Stefania Portaccio- Circe di spalle. Per una dimora del femminile
Editore Mimesis
DESCRIZIONE
La complessità della figura di Circe continua a interrogare. Qui si sceglie di ascoltarla e di reagire tenendola non di fronte ma sguincia, in modo da registrare, più che domande e risposte, un campo di tensioni. Teso – tra invidia, ammirazione, polemica – è il campo della disputa tra Circe e Atena, avversario interno quanto esterno. Disputa che mostra la difficoltà del percorso della soggettività femminile, alle prese sia con l’immaginario che la definisce che con quello che la anima. A riflettere su questo percorso vengono convocati J. Joyce, V. Woolf, M. Atwood, M. Cunningham, N. Ginzburg; la filosofa E. Pulcini e la psicoanalista M.C. Barducci. A riflettere sull’anno trascorso con Circe – sospeso, ricco di altrove, di altrimenti – come metafora del tempo analitico, viene convocato lo stesso Odisseo, che però narra ai Feaci un’altra storia.
Andrea Pozzetta-Lui solo non si tolse il cappello-
Vita e impegno politico di Ettore Tibaldi, protagonista della Repubblica dell’Ossola
Editore Interlinea
DESCRIZIONE
Tra la provincia di Pavia e la val d’Ossola, passando per la Svizzera e per il più vasto continente europeo, la vita avventurosa di Ettore Tibaldi (1887-1968) si dipana in una biografia che per la prima volta ne ricostruisce il lungo e tortuoso percorso politico e civile. Medico, scienziato, docente, militante socialista, repubblicano, interventista durante gli anni della prima guerra mondiale, organizzatore degli ex combattenti e reduci, antifascista, dirigente della Resistenza, ideatore e presidente del governo della Repubblica partigiana dell’Ossola, esule, protagonista della vita politica del secondo dopoguerra fino al raggiungimento della carica di vicepresidente del Senato: questi sono solo alcuni dei principali risvolti di un’esistenza vissuta lungo una precisa linea di condotta etica e morale, fondata sulla lotta per la democrazia e la giustizia sociale. In nome dei suoi ideali Ettore Tibaldi fu perseguitato dal regime fascista, perse il lavoro di docente universitario, fu allontanato dalla famiglia, ma seppe anche resistere e offrire un esempio di azione, come durante le settimane di libertà della Repubblica dell’Ossola. La storia di Ettore Tibaldi è la storia di un uomo che ha dato tutto di se stesso per un’idea di civiltà e di democrazia.
Recensione
Da “la Provincia“, Roberto Lodigiani su Lui solo non si tolse il cappellodi Andrea Pozzetta
«A questa figura di medico e antifascista militante, ancora oggi molto conosciuta in Val d’Ossola, relativamente poco a Pavia, ha dedicato una dettagliata biografia Andrea Pozzetta, ricercatore storico e docente delle superiori: “Lui solo non si tolse il cappello. Vita e impegno politico di Ettore Tibaldi, protagonista della Repubblica dell’Ossola” (Interlinea) verrà presentato domani nel Salone Teresiano della Biblioteca Universitaria (ore 17); dialogheranno con l’autore Elisa Signori e Marina Tesoro».
Andrea Pozzetta
Da “La Stampa Novara“, su Lui solo non si tolse il cappello di Andrea Pozzetta
«“Lui solo non si tolse il cappello” è il libro dedicato a Ettore Tibaldi che viene presentato oggi alle 17,30 a Casa Ceretti a Intra. Il volume, opera di Andrea Pozzetta, è edito da Interlinea e l’autore, proprio per questo libro, ha di recente vinto il premio “Repubblica partigiana dell’Ossola” assegnato dal Comune di Domodossola.»
Il volume “Luoghi sacri e storia del territori. L’Atlante storico dei culti del reatino e della Sabina” a cura di 𝗦𝗼𝗳𝗶𝗮 𝗕𝗼𝗲𝘀𝗰𝗵 𝗚𝗮𝗷𝗮𝗻𝗼, 𝗧𝗲𝗿𝘀𝗶𝗹𝗶𝗼 𝗟𝗲𝗴𝗴𝗶𝗼 e 𝗨𝗺𝗯𝗲𝗿𝘁𝗼 𝗟𝗼𝗻𝗴𝗼, è il risultato di un lavoro interdisciplinare che coniuga gli studi e la ricerca storica, artistica e cultuale alla tecnologia digitale. Al contempo rappresenta il proseguo di un più ampio progetto – Fonti e studi farfensi – sostenuto dall’𝗜𝘀𝘁𝗶𝘁𝘂𝘁𝗼 𝗦𝘁𝗼𝗿𝗶𝗰𝗼 𝗜𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮𝗻𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗠𝗲𝗱𝗶𝗼 𝗘𝘃𝗼 e dalla 𝗕𝗮𝗱𝗶𝗮 𝗱𝗶 𝗙𝗮𝗿𝗳𝗮.
𝗦𝗼𝗳𝗶𝗮 𝗕𝗼𝗲𝘀𝗰𝗵 𝗚𝗮𝗷𝗮𝗻𝗼, che ha insegnato Storia medievale nelle Università La Sapienza, Siena, L’Aquila e Roma Tre, ha tracciato un profilo del lavoro offrendo spunti interessanti per capire il valore sia dell’opera cartacea sia della piattaforma online 𝗔𝗦𝗖𝗥𝗲𝗦 (𝗔𝘁𝗹𝗮𝗻𝘁𝗲 𝗦𝘁𝗼𝗿𝗶𝗰𝗼 𝗱𝗲𝗶 𝗖𝘂𝗹𝘁𝗶 𝗱𝗲𝗹 𝗥𝗲𝗮𝘁𝗶𝗻𝗼 𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗦𝗮𝗯𝗶𝗻𝗮): risultato informatico che poggia sulla precedente ricerca scientifica, i cui dati sono stati digitalizzati da esperti del settore facenti capo alla Sapienza Università di Roma.
𝗨𝗺𝗯𝗲𝗿𝘁𝗼 𝗟𝗼𝗻𝗴𝗼
“L’idea è nata per impulso di un finanziamento venuto dal professore 𝗔𝗻𝗱𝗿𝗲́ 𝗩𝗮𝘂𝗰𝗵𝗲𝘇 – spiega la prof.ssa Boesch Gajano -. Vorrei porre attenzione su questo importante preliminare aspetto per far capire che il lavoro è frutto di una collaborazione che va al di là dei nostri tre nomi, al di là delle istituzioni italiane, universitarie e locali.
Venuto a conoscenza delle iniziative del Centro Europeo di Studi Agiografici (CESA) con sede a Rieti, il prof. Vauchez, vincitore del premio Balzan 2013, ci propose un finanziamento per una ricerca legata a questi luoghi. Un’occasione straordinaria che, insieme a Tersilio Leggio e Umberto Longo, abbiamo colto mettendo a frutto delle ricerche pregresse, per sviluppare l’idea dell’Atlante Storico dei Culti del Reatino e della Sabina (ASCReS), di cui questo volume è il corredo a stampa. Un grande lavoro digitale: durato quasi due anni e affidato alle cure di un’equipe di studiosi e docenti della Sapienza Università di Roma.
Nonostante tutto, la carta stampata ha ancora un suo senso, ossia un suo pubblico: così abbiamo deciso di lasciare una traccia scritta del lavoro svolto per lo sviluppo dell’Atlante. A mio avviso la cosa interessante del progetto è quella di aver tentato un rapporto organico tra la ricerca storica sulle fonti e lo strumento informatico che in questo caso ha avuto la giusta pretesa di non essere soltanto un appoggio cioè un mezzo di divulgazione dei dati raggiunti ma anche uno strumento di ricerca e di possibili ulteriori ricerche.
Dopo diversi incontri con gli esperti, ho appurato che l’aspetto informatico costringe a mettere a fuoco tutta una serie di elementi: cosa, per esempio, si intende per luogo di culto attraverso una precisa definizione terminologica. Penso che si sia creato un punto di riferimento importante per questi territori.
𝗧𝗲𝗿𝘀𝗶𝗹𝗶𝗼 𝗟𝗲𝗴𝗴𝗶𝗼
Personalmente ho maggiormente seguito la ricerca storica e storico-artistica che ha dato frutti interessanti: il saggio sui culti di 𝗦𝘁𝗲𝗳𝗮𝗻𝗶𝗮 𝗔𝗻𝘇𝗼𝗶𝘀𝗲 e quello sulla Storia dell’Arte di 𝗘𝗹𝗲𝗻𝗮 𝗢𝗻𝗼𝗿𝗶. Credo che in entrambi si siano fatte accurate ricerche che hanno arricchito il campo d’indagine all’interno di un vasto e variegato territorio, che oggi può beneficiare di uno strumento che permette di conoscere una rete di luoghi sacri, in ognuno dei quali sono stati rintracciati oggetti di culto e devozione che non erano noti.
Il volume segna un passo in avanti, perché poggia su un lavoro che intreccia aspetti storico religiosi con la storia del territorio di cui Tersilio Leggio è maestro, e al quale va il merito di aver inserito il territorio sabino e reatino all’interno di una grande storia che travalica confini netti e precisi. Tra questi due campi emergono interazioni interessanti: soprattutto i rapporti con altri territori limitrofi e le loro trasformazioni nel tempo.
Per me, che ho una limitata conoscenza di tipo informatico, è stata una bella esperienza capire la materia attraverso i saggi di Saverio Malatesta e di Massimiliano Vassalli: validi riferimenti per creare un rapporto fra la ricerca umanistica e quella informatica, estendibile ad altri campi.
Per quanto riguarda la fruizione del sito ASCRES è strutturato per essere accessibile a tutti: i giovani digitali sono senz’altro agevolati; i meno giovani possono trovare nel volume cartaceo un valido aiuto per navigare. Il mio auspicio è che non solo agli studiosi di professione ma ad ogni Comune, scuola, parrocchia del territorio sabino e reatino, sia data la possibilità di connettersi per utilizzare l’Atlante, che oltre a divulgare conoscenza scientifica – sfatando o integrando una serie di leggende – può essere un luogo di promozione culturale e turistica”.
Le riflessioni della prof.ssa Boesch Gajano invitano a sfogliare i frutti di un lungo lavoro di ricerche sulla storia del territorio sabino. Tra questi: “𝗖𝗼𝗻𝘀𝘁𝗿𝘂𝗰𝘁𝗶𝗼 𝗠𝗼𝗻𝗮𝘀𝘁𝗲𝗿𝗶𝗶 𝗙𝗮𝗿𝗳𝗲𝗻𝘀𝗶𝘀” a cura di Umberto Longo, “𝗟’𝗔𝗯𝗯𝗮𝘇𝗶𝗮 𝗔𝗹𝘁𝗼𝗺𝗲𝗱𝗶𝗲𝘃𝗮𝗹𝗲 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗶𝘀𝘁𝗶𝘁𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶𝗻𝗮𝗺𝗶𝗰𝗮. 𝗜𝗹 𝗰𝗮𝘀𝗼 𝗱𝗶 𝗦𝗮𝗻𝘁𝗮 𝗠𝗮𝗿𝗶𝗮 𝗱𝗶 𝗙𝗮𝗿𝗳𝗮” a cura di Stefano Manganaro, “𝗔𝗹𝗹𝗲 𝗼𝗿𝗶𝗴𝗶𝗻𝗶 𝗱𝗲𝗹 𝗺𝗼𝗻𝗮𝗰𝗵𝗲𝘀𝗶𝗺𝗼 𝗶𝗻 𝗦𝗮𝗯𝗶𝗻𝗮” di Tersilio Leggio, “𝗜𝗹 𝗦𝗮𝗻𝘁𝘂𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗱𝗶 𝗦. 𝗠𝗶𝗰𝗵𝗲𝗹𝗲 𝗮𝗹 𝗠𝗼𝗻𝘁𝗲 𝗧𝗮𝗻𝗰𝗶𝗮. 𝗔𝗽𝗽𝗿𝗼𝗰𝗰𝗶 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗱𝗶𝘀𝗰𝗶𝗽𝗹𝗶𝗻𝗮𝗿𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗻𝗼𝘀𝗰𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗲 𝗹𝗮 𝘃𝗮𝗹𝗼𝗿𝗶𝘇𝘇𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝘂𝗻 𝗹𝘂𝗼𝗴𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝘂𝗹𝘁𝗼 𝗺𝗶𝗹𝗹𝗲𝗻𝗮𝗿𝗶𝗼” a cura di T. Canella e U. Longo, “𝗦𝗮𝗻𝘁𝗮 𝗩𝗶𝘁𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮. 𝗟𝗮 𝗺𝗮𝗿𝘁𝗶𝗿𝗲, 𝗶𝗹 𝗰𝘂𝗹𝘁𝗼 𝗲 𝗹𝗲 𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗶𝘁𝗮̀ 𝘁𝗲𝗿𝗿𝗶𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮𝗹𝗶” a cura di Elena Onori, e naturalmente “𝗟𝘂𝗼𝗴𝗵𝗶 𝘀𝗮𝗰𝗿𝗶 𝗲 𝘀𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝘁𝗲𝗿𝗿𝗶𝘁𝗼𝗿𝗶. 𝗟’𝗔𝘁𝗹𝗮𝗻𝘁𝗲 𝘀𝘁𝗼𝗿𝗶𝗰𝗼 𝗱𝗲𝗶 𝗰𝘂𝗹𝘁𝗶 𝗱𝗲𝗹 𝗿𝗲𝗮𝘁𝗶𝗻𝗼 𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗦𝗮𝗯𝗶𝗻𝗮” a cura di Sofia Boesch Gajano, Tersilio Leggio e Umberto Longo.
Sulla piattaforma 𝗔𝗦𝗖𝗥𝗘𝗦 (http://ascres.uniroma1.it/ ) basta fare un click per avventurarsi nella ricerca, senza dimenticare il valore e il piacere della carta che offre contenuti e quindi parole da digitare: un maggiore bagaglio storico, culturale e cultuale con il quale navigare!
Dalla fondazione all’egemonia sulla Sabina (secc. XIII-XV)
Centro Studi Ercole Nardi- Casa Editrice Edizioni Espera
DESCRIZIONE
Il volume prende le mosse dal X secolo, quando avvennero significativi mutamenti nel paesaggio della Sabina tiberina generati dell’«incastellamento», fenomeno ben noto che ha portato alla nascita di insediamenti concentrati e fortificati. Ripercorse le tappe delle prime fasi dell’incastellamento, il volume si sofferma poi sul XIII secolo, momento nel quale si ebbe la penetrazione in Sabina delle aristocrazie romane, legate al papato ed ai cardinali di curia, mirata alla creazione di signorie territoriali. Il castello di Poggio Mirteto fu fondato in questa fase, con il probabile fondatore che fu Riccardo di Pietro Iaquinti, esponente della famiglia romana imparentata con gli Orsini. Dopo il declinare delle fortune di Pietro, il castello fu acquisito dall’abbazia di Farfa. Grazie alla sua centralità geografica, Poggio divenne dagli inizi del XV secolo la residenza degli abati commendatari del monastero e sede del governatorato della signoria farfense. La società locale, investita di questo importante ruolo crebbe nella sua influenza, tanto da diventare il baricentro territoriale di un’area molto vasta, conquistandone l’egemonia mantenuta fino ad oggi.
Prof. 𝗧𝗲𝗿𝘀𝗶𝗹𝗶𝗼 𝗟𝗲𝗴𝗴𝗶𝗼
Breve biografia del Professor Tersilio Leggio è storico del medioevo, autore di oltre cento saggi sull’Italia mediana, ed in particolare sull’abbazia di Farfa, su Rieti e sulla Sabina. Ha collaborato con la British School at Rome, con l’Università di Sheffield e con l’Università di Leicester alla progettazione, alla preparazione e alla esecuzione di numerose campagne di ricerca archeologica in provincia di Rieti, curando la parte storica. Ha tenuto lezioni e corsi presso l’università di Viterbo, dell’Aquila, di Roma “La Sapienza” e di “Roma Tre”. Ha partecipato a numerosi convegni a livello nazionale e internazionale su argomenti di storia medievale e di trasformazioni del paesaggio sul lungo periodo. Dal 1997 è honorary fellow della British School at Rome. Tra i suoi titoli più recenti il volume Ad fines regni. Amatrice, la Montagna e le alte valli del Tronto, del Velino e dell’Aterno dal X al XIII secolo (L’Aquila 2011) e, curato insieme a Sofia Boesch Gajano, Da santa Chiara a suor Francesca Farnese. Il francescanesimo femminile e il monastero di Fara in Sabina (Roma 2013).
Tersilio Leggio La storia del territorio di Poggio Mirteto
Harriet Stowe Beecher – La capanna dello zio Tomaso –
Milano 1852 (rara prima edizione italiana)
STOWE BEECHER HARRIET. La capanna dello zio Tomaso, o la schiavitù. Nuovissimo romanzo. Milano, per Borroni e Scotti, 1852.
Harriet Beecher Stowe (1811-1896), celebre scrittrice statunitense, fu promotrice della causa abolizionista. La capanna dello zio Tom (Uncle Tom’s cabin, 1852) ebbe un’immensa popolarità e contribuì a provocare la svolta antischiavista degli Stati Uniti e la guerra civile. Nell’anno successivo alla pubblicazione solo in patria si vendettero circa 300.000 copie. Verosimilmente prima traduzione italiana (particolarmente rara da trovarsi nella sua brossura editoriale), uscita nello stesso anno dell’originale americano e seguita sempre nel 1852 da un’edizione torinese e a una fiorentina, entrambe prive di tavole. Cfr. Iccu.
Castelnuovo di Farfa (Rieti) – Via Guglielmo Marconi-Via Arco Cherubini-Foto di Franco Leggeri
Castelnuovo di Farfa -CARTELLO VENDESI-
QUANDO LE CASE IN VENDITA SONO TANTE, TROPPE.
Brani da Murales castelnuovesi di Franco Leggeri
Castelnuovo di Farfa – 14 settembre 2023–Il silenzio non esiste. Più stai zitto, più aumentano le voci del mondo: il vento, la pioggia, gli animali. Tutto è narrazione. Forse molti castelnuovesi e loro figli lasciano andare ciò che rallenta e, quindi, bisogna tagliare le radici. Salpare è un verbo liberatorio? Salpare come fanno le navi verso l’orizzonte aperto; sarà questo il motivo delle vendite delle vecchie case? Appartengo al gruppo dei sognatori, a quelli che viaggiano in direzione ostinata e contraria, col suo marchio speciale :”Orgoglio castelnuovese” e , per questo, odio i cartelli “VENDESI”.
Riflettevo , prima di perdermi nei meandri del fantastico, quando la notte , girando per Castelnuovo, ho vissuto uno dei momenti più tristi della mia vita rimanendo basito di fronte agli innumerevoli cartelli “vendesi” ,affissi sulle porte delle case di persone che conoscevo benissimo. Dietro quelle porte erano e sono custoditi :storie, legami, speranze, sacrifici e anche momenti felici. Ve lo ricordate? La domenica si andava a casa dei nonni. A Natale la nonna “bucava l’ozono” con le sue fritture. La tavola era lunghissima e veniva apparecchiata nella stanza più grande. Adesso la casa è vuota ed è rimasta soltanto la polvere e un cartello vendesi. Nessuno la vuole quella casa. È vecchia. Va ristrutturata. Costa troppo. Cazzo! Che ne sapete voi di quanto vale la casa dei “nostri nonni”? La casa dei nostri antenati non ha un “valore” quantificabile con un assegno.
C’è molta bellezza nella notte di Castelnuovo. Nelle sue vie cerco la voce di un racconto .È un racconto molto pacato e molto flebile, che ha bisogno di attenzione per essere percepito. Ma qui, nella penombra, tutto sussurra. Nel 2023 tutto Castelnuovo è, ora , un luogo di silenzio ed io cerco racconti e storie nei luoghi della nostra socialità: la casa, la piazza, la chiesa, il cimitero.
A Castelnuovo, vedi un cartello “VENDESI” e inizi un viaggio nel tempo, nello spazio e dentro di te, perché nel raccontato ti ci rispecchi. E’ anche il tuo urlo di lucida disperazione che esplode tra le righe, con un linguaggio ritmato come un’opera rock, dove le parole esplodono come singhiozzi; sembra quasi di vedere scorrere le lacrime di rabbia e di dolore. La punteggiatura dà il ritmo, forsennato, come una corsa verso il precipizio.
È un viaggio dalla vita alla morte, da una notte a un’altra, e l’alba non ha spazio, è solo una fievolissima luce, lontanissima come una promessa che, si sa già, non sarà mantenuta.
Castelnuovo celebra il buio dell’anima, un’ angosciosa oscurità in cui i suoi indimenticabili personaggi si muovono a tentoni, ognuno con il proprio bagaglio di vita, ognuno vittima di qualcuno o qualcosa.
La cattiveria, da me subita e vomitatami addosso da alcuni compaesani , mi stupisce sempre. Ora, da vecchio e fragile , ma duro, quando la subisco, rimango lì a fissarla come fosse una bestia dalla quale non mi so difendere. Sono consapevole che non diventerò mai vecchio abbastanza da imparare a comprenderla, non diventerò mai neanche tanto povero d’animo da imparare a praticarla .Nessun giudizio morale, nessuna pietà, nessuna speranza perché, poi, alla fine :noi castelnuovesi siamo tutti uguali, tutti indistinti viaggiatori di terza classe, diretti verso un’unica e certa destinazione.
Brani da Murales castelnuovesi di Franco Leggeri
Castelnuovo di Farfa (Rieti) -Via Guglielmo Marconi-Foto di Franco LeggeriCastelnuovo di Farfa (Rieti) – Via GaribaldiCastelnuovo di Farfa (Rieti) – Via GaribaldiCastelnuovo di Farfa (Rieti) – Via GaribaldiCastelnuovo di Farfa (Rieti) – Via CoronariCastelnuovo di Farfa (Rieti) -La Piazza Comunale-Foto di Franco LeggeriCastelnuovo di Farfa (Rieti) – La Piazza ComunaleCastelnuovo di Farfa (Rieti) -La Piazza Comunale-Foto di Franco LeggeriCastelnuovo di Farfa (Rieti) la Fontana-Foto di Franco LeggeriCastelnuovo di Farfa la notte e i Bar di via Roma.Castelnuovo di Farfa la notte di via Roma.Castelnuovo di Farfa la notte di via Roma.Castelnuovo di Farfa la notte di via Roma.Castelnuovo di Farfa (Rieti)Castelnuovo di Farfa (Rieti)Castelnuovo di Farfa (Rieti)Castelnuovo di Farfa-Via CoronariCastelnuovo di Farfa-Via CoronariCastelnuovo di Farfa (Rieti)Castelnuovo di Farfa -40simoPremio letterario “LA TORRE D’ARGENTO”-1982-2022Castelnuovo di Farfa -Foto di Franco LeggeriCastelnuovo di FarfaCastelnuovo di FarfaCastelnuovo di FarfaCastelnuovo di FarfaCastelnuovo di FarfaCastelnuovo di Farfa Premio letterario La Torre d’Argento,Castelnuovo di Farfa Premio letterario La Torre d’Argento,Castelnuovo di Farfa Premio letterario La Torre d’Argento,Castelnuovo di Farfa Premio letterario La Torre d’Argento,Castelnuovo di Farfa Premio letterario La Torre d’Argento,Castelnuovo di Farfa Premio letterario La Torre d’Argento,Castelnuovo di Farfa Premio letterario La Torre d’Argento,Castelnuovo di Farfa Premio letterario La Torre d’Argento,Castelnuovo di Farfa (Rieti)Castelnuovo di Farfa -40simoPremio letterario “LA TORRE D’ARGENTO”-1982-2022CASTELNUOVO di FARFA(Rieti)-Castelnuovo di Farfa-Foto di Franco LeggeriCastelnuovo di Farfa-Disegno di Tatiana ConcasCastelnuovo di FarfaLa FONTANELLA della PIAZZETTA-Disegno di Tatiana CONCASCastelnuovo di Farfa e i suoi particolariCastelnuovo di Farfa (Rieti) – Porta Castello, Torre dell’OrologioCastelnuovo di Farfa la notte e i Bar di via Roma.Castelnuovo di Farfa la notte di via Roma.Castelnuovo di Farfa la notte di via Roma.Castelnuovo di Farfa la notte e i Bar di via Roma.Castelnuovo di Farfa la notte e i Bar di via Roma.
FIUMICINO-Borgo PALIDORO-Torre Perla sarà il museo Salvo d’Acquisto
Torre Perla di Palidoroospiterà il museo dedicato a Salvo d’Acquisto. Lo ha deciso la Regione Lazio approvando una specifica richiesta avanzata i primi di ottobre dal comune di Fiumicino.
“Siamo davvero felici, ha detto ieri il Sindaco di Fiumicino, Esterino Montino che la Giunta Regionale abbia approvato la delibera con cui autorizza la concessione della Torre di Palidoro, a favore di questa Amministrazione. Il 7 ottobre 2015 avevo scritto all’assessore regionale alle Politiche del Bilancio e Patrimonio, Alessandra Sartore, chiedendo la concessione della Torre, dell’area circostante e dei fabbricati prospicienti. Con il provvedimento firmato oggi il Comune di Fiumicino, d’intesa con il Comando generale dei Carabinieri, porrà le basi per la costituzione di un museo dedicato al vicebrigadiere Salvo d’Acquisto, medaglia d’oro al valor militare e figura che il nostro territorio vuole celebrare come merita”.
Salvo d’Acquisto:«Se muoio per altri cento, rinasco altre cento volte: Dio è con me e io non ho paura!»
Torre Perla di Palidoro sarà il museo Salvo d’Acquisto
La Torre-
La torre, a pianta quadrata e alta circa 20 metri, risale al periodo delle invasioni saracene e serviva, insieme a diverse altre torri costiere, tutte erette tra l’VIII e il IX secolo, ad avvistare l’avvicinarsi delle navi nemiche. La torre di Palidoro, nota anche come torre Perla, è una fortificazione costiera di avvistamento realizzata tra l’VIII ed il IX secolo a difesa del territorio dell’Agro romano dalle scorribande saracene che a partire dall’VIII secolo d.C. flagellarono le coste del Tirreno fino a giungere a minacciare Roma. Proprio davanti alla torre il 23 settembre 1943, il vicebrigadiere dei Carabinieri Salvo d’Acquisto, comandante della stazione locale sacrificò la propria vita per salvare 22 persone rastrellate dopo un attentato contro le truppe tedesche e per questo destinate alla fucilazione.
Foto di Franco Leggeri
Torre Perla di Palidoro sarà il museo Salvo d’AcquistoTorre Perla di Palidoro sarà il museo Salvo d’AcquistoTorre Perla di Palidoro sarà il museo Salvo d’AcquistoTorre Perla di Palidoro sarà il museo Salvo d’Acquisto- lTorre Perla di Palidoro sarà il museo Salvo d’Acquisto- la spiaggia Torre PerlaTorre Perla di Palidoro sarà il museo Salvo d’Acquisto- la spiaggia Torre PerlaTorre Perla di Palidoro sarà il museo Salvo d’AcquistoTorre Perla di Palidoro sarà il museo Salvo d’AcquistoTorre Perla di Palidoro sarà il museo Salvo d’AcquistoTorre Perla di Palidoro sarà il museo Salvo d’AcquistoTorre Perla di Palidoro sarà il museo Salvo d’AcquistoTorre Perla di Palidoro sarà il museo Salvo d’AcquistoTorre Perla di Palidoro sarà il museo Salvo d’AcquistoTorre Perla di Palidoro sarà il museo Salvo d’AcquistoTorre Perla di Palidoro sarà il museo Salvo d’AcquistoTorre Perla di PalidoroTorre Perla di Palidoro sarà il museo Salvo d’Acquisto
Biblioteca DEA SABINA-Associazione CORNELIA ANTIQUA
Roma Municipio XIII- -CASALOTTI-Castello della Porcareccia
– Reperti Archeologici-
ROMA-CASALOTTI –Interno Castello della Porcareccia-Reperti Archeologici- Stele commemorativa di un “apparitore” imperiale
All’interno del Castello della Porcareccia vi sono, vedi foto, significativi e pregevoli reperti archeologici:
Stele commemorativa di un “apparitore” imperiale ;
Base di tavola romana, in pietra, con bassorilievi;
Colonna simile a quella che si trova a Castel di Guido;
Macina manuale per cereali.CASALOTTI -Interno Castello della Porcareccia-Reperti Archeologici- Base di tavola romana, in pietra, con bassorilievi.CASALOTTI -Interno Castello della Porcareccia-Reperti Archeologici- Stele commemorativa di un “apparitore” imperialeCASALOTTI – Castello della Porcareccia-Reperti Archeologici- Colonna simile a quella che si trova a Castel di Guido.Castel di Guido- Piazzale del Castello-Colonna di Villa romana-CASALOTTI – Castello della Porcareccia-Reperti Archeologici- Macina manuale per cereali.
Associazione CORNELIA ANTIQUA- Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali.Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–
Si gioca alla Mora soltanto dagli adulti, in due, in quattro ed anche in più.
Per mezzo della conta si scelgono o si fanno i compagni.
Questo gioco tiene gli avversari all’erta e in Roma specialmente li appassiona all’eccesso.
Esso consiste nel gettare subitamente davanti al compagno di gioco la propria destra, tenendo piegati uno o più diti, e nell’annunziare allo stesso tempo il numero di quelli che (fra la destra dell’uno e dell’altro giocatore )si lasciano distesi.
L’altra mano segna i punti guadagnati.
Bisogna che l’avversario colga l’intenzione con destrezza per formulare lo stesso numero delle dita distese, come il suo compagno e con la stessa prestezza. Questa forzata precipitazione, l’estrema attenzione che esige per non sbagliare, la rapidità dei giri fanno sì che tutti e due slancino le loro voci in un tono molto vibrato. I volti degli interessati , come quelli degli spettatori, si fanno estremamente ardenti e concitati, finché le voci ansanti e rauche pronunciano, con secchezza gutturale, i numeri compendiati in grida monosillabe: Du’! Quatr’!
Un’! tre! S’! Cinq’!
Animati da questo trastullo, che spesse volte finisce con litigi, tanto è facile e disputabile l’errore, i romani si atteggiano a pose ed espressioni d’una bellezza feroce.
Ho voluto far menzione di questo gioco, perché si vuole che i nostri antenati giocassero alla Mora assediando Siracusa, come pretende Francis Wey, da cui lo trascrivo.
Si parla anzi di un bassorilievo greco in cui il petulante Ajace è vinto dal saggio Ulisse, alla presenza del vecchio Nestore.
Giggi Zanazzo
Estratto da: G. Zanazzo, Tradizioni popolari romane. Vol. 3.STET Torino 1907-10.
Lucia Tancredi-Jacopa dei Settesoli (la ricca amica di Francesco)
Edizioni Città Nuova, 2022
Nell’ottavo centenario del Primo Presepe di Greccio e della Regola dei Frati Minori ben si inserisce il nuovo lavoro di Lucia Tancredi, Jacopa dei Settesoli. la ricca amica di Francesco, per le edizioni Città Nuova.
Non una biografia in senso stretto, è, diversamente, l’abile e sapiente tessitura di un racconto, testimonianza letteraria e culturale, su Jacopa, Francesco d’Assisi e sul tempo che li attraversò.
Lucia Tancredi non è nuova in questo specifico operare, ha già pubblicato un paio di libri su donne e mistica e sul sacro femminile, argomenti di non semplice trattazione ma con i quali sembra trovarsi in grande agio, con passo lieve e poetico: il primo su Monica, la madre di Agostino, e l’altro su Ildegarda di Bingen, monaca benedettina, mistica medievale e molto altro, intellettuale a tutto campo, consigliera di pontefici e imperatori. Anche questo volume, dunque, ci consegna una lettura del femminile e al femminile acuta, originale e ricca di suggestioni per l’oggi.
Su Jacopa dei Settesoli, poiché le fonti sono ristrette e i documenti originali scarsi e in parte controversi, la scommessa di Lucia Tancredi è stata quella di lavorare su una tenue traccia storica intrecciandola al verosimile letterario e a stimolanti suggestioni culturali; un molto immaginato ma non falso che “riscrittura e invenzione” avvolgono in una trama fascinosa e avvolgente. La sua scrittura alterna e attorciglia le invenzioni letterarie ad inserimenti culturali precisi e a puntate aneddotiche sul tempo di Francesco e delle donne che lo seguirono, restituendoci una visione a tutto tondo, non scontata, di quelle vicende.
Un inquadramento culturale che rende ben comprensibile l’operare e il vivere dei protagonisti, espressione e prodotto di quella educazione “cortese” di derivazione francese che molti rampolli aristocratici e ricchi del tempo ricevevano in famiglia. Anche le donne di alto lignaggio, infatti, pur con differenze con l’educazione maschile, erano educate agli insegnamenti propri della Courtoisie e ai suoi stili di vita, al Fin Amor cantato dai troubadour, al culto cavalleresco della donna, tramite per arrivare a Dio.
La Francia, in particolare la terra di Provenza, era stato il focolare di questa cultura ‘alla moda’ e anche Francesco, ricco di famiglia, non era sfuggito a questa consuetudine. Del resto sua madre, Pica, era probabilmente di origine francese e suo padre Bernardone, al ritorno da un viaggio in quei territori, decise di chiamare il figlio non Giovanni, il vero nome, ma Francesco, Francese, a conferma del tipo di educazione che andava per la maggiore in certi ambienti.
Ed è perciò molto interessante osservare in questo territorio del centro-Italia vicende storico-sociali molto irrituali che riguardarono in particolare donne straordinarie, in un ambito privato e pubblico non facile per il sesso femminile. Non solo di Jacopa, dunque, racconta questo libro, ma anche di Chiara e delle sue consorelle, le future clarisse, e di Francesco naturalmente.
Alcuni mesi fa è uscito nelle sale il film di Susanna Nicchiarelli, Chiara che riporta i momenti salienti della sua vita e ne evidenzia il coraggio estremo nel perseguire gli ideali di povertà e castità indicati da Francesco. Il film è molto interessante, anche rispetto a questo volume perché anch’esso nel focalizzare aspetti importanti della questione femminile si aggancia ai temi e ai modi prediletti da Lucia Tancredi, in qualche modo ulteriormente arricchendoli, utilizzando, per esempio, la dimensione musicale, con canti e musiche in scena, laddove Tancredi usa le visioni e gli incanti poetici.
San Francesco
Nel caso di Chiara, è la scelta consapevole di una vita incerta e grama di povertà e di testimonianza cristiana, per la quale abbandonò provenienze nobiliari, ricchezze e sicurezza e si espose a vendette e violenze familiari. La condizione della donna (ricca) nel Medioevo non consentiva scelte di autonomia e di libertà di vita ma due alternative, il matrimonio o la vita claustrale, nel cui caso era consentito trasferire in convento gli agi propri della provenienza nobiliare. Era comunque una condizione privilegiata perché per il resto delle donne, quelle di condizione umile, non c’erano altre possibilità che seguire il solco di fatica, povertà e malattie della propria classe e condizione sociale.
Nel caso di Jacopa, personaggio centrale nella vita di Francesco d’Assisi e importante figura femminile nella Roma di quello scorcio del Duecento, lo strappo sarà solo apparentemente meno lacerante di quello di Chiara ma non meno leggero. Per entrambe furono scelte estreme e molto coraggiose, rese conseguenti anche dall’aver ricevuto in famiglia una educazione colta e aperta ad influssi sovralocali, insomma dall’aver raggiunto una consapevolezza di sé e delle proprie strade che solo una dimensione culturale molto avanzata e aperta poteva assicurare.
Il racconto su Jacopa si sviluppa come un continuum leggero e poetico, intonato alla sensibilità del tempo per linguaggio e tocco descrittivo. Ma la sua vicenda terrena e il rapporto con Francesco prendono corpo anche con riferimenti talvolta pungenti al vero storico, alle difficoltà che il Santo incontrò già durante la vita e ancor più dopo la morte, evidenziati plasticamente nei contrasti tra assisiati e perugini nel contendersi l’appropriazione del luogo della sua dipartita – “Perché Francesco vale più morto che vivo” – e molto presto per le voci dissonanti che si inserirono e in parte tentarono di addomesticare l’originario ideale francescano.
Madre, che cercava quel fratello?
Nulla, senza Francesco siamo tutti barche che urtano sui becchi delle rocce.
La nobildonna, da lui chiamata Frate Jacopa per indicare il rapporto speciale che a lei lo avvolgeva, fu legata al Santo da profonda e fraterna amicizia, un rapporto tra un uomo e una donna inusuale per il tempo, reso possibile solo per il fatto che Jacopa non era vincolata al voto religioso e alla clausura ma era autonoma per la sua condizione nobile e ricca.
Secondo alcune fonti il primo incontro avvenne a Roma nel 1209 [1] dove Francesco si era recato per ottenere l’approvazione delle Regole del suo ordine monastico da Innocenzo III e dove Jacopa viveva.
Quando qualcuno mi chiede quale Frangipane sono, dico: quella del Settizonio. Quella dei Settesoli.
E mi fanno una riverenza come a una castellana.
Sto intronata in una torre dentro la conca del cielo, a due passi dal sole.
Jacopa divenne da quel momento uno degli amici influenti e altolocati che lo sostennero sempre anche contro l’ostilità di parte della Curia.
Me l’avevano detto e non volevo crederci: c’è un matto che predica agli uccelli.
A Roma di matti che predicano ce n’è per tutti i gusti e le misure. Ma questo predica agli uccelli come uno stregone di campagna. E allora, qual è la novità?
Che gli uccelli lo stanno a sentire.
Jacopa dei Settesoli
La prima sede romana dei francescani fu l’ospedale San Biagio, fondato secondo la tradizione da Jacopa, in seguito trasformato nel convento di San Francesco a Ripa, a Trastevere, dominio dei conti normanni, famiglia di appartenenza di Jacopa, e dei conti Anguillara.
Jacopa, di nobili origini normanne (le trecce bionde dipinte da Giotto negli affreschi ad Assisi ne sono il segno), alta educazione e cultura, era di famiglia aristocratica e compassionevole – sposa giovanissima secondo il costume del tempo ad un suo pari, il nobile Graziano Frangipane de’Settesoli [3],
Sono sette i soli che fanno il sigillo di famiglia. Non uno, sette soli in processione, nel cielo delle stelle fisse della nobilissima schiatta dei Frangipane.
e altrettanto giovane presto vedova per la morte precoce del marito – decise, nonostante le pressioni ricevute anche nel contesto papale nel quale viveva e agiva, di non risposarsi, restando libera e padrona della sua vita, e di amministrare le vaste e ricche proprietà (le terre e i castelli sparsi a Roma e nella Campagna Romana fino ad Astura e Cisterna) mantenendo una scelta di vita di povertà e testimonianza francescane, trasmettendola come ideale anche ai figli.
Chiudo gli occhi. Lui è di fronte, con la sua ombra.
Io sono ricca – gli dico – E lui:
Non importa, ama a continua a camminare.
La loro amicizia perseverò e si rinsaldò fino alla morte di Francesco nel 1226, alla quale Jacopa fu presente, da lui chiamata, con amore ed estrema cura, preparando fin da Roma il panno per la tonaca che lui le aveva richiesto, panno grezzo color cenere, nel tipo di quello tessuto dai monaci circestensi nei paesi d’oltremare, una coperta di lana d’agnello, da lei filata con il vello di un piccolo di pecora che Francesco le aveva regalato tempo addietro, un cuscino ricamato, la cera per la sepoltura e gli amati biscotti romani di farina, mandorle e uova tanto da lui apprezzati – forse i mostaccioli?
Alcuni ulteriori spiragli su Jacopa ci sono forniti nel ciclo di affreschi delle storie di San Francesco di Giotto della Basilica superiore di Assisi: nella scena relativa all’ultimo saluto di Chiara e delle compagne alla salma di Francesco, viene raffigurata una figura femminile di spalle, vestita di rosso, colore del sacro femminile, con lunghe trecce bionde, che verosimilmente viene indicata come Jacopa dei Settesoli. E l’autrice ci ricorda anche che Giotto prima di dipingere gli affreschi si era peritato di ascoltare le testimonianze dirette di chi lo aveva conosciuto, non dando ascolto soltanto alle “voci del tempo” che già iniziavano a diffondere versioni rivedute della stessa biografia di Francesco, in particolare per l’azione di Bonaventura da Bagnoregio che, nominato Generale del francescani nel 1266, scrisse la Legenda di Francesco, una versione revisionata della sua vita, sottacendo ed eliminando momenti importanti, compresi quelli che riguardavano Jacopa e il suo ruolo.
Ma Jacopa, che non era già più su questa terra da alcuni anni – morì nel 1239 – non ne soffrì.
“Ora sapevo che Francesco era testimone della luce, del giorno nuovo. Se il nome è già destino, prima di essere Francesco lui era stato Giovanni.”
[2] Il complesso del Septizodium di Settimio Severo già in rovina, alla fine dell’VIII secolo divenne una fortezza baronale i cui ruderi entrarono nei possessi dei Frangipane. La tradizione riporta che al Circo Massimo nella Torre della Moletta Jacopa ospitò l’amico Francesco. Cfr. https://www.capitolivm.it/meraviglie-di-roma/il-septizodium-di-settimio-severo/
[3] Cfr. Omaggio a “Frate Jacopa”, cit. Il cognome Frangipane sarebbe legato all’uso di famiglia di distribuire il pane ai poveri, “frangere panem”.
Lucia Tancredi-Jacopa dei Settesoli (la ricca amica di Francesco)
Jacopa dei Settesoli
Nella ricostruzione, tra vero storico e verosimile letterario, di un Medioevo cortese, devoto al servizio d’amore come itinerario per giungere a Dio, Jacopa dei Settesoli non è solo l’amica e la protettrice di Francesco, ma una delle declinazioni del femminile sacro. La giovane matrona romana dalle trecce bionde, ricchissima e padrona del suo destino, stabilisce con Francesco un’intesa in cui l’amore è accettazione e valorizzazione della reciproca alterità come complemento e bene spirituale. La coralità dei Fratelli e delle Sorelle, un Oriente molto prossimo nei suoi scontri e nei suoi incanti, la difficile e controversa eredità di Francesco sono il contesto in cui si individua e si riscatta la figura di Jacopa, nella luminosa e coraggiosa fedeltà a se stessa, pur nell’esperienza di una vicenda d’amore straordinaria e assoluta.
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