ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.
Roma-Municipio XII-Quartiere Massimina–26 maggio 2017-Degrado e abbandono dell’area archeologica sita tra via Romano Guerra –via della Massimilla e il Centro Commerciale civico 14.
Nel 2004 , se ricordo bene nel mese di novembre, durante la fase di sbancamento per la costruzione del Centro Commerciale venne rinvenuta una Villa rustica , una cisterna e una necropoli databile IV-III sec. A.C.
Nel 2009 furono eseguiti gli scavi , vedi foto allegate, sull’area archeologica (residuo di aera) che ora si presenta nel più degrado assoluto.
Tutti noi cittadini ci auguriamo che i nuovi Amministratori sappiano, finalmente, valorizzare la Storia e i siti Archeologici del Quartiere Massimina.
Pubblicheremo, sul nostro Blog ABC VOX, tutto il materiale che riusciremo a recuperare relativo alla Storia e all’Archeologia di Massimina.
Nota di FRANCO LEGGERI
Report fotografico delle fasi di scavo del 2009 – foto di Franco Leggeri
ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.ARCHEOLOGIA a MASSIMINA , tra Degrado e Abbandono.
OTRICOLI (TR) –Un intero week end dedicato alla storia.
Otricoli (TR) Ludus Picenus – Scuola Gladiatoria,26-27-28 MAGGIO 2017
Tre giorni di eventi all’interno del Parco Archeologico di Ocriculum dove poter rivivere i fasti di un municipio romano del II sec. d.C.
Il cambio valuta all’ingresso, il campo dei legionari con le didattiche sulla storia dell’esercito romano, il mercato dove poter iniziare a spendere e contrattare coi sesterzi ricevuti all’entrata, ben quattro tabernae rievocative dove poter gustare sapori antichi di due millenni, poi la vita dei campi, la musica antica, i ludi gladiatori all’anfiteatro, gli spettacoli teatrali, le visite guidate e i laboratori didattici per i bambini ma, soprattutto, la ricostruzione completa del porto fluviale sul Tevere.
Questo è quanto vi aspetta a Otricoli (TR) a pochissimi km da Roma (Uscita A1 Magliano Sabina, si svolta a sinistra sulla Flaminia e si trova il parco a circa 4 km). Questa sarà la sesta edizione di Ocriculum AD 168.
Otricoli (TR) Ludus Picenus – Scuola Gladiatoria,
IL TEMPO FUGGE. NON QUI. NON ORA. 26-27-28 MAGGIO, OCRICULUM AD 168.
DESINE FATA DEVM FLECTI SPERARE PRECANDO
(Non sperare di cambiare il destino con le preghiere)
Il LVDVS, la palestra che i gladiatori chiamavano casa, poi i MVNERA, i ludi gladiatori in quell’Arena dove più di duemila anni fa si scontravano uomini, donne e fiere per cambiare il loro destino e, a volte, soltanto per restare vivi.
Il 26-27-28 maggio, Ocriculum tornerà un municipio del II sec. d.C. e grazie ai ragazzi del Ludus Picenus – Scuola Gladiatoria, si rivivranno le emozioni e le suggestioni di allora.
Otricoli (TR) Ludus Picenus – Scuola Gladiatoria,
IL TEMPO FUGGE. NON QUI, NON ORA. OCRICULUM AD 168
Adatto ai bambiniOtricoli (TR) Ludus Picenus – Scuola Gladiatoria,Otricoli (TR) Ludus Picenus – Scuola Gladiatoria,Otricoli (TR) Ludus Picenus – Scuola Gladiatoria,Otricoli (TR) Ludus Picenus – Scuola Gladiatoria,Otricoli (TR) Ludus Picenus – Scuola Gladiatoria,Otricoli (TR) Ludus Picenus – Scuola Gladiatoria,
Fino all’ultimo, dovunque spirasse un sia pur flebile vento di sinistra, Valentino c’era.
Roma- 2 maggio 2017-E’ morto all’età di 86 anni Valentino Parlato, fondatore e direttore del Manifesto. “Comunista per tutta la vita, ha militato nel Pci fino alla radiazione, ha lavorato a Rinascita, fondato e difeso il manifesto in tutta la sua lunga storia. Per ora ci fermiamo qui, abbracciando forte la sua splendida famiglia e tutti i compagni che, come noi, l’hanno conosciuto e gli hanno voluto bene”, si legge sul sito del Manifesto.
“Non possiamo non tener conto di quel che sta cambiando: dobbiamo studiarlo e sforzarci di capire, sarà un lungo lavoro e non mancheranno gli errori, ma alla fine un qualche Carlo Marx arriverà”: suonano come un testamento politico queste ultime parole, scritte il 9 aprile scorso per un suo pezzo sul Manifesto intitolato Cambio d’Epoca. Quasi un congedo con dentro tutto quello che Valentino Parlato, morto oggi a 86 anni, ha praticato per una vita: la sinistra, Marx, il comunismo e la voglia di capire, andando controcorrente.
Nato a Tripoli in Libia il 7 febbraio 1931 da famiglia siciliana, dopo gli studi a Roma nel ’51 dove conobbe Luciana Castellina, s’iscrisse al Partito Comunista. Dopo un inizio da funzionario del partito ad Agrigento, a metà Anni ’50 comincia a collaborare con l’Unità per poi passare a Rinascita, il mensile allora diretto da Giancarlo Pajetta. Al Congresso del ’69 però lo strappo: il tema del centralismo democratico con il vietare del formarsi di frazioni organizzate, lo porta insieme ad altri ad aperti dissensi sulla strategia generale del Partito che lui vorrebbe di attacco frontale al governo. Viene espulso dal Pci e qualche mese dopo, insieme ad altri dissenzienti, fonderà Il Manifesto. Il primo numero, uscito il 23 giugno 1969, porta le firme di Parlato, Luigi Pintor, Aldo Natoli, Luciana Castellina e Ninetta Zandegiacomi. I direttori erano Lucio Magri e Rossana Rossanda. Un’Olimpo di intellettuali con l’aspirazione di incidere sulla sinistra da sinistra, un collettivo pronto ad incendiarsi, a discutere animatamente ogni fatto di politica e di cronaca, ogni riga di pezzo, divisi tra elaborazione politica e giornale. Le foto delle riunioni del Manifesto, con Valentino Parlato sempre in primo piano, sigaretta tra le dita, restituiscono questo sogno quasi romantico di giornalismo militante. La vita di Parlato coincide con quella del suo giornale, diretto a più riprese o co-diretto secondo l’usanza, fino al 2010. Titoli di una memorabile efficacia, pagine strette sotto il braccio a cortei e comizi, analisi e giudizi critici, controcorrente, coraggiosi, una spina nel fianco della sinistra al Governo o no. Storie ricordate dallo stesso giornalista in due libri, La Rivoluzione non russa (Manni editore) e Se trentacinque anni vi sembrano pochi (Rizzoli), mentre la sua vita è stata filmata dal figlio Matteo insieme a Marina Catucci e Roberto Salinas nel documentario ‘Vita e avventure del Signor di Bric à Brac’. Fumatore accanito, dedicò a quella passione anche il libro Segnali di fumo. Locali per fumatori, Roma-Milano (edito dal Manifesto).
Le crisi economiche del giornale negli ultimi anni, giornalisti in cassa integrazione, lo mettono a dura prova nonostante fosse Parlato tra i fondatori con più senso pratico.
Il lavoro di questo gruppo d’intellettuali comunisti fino al midollo diventa quasi un lavoro volontario sostenuto grazie alla mobilitazione dei suoi elettori. Un’istituzione del giornalismo italiano indipendente più moderna di quello che forse si pensa visto che Il Manifesto è stato il primo quotidiano italiano a dotarsi di un sito internet nel 1995. Poi nel 2012 la messa in liquidazione della cooperativa. Parlato è l’ultimo dei padri fondatori a lasciare il giornale che risorge – non senza fatica – con una nuova generazione, e una nuova direzione, quella di Norma Rangieri. Ma il legame con Il Manifesto casa e partito al tempo stesso è più forte di tutto anche delle polemiche interne e Parlato continuerà a scrivere regolarmente, una volta al mese, spesso costretto a parlare di compagni di una vita che se ne vanno, come Alfredo Reichlin, Renzo Testi, Nino Caruso. Sempre combattente e battagliero, ma anche con un grande senso dell’ironia. A febbraio aveva raccontato sul suo giornale di essersi iscritto a Sinistra Italiana “in contrasto alla mia attuale tendenza a dimettermi da tutto. Sinistra Italiana perché, già nella sua formulazione, non vuole essere un partito ma una corrente politico-culturale di ricostruzione di una vera sinistra, fondata sui contrasti della nostra società”. Con lo stesso impeto un anno prima aveva dichiarato di aver votato per Virginia Raggi sindaco di Roma, ammettendo “di aver tradito per la prima volta la sinistra, sperando fosse anche l’ultima”. Ma era un tradimento passeggero, di quelli che si perdonano. ‘Ciao Vale’ titolano i compagni del collettivo del Manifesto. E dal neosegretario del Pd Matteo Renzi agli amici della Sinistra Italiana, al premier Gentiloni che ne sottolinea la coerenza, sono in tanti commossi a salutarlo.
Valentino Parlato fotografato al Manifesto dopo la diffusione del video di Giuliana Sgrena nel 2005 PERI/ANSAValentino ParlatoValentino ParlatoValentino Parlato
Martedì 2 maggio 2017 i funerali a Roma, poi la salma partirà per Saluzzo, dove il giorno 3 maggio sarà esposta in Duomo dalle 10.30. Alle 15.30 il rito esequiale
Si terranno oggi 2 maggio alle ore 15, le esequie di Monsignor Diego Natale Bona, vescovo emerito della Diocesi di Saluzzo.
“Il tramonto di un grande uomo di Chiesa” così lo ha definito Monsignor Cristiano Bodo, attuale pastore della circoscrizione vescovile saluzzese.
Il rito esequiale di oggi sarà celebrato nella cattedrale dei Sacri Cuori di Gesù e Maira a La Storta, a Roma. Subito dopo la salma di Monsignor Bona verrà trasferita a Saluzzo, dove domani – mercoledì 3 maggio – dalle 10.30, sarà esposta in Duomo.
La cattedrale cittadina ospiterà, alle 15.30, le esequie, dopodiché il feretro sarà tumulato nella tomba dei vescovi.
“Siamo invitati – prosegue Monsignor Bodo – ad unirci al fratello e a tutto il presbiterio diocesano nella preghiera di suffragio, per il bene che ha saputo donare alla nostra Chiesa”.
Monsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona con il giornalista Franco LeggeriMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona a Castel di Guido- chiesa dello Spirito SantoMonsignor Diego Bona -Don Matteo Moretti, Don Luigi Bergamin- Convegno FACMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Bona , Don Luigi Bergamin, giornalista Franco Leggeri al Convegno FACMonsignor Diego Bona , giornalista Franco Leggeri al Convegno FACMonsignor Diego Bona , giornalista Franco – Leggeri e il Dott. Mario Moschini al Convegno FACMonsignor Diego Bona , giornalista Franco – Leggeri , Dott. Mario Moschini, Don Matteo Moretti e Don Luigi Bergamin al Convegno FACMonsignor Diego Natale Bona don Matteo MorettiMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINA -Convegno FACMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINA -Convegno FACMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Don Matteo MorettiMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDO- Don Matteo Moretti-Don Luigi Bergamin.Monsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINA-Convegno FACMonsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINA -Convegno FACMonsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINA -Convegno FACMonsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Mons. Diego Bona – ex-Vescovo di Porto e Santa Rufina (1985 – 1994)S.E. Mons. GINO REALI -Vescovo di Porto e Santa Rufina e Mons. Diego Bona – ex-Vescovo di Porto e Santa Rufina (1985 – 1994) e Don Matteo MorettiMons. Diego Bona – ex-Vescovo di Porto e Santa Rufina (1985 – 1994)Mons. Diego Bona – ex-Vescovo di Porto e Santa Rufina (1985 – 1994)Monsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona con il giornalista Franco LeggeriMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona
Monsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Bona , giornalista Franco – Leggeri , Dott. Mario Moschini, Don Matteo Moretti e Don Luigi Bergamin al Convegno FACMonsignor Diego Bona -Don Matteo Moretti, Don Luigi Bergamin- Convegno FACMonsignor Diego Natale Bona-Don Matteo Moretti
Teatro Vascello Via Giacinto Carini, 78, 00152 Roma
L’ULTIMA MADRE-Dal romanzo-inchiesta L’ultima madre di Giovanni Greco nato sul campo a Buenos Aires sul tema dei desaparecidos argentini, e nello specifico su quello dell’identità negata, nasce lo spettacolo, prodotto dal Teatro Vittorio Emanuele di Messina con la collaborazione dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica ‘Silvio D’Amico’ e della Compagnia DAF – Teatro dell’Esatta Fantasia, che dopo aver debuttato a Messina con la regia di Giovanni Greco e le musiche di Daniela Troilo, interpretato da Ilaria Genatiempo, Vittoria Faro, Ilenia D’Avenia e Lorenzo Parrotto, viene presentato al Teatro Vascello di Roma dal 5 al 7 maggio.
L’ultima Madre treatro Vascello dal 5 al 7 maggio
Scorrono in parallelo, due storie, asimmetriche nel tempo e nello spazio, ma intrecciate indissolubilmente: la vicenda esemplare di una madre-nonna de Plaza de Mayo, Maria Fernandez, casalinga semianalfabeta che diventa, per necessità, una militante rivoluzionaria, arrestata, torturata e esiliata, perché cerca prima i suoi figli, quindi i nipoti, fatti scomparire per motivi politici dalla dittatura della giunta militare argentina di fine anni ’70-primi anni ’80 del secolo scorso.
Accompagnato dalle musiche e le canzoni di Daniela Troilo, la storia di Maria, alla ricerca dei figli e poi dei nipoti, s’intreccia con quella di Mercedes, madre “usurpatrice” e della sua famiglia, il cui dominus è Ignacio Mendoza, vero e proprio burattinaio nascosto di entrambe le storie.
Come accadeva spesso in Sudamerica in quegli anni, i figli dati alla luce in cattività dai ‘sovversivi’ vengono affidati, piccolissimi, a famiglie di militari, in questo caso la famiglia Mendoza, nella quale, Mercedes, l’unica figlia, è sterile. Pablo, Miguel, figli di Maria, e Irene, fidanzata di Pablo, catturati dai militari, vengono eliminati, Irene non prima di aver dato alla luce due gemelli, che crescono come Ignacio Guillermo (detto Nacho) e Maria Magdalena (detta Mari), in una famiglia che non è la loro, all’oscuro di tutto per molti anni, fino ad arrivare alla tragica scoperta della propria vera identità.
L’ultima Madre treatro Vascello dal 5 al 7 maggio
Lo spettacolo unisce ai protagonisti del romanzo personaggi realmente esistiti, responsabili delle persecuzioni che vengono interrogati in scena, sulle note del tango di Anibal Troilo rielaborate da Daniela Troilo.
Come nel romanzo, anche nello spettacolo le due storie di Maria e Mercedes, asimmetriche nel tempo e nello spazio, sono intrecciate indissolubilmente tanto che l’una racconterà al pubblico la storia dell’altra.
Ad oggi 117 sono i nipoti ‘recuperati’ grazie al lavoro straordinario delle Nonne di Plaza de Mayo e che attende ancora centinaia di bambini e bambine, oggi uomini e donne, dispersi forse anche in Italia, privati del ‘diritto di assomigliare a sé stessi’, di avere un’identità vera e non ingannevole, una vita autentica e dissequestrata.
L’ultima Madre treatro Vascello dal 5 al 7 maggio
“Lo spettacolo è un lungo travaglio che cattura nell’attesa fino all’ultima scena. – spiega Giovanni Greco – Accoglie il pubblico una Maria ormai vecchissima che appare magicamente e simbolicamente incinta. Una gravidanza che contiene tutti gli orrori subiti e le speranze dei protagonisti. Ho voluto alternare le due storie con personaggi realmente esistiti non presenti nel romanzo come un medico e un prete che hanno realmente avuto responsabilità nelle persecuzioni. Lo spettacolo come il libro è dedicato a chi resiste senza speranza, perché con le parole di Ghiannis Ritsos forse è proprio là che comincia la storia umana e, come la chiamano, la bellezza dell’uomo”.
Teatro Vascello Via Giacinto Carini, 78, 00152 Roma
Teatro Vascello
Direzione Artistica Manuela Kustermann
dal 5 al 7 maggio 2017
venerdì e sabato h 21 – domenica h 18
L’ULTIMA MADRE
drammaturgia e regia Giovanni Greco
con Ilaria Genatiempo, Vittoria Faro, Ilenia D’Avenia, Lorenzo Parrotto
Musiche Daniela Troilo
Teatro ‘Vittorio Emanuele’ di Messina
Accademia Nazionale d’Arte Drammatica ‘Silvio D’Amico’
Associazione culturale DAF
In collaborazione con Biblioteche di Roma
E Corso di Studi DAMS Università Roma tre
Teatro Vascello Via Giacinto Carini, 78, 00152 Roma
INFORMAZIONI E BOTTEGHINO
Abbonamenti: 10 spettacoli a scelta 100,00 euro prosa, danza, musica
5 spettacoli a scelta 60,00 euro prosa, danza, musica
3 spettacoli a scelta 30,00 euro prosa, danza, musica
Biglietteria:
Intero Prosa 20,00 €
Ridotto Prosa over 65 15,00 €
Ridotto Prosa studenti 12,00 €
Servizio di prenotazione 1,00 € a biglietto
IL Teatro Vascello si trova nello splendido quartiere di Monteverde vicino al Gianicolo sopra a Trastevere a Roma, con i suoi 350 posti, la platea a gradinata e il palcoscenico alla greca permette un’ottima visibilità da ogni postazione.
Il Teatro Vascello propone spettacoli di Prosa, Spettacoli per Bambini, Danza, Drammaturgia Contemporanea, Eventi, FestivaL, Rassegne, Concerti, Laboratori
Come raggiungerci con mezzi privati: Parcheggio per automobili lungo Via delle Mura Gianicolensi, a circa 100 metri dal Teatro. Parcheggi a pagamento vicini al Teatro Vascello: Via Giacinto Carini, 43, Roma; Via Francesco Saverio Sprovieri, 10, Roma tel 06 58122552; Via Maurizio Quadrio, 22, 00152 Roma, Via R. Giovagnoli, 20,00152 Roma
Con mezzi pubblici: autobus 75 ferma davanti al teatro Vascello che si può prendere da stazione Termini, Colosseo, Piramide, oppure: 44, 710, 870, 871. Treno Metropolitano: da Ostiense fermata Stazione Quattro Venti a due passi dal Teatro Vascello
Roma- 29 aprile 2017-Si è spento improvvisamente a Roma, questa mattina presso l’ospedale San Carlo di Nancy dove era ricoverato, monsignor Diego Natale Bona , vescovo della diocesi di Saluzzo dal 1994 al 2003.
Nato a Castiglione Tinella, nell’albese, l’11 dicembre 1926, Bona era stato ordinato sacerdote all’età di 23 anni, e precisamente l’8 ottobre del 1950.
Fu l’allora Pontefice KarolWojtyla, papa Giovanni Paolo II, il 9 novembre del 1985, ad eleggerlo vescovo alla sede suburbicaria – così si definiscono le sette Diocesi del Lazio intorno a quella di Roma – di Porto-Santa Rufina.
Il cardinale UgoPoletti, scomparso nel 1997, lo consacrò episcopo neanche un mese dopo, il 1 dicembre dello stesso anno, il 1985, mentre la nomina episcopale giunse il 30 settembre 1986.
Dal Lazio, dove Bona guidò la Diocesi di Porto per più di otto anni (dall’85 al 1994), venne trasferito in Piemonte come pastore della Diocesi saluzzese, dove si insediò il 19 marzo del 1994.
“Bona cuncta posce” (chiedi per noi ogni bene) fu il suo motto episcopale, nonchè un verso dell’antichissima preghiera a Maria, Ave Maris Stella.
A Saluzzo rimase sino al 2003, diventando vescovo emerito – il 16 aprile – affidando la circoscrizione vescovile al suo successore, Monsignor GiuseppeGuerrini.
Dal 1994 al 2002 fu anche presidente del “Pax Christi” italiano, il movimento cattolico per la pace, con Tonio Dell’Olio coordinatore nazionale.
Tra gli incarichi ricoperti, anche quello di membro della Commissione Espiscopale per il servizio della carità e della presidenza della Caritas italiana.
I solenni funerali si svolgeranno il 2 maggio alle ore 15.00 nella Parrocchia dei SS Cuori di Gesù e Maria
Chiesa Cattedrale Diocesi di Porto e Santa Rufina -Loc. LA STORTA-Roma
Monsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale Bona-Monsignor GINO REALI Vescovo di PORTO e SANTA RUFINAMonsignor Diego Natale BonaMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona-Chiesa Spirito Santo di CASTEL DI GUIDOMonsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016Monsignor Diego Natale Bona Pellegrinaggio a Lourdes- 23 al 29 aprile 2016
26/04/2017 Il 26 aprile 1937 nazisti e italiani bombardarono la cittadina basca durante la guerra civile spagnola. Fu il primo atto di terrorismo bellico compiuto contro una popolazione inerme e ispirò il celebre quadro di Picasso. Un monito che purtroppo è quantomai attuale, come ci ricorda di continuo anche il Papa.
Nei giorni in cui gli Stati Uniti hanno testato in Afghanistan “la madre di tutte le bombe” e il dittatore della Corea del Nord Kim Jong-un minaccia nuovi test nucleari, fanno venire i brividi le parole pronunciate dal comandante dell’aviazione nazista Goering a proposito del bombardamento della cittadina basca di Guernica, avvenuto giusto 80 anni fa, il 26 aprile 1937, durante la guerra civile spagnola: 1654 persone spazzate via dalle bombe furono solo un esperimento fatto per provare “l’effetto psicologico demoralizzante della distruzione delle città dall’alto”. Non interessava dunque colpire obiettivi militari, ma solo uccidere.
Quel deliberato massacro di una popolazione inerte, di cui ci macchiammo anche noi italiani con la nostra aviazione a seminare morte accanto ai velivoli tedeschi, ispirò uno dei quadri più celebri di tutti i tempi, “Guernica” di Pablo Picasso. Un dipinto sconvolgente nella sua maestosità, di 8 metri per 3,5, che l’artista realizzò in quello stesso anno per l’esposizione universale di Parigi. Quel 26 aprile a Guernica, cittadina profondamente cattolica, era un bel lunedì di sole e c’era il mercato che radunò dalle campagne circa tremila contadini. Dalle 16.30, per tre lunghissime ore, i bombardieri scesero in picchiata sganciando una pioggia di ordigni che distrusse il 70% della cittadina. Gli animali feriti e terrorizzati fuggivano calpestando uomini, donne e bambini anche loro in fuga.
Un orrore che Picasso riprodusse con il suo stile inimitabile. La scena si svolge al buio, un’oscurità squarciata dalle fiamme. Il posto centrale è occupato dalla figura di un cavallo allucinato. Nella bocca ha una sagoma che ricorda quella di una bomba. Alla sua sinistra, dietro un toro furente, una donna si dispera con in braccio il figlio morto.
Fu un esperimento dicevamo, un terribile laboratorio fatto anche per testare nuove armi in vista del nuovo conflitto mondiale che sarebbe scoppiato due anni dopo. Come non pensare allora anche al conflitto siriano che, come ha ammesso il ministro della Difesa russo Serguej Shoig al giornale spagnolo El Paìs, sta servendo al Cremlino anche per sperimentare nuove armi (circa 150) e perfezionare l’addestramento dei suoi piloti. Papa Francesco non si stanca di ripeterlo, come ha fatto dopo l’ultimo attento al Cairo: ““Il Signore converta i cuori delle persone che seminano terrore, violenza e morte, e anche il cuore di quelli che fanno e trafficano le armi“”.
Il capolavoro di Picasso da 80 anni dice la stessa cosa e non a casa la sua riproduzione campeggia in forma di arazzo nella Sala del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Ma forse nessuno dei potenti della Terra lo ha mai guardato davvero.
Pablo Ruiz y Picasso, semplicemente noto come Pablo Picasso è stato un pittore, scultore e litografo spagnolo di fama mondiale, considerato uno dei protagonisti assoluti della pittura del XX secolo.
Artemisia Gentileschi Palazzo Braschi fino al 7 maggio 2017.
ROMA-Artemisia Gentileschi un mito del Seicento a Palazzo Braschi fino al 7 maggio 2017.
Roma- 23 aprile 2017-Le sale di Palazzo Braschi ospitano Artermisia Gentileschi fino al 7 maggio 2017 una nuova rassegna dedicata alla vicenda artistica e umana di Artermisia Gentileschi.Dopo la prima mostra del 1991 a Firenze, quella romana del 2001 condivisa con il padre Orazio e quella strettamente monografica a Milano dieci anni dopo, le sale di Palazzo Braschi ospitano fino al 7 maggio 2017 una nuova rassegna dedicata alla vicenda artistica e umana di Artermisia Gentileschi, pittrice dal talento smisurato e grande protagonista del suo tempo, troppo spesso legata ai drammi personali e all’errata immagine di caravaggista toutcourt. Nota al grande pubblico per le tumultuose vicissitudini private, che non le hanno risparmiato dettagli morbosi su un processo pubblico per stupro, la figura artistica di Artemisia venne letta in chiave femminista raggiungendo una certa fama letteraria prima grazie al romanzo di Anna Banti pubblicato nel dopoguerra e in seguito negli anni settanta del Novecento.
Conversione-della-Maddalena-Artemisia Gentileschi Palazzo Braschi fino al 7 maggio 2017.
Nata a Roma nel 1593, primogenita del pittore toscano Orazio Gentileschi, la giovane pittrice manifesta una forte attitudine all’arte presso la bottega paterna dimostrando maggior talento rispetto ai fratelli. Qui avverrà il suo apprendistato artistico, imparando il disegno, il modo di impastare i colori e di dare la giusta luce ai dipinti. Il primo è la Susanna e i vecchioni (1610) di Pommersfelden, una sontuosa prova naturalistica in chiaro riferimento al realismo del Caravaggio e non indifferente al linguaggio della scuola bologhese. E’ evidente che a Roma ebbe l’opportunità di crescere in una fucina di talenti: Caravaggio che all’epoca lavorava nella Basilica di Santa Maria del Popolo e nella Chiesa di San Luigi dei Francesi, ma anche Guido Reni, Domenichino e i Carracci che terminavano gli affreschi della Galleria Farnese.
Dopo il processo per strupro, intentato dal padre Orazio contro Agostino Tassi, artista a cui Artemisia è molto affezionata, la pittrice appena maggiorenne va in sposa a Stiattesi, lasciando Roma per Firenze. Il lascito fiorentino sarà una serie di immagini tutta al femminile, tra Maddalene, Danae, Cleopatre, Giuditte e diverse suonatrici. E in seguito alla parentesi veneziana documentata tra il 1627 e il 1629-30, Artemisia è finalmente a Napoli, forse per effetto del legame con il nuovo vicerè Fernando Afàm de Ribera, dove muore nel 1653.
Per quanto dipingere rappresentasse una scelta non comune e piuttosto difficile per una donna all’inizio del XVII secolo, Artemisia non fu caso isolato. Prima di lei, tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600, altre donne pittrici esercitarono, anche con buon successo, la loro attività. Tra queste Sofonisba Anguissola, chiamata in Spagna da Filippo II; Lavinia Fontana, che si recò a Roma su invito di papa Clemente VIII; Fede Galizia che dipinse magnifiche nature morte e una bella Giuditta con la testa di Oloferne e Lucrina Fetti insieme ad altre pittrici, più o meno note. Eppure, nonostante la forza espressiva del suo linguaggio pittorico, una tecnica declinata secondo le esigenze dei diversi committenti e una gamma di generi pittorici che dovette essere molto più ampia di quanto possiamo immaginare oggi, Artemisia ha dovuto aspettare oltre tre secoli per vedere riconosciuto dai posteri il suo status di Artista.
Artemisia Gentileschi Palazzo Braschi fino al 7 maggio 2017.
La mostra a Palazzo Braschi, nata da un’idea di Nicola Spinosa, ha il merito di offrire al pubblico una panoramica della parabola artistica e umana di Artemisia Gentileschi ben lontana dai pregiudizi che hanno limitato la giusta lettura della sua carriera. Con un corpus di 100 capolavori, frutto di prestigiosi prestiti italiani e internazionali, le opere di Artemisia dialogheranno in un serrato confronto con i suoi più grandi colleghi frequentati a Roma, Firenze, ancora Roma e infine a Napoli. Non a caso le sezioni che compongono il percorso espositivo sono connesse con le città in cui la pittrice fu attiva, a ripercorrere i periodi più salienti della sua esperienza: curata da Spinosa è la sezione napoletana, da Francesca Baldassari la sezione fiorentina, e da Judith Mann la sezione romana. Accanto a opere quali la Giuditta che taglia la testa a Oloferne del Museo di Capodimonte, Ester e Assuero del Metropolitan Museum di New York, l’Autoritratto come suonatrice di liuto del Wadsworth Atheneum di Hartford Connecticut, la mostra presenta quadri di GuidoCagnacci, Simon Vouet, Giovanni Baglione, fonte di vera ispirazione per la pittrice, ma anche la Giuditta di Cristofano Allori della Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze o la Lucreziadi Simon Vouet a completare il percorso.
Palazzo Braschi
Situato nel cuore rinascimentale di Roma, tra Piazza Navona e Corso Vittorio Emanuele II, palazzo Braschi viene progettato dall’architetto imolese Cosimo Morelli (1732-1812) per incarico di Papa Pio VI (1775 – 1799) che vuol farne dono al nipote, Luigi Braschi Onesti.
Alla realizzazione dell’edificio si fa fronte con le ricchezze che il Pontefice fa affluire nelle casse del nipote Luigi, grazie all’attribuzione spregiudicata di numerosi privilegi. Palazzo Braschi rappresenta dunque una delle ultime testimonianze di nepotismo pontificio prima delle trasformazioni politiche e culturali indotte dalla Rivoluzione francese.
La costruzione del nuovo edificio inizia nel 1792 sulla stessa area del quattrocentesco palazzo Orsini, fatto demolire l’anno precedente. I lavori si interrompono per l’occupazione francese del 1798 (durante la quale papa Pio VI muore in esilio) e riprendono nel 1802. Già nel 1804 lo scalone monumentale è ultimato e forse anche la cappella del primo piano, attribuita a Giuseppe Valadier (1762-1839).
I problemi economici del duca Luigi Braschi Onesti non permettono di completare le decorazioni del palazzo che alla sua morte, nel 1816, rimangono parzialmente incompiute.
Nel 1871, gli eredi Braschi vendono il palazzo allo Stato Italiano,che lo utilizza inizialmente come sede del Ministero dell’Interno e, successivamente, come sede di varie istituzioni fasciste. Dopo la guerra (fino al 1949) vi alloggiano trecento famiglie di senzatetto e l’uso abituale di fuochi interni arreca gravi danni agli affreschi e ai pavimenti. Il palazzo viene anche fatto oggetto di numerose demolizioni e ruberie.
Dal 1952 è sede del Museo di Roma ma soltanto nel 1990 la proprietà del palazzo passa all’Amministrazione capitolina. Chiuso per inagibilità nel 1987, l’edificio viene sottoposto a complessi e ingenti lavori di ristrutturazione e restauro. Riapre al pubblico nel 2002, benché il recupero interno dei piani superiori non sia ancora ultimato. Nel 2017 si inaugura il nuovo allestimento, concepito come un itinerario tematico attraverso le sale del secondo e terzo piano. Il primo piano del museo è invece destinato a ospitare le mostre temporanee.
Artemisia Gentileschi Palazzo Braschi fino al 7 maggio 2017.
Simone Di Dato nasce a Napoli il 19/05/1989, grande appassionato di archeologia e di arte, dopo aver conseguito la maturità classica si iscrive alla facoltà di Storia dell’arte presso l’Università Federico II di Napoli.
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Ad ovest di Boccea, a circa 2500 m di distanza dal Castello di Boccea è conservato il Casale di Testa di Lepre di sopra. Nel secolo XII il Casale apparteneva alla Basilica di Santa Maria Maggiore di Roma, proprietà confermata da Papa Celestino III nel 1192. Il Casale entrò in seguito a far parte dei beni del Patrimonio della Basilica di San Pietro. Vi subentrarono, alla metà del XV secolo, gli Orsini e nel 1453 Francesco Orsini vendette “Testa di Lepre”, insieme ad un “Castrum dirutum” (Castello di Boccea?) a Pandolfo Anquillara. Il Casale di Testa di Lepre di sopra ( il Casale di Testa di Lepre di sotto circa 4 Km a Sud,–Pamphilj dal 1649- è invece completamente moderno), anche se notevolmente rimaneggiato , mostra ancora la caratteristica forma di Casale Torre con alta Torretta , centrale, incorporata. A Testa di Lepre, territorio, doveva esistere nel sito ove ora sorge il Casale di Malvicino, circa 2 Km a Nord di Testa di Lepre. L’esistenza della Torre di Malvicino è indicata in un disegno del Catasto Alessandrino (Papa Alessandro VII) in cui è disegnata una costruzione a tre piani munita di merlatura. Testa di Lepre e Malvicino dovevano costituire due importantissimi posti di vedetta per il controllo della via di Tragliata che univa il Castello di Boccea (sito sopra i Laghetti dei Salici) e il Castello (ora Borgo) di Tragliata.
Bibliografia -AA.VV. Giovanni Maria De Rossi- torri segnaletiche-Ricerche bibliografiche , Eufrosino della Volpaia 1547,catastali e foto originali sono di Franco Leggeri (Articoli per il sito WWW.ABCVOX.INFO- Torri della via Aurelia-Eufrosino della Volpaia 1547)
Casale di Testa di Lepre di sopraCasale di Testa di Lepre di sopraPietra miliare Via di TRAGLIATAPietra miliare Via di TRAGLIATACastello di BocceaCastello di BocceaIl Borgo di TRAGLIATAIl Borgo di TRAGLIATACasale Pamphilj-Testa di Lepre di sotto.Casale Pamphilj-Testa di Lepre di sotto.Casale di Testa di Lepre di sopra
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