Poesie di William Butler Yeats ,Poeta irlandese-Premio Nobel 1923-
William Butler Yeats-Poeta irlandese (Sandymount, Dublino, 1865 – Roquebrune-Cap Martin 1939), fratello di Jack Butler. È stato uno dei grandi protagonisti della poesia tra Ottocento e Novecento. Attratto dalle leggende irlandesi (Thewanderings of Oisin and other poems,1889) e dalle scienze occulte (Countess Cathleen, 1892), Y. elaborò un complesso simbolismo, misto di elementi celtici e teosofici. La sua produzione teatrale e quella poetica volsero, nella fase più matura, verso accenti maggiormente legati alla realtà. Fu insignito del premio Nobel per la letteratura (1923).
Sogni infranti
Fra i tuoi capelli è qualche filo bianco. E i giovani ormai più quando tu passi d’improvviso non soffoca il respiro. Ma qualche vecchio forse mormorando ti benedice, ché una tua preghiera l’ha scampato sul letto della morte. Per te che sai del cuore ogni tormento e ogni tormento hai inflitto all’altrui cuore, di gracile fanciulla germogliando la tua bellezza grave – per te sola il cielo ha cancellato la sentenza, tanta parte gli serbi in quella pace, se cammini soltanto in una stanza.
La tua bellezza può tra noi lasciare solo ricordi, pallidi ricordi. E un giorno a un vecchio un giovane dirà: “Diteci dunque di quella signora che un poeta ostinato ci esaltava quando l’età gli ebbe gelato il cuore.”
Vaghi ricordi, pallidi ricordi che nella tomba tutti rivivranno. La certezza che un giorno la signora vedrò giacere o ritta o camminare nella bellezza sua prima di donna col fervore degli occhi giovanili m’ha fatto come folle delirare.
E tu sei bella più d’ogni altra donna, ma una macchia offuscava il tuo bel corpo: non erano le tue piccole mani belle, e temo che tu forse non corra e remi fino al polso in quell’arcano lago sempre ricolmo dove quelli che hanno adempito alle divine leggi remano e sono ormai perfetti. Lascia immutate le mani ch’io baciavo per amore di un’amicizia antica.
L’ultimo tocco della mezzanotte muore; l’intero giorno ho allineato di sogno in sogno e poi di verso in verso divagando con un fantasma d’aria: solo ricordi, pallidi ricordi.
Trad. di Leone Traverso
William Butler Yeats –Poesie-Biblioteca DEA SABINA
Quando sarai vecchia
Quando tu sarai vecchia e grigia, col capo tentennante ed accanto al fuoco starai assonnata, prenderai questo libro. E lentamente lo leggerai, ricorderai sognando dello sguardo che i tuoi occhi ebbero allora, delle loro profonde ombre. Di quanti amarono la grazia felice di quei tuoi momenti e, d’amore falso o a volte sincero, amarono la tua bellezza. Ma uno solo di te amò l’anima irrequieta, uno solo allora amò le pene del volto tuo che muta. E tu, chinandoti verso le braci, sarai un poco triste, in un mormorio d’Amore dirai, di come se ne volò via… passò volando oltre il confine di questi alti monti e per sempre poi il suo volto nascose in una folla di stelle.
Innisfree, l’isola sul lago Mi leverò e andrò, ora, andrò a Innisfree, E costruirò una capanna laggiu, fatta d’argilla e canne, Nove filari a fave avrò laggiu, un’arnia 1 per le api da miele, E solo starò nella radura ronzante d’api. E avrò un po’ di pace laggiu, ché la pace discende goccia a goccia , Discende dai velami del mattino fin dove canta il grillo; La mezzanotte laggiu è tutto un luccichio, il meriggio purpurea incandescenza , La sera è piena d’ali di fanello. Mi leverò e andrò, ora, ché sempre notte e giorno Odo l’acqua del lago lambire con lievi suoni la sponda; Stando in mezzo alla strada, sui marciapiedi grigi, La sento nella fonda intimità del cuore.
William Butler Yeats –Poesie-Biblioteca DEA SABINA
Il gatto e la luna
Il gatto andava qui e là E la luna girava come trottola, E il parente più stretto della luna, Il gatto strisciante, guardò in su. Il nero Minrialoushe fissava la luna, Perché, per quanto vagasse e gemesse, La luce fredda e limpida nel cielo Turbava il suo sangue animale. Minnaloushe corre fra l’erba Alzando le sue zampe delicate. Vuoi ballare, Minnaloushe, vuoi ballare? Quando s’incontrano due parenti stretti Che c’è di meglio che mettersi a ballare? Forse la luna imparerà, Stanca delle mode di corte, Un nuovo passo di danza. Minnaloushe striscia fra l’erba Di luogo in luogo illuminato dalla luna, La sacra luna sul suo capo È entrata in una nuova fase. Lo sa Minnaloushe che le sue pupille Passeranno di mutamento in mutamento, Che vanno dalla tonda alla lunata, Dalla lunata alla tonda? Minnaloushe striscia, fra l’erba Solo, importante e saggio, E leva alla luna mutevole I suoi occhi mutevoli.
La maschera
Togli quella maschera d’oro ardente Con gli occhi di smeraldo.
“Oh no, mio caro, tu vuoi permetterti Di scoprire se i cuori sian selvaggi o saggi, Benché non freddi.”
“Volevo solo scoprire quel che c’è da scoprire, Amore o inganno.”
“Fu la maschera ad attrarre tua mente E poi a farti battere il cuore, Non quel che c’è dietro.”
“Ma io debbo indagare per sapere Se tu mi sia nemica.”
“Oh no, mio caro, lascia andar tutto questo; Che importa, purché ci sia fuoco In te, in me?”.
William Butler Yeats –Poesie-Biblioteca DEA SABINA
Alla memoria di Eva Gore-Booth
La luce della sera, Lissadell, Grandi finestre aperte verso sud, Due ragazze in kimono di seta, Entrambe belle, e una una gazzella.
Ma un delirante autunno strappa i fiori Alla ghirlanda dell’estate; la più grande È condannata a morte, perdonata, E trascina i suoi anni solitari A cospirare fra gli ignoranti.
Io non so cosa sogni la più giovane – Forse una vaga Utopia – e sembra, Ormai avvizzita e scarna come scheletro, Proprio un’immagine di quella politica.
Talvolta penso di andare a cercare L’una o l’altra, e parlare Di quella vecchia casa georgiana, fondere Le immagini della memoria, ricordare Quel tavolo e i discorsi della giovinezza, Due ragazze in kimono di seta, Entrambe belle, e una una gazzella.
Care ombre, ora sapete tutto, Conosco tutta la follia di una lotta Con un torto comune, o una comune ragione.
Per chi è innocente e bello Soltanto il tempo è nemico; Levatevi, e ditemi d’accendere un fiammifero E di accenderne un altro, finché non arda il tempo; E se l’incendio dilaga Correte pure a dirlo a tutti i saggi.
Noi costruimmo il gran gazebo, ed essi Ci riconobbero colpevoli; ditemi D’accendere un fiammifero e soffiare.
Canzone dell’amante
L’uccello sospira per desiderio d’aria, Il pensiero per non so qual luogo, Per il grembo il seme sospira. Ora scende un medesimo riposo Sulla mente, sul nido, Sulle cosce sforzate.
William Butler Yeats –Poesie-Biblioteca DEA SABINA
Pena d’amore
Il clamore d’un passero sulle grondaie, La luna brillante e tutto il latteo cielo, E tutta quella famosa armonia di foglie, Avean cancellato l’immagine dell’uomo ed il suo grido.
Una fanciulla sorse che aveva labbra rosse e dolenti E sembrava la grandezza del mondo in lacrime, Condannata come Odisseo e le navi travagliate E orgogliosa come Priamo assassinato con i suoi pari.
Sorse, e sull’istante le grondaie piene di clamore, Una luna che si arrampicava su un vuoto cielo, E tutto quel lamento delle foglie, Potevano soltanto comporre l’immagine dell’uomo e il suo grido.
I due alberi
Adorato, fissa lo sguardo nel tuo proprio cuore, L’albero santo sta crescendo là; Originano dalla gioia i sacri rami, E i tremuli fiori tutti che ne vengono.
I cangianti colori del suo frutto Han dotato le stelle d’un’armonica luce; La certezza della sua occulta radice Ha impiantato quiete nella notte;
L’agitarsi della sua chioma frondosa Ha donato alle onde melodia, E sposato le mie labbra con la musica, Per te mormorando una canzone di mago.
Là i figli di Giove compongono un cerchio, L’ardente cerchio dei giorni che ci appartengono, Rotando, ergendosi su e giù In quelle grandi vie frondose inconsapevoli;
Ricordando la chioma tutta scossa E degli alati sandali il guizzare, I tuoi occhi crescono pieni di tenera cura: Adorato, fissa lo sguardo nel tuo proprio cuore.
Non volger più l’occhio nello specchio amaro Che i demoni, con la loro astuzia sottile. Innalzano di fronte a noi quando essi passano, O solamente per poco tempo fissalo;
Giacché vi cresce un’immagine fatale Che la notte tempestosa accoglie in sé, E radici mezzo nascoste dalle nevi, E rami rotti ed annerite foglie.
Poiché cose malate portano a sterilità Nel fioco specchio che recano i demoni, Specchio della stanchezza esteriore, Fatto allorché Dio dormì nei tempi antichi.
Là, attraverso i rami rotti, vanno I corvi del pensiero senza riposo; Volando, gridando, su e giù, Artiglio crudele e famelica gola,
Oppur si fermano ed annusano il vento, E scuotono le logore ali; ahimè! I tuoi occhi gentili divengono del tutto scortesi: Non volger più l’occhio nello specchio amaro.
William Butler Yeats –Poesie-Biblioteca DEA SABINA
Gli amici le portano un albero di Natale
Perdona grande nemica, Senza pensiero irato Abbiam portato l’albero, E qui e lì comprato Per adornare ogni ramo, E lei dal letto rimiri Cose graziose che rallegrino Una fantasiosa mente. Un po’ di grazia donale Anche se un occhio ridente Ha spiato il tuo volto Che muore.
Un campo d’erba
Quadro e libro rimangono, Un campo d’erba verde Per prendere un po’ d’aria, Ora che le forze del corpo se ne vanno; Mezzanotte, una vecchia casa In cui solo un topo si muove.
La mia tentazione è la quiete. Qui al termine della vita Né la sbrigliata immaginazione, Né la macina della mente Che ne consuma cenci e ossa, Riescono a render nota la verità.
Mi sia concessa la frenesia di un vecchio, Devo rifare me stesso Fino ad essere Timone o Lear O quel William Blake Che bussò sul muro Tanto che la Verità rispose al suo richiamo;
Una mente quale la conobbe Michelangelo Tale da penetrare le nuvole, O ispirata dalla frenesia Da scuotere i morti nei sudari; Del resto dimenticata dal genere umano: La mente d’aquila di un vecchio.
Gli uccelli bianchi
Fossimo noi bianchi uccelli, mia amata, sulla spuma del mare! La fiamma della meteora ci stanca prima di appassire e la fiamma dell’azzurra stella bassa nel cielo crepuscolare ci ha ridesta, mia amata, nel cuore una tristezza che non può morire.
Stanchezza esalano questi sognatori grevi di rugiade, la rosa e il giglio; ah non sognare fiamma di meteora vagante, né la fiamma dell’azzurra stella ch’esita mentre la rugiada cade: ma ci muti la sorte in uccelli bianchi a galla sulla spuma errante!
Nostalgia d’isole innumerevoli mi tormenta e di danae prode, dove ci dimentichi il Tempo e l’Affanno non osi calare; lontani saremmo dal giglio e la rosa e la fiamma che rode, solo fossimo noi bianchi uccelli, mia amata, sulla spuma del mare!
Il secondo Avvento Ruotando e roteando nella spirale che sempre più si allarga, Il falco non può udire il falconiere; Le cose si dissociano; il centro non può reggere; E la pura anarchia si rovescia sul mondo, La torbida marea del sangue dilaga, e in ogni dove Annega il rito dell’innocenza; I migliori hanno perso ogni fede, e i peggiori Si gonfiano d’ardore appassionato.
Certo qualche rivelazione è vicina; Certo s’approssima il Secondo Avvento. Il Secondo Avvento! E le parole sono appena dette Che un’immagine immensa sorta dallo Spiritus Mundi Mi turba la vista; in qualche luogo nelle sabbie del deserto Una forma dal corpo di leone e dalla testa d’uomo Con gli occhi vuoti e impietosi come il sole avanza Con le sue lente cosce, mentre attorno Ruotano l’ombre degli sdegnati uccelli del deserto.
Nuovamente la tenebra cade; ma ora so Che venti secoli di un sonno di pietra Furono trasformati in incubo da una culla che dondola. E quale rozza bestia, finalmente giunto al suo tempo avanza Verso Betlemme per esservi incarnata?
Lo Sprone
Ti sembra orribile che lussuria e furia Mi faccian scorta nella mia vecchiaia; Non erano tanto assillanti quand’ero giovane; Che altro mi resta per spronarmi a cantare?
William Butler Yeats –Poesie-Biblioteca DEA SABINA
Egli desidera il tessuto del cielo
Se avessi il drappo ricamato del cielo,
intessuto dell’oro e dell’argento e della luce,
i drappi dai colori chiari e scuri
del giorno e della notte
dai mezzi colori dell’alba e del tramonto,
stenderei quei drappi sotto i tuoi piedi:
invece, essendo povero, ho soltanto sogni;
e i miei sogni ho steso sotto i tuoi piedi;
cammina leggera perché
cammini sopra i miei sogni.
William Butler Yeats –Poesie-Biblioteca DEA SABINA
Biografia
William Butler Yeats- Poeta irlandese (Sandymount, Dublino, 1865 – Roquebrune-Cap Martin 1939), fratello di Jack Butler. È stato uno dei grandi protagonisti della poesia tra Ottocento e Novecento. Attratto dalle leggende irlandesi (Thewanderings of Oisin and other poems,1889) e dalle scienze occulte (Countess Cathleen, 1892), Y. elaborò un complesso simbolismo, misto di elementi celtici e teosofici. La sua produzione teatrale e quella poetica volsero, nella fase più matura, verso accenti maggiormente legati alla realtà. Fu insignito del premio Nobel per la letteratura (1923).
William Butler Yeats –Poesie-Biblioteca DEA SABINA
Vita e opere di William Butler Yeats-Il paese d’origine della madre, Sligo, dove si recava da Londra per le vacanze, esercitò grande fascino sul giovane Yeats. Stabilitosi in Irlanda con la famiglia (1880), frequentò per tre anni la scuola d’arte, influenzato dalle idee del padre pittore. Conosciuto G. W. Russell, iniziò con lui gli studi di occultismo e fondò nel 1885 una Hermetic Society. In questi stessi anni si avvicinò al movimento nazionalistico irlandese. Nel 1886 iniziò il poema basato su antiche leggende irlandesi, The wanderings of Oisin and other poems; nel 1887, trasferitosi a Londra, entrò in contatto con gli estetisti decadenti e con i circoli teosofici. Sono di quegli anni Fairy folk tales of the Irish peasantry (1888) e Representative Irish tales (1890). Nel 1891 fondò la Irish literary society a Londra e nel 1892 la National literary society a Dublino. Nello stesso anno pubblicò Countess Cathleen, dramma in cui abbondano preziosismi preraffaelliti ed è palese l’interesse per le scienze occulte. Questo è testimoniato anche dall’edizione delle opere di Blake (1893, in collab. con F. J. Ellis) e dal dramma The land of heart’s desire (1894). L’incontro con Lady Gregory nel 1896 accentuò gli interessi politici di Y. che divenne una delle figure più importanti del rinascimento celtico: nel 1899 inaugurò l’Irish Literary Theatre. In quegli anni attraverso la frequentazione di circoli rosacrociani e la lettura dei simbolisti francesi venne formando il suo complesso simbolismo, misto di elementi celtici e teosofici. Nel 1895 ristampò rivedute le liriche di Oisin e Cathleen col titolo Poems; nel 1899 una nuova raccolta, The wind among the reeds. Intanto la sua produzione teatrale, dopo The shadowy waters (1900) e Cathleen in Houlihan (1902), subì una svolta radicale con i drammi sul mitico eroe irlandese Cuchulain (On Baile’s strand, 1903; Deidre, 1907; The unicorn from the stars, 1908; The green helmet, 1910); Y. appare distaccato dall’esperienza preraffaellita e intento a ricercare un linguaggio più misurato e aderente alla realtà. Lo stesso mutamento si avverte nelle poesie (In the seven woods, 1903). L’amicizia con E. Pound (di cui fu segretario dal 1913 al 1916), l’insurrezione irlandese del 1916, lo scoppio della prima guerra mondiale e il matrimonio sono esperienze che si riflettono nelle opere dell’ultimo periodo. Responsibilities (1914) e la seconda ed. di The wild swans at Coole (1919) segnano tappe importanti nella sua opera. Nel 1922, proclamato lo Stato libero d’Irlanda, fu eletto senatore; nel 1923 l’assegnazione del premio Nobel per la letteratura lo consacrò tra le grandi voci della poesia del Novecento. Tra gli ultimi scritti si ricordano: Michel Robartes and the dancer (1920); Plays for dancers (1921); Autobiographies (1926); e i due volumi di versi The tower (1928) e The winding stair (1933).
Franco Leggeri Fotoreportage- L’Alba nella Campagna Romana-
Franco Leggeri Fotoreportage- L’alba nella Campagna Romana
Franco Leggeri Fotoreportage- L’alba nella Campagna Romana è un’immersione nel silenzio che suscita emozioni , evoca suggestioni che poi si perdono nell’infinità del cielo romano. Fotografare è come toccare a mani nude la purezza della rugiada ancora addormentata sull’erba e godere , a beneficio della fotocamera, dei chiarori dell’alba, di questa luce e di questo immenso silenzio per avere delle immagini irripetibili . Farsi accarezzare dai raggi del sole che si è “appena svegliato” e accende i colori di questa Campagna,significa gioire dell’intimità di questo luogo d’incontro che è un vero e grandioso dono di Dio.
Franco Leggeri Fotoreportage- L’alba nella Campagna Romana
Sono le 5:30 di un mattino estivo e mi resta ancora poco tempo per vivere in compagnia di questa bellezza ammantata di pace. Ora sta iniziando il traffico e le auto infrangono e distruggono il silenzio. Tra poco inizia il caos della “civiltà “, ma restano ancora momenti per essere con me stesso e fotografare ancora una volta l’Alba e il suo disperdersi nel giorno . Questi sono attimi che, se li sai centellinare, possono diventare infiniti e dare un piacevole senso di assenza di gravità e anche l’illusione che sia possibile fluttuare nell’armonia della bellezza. Sono tantissimi anni che godo la magia della Campagna Romana così carica di storia che gli alberi, i cespugli e le pietre sanno raccontare a chi sa ascoltare i loro sussurri. Ormai mi rimane difficile immaginare come sarebbero le mie mattine senza la bellezza di questa visione, dove i colori che la dipingono nascono da una tavolozza infinita che ogni giorno la trasforma in un affresco di stupefacente potenza che incide la mia anima, oltre il limite oscuro .
Franco Leggeri Fotoreportage- L’alba nella Campagna Romana
Franco Leggeri Fotoreportage- L’alba nella Campagna Romana
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Franco Leggeri Fotoreportage- L’alba nella Campagna Romana
Franco Leggeri Fotoreportage- L’alba nella Campagna Romana
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La Campagna Romana o Agro Romano, in senso storico o tradizionale, non coincide con nessuna delle odierne suddivisioni amministrative e neppure con l’area che potrebbe definirsi come banlieue di Roma. Essa comprende il comune di Roma (1507,6 km2) eccetto l’area occupata dalla città coi quartieri e suburbî (222 km2) cioè 1285,6 km2 cui sono peraltro da aggiungere il comune di Aprilia (177,6 km2) costituito nel 1937, e parte dei comuni di Anzio, Nettuno, Pomezia e Marino; in quest’ultimo comune si trova l’aeroporto di Ciampino coi nuclei abitati dipendenti, compresa la così detta Città giardino Appia (v. ciampino, in questa App.). Il fatto più notevole che caratterizza l’ultimo ventennio è il progressivo rapido ripopolamento della Campagna. Limitandoci al territorio pertinente al Comune di Roma, i 62.500 ab. (residenti) del 1936, sono divenuti 120.781 nel 1981 e 161.886 nel 1956. L’incremento è dovuto non tanto al moltiplicarsi delle case sparse, quanto al costituirsi di nuclei che sono spesso antichi casali trasformati, dotati di chiesa, scuola, stazione sanitaria, ovvero di nuove unità rurali, o infine di veri e proprî centri. Di questi il più recente censimento ne annovera 42, dei quali uno, il Lido di Ostia è ormai una cittadina di circa 20.000 ab., altri due o tre hanno popolazione superiore a 5000 ab. (oltre a Ciampino) e sette o otto popolazione superiore a 1000 ab. Il richiamo della popolazione verso il mare è evidente. Dopo il Lido, il centro più popoloso è Fiumicino, che acquisterà nuovo incremento con l’apertura al traffico (1961) del grande aeroporto intercontinentale; a nord di Fiumicino è Fregene; a sud del Tevere Tor Vaianica, a prescindere dalle altre recenti “marine” che si succedono fino ad Anzio. Altra ben visibile trasformazione della Campagna, del resto connessa con la precedente, è la riduzione delle aree pascolive a vantaggio delle coltivazioni. Tra queste predomina ancora il grano, ma nelle zone periferiche compare la vite (anche per frutto), altri alberi fruttiferi, prati da foraggio e, in plaghe più ricche di acqua, colture orticole. La Campagna comprende due grandi bonifiche effettuate secondo piani predisposti, la bonifica di Maccarese e quella di Porto-Isola Sacra, oltre ad altre minori; comprende anche taluni grossi centri di allevamento, come Torrimpietra. L’allevamento bovino si sviluppa, quello ovino declina a causa della accennata riduzione del pascolo naturale. Manifesta è anche la trasformazione o integrazione della rete stradale. Le antiche vie consolari irraggianti dalla città che ancora costituiscono lo schema fondamentale, sono collegate da vie trasversali (a cominciare dal “grande raccordo anulare” corrente a 11-15 km dal centro di Roma), da collegamenti secondarî, da strade vicinali e di bonifica. La parte della Campagna più vicina alle aree suburbane viene a poco a poco assorbita dalla espansione del Suburbio stesso sia verso il mare (dove i quartieri dell’EUR sono, secondo il reparto del 1951, ancora fuori del Suburbio), sia verso est (via Tiburtina), sia verso sud-est (vie Prenestina e Casilina), sia anche verso nord (via Cassia).e (via Aurelia) Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani
Franco Leggeri Fotoreportage- L’alba nella Campagna Romana
Franco Leggeri Fotoreportage- L’alba nella Campagna Romana
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Storia
Secondo Carocci e Vendittelli la struttura fondiaria e produttiva della Campagna Romana risale al tardo medioevo e si è conservata senza soluzione di continuo fino alla riforma agraria a metà del XX secolo.
Le invasioni barbariche, la guerra greco-gotica e la definitiva caduta dell’Impero romano d’Occidente favorirono il generale spopolamento delle campagne, compresa quella romana, e i grandi latifondi imperiali passarono nelle mani della Chiesa, che aveva ereditato le funzioni assistenziali e di governo già assolte dai funzionari imperiali, e le esercitava nei limiti del possibile.
A partire dall’VIII secolo le aziende agricole (villae rusticae) di epoca imperiale si trasformarono – dove sopravvissero – in domuscultae, entità residenziali e produttive autosufficienti e fortificate, dipendenti da una diocesi – o una chiesa, o un’abbazia – che deteneva la proprietà delle terre e le assegnava in enfiteusi ai contadini residenti. Questi spesso ne erano gli originali proprietari, ed avevano conferito la proprietà dei fondi alla Chiesa in cambio di un piccolo canone di affitto e dell’esenzione dalle tasse. Queste comunità godevano di completa autonomia, che implicava anche il diritto ad armarsi per autodifesa (da dove la costruzione di torri e torrette), e in alcuni casi giunsero anche a battere moneta.
Già dal X secolo, tuttavia, la feudalizzazione costrinse i contadini ad aggregarsi attorno ai castelli dei baroni ai quali veniva man mano attribuito il possesso – a vario titolo – di molte proprietà ecclesiastiche, e la coltivazione della pianura impaludata e malarica fu abbandonata, col tempo, quasi completamente. Là dove si continuava a coltivare, questi nuovi latifondi ormai deserti, nei quali sorgevano sparsi casali fortificati, furono destinati a colture estensive di cereali e a pascolo per l’allevamento di bestiame grande e piccolo. Il loro scarso panorama umano era costituito da pastori, bovari e cavallari, braccianti al tempo delle mietiture, briganti.
L’abbandono delle terre giunse a tal punto che con la conseguente scomparsa degli insediamenti urbani nel territorio circostante Roma attorno alle vie Appia e Latina, l’ex Latium Vetus, venne ripartito in “casali”, tenute agricole di centinaia di ettari dedicato all’allevamento di bestiame, soprattutto ovini, e alla coltivazione di cereali, a cui erano addetti lavoratori salariati spesso stagionali. Questi latifondi in età rinascimentale e moderna divennero proprietà delle famiglie legate al papato. A seguito dello spopolamento delle terre pianeggianti ritornate a pascolo, si aggravò il grave problema dell’impaludamento e della malaria.
Nel XVII secolo, dopo la redazione del Catasto Alessandrino[1], furono concessi ai contadini, ai piccoli proprietari e agli abitanti dei borghi l’uso civico dei terreni spopolati e abbandonati ed esenzioni fiscali (mentre venivano aggravate le imposizioni sui proprietari noncuranti), allo scopo di stimolare il ripopolamento di quelle campagne.
Franco Leggeri Fotoreportage- L’alba nella Campagna Romana
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Santa Teresa d’Avila e la Poesia mistica- Articolo di Antonio Tarallo-
“Il poeta comincia dove finisce l’uomo”, così sentenziava il filosofo spagnolo José Ortega Y Gasset. Santa Teresa d’Avila, Dottore della Chiesa, nella sua profonda esperienza mistica, si è servita anche della poesia, oltrepassando così con i suoi componimenti quel guado che divide l’uomo dall’infinito.
Eppure troppe volte sono stati dimenticati i suoi versi in cui è possibile trovare un vero e proprio scrigno di bellezza e di spiritualità. Al loro interno, infatti, è possibile persino scovare quella che sarà poi conosciuta comunemente la “trasverberazione del cuore”, una delle grazie mistiche di cui santa Teresa spiegherà nella sua Vita, l’autobiografia della santa: il dardo, la “freccia” dell’Amore di Dio colpisce il suo cuore, lo tramuta e lo sublima facendolo avvicinare al Cuore di Dio in nozze mistiche. Nozze che, in molte occasioni, sembrano essere celebrate dalla santa nei suoi componimenti poetici: santa Teresa ascende a Dio così come discende nelle profondità della poesia.
L’Estasi di Santa Teresa d’Avila-Opera del Bernini
Sfogliando queste pagine poetiche, è possibile dividere la produzione in versi in tre determinati gruppi: prima di tutto troviamo le poesie mistiche nelle quali si respira tutta la spiritualità della santa; il secondo gruppo comprende le poesie che hanno come oggetto le feste liturgiche come il Natale, l’Epifania o l’Esaltazione della Croce; e, infine, il terzo gruppo, scritte – come lei stessa le definisce – con “stile di fratellanza e di ricreazione”: sono versi che celebrano avvenimenti interni alla comunità religiosa per allietare le consorelle della comunità monastica.
Tre diverse situazioni poetiche, ma con un elemento in comune ben preciso: la Bellezza. Santa Teresa è stata sempre affascinata – fin dalla fanciullezza – dalla bellezza artistica, nelle sue diverse espressioni, ma specialmente era attratta dall’arte pittorica e scultorea. Più volte, nel libro della sua Vita, si sofferma sul piacere che prova per l’armonia scaturita dalla musica del fruscio della campagna che la circonda. Più volte si sofferma sulle note di una canzone che ha ascoltato. E’ proprio questo, infondo, l’humus dell’anima da cui nasceranno i suoi versi, frammenti poi di una Bellezza ancora più vasta, quella del Signore. Un riassunto della sua visione poetica è possibile trovarlo in questi suoi versi che delineano, tratteggiano con efficacia il suo animo poetico dedicato a Dio: “Bellezza che trascendi/ ogni bellezza!/ Senza ferire, fate soffrire;/ senza dolore, voi fate morire”. Passare in rassegna tutte le poesie che ha composto santa Teresa sarebbe impresa alquanto ardua visto la molteplicità di temi affrontati. Cercheremo, allora, di fare una breve selezione.
Vivo sin vivir en mi (Vivo ma non vivo in me) è questo il nome di una delle poesie-canzoni più importanti della sua produzione. I versi racchiudono ossimori e altre figure retoriche assai care ai poeti, di ogni epoca: “Vivo ma non vivo in me/e attendo una tal vita/ da morirne se non muoio”.
E ancora “Questa divina prigione/ dell’amore in cui vivo,/ ha reso Dio, mio prigioniero/ e libero il mio cuore;/ e causa in me tanta passione/ da morirne se non muoio”. Del tutto particolare, rimane la seconda tipologia di produzione, quella legata alle feste liturgiche. Il loro maggior merito è quello di aver introdotto nei monasteri carmelitani il ricorso alla poesia come componente festiva della vita religiosa. Un tema fondamentale – e non poteva essere altrimenti – per l’ordine carmelitano è quello della Croce che santa Teresa canta in diversi componimenti da condividere con le proprie consorelle. E’ il caso di En la Cruz está la vida (Nella Croce risiede la vita), composta per le religiose del monastero di Soria, in occasione della festa dell’Esaltazione della Santa Croce: “Le religiose la cantano durante la processione che fanno in detto giorno per i corridoi del monastero, recandosi al luogo della sepoltura comune, sotto il coro inferiore. E’ una funzione commovente: si procede a croce alzata, e le religiose tengono in mano rami di palma e di olivo”, così si legge in un antico manoscritto.
I versi che santa Teresa compone per quest’occasione sono versi dal ritmo serrato, scandito da sillabe che vengono cadenzate in rima. Bisogna ricordare che questi componimenti vivevano poi dell’improvvisazione delle consorelle. Si può, dunque, solo immaginare l’effetto vero e proprio che potevano avere. Altra occasione, il Santo Natale: nei monasteri carmelitani si respirava un’aria di particolare gioia durante le feste natalizie; ogni comunità aveva le sue modalità di festeggiare e molte di queste sono state introdotte dalla stessa Santa Teresa e dall’altro poeta carmelitano San Giovanni della Croce. E’ possibile trovare il tema della notte santa nelle seguenti poesie: Pastores que veláis (Pastori che vegliate), nel componimento Al nascimento de Jesús (Per la nascità di Gesù), e ancora nella graziosa canzone En la noche de Navidad (Nella notte di Natale).
L’entrata di una nuova sorella nel Carmelo era poi celebrata come una grande festa. Ed è così che nascono per queste occasioni speciali alcuni poemetti che riescono a offrirci una sorta di fotografia della vita nei monasteri del Carmelo: “Il leggiadro vostro velo/ dice a voi di stare in veglia/ di montar la sentinella, fino a che lo Sposo venga./ Nella vostra mano accesa/ sempre abbiate una candela;/ sotto il velo state in veglia”.
Santa Teresa, una voce poetica votata al Signore; un forziere di ricordi e immagini che andrebbe riscoperto perché la mistica passa anche per la poesia.
Addio alla pittrice Marta Czok, l’Arte come testimonianza della condizione umana-
Si è spenta lo scorso giovedì 6 Febbraio la pittrice Marta Czok. La sua vita si è conclusa all’improvviso, con un arresto cardiaco mentre lavorava sulla sua ultima tela. Marta Czok (1947-2025) nacque a Beirut da una famiglia polacca che, all’esito della Seconda Guerra Mondiale trovò asilo politico a Londra, passando attraverso l’Egitto. Marta Czok studiò alla St Martins School of Art, selezionata ripetutamente per la Royal Academy Summer Exhibition. Negli anni Settanta, si trasferì in Italia dove sposò Valter Scarso, con cui, in oltre cinque decadi di lavoro, stabilì la sua carriera artistica. Le opere di Marta Czok, collezionate ed esposte in tutto il mondo, si contraddistinguono per la loro vena ironica, attraverso la quale ha espresso le sue riflessioni pungenti sull’ingiustizia sociale, l’importanza della democrazia e del pensiero libero, la critica alle istituzioni e alla guerra, l’esperienza vissuta di migrazione e il diritto umano ad avere un posto da chiamare “casa”.
Marta Czok-VISITORS_
Molti dei suoi ammiratori e collezionisti ricordano le sue opere per il senso di speranza che comunicano: il suo commentario politico si alternava volutamente a scene di vita comune, la gioia nella convivialità, gli spaccati di vita domestica, il senso dell’umorismo come strumento di resilienza.
Negli anni, diversi sono stati i progetti e le collaborazioni che hanno segnato la sua carriera, tra cui Alitalia per l’Arte, l’Ambasciata Francese presso la Santa Sede, l’Ambasciata di Polonia a Roma, l’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia, il Ministero della Cultura, Museo Macro e Museo Carlo Bilotti a Roma, l’Albemarle Gallery di Londra e Centrum Spotkania Kultur a Lublino. Nel 2008, la televisione nazionale polacca TV Polonia le ha dedicato un documentario nel quale si evidenziava il rapporto tra il suo lavoro e la Seconda Guerra Mondiale.
Dal 2021, la Fondazione Marta Czok ha rafforzato la sua missione, creando diverse retrospettive, che includono, negli ultimi mesi, le mostre URBE a Palazzo Montecitorio, DE INNOCENTIA al Complesso di Vicolo Valdina, O NAS al Konstancinski Dom Kultury in Polonia, ARCHĪVUM a Palazzo Mathis di Bra e infine la mostra EX_PATRIA nella sede di Venezia della Fondazione. Quest’ultima mostra, curata dal figlio Jacek Ludwig Scarso, affrontava l’esperienza di migrazione e di eventi bellici e fu selezionata dalla rivista Contemporary Lynx come una delle migliori mostre durante la Sessantesima Biennale dell’Arte.
Marta Czok-La Fune
Ultimamente stava lavorando su nuove mostre in Italia, in Polonia e nel Regno Unito, tra cui una collaborazione con AVR London e Anise Gallery per rivisitare i suoi lavori storici attraverso la realtà virtuale. In questo momento, le sue opere si possono visitare a Venezia con la mostra THE WINDOW e a Castel Gandolfo, dove la Fondazione Marta Czok ha creato la sede della sua Collezione Permanente. Le sue ultime interviste furono per Exibart e per il programma Stato dell’Arte, condotto da Cesare Biasini Selvaggi.
La Fondazione continuerà a portare avanti la sua missione: creare un dialogo profondo tra arte e società, attraverso il suo archivio storico e le future retrospettive, in parallelo a progetti di collaborazione con artisti, curatori e istituzioni in tutto il mondo.
Ilse Aichinger-(Vienna nel 1921- ivi 2016)è stata una delle grandi scrittrici austriache, i cui testi sono ormai considerati classici della letteratura in lingua tedesca. La madre, ebrea, è medico, il padre insegnante. Il romanzo d’esordio La speranza più grande (Die grössere Hoffnung, 1948) – alla cui stesura si dedica interrompendo gli studi di medicina – inaugura la letteratura austriaca del dopoguerra. Nel 1952 ottiene il Premio del Gruppo 47 per il suo racconto Storia allo specchio (Spiegelgeschichte) e conosce lo scrittore e poeta Günter Eich (1907-1972), che sposa l’anno successivo. Da lui avrà due figli, uno dei quali scrittore a propria volta.
Ilse Aichinger- La speranza più grande
* Testi selezionati da Consiglio gratuito (trad. di G. Drago, FinisTerrae, 2021)
Risposta invernale
Il mondo è fatto di materia
che esige attenzione:
niente più occhi
per vedere i prati bianchi
né orecchie per sentire
il fremito degli uccelli fra i rami.
Nonna, dove sono finite le tue labbra
per assaporare l’erba
e chi annuserà per noi il cielo fino in fondo,
quali guance si graffiano ancora
a sangue contro i muri del paese?
Non è un bosco buio
quello in cui siamo capitati?
No, nonna, non è buio,
io lo so, ho abitato a lungo
al margine, là dai bambini,
e poi non è neanche un bosco.
Ilse Aicbhinger
Marianne
Mi consola
che nelle notti d’oro
una bambina dorma.
Che il suo respiro passi accanto alla fucina
e il suo sole
già di buonora
si levi con il gallo e le galline
sull’erba umida.
Ilse Aicbhinger
Sfruttando le ore opache
Lascia la gentaglia
riposare sui campi,
nella foschia che si alza,
perché niente ti fa luce.
Sulle colline i trenini delle fiabe
ora sono chiusi,
le rape da tempo tolte dalla terra,
i bambini spariti.
I tessitori di ghirlande sono gli ultimi
a rimanere ancora,
bruciano olio nelle lucerne,
con loro si può parlare.
Ilse Aicbhinger
Scambio epistolare
Arrivasse la posta di notte
e la luna
spingesse le offese
sotto la porta:
sembrerebbero angeli
nelle loro vesti bianche
e nell’atrio resterebbero in silenzio.
Ilse Aichinger- La speranza più grande
Rauchenberg
Le redini,
corone sul muro,
la nuova impronta delle ombre
mi affida la strada.
Là dove il carro si copre di ruggine
vicino alla legna fradicia,
i miei cari si chinano
più leggeri sul tetto.
Alba d’inverno
Prima che i sogni arrugginiscano e si spezzino,
lascia che gli amati ne discendano,
i grandi e i piccoli,
nei cappotti grigi,
guardate qui, la via chiara, il ghiaccio.
ILSE AICHINGER
L’ultima notte
Che cosa mai doveva venire alla luce
Se non le strie della neve,
spade ai margini dell’infanzia
e contro il bosco
i rami dei meli
che la luna impregnava di nero,
le galline di cui si fa la conta?
Fare da sé
Lascerò i miei villaggi
senza parole
e agiterò
solo la neve
aperta contro i recinti.
Dall’alto dei miei solai
osserverò i giaguari,
sentirò fischiare i lupi.
Il sole saltò via di qui,
ma i bambini
vengono aiutati a raccogliere
i denti di leone,
largo al re!
A me
Volevo riferire del lungo abitare,
dei birilli di legno rosso
sulla terrazza, degli sguardi verso il mondo.
Volevo ripetere le grida degli uomini sul ghiaccio
con precisione, come sbattevano anche i birilli,
i fiori alla finestra volevo descrivere,
come crescevano verso il sole.
Cosa ho fatto?
Prematuro
Tu non deponi per me nessuna pietra
che faccia crescere il nostro vecchio lutto,
non mi doni nessuna luce per spaventarmi
e nessuno spavento perché ci sia più luce,
e nemmeno quello straccio di malinconia
che ogni stella pretende.
Ti dai da fare col tuo trovatello
e io non ho ancora trovato
le ragazze di cera,
che stanno quiete
come Gesù nel presepe,
ancora no.
Ilse Aichinger
Biografia di Ilse Aichinger-(Vienna nel 1921- ivi 2016)è stata una delle grandi scrittrici austriache, i cui testi sono ormai considerati classici della letteratura in lingua tedesca. La madre, ebrea, è medico, il padre insegnante. Il romanzo d’esordio La speranza più grande (Die grössere Hoffnung, 1948) – alla cui stesura si dedica interrompendo gli studi di medicina – inaugura la letteratura austriaca del dopoguerra. Nel 1952 ottiene il Premio del Gruppo 47 per il suo racconto Storia allo specchio (Spiegelgeschichte) e conosce lo scrittore e poeta Günter Eich (1907-1972), che sposa l’anno successivo. Da lui avrà due figli, uno dei quali scrittore a propria volta.
* Testi selezionati da Consiglio gratuito (trad. di G. Drago, FinisTerrae, 2021)
ILSE AICHINGER
-FONTE-
Le Poesie sono pubblicate dalla Rivista di Poesia «Avamposto»è uno spazio di ricerca, articolato in rubriche di approfondimento, che si propone di realizzare un dialogo vivo rivolto allo studio della poesia attraverso un approccio multidisciplinare, nella consapevolezza che una pluralità di prospettive sia maggiormente capace di restituirne la valenza, senza mai sfociare in atteggiamenti statici e gerarchizzanti. Ma «Avamposto» è anche un luogo di riflessione sulla crisi del linguaggio. L’obiettivo è interrogarne le ragioni, opponendo alla tirannia dell’immediatezza – e alla sciatteria con la quale viene spesso liquidata l’esperienza del verso – un’etica dello scavo e dello sforzo (nella parola, per la parola). Tramite l’esaltazione della lentezza e del diritto alla diversità, la rivista intende suggerire un’alternativa al ritmo fagocitante e all’omologazione culturale (e linguistica) del presente, promuovendo la scoperta di autori dimenticati o ritenuti, forse a torto, marginali, provando a rileggere poeti noti (talvolta prigionieri di luoghi comuni) e a vedere cosa si muove al di là della frontiera del già detto, per accogliere voci nuove con la curiosità e l’amore che questo tempo non riesce più a esprimere.
Contatti
Via Lupardini 4, 89121 Reggio Calabria (c/o Sergio Bertolino)
Storia-Cenni storici sulla comunità luterana di Roma
Chiesa evangelica luterana di via Sicilia a Roma
Storia-Cenni storici sulla comunità luterana–A Roma i luterani sono presenti sin dall’inizio del XIX secolo, all’epoca ancora Stato Pontificio. Fu il segretario della Legazione di Prussia presso la Santa Sede ad ottenere il via libera per celebrare i culti che tuttavia si dovevano svolgere in un quadro privato.
Il primo culto evangelico si tenne il 9 novembre 1817, in occasione del Tricentenario della Riforma di Lutero, nell’abitazione del Segretario di Legazione, Christian von Bunsen, in piazza dell’Aracoeli alle pendici del Campidoglio. Poco dopo l’imperatore Federico Guglielmo III, re di Prussia, su richiesta della stessa comunità, fece inviare un pastore all’ambasciata a Roma, Heinrich Schneider, il primo ministro di culto evangelico della città, che prese servizio dal giugno 1819. Fu questa la base per il graduale espandersi della piccola comunità internazionale di lingua tedesca a Roma.
Nel 1823, nella sede della Legazione prussiana, al pianterreno di palazzo Caffarelli sul Campidoglio, fu istituita una cappella, dove per circa 100 anni furono celebrati i culti della comunità luterana.
Chiesa evangelica luterana di via Sicilia a Roma
Con la fine del dominio pontificio e con la piena libertà di religione e di culto garantita con l’Unità d’Italia, la comunità evangelica romana si sviluppò ulteriormente potendo finalmente uscire dalla sua condizione di semiclandestinità. Tant’è che il pastore presso l’ambasciata promosse la prima “Conferenza annuale dei pastori di lingua tedesca in Italia” che si riunì a Roma nel 1880.
Raccolte di denaro per la costruzione di una chiesa evangelica tedesca a Roma furono organizzate in Germania già a partire dal 1890. A questo scopo nel 1894 fu fondato il “Comitato evangelico tedesco per Roma”, che nel 1899 permise di acquistare un lotto all’angolo di via Toscana con via Sicilia, dove sarebbe sorta la chiesa. Nell’agosto del 1909 un regio decreto di Vittorio Emanuele III concesse l’autorizzazione ad edificare e il 2 giugno 1911 fu posata la prima pietra. Tuttavia, lo scoppio della prima guerra mondiale rinviò l’ultimazione dei lavori, giunti già a buon punto, e non permise l’inaugurazione della chiesa programmata per il 1917, in occasione delle celebrazioni del Quattrocentenario della Riforma protestante. L’inaugurazione della “Christuskirche” ebbe luogo il 5 novembre 1922.
L’abside della “Christuskirche”, chiesa evangelica luterana di Roma
La chiesa in stile neobizantino – costruita secondo la concezione architettonica guglielmina propria dell’epoca – è opera dell’architetto Franz Schwechten (1841-1924), autore anche della Kaiser-Willhelm-Gedächtnis-Kirche di Berlino. Dalla Germania arrivarono gli arredi: il fonte battesimale e il pulpito sono di Magdeburgo, l’altare proviene da Erfurt. Fiore all’occhiello della chiesa sono però le campane di bronzo fatte sul modello di quelle della “Schlosskirche” di Wittenberg, dove nel 1517 il riformatore Martin Lutero affisse le sue 95 tesi. Durante la Grande Guerra, nel 1917 furono fuse a scopo di armamento, ma per l’inaugurazione del 1922 furono rifatte tali quali.
Oggi la chiesa di via Sicilia è guidata dal pastore Jens-Martin Kruse ed è composta da circa 350 membri (www.ev-luth-gemeinde-rom.org).
Carteggi con Buzzati, Gadda, Montale e Parise-Neri Pozza Editore
Sinossi del libro di Neri Pozza -Saranno idee d’arte e di poesia-Neri Pozza Editore-Il 4 aprile del 1956, in una lettera a Goffredo Parise in cui rimprovera allo scrittore vicentino di aver smarrito, nel suo ultimo racconto Il fidanzamento, l’esuberanza patetica e piena di forza della sua opera prima Il ragazzo morto e le comete, Neri Pozza scrive: «Non ti dolere di questo parere negativo, io sono un vecchio provinciale con idee estremamente chiare anche se sbagliate (per te). Saranno idee d’arte e di poesia, che fanno pochi soldi, ma sono le sole capaci di sedurmi e interessarmi. Il resto, per me, è buio e vanità». La fede ostinata nel carattere d’arte e di poesia del lavoro editoriale attraversa da cima a fondo questi carteggi, che qui pubblichiamo per la prima volta nella loro completezza, tra l’editore vicentino e gli scrittori con cui ebbe un rapporto privilegiato di amicizia e di collaborazione: Dino Buzzati, Carlo Emilio Gadda, Eugenio Montale e Goffredo Parise. Dal 1946, quando Neri Pozza fondò la sua casa editrice, fino al 1988, l’anno della sua morte, l’editore intrattenne rapporti epistolari con le figure di spicco della cultura italiana del Novecento: da Giuseppe Prezzolini a Emilio Cecchi, da Massimo Bontempelli a Mario Luzi, da Camillo Sbarbaro a Corrado Govoni, da Carlo Diano a Concetto Marchesi, da Elémire Zolla a Amedeo Maiuri. È nelle lettere a Buzzati, Gadda, Montale e Parise, tuttavia, che emerge davvero la figura di Neri Pozza editore. Come ha scritto Fernando Bandini, Pozza «aveva già in mente per suo conto dei libri che pensava mancassero, e li proponeva agli autori che gli sembravano i più adatti a scriverli. Se avesse potuto li avrebbe scritti tutti lui di suo pugno». È Neri Pozza che, nel 1950, sedotto dall’idea di un’opera di Buzzati indica all’autore del Deserto dei Tartari la via per «un libro serio, vivo, necessario alla sua storia di scrittore». È Neri Pozza che, contro il parere dei critici che lo consideravano oscuro, pubblica Gadda e il suo Primo libro delle Favole, un titolo non compreso o addirittura sbeffeggiato quando apparve. È Neri Pozza che stampa coraggiosamente l’esordio in prosa di Montale, quella Farfalla di Dinard che esce nel 1956, con copertina rosso mattone, in un’edizione fuori commercio di 450 esemplari, con allegata un’incisione di Giorgio Morandi. È l’editore vicentino, infine, che non esita, in nome della chiarezza dell’arte e della poesia, a indicare «orrori» ed «errori» a Goffredo Parise, diventando, come ha scritto Silvio Perrella, oltre che il suo editore anche «il suo primo critico». A sessant’anni dalla nascita della casa editrice che reca il suo nome, con la pubblicazione di questi carteggi e della monografia Neri Pozza, la vita, le immagini, appare sempre più evidente il posto di rilievo che spetta all’editore vicentino nell’editoria e nella cultura del Novecento.
Cenni biografici di Neri Pozza
Neri Pozza-
Neri Pozza nacque a Vicenza il 5 agosto 1912. Iniziò la propria attività come scultore nel 1933 seguendo l’esempio del padre, Ugo Pozza. Nell’ampia produzione è forte il richiamo di Arturo Martini e di Marino Marini. Espose alla Biennale di Venezia nel 1952 e nel 1958, alla Quadriennale di Roma e ancora alla Biennale veneziana della grafica. Nell’attività letteraria Pozza si distinse con volumi quali Processo per eresia (1970), Premio selezione Campiello, Comedia familiare (1975), Tiziano (1976), Le storie veneziane (1977), Una città per la vita (1979), Vita di Antonio, il santo di Padova e alcuni scritti sulle memorie della Resistenza come Barricata nel Carcere. Morì a Vicenza il 6 novembre 1988. Tra le opere pubblicate dalla casa editrice che porta il suo nome figurano: Neri Pozza, la vita, le immagini (a cura di Pasquale di Palmo, Neri Pozza, 2005); Saranno idee d’arte e di poesia (Neri Pozza, 2006); Opere complete (Neri Pozza, 2011).
Roma – Concluso il restauro del monumento equestre ad Anita Garibaldi al Gianicolo-
Roma, 9 febbraio 2025 –Concluso il restauro del monumento e questre ad Anita Garibaldi al Gianicolo.È stata inaugurata oggi, alla presenza del sindaco Roberto Gualtieri, del sovrintendente capitolino Claudio Parisi Presicce e di FrancescoRutelli pronipote dell’artista Mario Rutelli, la conclusione del restauro del monumento equestre ad Anita Garibaldi. Il progetto – parte degli interventi PNRR – Caput Mundi curati dalla Sovrintendenza Capitolina – si è concluso nei tempi previsti (180 giorni).
Roma-monumento equestre ad Anita Garibaldi al Gianicolo-
Torna così al suo originario splendore il monumento dedicato all’eroina laica che domina dall’alto del Gianicolo la Città Eterna.
I lavori, a circa quindici anni dall’ultimo intervento, si sono resi necessari a causa dei fenomeni di corrosione della struttura portante, della presenza di lesioni verticali lungo le zampe posteriori del cavallo e dell’estesa colatura di ossidi di ferro che ricopriva gran parte del basamento in travertino, fenomeni dovuti agli agenti atmosferici e alle sollecitazioni del terreno.
Roma-monumento equestre ad Anita Garibaldi al Gianicolo-
Roma-monumento equestre ad Anita Garibaldi al Gianicolo-
Roma-monumento equestre ad Anita Garibaldi al Gianicolo-
L’intervento ha interessato sia le superfici in travertino (“cappellaccio di cava”) sia quelle in bronzo. Le parti lapidee sono state trattate per eliminare patine biologiche, muschi e licheni e per rimuovere incrostazioni e stratificazioni di ossidi ferrosi, sali di rame e sporco. Stuccature e micro-stuccature sono state effettuate su lesioni e fratture.
Le parti bronzee sono state liberate dai depositi superficiali; i fori di scolo sono stati disostruiti; crepe e mancanze di materiale sono state stuccate. Gli interventi sono stati fatti sia sulle superfici interne del cavallo sia sulle barre in ferro.
Roma-monumento equestre ad Anita Garibaldi al Gianicolo-
Al fine di mettere in sicurezza il monumento e allo stesso tempo monitorarne la stabilità, è stato messo in opera tra la pancia del cavallo e la base in bronzo posta sul basamento un puntello in acciaio provvisto di “sella”, del tutto reversibile, inserendo tra le due superfici del materiale ammortizzante per non creare attrito e consentire le dilatazioni termiche del metallo.
“Il restauro della statua equestre di Anita Garibaldi, il decimo intervento concluso del programma PNRR Caput Mundi, è una tappa fondamentale dell’attività di recupero dei monumenti del Gianicolo condotta dalla Sovrintendenza capitolina. L’intervento di carattere storico ed evocativo si concluderà con la restituzione del Mausoleo Ossario Garibaldino” ha dichiarato il Sovrintendente capitolino Claudio Parisi Presicce.
“Oggi abbiamo restituito alla città il meraviglioso monumento di Anita Garibaldi, finalmente restaurato, un lavoro accurato che davvero ci restituisce un simbolo importantissimo, di una donna coraggiosa che si batté per la nostra libertà, per la Repubblica romana. E quindi è giusto onorarla, ed è bello che questo straordinario monumento sia nuovamente fruibile da tutte le romane e i romani e i turisti“. Così il Sindaco di Roma Roberto Gualtieri.
Cenni storici
Roma Gianicolo-Monumento ad Anita Garibaldi-Foto di Franco Leggeri
L’idea di erigere un monumento sul Gianicolo dedicato ad Anita Garibaldi risale al 1905 con il proposito di inaugurarlo a Roma nel 1907, centenario della nascita dell’Eroe dei Due Mondi. Furono indetti ben due concorsi ma nessuno dei bozzetti proposti trovò il favore del pubblico. Il progetto fu poi ripreso dal nipote Ezio Garibaldi e, nel 1929, fu affidato all’artista Mario Rutelli con l’intenzione di inaugurare l’opera per il 50° anniversario della morte di Garibaldi, il 2 giugno 1932.
Rutelli si mise al lavoro immaginando l’Eroina in sella a un destriero in corsa con la pistola in pugno, come novella Amazzone.
La statua equestre di bronzo è alta 4 metri e mezzo e pesa 40 quintali. Il gruppo rappresenta Anita durante gli avvenimenti bellici (1840) della “Guerra dei Farrapos” per la difesa della “Republica Juiliana” fondata dopo la rivolta della provincia di Rio Grande do Sul contro l’Impero brasiliano; a briglie sciolte l’Eroina, sfugge ai soldati imperiali che avevano circondato la casa di campagna nel piccolo villaggio di Mostazas, dove dodici giorni prima, il 16 settembre 1840, aveva partorito il primogenito Menotti Domingo: con il figlio assicurato al petto mediante un fazzoletto datole da Garibaldi, con la mano sinistra si tiene alla criniera del cavallo mentre con la destra impugna, brandendola in alto, la pistola.
Il basamento in travertino, dal perimetro di 18 metri e pesante 80 quintali, custodisce al suo interno i resti di Anita; è fasciato da quattro altorilievi in bronzo che raffigurano episodi della vita avventurosa dell’eroina: Anita che guida i garibaldini durante la battaglia di Curitibanos; Anita che osserva i combattenti; Anita che cerca Garibaldi sul campo di battaglia tra i caduti e, infine, il marito che la trasporta morente tra le braccia.
Il 2 giugno 1932 l’opera fu inaugurata.
Roma Gianicolo-Monumento ad Anita Garibaldi-Foto di Franco Leggeri
Vita di Anita Garibaldi
Anna Maria Ribeiro Da Silva nasce in Brasile intorno al 1820. Data in sposa giovanissima a Manuel Duarte de Aguiaz nel 1835, conobbe Giuseppe Garibaldi a Laguna nel 1839 e da allora in poi partecipò con passione a tutte le sue imprese. Lo sposò a Montevideo il 16 giugno 1842. Anita combatté al fianco del marito a porta S. Pancrazio e, dopo la caduta di Roma, lo seguì nella tragica ritirata, durante la quale perse la vita.
La salma fu tumulata nel cimitero parrocchiale delle Mandriole poi, alla presenza di Garibaldi, nel settembre del 1859 fu trasportata a Nizza. L’8 gennaio 1932 fu traslata da Nizza al cimitero di Staglieno a Genova, in attesa di essere condotta a Roma. Il trasporto funebre definitivo avvenne il 1° giugno, e si decise di tumulare i resti dell’Eroina nel basamento del monumento.
Roma Gianicolo-Monumento ad Anita Garibaldi-Foto di Franco Leggeri
Roma Gianicolo-Monumento ad Anita Garibaldi-Foto di Franco Leggeri
Roma Gianicolo-Monumento ad Anita Garibaldi-Foto di Franco Leggeri
La Buona Novella: relativizzare i nostri problemi . Patti Smith e la lezione sul suo malore-
Patti Smith
La nuova rubrica della redazione dedicata alle buone notizie. Patti Smith e la lezione sul suo malore-Capita alle persone famose. Un malore forse abbastanza banale si trasforma istantaneamente in un evento che raggiunge mezzo mondo. È capitato alla cantante e cantautrice rock Patti Smith, durante una performance che alternava brani musicali a letture di suoi testi, e che si stava svolgendo a San Paolo del Brasile, insieme a un gruppo musicale di Berlino. Sentendosi male (per una serie di emicranie che – dicono le agenzie – si sono tradotte in capogiro), ha lasciato il palco, salvo ricomparire, dopo i primi accertamenti.Beh, verrebbe da dire a chi legge, che c’è di bello? Può un malore, anche se “passeggero”, essere una buona notizia? La stessa protagonista, tuttavia, ha dato a questo imprevisto un senso che fa riflettere.Perché Patti Smith è ricomparsa da dietro le quinte, accompagnata da personale paramedico, su una sedia a rotelle: non si è quindi sottratta agli sguardi né del pubblico né di telefoni, telecamere e quant’altro. E naturalmente ha voluto cantare. A quel punto, senza accompagnamento musicale, “a cappella”, ha attaccato uno dei suoi storici successi, Because the night, che si deve a Bruce Springsteen: un testo d’amore, un testo forte, passionale, amato dal pubblico di entrambi da quasi 50 anni (1978).Ma non basta: a fronte della circolazione di notizie allarmistiche, Patti Smith ha ancora aggiunto: «Per favore, non fidatevi delle storie che leggete altrove, con tutti i problemi nel mondo non merito tanta attenzione».Quindi, dopo il malore, l’abbraccio con i propri fan, con un’uscita sul palco in cui non ha nascosto la sua debolezza. E poi, dopo aver cantato (perché un’artista della musica si esprime innanzitutto con le proprie note), un’indicazione che vale per tutti, tanto più se viene da una star: in un mondo sofferente, cerchiamo, cercate di relativizzare i nostri problemi. Un messaggio che – questo sì – è una buona notizia e una bella lezione.
Foto di Harald Krichel –Articolo di Alberto Corsani-Fonte Riforma.it-Il quotidiano on-line delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi in Italia.
Patti Smith
Patti Smith –Cantante e poetessa statunitense (n. Chicago 1946). Fattasi conoscere con letture di poesia recitate insieme a L. Kaye, ha pubblicato il suo primo album Horses (1975) con J. Cale dei Velvet Underground. La visionaria qualità poetica e il nudo rock elettrico ne hanno decretato il successo di critica, facendone la portavoce della generazione beat. Con i successivi Radio Ethiopia (1976), Easter (1978) e il singolo Because the night (1979, scritto per lei da B. Springsteen) si è imposta al grande pubblico. Ha successivamente pubblicato Dream of life (1988) e Gone again (1996), quest’ultimo dedicato al marito Fred Smith, chitarrista degli MC5 e all’amico R. Mapplethorpe, scomparsi nel 1994. Gli album Peace and noise (1997), Gung Ho (2000) e Trampin’ (2004) ne hanno confermato la capacità evocativa e il talento. Nel 2010 ha pubblicato il suo primo romanzo Just kids, in cui racconta la storia della sua amicizia con Mapplethorpe; il libro le è valso il prestigioso U.S. National Book Award (2010). Ormai ampiamente riconosciuta anche come scrittrice, nel 2011 ha vinto il Polar Music Prize; l’anno successivo è tornata in sala d’incisione per Banga, e ha inoltre pubblicato i testi autobiografici Woolgathering (trad. it. I tessitori di sogni, 2013), M Train (2015; trad. it. 2016), Devotion (2017; trad. it. 2018) e Year of the Money (2020; trad. it. 2020). Nel 2017 il Palazzo del Governatore di Parma ha ospitato la mostra Higher learning, in cui sono state esposte 120 fotografie in bianco e nero scattate dalla cantante nel corso dei suoi viaggi.
Patti Smith-
Patricia Lee Smith (born December 30, 1946) is an American singer, songwriter, poet, painter, author, and photographer. Her 1975 debut album Horses made her an influential member of the New-York-City-based punk rock movement.[1] Smith has fused rock and poetry in her work. In 1978, her most widely known song, “Because the Night“, co-written with Bruce Springsteen, reached number 13 on the Billboard Hot 100 chart[1] and number five on the UK Singles Chart.
Smith was born on December 30, 1946, at Grant Hospital in the Lincoln Park section of Chicago,[6][7] to Beverly Smith, a jazz singer turned waitress, and Grant Smith, a Honeywellmachinist.[8] Her family is of partially Irish ancestry,[9] and Patti is the eldest of four children, with siblings Linda, Kimberly, and Todd.[10]
In 1969, Smith went to Paris with her sister, and started busking and doing performance art.[13] When Smith returned to Manhattan, she lived at the Hotel Chelsea with Robert Mapplethorpe. They frequented Max’s Kansas City on Park Avenue, and Smith provided the spoken word soundtrack for Sandy Daley’s art film Robert Having His Nipple Pierced, starring Mapplethorpe. The same year, Smith appeared with Jayne County in Jackie Curtis‘s play Femme Fatale. She also starred in Anthony Ingrassia‘s play Island. As a member of the Poetry Project, she spent the early 1970s painting, writing, and performing.
In 1969, Smith also performed in the one-act playCowboy Mouth,[16] which she co-wrote with Sam Shepard. The published play’s notes call for “a man who looks like a coyote and a woman who looks like a crow”. She wrote several poems about Shepard and her relationship with him, including “for sam shepard”[17] and “Sam Shepard: 9 Random Years (7 + 2)”, that were published in Angel City, Curse of the Starving Class & Other Plays (1976).
On February 10, 1971, Smith, accompanied by Lenny Kaye on electric guitar, opened for Gerard Malanga, which was her first public poetry performance.[18][19]
Smith was briefly considered as lead singer for Blue Öyster Cult. She contributed lyrics to several Blue Öyster Cult songs, including “Debbie Denise”, which was inspired by her poems “In Remembrance of Debbie Denise”, “Baby Ice Dog”, “Career of Evil”, “Fire of Unknown Origin“, “The Revenge of Vera Gemini”, on which she performs duet vocals, and “Shooting Shark”. At the time, she was romantically involved with Allen Lanier, Blue Öyster Cult’s keyboardist. During these years, Smith was also a rock music journalist, writing periodically for Rolling Stone and Creem.[18]
On October 15, 2006, Smith performed a 3½-hour tour de force show to close out CBGB, the famed New York City live music venue. Smith performing at Primavera Sound Festival in Haldern Pop in North Rhine-Westphalia, Germany, in August 2014 Smith performing in Berlin, in June 2022
In 1973, Smith teamed up again with musician and rock archivist Lenny Kaye, and later added Richard Sohl on piano. The trio developed into a full band with the addition of Ivan Král on guitar and bass and Jay Dee Daugherty on drums.[18] Kral was a refugee from Czechoslovakia who had moved to the US in 1966 with his parents, who were both diplomats. After the Soviet invasion of Czechoslovakia in August 1968, Kral decided not to return.[20]
Financed by Sam Wagstaff, the band recorded their first single, “Hey Joe/Piss Factory” in 1974. The A-side was a version of the rock standard with the addition of a spoken word piece about Patty Hearst, a fugitive heiress. The B-side describes the helpless alienation Smith felt while working on a factory assembly line and the salvation she dreams of achieving by escaping to New York City.[1] In a 1996 interview on artistic influences during her younger years, Smith said, “I had devoted so much of my girlish daydreams to Rimbaud. Rimbaud was like my boyfriend.”[21]
In March 1975, Smith’s group, the Patti Smith Group, began a two-month weekend set of shows at CBGB in New York City with the band Television. The Patti Smith Group was spotted by Clive Davis, who signed them to Arista Records.
Later that year, the Patti Smith Group recorded their debut album, Horses, produced by John Cale amid some tension.[18] The album fused punk rock and spoken poetry and begins with a cover of Van Morrison‘s “Gloria“, and Smith’s opening words: “Jesus died for somebody’s sins but not mine”, an excerpt from “Oath”, one of Smith’s early poems. The austere cover photograph by Mapplethorpe has become one of rock’s classic images.[22]
As punk rock grew in popularity, the Patti Smith Group toured the U.S. and Europe. The rawer sound of the group’s second album, Radio Ethiopia, reflected this. Considerably less accessible than Horses, Radio Ethiopia initially received poor reviews. However, several of its songs have stood the test of time, and Smith still performs them live.[23] She has said that Radio Ethiopia was influenced by the band MC5.[21]
On January 23, 1977, while touring in support of Radio Ethiopia, Smith accidentally danced off a high stage in Tampa, Florida, and fell 15-feet onto a concrete orchestra pit, breaking several cervical vertebrae.[24] The injury required a period of rest and physical therapy, during which she says she was able to reassess, reenergize, and reorganize her life.
The Patti Smith Group produced two further albums. Easter, released in 1978, was their most commercially successful record. It included the band’s top single “Because the Night“, co-written with Bruce Springsteen. Wave (1979) was less successful, although the songs “Frederick” and “Dancing Barefoot” received commercial airplay.[25]
Through most of the 1980s, Patti lived with her family in St. Clair Shores, Michigan, and was semi-retired from music. She ultimately moved back to New York City.
Michael Stipe of R.E.M. and Allen Ginsberg, whom she had known since her early years in New York City, urged her return to live music and touring. She toured briefly with Bob Dylan in December 1995, which is chronicled in a book of photographs by Stipe.[16]
In 1996, Smith worked with her long-time colleagues to record Gone Again, featuring “About a Boy”, a tribute to Kurt Cobain, the former lead singer of Nirvana who died by suicide in 1994.
On April 27, 2004, Smith released Trampin’, which included several songs about motherhood, partly in tribute to Smith’s mother, who died two years earlier. It was her first album on Columbia Records, which later became a sister label to her Arista Records, her previous label. Smith curated the Meltdown festival in London on June 25, 2005, in which she performed Horses live in its entirety for the first time.[29] This live performance was released later in 2004 as Horses/Horses.
On October 15, 2006, Smith performed a 3½-hour tour de force show to close out at CBGB, which was an immensely influential New York City live music venue for much of the late 20th and early 21st centuries. At the CBGB show, Smith took the stage at 9:30 p.m. (EDT) and closed her show a few minutes after 1:00 am. Her final song was “Elegie”, after which she read a list of punk rock musicians and advocates who had died in the previous years, representing the last public song and words performed at the iconic venue.[30]
On September 10, 2009, after a week of smaller events and exhibitions in Florence, Smith played an open-air concert at Piazza Santa Croce, commemorating her performance in the same city 30 years earlier.[31]
Smith’s 11th studio album, Banga, was released in June 2012. American Songwriter wrote that, “These songs aren’t as loud or frantic as those of her late 70s heyday, but they resonate just as boldly as she moans, chants, speaks and spits out lyrics with the grace and determination of Mohammad Ali in his prime. It’s not an easy listen—the vast majority of her music never has been—but if you’re a fan and/or prepared for the challenge, this is as potent, heady and uncompromising as she has ever gotten, and with Smith’s storied history as a musical maverick, that’s saying plenty.”[34]Metacritic awarded the album a score of 81, indicating “universal acclaim”.[35]
Also in 2012, Smith recorded a cover of Io come persona by Italian singer-songwriter Giorgio Gaber.[36][37]
In 2015, Smith wrote “Aqua Teen Dream” to commemorate the series finale of Aqua Teen Hunger Force. The vocal track was recorded in a hotel overlooking Lerici‘s Bay of Poets.[38] On September 26, 2015, Smith performed at the American Museum of Tort Law convocation ceremony.[39]
In 2016, Smith performed “People Have the Power” at Riverside Church in Manhattan to celebrate the 20th anniversary of Democracy Now, where she was joined by Michael Stipe. On December 10, 2016, Smith attended the Nobel Prize Award Ceremony in Stockholm on behalf of Bob Dylan, winner of the Nobel Prize in Literature, who could not be present due to prior commitments.
After the official presentation speech for the literary prize by Horace Engdahl, the perpetual secretary of the Swedish Academy, Smith sang the Dylan song “A Hard Rain’s a-Gonna Fall“.[41] She missung one verse, singing, “I saw the babe that was just bleedin’,” and was momentarily unable to continue.[42] After a brief apology, saying that she was nervous, she resumed the song and earned jubilant applause at its end.[43][44]
Patti Smith sulle biblioteche
Art and writings
In 1994, Smith began devoting time to what she terms “pure photography”, a method of capturing still objects without using a flash.[45]
From November 2006 to January 2007, an exhibition called ‘Sur les Traces’[46] at Trolley Gallery, London, featured polaroid prints taken by Smith and donated to Trolley to raise awareness and funds for the publication of Double Blind: Lebanon Conflict 2006, a book with photographs by Paolo Pellegrin, a member of Magnum Photos. She also participated in the DVD commentary for Aqua Teen Hunger Force Colon Movie Film for Theaters.
From March 28 to June 22, 2008, the Fondation Cartier pour l’Art Contemporain in Paris hosted a major exhibition of the visual artwork of Land 250, drawn from pieces created by Smith between 1967 and 2007.[47]
In 2010, Smith’s book Just Kids, a memoir of her time in Manhattan in the 1970s and her relationship with Robert Mapplethorpe, was published. The book won the National Book Award for Nonfiction later that year.[4][49] In 2018, a new edition of Just Kids, including additional photographs and illustrations, was published. Smith also headlined a benefit concert headed by bandmate Tony Shanahan, for Court Tavern in New Brunswick, New Jersey.[50] Smith’s set included “Gloria”, “Because the Night”, and “People Have the Power”.
In 2011, Smith announced the first museum exhibition of her photography in the U.S., Camera Solo. She named the project after a sign she saw in the abode of Pope Celestine V, which translates as “a room of one’s own”, and which Smith felt best described her solitary method of photography.[45] The exhibition featured artifacts that were everyday items or places of significance to artists Smith admires, including Rimbaud, Charles Baudelaire, John Keats, and William Blake. In February 2012, she was a guest at the Sanremo Music Festival.[51]
Also in 2011, Smith was working on a crime novel set in London. “I’ve been working on a detective story that starts at the St Giles in the Fields church in London for the last two years”, she told NME, adding that she “loved detective stories” and was a fan of British fictional detective Sherlock Holmes and U.S. crime author Mickey Spillane in her youth.[52][53]
In 2017, Smith appeared as herself in Song to Song opposite Rooney Mara and Ryan Gosling, directed by Terrence Malick.[55][56] She later made an appearance at the Detroit show of U2’s The Joshua Tree 2017 tour and performed “Mothers of the Disappeared” with the band.[57]
In 2019, Smith performed “People Have the Power” with Stewart Copeland and Choir! Choir! Choir! at Onassis Festival 2019: Democracy Is Coming. Later that year, she released her latest book, Year of the Monkey.[61] “A captivating, redemptive chronicle of a year in which Smith looked intently into the abyss”, stated Kirkus Reviews.[62]
One of the first musicians to reference Smith was Todd Rundgren. In the liner notes of his 1972 album Something/Anything?, Rundgren wrote that “Song of the Viking” was “written in the feverish grip of the dreaded ‘d’oyle carte,’ a chronic disease dating back to my youth. Dedicated to Miss Patti Lee Smith.” Seven years later, Rundgren produced the final Patti Smith Group album, Wave.[65]
Hole‘s “Violet“, released in 1994, features the lyrics, “And the sky was all violet / I want it again, but violent, more violent,” alluding to lyrics from Smith’s song “Kimberly”.[68] In 2010, Hole singer Courtney Love said that she considered Smith’s “Rock N Roll Nigger” the greatest rock song of all time,[69] and credited Smith as a major influence. Love received Smith’s album Horses in juvenile hall as a teenager, and “realized that you could do something that was completely subversive that didn’t involve violence [or] felonies. I stopped making trouble.”[70]
In 1998, Michael Stipe of R.E.M. published a collection of photos, titled Two Times Intro: On the Road with Patti Smith. Stipe sings backing vocals on Smith’s “Last Call” and “Glitter in Their Eyes”. Smith sang background vocals on R.E.M.‘s “E-Bow the Letter” and “Blue“.[71] A decade later, in 2008, Stipe say that Smith’s album Horses was one of his inspirations. “I decided then that I was going to start a band,” Stipe said about the impact of listening to Horses.[72]
In 2004, Shirley Manson of Garbage spoke of Smith’s influence on her in Rolling Stone‘s issue “The Immortals: 100 Greatest Artists of All Time”, in which Smith was ranked 47th.[74]The Smiths members Morrissey and Johnny Marr share an appreciation for Smith’s Horses, and revealed that their song “The Hand That Rocks the Cradle” is a reworking of one of the album’s tracks, “Kimberly”.[75] In 2004, Sonic Youth released an album called Hidros 3 (to Patti Smith).[76]
In 2005, U2 cited Smith as an influence.[77] The same year, Scottish singer-songwriter KT Tunstall released “Suddenly I See“, a single, as a tribute of sorts to Smith.[78] Canadian actor Elliot Page frequently mentions Smith as one of his idols and has done various photo shoots replicating famous Smith photos, and Irish actress Maria Doyle Kennedy often refers to Smith as a major influence.[79]
“She was the epitome of a literate, intelligent woman taking charge and being respected by her peers,” observed Maria McKee in 2005.[80]
In 2012, Madonna named Smith as one of her biggest influences.[81]
In 2012, Smith was awarded an honorary doctorate in fine arts from Pratt Institute in Brooklyn.[82] Following conferral of her degree, Smith delivered the commencement address[83] and played two songs along with long-time band member Lenny Kaye. In her Pratt Institute commencement address, Smith said that when she moved to New York City in 1967, she would never have been accepted into Pratt but most of her friends, including Mapplethorpe, were students at Pratt, and she spent countless hours on the Pratt campus. She added that it was through her friends and Pratt professors that she learned many of her own artistic skills.[84]
In 2018, the English band Florence and the Machine dedicated the High as Hope album song “Patricia” to Smith. The lyrics reference Smith as Florence Welch‘s “North Star”.[85] Canadian country musician Orville Peck cited Smith as having had a big impact on him, stating that Smith’s album Horses introduced him to a new and different way to make music.[86] Poetic singer songwriter Joustene Lorenz also cites Patti Smith as a ‘powerful influence’ on her life and music.[87]
In November 2020, Smith was set to receive the International Humanities Prize from Washington University in St. Louis in November 2020; however, the ceremony was canceled due to the COVID-19 pandemic.[88] In 2022, she was awarded an Honorary Doctor of Humane Letters from Columbia University.[89] Also in 2022, Smith was named an Officer of the French Legion of Honor (Officier de l’Ordre national de la Légion d’honneur). The award was presented to her at the “Night of Ideas” cultural celebration in Brooklyn, by the French ambassador to the United States, Philippe Étienne.[90]
I wrote both these songs directly in response to events that I felt outraged about. These are injustices against children and the young men and women who are being incarcerated. I’m an American, I pay taxes in my name and they are giving millions and millions of dollars to a country such as Israel and cluster bombs and defense technology and those bombs were dropped on common citizens in Qana. It’s terrible. It’s a human rights violation.
In a 2009 interview, Smith stated that Kurnaz’s family had contacted her and that she wrote a short preface for the book that he was writing,[100] which was released in March 2008.[101]
In March 2003, ten days after the murder of Rachel Corrie, Smith appeared in Austin, Texas and performed an anti-war concert, and subsequently wrote “Peaceable Kingdom”, a song inspired by and dedicated to Corrie.[102] In 2009, in her Meltdown concert in Festival Hall, she paid homage to the Iranians taking part in post-election protests by saying “Where is My Vote?” in a version of the song “People Have the Power”.[103]
In 2015, Smith appeared with Nader, spoke and performed the songs “Wing” and “People Have the Power” during the American Museum of Tort Law convocation ceremony in Winsted, Connecticut.[104] In 2016, Smith spoke, read poetry, and performed several songs along with her daughter Jesse at Nader’s Breaking Through Power conference at DAR Constitution Hall in Washington, D.C.[105]
In 2020, Smith contributed signed first-edition copies of her books to the Passages bookshop in Portland, Oregon after the store’s valuable first-edition and other books by various authors were stolen in a burglary.[111] Smith regards climate change as the predominant issue of our time, and performed at the opening of COP26 in 2021.[112]
On February 24, 2022, Smith performed at The Capitol Theatre (Port Chester, New York) for the first time,[114] saying, “I would be lying if I said I wasn’t affected by what is happening in the world” referencing the Russian invasion of Ukraine earlier that day. “Peace as we know it is over in Europe”, she said.[115] “This is what I heard in my sleep and goes through my head all day all night long like a tragic hit song. A raw translation of the Ukrainian anthem that the people are singing through defiant tears”, she wrote on Instagram on March 6, 2022.[116]
Beliefs
Religion
Smith was raised a Jehovah’s Witness and had a strong religious upbringing and a Biblical education. She says she left organized religion as a teenager because she found it too confining. This experience inspired her lyrics, “Jesus died for somebody’s sins, but not mine”, which appear on her cover version of “Gloria” by Them.[117] She has described having an avid interest in Tibetan Buddhism around the age of 11 or 12, saying “I fell in love with Tibet because their essential mission was to keep a continual stream of prayer,” but that as an adult she sees clear parallels between different forms of religion and has concluded that religious dogmas are “…man-made laws that you can either decide to abide by or not.”[21]
In 2014, she was invited by Pope Francis to play at Vatican Christmas concert.[118] “It’s a Christmas concert for the people, and it’s being televised. I like Pope Francis and I’m happy to sing for him. Anyone who would confine me to a line from 20 years ago is a fool! I had a strong religious upbringing, and the first word on my first LP is Jesus. I did a lot of thinking. I’m not against Jesus, but I was 20 and I wanted to make my own mistakes and I didn’t want anyone dying for me. I stand behind that 20-year-old girl, but I have evolved. I’ll sing to my enemy! I don’t like being pinned down and I’ll do what the fuck I want, especially at my age…oh, I hope there’s no small children here!” she said.[119]
In 2021, she performed at the Vatican again, telling Democracy Now! that she studied Francis of Assisi when Pope Benedict XVI was still the pope. Smith called Francis of Assisi “truly the environmentalist saint” and said that despite not being a Catholic, she had hoped for a pope named Francis.[120]
Feminism
According to biographer Nick Johnstone, Smith has often been “revered” as a “feminist icon”,[121] including by The Guardian journalist Simon Hattenstone in a 2013 profile on the musician.[122]
In 2014, Smith offered her opinion on the sexualization of women in music. “Pop music has always been about the mainstream and what appeals to the public. I don’t feel it’s my place to judge.” Smith historically and presently declines to embrace feminism, saying, “I have a son and a daughter, people always talk to me about feminism and women’s rights, but I have a son too—I believe in human rights.”[123]
In 2015, writer Anwen Crawford observed that Smith’s “attitude to genius seems pre-feminist, if not anti-feminist; there is no democratizing, deconstructing impulse in her work. True artists, for Smith, are remote, solitary figures of excellence, wholly dedicated to their art.”[124]
In 2024, Smith, along with Yoko Ono and Sandra Bloodworth, was awarded the Municipal Art Society of New York’s highest honor, the Jaqueline Kennedy Onassis Medal. The Medal is awarded annually to individuals who, through vision, leadership, and philanthropy, have made a lasting contribution to New York City.[129]
In 1967, 20-year-old Smith left Glassboro State College (now Rowan University) and moved to Manhattan, where she began working at Scribner’s bookstore with friend and poet Janet Hamill. On April 26, 1967, at age 20, Smith gave birth to her first child, a daughter, and placed her for adoption.[15]
While working at the bookstore she met photographer Robert Mapplethorpe, with whom she began an intense romantic relationship, which was tumultuous as the pair struggled with poverty and Mapplethorpe’s sexuality. Smith used Mapplethorpe’s photographs of her as covers for her albums, and she wrote essays for several of his books, including his posthumous Flowers, at his request.[130] The two remained friends until Mapplethorpe’s death in 1989.[131]
Smith considers Mapplethorpe to be among the most influential and important people in her life. She calls him “the artist of my life” in her book Just Kids, which tells the story of their relationship. Her book and album The Coral Sea is an homage to Mapplethorpe.
In 1979, at approximately age 32, Smith separated from her long-time partner Allen Lanier and met Fred “Sonic” Smith, the former guitar player for Michigan-based rock band MC5 and Sonic’s Rendezvous Band. Like Patti, Fred adored poetry. “Dancing Barefoot”, which was inspired by Jeanne Hébuterne and her tragic love for Amedeo Modigliani, and “Frederick” were both dedicated to him.[132] A running joke at the time was that she married Fred only because she would not have to change her name.[133] They had a son, Jackson (b. 1982), who went on to marry Meg White, drummer for The White Stripes, from 2009 to 2013,[134] and a daughter, Jesse Paris (b. 1987), who is a musician and composer.[135]
Fred Smith died of a heart attack on November 4, 1994. Shortly afterward, Patti faced the unexpected death of her brother Todd.[13]
-Donne africane nella narrativa imperialista. Fascismo e romanzi-
Descrizione del libro di
Massimo Boddi
-Carne da maschi-Donne africane nella narrativa imperialista. Fascismo e romanzi-Africa, terra d’elezione del piacere; donne africane, “carne da maschi” alla mercé del conquistatore. Il saggio analizza i dispositivi lessicali e metaforici del mito imperiale fascista, espressi in una dozzina di romanzi coloniali scelti con cura, per poi focalizzare l’attenzione sulla rappresentazione letteraria dei corpi femminili colonizzati e sul loro rapporto di sudditanza verso militari e coloni di stanza in Libia, Somalia, Eritrea ed Etiopia. Romanzi in cui abbondano i richiami sessuali e che offrono una casistica completa di comportamenti, ripetitivi ma con sfumature diverse. Aprendo a nuove prospettive di studio testuale e stilistico, il saggio è uno spaccato insieme storico e letterario, documento sia della retorica parodistica che della smaniosa velleità imperialista del regime fascista.
–Aracne editrice internazionale S.r.l. P. IVA 12925531001
via Quarto Negroni, 15
00072 Ariccia
A proposito di colonialismo italiano in Africa, rimosso dalle istituzioni e da tanta parte degli italiani, cade a fagiolo questo saggio che è la riedizione di Letteratura dell’impero e romanzi coloniali (1922-1935), pubblicato nel 2012.
L’autore, freelance nel settore della comunicazione e nell’editoria, analizza i dispositivi lessicali e metaforici del mito imperiale fascista espressi in 13 romanzi coloniali da 6 autori: Arnaldo Cipolla, Luciano Zuccoli, Enrico Cappellina, Guido Milanesi, Mario Dei Gaslini, Gino Mitrano Sani, Vittorio Tedesco Zammarano.
E focalizza l’attenzione sulla rappresentazione letteraria dei corpi femminili colonizzati e sul loro rapporto di sudditanza verso militari e coloni lanciati nelle campagne coloniali in Eritrea, Etiopia, Libia e Somalia. Boddi: «La metafora sessuale delle penetrazione espansionistica, della conquista e del dominio richiama l’immagine dell’aggressione maschile nei confronti della donna indigena, intesa come bottino di guerra o come “sprone” all’avventura del soldato e del colono».
In questo immaginario diffuso, spiega l’autore, l’africana subsahariana era dipinta come una vera e propria “bestia” carnale, mentre la donna nordafricana, legata all’iconografia del velo e dell’harem, era ritenuta più sensuale e seducente. Entrambe private della storia e dell’appartenenza culturale, dunque destituite di soggettività.
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