Marco De Paolis e Paolo Pezzino- Monte Sole Marzabotto
Il processo, la storia, i documenti
Viella Libreria Editrice-Roma
SINOSSI
La strage di Monte Sole – più conosciuta con il nome del comune dove è stato costruito il sacrario, Marzabotto – è l’eccidio più sanguinoso compiuto dai tedeschi in Italia durante l’occupazione nazista del nostro Paese. Tra il 28 settembre e il 5 ottobre del 1944, in un’operazione formalmente presentata come rastrellamento antipartigiano, vennero sterminate intere comunità situate nell’altopiano fra le Valli del Reno e del Setta: furono quasi 800 i civili uccisi, per lo più bambini, donne e anziani.
Insieme alla strage di Sant’Anna di Stazzema, quella di Monte Sole è diventata, agli inizi degli anni Duemila, il simbolo di una nuova e singolare stagione giudiziaria relativa agli eccidi nazifascisti compiuti in Italia tra il 1943 e il 1945 che, oltre a rappresentare una importante svolta nella metodologia e nella giurisprudenza, ha fornito preziosi materiali agli storici, consentendo l’acquisizione di documenti e testimonianze inedite.
Per quanto tardivo il processo per la strage – celebrato nel 2006 presso il Tribunale militare di La Spezia – ha permesso di individuare, processare e condannare decine di criminali di guerra sottrattisi per oltre sessant’anni alla giustizia.
INDICE
Paolo Pezzino, Monte Sole Marzabotto: il racconto di un massacro
Marco De Paolis, Monte Sole Marzabotto: l’indagine, il processo
Documenti
1. Copertina esterna del fascicolo REDER
2. Copertina interna del fascicolo REDER
3. Copertina del fascicolo n. 1937 Reg. Gen. rinvenuto nel 1994 a Palazzo Cesi (nel c.d. armadio della vergogna) sul caso di Marzabotto
4. Copertina del fascicolo del Proc. n. 373/96/ign della Procura militare di La Spezia sul caso di Marzabotto
5. Lettera della Procura Generale Militare presso la Corte Militare di Appello di trasmissione alla Procura militare di La Spezia del fascicolo relativo a Marzabotto rinvenuto nel 1994 a Palazzo Cesi
6. Richiesta PM di rinvio a giudizio nel Proc. n. 279/04/RNR relativo al caso di Marzabotto
7. Elenco generale delle dichiarazioni di testimoni e imputati nei processi Reder e di La Spezia sul caso di Marzabotto
AUTORI
Marco De Paolis ha diretto la Procura militare della Repubblica di La Spezia dal 2002 al 2008 e quella di Roma dal 2010 al 2018, istruendo oltre 500 procedimenti per crimini di guerra durante il secondo conflitto bellico mondiale. È stato pubblico ministero, tra gli altri, nei processi per le stragi nazifasciste di Sant’Anna di Stazzema, Civitella Val di Chiana, Monte Sole Marzabotto, Cefalonia. Attualmente dirige la Procura Generale Militare presso la Corte Militare di Appello.
Paolo Pezzino è stato professore ordinario di Storia contemporanea presso l’Università di Pisa e dal giugno 2018 è Presidente dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri – Rete degli istituti per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea. Ha collaborato come consulente tecnico d’ufficio con la Procura militare di La Spezia nelle indagini sulle stragi di civili in Italia nella seconda guerra mondiale. Ha diretto il progetto per un Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia, 1943-1945 (2013-2016), promosso dall’Anpi e dall’Istituto Nazionale Ferruccio Parri.
AMATRICE-Venerdì 28 luglio2023- l’inaugurazione del Museo di Amatrice (il cui sito “Sala Brignano” è stato realizzato grazie alla generosità dell’attore Enrico Brignano), museo dedicato alla storica dell’arte Floriana Svizzeretto, scomparsa il 24 agosto 2016 nel crollo della sua abitazione di Amatrice, che comprende oltre cinquanta opere d’arte tra dipinti, sculture, suppellettili sacre e elementi d’arredo.
Venerdì 28 luglio quindi, importante giornata dedicata alla cultura. Alle ore 17,00 presso l’Auditorium della Laga sarà presentato, il catalogo “Bellezze rinate” (Campisano editore), contenente le schede delle opere restaurate esposte, più saggi che ne illustrano la mission.
Seguiranno le visite al Museo, adiacente al Comune e al Laboratorio di Rinascita presso l’Area del Gusto, col suggestivo e attesissimo momento musicale dall’alto valore simbolico: il recupero, grazie al restauro eseguito dal ministero della Cultura-Art Bonus, dell’organo della Chiesa del Suffragio, uno strumento datato 1777, che per l’occasione sarà suonato dal maestro Luca Grosso.
«La nostra storia torna a casa. Per noi l’apertura del Museo – ha dichiarato il sindaco Giorgio Cortellesi – è il frutto virtuoso di un impegno e di un’azione collettiva succeduti nel tempo, grazie alla generosità dell’attore Brignano, della Fondazione Vega che ha provveduto agli infissi e ai vetri. E ancora, al Comitato Perdonanza 2017, al ministero della Cultura, alla Sovraintendenza, alla Fondazione Varrone e della volontà dell’Amministrazione che ha finanziato il Catalogo. Professionisti che si sono adoperati per far ripartire un archivio vivente, quale è e sarà il Museo di Amatrice. Recuperare, dare nuova vita al nostro patrimonio storico, artistico, architettonico, strettamente legato all’identità di una comunità, vuol dire attingere al passato e rinascere guardando al futuro».
PROGRAMMA 28 LUGLIO, INAUGURAZIONE MUSEO DI AMATRICE – PRIMA PARTE – Auditorium della Laga, ore 17
SALUTI ISTITUZIONALI:
Giorgio Cortellesi, Sindaco di Amatrice
Gennaro Capo, Prefetto di Rieti
Paolo Iannelli, Soprintendente Speciale per le aree colpite dal sisma del 24 agosto 2016
Lisa Lambusier, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti
Mauro Trilli, Presidente della Fondazione Varrone
Vescovo di Rieti, Mons. Vito Piccinonna
INTERVENTI:
Brunella Fratoddi, curatrice dell’allestimento e del catalogo
Giuseppe Cassio, direttore scientifico del Museo, storico dell’arte della Soprintendenza
Monica Minati e Margherita Fratarcangeli, collaboratrici storiche dell’arte della Soprintendenza e autrici delle schede pubblicate nel catalogo Campisano Editore.
A seguire visita contingentata di massimo 15 persone alla volta al Museo.
SECONDA PARTE – AREA DEL GUSTO: Laboratorio di Rinascita
Presentazione musicale dell’organo a canne realizzato nel 1777 da Adriano Fedri Fedeli e proveniente dalla chiesa di Santa Maria del Suffragio di Amatrice.
INTRODUCE: Giuseppe Cassio – Direttore dei Lavori
INTERVENTO: Claudio Pinchi – Restauratore
Esecuzioni musicali in prima assoluta dopo il restauro: Maestro Luca Grosso
Brani di: Domenico Zipoli e Antonio Vivaldi
Presentazione del laboratorio di restauro: Stefania Zucconi
Contigliano- 28 luglio 2023-Dopo il successo dello scorso anno, nella giornata di domenica 30 luglio a partire dalle ore 9.30, come anticipazione dei festeggiamenti della storica manifestazione “Assalto al Castello“, Contigliano si prepara a fare un tuffo nel medioevo accogliendo figuranti e circa 160 arcieri in costume provenienti da tutta Italia i quali si sfideranno in una gara nazionale di tiro con l’arco del circuito L.A.M.
L’evento, organizzato dal “Gruppo Arcieri dell’Ariete”, dall’Associazione sportiva culturale “Nonna Papera”, dall’Associazione “Arcieri Civitas Ducalis”, dall’Associazione “Arcieri della Dama bianca di Poggio Catino” e patrocinato dal Comune di Contigliano, si svolgerà su un percorso itinerante nelle strade principali e secondarie di Contigliano dove saranno collocate 15 piazzole con bersagli di tiro appositamente realizzati, alcuni dei quali richiamanti la cultura e la tradizione contiglianese.
A seguire, alle 16.30, presso il Parco di Villa Franceschini di Contigliano, si svolgerà il “Campionato nazionale per città” di tiro con l’arco medievale.
Cinema -L’Attore Adolfo Celi nasceva a Messina il 27 luglio 1922-
Il 27 luglio 1922 nasceva a Messina Adolfo Celi, ottimo attore di cinema e televisione ma anche discreto regista cinematografico.
Con il suo fisico imponente, gli occhi azzurri taglienti e il naso decisamente aquilino, Celi fu per molti anni uno dei pochi attori internazionali del cinema italiano: non un mattatore protagonista, come i divi della commedia all’italiana, ma un ‘cattivo’ perfetto, ruolo sostenuto sempre con grande sicurezza e naturale eleganza. La sua figura di gangster, eccentrico e spietato, fu resa celebre dal personaggio antagonista di Jean-Paul Belmondo in L’homme de Rio (1964; L’uomo di Rio) di Philippe de Broca; subito dopo diventò famoso in tutto il mondo come il crudele Emilio Largo, rivale di James Bond in Thunderball (1965; Agente 007, Thunderball ‒ Operazione tuono) di Terence Young. Ma lasciò un segno anche in parti brillanti, in particolare nel ruolo del dottor Sassaroli, primario cinico e burlone, in Amici miei (1975) di Mario Monicelli e nei suoi due sequels.
Diplomatosi in regia nel 1945 all’Accademia d’arte drammatica di Roma, lavorò come regista e attore in diversi spettacoli teatrali, prima di arrivare al cinema grazie al produttore Carlo Ponti, che lo volle per Un americano in vacanza (1946) di Luigi Zampa. Nel 1948 si recò in Argentina per il film di Aldo Fabrizi Emigrantes (1949) e, finite le riprese, si trasferì in Brasile dove rimase per oltre quindici anni, dirigendo il Teatro Brasileiro da Comoedia di San Paolo e il Teatro dell’Opera di Rio de Janeiro; in quello stesso periodo, inoltre, diresse e produsse anche alcuni film (Caiçara, 1950 e Tico-Tico no Fubà, 1952). Tornò quindi in Europa agli inizi degli anni Sessanta, dopo che il regista francese de Broca lo aveva voluto per L’homme de Rio, e quindi si impose nel grandissimo successo internazionale Thunderball. Degli oltre novanta film in cui comparve, la maggior parte (più di ottanta) la interpretò dal 1963 agli inizi degli anni Ottanta, nel corso di una carriera curiosamente tardiva e prolifica. Tra quelli da ricordare, oltre a L’alibi (1969), da C. anche codiretto assieme a Vittorio Gassman e Luciano Lucignani, si segnalano E venne un uomo (1965) di Ermanno Olmi, Diabolik (1968) di Mario Bava, La villeggiatura (1973) di Marco Leto, Le fantôme de la liberté (1974; Il fantasma della libertà) di Luis Buñuel e, soprattutto, Amici miei di Monicelli con il ruolo che C. avrebbe interpretato anche nei successivi Amici miei, atto II (1982) sempre di Monicelli, e Amici miei, atto III (1985) di Nanni Loy, ultimo film prima della prematura scomparsa, sopravvenuta al momento di andare in scena, mentre recitava in teatro un testo di F.M. Dostoevskij.Grande popolarità aveva ottenuto anche con il personaggio di James Brooke, ennesimo cattivo, nel televisivo Sandokan (1976) di Sergio Sollima.
Celi muore il 19 febbraio 1986
(FONTE ENCICLOPEDIA TRECCANI.IT)
Cinema. Adolfo Celi, 100 anni fa nasceva l’altro eroe dei due mondi
ARTICOLO di Massimiliano Castellani sabato 23 luglio 2022 –Fonte giornale Avvenire
Ci sono uomini di cinema che hanno vissuto esistenze che da sole offrono spunti e materiale per decine di film. Uno di questi, è sicuramente Adolfo Celi, di cui il 27 luglio ricorre il centenario della nascita (Messina 1922) e la cui vita purtroppo si è interrotta prima della fine del secondo tempo: a 63 anni, un colpo al suo gran cuore tenero e generoso lo ha fatto uscire di scena. Accadde a Siena, il 19 febbraio 1986, mentre era in tourné teatrale con I misteri di Pietroburgo. «Quella sera lo sostituì il suo amico fraterno Vittorio Gassman con il quale avevano ideato quello che doveva essere il primo di tanti spettacoli da allestire insieme su commissione del Teatro della Toscana», raccontano Alexandra e Leonardo, i due figli che Adolfo Celi ha avuto dalla quarta moglie, l’attrice romena Veronica Lazar a cui Alexandra ha dedicato il documentario Era la più bella di tutti noi. «Il titolo me l’ha ispirato l’ultimo saluto che fece Bernardo Bertolucci (aveva diretto la Lazar da L’ultimo tango a Parigi del 1972, fino all’ultimo Io e te del 2012), quando mamma morì nel 2014 Bernardo disse alla stampa: «Veronica era la più bella di tutti noi».
E solamente l’incontro fra Adolfo e Veronica è un lungometraggio da “giorno della memoria”: storia della giovane profuga appartenente a una famiglia ebrea di Bucarest, «salvata dalla deportazione nazifascista dopo un sogno premonitore» e arrivata per la prima volta a Roma da dove avrebbe dovuto raggiungere Israele. Ma l’incontro con l’affascinante e nobile Celi (figlio del Prefetto di Messina e discendente del Celi Principe di Vadalà) stregarono l’attrice balcanica che rimase per sempre a Roma, e con lui mise su famiglia. Ma non fu l’ultima donna dell’Incontentabile(come il suo personaggio nello spot di Carosello) Adolfo o meglio ancora del Professor Alfeo Sassaroli l’esilarante primario del monicelliano Amici miei. «In quel personaggio del Sassaroli c’è tanto di papà, animo divertente ma inquieto, sempre alla ricerca del grande amore e quindi della “zingarata”.
L’ultima compagna di vita è stata Flaminia Rocchi, ma quando è morto era “single”. Anche se ad assisterlo all’ospedale di Siena nostra madre c’era, lei l’ha amato fino all’ultimo», ricorda Leonardo. E come non amare questo avventuriero che sembra uscito da un racconto di Emilio Salgari. Nel 1948 si imbarca con Aldo Fabrizi per girare un film che già dal titolo si rivelò profetico, Emigrantes. Girato in parte su una nave, Celi fu l’unico del cast che a film finito una volta sbarcato in Argentina rimase a vivere Buenos Aires. «Aveva trovato lavoro in un teatro e da lì poi si spostò nella terra che ha adorato, il Brasile». Quel Paese che trovava «spirituale e selvaggio» gli entrò nel sangue, e il Brasile vedendo sul palco quell’uomo dal fisico imponente, la voce attoriale importante e il carisma autorevole e autoritario lo incoronò nuovo eroe dei due mondi. Adolfo Celi, un uomo per due culture si intitola il documentario realizzato da Leonardo Celi in cui si racconta la straordinaria esperienza brasiliana di suo padre che da Rio de Janeiro viaggiò «in macchina attraversando le spiagge, allora era così», fino a San Paolo dove fondò il TBC, il Teatro Brasileiro de Comèdia. «Era così preso dalla bellezza dei luoghi, dalla potenza della natura che per due anni non diede notizie alla sorella, a Messina, la quale credendolo morto lo fece cercare dall’ambasciatore italiano in Brasile… Quando venne convocato in ambasciata papà credeva che gli conferissero un premio per i successi ottenuti con il TBC: aveva dato lavoro a tanti attori e maestranze locali ma soprattutto aveva fatto conoscere al pubblico brasiliano la bellezza dei testi, fino ad allora a loro ignoti, di Pirandello e Goldoni. Invece l’ambasciatore lo accolse con un serafico: “Ma signor Celi, la vuole fare una telefonata alla sua famiglia che è in pensiero per lei?”», racconta divertita Alexandra. Un’altra scena da commedia all’italiana, ma quella sarebbe venuta dopo le prove brasiliane di Caiçara( 1950) e Tico- Tico no Fubá, film diretti e interpretati dallo stesso Celi che con queste pellicole consolidò la sua fama di «divo italiano in Sudamerica».
Ma per farsi riconoscere nel Vecchio Continente dovrà attendere il 1964 con L’uomo di Rio di Philippe de Broca. Un film che segna anche l’addio al Brasile dove sente di aver chiuso un ciclo e lo scrive in una lettera accorata e sincera all’amico Gassman: «Qui le cose sono cambiate. Mi sento vuoto… Vedo i vostri film e mi sembra straordinaria la vostra vitalità, la vostra franchezza. Il vostro coraggio. Vi vedo coerenti. Voglio tornare ad essere come voi». È la nostalgia dell’ex allievo dell’Accademia d’arte drammatica dove si era diplomato assieme ai ragazzi della classe di ferro del ’22: Luigi Squarzina, Luciano Lucignani e Vittorio Gassman. E con loro due, di ritorno da San Paolo con il film L’alibi( 1969) aveva firmato la sua unica regia italiana. Nel Belpaese ritrova l’amore e gli amici di sempre, come l’altro coscritto Luciano Salce con cui vola in Inghilterra per far nascere i rispettivi figli a riparo dalla legge italiana del tempo. «Io e Emanuele Salce – vincitore dell’ultimo “Premio Adolfo Celi” per il suo splendido lavoro teatrale Diario di un inadeguato ovvero Mumble Mumble Atto II – siamo nati nello stesso ospedale a Londra, dove a me che dovevo essere Alessandra per errore hanno aggiunto la “x” togliendo le due “s”. Se fossimo nati in Italia non avremmo avuto il cognome dei nostri padri che poi rimasero amici per la pelle».
Ma il “grande fratello” di Adolfo Celi è stato il “Mattatore”, Vittorio Gassman. «Tra loro c’era complicità, sano spirito di competizione e stima reciproca. Papà diceva che Vittorio era il “migliore di tutti in tutto ciò che faceva”. Un’intelligenza superiore, traduceva dal latino al greco e la cosa stupiva i miei genitori che comunque parlavano 5 lingue a testa. Vittorio poi, la sera che papà si sentì male, andò a Siena a sostituirlo in teatro, e quello rimane un gesto che fanno solo i fratelli d’arte». Fratelli anche sul set di Mario Monicelli in- Brancaleone alle crociate. In quel decennio che va dal ’65 al ’75 con James Bond Agente 007 – Thunderball (Operazione tuono), Il fantasma della libertà di Luis Buñuel e soprattutto con il film-tv Sandokan, in cui interpreta l’indimenticabile Lord James Brooke, Adolfo Celi assume la caratura, rara per il nostro cinema, di attore internazionale. «Veniva scelto per il suo volto e le sue capacità recitative certo, ma anche per quella predisposizione al viaggio e all’avventura che trasmetteva anche a noi figli, portandoci in Malesia sul set di Sandokan dove aveva tranquillamente vissuto per nove mesi lontano dalla famiglia. “007”, Sean Connery, venne ospite a casa nostra, una villa in affitto sull’Appia antica come si usava fare allora, alla grandeur, e con papà si misero a giocare a golf». Un giocoliere nato, capace di cambiare continuamente ruolo e registro, ma mantenendo sempre quella cifra austera, dal papale Rodrigo Borgia (Alessandro VI nella miniserie della Bbc I Borgia) al giudice di Febbre da cavallo al fianco dell’altro amico fraterno, Gigi Proietti. «Papà incuteva timore, ma in realtà era un uomo dolce, scanzonato, un fatalista. A noi figli ci ripeteva: “Vivete tutto con leggerezza, senza fare drammi, mi raccomando”. E quella leggerezza si respirava d’estate al mare, a Ponza, con Gigi Proietti e i suoi figli che assieme a noi e quelli di Paola Gassman e Ugo Pagliai formavamo una piccola colonia dello spettacolo».
La vita che si mescola sempre alla scena, come quando Celi dopo anni torna in Brasile con tutta la famiglia. «Un viaggio incredibile, ad accoglierci c’era Tonia Carrero, la sua seconda moglie che nel frattempo era diventata una diva delle telenovelas. Ci ospitava nel suo attico di Rio, a Copa Cabana, e tutte le sere organizzava un ricevimento per il ritorno del “grande Adolfo Celi”…». Il ritorno del divo, dell’amico ritrovato, il primo degli Amici miei ad andarsene, così come Gastone Moschin è stato l’ultimo (2017). «Il Melandri, l’architetto – sorride Alexandra – io lo chiamerò sempre così. Grande attore internazionale anche lui. Gastone era un uomo adorabile e quando Leonardo girò il documentario su papà andammo a trovarlo in Umbria. Quando ci ha visti si è commosso. Non aveva tanta voglia di parlare del cinema e del passato, ma disse: “Per Adolfo lo faccio volentieri”. È la stessa sensazione che io e mio fratello proviamo tutti i giorni: parlare di papà lo facciamo volentieri, perché ci aiuta a riempire quel vuoto che ha lasciato e a sentirlo ancora qui, tra noi, così regale, con le spalle dritte e il suo sguardo fiero».
-Nuova Campagna di Scavi presso il santuario della dea Vacuna-
Scavi presso il santuario della dea Vacuna-
Montenero in Sabina- 2 luglio 2022-Riparte- lunedì 4 luglio – la Campagna di Scavi presso il santuario della dea Vacuna in località Leone. La missione, giunta alla sua quarta edizione, è svolta dal Comune in convenzione con l’Université Lyon 2 e in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti-
Fonte-Comune di Montenero in Sabina-
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Andrea Purgatori è morto, l’Italia onesta piange un grande giornalista ed un grande uomo
Roma-È morto oggi 19 luglio 2023, a 70, a causa di una malattia fulminante, Andrea Purgatori. È stato un grande giornalista d’inchiesta, serio, onesto, rigoroso, generoso e garbato. Il grande pubblico lo conosceva per la conduzione del programma “Atlantide”, su La7. Lo ricordiamo soprattutto per il suo impegno professionale a favore della verità nell’inchiesta di Ustica e nella vicenda di Emanuela Orlandi. Per cercare la verità lavorava in modo infaticabile e non guardava in faccia a nessuno. Il suo modo di fare giornalismo è purtroppo sempre più raro. Se n’è andato improvvisamente e troppo presto. Oggi l’Italia onesta piange un grande giornalista ed un grande uomo. Gli auguriamo la pace dei giusti. Che la terra gli sia lieve. Lo ricorderemo a lungo.
RIETI-Festival di Filosofia, parte la seconda settimana
RIETI- 17 luglio 2023-Il Comitato Organizzatore del Festival di Filosofia Città di Rieti comunica la cancellazione dell’evento previsto per il 17 luglio 2023, con il professor Scardovelli presso la chiesa di San Rufo. Tale decisione è stata presa a causa di motivi di salute che impediscono al professore di partecipare al Festival.
«Il professor Scardovelli, rinomato filosofo e intellettuale, avrebbe dovuto tenere una conferenza speciale in occasione della prima edizione del Festival di Filosofia Città di Rieti. Tuttavia, in considerazione della sua salute e del rispetto per il suo benessere, abbiamo ritenuto opportuno annullare l’evento perché possa dedicarsi alla sua guarigione. Ci scusiamo profondamente con il pubblico e con tutti coloro che avevano atteso con entusiasmo la partecipazione di Scardovelli all’evento. Il Festival di Filosofia Città di Rieti è stato concepito per celebrare il pensiero e l’approfondimento filosofico, e faremo tutto il possibile per continuare a offrire un programma di alta qualità agli appassionati di filosofia», dicono gli organizzatori.
Gli altri eventi previsti per la prima edizione del Festival di Filosofia Città di Rieti si svolgeranno come pianificato: una serie di conferenze, dibattiti e attività interattive saranno ancora accessibili al pubblico durante tutto il festival.
Durante l’ultima settimana del festival, ci sarà un momento dedicato alla musica che arricchirà ulteriormente l’esperienza dei partecipanti. Sabato 22 luglio, il noto musicista Giò Vescovi si esibirà in concerto con il suo Blues, regalando al pubblico un’esperienza musicale unica.
Il Festival di Filosofia Città di Rieti è un’occasione imperdibile per tutti coloro che sono interessati a esplorare tematiche filosofiche di grande attualità e per coloro che desiderano arricchire il proprio bagaglio culturale. I relatori di fama internazionale garantiranno un’esperienza stimolante e coinvolgente, fornendo nuovi spunti di riflessione su temi di grande rilevanza per l’umanità.
L’ingresso a tutti gli incontri del festival è gratuito, ma si consiglia di prenotare in anticipo per garantirsi un posto. Per ulteriori informazioni sul programma completo degli incontri e per effettuare le prenotazioni, si prega di visitare il sito web ufficiale del festival.
Si possono inoltre contattare per info i seguenti numeri: 3936359155-3393977563-3801953942-3755674456-3755729991-3756473991 oppure scrivere a comunicazionisocialirieti@gmail.com
TUTTO IL PROGRAMMA
Eventi realizzati sia a Piazza San Rufo sia nella chiesa di San Rufo.
DOPO L’UOMO “Come sul volto del mare un volto di sabbia”
Mercoledì 19 Luglio ore 18:30 Piazza San Rufo a Rieti – Emanuele D’Agapiti incontra TIZIANO TOSOLINI
OLTRE L’ UMANO?
Giovedì 20 Luglio ore 18:30 Piazza san Rufo Rieti – Emanuele D’Agapiti incontra MARCO GUZZI
Dentro la sapienza umana per difenderci dal transumanesimo
Venerdì 21 Luglio ore 18:30 Piazza San Rufo Rieti EMANUELE D’AGAPITI IN DIALOGO CON DIEGO FUSARO E ALESSANDRO MELUZZI
LA NATURA DEL FUTURO -” L’uomo il cosmo il divino”
Sabato 22 Luglio ore 18:30 Piazza San Rufo Rieti – Emanuele D’Agapiti incontra GIOVANNI FERRARO
GIO’ VESCOVI IN CONCERTO
Sabato 22 Luglio ore 21:00 Piazza San Rufo Rieti Centro d’Italia
HOMO SUM – “Il futuro dell’umano”
Domenica 23 Luglio ore 18:30 Piazza San Rufo Rieti
Chiusura festival di filosofia con Annamaria Magi ed Emanuele D’Agapiti che incontrano i giovani.
Si restaura l’affresco “Gesù e la Samaritana al pozzo”
Casperia- 11 luglio 2023-sono partiti i lavori di restauro dell’affresco raffigurante “Gesù e la Samaritana al pozzo” che si trova sul fontanile in via S. Maria. Un monumento a cui la comunità è molto legata, tanto che la locale ProLoco ha organizzato una raccolta fondi per salvare l’opera d’arte del XVI secolo. Azione che ha coinvolto l’intera popolazione e suscitato l’attenzione della folta comunità straniera che vive a Casperia, che si è impegnata molto nella diffusione dell’iniziativa anche all’estero.
La ProLoco ha versato il ricavato al Comune, che da parte sua ha aggiunto un contributo ricevuto dalla comunità montana affinché si raggiungesse la somma necessaria per il restauro dell’affresco. Dopo aver ottenuto l’autorizzazione dalla soprintendenza, sotto la supervisione del funzionario storico dell’arte Giuseppe Cassio, il comune ha potuto finalmente affidare i lavori.
«Si tratta di una bella azione che nasce dal basso – spiega il sindaco Marco Cossu – da quel forte senso di appartenenza alla comunità che ci rende orgogliosi della nostra identità e gelosi del patrimonio culturale. Dobbiamo essere tutti grati alla proloco e ad ogni persona che ha contribuito. Un ringraziamento speciale va a James Johnstone, canadese che da qualche anno vive nel nostro paese, per l’impegno straordinario nel far conoscere all’estero anche questa perla del territorio asprese che meritava di essere riscoperta. Grazie anche all’Impresa edile 3000 per aver montato gratuitamente l’impalcatura».
FARA in SABINA- 13 luglio 2023-FLIPT, alla scoperta delle “Città invisibili”: grande spettacolo gratuito dedicato ai 100 anni dalla nascita di Italo Calvino, sabato e domenica a Fara in Sabina
Sabato 15 e domenica 16 luglio, alle 21.30, il borgo di Fara in Sabina (Rieti) diventa una grande palcoscenico per “Città invisibili”. Uno spettacolo completamente libero a gratuito, un percorso artistico lungo tutto il borgo di Fara Sabina, a cui si potrà assistere entrando nel percorso dall’arco principale del paese, accanto al Caffè Belvedere.
Oltre ottanta gli artisti che parteciperanno allo straordinario progetto interdisciplinare e multimediale giunto al suo trentaduesimo anno di vita. Ideato e diretto dal regista Pino Di Buduo, lo spettacolo è ispirato all’omonimo romanzo di Italo Calvino, e quest’anno è dedicato ai 100 anni dalla nascita del grande scrittore italiano.
Chiese, torri, cortili, piazze, cantine, strade, angoli, diventano i luoghi nei quali, attraverso un’armonia che li comprende tutti, (ri)scoprire uno dei tanti volti che rimangono nascosti nel grembo di una città.
Ogni anno c’è qualcosa di nuovo da risvegliare e chi in quel luogo è vissuto, ritorna nell’incanto di sapori di un tempo non più così lontano.
Percezioni sensoriali solleticate da un connubio di luci speciali, video-proiezioni, teli giganti, installazioni e scenografie aeree e digitali: così lo spettatore fa il suo viaggio alla scoperta dell’invisibile città.
E poi tutti gli artisti internazionali che hanno animato i dieci giorni del FLIPT – Festival Laboratorio Interculturale di Pratiche Teatrali, provenienti da Groenlandia, Sudafrica, Brasile, Iran, Francia, Ungheria, Svizzera, Norvegia, Polonia, Grecia, Sudafrica, Italia; tutto l’ensamble del Teatro Potlach; tutte le associazioni locali, gli abitanti di altri borghi e città, i farensi e con loro Francesco che a 98 anni sa parlare di tramonti e di atmosfere: saranno il motore di una grande macchina che si muove tra tempo, spazio, bellezza.
ITALO CALVINO
“La caratteristica del FLIPT è che gli artisti non vengono solamente per il loro spettacolo ma per incontrarsi e vivere insieme tutto il tempo del Festival – spiega Di Buduo – Ogni giorno lavoriamo insieme per lo spettacolo finale, “Città invisibili”, seguendo un lungo percorso che comprende sia l’interno sia l’esterno del borgo: ogni anno è diverso. Tutto viene trasformato in modo tale da tirare fuori l’invisibile di questa architettura medievale. Lo abbiamo fatto per la prima volta nel 1991: settanta le edizioni realizzate ed ognuna diversa dall’altra perché è l’identità del luogo che viene fuori. Per venticinque anni lo abbiamo messo nel cassetto. Poi un giorno di cinque anni fa il sindaco di Fara in Sabina ci chiese di farlo ogni anno. Una bella sfida scavare sempre di più dentro l’identità nascosta di questo luogo che ha uno spessore di centinaia e centinaia di anni! Quello che vediamo fuori non corrisponde a quello che c’è dietro: sotto queste case troviamo delle cattedrali, dietro un muro c’è un parco, dietro un portone che sembra l’entrata di una casa si nasconde un cortile. E’ tutto da scoprire. In questa ricerca molto dipende da dove cominci: perché l’angolazione dalla quale si entra modifica lo sguardo.
ITALO CALVINO
Dietro a questo c’è una sperimentazione continua su come si usa lo spazio e sul suo significato. Una fonte preziosa è stata lo studio dei giardini in architettura: i giardini all’italiana hanno un’architettura legata a un certo tipo di filosofia, quelli inglesi ne hanno un’altra, quelli giapponesi o cinesi ne hanno ancora un’altra: tutti esprimono un diverso punto di vista della stessa cosa. E poi fondamentale è lo studio del luogo, delle sue strade e della gente che incontri: le loro storie e memorie. Lo scorso anno l’uomo più anziano di Fara Sabina, Francesco, seduto lungo una stradina, parlava dei tramonti che da quassù non sono mai gli stessi. Li raccontava con lucidità, poesia, e i bambini incantati lo ascoltavano. Quest’anno ci sarà anche lui”.
TEATRO POTLACH-Città InvisibiliPino Di Buduo, direttore artistico del Teatro PotlachFara in Sabina-Fara in Sabina
Simone Weil nata a Parigi nel 1909 è la figlia di un medico alsaziano di origini ebraiche. Sorella minore del famoso matematico André Weil, ricevono entrambi un’istruzione laica.
Famiglia molto unita, costretta a frequenti spostamenti per seguire il padre, lei e il fratello erano costretti a prendere lezioni private; ciò permise loro di essere molto più avanti negli studi dei coetanei che seguivano i corsi normali.
André dimostra un precoce talento matematico e in famiglia è reputato un genio; è André, che per primo le insegna a leggere.
Sin dalla tenera età è sempre stata di salute cagionevole; trascorre spesso periodi di convalescenza a letto e legge moltissimo.
Fra il 1919 e il 1928 studia in diversi licei parigini. Sceglie la filosofia. Nel 1928 è ammessa all’École Normale Supérieure. Attratta da Cartesio, cui dedicherà la propria tesi, studia Marx e mostra un rigore che la distingue dai suoi coetanei.
Simone de Beauvoir, di un anno più anziana di lei che frequenta lo stesso liceo, ammette d’invidiarla, più che per la sua intelligenza, per il suo cuore:
«… pensa alla la Rivoluzione che avrebbe dato da mangiare a tutti».
Ma le due Simone non vanno d’accordo, intellettuale l’una, concreta e materialista l’altra.
Simone Weil
Superato l’esame di concorso per la docenza nella scuola media superiore; insegna filosofia fra il 1931 e il 1938 nei licei femminili di varie città di provincia:
Al suo primo insegnamento, genera scandalo distribuendo lo stipendio fra gli operai in sciopero. Decide di vivere spendendo per sé solo l’equivalente di quanto percepito come sussidio dai disoccupati, per sperimentare le medesime ristrettezze di vita.
In quegli anni è vicina ad ambienti trotskisti e anarchici. Nell’agosto del 1932 si reca a Berlino per conoscere il clima nel luogo più scottante del momento; è la vigilia della presa del potere da parte di Hitler.
Nel 1933 scrive articoli, condanna l’avvicinamento dell’Unione Sovietica alla Germania nazista; pensa lo stalinismo una forma di oppressione burocratica analoga al fascismo.
A fine dicembre ospita per alcuni giorni, nel suo appartamento di Parigi, l’esule Lev Trockij, assieme alla moglie. Ma l’esperienza si conclude presto con uno scontro verbale fra i due.
Pur in condizioni di salute precarie, soffre di una forte emicrania cronica, prova a conoscere direttamente la situazione operaia e ne scopre la terribile monotonia. Va come manovale nelle fabbriche metallurgiche di Parigi, ma avendo scarsa dimestichezza coi macchinari, nell’indifferenza dei compagni di lavoro, giunge il licenziamento.
«Laggiù mi è stato impresso per sempre il marchio della schiavitù».
La seconda esperienza di otto mesi, nelle officine Renault, aggrava ulteriormente il suo stato di salute ed è raccontata sotto forma di diario e di lettere nel libro “La condizione operaia”.
Prima di riprendere a insegnare in un liceo di Bourges, si reca in Portogallo, dove conosce e vive la miseria dei pescatori.
L’8 agosto 1936 varca la frontiera spagnola con un lasciapassare da giornalista ed entra come miliziana fra i volontari anarchici. Non essendo capace di usare il fucile, viene assegnata ai lavori in cucina. Ma già in settembre, dubbiosa sull’utilità del conflitto, torna a Parigi.
«Non era più, come mi era sembrata all’inizio, una guerra di contadini affamati contro i proprietari terrieri e un clero complice dei proprietari, ma una guerra tra la Russia, la Germania e l’Italia.»
Anche a causa delle violenze commesse dai repubblicani accantona definitivamente il marxismo, contro corrente rispetto agli intellettuali della sua generazione che lo riscoprono. Nello stesso anno, mentre viaggia per l’Italia, ad Assisi, viene attratta dalla fede cristiana, e riscopre la poesia. Iniziano le sue esperienze mistiche.
Simone Weil
Nella primavera del 1940 a causa dell’invasione tedesca, la famiglia abbandona Parigi e trascorre due mesi a Vichy. Durante l’invasione tedesca della Francia, il governo collaborazinista francese si sposta a Vichy.
Con i genitori si sposta prima a Tolosa poi a Marsiglia, dove viene arrestata mentre distribuisce volantini contro il governo di Vichy. Quando il giudice minaccia di chiuderla in cella con delle prostitute, replica di aver sempre desiderato conoscere quell’ambiente. Al che, il giudice la lascia andare credendola matta.
Torna ad insegnare, ma deve dimettersi, in quanto ebrea. Si occupa di procurare documenti falsi ai rifugiati. Dal momento che il padre e la madre non accettano di allontanarsi dalla Francia senza di lei, a maggio giunge con loro a Casablanca, in un campo profughi affollato da esuli ebrei.
In dicembre parte per Londra per unirsi all’organizzazione dei resistenti in esilio France libre. Digiunando, si sente spiritualmente vicina ai connazionali della zona occupata; trascorre giorni senza mangiare. In qualità di redattrice del giornale France libre, scrive vari articoli successivamente inseriti nel volume “Écrits de Londres”.
Tenta di essere inviata con un gruppo di infermiere in prima linea del fronte, ma la cosa viene rifiutata. Impossibilitata a partecipare attivamente alla guerra, la Weil cede a un sentimento di autodistruzione.
Affetta da tubercolosi, aggravata dalle privazioni, muore il 24 agosto nel sanatorio di Ashford, vicino Londra; è epolta nella sezione cattolica del cimitero di Ashford.
È Albert Camus a divulgare originariamente la maggior parte degli scritti della Weil, A parte alcuni articoli, le sue opere vengono pubblicate postume. Le sue opere vengono tradotte in italiano per iniziativa di Adriano Olivetti.
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