Jude STEFAN il Poeta tradotto da Sergio Solmi-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA-
Jude STEFAN tradotto da Sergio SOLMI
Biblioteca DEA SABINA-Jude STEFAN tradotto da Sergio SOLMI
Le liriche di Jude Stefan sono tratte da Libères, Paris, Gallimard, 1970; le traduzioni di Sergio Solmi da Quaderno di traduzioni II, Torino, Einaudi, “Collezione di Poesia”, 1977.
Le chiese defunte
Ogni domenica all’ora morta quando
traversano le piazze divagando
i cani quando non s’odono le nuvole
addormentate le dimore e la voce
d’umani incappellati
nei vuoti del giorno risuona si vede
un’ombra che s’incammina al rifugio del Dio
alta navata deserta dove le statue
pregano spettri nel silenzio dorato:
talvolta una panca vi crolla sollevando
polvere talvolta vi trema un cero
segnalando l’anima senza luogo talvolta
l’organo glorioso la leggendaria
disgrazia vi deplora.
Animali
Animali come i caprioli nella loro
rimessa solitaria il cavallo
che pascola o la civetta sulla trave
Voi pure vivete in corpi talvolta
di lunga vita fatti di carne e pelli
dove gli occhi farebbero credere perfino
a un’anima quando ci guardate
come noi animati ma il silenzio
vi salva dalla morte che in noi parla
accreditando la sua potenza e più giusti
passate più stabili ossami
senza ricordi.
Jude e Judith
E l’inverno Jude? L’inverno è oblio
della primavera ancora qui sotto la neve
dei lillà (o tempo bianco lugubre
uffizio come un bacio rassomiglia
all’odio violentato su belle
labbra abbiette di ladruncola schiacciata
contro un albero mentre rauche
in lento grido svolazzano le cornacchie
essa l’occhio e la carne io la loro sbattente
ossessione!). E questi giusti nomi
d’estate, autunno? La furia di maturare
poi di colpo appassire.
A Malherbe più che uomo
Dunque dopo tre quattro secoli in questo
vicolo ecco un neo-poeta intirizzito
cui la mente assiduo visitò l’illustre
poeta dello stadio del ginnasio e della dimora
ingiallita dove alto e pallido staziona
il suo profilo tra altri furtivi
spiando la sua preda. Malherbe è morto da lunghi
anni e la poesia delle rose ma rimane la sua casa severa
come lui drappeggiata nell’alterigia delle pietre.
Che laggiù l’Orne invernale si contempli
d’ombre riflettenti la bruma di cui
il velo le avviluppa fino al tempo
ch’esse rapite rivedano egli ha detto
il puro croco che il giorno conduce
dal mare.
Del tempo presente
Per pietà che mi si dia del tempo! Ma dove mai
sono gli istanti non fuggenti? Dove
siete voi bei segni del tempo voi qui
ragazze presenti Denise dalle mani
troppo rosse Agnese dai grossi polpacci
Viviane la silvestre la funebre Margot
Irene la gatta la linguetta rude
d’Agathe Bora? In quale paese di gesta
in quale anno di regno? Dove i vostri occhi quando
da lungi vi si chiama? Dove mai sono i momenti
presenti?
Congedo
E’ progressivamente scomparso il sole
repentino come capita l’ineluttabile
dopo il tempo dopo l’amore fino
alla morte stessa all’ovest una riga
di pioppi dove le nuvole fanno
lunga ombra verdastra e un tempo
gli uccelli volavano già in cielo?
Ora lo si riode il fiume lenta-
mente la bruma si dilata
ogni giorno per me cambiare la rosa
addio a parole come macerie e devastazione.
Le liriche di Jude Stefan sono tratte da Libères, Paris, Gallimard, 1970; le traduzioni di Sergio Solmi da Quaderno di traduzioni II, Torino, Einaudi, “Collezione di Poesia”, 1977.
Breve Biografia di -Stéfan, Jude. – Pseudonimo del poeta, saggista e novelliere francese (n. Pont-Audemer 1930) Jacques Dufour, che allude al romanzo di T. Jacques Dufour, e al joyciano Stephen Dedalus. Ha studiato diritto, filosofia e letteratura e le prime quattro opere poetiche, da Cyprès (1967) a Libères (1970), da Idylles a Cippes (1973), recepite in italiano nella scelta Poesie (1978),nascono nel clima sperimentale della rivista letteraria Tel Quel. Il massimo equilibrio fra la vena provocatoria e la componente elegiaca è colto in Alme Diane (1986; trad. it. 1999) e À la vieille Parque (1989), poesie che celebrano l’eros e la morte, in cui la versificazione appare originale. Parallelamente, è molta anche la produzione saggistica e narrativa, esemplificata dalle prose di Lettres tombales (1983; trad. it. 2005), mentre qualche segno di ripetizione mostrano le raccolte poetiche più recenti, da La Muse Province (2002) a Que ne suis-je Catulle (2010), che tuttavia confermano l’energia formale della sua arte fluida e priva di remore sentimentali.
Fonte Enciclopedia TRECCANI
Les feues églises
Chaque dimanche à l’heure morte où
parcourent les places en divaguant
les chiens quand on n’entend pas les
nuages que dorment les demeures et
que la voix d’humains enchapeautés
aux vides du jour résonne on voit
une ombre qui va au refuge du Dieu
haute nef déserte où les statues prient
des spectres en le silence doré:
parfois y tombe un blanc suscitant
la poussière parfois y tremble un cierge
signalant l’âme sans lieu parfois
y déplore le malheur légendaire l’orgue
de gloire.
Animaux
Animaux comme les chevreuils en leur
remise solitaire le cheval qui
paît ou sur la poutre la chouette
Vous aussi vivez en corps parfois
de longue vie faits de chairs et
peaux où les yeux feraient croire aussi
à une âme quand Vous nous regardez
comme nous animés mais le silence
vous sauve de la mort en nous qui parle
accréditant sa puissance et plus justes
Vous passez plus stables ossements sans
souvenirs.
Jude et Judith
– Et l’hiver Jude? – L’hiver est oubli
du printemps là encore sous la neige
des lilas (O temps blanc lugubre
ministère comme un baiser ressemble
à la haine violenté sur belles lè-
vres abjectes de maraude écrassée
contre un arbre tandis que rauques
en lent cri volettent les corneilles
elle l’oeil et la chair moi leur bat-
tante hantise!) – Et ces justes noms
d’été d’automne? – La passion de mûrir
puis de flétrir déjà.
À Malherbe mieux qu’homme
Après donc trois quatre siècles en cette
venelle voici un néo-poète et
transi que hanta l’illustre poète
du stade et du gymnase et de l’hôtel
jauni où pâle et haute stationne
sa silhouette parmi furtives autres
guettant sa proie. Malherbe est mort depuis
longues années et la poésie des
roses mais demeure sa maison sévère
drapée comme lui du dédain des pierres.
Que là-bas l’Orne d’hiver se mire
d’ombres réfléchissant sa brume dont
le voile les enveloppe jusqu’au temps
ravies qu’elles revoient a-t-il dit
ce pur safran par le jour apporté
de la mer.