Lorenzo Tibaldo – Il viandante della libertà- Editore Claudiana-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
Lorenzo Tibaldo – Il viandante della libertà
Prefazione di Giorgio Bouchard
Editore Claudiana
Descrizione del libro di Lorenzo Tibaldo-Nato in una famiglia di minatori di tradizioni repubblicane e antifascista convinto, Jacopo Lombardini (Gragnana, 1892-Mauthausen, 1945) ha dedicato la sua vita alla causa della libertà, rappresentando la parte migliore della storia dell’Italia, quella democratica e repubblicana che si esprime nella Costituzione. Alimentate dalla fede evangelica, cui Lombardini si converte nel 1924, le sue idee –– che trovano la loro radice in Mazzini, Garibaldi e nell’epopea risorgimentale – si riaffermano in seguito nella lotta partigiana contro il nazifascismo. Una coerenza di scelte di vita che lo porta alla morte nel campo di sterminio di Mauthausen, dove viene gasato il 24 aprile 1945, alla vigilia della Liberazione.
Il libro in pillole
- La cultura come madre della responsabilità e del senso del dovere
- L’anelito verso la libertà e la giustizia
- Il rapporto tra coscienza religiosa e libertà politica
Biografia dell’autore
Lorenzo Tibaldo
studioso di storia dell’Ottocento e Novecento, in particolare delle organizzazioni del movimento dei lavoratori e della Resistenza. Per Claudiana ha pubblicato Quando suonò la campana. Willy Jervis (1901-1944), (Torino, 2005); Sotto un cielo stellato. Vita e morte di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti (Torino, 2008).Lorenzo Tibaldo ci propone questo suo secondo libro su un martire evangelico della Resistenza1 in un momento particolar- mente difficile della vita nazionale: da una parte il Paese attra- versa una fase di crisi economica, politica, morale (e spirituale), dall’altra parte molti italiani sono ben disposti a celebrare i 150 anni dell’unità d’Italia anche se qualcuno contesta il Risorgi- mento, e soprattutto quel secondo Risorgimento che è stata la Resistenza.
Prefazione di Giorgio Bouchard
Orbene, la bella e tragica vicenda di Jacopo Lombardini ci presenta un prezioso filo conduttore tra i due Risorgimenti; e questo filo è la fede evangelica: una fede scoperta a trent’anni e poi collaudata in mezzo alle più orride vicende del «secolo della menzogna», il Novecento.
1 Il primo è stato Lorenzo Tibaldo, Quando suonò la campana. Willy Jervis (1901-1944), Torino, Claudiana, 2005. È invece dedicato a due «martiri laici» il volume L. Tibaldo, Sotto un cielo stellato. Vita e morte di Nicola Sacro e Bartolomeo Vanzetti, Torino, Claudiana, 2008.
Ma andiamo con ordine: Lombardini, per così dire, «nasce mazziniano»: figlio di poverissimi cavatori delle Apuane, non milita nelle file degli anarchici così numerosi (e perseguitati) a Carrara e dintorni, ma appunto nelle file dei repubblicani. Il motivo di questa scelta sta in un fatto molto semplice: suo padre è stato garibaldino, e costituisce per lui una sorta di “cordone ombelicale” con la stagione del Risorgimento: fin da ragazzo, Jacopo si trova così perfettamente a suo agio con le idee di Giu- seppe Mazzini, con la sua passione democratica e con il suo af- flato morale, anzi, spirituale: giustamente, Tibaldo, sulla scorta di studi recenti, mette in rilievo il versante religioso del messag- gio mazziniano2: un messaggio che spinge alla lotta politica ma non preclude nessuno sviluppo interiore e spirituale.
Così, Jacopo sarà un militante politico per tutta la vita, ma non sarà mai vittima di quelle tentazioni immanentistiche che hanno compromesso e indebolito la causa per cui lottavano tan- ti generosi rivoluzionari del Novecento.
Con la consueta discrezione, Tibaldo ci suggerisce una pista di riflessione che ci permette di capire la personalità poliedri- ca di Lombardini: povero maestro licenziato (e bastonato), ri- dotto a vivere di lezioni private, Jacopo è in realtà soprattutto uno scrittore, alla pari di quel Ceccardo Roccatagliata Ceccardi che gli fu tanto amico: torniamo così a rileggere con emozione quei romanzi che avevamo scoperto settant’anni fa nelle aule del Collegio valdese, ma soprattutto leggiamo per la prima vol- ta i suoi brevi articoli pubblicati su “La Luce” e su “L’Eco delle Valli Valdesi” a cui si affiancano le indimenticabili predicazioni dell’epoca partigiana.
In questi libri, articoli, sermoni – visibilmente scritti e pen- sati da un toscano – affiorano costantemente due temi: la fede e la storia. La fede è arrivata nella vita di Jacopo, molto pro-
2 Vedi in part. M. Viroli, Come se Dio ci fosse. Religione e libertà nella storia d’Italia, Torino, Einaudi, 2009. A parte il titolo francamente infelice (ma quan- do smetteremo di mimare quel grande intellettuale liberal-protestante che fu Ugo Grozio?), si tratta di un saggio pieno di idee che ci stimolano e ci costrin- gono a una risposta.
testanticamente, attraverso la predicazione: un sermone del pastore valdese Seiffredo Colucci casualmente (casualmente?) ascoltato nella chiesa metodista di Carrara3. Di questa chiesa Lombardini sarà membro per quasi vent’anni: «predicatore lo- cale», evangelizzatore instancabile, fratello sereno e disponibile, porterà con sé per tutta la vita la tipica spiritualità del Risveglio metodista: la meditazione, la preghiera, l’apertura indiscrimi- nata verso chiunque sia nel bisogno, l’attenzione costante ai problemi sociali.
La storia, in cui pure Jacopo fu sempre politicamente impe- gnato, gli arrivò invece dalla scoperta delle Valli valdesi. Tibaldo riporta due testi in cui Lombardini esprime il suo amore stu- pefatto per quelle Valli4. Idealizza un po’ quei tenaci montana- ri, ma nella sostanza non sbaglia: di lì effettivamente è passata molta storia della testimonianza evangelica in Italia e ha lasciato tracce indelebili. Quando scrive quelle righe commosse, Jacopo non sa che toccherà proprio a lui scrivere una nuova pagina di quella storia, e la scriverà con i suoi sermoni, con la sua cultura, e infine con il dono della sua vita: un dono sereno e generoso, com’era lui.
Un grosso merito di questo libro è che Tibaldo fa spesso parlare i testimoni oculari: valorosi partigiani che a diciott’an- ni proprio da Jacopo furono spinti alla militanza; compagni di sventura a Mauthausen; semplici conoscenti.
In qualche caso si tratta di documenti scritti dai protagonisti, ma in altri casi si tratta di apposite interviste: a dire il vero, esse sono i testi che leggiamo con maggiore emozione.
3 Seiffredo Colucci ha dialogato con Lombardini nei momenti cruciali della sua vita: la conversione e la Resistenza. Le testimonianze scritte del pastore Co- lucci sono di grande valore per una piena comprensione dell’animus di Jacopo.
4 Questo amore traspare anche in alcuni romanzi di Lombardini: soprat- tutto ne La croce ugonotta (Torre Pellice, 1943). Ma chi è stato suo allievo non dimenticherà mai il “tono” con cui Jacopo accompagnava gli studenti a visitare i «luoghi storici valdesi»: Pradeltorno, Chanforan, la Ghieisa d’la tana, la Gia- navella, Sibaud.
Il libro di Tibaldo ha però anche un altro versante: inqua- dra la vicenda di Lombardini nel contesto del valdismo «anni Trenta», esponendo ampiamente le tesi del Viallet5. Apparten- go al gruppo di responsabili che ha approvato la pubblicazione di questo libro, e non me ne pento. A distanza di 25 anni mi permetto tuttavia qualche nota marginale, che aggiungo alle ri- serve critiche espresse da Tibaldo: è vero, i valdesi (e gli altri evangelici) non sono stati proprio coraggiosi come gli amici di Daniele nella fornace ardente6, ma vivevano in un momento in cui autorevoli osservatori dichiaravano che quella fornace non era poi tanto calda, oppure la trovavano addirittura interessan- te: tali erano per esempio Bernard Shaw, secondo il quale «l’one- sta dittatura fascista è meglio dell’ipocrita democrazia inglese», ed Emmanuel Mounier che tornava entusiasta da un congresso di giovani fascisti tenuto a Roma. A questi sublimi ingegni mi permetto di contrapporre Enrico Tron, pastore di San Germano Chisone e membro della Tavola valdese: Pietro Arca “appunta- to” dei carabinieri, aveva l’incarico di chiacchierare spesso con il pastore per farlo “cantare”. Tron aveva infatti fama di antifasci- sta filoinglese e aveva tenuto ostinatamente chiusa la sua chie- sa il giorno della proclamazione dell’impero fascista (9 maggio 1936). In paese c’era però un’altra chiesa, che aveva accolto il corteo dei labari fascisti… sfavillante di luci. Ma il pastore non “cantò” e invece l’appuntato Arca sposò un’evangelica e divenne poi, con la sua famiglia, membro fedele della chiesa valdese di Ivrea. La storia, come la vita, è infatti piena di imprevisti che non è il caso di trascurare.
Condivido invece una tesi che Viallet riprende da Mastro- giovanni ed è l’aperto antifascismo del giovane teologo Vittorio Subilia: il suo coraggio è stato confermato da recenti pubblica-
5 J.P. VialleT, La chiesa valdese di fronte allo Stato fascista, Torino, Claudiana, 1985.
6 Daniele 3,1-30.
zioni7 e rimane un monito per noi che viviamo in tempi quasi egualmente difficili.
Quest’anno corre il centesimo anniversario della nascita di Subilia: quando ricorderemo la sua (fondamentale) attività di pastore e di teologo, cercheremo di ricordarci anche del suo co- raggio civile.
Ringraziamenti
Si ringraziano Giorgio Bouchard, Sergio Coalova, Donatella Gay Rochat e Giulio Giordano per i suggerimenti dati alla stesura del libro.
Per la documentazione iconografica il nostro ringraziamento va a Sergio Benecchio, Marcella Gay, Anna Pennisi della Biblioteca comu- nale di Carrara, e Letizia Tomassone, pastora della Chiesa evangelica di Carrara.
INDICE
Prefazione di Giorgio Bouchard 7
La pietra della miseria 17
Con Garibaldi e Mazzini 33
L’immensità della fede 51
Una fede concreta 61
Le Valli della libertà 83
La fragilità dell’anima 99
Uno sperone roccioso 115
La collina della morte 137
La memoria dei giusti 155
Bibliografia essenziale 175
Indice dei nomi 179
SCHEDA. Jacopo Lombardini (1892-1945)
Di Agenzia NEV
Jacopo Lombardini nasce il 13 dicembre 1892 a Gragnana, frazione di Carrara, e viene ucciso nel campo di concentramento di Mauthausen il 25 aprile 1945, in una camera a gas, insieme ad altri giovani deportati, partigiani ed ebrei.
Figlio di Francesco Lombardini e Assunta Mussetti, Jacopo cresce in una famiglia poverissima di cavatori di marmo. Finite le elementari, Lombardini vuole continuare gli studi, che poi è costretto a interrompere, riuscendo tuttavia a ottenere la licenza magistrale. Studia inoltre per alcuni anni alla Facoltà di teologia di Roma, che abbandona nel 1924.
Dotato di una memoria prodigiosa, Lombardini è il maestro per antonomasia. La sua passione di educatore lo accompagnerà sempre, insieme alla sua straordinaria preparazione letteraria e storica. Il suo primo volume in rime esce quando Lombardini ha 16 anni, è quindi letterato, poeta, predicatore, scrittore. Scrive Giorgio Bouchard nella prefazione alla biografia “Il viandante della libertà“, curata da Lorenzo Tibaldo per Claudiana: “In questi libri, articoli, sermoni – visibilmente scritti e pensati da un toscano – affiorano costantemente due temi: la fede e la storia”.
La fede, anzi la “conversione” come da lui stesso definita, è arrivata nella vita di Lombardini con un sermone ascoltato nella chiesa metodista di Carrara. Di questa chiesa Lombardini sarà membro per quasi vent’anni. Il sermone è del pastore valdese Seiffredo Colucci, che quel giorno sostituisce il pastore titolare.
Del metodismo, prosegue Bouchard, il Lombardini “predicatore locale, evangelizzatore instancabile, fratello sereno e disponibile, porterà con sé per tutta la vita la tipica spiritualità del Risveglio metodista: la meditazione, la preghiera, l’apertura indiscriminata verso chiunque sia nel bisogno, l’attenzione costante ai problemi sociali. La storia, in cui pure Jacopo fu sempre politicamente impegnato, gli arrivò invece dalla scoperta delle Valli valdesi”.
La sua figura “rimane nel nostro cuore – come in quello di centinaia di partigiani, lavoratori, di studenti – come la parabola di una dialettica coniugazione tra fede evangelica e responsabilità politica, tra pietà e razionalità, tra fragilità dell’uomo e forza delle idee, tra sconfitta personale ed efficacia storica, in una parola: una vita vissuta unicamente per grazia, la vita di un discepolo di Gesù Cristo” scrive, sempre Bouchard, nella prefazione al volume “Un protestante nella resistenza: Jacopo Lombardini” di Salvatore Mastrogiovanni (Claudiana). In questo libro, ormai fuori catalogo, sono raccolte anche le trascrizioni di parti dei “Quaderni” di Lombardini. Tre “diari”, uno probabilmente affidato al defunto professore Samuele Tron, pubblicato dopo la guerra. Il secondo, rimasto sepolto sotto terra per molti mesi, poi restaurato dalla Biblioteca nazionale di Torino. Il terzo trovato addosso a Lombardini il giorno della cattura, usato dai suoi aguzzini per gli interrogatori e poi ritrovato a Pinerolo dai partigiani della divisione Val Chisone dopo la Liberazione. I Quaderni presentano e raccontano la Banda partigiana, gli aforismi, le storie, gli attacchi, le spedizioni, i bombardamenti, i compagni e le compagne di lotta.
9 aprile 1928, Bocca di Magra. Jacopo Lombardini fra i soci dell’Associazione Cristiana dei Giovani (ACDG), il corrispettivo italiano della Young Men’s Christian Association (YMCA). Immagine tratta dal libro “Un protestante nella resistenza: Jacopo Lombardini” di Salvatore Mastrogiovanni (Ed. Claudiana).
Nel 1915 Lombardini si iscrive al Partito repubblicano. Mazziniano convinto (in casa si affianca la croce al ritratto di Mazzini), scoppiata la Prima guerra mondiale, Lombardini inizialmente si dichiara interventista. Pronto ad affrontare anche la morte, viene riformato più volte e poi arruolato in fanteria. A giugno 1918, in virtù delle sue doti intellettuali, viene nominato propagandista e trattenuto al comando, praticamente senza mai entrare in trincea. A seguito della morte improvvisa del padre, rientra a Carrara poco prima della fine della guerra. Gli anni ’20 sono per Lombardini gli anni della conversione, ma anche quelli in cui il fascismo lo estromette dall’insegnamento per via delle sue opinioni politiche. Nel 1940 si trasferisce a Torino, diventa membro della Chiesa valdese e viene assunto come maestro nel Convitto valdese. Nel 1943 aderisce al Partito d’Azione e si unisce poi alla lotta partigiana. Partigiano disarmato, con il nome in codice di “Professore”, la sua lotta di Resistenza si esprime come commissario politico, continuando sia la predicazione evangelica sia la contro-informazione antifascista. Viene catturato nel rastrellamento del 24 marzo 1944 in Val Germanasca, dalle SS tedesche e da fascisti italiani. Lombardini è brutalmente torturato insieme a Giancarlo Levi, Emanuele Artom, Silvio Rivoir, Mariano Palmery e altri. Da Bobbio Pellice viene trasferito al carcere di Torino, poi a Fossoli, a Bolzano e il 5 agosto viene deportato al Campo di concentramento di Mauthausen, dove sopravvive per diversi mesi. Viene ucciso il 25 aprile 1945, proprio nel giorno della Liberazione.
Nel dopoguerra viene conferita la Medaglia d’argento alla memoria di Jacopo Lombardini, “Uomo di cultura e patriota di sicura fede fu, subito dopo l’armistizio, animatore infaticabile della lotta di liberazione in Val Pellice e in Val Germanasca, conosciuto ed amato dai giovani che andava ammaestrando nella fede alla Libertà ed alla Patria. Caduto in mani tedesche nel corso di un duro rastrellamento e crudelmente seviziato, manteneva contegno elevato ed esemplare affrontando sempre con cristiana serenità il duro calvario dei campi di concentramento. Barbaramente suppliziato chiudeva l’esistenza nel servizio dei più nobili ideali.”
Il 21 aprile 2023, su iniziativa di una classe del Liceo valdese di Torre Pellice e in collaborazione con altre realtà e istituzioni, viene scoperta una pietra d’inciampo in sua memoria.
A Lombardini sono state intitolate, fra l’altro, una scuola e il Centro Jacopo Lombardini di Cinisello Balsamo, prima “comune“, poi centro promotore di attività educative, culturali e di integrazione.