James Joyce -“I MORTI” in “GENTE DI DUBLINO”-Articolo di Giusy Antonacci-Giunti Editore-Biblioteca DEA SABINA
Biblioteca DEA SABINA
James Joyce -“I MORTI” in “GENTE DI DUBLINO”-
Articolo di Giusy Antonacci-Giunti Editore-
Articolo di Giusy Antonacci–Altamente poetico e toccante è l’epilogo dell’ultimo racconto di “Gente di Dublino”, dal titolo “I morti”, in cui James Joyce :”ritrae l’Irlanda sotto la neve, metafora della condizione umana:La neve cadeva su ogni punto dell’oscura pianura centrale, sulle colline senza alberi, cadeva lenta sulla palude di Allen e, più a ovest, sulle onde scure e tumultuose dello Shannon. Cadeva anche sopra ogni punto del solitario cimitero sulla collina, dove era sepolto Michael Furey. Si accumulava fitta sulle croci contorte e sulle lapidi, sulle punte del cancelletto, sui roveti spogli.
La sua anima si dissolse lentamente nel sonno, mentre ascoltava la neve cadere lieve su tutto l’universo, come la discesa della loro ultima fine, su tutti i vivi e su tutti i morti”.
A guardare la neve è Gabriel, marito di Gretta, mentre si trova davanti alla finestra dell’albergo in cui era rientrato con lei dopo una festa di Natale, piena di balli, cibi buoni, musica e luoghi comuni sull’ospitalità irlandese.
La moglie, a fine festa, aveva cambiato all’improvviso atteggiamento, rivelando al marito che le note di una canzone le avevano rievocato la memoria del suo amore giovanile per Michael Furey, ammalatosi e morto per lei.
Dopo aver pianto, Gretta si addormenta mentre Gabriel vede Dublino innevata.
L’uomo si sente più isolato che mai poiché percepisce la presenza di un fantasma del passato, la distanza di sua moglie, ma soprattutto la frattura fra di loro, in realtà sempre esistita sotto la superficie dorata di famiglia felice.
La neve, che avvolge la città in un manto di silenzio, è per lui un’epifania, la rivelazione di un’esistenza insignificante in cui l’essenza delle cose è rimasta nascosta al suo vivere cieco.
Ora, Gabriel guarda per la prima volta la sua desolata esistenza in una Dublino provinciale paralizzata.
La neve cade sulla sua solitudine incomunicabile, sul suo senso di alienazione e isolamento, e si sente soffocato da un’esistenza senza slanci. Avverte le anime dei vivi sfiorare quelle dei morti e scomparire i confini tra mondo terreno e aldilà sotto il candore della neve.
Egli riflette sulla sua vita mediocre e sbiadita, sulla moglie, sul suo rapporto con gli altri e, nonostante il suo rivale sia morto, si rende conto di non aver vissuto mai una vita piena, di non aver sperimentato mai un amore così profondo come quello di Gretta e Michael.
Quella neve rappresenta le sue ma anche tutte le debolezze umane e l’impossibilità di rifugiarsi nelle certezze che ciascun uomo ha.
Proprio questo epilogo è stato scelto da Almodovar per il finale del film “La stanza accanto”, Leone d’oro al Festival di Venezia 2024, in cui il regista tratta un tema delicato e si interroga sul fine della vita.
Ingrid, amica della protagonista che non c’è più, mentre guarda cadere la neve, recita le parole di Joyce, accettando sia la vita sia la morte poiché, come tutto scompare sotto la neve così scompare la vita e sopraggiunge la morte, che è intrinseca alla vita stessa.
Bibliografia:James Joyce, Gente di Dublino, versione integrale, Giunti Editore