” (2006).
Walter Siti. Scrittore, saggista e critico letterario, nel 2013, con il romanzo Resistere non serve a niente, vince il Premio Strega. Sempre con Rizzoli nel 2014 pubblica Exit strategy. È il curatore dell’opera completa di Pier Paolo Pasolini per la prestigiosa collana “I Meridiani” di Mondadori.