Ingeborg Bachmann “Invocazione all’Orsa Maggiore”Adelphi Edizioni-Biblioteca DEA SABINA
Ingeborg Bachmann “Invocazione all’Orsa Maggiore”
Edizione con testo a fronte a cura di Luigi Reitani-Con una Nota di Hans Höller
ADELPHI EDIZIONI-MILANO
Risvolto
Nell’agosto 1956, in vista della pubblicazione di questa raccolta poetica, destinata a diventare celebre, Ingeborg Bachmann scriveva al redattore che si stava occupando del volume: «Sarei grata se nel risvolto non si desse la possibilità ai critici di “inchiodarmi” a un’interpretazione anticipata o simili». Le preoccupazioni dell’autrice non erano infondate, e difatti non mancò chi cercò di ricondurre Invocazione all’Orsa Maggiore agli schemi della critica letteraria dell’epoca. Tentativi peregrini, perché davvero nessuna categoria poteva attagliarsi alla poesia di quella giovane austriaca che già con la precedente raccolta si era imposta, nelle parole dello «Spiegel», come «la più importante poetessa tedesca del dopoguerra». Una poesia multiforme, cangiante, dove classico e moderno si fondono in versi ora audaci e spigolosi ora di chiara musicalità, e lo sguardo della Bachmann si mostra attento a cogliere la violenza della realtà e il dolore, in particolare nei paesaggi italiani, luminosi e arcaici, feriti e vitali, lontanissimi dai cliché della tradizione classico-romantica: «Nel mio paese primogenito, nel sud / mi assalì la vipera / e nella luce l’orrore». Un dolore che dev’essere accettato, reso concreto, se vogliamo superare i confini che ci vengono imposti e tendere all’impossibile, all’irraggiungibile, «sia esso l’amore, la libertà o qualsiasi entità pura». Se vogliamo diventare vedenti, sensibili al vero, il che implica smascherare le parole della frode, gli abusi di cui sono portatrici, affidandoci al linguaggio salvifico della poesia: «Vieni, grazia di suono e di fiato, / fortifica questa bocca, / quando la sua debolezza / ci atterrisce e frena. // Vieni e non ti negare, / poiché noi siamo in lotta con tanto male».
DAS SPIEL IST AUS
Mein lieber Bruder, wann bauen wir uns ein Floß und fahren den Himmel hinunter|
Mein lieber Bruder, bald ist die Fracht zu groß und wir gehen unter.
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Mein lieber Bruder, dann will ich an den Pfahl 10 gebunden sein und schreien.
Doch du reitest schon aus dem Totental und wir fliehen zu zweien.
Wach im Zigeunerlager und wach im Wüstenzelt, es rinnt uns der Sand aus den Haaren,
dein und mein Alter und das Alter der Welt
mißt man nicht mit den Jahren.
Laß dich von listigen Raben, von klebriger Spinnenhand und der Feder im Strauch nicht betrügen,
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Mein lieber Bruder, wir zeichnen aufs Papier viele Länder und Schienen.
Gib acht, vor den schwarzen Linien hier fliegst du hoch mit den Minen.
IL GIOCO È FINITO
Mio caro fratello, quando costruiremo una zattera per scendere giù lungo il cielo|
Mio caro fratello, presto sarà il carico immenso
e noi affonderemo.
Mio caro fratello, sul foglio tracciamo molti paesi e binari.
Sta’ attento, su quelle linee nere
con le mine potresti saltare.
Mio caro fratello, poi voglio gridare legata stretta al palo.
Ma tu già cavalchi dalla valle dei morti e insieme fuggiamo.
Desti nel campo di zingari e desti in tenda nel deserto, scorre sabbia dai nostri capelli,
la tua, la mia età e l’età della terra
non si misura con gli anni.
Non lasciarti ingannare dall’astuzia dei corvi,
da una zampa vischiosa di ragno, dalla penna nel rovo,
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iß und trink auch nicht im Schlaraffenland,
20 es schäumt Schein in den Pfannen und Krügen.
Nur wer an der goldenen Brücke für die Karfunkelfee das Wort noch weiß, hat gewonnen.
Ich muß dir sagen, es ist mit dem letzten Schnee
im Garten zerronnen.
25 Von vielen, vielen Steinen sind unsre Füße so wund. Einer heilt. Mit dem wollen wir springen,
bis der Kinderkönig, mit dem Schlüssel zu seinem Reich
uns holt, und wir werden singen:
im Mund,
Es ist eine schöne Zeit, wenn der Dattelkern keimt! 30 Jeder, der fällt, hat Flügel.
Roter Fingerhut ist’s, der den Armen das Leichentuch säumt, und dein Herzblatt sinkt auf mein Siegel.
Wir müssen schlafen gehn, Liebster, das Spiel ist aus. Auf Zehenspitzen. Die weißen Hemden bauschen. Vater und Mutter sagen, es geistert im Haus,
wenn wir den Atem tauschen.
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nel paese di cuccagna non mangiare e non bere, schiuma apparenza da padelle e bicchieri.
Solo chi al ponte d’oro, per la fata rubino la parola sa ancora, ha vinto.
Devo dirti che con l’ultima neve
si è sciolta in giardino.
Han piaghe i nostri piedi per molte e molte pietre.
Uno è sano. Con lui salteremo,
$nché il re dei fanciulli con in bocca la chiave del regno non ci prenda con sé e noi canteremo:
È una bella stagione, quando il dattero è in $ore! Chi cade ha le ali.
Purpurea digitale orla il sudario dei poveri,
e il tuo tesoro sul mio sigillo come foglia cala.
Si va a dormire, caro, il gioco è $nito.
In punta di piedi. Si gon$ano le camicie bianche. Papà e mamma dicono che ci sono i fantasmi quando scambiamo il respiro.
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VON EINEM LAND, EINEM FLUSS UND DEN SEEN
I
Von einem, der das Fürchten lernen wollte
und fortging aus dem Land, von Fluß und Seen, zähl ich die Spuren und des Atems Wolken, denn, so Gott will, wird sie der Wind verwehn!
5
Er fühlte seine Welle ausgeschrieben,
10 eh sie ihn wegtrug und ihm Leid geschah;
sie sprang im See auf und sie schwang die Wiege, in die sein Sternbild durch die Schleier sah.
Er schüttelte und trat die tauben Nüsse,
den Hummeln schlug er schärfre Töne vor, 15 und Sonntag war ihm mehr als Glockensüße –
Sonntag war jeder Tag, den er verlor.
Er zog den Karren aus verweichten Gleisen, von keinem leichten Rädergang verführt,
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Zähl und halt ein – sie werden vielen gleichen. Die Lose ähneln sich, die Odysseen.
Doch er erfuhr, daß, wo die Lämmer weiden, schon Wölfe mit den Fixsternblicken stehn.
DI UNA TERRA, UN FIUME E DEI LAGHI
I
Di uno che il temere volle apprendere,
la terra abbandonando, il $ume e i laghi, conto le tracce e le nubi del respiro, giacché (se vuole Iddio) li sperde il vento!
Conta e poi smetti – a molte sono uguali. Somigliano i destini, le odissee.
Ma egli apprese che ai pascoli d’agnelli già stanno lupi, con $ssi occhi di stelle.
Ancora prima che lo sollevasse, sentì che la sua onda si annunciava: balzava nel lago scuotendo la culla da cui traspariva la sua stella.
Scuoteva e calpestava vuote zucche,
ai grilli suggeriva toni aspri,
e più che un dolce suono di campane, domenica era ogni giorno che perdeva.
Smosse il carretto dai binari storti, ignorando ogni facile sentiero,
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beim Aufschrei, den die Wasser weiterreichten 20 an Seen, vom ersten Steinschlag aufgerührt.
Doch sieben Steine wurden sieben Brote,
als er im Zweifel in die Nacht entwich;
er tauchte durch den Duft und streute Krumen im Gehn für den Verlornen hinter sich.
25 Erinnre dich! Du weißt jetzt allerlanden: wer treu ist, wird im Frühlicht heimgeführt. O Zeit gestundet, Zeit uns überlassen!
Was ich vergaß, hat glänzend mich berührt.
II
Im Frühlicht rücken Brunnen in die Mitte, der Pfarrer, das Brevier, der Sonntagsstaat, die kalten Pfeifen und die schwarzen Hüte, Leib, Ehr und Gut vor allerhöchsten Rat.
5 Untätig steht der Fluß, die Weiden baden, die Königskerzen leuchten bis ins Haus, das schwere Essen ist schon aufgetragen, und alle Sprüche gehn auf Amen aus.
Die Nachmittage, hell und ungeheuer –
10 die Nadel springt im Strumpf, Gewöll zerreißt,
und das Geschirr der Pferde wird gescheuert, bis eins erklirrt, mit dem Fallada reist.
Die Alten liegen in den dumpfen Stuben,
das Testament im Arm, im zweiten Schlaf, 15 und ihre Söhne zeugen wortlos Söhne
mit Mägden, die der Gott als Regen traf.
Gestillte Lippen und gestillte Augen –
die Raupen hängen eingepuppt im Schrein,
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nel grido portato dalle acque
nei laghi, mossi dalla prima pietra.
Ma sette pietre furon sette pani, quando nel dubbio fuggì nella notte; si immerse nell’aroma e sparse briciole andando per i perduti alle sue spalle.
Ricorda! Ormai hai saputo in ogni terra:
chi è fedele è condotto a casa all’alba.
O tempo dato in proroga, tempo a noi af$dato! Ciò che scordai radioso mi ha toccato.
II
Si fanno al centro le fontane all’alba,
il breviario il prete il vestito a festa,
le pipe fredde ed i cappelli neri, persona onore e beni al gran consiglio.
Fermo sta il $ume, i salici si bagnano, la luce dei verbaschi giunge in casa, il pingue pasto è già portato in tavola e ogni versetto termina con l’amen.
I pomeriggi, luminosi e immani –
le calze e l’ago, si lacera la borra,
si lustrano le briglie dei cavalli,
$nché una scricchiola e Fallada parte.
Giacciono i vecchi nelle cupe stanze,
il Testamento in mano, nella siesta,
e i $gli procreano taciti altri $gli,
con serve, su cui il Dio posò qual pioggia.
Placate labbra e placati occhi – pendono i bruchi, crisalidi, in armadio,
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und Dunggeruch steigt mit den Fliegentrauben 20 bei früher Dämmrung durch die Fenster ein.
Am Abend Stimmenauflauf an den Zäunen, Andacht und Rosen werden laut zerpflückt, die Katzen scheuchen auf aus ihren Träumen, und rote Mieder hat der Wind verrückt.
25 Die Zöpfe lösen sich, die Schattenpaare
im Nebel auf, vom nahen Hügel rollt
der unfruchtbare Mond, besetzt die Äcker und nimmt das Land für eine Nacht in Sold.
III
Dem Hügelzug ist eine Burg geblieben, vom Berg geschützt, der Felsen um sie stellt, den Geier ausschickt mit dem Krallensiegel, dem Königswappen, eh sie ganz verfällt.
5
Der stiftet Brand, dem sie zu dritt befehlen,
10 der mordet, den ein schwarzes Haar umschlingt,
und wer den Stein aufhebt, wird selber sterben, noch diesen Abend, eh die Amsel singt.
Die unbeschuhten Geister auf den Zinnen,
der unbewehrte Leichnam im Verließ,
15 im Gästebuch die Namen der Beschauer –
die Nacht vertuscht sie, die uns kommen hieß.
Sie schlägt den Erdplan auf, verschweigt die Ziele; sie trägt die Zeit als eine Eiszeit ein,
22
Es sind drei Tote hinterm Wall verborgen;
von einem weht vom Wachtturm noch das Haar, von einem heißt es, daß er Steine schleudert, von einem, daß er doppelköp$g war.
e odore di concime con le mosche, quand’è tramonto dalle $nestre entra.
Voci serali si affollano ai recinti, preghiere e rose vengono sfogliate, la gatta si risveglia spaventata, corsetti rossi ha scomposto il vento.
Si sciolgono le trecce, in nebbia coppie ombrose, dal vicino colle rotola
la luna sterile e occupa i poderi,
per una notte assolda la campagna.
III
Ancora i monti in vetta hanno un castello, protetto dalle rocce strette intorno,
dagli avvoltoi, con artigli a sigillo
e il real stemma, prima che rovini.
Tre morti son celati dal bastione;
di uno ondeggia la chioma dalla torre, di un si dice che scaraventi massi,
di un si narra che due teste avesse.
Incendio appicca, colui che in tre comandano, è un assassino, colui che nere chiome stringono, e chi solleva il masso morirà,
già questa sera, prima che il tordo canti.
Gli spiriti sui merli a piedi nudi, nella segreta la salma senza armi, degli ospiti i nomi nel registro – cela la notte che ci invitò a venire.
La notte apre le mappe, tacendo le mete; registra l’era come era glaciale,
23
die Schotterstege über die Moränen,
20 den Weg zu Grauwack und zu Kreidestein.
Die Drachenzeichnung lobt sie und die Festung, vom Faltenwurf der frühen Welt umwallt,
wo oben unten war und unten oben.
Die Scholle tanzt noch überm blauen Spalt.
25 Ins Schwemmland führt die Nacht. Es schwemmt uns wieder ins Kellerland der kalten neuen Zeit.
So such im Höhlenbild den Traum vom Menschen!
Die Schneehuhnfeder steck dir an das Kleid.
IV
In andren Hüllen gingen wir vorzeiten,
du gingst im Fuchspelz, ich im Iltiskleid; noch früher waren wir die Marmelblumen, in einer tiefen Tibetschlucht verschneit.
5
10
15
Wir standen zeitlos, lichtlos in Kristallen und schmolzen in der ersten Stunde hin, uns überrann der Schauer alles Lebens, wir blühten auf, bestäubt vom ersten Sinn.
Wir wanderten im Wunder und wir streiften die alten Kleider ab und neue an.
Wir sogen Kraft aus jedem neuen Boden und hielten nie mehr unsren Atem an.
Wir waren leicht als Vögel, schwer als Bäume, kühn als Delphin und still als Vogelei.
Wir waren tot, lebendig, bald ein Wesen
und bald ein Ding. (Wir werden niemals frei!)
Wir konnten uns nicht halten und wir zogen in jeden Körper voller Freude ein.
24
le scie di ghiaia lungo le morene, la via al grovacco, al sasso di creta.
Loda il disegno del drago e la rocca
cinta dai drappi del mondo di ieri,
quando l’alto era il basso e il basso l’alto.
La zolla danza ancora sul crepaccio azzurro.
Terra in diluvio destina a noi la notte. Ci trascina nella cantina del nuovo glacial tempo.
Nel dipinto della caverna cerca il sogno dell’uomo! In$lati sull’abito la penna del lagopo.
IV
Sotto altre spoglie andavamo un tempo, tu in volpe, io in abito da puzzola; fummo ancor prima $ori di marmo, nevosi in una gola tibetana.
Cristalli senza luce e senza tempo
ci liquefammo nella prima ora,
ci avvolse il brivido della vita intera, $orimmo nel polline del primo senso.
Viandanti nel miracolo lasciammo
i vecchi panni per indossarne nuovi. Succhiammo forza da ogni nuovo suolo e mai più il nostro respiro s’arrestava.
Leggeri uccelli fummo e gravi alberi, del$ni audaci e mute uova d’uccello. Morti e poi vivi, un essere eravamo,
e poi una cosa. (Mai saremo liberi!)
Senza poter fermarci migravamo in ogni corpo pieni di gran gioia.
25
(Und niemand sag ich, was du mir bedeutest – 20 die sanfte Taube einem rauhen Stein!)
Du liebtest mich. Ich liebte deine Schleier,
die lichten Stoffe, die den Stoff umwehn,
und ohne Neugier hielt ich dich in Nächten. (Wenn du nur liebst! Ich will dich ja nicht sehn!)
25 Wir kamen in das Land mit seinen Quellen. Urkunden fanden wir. Das ganze Land,
so grenzenlos und so geliebt, war unser.
Es hatte Platz in deiner Muschelhand.
V
Wer weiß, wann sie dem Land die Grenzen zogen und um die Kiefern Stacheldrahtverhau|
Der Wildbach hat die Zündschnur ausgetreten, der Fuchs vertrieb den Sprengstoff aus dem Bau.
5
Wo anders sinkt der Schlagbaum auf den Pässen; 10 hier wird ein Gruß getauscht, ein Brot geteilt.
Die Handvoll Himmel und ein Tuch voll Erde bringt jeder mit, damit die Grenze heilt.
Wenn sich in Babel auch die Welt verwirrte,
man deine Zunge dehnte, meine bog –
15 die Hauch- und Lippenlaute, die uns narren,
sprach auch der Geist, der durch Judäa zog.
Seit uns die Namen in die Dinge wiegen, wir Zeichen geben, uns ein Zeichen kommt,
26
Wer weiß, was sie auf Grat und Gipfel suchten| Ein Wort| Wir haben’s gut im Mund verwahrt; es spricht sich schöner aus in beiden Sprachen und wird, wenn wir verstummen, noch gepaart.
(E tacerò cosa per me tu sia –
mite colomba per la pietra scabra!)
Mi amavi. Io amavo i veli tuoi,
le lievi stoffe che la stoffa librano,
e discreta la notte ti stringevo.
(Se solo ami! Vederti non pretendo!)
Giungemmo nel paese delle fonti. Trovammo gli atti. Il paese intero, così amato, scon$nato, ora era nostro. Trovava posto nella tua mano a conca.
V
Chissà quando tracciarono i con$ni, e intorno ai pini un $lo spinato|
Il torrente ha sommerso la miccia, la volpe tolse l’esplosivo dalla tana.
Chissà cosa cercarono su in cima|
Una parola| In bocca la serbiamo;
più bella suona in tutte e due le lingue, e, noi muti, sarà appaiata ancora.
Cala una sbarra altrove sopra i passi; qui ci si scambia il pane ed un saluto. Un lembo di terra e un pugno di cielo ognuno porta, perché il con$ne sani.
E se a Babele il mondo si confuse,
fu gon$a la tua lingua e la mia curva – le beffarde aspirate e le labiali,
parlò lo Spirito lungo la Giudea.
Da quando i nomi ci cullan nelle cose, facciamo un segno e ci risponde un segno,
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ist Schnee nicht nur die weiße Fracht von oben, 20 ist Schnee auch Stille, die uns überkommt.
Daß uns nichts trennt, muß jeder Trennung fühlen; in gleicher Luft spürt er den gleichen Schnitt.
Nur grüne Grenzen und der Lüfte Grenzen vernarben unter jedem Nachtwindschritt.
25 Wir aber wollen über Grenzen sprechen,
und gehn auch Grenzen noch durch jedes Wort: wir werden sie vor Heimweh überschreiten
und dann im Einklang stehn mit jedem Ort.
VI
Der Schlachttag naht mit hellem Messerwirbel, die matten Klingen schleift der Morgenwind, und aus der Brise gehn gestärkt die Schürzen der Männer, die ums Vieh versammelt sind.
5
Es wollen hier die Toten leichter wiegen, 10 denn das Lebendige, dem Blut nicht fehlt,
– und mehr als Leben wehrt sich auf der Waage! – gibt hier den Ausschlag, den kein Zeiger zählt.
Drum meid die Hunde mit den heißen Lefzen
und den Gemeinen, der mit rohem Blut 15 sich volltrinkt, bis es Schatten übersetzen
in schwarzer Lachen herrenloses Gut.
Und einen Blutsturz später: Wangenflecken –
die erste Scham, weil Schmerz und Schuld bestehn
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Die Stricke werden fester angezogen,
die Mäuler schäumen, und die Zunge schwimmt; der Nachbar sorgt für Salz und Pfefferkörner, und das Gewicht der Opfer wird bestimmt.
la neve non è solo un bianco carico, è neve anche la quiete che ci assale.
Perché nulla ci separi, è d’obbligo il distacco; nell’aria uguale si sente il taglio uguale. Dell’aria son solo i con$ni,
di notte il vento a passi li rimargina.
Ma noi vogliam parlare di con$ni,
e siano i con$ni pur in ogni parola: per nostalgia li attraverseremo
e saremo in armonia con ogni luogo.
VI
In un lucente gorgo di coltelli, il giorno del macello s’avvicina, le lame opache il vento del mattino af$na
e per la brezza vanno inamidati
grembiali d’uomini, che attorniano il bestiame.
Più stretto si fa il cappio intorno al collo, schiumano i musi e la lingua annaspa; procura il vicino sale e pepe,
e il peso della vittima è $ssato.
Qui i morti peseranno meno,
giacché la vita, a cui sangue non manca, – e più che vita arranca alla bilancia! – segna quel tanto, che l’ago non registra.
Evita dunque ardenti labbra di cani
e il per$do, che nel crudo sangue s’abbevera, $nché ombre il sangue menano in un bene di pozze nere abbandonato.
Sbocca altro sangue: chiazze sulle guance – la prima vergogna, per dolore e colpa
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und Eingeweide ausgenommner Tiere 20 in Zeichen erster Zukunft übergehn;
weil süßem Fleisch und markgefüllten Knochen ein Atem ausbleibt, wo der deine geht.
Den Ahnenrock am abgestellten Rocken
hat unversehens Spinnweb überweht.
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Die Augen gehen über. Jahre sinken.
Die junge Braue fühlt den weißen Stift. Und die Gerippe steigen aus dem Anger, die Kreuze mit der dürren Blumenschrift.
VII
Zum Fest sind alle Seelen rein gewaschen, der Bretterboden wird gelaugt vorm Tanz, die Kinder hauchen gläubig in das Wasser, am Halm erscheint der schöne Seifenglanz.
5
10
holt er vorm Anlauf, vor dem neuen Mond; 15 die Samen und die Funken gehn zu Sternen,
und sie erfahren, was im Himmel lohnt.
Die Schüsse überfliegen Tannenzüge.
Ein Schuß fällt immer, der im Fleisch verhallt.
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Der Maskenzug biegt um die Häuserzeile, Strohpuppen torkeln an die Weizenwand, die Reiter sprengen über Blumenbarren, und die Musik zieht in das Sommerland.
Maultrommeln klagen zu den Flötenstimmen. Die Axt der Nacht fällt in das morsche Licht. Der Krüppel reicht den Buckel zum Be$ngern. Der Idiot entdeckt sein Traumgesicht.
Der Holzstoß flammt: die Werke und die Tage
e gli intestini di bestie sventrate trapassano qual segni del futuro;
poiché alla carne dolce e alle ossa piene manca il respiro, là dove il tuo si muove. La ragnatela coprì all’improvviso l’abito avito sulla conocchia smessa.
Gli occhi traboccano. Anni si inabissano.
Il sopracciglio giovane avverte la matita bianca. E dal sagrato salgono gli scheletri,
le croci scritte con $ori disseccati.
VII
Ogni anima è lustra per la festa,
prima del ballo liscivia sterge il palco, fanciulli in acqua pie preghiere mormorano, e sapone scintilla sull’orlo della canna.
Il corteo di maschere gira tra le case,
i fantocci oscillano sul muro di grano, i cavalieri saltano barriere di $ori,
e va la musica nel paese estivo.
Scacciapensieri insieme a flauti piangono. La scure della notte cala sulla luce fradicia. Lo storpio offre la gobba da toccare. L’idiota scopre il suo viso ideale.
S’in$amma la catasta: opere e giorni
si porta via, prima dell’inizio e della luna nuova; semi e scintille si levano alle stelle
e imparano quel che ripaga in cielo.
Gli spari sorvolano le $le degli abeti. Uno si spegne sempre nella carne.
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