Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”
Roma- 31 marzo 2017-All´interno della tenuta Acquafredda la presenza dell´uomo risale alla Preistoria. Molto probabilmente vi è stata la presenza degli Etruschi: si sta infatti studiando una grotta che, presumibilmente, è una tomba rupestre ipogea. La presunta tomba è scavata nel tufo ed è costituita da un camerone iniziale, sorretto da un grande pilastro di tufo, da cui parte un lungo corridoio, ai cui lati si aprono a coppia, in forma simmetrica, quattro cappelle laterali. I contadini l´hanno sempre chiamata la “grotta”, ma la struttura è quella di una tomba etrusca del VII secolo a.C.
Foto di Franco Leggeri
Roma- Municipio XIII-Torre dell’ACQUAFREDDARoma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Roma- Municipio XIII-Torre dell’ACQUAFREDDARoma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Roma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”Roma- Municipio XIII-Torre dell’ACQUAFREDDARoma- Municipio XIII-Tenuta dell’ACQUAFREDDA:” tomba etrusca del VII secolo a.C.”
Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI
Castel di Guido- 3 aprile 2017-Le foto del nostro amato parroco Don FRANCESCO ARCERI in occasione della visita pastorale di S.E. Monsignor GINO REALI Vescovo della nostra Diocesi il 19 giugno 2011-
Tutte le foto sono di Franco Leggeri
Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALICastel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI e Don Francesco Arceri con i ParrocchianiCastel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALICastel di Guido 19 giugno 2011 -Don FRANCESCO ARCERICastel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALICastel di Guido 19 giugno 2011 –Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALICastel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALICastel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALICastel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI, Don FRANCESCO ARCERI,Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALICastel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALICastel di Guido 19 giugno 2011 -Don FRANCESCO ARCERICastel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALICastel di Guido 19 giugno 2011 -Don FRANCESCO ARCERI
Castel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI e Don Francesco Arceri con i ParrocchianiCastel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI e Don Francesco Arceri con i ParrocchianiCastel di Guido 19 giugno 2011 -Don FRANCESCO ARCERICastel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALICastel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI e Don Francesco Arceri con i ParrocchianiCastel di Guido 19 giugno 2011 -S.E. Monsignor GINO REALI e Don Francesco Arceri con i ParrocchianiCastel di Guido 19 giugno 2011 –Castel di Guido 19 giugno 2011 –Castel di Guido 19 giugno 2011 –Castel di Guido 19 giugno 2011 –Castel di Guido 19 giugno 2011 –Castel di Guido 19 giugno 2011 –
Mons. Andrea Pangrazio Arcivescovo-Vescovo emerito di Porto – Santa Rufina
Mons. Andrea Pangrazio nacque a Táhtászada in Ungheria il 1° settembre 1909, da Anna Rosele e Domenico Pangrazio, originari di Camporovere (altopiano di Asiago). Quinto di sette fratelli, rientrò in Italia con la famiglia poco prima dell’inizio del primo conflitto mon- diale. Frequentò la scuola elementare a Chiampo (VI) e successiva- mente entrò nel seminario minore di Padova, dove compì gli studi gin- nasiali, liceali e teologici.
Il 3 luglio 1932 ricevette l’ordinazione sacerdotale a Padova e fu scelto dal Vescovo Mons. Carlo Agostini come segretario particolare.
Negli anni seguenti il suo ministero si svolse particolarmente a ser- vizio delle aggregazioni cattoliche: Assistente regionale dell’Azione Cattolica Italiana delle Tre Venezie, Vice Assistente nazionale dei laureati cattolici, Delegato vescovile dell’Azione Cattolica a Padova, Assistente provinciale delle ACLI.
In occasione dell’Anno Santo del 1950 organizzò l’Ufficio pellegri- naggi diocesano e si distinse nell’opera di coordinamento delle attività assistenziali a seguito dell’alluvione del Polesine.
Nominato Vescovo da Papa Pio XII il 26 agosto 1953, fu ordinato nella cattedrale di Padova il 4 ottobre seguente con l’ufficio di coadiu- tore del Vescovo di Verona.
Il 19 maggio 1955 fu nominato Vescovo coadiutore di Livorno e il 10 febbraio 1959 assunse il governo pastorale di quella diocesi, in se- guito alla morte di Mons. Giovanni Piccioni. Il suo ministero episcopa- le fu caratterizzato da speciale attenzione al mondo del lavoro, dalla riorganizzazione territoriale delle parrocchie, dalla costruzione di nuo- ve chiese, dalla solidarietà verso i bisognosi. Si dedicò alla formazione del clero e dei laici.
Mons. Andrea Pangrazio Arcivescovo-Vescovo emerito di Porto – Santa Rufina
Il 4 aprile 1962 fu promosso Arcivescovo Metropolita di Gorizia – Gradisca, dove iniziò il suo ministero episcopale il 27 maggio successi- vo. Questi anni furono contrassegnati dalla intensa partecipazione ai lavori del Concilio Vaticano II, sui quali riferiva costantemente per iscritto ai sacerdoti e ai fedeli della diocesi. Da ricordare in particolare, durante la discussione dello schema sull’ecumenismo, un suo intervento sul concetto di “gerarchia delle verità”, che confluirà nel decreto Unitatis redintegratio. La riflessione conciliare sulla Chiesa popolo di Dio consentì all’Arcivescovo Pangrazio di seguire con attenzione ancora maggiore la vita e l’esperienza ecclesiale dei fedeli laici.
L’8 agosto 1966 fu nominato Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, dopo la pubblicazione del nuovo statuto della CEI (16 dicembre 1965), che aveva configurato la Conferenza quasi come una «nuova Conferenza Episcopale Italiana», che mostrava i caratteri di «una sola, omogenea e concorde espressione ecclesiastica» (PAOLO VI, Allocuzione all’Assemblea Generale dei Vescovi italiani, 23 giugno 1966).
Il 2 febbraio 1967 Mons. Pangrazio fu trasferito alla Chiesa subur- bicaria di Porto e Santa Rufina per poter meglio svolgere il suo ufficio di Segretario Generale della CEI; ufficio nel quale fu confermato l’11 luglio 1969.
In questi anni l’attività della Conferenza assunse modalità e perio- dicità assai vicini a quelli attuali e fu avviata l’organizzazione della Segreteria Generale in uffici, in particolare con la costituzione dell’Ufficio Catechistico Nazionale. Da ricordare specialmente la pubblicazione del documento Il rinnovamento della catechesi (1970), l’approvazione della traduzione italiana della Bibbia per l’uso liturgico (1971), l’avvio della traduzione definitiva dei libri liturgici (1969), nonché l’approvazione del documento che ripristinava in Italia il diaconato permanente (1970).
Il 6 settembre 1972 Mons. Pangrazio fu nominato Visitatore Apostolico dei seminari italiani.
Mons. Andrea Pangrazio Arcivescovo-Vescovo emerito di Porto – Santa Rufina
Con il compimento del 75° anno, in conformità alle norme canoni- che, presentò la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Porto e Santa Rufina.
Gli ultimi venti anni della sua esistenza li ha vissuti nella Chiesa dove, da ultimo, ha esercitato il suo ministero episcopale e da dove il Buon Pastore lo ha chiamato nel suo regno di luce e di pace il 2 giugno 2005.
La messa esequiale è stata celebrata il 4 giugno 2005 nella cattedrale dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria a La Storta, dove la salma è sta- ta successivamente tumulata. Con il Vescovo di Porto Santa Rufina Mons. Gino Reali hanno concelebrato S.E. Mons. Giuseppe Betori, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, e altri cinque vescovi.
MALAGROTTA – AGOSTO 2009 Cerimonia di consegna del nuovo rilevatore di polveri sottili.
MALAGROTTA – AGOSTO 2009 Cerimonia di consegna del nuovo rilevatore di polveri sottili.Presenti : Dott. Salvatore Damante, Prof. Sergio Apollonio, Ivano Breccolotto, Maurizio Melandri , Luigi Argenzario,Lino Coladangelo Presidente del Comitato Pisana-Spallette e vari Consiglieri dei Municipio XII(ex-XVI) e XI (ex-XV). Le foto , anno 2009, allegate al post documentano la piccola cerimonia di consegna del Rilevatore di Polveri Sottili.
I fatti-
Malagrotta rubato il rilevatore di ‘Polveri sottili’
Mentre Salvatore Damante lo stava posizionando in via della Pisana per delle rilevazioni sulla discarica di Malagrotta- – 15 giugno 2009
Il 15 giugno è stato rubato il rilevatore delle “polveri sottili” del Dott. Salvatore Damante il quale ha dichiarato: ”Mentre posizionavo il mio strumento per le polveri sottili, inserito in una cassetta ENEL per non destare interesse, mi è stato sottratto furtivamente, in un momento di assenza di 30 minuti, in via della Pisana nei pressi della Città dei Ragazzi.
Sono demoralizzato anche per la perdita in valore molto notevole. Sono costretto a sospendere la mia indagine momentaneamente, ma terrò informato tutte le Associazioni dei cittadini e il Comitato Malagrotta.
Le indagini mi sarebbero servite per una relazione che dovevo presentare all’ospedale San Camillo con la quale speravo anche di attirare l’attenzione sulla discarica di Malagrotta.
Presto, prosegue Salvatore Damante, sarà pronta la mia indagine, anche se incompleta dell’ultima parte che comunque finirò perché, da Milano, mi presteranno un altro rilevatore.”
Le ricerche e i rilevamenti del Dott. Salvatore Damante sono fondamentali, hanno più volte messo in imbarazzo politici ed amministratori che volevano minimizzare la drammatica situazione di Malagrotta.
I Comitati dei cittadini ed il Comitato Malagrotta si stanno mobilitando al fine di raccogliere la somma di 3000€ necessaria per acquistare un nuovo rilevatore delle polveri sottili.
Sarà acquistato un nuovo rilevatore di polveri sottili.
I Comitati Malagrotta e Pisana 64 hanno consegnato il loro contributo al Dott. Salvatore Damante
Il Dott. Salvatore Damante con una nota a firma congiunta del Prof. Sergio Apollonio, Presidente del Comitato Malagrotta, e da Lino Coladangelo, Presidente del Comitato Pisana 64, hanno informato i cittadini di Malagrotta, Massimina, Pisana Spallette, Ponte Galeria, Santa Cecilia che la somma raccolta dai Comitati è stata consegnata a Damante e sarà utile per l’acquisto di un nuovo strumento per il monitoraggio delle polveri sottili e idrocarburi. Al Dott. Damante, quello vecchio era stato rubato in via della Pisana il 15 giugno. Il Dott. Damante scrive nella nota: ”intendo ringraziare tutti quelli che stanno partecipando alla raccolta fondi, ‘Comitati di Malagrotta e Pisana 64’, per l’acquisto di un nuovo strumento. Questo della Soc. Analitica strumenti, è conforme alle normative UNI-ENI 12341, EN 14907, con il supporto PUF per il campionamento IPA (Dir. 2004/107/CE), con preselettore per polveri PM10 e 2,5.
La scelta sofferta (per l’alto costo, circa 3000 euro) di questo strumento è dovuta alle critiche per quello usato in precedenza che non era conforme.
Devo riconoscere che non mi aspettavo una così ampia partecipazione, in particolare voglio ringraziare i primi promotori dell’iniziativa che sono il Prof. Sergio Apollonio e Luigi Argenziano”.
MALAGROTTA – AGOSTO 2009 Cerimonia di consegna del nuovo rilevatore di polveri sottili.Presenti : Dott. Salvatore Damante, Prof. Sergio Apollonio, Ivano Breccolotto, Maurizio Melandri , Luigi Argenzario,Lino Coladangelo Presidente del Comitato Pisana-Spallette e vari Consiglieri dei Municipio XII(ex-XVI) e XI (ex-XV). Le foto , anno 2009, allegate al post documentano la piccola cerimonia di consegna del Rilevatore di Polveri Sottili.
MALAGROTTA – AGOSTO 2009 Cerimonia di consegna del nuovo rilevatore di polveri sottili.MALAGROTTA – AGOSTO 2009 Cerimonia di consegna del nuovo rilevatore di polveri sottili.Maurizio MelandriMALAGROTTA – AGOSTO 2009 Cerimonia di consegna del nuovo rilevatore di polveri sottili.
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Massimina-Scoperte e ricoperte due tombe del IV-V sec. a. C.
Roma-Municipio XII-Quartiere MASSIMINA-Venerdì 11 settembre 2009 in via Ildebrando della Giovanna, di fronte alla scuola elementare Nando Martellini, durante lo scavo per eseguire una riparazione idrica sono venuti alla luce due tombe del IV-V sec. a. C. Le tombe, una grande e una piccola sono state “monografate”, fotografate e subito ricoperte.
Breve sintesi- Storia della necropoli di via ILDEBRANDO della GIOVANNA.
Già dal 1999 la Soprintendenza aveva intrapreso una serie di sondaggi , preventivi in vista dell’allargamento della sede stradale di via Ildebrando della Giovanna. Nel corso dell’esecuzione dei cavi di indagine archeologica furono individuate quattro tombe “a fossa” , tombe molto “povere” ricoperte con tegole piane ,”pianelle romane”, convergenti sul fondo .Gli “inumati” erano due individui adulti di sesso maschile. A corredo delle tombe ,molto povero, furono trovati : N.1 anello di rame;N.2 vasi in ceramica comune.
Parlerò in altra occasione di tutta l’Area interessata dalla “NECROPOLI DI VIA ILDEBRANDO DELLA GIOVANNA.” –Nota e foto di Franco Leggeri-
Massimina-Scoperte e ricoperte due tombe del IV-V sec. a. C.Massimina-Scoperte e ricoperte due tombe del IV-V sec. a. C.
Apoteosi di Antonino e Faustina , dalla base della Colonna di Antonino Pio.
Tito Aurelio Fulvo Boionio Arrio Antonino Pio (in latino: Titus Aurelium Fulvus Boionius Arrius Antoninus Pius; nato a Lanuvio il 19 settembre 86 d.C-Lorium(Castel di Guido) , 7 marzo 161 ) è stato un Imperatore romano dal 138 al 161.
Uno dei migliori imperatori romani. Fu adattato da Adriano e suo successore nel 138. Tutto inteso al bene dei popoli riedificò città distrutte dalle guerre, represse l’avidità dei governatori delle province, cacciò dalla corte i delatori, fondò istituti di beneficenza per gli orfani, migliorò la condizione giuridica degli schiavi, vietò le persecuzioni contro i Cristiani, mantenne ferma la pace e ricorse alle armi solo per necessità.
Colonna di Antonino Pio
Fu dolce, amorevole con tutti, ma sin troppo con Faustina (La Maggiore) sua moglie, indegna di lui; scelse come suo successore Marco Aurelio che sposò Faustina (La Minore) figlia dell’Imperatore. I successori di Antonino Pio assunsero il suo nome , e gli storici chiamano il secolo degli Antonini “ l’età più felice per l’Impero Romano”. Si attribuisce al Antonino Pio “L’Itinerarium provinciarum”, un prezioso documento dell’antica geografia che si dice fosse compilato per suo ordine.
Antonino Pio Imperatore RomanoAntonino Pio Imperatore Romano-Antonino Pio Imperatore Romano
Castel di Guido- 8 febbraio 2017-“Scoprire Castel di Guido e la CAMPAGNA ROMANA” è il titolo provvisorio di un volume che sta nascendo a seguito delle mie ricerche storiche. L’obiettivo del mio lavoro è “costruire”-“confezionare” un nuovo e agile strumento per conoscere meglio la nostra Campagna Romana .Le ricerche mi hanno portato in varie biblioteche, pubbliche e private, sia di Roma che in altre parti d’Italia. Questa breve nota per comunicare che, durante una ricerca, ho trovato una foto del Cardinal Eugenio TISSERANT con la dedica alla nostra parrocchia. La foto del Cardinal Eugenio TISSERANT, restaurata, ingrandita è ora visibile nella sacrestia della parrocchia dello Spirito Santo.
La foto è stata dedica e autografata da Sua Eminenza Rev.ma Cardinale EUGENIO TISSERANT esattamente il 18 febbraio 1966, quindi, 51anni or sono.
Il Cardinale Eugenio Tisserant è stato il “Rifondatore” della nostra Diocesi e fu anche uno dei promotori dell’Ente Maremma.
Brucia. Brucia il peccato. Brucia il lusso. Brucia il vizio. Brucia il demonio. Brucia la depravazione. Brucia la perdizione.
Brucia la febbre di conquista, nel volto di Girolamo Savonarola (1452-1498): il rivoluzionario, il moralizzatore, il profeta dei Piagnoni.
Le fiamme illuminano i suoi occhi spiritati, quasi in estasi di fronte a quello spettacolo di purificazione.
È il 7 febbraio 1497 e nel grande falò al centro di Piazza della Signoria bruciano migliaia di oggetti: specchi, cosmetici, vestiti di lusso, arpe, bombarde, cetre, chitarre, liuti, ciaramelle, cornamuse, flauti, ghironde, vielle, e ancora dadi, profumi, livree, parrucche, carte da gioco, libri immorali, manoscritti con canzoni profane, dipinti.
Sandro Botticelli ammira i suoi capolavori ardere: errori di gioventù finalmente riparati, opere infamanti che non infangheranno più il suo buon nome.
Dipinti pagani, che ritraggono figure mitologiche e che parlano di sensualità e di passione: Venere, Marte ed Ercole bruciano nel rogo. Brucia il mostruoso Centauro, bruciano i satiri giocherelloni.
Brucia il suo passato di peccato alla corte dei Medici, brucia la vergogna di artista cortigiano foraggiato dalla borghesia fiorentina; brucia per sempre l’epoca in cui dipingeva cicli ispirati al Decameron di Boccaccio e opere piene di allegorie pagane, brucia l’esaltazione del trionfo della vita.
Un-altro-falò-delle-vanità-
Girolamo Savonarola (Fra Bartolomeo, 1498, olio su tavola, Museo nazionale di San Marco, Firenze)
Per anni Sandro aveva prestato la sua arte per celebrare matrimoni e allietare banchetti di vino ed orge.
Poi era arrivato Savonarola ed era morto Lorenzo il Magnifico, e tutto era cambiato. Tutte le vecchie sicurezze si erano infrante, il trionfo della vita aveva lasciato il passo all’annuncio della morte e del giudizio finale e Sandro si era sentito profondamente colpevole per aver dato volto a quel magistero artistico tanto aspramente condannato dal “santo frate”.
Così, in questo martedì grasso che non era mai stato così magro, e terrificante ed esaltante, lo stesso pittore è corso alla sua bottega per fare razzìa delle sue opere e gettarle nel rogo.
Si guarda intorno e percepisce un’eccitazione generale.
È un’antica usanza, a Firenze, quella di accendere il grande falò per l’ultimo giorno di carnevale: tutto il popolo si adopera per portare in piazza legna, frasche e paglia, e poi lasciarsi andare a danze orgiastiche per tutta la notte.
Savonarola ha deciso di rispettare l’usanza anche quest’anno, ma con una piccola differenza: perché oggi saranno proprio le orge a bruciare sul falò: orge di ogni genere. Ogni forma di lascivia e impudicizia è destinata a finire nel grande rogo: che siano statue di uomini e di donne nudi o quadri dei grandi maestri del tempo, o strumenti musicali, o libri, o canzonieri. Ognuno porta ciò che vuole, e gli artisti stessi fanno a gara per purificare le proprie opere.
Baccio della Porta ha portato tutti i suoi disegni di studi sul corpo umano.
Ha 24 anni e in città è molto amato “per la virtù sua – scrive Vasari – assiduo al lavoro, quieto e buono di natura et assai timorato di Dio”. A Bartolomeo piace la vita quieta e fugge le pratiche viziose e molto gli dilettano le predicazioni, e cerca sempre “le pratiche delle persone dotte e posate”. Naturale, quindi che si sia letteralmente invaghito di Savonarola, tanto da essere spesso ospite nel convento dei frati domenicani, con cui ha stretto amicizia al punto che dopo la morte di Girolamo arriverà a farsi egli stesso frate domenicano. Sta anche preparando un ritratto del grande predicatore e ora ammira soddisfatto trasformarsi in cenere i suoi disegni in cui compaiono le figure nude di uomini e donne.
Al suo fianco, Lorenzo Di Credi osserva le fiamme con il sorriso tra le labbra. Allievo di Verrocchio e amico del Perugino e di Leonardo da Vinci, si è fatto conoscere con opere di arte sacra come la Madonna di piazza e L’Annunciazione, ma non aveva disdegnato di accettare committenze profane come il Ritratto di Caterina Sforza e la Venere. Ma il passato è alle fiamme, ormai. E nel suo futuro c’è solo il fervore religioso.
Un altro falò delle vanità (San Domenico e gli Albigensi) è ricordato nel dipinto del pittore spagnolo Pedro Berruguete
È un orgia casta, quella che si consuma attorno al fuoco, un delirio mistico e violento. Non ha convinto tutti, il frate riformatore: i suoi nemici si sono barricati in casa, altri sono venuti in piazza solo per guardare. Altri ancora sono confusi.
Come Cosimo, che osserva Savonarola, ascolta i suoi anatemi parola per parola. Ammira nei suoi occhi quella luce interiore che hanno gli uomini di fede, ammira la forza, ammira il rigore. Ma quando torna a casa e passa per via Tornabuoni, osserva compiaciuto le botteghe degli artisti, i bordelli, i mercati, e deve ammettere di sentirsi a suo agio tra i condannati.
Chi invece non ha alcun dubbio è lui: il nuovo “re di Firenze”, che si è guadagnato il favore del popolo riformando le tasse e abolendo l’usura e dopo aver rovesciato il regime dei Medici ha sfidato nientemeno che il Papa. Al suo fianco ci sono i fedelissimi Domenico da Pescia e Silvestro da Firenze.
Sono passati tredici anni da quando Girolamo ha messo per la prima volta piede in Firenze. Nella capitale del Rinascimento il frate ferrarese aveva trovato una città ricca, vivace, aperta al riso e al gioco; insomma il trionfo dell’immoralità e dell’indecenza. Più che la culla di una nuova civiltà il feretro di una nuova Sodoma.
Girolamo aveva iniziato subito a lanciare i suoi strali: il castigo divino – aveva annunciato – si sarebbe abbattuto sulla città per la corruzione del clero e dei costumi, per la lussuria, l’idolatria, le credenze astrologiche, la sodomia, il lassismo, la simonia. E aveva conquistato subito il cuore del popolo e dei poveri, che vedevano in lui il riscatto promesso dal Vangelo.
Si era scagliato con sempre più ferocia contro i capi della città che sono “superbi e corrotti, sfruttano i poveri, impongono tasse onerose, falsificano la moneta”.
Si era guadagnato così anche il sostegno dei nemici dei Medici. Lorenzo il Magnifico aveva cercato in ogni modo di fermarlo: con le buone e con le cattive. Lo aveva minacciato di confino e Girolamo aveva risposto che non se ne curava e anzi aveva predetto la prossima morte del principe. “Io sono forestiero e lui cittadino e il primo della città; io ho a stare e lui se n’ha a andare: io a stare e non lui”.
Poi Lorenzo gli aveva contrapposto un frate agostiniano, Mariano della Barba, che non era riuscito a reggere minimamente il confronto con il profeta della Rivoluzione.
Quando poi era diventato priore del convento domenicano, Girolamo si era rifiutato di rendere omaggio al principe come il suo nuovo ruolo avrebbe richiesto e come avevano fatto i suoi predecessori, né si era fatto ammansire dai doni e delle elemosine. E la sua cerchia dei fedeli era aumentata a dismisura.
Con la morte di Lorenzo de’ Medici, nell’aprile del 1492, quella Sodoma sembrava giunta finalmente sull’orlo del tracollo e il “Predicatore dei disperati” si era assunto il compito di salvarla dalla dannazione.
Monumento al frate domenicano in Piazza Savonarola a Firenze
Sinistri presagi avevano accompagnato la morte del Magnifico: durante una terribile tempesta un fulmine aveva colpito la cupola di Santa Maria del Fiore, lo stemma dei Medici era finito in mille pezzi e il medico di Lorenzo era stato trovato morto in fondo a un pozzo.
Tutti segnali, aveva spiegato il domenicano giunto da Ferrara, che l’Apocalisse era imminente. Dal pulpito del Duomo aveva lanciato i suoi strali contro l’immoralità dei fiorentini, l’arte rinascimentale, ma anche la ricchezza e il lusso della stessa Chiesa in mano al famigerato Alessandro VI Borgia.
Due anni dopo a suggellare la fine di un’epoca era arrivata l’invasione dell’esercito francese.
Carlo VIII era infatti determinato a prendersi anche la corona del Regno di Napoli che gli spettava – sosteneva – per supposti diritti ereditari.
Messosi in marcia sull’Italia con 30mila soldati di cui 8mila mercenari svizzeri, il 17 novembre 1494 era entrato a Firenze. Girolamo aveva enfatizzato il pericolo di saccheggi e violenze puntando il dito contro l’incapace Piero dei Medici, che prima si era schierato dalla parte degli aragonesi attirandosi l’ostilità del Re di Francia, poi si era arreso clamorosamente asservendosi del tutto al francese. Il popolo si era quindi indignato e ribellato e lo aveva cacciato dalla città proclamando la Repubblica.
Passato Carlo VIII, il potere è passato al governo democratico della Repubblica, ma in realtà è il predicatore domenicano ad aver assunto il pieno controllo della città e a dettare le regole a cui tutti, volenti o nolenti, devono adeguarsi.
Il supplizio di Savonarola – (Francesco di Lorenzo Rosselli, 1498 – Museo di S. Marco, Firenze)
Ora a Firenze non si gioca più in pubblico, le taverne sono serrate e le donne sono state costrette a rinunciare ad abiti troppo scollati e lascivi. La nuova Sodoma è diventata una nuova Gerusalemme, una terra santa dove si sperimenta una nuova forma di democrazia. Morale e popolare. Dove non sono più le regole del tiranno a dettare legge, ma quelle di Dio. O per meglio dire, del suo portavoce in tonaca bianca e mantella nera.
Una nuova democrazia, libera della corruzione dei potenti, ma assoggettata a un padre padrone che non insegue i propri interessi personali, ma decide per il bene della comunità e opera secondo giustizia. Il problema è che è lui il solo a decidere cosa è bene e cosa è giusto.
I gruppi politici si sono divisi in molte fazioni: i Bianchi (repubblicani) i Bigi (favorevoli ai Medici), i Frateschi o Piagnoni (sostenitori di Savonarola) e Arrabbiati o Palleschi (nemici giurati del frate). I Bianchi cercano di farsi valere sui Piagnoni e iniziano le prime frizioni: le proposte di legge di Girolamo per proibire le vesti scollate e le acconciature troppo elaborate vengono bocciate dal governo della città.
Intanto papa Borgia cerca in tutti i modi di liberarsi dell’ingombrante e ribelle frate: ha provato a spedirlo a predicare a Lucca, ma ha dovuto rinunciare per le proteste del popolo fiorentino. Poi lo ha convocato a Roma per interrogarlo, ma Girolamo ha rifiutato adducendo motivi di salute, e ha inviato una memoria scritta.
Lapide in piazza della Signoria a Firenze che ricorda il rogo di Savonarola
In seguito sono arrivate le sospensioni dagli incarichi, divieti di predicare e altri provvedimenti disciplinari, che Borgia ha dovuto puntualmente revocare a causa delle pressioni ricevute dai fiorentini. In compenso il frate non manca di attaccare il papa pubblicamente: “Noi non diciamo se non cose vere, ma sono li vostri peccati che profetano contra di voi, noi conduciamo li uomini alla simplicità e le donne ad onesto vivere, voi li conducete a lussuria e a pompa e a superbia, ché avete guasto il mondo e avete corrotto li uomini nella libidine, le donne alla disonestà, li fanciulli avete condotto alle soddomie e alle spurcizie e fattoli diventare come meretrici”.
L’ultimo tentativo per rabbonirlo è la nomina a cardinale, che Savonarola rifiuta sprezzante: “Io non voglio cappelli, né mitre né grandi né piccole; non voglio se non quello dato ai santi: un cappello rosso, un cappello di sangue, questo desidero”. E sarà accontentato, prima di quanto egli stesso non immagini.
Il falò in piazza della Signoria è l’ultimo grande atto della rivoluzione di Savonarola: dalle infiammate prediche è arrivato finalmente al rogo delle vanità; ma non lo sa, il nuovo padrone di Firenze, che la prossima a bruciare sul rogo – appena quindici mesi dopo, in quella stessa piazza – sarà la sua carne.
“L’ignoto davanti a noi. Sognare terre lontane” di Alessandro Vanoli
Da sempre sogno e scoperta vanno assieme. L’uno ha alimentato l’altra e viceversa. Questo libro racconta che, a ben guardare, di ignoto e di stupore è ancora pieno il mondo.
Spingersi al di là dei limiti geografici, solcare acque ignote, studiando venti e correnti, superando deserti e montagne: che ne è di quel sogno della scoperta che da sempre gli uomini hanno condiviso? Oggi che quasi tutto è stato esplorato, cartografato, mappato, cosa rimane per alimentare la nostra fantasia?
Dai monaci buddhisti a Marco Polo, dal musulmano Ibn Battuta sino a Cristoforo Colombo, Hudson o James Cook: per quanto la mappa sembri infine conclusa, vi sono ancora infiniti elementi di stupore in serbo per noi, e nuovi spunti da cui ripartire per ricominciare a sognare.
Alessandro Vanoli, storico del #Medioevo, è esperto di storia mediterranea. Con il Mulino ha pubblicato anche «La reconquista» (2009), «Andare per l’Italia araba» (2014), «Quando guidavano le stelle» (2015) e «La Sicilia musulmana» (2016). Ha partecipato al Festival del Medioevo 2016, dove ha parlato di viaggi nel Mediterraneo.
Pavia- 2 febbraio 2017-Vengono per la prima volta esposti i codici miniati della basilica di San Michele maggiore di Pavia: un patrimonio ai più sconosciuto ma di grande valore per la qualità delle raffigurazioni e per l’epoca a cui esse risalgono, l’ultimo quarto del ‘400. Sono tre volumi di grandi dimensioni, appena restaurati dal laboratorio di Chiara Perugini e Francesca Toscani: l’antifonario Bottigella, il graduale di sant’Andrea e l‘antifonario di Davide re. Si possono vedere da sabato 4 febbraio alle 11 nel salone Teresiano della biblioteca Universitaria (corso Strada Nuova 65) all’interno della mostra “La scrittura dipinta”, curata dalla professoressa Maria Grazia Albertini Ottolenghi. “La scrittura dipinta” resterà aperta fino al 4 marzo. Ingresso libero. Orari: dal lunedì al venerdì 8.30-18.30; il sabato 8.30-13.30.
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