I BUTTERI dell’Azienda agraria di Castel di Guido-FOTO FRANCO LEGGERI
I BUTTERI dell’Azienda agraria di Castel di Guido , del Comune di Roma, governano un nutrito branco di vacche maremmane dalle lunga corna , circa cinquecento, una specie protetta dall’Unione Europea. Nonostante sia stata introdotta qualche modesta forma di modernizzazione , l’allevamento di questi bovini viene tuttora praticato da butteri a cavallo secondo antiche modalità ; nelle diverse operazioni lavorative ( spostamenti, “sbrancamanti”, recupero di capi ecc.), i butteri si servono di fischi, richiami , grida, con cui comunicano (alluccano) con le vacche : frutto di un lungo apprendimento orale fatto di “saperi “e di tecniche tramandati di padre in figlio.
Testo tratto da GRIDA E RICHIAMI : Domenico Frascarelli, Mario Sfascia, Massimo Sfascia-
Roma, Castel di Guido, 29 novembre 2000.Archivio del Centro Regionale per la Documentazione dei Beni culturali e Ambientali , REGIONE LAZIO.
Le foto originali sono di Franco Leggeri- settembre 2012-
I BUTTERI dell’Azienda agraria di Castel di GuidoI BUTTERI dell’Azienda agraria di Castel di GuidoI BUTTERI dell’Azienda agraria di Castel di GuidoI BUTTERI dell’Azienda agraria di Castel di GuidoI BUTTERI dell’Azienda agraria di Castel di GuidoI BUTTERI dell’Azienda agraria di Castel di Guido
Il 1° maggio nasce il 20 luglio 1889, a Parigi. A lanciare l’idea è il congresso della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni nella capitale francese:
“Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi”.
Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1 maggio. Una scelta simbolica: tre anni prima infatti, il 1 maggio 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue.
Primo maggio
Origini del Primo maggio
Man mano che ci si avvicina al 1 maggio 1890 le organizzazioni dei lavoratori intensificano l’opera di sensibilizzazione sul significato di quell’appuntamento.
“Lavoratori – si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile 1890 – ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva l’Internazionale!”.
Monta intanto un clima di tensione, alimentato da voci allarmistiche: la stampa conservatrice interpreta le paure della borghesia, consiglia a tutti di starsene tappati in casa, di fare provviste, perchè non si sa quali gravi sconvolgimenti potranno accadere.
Da parte loro i governi, più o meno liberali o autoritari, allertano gli apparati repressivi.
In Italia il governo di Francesco Crispi usa la mano pesante, attuando drastiche misure di prevenzione e vietando qualsiasi manifestazione pubblica sia per la giornata del 1 maggio che per la domenica successiva, 4 maggio.
In diverse località, per incoraggiare la partecipazione del maggior numero di lavoratori, si è infatti deciso di far slittare la manifestazione alla giornata festiva.
Del resto si tratta di una scommessa dall’esito quanto mai incerto: la mancanza di un unico centro coordinatore a livello nazionale – il Partito socialista e la Confederazione generale del lavoro sono di là da venire – rappresenta un grave handicap dal punto di vista organizzativo. Non si sa poi in che misura i lavoratori saranno disposti a scendere in piazza per rivendicare un obiettivo, quello delle otto ore, considerato prematuro da gran parte dei dirigenti del movimento operaio italiano o per testimoniare semplicemente una solidarietà internazionale di classe.
Proprio per questo la riuscita del 1 maggio 1890 costituisce una felice sorpresa, un salto di qualità del movimento dei lavoratori,che per la prima volta dà vita ad una mobilitazione su scala nazionale, per di più collegata ad un’iniziativa di carattere internazionale.
In numerosi centri, grandi e piccoli, si svolgono manifestazioni, che fanno registrare quasi ovunque una vasta partecipazione di lavoratori. Un episodio significativo accade a Voghera, dove gli operai, costretti a recarsi al lavoro, ci vanno vestiti a festa.
“La manifestazione del 1 maggio – commenta a caldo Antonio Labriola – ha in ogni caso superato di molto tutte le speranze riposte in essa da socialisti e da operai progrediti. Ancora pochi giorni innanzi, la opinione di molti socialisti, che operano con la parola e con lo scritto, era alquanto pessimista”.
Anche negli altri paesi il 1 maggio ha un’ottima riuscita:
“Il proletariato d’Europa e d’America – afferma compiaciuto Fiedrich Engels – passa in rivista le sue forze mobilitate per la prima volta come un solo esercito. E lo spettacolo di questa giornata aprirà gli occhi ai capitalisti”.
Visto il successo di quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione unica, viene deciso di replicarla per l’anno successivo.
Il 1 maggio 1891 conferma la straordinaria presa di quell’appuntamento e induce la Seconda Internazionale a rendere permanente quella che, da lì in avanti, dovrà essere la “festa dei lavoratori di tutti i paesi”.
Primo maggio
Tra ottocento e novecento
Inizia così la tradizione del 1 maggio, un appuntamento al quale il movimento dei lavoratori si prepara con sempre minore improvvisazione e maggiore consapevolezza. L’obiettivo originario delle otto ore viene messo da parte e lascia il posto ad altre rivendicazioni politiche e sociali considerate più impellenti. La protesta per le condizioni di miseria delle masse lavoratrici anima le manifestazioni di fine Ottocento.
Il 1 maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei “moti per il pane”, che investono tutta Italia e hanno il loro tragico epilogo a Milano. Nei primi anni del Novecento il 1 maggio si caratterizza anche per la rivendicazione del suffraggio universale e poi per la protesta contro l’impresa libica e contro la partecipazione dell’Italia alla guerra mondiale.
Si discute intanto sul significato di questa ricorrenza: giorno di festa, di svago e di divertimento oppure di mobilitazione e di lotta ?
Un binomio, questo di festa e lotta, che accompagna la celebrazione del 1 maggio nella sua evoluzione più che secolare, dividendo i fautori dell’una e dell’altra caratterizzazione.
Qualcuno ha inteso conciliare gli opposti, definendola una “festa ribelle”, ma nei fatti il 1 maggio è l’una e l’altra cosa insieme, a seconda delle circostanze più lotta o più festa.
Il 1 maggio 1919 i metallurgici e altre categorie di lavoratori possono festeggiare il conseguimento dell’obiettivo originario della ricorrenza: le otto ore.
Primo maggio
Il ventennio fascista
Nel volgere di due anni però la situazione muta radicalmente: Mussolini arriva al potere e proibisce la celebrazione del 1 maggio.
Durante il fascismo la festa del lavoro viene spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma; così snaturata, essa non dice più niente ai lavoratori, mentre il 1 maggio assume una connotazione quanto mai “sovversiva”, divenendo occasione per esprimere in forme diverse – dal garofano rosso all’occhiello alle scritte sui muri, dalla diffusione di volantini alle bevute in osteria – l’opposizione al regime.
Primo maggio
Dal dopoguerra a oggi
All’indomani della Liberazione, il 1 maggio 1945, partigiani e lavoratori, anziani militanti e giovani che non hanno memoria della festa del lavoro, si ritrovano insieme nelle piazze d’Italia in un clima di entusiasmo.
Appena due anni dopo il 1 maggio è segnato dalla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano fanno fuoco contro i lavoratori che assistono al comizio.
Nel 1948 le piazze diventano lo scenario della profonda spaccatura che, di lì a poco, porterà alla scissione sindacale. Bisognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica celebrare uniti la loro festa.
Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche il fatto che al movimento dei lavoratori si offrono altre occasioni per far sentire la propria presenza, hanno portato al progressivo abbandono delle tradizionali forme di celebrazione del 1 maggio.
Oggi un’unica grande manifestazione unitaria esaurisce il momento politico, mentre il concerto rock che da qualche anno Cgil, Cisl e Uil organizzano per i giovani sembra aderire perfettamente allo spirito del 1 maggio, come lo aveva colto nel lontano 1903 Ettore Ciccotti:
“Un giorno di riposo diventa naturalmente un giorno di festa, l’interruzione volontaria del lavoro cerca la sua corrispondenza in una festa de’sensi; e un’accolta di gente, chiamata ad acquistare la coscienza delle proprie forze, a gioire delle prospettive dell’avvenire, naturalmente è portata a quell’esuberanza di sentimento e a quel bisogno di gioire, che è causa ed effetto al tempo stesso di una festa”.
Nota curata da: Giuseppe Sircana CGIL-Lazio- Ricerche storiche e foto di Arhivio di Franco Leggeri
La Fondazione di Roma- Affresco del pittore Quaroni 1939-49
Roma compie 2769 anni: era il 21 aprile 753 a.C. quando fu tracciato “il sacro solco”, simbolo della fondazione della città di Roma, e oggi come ogni anno si celebra oggi la sua fondazione, rispettando la tradizione che la vuole fondata da Romolo sul colle Palatino. Un’anteprima c’è già stata ieri con la lettura, da parte di quaranta romani e non nel pomeriggio, dei sonetti di Giuseppe Gioachino Belli nei Musei Capitolini. Il Natale di Roma, anticamente detto Dies Romana e conosciuto anche con il nome di Romania, è una festività laica legata alla fondazione della città di Roma, festeggiata il 21 aprile. Un’altra importante iniziativa degna di nota è l’apertura dei Musei civici del comune di Roma, che nella giornata di giovedì 21 aprile 2016 potranno essere visitati in maniera completamente gratuita fino a esaurimento posti. Cuore delle celebrazioni sarà il giovedì 21 a partire dalle 11, quando in aula Giulio Cesare di palazzo Senatorio ci sarà l’edizione annuale della Strenna dei Romanisti, con premi, concorsi, concerti con le bande di Esercito, Guardia di Finanza, Aeronautica, Marina, Polizia, Polizia Penitenziaria e Carabinieri. A seguire, la riapertura di due spazi storici restaurati: alle 12.30 il Giardino degli Aranci all’Aventino, alle 15 il giardino di piazza Cairoli. In serata a bordo Tevere si terrà invece “una performance musicale e di danza al cospetto di Triumph and laments, il fregio di 500 metri realizzato dal sudafricano William Kentridge pulendo selettivamente la patina biologica del travertino dei muraglioni”. Come si festeggia oggi a Roma? Domani alle 10 nella Centrale Montemartini di via Ostiense civ. 124-attraverso una visita guidata si potrà fare “Un viaggio nella storia di Roma tra archeologia classica e archeologia industriale”, mentre a mezzogiorno riaprirà Villa Aldobrandini dopo i lavori di restauro. Infine, venerdì 6 maggio nella Sala della Protomoteca in Campidoglio un concerto cameristico – in programma Vivaldi e Beethoven – chiuderà i festeggiamenti. Fino a lunedì 25 aprile il divertimento è assicurato a Testaccio per grandi e piccoli con il vintage market, i laboratori creativi, i tornei di burraco, l’animazione per i bambini e la solidarietà.
Roma- Nell’Abbazia di San Paolo fuori le mura, dopo mille anni, fu esposta la Bibbia carolingia dal 19 aprile al 29 giugno 2009-
La Bibbia carolingia si compone di 337 fogli di pergamena di pecora e di vitello, la copertura è in legno foderata di marocchino rosso. Ha 24 miniature bellissime e ancora “fresche”. Fu commissionata dal re Carlo il Calvo intorno all’anno 866 al monaco Ingoberto per farne dono al Papa Giovanni VIII.
Su questa Bibbia, durante il medioevo, giurarono fedeltà al Papa tutti gli imperatori .
Papa Gregorio VII decise, per motivi di sicurezza, di affidarla ai monaci benedettini dell’Abbazia di San Paolo. In occasione dell’anno paolino, i monaci benedettini, che da 730 anni sono i custodi della Tomba di San Paolo, hanno deciso di mostrarla al pubblico.
Il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, dopo aver benedetto i locali dell’esposizione ha detto:” Questo evento è importante non solo dal punto di vista culturale ed artistico, ma anche per la riflessione sulla Parola di Dio, Parola viva, capace di vivificare le nostre esigenze: la Parola di Dio è infatti la vera , solida realtà. L’ammirazione di questa Bibbia sia l’occasione per vivere questa esperienza e costruire la nostra casa sulla roccia della Parola di Dio e non sulla sabbia, come è successo a L’Aquila, in Abruzzo. Chiedo inoltre a Dio il dono di saperlo ascoltare e, soprattutto per i visitatori e pellegrini in visita alla tomba di San Paolo, di riscoprirsi ascoltatori della Sua Parola”.
Locandina Mostra Bibbia Carolingia 2009-
La Bibbia Carolingia fu esposta al pubblico, ingresso libero, nell’Abbazia di San Paolo fuori le mura ( via Ostiense, 186) fino al 29 Giugno 2009, dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00-Ingresso libero.
“Speriamo che sia la volta buona“. E’ un auspicio ma anche una certezza, quella del soprintendente al Colosseo e all’area archeologica centrale di Roma, Francesco Prosperetti, nell’attesa che la luce naturale si spenga per lasciare il posto alla luce del nuovo impianto progettato e realizzato da Acea, che da stasera illumina i monumenti che lambiscono l’antica strada che attraversa il Foro Romano, dall’Arco di Tito all’Arco di Settimio Severo. “Illuminazioni del Foro in passato ne sono state tentate più volte – spiega Prosperetti all’Adnkronos – e tutti gli esperimenti hanno trovato il limite nella tecnologia del tempo che richiedeva corpi illuminanti di grande consumo e di grande ingombro. Adesso, grazie alla nuova tecnologia dei led riusciamo a fare un impianto che incredibilmente consuma la metà della metà di quelli precedenti con una quantità di monumenti illuminati molto superiore. L’auspicio è quindi che la nuova illuminazione si riveli durevole e soprattutto uno strumento per avvicinare il Foro Romano alla città, nel senso di renderlo godibile nella buona stagione anche di notte“.
Dal 22 aprile, e per tutti i venerdì fino al 28 ottobre prossimo, infatti, il Foro Romano si apre la notte al pubblico con visite guidate per il percorso ‘La luna al Foro Romano‘. Dalle 20 a mezzanotte gruppi di massimo 25 partecipanti potranno ammirare l’emergere delle antiche rovine illuminate lungo la via Sacra, guidati da archeologi e storici dell’arte. Un percorso nuovo, inaugurato dalla soprintendenza Speciale per il Colosseo e l’area archeologica centrale di Roma, con Electa, che si aggiunge al ciclo di visite serali ‘La luna sul Colosseo‘ in corso ogni lunedì, giovedì, venerdì e sabato fino al 29 ottobre. “Sarà una novità per i romani – prosegue Prosperetti – perché consentirà di visitare una parte dei Fori che, salvo qualche tentativo di alcuni anni fa, non è mai stata aperta al pubblico. Ci auguriamo ovviamente di avere una buona risposta di pubblico, necessaria per aiutarci a pagare i costi dell’illuminazione“.
L’impianto è stato progettato anche per aiutare nella ‘lettura’ delle diverse epoche e delle differenti fasi di utilizzo dei monumenti. “Abbiamo adottato due temperature di colore diverse – spiega il soprintendente – per i marmi e per i muri di laterizio. Ad esempio, i due tipi di illuminazione nel Tempio di Antonino e Faustina, che come è noto contiene al suo interno la Chiesa di San Lorenzo in Miranda realizzata nel 600, rendono tangibile la differenza tra queste due fasi di utilizzo del monumento. L’illuminazione quindi anche come criterio di lettura e comprensione di un contesto monumentale che ha una storia che può essere illustrata meglio attraverso la luce“. Non solo temperature di colore diverse, ma anche diversi tipi di illuminazione: “D’accento sui monumenti più importanti e diffusa anche sui percorsi pedonali in modo da rendere sicura la passeggiata. Ora finalmente – conclude Prosperetti – non ci sarà più quella differenza smaccata tra i Fori Imperiali, bene illuminati con il progetto di Storaro, e il Foro Romano buio, praticamente invisibile. Da domani non sarà più così“.
Il Castello San Giorgio di Maccarese ,oggi di proprietà del Gruppo Benetton, è una location di assoluto prestigio, arricchita da una Chiesa collegata al Castello dai giardini all’italiana. Immerso nelle campagne di Maccarese, il Castello San Giorgio di Maccarese risale al 1700, nel corso dei secoli è appartenuto a diverse famiglie nobili, Alberteschi, Anguillara, Mattei, Pallavicini, Rospigliosi.Nel medioevo il territorio dove oggi sorgono il castello e borgo di Maccarese era di proprietà della Chiesa. Da un atto del IV sec., risulta infatti che Santa Silvia avrebbe donato al monastero di S. Andrea al Clivio Scauro (monastero fondato dal figlio, San Gregorio Magno, sulla villa di famiglia, a Roma , conosciuto oggi come S. Gregorio al Celio), una vasta porzione di terreno che si estendeva dal decimo chilometro della via Aurelia fino al mare. Intorno al Mille, sulle fondamenta di una torre romana preesistente, venne costruito un presidio fortificato, parte del sistema difensivo pontificio della costa, primo nucleo del futuro castello. Nel 1254 la tenuta figurava nel testamento di Alberto dei Normanni, con il nome di villa San Giorgio, probabilmente in onore del santo a cui questa famiglia originaria del nord era particolarmente devota, tanto da farlo figurare nello stemma nobiliare (*1) . In seguito la proprietà passò agli Alberteschi e poi agli Anguillara. Questi ultimi operarono grandi opere di bonifica della zona , celebrate anche attraverso la diffusione della leggenda di S. Giorgio e il drago ( Leggenda di Malagrotta), proprio perché discendenti dai Normanni ( presenza del dragone nello stemma degli Anguillara).Il nome della villa S. Giorgii, ricordato in un atto del 1426 come confine di Castel di Guido, in un altro del 1441 come confine di Leprignana , in altro del 1457 come confine di Cortecchia, nel 1469 in atto di vendita fattane da Alessandro Alessandrini ai Mattei, nel 1496 tra confini di Leprignana, nel 1515 come casale della villa.Nel corso del ‘500 i Mattei oltre ad acquisire la “diruta villa S. Giorgio”, entrarono in possesso di altre proprietà limitrofe che accorporarono nel 1603. Una di queste, denominata “Vaccarese” o “Vaccareccia”, dal pascolo di vacche maremmane e di bufali che vi praticava, diede il nome all’intero possedimento. In un atto del 24 gennaio 1527 Giovanni Battista dell’Anguillara, signore di Stabia, vendette all’illustre Ciriaco Mattei il Casale Vaccarese per il prezzo di 14,000 ducati. A Paolo Mattei spetta, nel 1569, la costruzione dei quattro bastioni attorno al casale.In ragione dell’ingrandimento del dominio Mattei nella villa in Maccarese , procedette quello nel contiguo territorio detto della Cortecchia ( nome derivato da un’antica curtis. Anche questa fu degli Anguillara e fu venduta anche questa ai Mattei per metà insieme alla tenuta di Torre in Pietra.Nel 1683 Vaccarese o Maccarese venne acquistata da Stefano Pallavicini per 270,000 scudi e la congiunzione del patrimonio dei Pallavicini con i Rospigliosi (*2) e dalla ricostituzione di essi con altri fondi che, con il principe Camillo (1752)( figlio del duca Clemente)(*3) , trasformarono il castello in residenza di campagna.Successivamente la tenuta passò, per quanto riguarda la parte vicino al mare, alla Società Marina e Pineta di Fregene che ne avviò una lottizzazione. La parte più interna fu ceduta alla Società Anonima bonifiche di Maccarese (1925), poi all’Iri, per giungere in anni recenti al Gruppo Benetton.Nel 1756 Camillo Rospigliosi avviò ulteriori lavori di restauro conferendo al castello l’aspetto attuale. Girando intorno alle mura si raggiunge il cancello d’ingresso al giardino antistante la facciata; questo ingresso è recente e sostituisce i due precedenti ingressi, ancora visibili; il primo sul lato del giardino che si affaccia sull’Arrone, dove era un ponte; l’altro il principale, – di cui rimane ben poco – è nascosto tra gli alberi, sulla nostra sinistra. La facciata del castello si presenta incassata tra due torrioni, coronata da una torretta con grande orologio e movimentata da un balcone centrale con finestra incorniciata da una semplice decorazione riportante i rombi della stemma Rospigliosi. Dal portale sottostante si accede all’atrio del castello, sulle cui pareti sono gli stemmi in pietra dei Rospigliosi, un’iscrizione di Benedetto XIV ( 1740-58 papa Lambertini ) celebrante l’episodio della cattura dei Turchi a Maccarese, il frammento di lapide rinvenuto alla Torre Primavera.: LARIBUS . AV(gustis) et DIANAE . FREG(enati) . AVILLIO . M . L . Una Galleria sotterranea muove dal castello dirigendosi verso Sud-est, passando sotto il letto dell’Arrone. Da molti è considerata opera etrusca , probabilmente costruita per favorire il drenaggio delle acque. Attraversando il giardino , dove su vasi e basamenti sono presenti molti stemmi Rospigliosi, si raggiunge la chiesetta che si trova dirimpetto alla facciata del castello.La chiesa, dedicata a S. Giorgio, fu costruita a metà del ‘700 per volere del principe Camillo, come recita un’iscrizione posta sull’altare. Rimase parrocchia fino a quando non venne eretta la nuova chiesa di S. Giorgio nel 1939. L’interno dell’edificio a croce latina è ravvivato da una Via Crucis in ceramica invetriata colorata che qui fu collocata introno al 1927, quando, in seguito ad un restauro vennero sostituite con rilievi raffiguranti S. Giorgio, S. Antonio e la Madonna con Bambino anche le tre tele poste sugli altari.
1* Il culto di San Giorgio, per esattezza, era proprio dell’Italia meridionale, assunto dai Normanni come culto militare e cavalleresco., e a questo può risalire la Leggenda di Malagrotta.
2*Innocenzo XI autorizzò la duchessa Eugenia Spada Mattei ed il card. Fabrizio Spada, procuratore, tutore del tredicenne duca Alessandro Mattei, ad alienare la tenuta di Maccarese, con il suo stagno, e quella di Cortecchia al principe Stefano Pallavicini, per estinguere i debiti contratti dagli antenati della famiglia Mattei.
3* Clemente Rospigliosi era il primogenito dei coniugi Giovanni Battista Rospigliosi e Maria Camilla Pallavicini ( sposati nel 1670 ), che a sua volta donerà a suo figlio Camillo la tenuta di Maccarese e il castello
Cenni storici a cura della Dott.ssa Laura Battisti.
Foto di Dott.Franco Leggeri
MACCARESE-Il CastelloMACCARESE-Il CastelloCastello San Giorgio di Maccarese –Castello San Giorgio di Maccarese –Castello San Giorgio di Maccarese –Castello San Giorgio di Maccarese –Castello San Giorgio di Maccarese –Castello San Giorgio di Maccarese –Castello San Giorgio di Maccarese –Castello San Giorgio di Maccarese –Castello San Giorgio di Maccarese –Castello San Giorgio di Maccarese –Castello San Giorgio di Maccarese –Castello San Giorgio di Maccarese –Castello San Giorgio di Maccarese –Castello San Giorgio di Maccarese –MACCARESE-Il CastelloCastello San Giorgio di Maccarese –Castello San Giorgio di Maccarese –
Franco Leggeri Fotoreportage – Torre di Maccarese nota come Torre Primavera
Franco Leggeri Fotoreportage -La Torre Primavera si trova nei pressi di Fregene in fondo a viale Clementino nord-ovest. Fu fatta edificare sui resti di un’antica villa di Ciriaco Mattei in località “Primavera” alla foce dell’Arrone. Il nome “Primavera”, che riguarda l’intera area circostante la torre, deriva dal microclima particolarmente favorevole a cui la zona è soggetta. E’ qui che viveva la mandria di bufale degli antichi proprietari della zona, i Rospigliosi.
Oltrepassato il caseggiato ci appare la massiccia mole della torre Primavera, alta 15 metri e a pianta quadrata. La torre possiede 4 piani e ogni piano ha un salone e due stanzette e per salire in cima c’è una scala. All’interno della torre c’è una botola che conduce ad un passaggio sotterraneo, che passa sotto l’Arrone. E’ molto profondo e lungo circa un kilometro e porta fino al Castello di Maccarese. La torre subì nel’ 500 un restauro che modificò la parte inferiore rendendola a sperone e rinforzò gli angoli con l’inserimento di blocchi di travertino. Fu voluta come molte altre torri di avvistamento, da Pio IV per sventare il pericolo delle incursioni Saracene che affliggevano frequentemente le popolazioni costiere. L’ambiente naturale è purtroppo oggi deturpato dalla presenza del depuratore di Fregene. Fu comunque in occasione dei lavori di installazione di questo impianto, che fu ritrovata una barca romana che localizzerebbe in quest’area l’antico porto di Fregene. L’architetto Maurizio Silenzi nel suo libro “Il Porto di Roma” sostiene una suggestiva tesi che afferma la localizzazione di un porto sul fiume Arrone e la presenza di un faro allineato con quello più noto del porto di Claudio di Fiumicino. La torre Primavera sarebbe stata ubicata e costruita proprio sopra i resti del faro di Claudio. Silenzi porta a prova di ciò anche alcuni rilievi topografici e un’analisi approfondita del materiale esistente sotto l’intonaco più recente della torre che presenta l’inserimento di numerose pezzature marmoree bianche reperibili solo in siti dove sono presenti manufatti del periodo romano. L’Architetto afferma che la torre è stata costruita ristrutturando, in parte, murature esistenti con mattoni di fornace più recenti e mescolando materiali marmorei recuperati che facevano parte di un’antica costruzione riferibile al faro sull’Arrone. Sulla torre Primavera c’è anche un’altra curiosità da riferire: forse le torri erano due! Infatti alcuni archeologi hanno individuato i resti di una costruzione antica anche sulla sponda di ponente dell’ Arrone. C’era un tempo dunque in cui le costruzioni erano due, ipotesi suggestiva ma probabilmente i resti sono di una villa della famiglia dei Cesi da cui prende il nome la zona Cesolina.
Foto di Franco Leggeri per REDREPORT– scatti eseguiti per provare vari obiettivi e fotocamere Reflex e Fotocamera OLYMPUS
MACCARESE-Torre PrimaveraFIUMICINO-Viale della Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre PrimaveraFIUMICINO-Torre di Maccarese nota come Torre Primavera
FIUMICINO, 15 aprile 2016- – Riapre al pubblico il Parco archeologico dei Porti Imperiali di Claudio e Traiano a Fiumicino, una della più importanti opere di ingegneria civile del mondo antico. Tutti i fine settimana, a partire da sabato e fino al 30 ottobre, sarà possibile visitare, dalle 11 alle 18, l’unico porto romano giunto intatto fino al nostro tempo, grazie a ‘Navigare il Territorio’, iniziativa in sinergia tra pubblico e privato, alla 2° edizione. A promuoverla, la Fondazione Benetton Studi Ricerche, Aeroporti di Roma e la Soprintendenza speciale per il Colosseo e l’area archeologica centrale di Roma, in collaborazione con la città di Fiumicino e con la Rete scolastica Progetto Tirreno – Eco-Schools. In programma visite guidate, laboratori per le scuole, attività rivolte a famiglie, a bambini e ragazzi, e visite per i passeggeri del Leonardo da Vinci, che avranno a disposizione una navetta gratuita ogni 30 minuti ed un corner informativo che illustra le particolarità del sito archeologico.
Renato Sebastiani (D) direttore del Parco Archeologico e l’architetto Marco Tamaro della Fondazione Benetton al parco archeologico dei Porti Imperiali di Claudio e Traiano a Fiumicino, 14 aprile 2016. ANSA/TelenewsRenato Sebastiani (D) direttore del Parco Archeologico, il sindaco di Fiumicino Esterino Montino (C) e l’architetto Marco Tamaro della Fondazione Benetton al parco archeologico dei Porti Imperiali di Claudio e Traiano a Fiumicino, 14 aprile 2016. ANSA/TelenewsFiumicino- Porto di Traiano-Fiumicino- Porto di Traiano-
SANTA MARINELLA –14 aprile 2016- Il Museo del Mare e della Navigazione antica ha chiuso i battenti. Da quasi due mesi infatti, lo storico portone che consente l’ingresso dei visitatori del castello di Santa severa, è letteralmente sbarrato. I motivi che hanno costretto la direzione del bene storico a bloccare la attività archeologiche del museo, sono da addebitare alla lentezza della macchina burocratica comunale che costringe le operatrici che lavorano all’interno della struttura a restare a casa in attesa di una chiamata. Nei mesi scorsi, infatti, il Comune aveva indetto un bando di gara per la gestione del Museo Civico, dopo che era stato rescisso il contratto con la cooperativa ‘‘Fuori C’Entro’’ per inadempienze contrattuali. A prendere il posto della vecchia società è stata la Cooperativa Culture di Mestre che ha vinto la nuova gara, presentando un progetto che ha riscontrato il favore dei dirigenti comunali. Purtroppo, però, l’azienda veneta non ha potuto prendere possesso del Museo in quanto, da una indagine fatta dalla stessa cooperativa, è stato rilevato che la struttura museale è priva di alcuni presidi che non la rendono idonea all’apertura al pubblico tra i quali il sistema antincendio. L’amministrazione comunale, dunque, dovrà provvedere a mettere a norma i locali prima di consegnarli alla Cooperative Culture. Tutte queste pastoie burocratiche e i tempi lunghi che hanno accompagnato il nuovo bando di gare per la gestione del Museo, hanno di fatto costretto i responsabili del castello a chiudere il Museo della Navigazione Antica. Un danno enorme per il traffico turistico del territorio cittadino e per il personale che lavorava all’interno della struttura archeologica. In base ad indiscrezioni, sembra che il problema relativo all’assenza dei presidi antincendio possano essere risolti prima del 25 aprile, data che solitamente, in passato, portava al castello di Santa Severa centinaia di turisti e amanti dell’archeologia provenienti da tutta Italia, per visitare il più grande porto di Pyrgi e il maniero più antico d’Italia che nasconde tra le sua mura poligonali testimonianze storiche uniche come le Lamine d’Oro o il Frontone di Pyrgi, considerati dei pezzi unici dell’antica civiltà etrusca. Per quella data dovrebbe anche riaprire l’intero castello che, come tutti sanno, è gestito dalla Regione Lazio che decide autonomamente quando spalancare i cancelli per consentire ai visitatori di vedere le torri Saracena e Normanna e le antiche mura poligonali.
E’ da poco terminato il lavoro lungo e delicato di trasferimento della Bibbia dalla pergamena al digitale. Il Codex Sinaiticum è la più antica Bibbia cristiana che si conosca. Il prezioso documento ha circa 1600 anni ed è questo il motivo, più che valido, per metterlo a disposizione di tutti attraverso la rete. La preziosa Bibbia , del IV secolo d.C., ora può essere consultata da tutti e non vi più il rischio di rovinare le pagine e le antiche iscrizioni. Il Codex si compone di tutte le pagine conservate per oltre 150 anni in varie parti del mondo. Il progetto e la realizzazione è frutto della collaborazione della British Library (Gran Bretagna), del National Library of Russia, del Monastero di Santa Caterina ( Egitto) e della Libreria dell’Università di Lipsia (Germania).
Per consultare il Codex basta collegarsi al sito Codex Sinaiticus.org.
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