DEA SABINA- COSA E’ IL CARNEVALE ?Sull’origine del nome ci sono varie ipotesi: alcuni sostengono che derivi da “carni levamen” ( sollievo alla carne), ossia libertà di mangiare liberamente la carne; altri ritengono che derivi da “carnes levare” (togliere le carni) o da “carni vale!” (carne addio), che ricordano le orge gastronomiche effettuate prima dell’arrivo della primavera. Pertanto il Carnevale è sinonimo di sregolatezza, soprattutto alimentare, ed è vissuto come “valvola di sfogo” degli istinti repressi per il resto dell’anno, che altrimenti potrebbero causare danni seri sia all’individuo che alla collettività se rimanessero senza sfogo. Per questo motivo gli antichi romani coniarono il famoso detto “semel in anno licet insanire “ ( è lecito impazzire una volta l’anno).Secondo questa interpretazione, altri ritengono che il Carnevale sia una valvola di sfogo politico e di controllo sociale, che consente di incanalare le rivendicazioni sociali, soprattutto attraverso i riti della “inversione sociale”, nella quale i servi per un giorno diventano i padroni.
Carnevale
A livello temporale, il Carnevale inizia nel periodo dei Saturnali ( le feste pagane in onore di Saturno, il mitico Dio dell’Età dell’Oro in cui gli uomini vivevano in pace, senza guerre né conflitti sociali, e nell’abbondanza), che si tenevano anticamente nel mese di dicembre e che la Chiesa spostò lentamente in avanti, per non farli coincidere con il Natale. Comunque, ancora oggi, i festeggiamenti per la notte di S. Silvestro ricordano i Saturnali
In alcune Regioni, il Carnevale inizia subito dopo il Natale, come recita un proverbio bergamasco e bresciano “Dopo Natale è subito Carnevale”. In altre Regioni, inizia dopo l’Epifania o dopo la Candelora, che ricorre il 2 febbraio. La data che prevale è il 17 gennaio, festa di S. Antonio.
La durata del Carnevale dipende dalla Pasqua: termina infatti con l’inizio della Quaresima ( il periodo di 40 giorni che precede la Pasqua) con il giorno di “martedì grasso” (cosiddetto perché è l’ultimo giorno di sregolatezze alimentari), che questo anno ricorre il 16 febbraio ( il giorno dipende dal ciclo lunare).
Il Carnevale ricorre quindi nel periodo precedente la Primavera, che nel calendario dell’antica Roma (prima della riforma del Re Numa Pompilio che portò i mesi dell’anno da 10 a 12), segnava l’inizio del nuovo anno civile e liturgico e precisamente con la “luna nuova” del mese di marzo.
Appunto nell’antica Roma si svolgevano tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo alcune feste di tipo carnascialesco, come l’Equiria, la corsa di cavalli con i cocchi, in onore del dio Marte, protettore di Roma , in quanto padre di Romolo e Remo, al quale era dedicato il primo mese dell’anno, Martius (marzo). Le corse dei cavalli si tenevano in origine nel Circo di Alessandro, nel Campo di Marte (detto anche, ancora oggi, Campo Marzio) o sul Celio ( in un luogo detto Campus Martialis) e continuarono fino in epoca barocca, senza più i cocchi, e si tenevano prima sul Campidoglio, poi al Testaccio e infine nella Via Lata (l’attuale Via del Corso, il cui nome ricorda appunto questa corsa), da Piazza del Popolo a Piazza Venezia. Con il passare del tempo, la corsa dei cavalli senza cavaliere (detti barberi), divenne il momento culminante del Carnevale.
Carnevale
Secondo altri studiosi, il termine Carnevale deriva da “car naval” (carro navale),cioè la simbolica nave con le ruote sulla quale il Dio Luna o il Dio Sole percorreva la strada della grande festa che nell’antica Babilonia si teneva per celebrare l’inizio del nuovo anno, all’Equinozio di Primavera. Anche questa festa, come i Saturnali romani, si svolgeva in una libertà sfrenata, una specie di “capovolgimento dell’ordine sociale e morale”, nel quale non comandano più né le autorità politiche né quelle religiose. Infatti, un’antica iscrizione babilonese afferma che “lo schiavo diventa padrone”. Così, nei giorni della festa primaverile regnava uno speciale Governatore, simile a quello che a Roma si chiamava Re dei Saturnali e che nel medioevo diventa il Re Carnevale. Nell’antica Roma era permesso durante i Saturnali il gioco di azzardo, in particolare con i dadi, altrimenti punito.
Carnevale
La presenza delle maschere deriva dalla credenza che durante il periodo del Carnevale i morti rinascano e si confondano con i vivi, con i quali si comportano da buffoni e da folli, prendendoli in giro, aggredendoli, spaventandoli.
I carri allegorici, oggi collegati all’attualità politico-sociale, derivano dall’antica usanza di gettare tra la folla, da un carro, degli alimenti, soprattutto dolci, a simboleggiare che in quel periodo nessuno doveva soffrire la fame e tutti dovevano godere di un certo benessere alimentare.
Il Carnevale finisce in genere con il rogo del fantoccio che rappresenta, secondo le tradizioni locali, il Re Carnevale o il diavolo e segna la fine del periodo delle feste carnascialesche ed il ritorno al rispetto delle usanze e delle regole quotidiane, imposte dalle autorità civili e religiose.
ROMA Museo delle Civiltà-Come si scava sott’acqua? Come si documenta l’attività? L’elemento acqua in uno scavo archeologico complica notevolmente la situazione e richiede l’impiego di particolari attrezzature; al tempo stesso l’ambiente subacqueo può favorire la conservazione di reperti altrimenti degradabili, che però, una volta estratti dall’acqua, necessitano specifici trattamenti. Attraverso i materiali provenienti dal sito de La Marmotta, si spiegheranno le tecniche utilizzate per lo scavo subacqueo, i metodi di documentazione e di conservazione dei reperti messi in atto durante le ricerche svolte nell’abitato neolitico sommerso individuato nel lago di Bracciano.
Museo delle Civiltà
Da settembre 2016, dopo un complesso piano di riforma e riassetto delle strutture del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, nasce a Roma il Museo delle Civiltà.
La sua istituzione raggruppa in un unico organismo cinque importanti sezioni: il Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini, il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari Lamberto Loria e il Museo Nazionale dell’Alto Medioevo Alessandra Vaccaro, situati nella parte monumentale del quartiere EUR, il Museo Nazionale d’Arte Orientale Giuseppe Tucci che, dalla storica sede di Palazzo Brancaccio in Via Merulana è stato trasferito all’Eur nel Palazzo delle Scienze, e il Museo Italo Africano Ilaria Alpi. L’istituzione di questo importante luogo della cultura intende gestire, valorizzare e promuovere in modo unificato e innovativo collezioni archeologiche ed etnografiche uniche in Italia. Con oltre 2.000.000 di opere e documenti, distribuiti su circa 50.000 metri quadri di sale espositive e depositi infatti, il Museo delle Civiltà ingloba più musei dove sono conservati i più antichi reperti della museologia italiana dalla preistoria alla paleontologia, dalle arti e culture extraeuropee alle testimonianze della storia coloniale italiana, fino alle arti e tradizioni popolari italiane.
Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini, fondato dal palentologo Luigi Pigorini, con lo scopo di illustrare le testimonianze preistoriche italiane e quelle delle popolazioni attuali al fine di confrontare i diversi stadi di sviluppo delle culture, venne inaugurato nel 1876 nel palazzo del Collegio Romano; tra il 1962 e il 1977 è stato trasferito nell’attuale sede dell’EUR. Nel nuovo allestimento inaugurato nel 1994 la struttura è organizzata in due settori: uno dedicato alla Preistoria e uno all’ Etnografia.
Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari Lamberto Loria, costituitosi intorno al nucleo della raccolta di Lamberto Doria, fu arricchito con gli oggetti arrivati da tutta Italia a Roma nel 1911 per la Mostra di Etnografia Italiana, nell’ambito delle celebrazioni per il Cinquantenario dell’Unità d’Italia. Il Museo conserva oltre centomila testimonianze della cultura tradizionale italiana, dal XVI al XX secolo, tra cui circa 700 costumi regionali, oltre 4 mila gioielli, più di 6 mila manufatti lignei tra strumenti di lavoro e artigianato popolare e circa 5 mila ceramiche.
Museo Nazionale dell’Alto Medioevo Alessandra Vaccaro, inaugurato nel 1967, il museo ospita reperti provenienti prevalentemente da contesti romani e dell’Italia centrale, che vanno dal periodo tardo-antico fino all’Alto Medioevo. Corredi funerari, arredi marmorei provenienti da chiese del Lazio e materiali ceramici recuperati nell’area del Foro Romano.
Museo Nazionale d’Arte Orientale Giuseppe Tucci, istituito nel 1957 con una convenzione tra il Ministero della Pubblica Istruzione e l’ex IsMEO (Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente), oggi IsIAO, (Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente) che concedeva in deposito le proprie collezioni, fu inaugurato l’anno successivo. L’esposizione permanente si articola nelle sezioni: Vicino e Medio Oriente Antico, India, Gandhara, Tibet e Nepal, Asia sud-orientale ed Estremo Oriente.
Museo Italo Africano Ilaria Alpi, la collezione dell’ex Museo Coloniale di Roma, nato nel 1923 con lo scopo di far conoscere le “imprese” coloniali italiane, si è andata ampliando fino all’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Passata al Ministero per i Beni e le Attività Culturali nel 2017, la collezione include attualmente 12.000 oggetti − a carattere etnografico, storico, artistico, antropologico, archeologico, architettonico, e collegato alle scienze naturali ed esplorazioni geografiche − raccolti o realizzati durante l’esperienza militare e coloniale italiana in Africa. Il percorso espositivo è attualmente in corso di progettazione.
Dall’ottobre 2022, con la direzione di Andrea Viliani, il Museo delle Civiltà di Roma ha avviato nuovi percorsi di ricerca, archiviazione, catalogazione e digitalizzazione, per condividere con il pubblico e gli altri musei nazionali italiani nuove conoscenze. Nel contesto del nuovo allestimento delle collezioni preistoriche ad esempio, il percorso Preistoria? Storie dall’Antropocene delinea un itinerario che pone interrogativi sulla definizione stessa di “preistoria”, un periodo caratterizzato da testimonianze materiali che ci rimandano a molteplici sistemi di pensiero, invenzioni culturali, organizzazioni economiche e a politiche sociali. Qui è sposta una selezione di oggetti tra cui il cranio neandertaliano Guattari 1 del Circeo, le tre “Veneri” dei siti di Savignano, Lago Trasimeno e La Marmotta, e le piroghe recuperate dal fondo del lago di Bracciano insieme a centinaia di reperti provenienti dal villaggio neolitico de La Marmotta. La sezione si conclude con il primo capitolo di una ominazione immaginifica, disegnata dall’artista e graphic designer Goda Budvytytėe e dalla studiosa di nanotecnologie Laura Tripaldi per delineare i possibili sviluppi dell’evoluzione. Nella sezione sono inoltre presenti gli interventi di due artisti contemporanei: il libanese Ali Cherri, recente vincitore del Leone d’Argento alla Biennale di Venezia di cui il Museo delle Civiltà introduce in collezione il filmThe Digger, e l’artista e antropologa Elizabeth A. Povinelli, membro del collettivo indigeno australiano Karrabing Film & Art Collective. Si inaugurano, inoltre, i due nuovi ingressi simmetrici del Museo delle Civiltà: quello già operativo ne Palazzo delle Scienze e quello del Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari, riaperto dopo un restauro dell’area al piano terra dell’edificio. Entrambi gli ingressi sono ridefiniti come un’introduzione storica e critica al museo, quasi una sorta di racconto dell’istituzione nel corso del tempo.
Al primo piano del Palazzo delle Scienze inoltre, è stata inaugurata la mostra di Georges SengaComment un petit chasseur païen devient Prêtre Catholique, a cura di Lucrezia Cippitelli, che per la prima volta presenta in un allestimento unitario le opere fotografiche e filmiche e i materiali d’archivio ricercati e prodotti dell’artista congolese sulla figura di Bonaventure Salumu, “cacciatore pagano” che tra gli anni ‘40 e ’60 del XX secolo, dopo aver ricevuto un’educazione cristiana da alcuni missionari, viene ordinato sacerdote gesuita, si trasferisce in Europa per un certo periodo per tornare infine nel proprio villaggio natale, dove diventa padre.
Al complesso museale si potrà accedere tramite due nuovi ingressi simmetrici. A quello già operativo, nel Palazzo delle Scienze, si affianca quello del Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari, riaperto dopo un restauro complessivo dell’area al piano terra dell’edificio. Oltre a ospitare servizi comuni, offrono un’introduzione storica e critica al museo, ossia un racconto dell’istituzione nel corso del tempo.
Centro di ricerca e sperimentazione, l’istituzione accoglie sei Research Fellowship, di cui sono protagonisti artisti internazionali. Nucleo del loro lavoro sono gli archivi e le collezioni museali, incluse quelle in deposito, che possono ispirare progetti espositivi, nuove opere, pubblicazioni, seminari, attività pedagogiche o ulteriori esiti.
Note: a partire
-dal 26 giugno 2024 (area limitrofa alla vetrata Giulio Rosso)
-dal 9 luglio 2024 (attuali sale delle Collezioni di Arti e Culture Asiatiche)
-dal 16 luglio 2024 (aree dei sottoportici intorno allo scalone centrale)
-e fino a conclusione lavori, non sarà possibile accedere temporaneamente alle suddette aree e sale per permetterne il riallestimento in corso.
L’area limitrofa alla vetrata di Giulio Rosso e le aree dei sottoportici saranno nuovamente visitabili in concomitanza dell’inaugurazione del nuovo allestimento EUR-Asia, previsto entro l’estate 2024. Le altre sale rimarranno chiuse per permetterne l’adeguamento impiantistico e il successivo ampliamento dell’attuale percorso di visita delle Collezioni di Arti e Culture Americane, la cui inaugurazione è prevista nei primi mesi del 2025.
Il Museo di immenso valore storico e culturale…siamo andati per vedere la sezione medioevale, e siamo rimasti estasiati dall’immensità di collezioni presenti. Sembra di poter fare un viaggi intorno al mondo con tanto di macchina del tempo! Interessantissimo sia per adulti che per bambini, merita di impiegarci molto tempo per una visita completa e approfondita, forse più volte addirittura.
Sono praticamente tre musei in un uno. (con la prima domenica del mese visitabile interamente gratis).
Spazi immensi pieni di curiosità, storia, cultura, arte, tradizioni, usanze, raccolte di tantissime culture differenti di tutto il mondo…bello bello bello è dir poco! Dovrebbe essere un punto di riferimento per tutte le scolaresche per vedere dal vivo LA STORIA (dalla preistoria in realtà fino al 1900 si trova di tutto e di più perfettamente diviso e catalogato).
Torneremo sicuramente per poter scoprire altro ancora.
Informazioni
Durata: 1 ora e 30 minuti circa. Visite guidate su prenotazione per un minimo di 5 persone e un massimo di 25. Prezzo: 8,00 euro per adulti e bambini, più il biglietto di ingresso Prenotazione: è previsto un diritto di prenotazione, di 10 euro, se si tratta di laboratorio fuori da calendario.
Bilioteca DEA SABINA -Associazione CORNELIA ANTIQUA
Gli Indiana Jones di CORNELIA ANTIQUA alla ricerca del :
“ RACCONTO DELLE PIETRE”
CORNELIA ANTIQUA- esplorazione dei sotterranei del Santuario di Santa Maria in Celsano -12 luglio 2022-
La Mission di Cornelia Antiqua:”Il fascino di ascoltare il “racconto delle pietre” , l’emozione di entrare in luoghi abbandonati da secoli dagli uomini. Gli Indiana Jones di Cornelia Antiqua sono sempre in azione per trovare i pezzi mancanti del grande mosaico della Storia che è sepolta nella Campagna Romana. Manufatti in pietra, frammenti di pietre scheggiate, elementi di frecce e piccoli reperti in selce. Trovare le “connessioni” tra le Valli di Galeria e dell’Arrone. Cercare e scoprire il segreto che costudisce questo gioiello naturalistico racchiuso nei territori dei Municipi XIII e XIV di Roma Capitale dove ,tra vasti prati, piccole alture, caverne sepolte sotto la vegetazione dei boschi , sono nascoste ancora tante risposte alle domande degli Archeologi , Paleontologi , Storici e i tantissimi appassionati e amanti della Campagna Romana. Sì è questa la Mission di Cornelia Antiqua“.
Santuario di Santa Maria in Celsano -prima del restauro
Dal “libretto di Campagna “ del 12 luglio 2022
Roma -Municipio XIV -Borgo Santa Maria di Galeria– Ingresso ed esplorazione dei sotterranei del Santuario di Santa Maria in Celsano che si trova nel Borgo agricolo medioevale di Santa Maria di Galeria. Si chiarisce che il sopralluogo nei sotterranei è stato autorizzato e supervisionato da Don Roberto Leone , Parroco del Santuario , Cancelliere della Diocesi di Porto e Santa Rufina, Fondatore del Museo del Santuario di Galeria, Autore di varie pubblicazioni tra le quali LE CATACOMBE di SAN MARIO site sulla via Boccea. Hanno partecipato alla ricognizione :Tatiana Concas, Cristian Nicoletta, Danilo Cairani, Riccardo Paolucci e David Monti operatore videomaker.
N.B.Pubblichiamo in anteprima alcune foto relative ai sotterranei del Santuario di Santa Maria in Celsano, mentre per la Relazione tecnica e le conclusioni, dovremo aspettare ancora qualche giorno.
CORNELIA ANTIQUA- esplorazione dei sotterranei del Santuario di Santa Maria in Celsano -12 luglio 2022-Associazione CORNELIA ANTIQUA- Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali.Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !Per informazioni – e.mail.:cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–CORNELIA ANTIQUA- esplorazione dei sotterranei del Santuario di Santa Maria in Celsano -12 luglio 2022-CORNELIA ANTIQUA- esplorazione dei sotterranei del Santuario di Santa Maria in Celsano -12 luglio 2022-CORNELIA ANTIQUA- esplorazione dei sotterranei del Santuario di Santa Maria in Celsano -12 luglio 2022-CORNELIA ANTIQUA- esplorazione dei sotterranei del Santuario di Santa Maria in Celsano -12 luglio 2022-CORNELIA ANTIQUA- esplorazione dei sotterranei del Santuario di Santa Maria in Celsano -12 luglio 2022-CORNELIA ANTIQUA- esplorazione dei sotterranei del Santuario di Santa Maria in Celsano -12 luglio 2022-
P.S. Il libretto di Campagna relativo alle uscite del Gruppo Operativo di CORNELIA ANTIQUA diventerà una rubrica permanente.
Associazione CORNELIA ANTIQUA-Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali.Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !Per informazioni – e.mail.:cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–
Pietro Stocchi-Antrodoco e dintorni, storia, arte e cultura popolare
Associazione Culturale ” Amici della Cecilia “
Resti del ponte romano sulla Via Cecilia in località ” Rapelle “presso Antrodoco.
la Via Cecilia, dal nome del console Cecilio Metello, collegava Roma con il mare Adriatico passando per Amiternum, Interamnia
( Teramo ) Atri e concludendo il suo percorso a Castrum Novum, l’odierna Giulianova. Secondo autorevoli archeologi questa strada potrebbe essere di epoca anteriore alla Via Salaria per Ascoli.
Antrodoco- Via Cecilia -Resti del ponte romanoAntrodoco- Via Cecilia -Resti del ponte romanoAntrodoco- Via Cecilia -Resti del ponte romanoAntrodoco- Via Cecilia -Resti del ponte romanoAntrodoco- Via Cecilia -Resti del ponte romanoAntrodoco- Via Cecilia -Resti del ponte romanoAntrodoco- Via Cecilia -Resti del ponte romanoAntrodoco- Via Cecilia -Resti del ponte romanoAntrodoco- Via Cecilia -Resti del ponte romanoAntrodoco- Via Cecilia -Resti del ponte romanoAntrodoco- Via Cecilia -Resti del ponte romanoAntrodoco- Via Cecilia -Resti del ponte romanoAntrodoco- Via Cecilia -Resti del ponte romano
Anfora panatenaica a figure nere. Produzione attica, Lydos, 560-540 a.C. Museo Archeologico Nazionale, Firenze.
olio extravergine di oliva del Lazio
L’olivo coltivato o domestico deriva dall’olivo selvatico o oleastro che cresce nei luoghi rupestri, isolato o in forma boschiva, e dai cui minuscoli frutti si trae un olio amaro il cui uso è, però, sempre stato limitato.I Greci conoscevano diverse varietà di olivi selvatici cui davano nomi diversi, agrielaìa, kòtinos, phulìa; i Romani invece, le riunivano tutte sotto la denominazione oleaster, che è poi quella passata nel vocabolario botanico moderno.La patria di origine dell’olivo va con ogni probabilità ricercata in Asia Minore: infatti, mentre in sanscrito non esiste la parola olivo e gli Assiri ed i Babilonesi, che evidentemente ignoravano questa pianta e i suoi frutti, usavano solo olio di sesamo, l’olivo era viceversa conosciuto da popoli semitici come gli Armeni e gli Egiziani.Non solo, anche nei libri dell’Antico Testamento l’olivo e l’olio di oliva sono spesso nominati : basti pensare che la colomba dell’arca porta a Noè un ramo d’olivo colto sul monte Ararat, montagna dell’Armenia.La trasformazione dell’oleaster in olivo domestico pare sia stata opera di popolazioni della Siria. Molto presto l’uso di coltivare l’olivo passò dall’Asia minore alle isole dell’arcipelago, e quindi in Grecia: lo Schlieman riferisce di aver raccolto noccioli d’oliva sia negli scavi del palazzo di Tirino sia in quelli delle case e delle tombe di Micene e, nell’Odissea, troviamo scritto che Ulisse aveva intagliato il suo letto nuziale in un enorme tronco di olivo.
L’olio extravergine di olivaolio extravergine di oliva del Lazio
In Grecia esistevano molti e fiorenti oliveti; particolarmente ricca ne era l’Attica e soprattutto la pianura vicina ad Atene. D’altra parte l’olivo era la pianta sacra alla dea Atena ed era stata lei che, in gara con Posidone per il possesso dell’Attica, aveva vinto facendo nascere l’ulivo dalla sua asta vibrata nel terreno. In suo onore si celebravano le feste dette Panatenee, durante le quali gli atleti vincitori delle gare ricevevano anfore contenenti olio raffinato: si tratta di anfore di una forma molto particolare, con corpo assai panciuto, collo breve, fondo stretto e piccole anse “a maniglia”, dette per questo loro particolare uso, panatenaiche.L’olio attico era considerato tra i migliori; ma si apprezzavano molto anche gli olii di Sicione, dell’Eubea, di Samo, di Cirene, di Cipro e di alcune regioni della Focile. Le olive costituivano inoltre la ricchezza della pianura di Delfi sacra ad Apollo.Le zone della Magna Grecia dove più florida era la coltura dell’olivo erano quelle di Sibari e di Taranto; nell’Italia centrale, si segnalavano in primo luogo il territorio di Venafro, quindi la Sabina e il Piceno, mentre nell’Italia del nord erano famose le coste della Liguria.L’olivo esigeva molte cure, che potevano risultare anche costose, ma i proprietari degli oliveti erano ben ripagati dei loro disagi: non solo la cucina, ma anche i bagni, i giochi, i ginnasi e persino i funerali, esigevano l’impiego di grandi quantità di olio.Le olive venivano raccolte, a seconda dell’uso cui erano destinate, in periodi diversi: ancora acerbe (olive albae o acerbae), non del tutto mature (olive variae o fuscae), mature (olive nigrae). Si raccomandava di staccarle dal ramo con le mani ad una ad una; quelle che non si potevano cogliere salendo sugli alberi, venivano fatte cadere servendosi di lunghi bastoni flessibili (in greco ractriai), sempre ponendo la massima attenzione a non danneggiarle. Alcuni aiutanti raccattavano e riunivano le olive battute che, solitamente venivano macinate il più presto possibile.In Grecia l’olio era generalmente prodotto dai proprietari stessi degli oliveti che spesso procedevano anche alla sua vendita; il mercante di olio si chiamava elaiopòles o elaiokàpelos.La vendita al dettaglio non si praticava solo in campagna o nelle botteghe; era ugualmente attiva nell’agorà, dove venivano trattate le merci più diverse. I mercanti erano installati in baracche, sotto umili tende o, più comunemente, all’aperto, ma questa situazione migliorò ben presto quando furono edificati i primi portici.Per quanto riguarda l’Italia, è importante sottolineare che la presenza di noccioli di oliva in contesti archeologici e documentata fino al Mesolitico. Tali attestazioni non significano necessariamente che già in epoca preistorica l’olivo venisse coltivato, anche perché all’esame dei noccioli non è possibile stabilire se si trattasse di olivastri oppure di olivi domestici. Sono comunque evidenze significative, soprattutto se inquadrate nel più generale panorama archeologico e vegetazionale della penisola italiana, che fanno ragionevolmente presumere un precoce riferimento all’olivo coltivato. Certamente il passaggio da una fase di semplice conoscenza della pianta a quella del suo sfruttamento agricolo avrà richiesto un lungo periodo, ciò nonostante, quanto esposto sembra sufficiente per sollevare almeno qualche perplessità sulle teorie che sostengono che l’olivo sia stato introdotto in Italia dai primi coloni greci; pur senza dimenticare che dal greco derivano sia la parola olivo (elaìa), sia il termine etrusco amurca che, nella sua forma greca amòrghe, indica quel liquido amaro ottenuto dalla prima spremitura delle olive, che veniva scartato ed utilizzato come concime, nella concia delle pelli e nell’essiccazione del legno.Il vero problema, dunque, non è stabilire a quando risalga la presenza dei primi olivi in Italia, dato che certamente si trattava di piante che esistevano da molto tempo, almeno in forme selvatiche, quanto piuttosto definire il periodo in cui è cominciata la loro coltivazione in età storica, momento importante che segna l’inizio dello sfruttamento razionale delle campagne, tipico della civiltà urbana.Le evidenze linguistiche, letterarie ed archeologiche permettono di affermare che, già fra l’VIII e il VII sec. a.C. non solo la coltivazione dell’olivo era praticata, ma esistevano colture organizzate che, grazie al clima mediterraneo, ben presto permisero la formazione di un surplus destinato agli scambi.Per quanto riguarda l’età storica esistono anche evidenze paleobotaniche: sono da ricordare il relitto della nave del Giglio, del 600 a.C. circa, con le sue anfore estrusche piene di olive conservate e la cosiddetta “Tomba delle Olive” di Cerveteri, databile al 575-550 a.C., contenente, oltre ad un servizio di vasi bronzei per il banchetto, anche una sorta di caldaia piena di noccioli di olive.Non è facile ricostruire il paesaggio agrario dell’Etruria antica: le trasformazioni subite nel corso del tempo, e soprattutto l’impoverimento e l’abbandono delle campagne, iniziato in età romana, impediscono di cogliere, in tutti i suoi dettagli, una situazione che doveva essere comunque piuttosto fiorente. Anche il panorama offerto dalle fonti antiche va letto con prudenza, tenendo conto del contesto storiografico di appartenenza in cui dominavano la memoria di un passato felice e i riscontri di un realtà contemporanea, quella della prima età imperiale, in cui i caratteri del paesaggio etrusco e i metodi di conduzione agricola erano senz’altro strutturati in modo diverso.Per quanto riguarda i riscontri forniti dall’archeologia, le ricerche condotte in questi ultimi anni sui vasi-contenitori hanno permesso di analizzare, negli aspetti complementari di produzione, consumo e smercio, tipi di agricoltura intensiva quali le coltivazioni dell’olivo e della vite.Dopo una prima fase in cui i contenitori di olio deposti nelle tombe principesche del Lazio e dell’Etruria risultano essere in massima parte di importazione, nel corso del terzo quarto del VII sec. a.C. inizia una produzione in loco di questi vasi, destinata nel tempo ad intensificarsi: si tratta non solo di contenitori di essenze odorose a base di olio, ma anche di recipienti destinati a contenere olio alimentare. E’ il momento in cui l’olio e il vino da beni preziosi di marca esotica, inclusi nel commercio di beni di lusso, diventano in Etruria prodotti di largo uso come attestano appunto i loro contenitori che diventano frequentissimi nei corredi tombali in età alto e medio-arcaica: particolarmente diffusi sono i piccoli balsamari in bucchero e in ceramica figulina, che imitano gli aryballoy e gli alabastra corinzi di importazione.Per quanto riguarda l’ambito alimentare l’olio è sempre stato uno dei prodotti principali dell’antichità classica. Nel mondo romano non si usava altro condimento per cucinare, e per condire le insalate si utilizzava l’olio migliore: particolarmente rinomati erano l’olio verde di Venafro, come attestano Marrone, Plinio, Orazio e Stradone, e quello della Liburnia in Istria; pessimo era considerato l’olio africano che veniva usato esclusivamente per l’illuminazione. Non mancavano allora, come oggi, le contraffazioni, se dobbiamo credere ad una ricetta di Apicio che insegnava a contraffare l’olio della Liburnia utilizzando un prodotto spagnolo.
olio extravergine di oliva del Lazio
Essendo poco raffinato e dato che non si adottavano trattamenti particolari atti a conservarlo, l’olio diveniva rancido molto rapidamente; l’unica soluzione era dunque salarlo.
Per questo motivo si consigliava anche di conservare il più a lungo possibile le olive, in maniera da poter fare, sul momento, olio fresco da offrire nelle oliere ai convitati in ogni periodo dell’anno. Si rendeva quindi necessario cogliere le olive quando erano ancora verdi sull’albero e riporle sott’olio.
In epoca imperiale le olive si servivano in tutte le cene, anche in quelle più importanti: come diceva Marziale, esse costituivano sia l’inizio che la fine del pasto, venivano cioè, sia portate come antipasti, sia offerte quando, finito di mangiare, ci si intratteneva a bere.
Solitamente erano conservate in salamoia, ben coperte dal liquido, fino al momento di usarle, poi si scolavano e si snocciolavano tritandole con vari aromi e miele. Le olive bianche venivano anche marinate in aceto e, condite in questo modo, erano pronte all’uso. Inoltre, con le olive più pregiate e più grosse, si facevano ottime conserve che duravano tutto l’anno e fornivano un nutriente ed economico companatico.Con le olive verdi si facevano le colymbadas (letteralmente “le affiorate”), così dette perché galleggiavano in un liquido fatto di una parte di salamoia satura e due parti di aceto. La preparazione consisteva nel praticare alle olive, dopo la salagione, due o tre incisioni con un pezzo di canna, e quindi tenerle immerse per tre giorni in aceto; poi le olive venivano scolate e sistemate con prezzemolo e ruta, in vasi da conserve che erano poi riempiti con salamoia e aceto facendo in modo che restassero ben coperte. Dopo venti giorni erano pronte per essere portate in tavola.
Vendita dell’olio. Pelike a figure nere. Produzione attica, 510-500 a.C. Museo Archeologico Nazionale, Firenze.
Un altro tipo di conserva era l’epityrum che si faceva sempre con le olive migliori, di solito le orcite e le pausiane: era una salsa molto saporita che si otteneva da frutti colti quando cominciavano appena ad ingiallire, scartando quelli con qualche difetto. Dopo aver fatto asciugare le olive sulle stuoie per un giorno, si mettevano in un fiscolo nuovo, cioè in una di quelle ceste di fibra vegetale fatte a forma di tasca, con un foro superiore e uno inferiore, in cui si racchiudevano le olive frantumate per poi spremere l’olio; quindi si lasciavano una notte intera sotto la pressa. Dopo di che venivano sminuzzate e condite con sale e aromi e, dopo aver messo l’impasto così ottenuto in un vaso lo ricopriva d’olio.Vi erano poi le conserve di olive nere, che si potevano fare sia con le pausiane mature che con le orcite ed in alcuni casi anche con le olive della qualità Nevia: la preparazione consisteva nel tenerle per 30-40 giorni sotto sale, poi, una volta scosso via tutto il sale, metterle sotto sapa defrutum.Altre volte, più semplicemente, si mettevano le olive sotto sale con bacche di lentisco e con semi di finocchio selvatico.Catone, Plinio e Columella e tutti gli scrittore latini di agricoltura più famosi hanno lasciato insegnamenti sulla coltivazione dell’olivo e sulla produzione dell’olio.E noto, ad esempio, che l’olio che si otteneva dalla torchiatura era piuttosto denso e che, per farlo diventare più fluido, occorreva riscaldare l’ambiente in cui veniva preparato per evitare che si rapprendesse: è per questo che l’olio aveva spesso odore di fumo. In qualche occasione, e naturalmente a seconda della temperatura esterna, era sufficiente che il locale dei torchi (torcular) fosse rivolto a sud ed esposto ai raggi del sole, anzi, gli esperti ritenevano che questa fosse la soluzione migliore per garantire la buona qualità del prodotto. E infatti, nella villa della Pisanella a Poggioreale, dove è venuto alla luce un interessante esemplare di torchio da olio, la cella olearia era intiepidita naturalmente, in virtù della sua esposizione al sole.Gli autori antichi descrivono minuziosamente le macchine impiegate dai Greci e dai Romani per la torchiatura delle olive; le scoperte archeologiche hanno poi permesso di controllare e di completare le loro testimonianze.La prima fase della preparazione dell’olio d’oliva consisteva nello schiacciamento dei frutti. La mola olearia assomigliava a quella granaria, essendo anch’essa costituita da due pietre cilindriche, una fissa, il bacino o sottomola, l’altra mobile, la mola verticale: l’operazione di schiacciamento era seguita in modo assai semplice, facendo rotolare una pietra cilindrica avanti e indietro sopra le olive poste in un contenitore.
Rappresentazione di pressa a vite. Bassorilievo, Aquileia.
Il “frantoio” romano, puntualmente descritto da Columella (I sec. d.C.) era di un tipo assai simile a quelli usati anche in età moderna.Sulla base dei dati disponibili è possibile proporne una ricostruzione più che plausibile. In dettaglio, gli elementi componenti la macchina dovevano essere i seguenti:
olio extravergine di oliva del Lazio
Base in muratura, superiormente concava, per meglio alloggiare la sottomola
Sottomola
Sostegno verticale in legno dove è infilata la stanga. L’inserzione di questa nel sostegno doveva prevedere la possibilità di regolare l’altezza della mola per non schiacciare i noccioli delle olive
Disco della mola, costituito da una pietra cilindrica che l’uso deforma leggermente in senso troncoconico. Il disco è inserito nella stanga in modo da poter girare sia intorno al sostegno centrale, sia attorno al proprio asse. Il disco della mola era mantenuto nella posizione corretta per mezzo di cunei in legno (clavi)
Stanga, la cui estremità è collegata ai finimenti che imbrigliano l’asino sottoposto alla mola.
L’olio extravergine di oliva
Quando il perno centrale veniva fatto ruotare, i rulli giravano rapidamente a una distanza regolabile sopra il recipiente che conteneva le olive era così possibile separare la polpa senza schiacciare i noccioliDopo la frangitura, le olive venivano pressate. Per questo secondo passaggio in antico venivano usate presse a trave, simili a quelle usate per il vino. Sembra che la pressa a trave abbia avuto origine e si sia sviluppata nella civiltà egea, dove la coltivazione delle olive era già diffusa agli inizi dell’età del bronzo, ma non si sa con certezza a quale epoca risalga.I resti più antichi conosciuti di una pressa e di un bacino per schiacciare le olive sono quelli rinvenuti a Creta che appartengono al periodo minoico (1880-1500 a.C. ca.): sono però insufficienti per una ricostruzione dettagliata dello strumento. Un’altra pressa a trave per olive, risalente al tardo periodo elladico (1600-1250 a.C. ca.) fu trovata in una delle isole Cicladi. Dopo il 1000 a.C. circa, le presse di questo tipo divennero più frequenti e ne esistono alcune rappresentazioni, in particolare su vasi attici a figure nere del VI sec. a.C.La pressa a trave applica il principio della leva: un’estremità della trave era appoggiata in un incavo del muro, o fra due pilastri di pietra, l’altra veniva tirata giù o spesso caricata con pesi (uomini e pietre). Le olive, sistemate in sacchi o tra tavole di legno, venivano schiacciate sotto la parte centrale della trave e il succo era raccolto in un recipiente sistemato sotto il piano della pressa.Plinio descrive con molta chiarezza quattro tipi di presse. La prima è la vecchia pressa trave di cui parla anche Catone (234-149 a.C.) il cui funzionamento è stato però nel frattempo alquanto meccanizzato. Un’estremità della trave, spesso lunga fino a 15 metri, era fissata sotto una sbarra trasversale posta tra due pali di legno. Le olive schiacciate erano ammucchiate sotto questa pesante trave e la pressione veniva esercitata facendo abbassare l’altra estremità della trave che era tirata in basso da una fune arrotolata intorno ad un tamburo del diametro di 40-50 centimetri. Un secondo miglioramento che permetteva una pressione regolare e prolungata, era attuato nella pressa descritta da Erone (I sec. d.C.), ma gia nota da molto tempo e probabilmente inventata in Grecia. Tale pressa era costituita da un peso di pietra, una trave e un tamburo girevole, Partendo dalla base, una corda passava sotto una puleggia collocata sul peso e sopra un’altra puleggia situata sulla trave, raggiungendo il tamburo. Quando la corda era avvolta al tamburo la trave riceveva l’intero peso della pietra.La massa da pressare era racchiusa in vari modi: dentro fiscoli di corda, giunchi intrecciati, o cesti. Oppure: “le olive venivano schiacciate dentro cesti di vimini o mettendo la pasta tra due asticelle” (Plinio).Le presse a trave erano particolarmente adatte per operazioni su larga scala, quando invece si trattava di quantità limitate, come anche nel caso di semi oleosi, si preferivano altri metodi come la pressa a vite. Di quest’ultima Plinio dice che sembra sia stata introdotta a Roma verso la fine del I secolo a.C., ma che era stata probabilmente inventata in Grecia nel II o I secolo a.C.In una versione perfezionata di questo tipo di pressa, descritta sia da Erone sia da Plinio, la vite solleva un peso di pietra. Questo tipo, chiamato anche “pressa greca”, era senz’altro in uso a Roma ai tempi di Vetruvio (I sec. a.C.).Quindi l’olio veniva messo a decantare in vasche che precedevano il lacus destinato alla raccolta finale del prodotto.
Prof.ssa G. Carlotta Cianferoni-Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana
Dolia interrati. Posti nella Villa Rustica in Loc.Villa Regina, I sec. d.C. Boscoreale, Napoli.Disegno ricostruttivo di un frantoio. Dal testo: “Settefinestre. Una villa schiavistica nell’Etruria romana”.Anfora panatenaica a figure nere. Produzione attica, Lydos, 560-540 a.C. Museo Archeologico Nazionale, Firenze.Vendita dell’olio. Pelike a figure nere. Produzione attica, 510-500 a.C. Museo Archeologico Nazionale, Firenze.Raccolta delle olive. Riproduzione grafica di un’immagine di un vaso attico a figure nere.olio extravergine di oliva del Lazioolio extravergine di oliva del Lazioolio extravergine di oliva del Lazio
Roma Municipio XIII- Perché il nome Castel di Guido?
Castel di Guido
Se percorri la strada con l’auto in corsa vedi solo una tabella che indica Castel di Guido-Comune di Roma e non ti chiedi dove sei ed il perché del nome del Borgo medioevale che attraversi così velocemente. Io me lo sono chiesto ed ho iniziato a fare delle ricerche per mio conto ed ho sbagliato subito l’approccio perché , ingenuamente, sono andato a consultare il libro di Cicerone “ LA TOPICA”, sempre perché qualcuno mi aveva detto che questo è un sito che nell’antichità era denominato LORIUM. Ma, poi mi sono reso conto che molto spesso i nomi che vengono dati ad un territorio , borgo ecc derivano da eventi accaduti molti secoli prima, dunque se questo luogo all’epoca dell’antica Roma era chiamato Lorium ,dovevo spostare le mie ricerche verso l’anno mille e finalmente ci sono arrivato. Tra i vari documenti che ho consultato, il più esaustivo è stato quello che ho trovato scritto negli annali di Prudence de Troyes dove si legge testualmente” Guy, magravede Spolète accurt l’appel du Pape avec le concurs des Romaines il reporte une grande victoire sur les mecreants, battus par les milicies de la campanie romaine”. Trad. “ Guido, margrave di Spoleto, accorse all’appello del Papa, e con il concorso dei Romani riporta una grande vittoria sui miscredenti, battuti con l’aiuto delle milizie della campagna romana”. I fatti narrati avvennero nell’anno 846. La vittoria suscitò ammirazione tra i Romani che iniziarono a chiamare questi luoghi Castrum Guidi, in ossequio a Guido I Duca di Spoleto e Camerino, quindi è questa l’origine del nome CASTEL di GUIDO. Dopo questa breve ricostruzione mi sono domandato:” Ma i Saraceni superstiti dove sono andati a finire ?” Sembrerebbe nella località sita sulla via Tiburtina che prese, appunto, il nome di SARACINESCO….. O No?
Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Castel di GuidoRoma –Castel di Guido :Sit-in delle Associazioni per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia.Museo Pio Clementino – La GIUNONE VELATACastel di GuidoRoma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Castel di Guido segni particolari e di riconoscimento.Associazione CORNELIA ANTIQUA-Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? Allora unisciti a noi. Ecco cosa facciamo: Produciamo Documentari e Fotoreportage, organizziamo viaggi ,escursioni domenicali e tantissime altre iniziative culturali.Tutti sono benvenuti nella nostra Associazione, non ha importanza l’età, noi vi aspettiamo !Per informazioni – e.mail.: cornelia.antiqua257@gmail.com– Cell-3930705272–Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Roma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Castel di Guido segni particolari e di riconoscimento.Castel di Guido- Un tesoro dimenticato : ”Il sito Archeologico CASALE DELLA BOTTACCIA“ – La GIUNONE VELATACastel di Guido di RomaCastel di Guido segni particolari e di riconoscimento.Castel di Guido segni particolari e di riconoscimento.Azienda Agricola Castel di GuidoAssociazione CORNELIA ANTIQUA -Fotoreportage -Castel di Guido Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaRoma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .ROMA- Municipio XIII- Castel di Guido, Torre della BottacciaRoma -Castel di Guido-Sit-in del 26 giugno 2022 per salvare dal degrado e l’abbandono il Casale della Bottaccia .Castel di Guido-Il Degrado del Sito Archeologico Casale della BottacciaAssociazione CORNELIA ANTIQUA- Siete appassionati della Storia poco raccontata, quella da riscoprire e vi piace l’ Avventura ,oppure siete affascinati dalla bellezza della Campagna Romana ? 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FIUMICINO-OSTIA (Roma)-SAI.FO Sistema Archeoambientale –
Chi Siamo – Comitato Promotore SAIFO
La nostra Storia
Il 14 marzo 2014 nel Comune di Fiumicino nasce il “Comitato Promotore per il Parco Archeologico, poi denominato Comitato Promotore per un Sistema Archeologico Integrato di Fiumicino e Ostia Antica”. Tutto è iniziato con un appello diffuso tramite i social media, ecco uno stralcio: “ A Fiumicino e sul Litorale Romano la crisi aeroportuale e la diffusa disoccupazione devono aprirci gli occhi. In questo territorio un modo per creare nuovo lavoro c’è: la grande area archeologica dei porti imperiali, della necropoli di Porto e di Ostia Antica sono beni culturali di inestimabile valore, assolutamente sottoutilizzati . Se fossero veramente aperti e fruibili dai flussi turistici si creerebbero per tutta l’area nuovi posti di lavoro.” Il Comitato che prende vita durante la partecipatissima assemblea del 14 marzo vede l’adesione di partiti, sindacati, alcune proloco, associazioni culturali e di categoria dei settori economici legati al turismo e alla valorizzazione dei beni culturali e ambientali. Insomma, più di 50 organizzazioni fra Fiumicino e Roma avranno voglia di darsi da fare per gli obiettivi sopra esposti e che si concretizzeranno con le iniziative che passiamo ad elencare.
14 marzo 2014 L’Associazione Onda Democratica lancia un appello per costituire un Comitato con il fine di valorizzare i siti archeologici di Ostia Antica e i Porti Imperiali di Claudio e Traiano di Fiumicino. Al Comitato aderiranno associazioni, proloco, confederazioni di categoria, sindacati, forze politiche trasversali di Fiumicino e alcune di Ostia, oltre a molti cittadini.
28 marzo 2014, prima riunione e lancio della petizione “Le nostre ricchezze il nostrofuturo” sia in forma cartacea che on-line. Nella petizione si chiede alla Regione Lazio di inserire i siti archeologici nelle azioni cardine regionale.
24 luglio 2014 Consegnate 10.000 firme al Presidente Regione Lazio Nicola Zingaretti, Il Presidente manifesta interesse e chiede che venga redatto un documento che evidenzi lo stato delle cose.
agosto/settembre 2014 Su richiesta del Presidente della Regione Nicola Zingaretti, i componenti del Comitato si dedicano alla redazione del “Primo rapporto per un sistema archeologico integrato fra Ostia e Fiumicino” inviato alla stampa ad ottobre. Il Rapporto include la mappatura dei siti archeologici e ambientali di Ostia e Fiumicino, la situazione della mobilità, esercizi ricettivi e commerciali. Inoltre pubblica alcuni importanti contributi progettuali che entrano nel merito su come si potrebbe attuare un sistema archeologico integrato e come si potrebbero trasformare le aree circostanti in attrazione turistica, Fra gli altri citiamo quello della Camera del Lavoro Territoriale di Roma Centro Ovest-Litoranea CGIL , della Research Office for Critical Mass Architecture, del Comune di Roma X Municipio e della Coop. Integrata Mobi.Di.
26 gennaio 2015– presentato il “Primo rapporto per un sistema archeologico integrato fra Ostia e Fiumicino” al Presidente della Regione Lazio.
13 febbraio 2015 Avvio di una nuova campagna denominata “Apriamoli” per spedire 5000 cartoline per chiedere al Ministro dei Beni culturali Franceschini l’apertura dei siti archeologici di Fiumicino oggi visitabili solo su appuntamento.
7 aprile 2016 partecipazione alla celebrazione dei venti anni della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano insieme con Associazione Fuoripista, Pro Loco di Fregene e Maccarese, Associazione Culturale 99 Fontanili, Associazione Dolce Spiaggia: Convegno “Realtà e Prospettive della Riserva”.
26 maggio 2016 CONVEGNO presso biblioteca Elsa Morante Ostia : “Il Parco archeologico di Ostia Antica e il suo territorio: strategie di sviluppo” – Proposte per un sistema integrato sostenibile tra cultura, città e natura – Relatori: Carlo Pavolini archeologo Università della Tuscia, Andrea Bruschi architetto Università La Sapienza, Alessandro Leon Presidente CLES e Gualtiero Bonvino Urbanista. Intervengono : Cristian Carrara Presidente della Commissione Cultura Regione Lazio, Esterino Montino Sindaco di Fiumicino, Domenico Vulpiani Commissario del X° Municipio.
4 agosto 2016 la Regione Lazio include il Parco di Ostia Antica Fiumicino nelle Azioni cardine: Sistemi di valorizzazione del patrimonio culturale in aree di attrazione. riconoscendo il nostro impegno fino a citare il Comitato nella Delibera di Giunta. DGR_504_04_08_2016 Istituzione Azioni Cardine Parchi Archeologici.
15 settembre 2016 incontro fra l’Amministrazione Comunale (Sindaco Montino, Assessore Pagliuca, e dirigente della Gestione del Territorio Di Silvestre) e una delegazione del Comitato Promotore per il Parco Archeologico Ostia Antica Fiumicino Dopo l’inserimento nelle azioni cardine del Parco Archeologico Ostia Antica Fiumicino e il relativo stanziamento regionale che promuove l’area si è discusso delle possibilità di progetti che potrebbero rappresentare un grande richiamo turistico e un’opportunità economica per tutto il nostro territorio, L’incontro ha avuto come tema centrale della discussione il sistema di piste ciclabili e parcheggi. il Comitato ha presentato una traccia progettuale che prevede la realizzazione di una Pista Ciclabile su un tracciato urbano che consenta di collegare in sicurezza la zona di S.Ippolito a Isola Sacra fino alle sponde del Tevere in corrispondenza di Ostia Antica.
26 ottobre 2016 lancio della nuova campagna “RI-SCOPRIAMOLI” invio di 5000 cartoline per chiedere al Ministro Franceschini di inserire reperti e siti del territorio nord del Comune di Fiumicino nel Parco Archeologico Ostia Antica – Fiumicino e di istituire a Maccarese un Archeoparco attorno al sito neolitico di Fianello.
16 Marzo 2017 Il Comitato Promotore riunisce le Istituzioni: presente il Sindaco di Fiumicino Esterino Montino, l’assessore all’Urbanistica e all’Edilizia, una rappresentanza per il 10° Municipio del Comune di Roma e per l’Ente Parco, e le realtà associate di Ostia e Fiumicino per discutere su come impegnare le nuove risorse regionali messe a disposizione per i siti archeologici.
27 aprile 2017 alcuni componenti del comitato costituiscono l’Associazione di Promozione Sociale SAI.FO – Sistema Archeologico Integrato Fiumicino Ostia; l’Associazione opera conseguentemente e coerentemente con gli scopi del “Comitato Promotore sistema archeologico integrato Fiumicino Ostia”.
13 luglio2017 Convegno: Quando le radici creano lavoro Fatti concreti, idee e proposte per creare economia dalle bellezze archeologiche e nat urali di Fiumicino e Ostia. Partecipano Vicepresidente della Regione Lazio e Assessore Formazione, Ricerca, Scuola, Università, Turismo – Massimiliano Smeriglio, Sindaco del Comune di Fiumicino Esterino Montino, Direttore Parco Archeologico Ostia Antica MariarosariaBarbera, Segretario Generale CGIL Roma e Lazio Michele Azzola, Presidente CNA Turismo Roma Marco Misischia, e Rappresentanti locali e regionali delle categorie legate al turismo.
7 novembre2017 Incontro con il mondo accademico delle Università pubbliche del Lazio e le realtà che hanno studiato il territorio di Ostia e Fiumicino. Partecipano circa 30 accademici/ricercatori delle Università del Lazio, rappresentanti della Regione, della Sovrintendenza Capitolina di Roma, Il Sindaco Esterino Montino del Comune di Fiumicino, Il direttore del Parco Archeologico Mariarosaria Barbera e i funzionari Paola Germoni e Roberto Sebastiani. Partecipano inoltre i rappresentanti della Fondazione Anna Maria Catalano, del Comitato FuoriPista e della CNA Confederazione Nazionale dell’artigianato e della Piccola e Media Impresa che gentilmente ha ospitato nella propria sede l’incontro.
17 luglio 2018 richiesto incontro a LORENZA BONACCORSI – Assessore Turismo e Pari Opportunità Regione Lazio con una delegazione del “Comitato Promotore Sistema Archeologico Integrato Fiumicino Ostia”.Scopo dell’incontro è parlare dei numerosi interventi programmatici e i finanziamenti che la Regione Lazio nella scorsa legislatura ha dedicato per la promozione e valorizzazione dei territori del X Municipio di Roma e del Comune di Fiumicino, tratteggiare insieme le prospettive future e il lavoro da svolgere, in particolare illustrare la nostra proposta per la realizzazione di un Centro regionale a Isola Sacra per valorizzare il patrimonio naturale, culturale e turistico fra Ostia e Fiumicino.
1 ottobre 2018 incontro con la segreteria dell’Assessore Turismo e Pari Opportunità nella Sede di ROMA della Regione Lazio e delegazione del comitato, presenti rappresentanti del mondo produttivo.
9 dicembre 2018 lanciata la petizione “A PARTIRE DA NOI” per un Piano Regolatore per il Turismo.
30 gennaio 2019 il Comitato inizia una nuova battaglia per trovare fondi a sostegno dei “I Carmosini“, una famiglia storica di maestri d’ascia di Fiumicino, che da circa 15 anni hanno iniziato, quasi completamente a loro spese, a costruire una nave da guerra romana: una Liburna a grandezza naturale dell’epoca di Traiano. Ora la costruzione è ferma, in mancanza di fondi, rischia di andare in malora.
9 giugno 2019 “Una pedalata per la Liburna” Una lunga biciclettata ha attraversato il paese attirando l’attenzione di cittadini e Istituzioni sulla Liburna, opera unica al mondo. L’obiettivo è il completamento dell’opera e la creazione di un parco didattico-scientifico a disposizione della comunità.
11 luglio 2019 nella Sala Matrimoni del Comune di Fiumicino è stato presentato il nuovo Sito del Comitato Promotore Sistema Archeo-Ambientale Integrato Fiumicino Ostia, che sarà utilizzato anche per rilanciare informazioni e iniziative di Associazioni, Comitati ed Istituzioni relative alla conoscenza e alla promozione del territorio. Un grazie particolare alla “Fondazione Anna Maria Catalano”, che con il suo contributto ne ha permesso la realizzazione.
21 maggio 2020 – il Comitato lancia un Appello al Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti “Da Ostia a Civitavecchia – Anche un nuovo modo di fare turismo ci salverà ” per ottenere finalmente un intervento attivo e di coordinamento della Regione Lazio, da svolgere direttamente sul territorio, e avviare quella trasformazione economica e sociale non più rinviabile. Successivamente invita le Associazioni, le Proloco e I Comitati dell’area del Litorale romano ad aderire e a farnee un documento condiviso, un Manifesto in cui il nostro Comitato sia solo uno dei tanti firmatari.
2ottobre 2020 PARTE IL PRIMO TIROCINIO “Conoscere per valorizzare. Una mappatura degli attrattori turistici dell’Alto Lazio da Ostia a Montalto di Castro”, , è stata stipulata una convenzione per tirocini curriculari con l’Università RomaTre. A seguito di tale convenzione, è iniziato il tirocinio di Amanda Minni, giovane laureata in Scienze della Comunicazione e attualmente studentessa del Master in Lingue, Comunicazione Interculturale e Management del Turismo, diretto dalla prof.ssa Barbara Antonucci.
26 ottobre 2020 presentato all’assessorato al turismo della Regione Lazio il progetto SAIL “Dove Roma incontra gli Etruschi e il Mare – VERSO UN SISTEMA TURISTICO ARCHEOAMBIENTALE INTEGRATO PER LA VALORIZZAZIONE DEL LITORALE LAZIALE.
7 novembre 2020 presentato al Comune di Fiumicino “LA LIBURNA – Nostra storia, nostro futuro” – PROGETTO SULLA RICOSTRUZIONE DI NAVE DA GUERRA ROMANA DELL’EPOCA DI TRAIANO.
28 novembre 2020 grande soddisfazione per la mozione presentata da tutti i gruppi consiliari, per il completamento della Liburna votata all’unanimità. La mozione decide che su questo modello di nave romana a grandezza naturale, cui sta lavorando da circa due decenni la famiglia Carmosini, i lavori possano riprendere.
Febbraio 22, 2021 Dopo anni di fermo, grazie ad una prima donazione di un’azienda, la Aries Sistemi si rianima a Fiumicino il cantiere per riprendere i lavori di costruzione della “Liburna”
Marzo 5, 2021 ER LA LIBURNA ARRIVANO LE RISORSE REGIONALI. L’intervento, per un ammontare di 30.000€, è stato riconosciuto da Lazio Crea in base al progetto presentato.
Aprile 8, 2021 una delegazione di società cinese visita il cantiere della Liburna Felix Lee, Overseas Managing Director EHANG (www.ehang.com)
Giugno 25, 2021 A partire da una mozione approvata da tutto il Consiglio Comunale e da un interessamento del Sindaco, arriva un aiuto tangibile: un contributo di 30.000€ che permetterà di continuare i lavori che erano stati da poco tempo ripresi grazie ricevuto tre mesi fa dalla Regione Lazio.
Luglio 9, 2021 Studiose francesi visitano la “Liburna”, Dominique Rivière, Professoressa presso il Dipartimento di Geografia dell’Università di Paris-Diderot, ha visitato insieme a Evelyne Bukowiecki archeologa dell’École Française de Rome, il cantiere della Liburna.
Luglio 30, 2021 presso la Biblioteca “Gino Pallotta” – Fregene, viene presentato il volume “Conoscere per valorizzare: Una mappatura degli attrattori turistici dell’Alto Lazio”, relativo ai 15 Comuni del Progetto SAIL, realizzato nell’ambito della convenzione per tirocini curriculari con l’Università RomaTre
Agosto 4, 2021 FIRMATO ACCORDO DI COLLABORAZIONE FRA SETTE ENTI: Comune di Fiumicino, MiC Parco archeologico di Ostia antica, Aeroporti di Roma S.p.A, Dipartimento di Architettura dell’Università Roma Tre, DigiLab – Centro interdipartimentale di ricerca dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale e Associazione di Promozione Sociale SAIFO, che vede la Liburna,fulcro di una più ampia azione di valorizzazione territoriale e dello sviluppo di un nuovo modello di coinvolgimento della cittadinanza e del fare Cultura.
Ottobre 12, 2021 il museo delle Navi, i Porti Imperiali e la Necropoli di Porto saranno finalmente aperti con gli stessi orari dei siti di Ostia Antica.
Ottobre 25, 2021 Nell’ambito del progetto “Una passeggiata attraverso i secoli” coordinata dalla Fondazione Annamaria Catalano in collaborazione con l’Istituto Leonardo da Vinci, studenti del terzo anno visitano la liburna.
Dicembre 2, 2021 TERRA, CUCINA E STORIA: UNA CENA PER RACCOGLIERE FONDI PER LA LIBURNA e PROMUOVERE PRODOTTI E SAPORI DEL TERRITORIO – L’ARSIAL – Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio ha approvato il ns. progetto “TERRA, CUCINA E STORIA”.
Aprile 8, 2022 nella Sala Ambrogio del Dipartimento Lingue, Letterature E Culture Straniere della Università RomaTre con la Prof. Barbara Antonucci – Direttore Master Lingue, Comunicazione Interculturale e Management del Turismo, si è esaminato il volume della mappatura dei 15 comuni del progetto SAIL e delle potenzialità anche sociali oltre che culturali della Liburna. Presenti il vicesindaco di Fiumicino, Ezio Di Genesio Pagliuca, l’Ing. Massimo Guidi Dirigente dell’Area Strategia del Territorio di Fiumicino e Massimiliano Valeriani Assessore Politiche Abitative, Urbanistica della Regione Lazio.
Aprile 24, 2022 con la partecipazione di più di 300 persone si è svolta una marcia che, partendo dall’Oasi Lipu di Ostia e percorrendo il corso del Tevere attraverso il ponte della Scafa, fino all’area dell’Isola Sacra all’altezza del Porto Romano, con lo scopo di chiedere alla Regione Lazio l’istituzione, su quella grande zona alle spalle di Passo della Sentinella, di un Monumento Naturale.
Settembre 5, 2022 durante l’iniziativa “COPRIAMOLA”, presso il cantiere della Liburna, vengono presentati i nuovi impegni della Regione Lazio e del Comune di Fiumicino per la Liburna, rispettivamente dalla Consigliera Regionale Michela Califano e dal Vice Sindaco di Fiumicino Ezio Di Genesio Pagliuca.
Comitato Promozione Sociale SAI.FO Sistema Archeoambientale Fiumicino Ostia
Portavoce: Raffaele Megna –
Coordinamento: Maria Carla Mignucci
Referenti Fiumicino: Oriana di Giandomenico -Sandra Felici –
Associazioni e cooperative: 5 ottobre, 99 fontanili, Biblioteca dei Piccoli, Biblioteca Gino Pallotta, Comprensorio Pesce Luna, Darwin Il Calamo, Il Faro all’Orizzonte, L’Info-Attiva di Ostia Antica, La Barba di Giove, La Madonnella, Lega Arco, Onda Democratica, Ostia in bici, Premio Fregene, Saudela, Sportiva Attletica Villa Guglielmi, Terrre – promozione sociale, Tradizioni vecchie/nuove, Maccarese-stazione, ViviAranova, Coop. Presenza Sociale, Coop. sociale Integrata Il Faro, Coop. Sociale Mobi Di-
Comitati: Cittadini Focene, Cittadino Isola Sacra
ProLoco: Pro Loco Fiumicino, Pro Loco Fregene Maccarese
Confederazioni di categoria: CNA di Roma e Confecommercio di Fiumicino
Sindacati: CGIL Roma Centro Ovest Litoranea, CISL territoriale , UIL territoriale
il Sindaco di Fiumicino e forze politiche trasversali di Fiumicino e alcune di Ostia
Federalberghi Delegazione Fiumicino, Golden Tulip Rome Airport Isola Sacra, Pizzeria “I40”, Ristorante Pinzimonio, 4DRG snc., Fondazione Anna Maria Catalano
Il Carnevale di Venezia, se non il più grandioso, è sicuramente il più conosciuto per il fascino che esercita e il mistero che continua a possedere ancora tuttora che sono trascorsi 900 anni dal primo documento che fa riferimento a questa famosissima festa.
Una volta all’anno Venezia è immersa in un’atmosfera davvero magica. E tutto perché nel mese di febbraio il carnevale affascina con i suoi incredibili costumi indossati sia i residenti della città che dai turisti, festeggiando insieme questo evento. Il Carnevale di Venezia è sinonimo di storia e tradizione con appuntamenti imperdibili come il Volo dell’Angelo, la festa delle Marie e le rievocazioni storiche in costume, quindi su la maschera per prendere parte a quello che è uno dei Carnevali più conosciuti ed apprezzati al mondo.
Il Carnevale di Venezia
LE ORIGINI DEL CARNEVALE
Chi si trova a Venezia non può non visitare le botteghe che lavorano la cartapesta laddove continua la tradizione artigianale delle maschere le cui origini risalgono agli anni ’80 del XX secolo quando, a seguito della rinascita del Carnevale veneziano, dopo due secoli di decadenza e la stasi dettata dalla caduta della Repubblica di Venezia, ci fu un ritorno allo splendore.
IL SIGNIFICATO DELLA MASCHERA
La maschera era il simbolo della libertà e della trasgressione a tutte le regole sociali imposte dalla Repubblica Veneziana. A Venezia più che altrove era il simbolo della necessità di abbandonarsi al gioco, allo scherzo, alla trasgressione e all’ebbrezza della festa, un momento atteso da tutti, pronti ad indossare la tipica bauta e fantasiosi travestimenti per darsi appuntamento lungo le calli, nelle corti e prendere parte a un gioco di musiche e colori.
Osserviamo queste immagini e chiediamoci: come è stata creata tanta bellezza?
Il Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di VeneziaIl Carnevale di Venezia
Ugo Foscolo-Nato a Zante il 6 febbraio 1778 “Io non odio persona alcuna, ma vi son uomini ch’io ho bisogno di vedere soltanto da lontano.”
Ugo FOSCOLO
Ugo Foscolo- 10 poesie
All’amata
Meritamente, però’ch’io potei
Abbandonarti, or grido alle frementi
Onde che batton l’alpi, e i pianti miei
Sperdono sordi del Tirreno i venti.
Sperai, poiché mi han tratto uomini e Dei
In lungo esilio fra spergiure genti
Dal’bel paese ove or meni sì rei,
Me sospirando, I tuoi giorni fiorenti,
Sperai che il tempo, e i duri casi, e queste
Rupi ch’io varco anelando, e le eterne
Ov’io qual fiera. dormo atre foreste,
Sarien ristoro al mio cor sanguinente;
Ahi, vóta speme! Amor fra l’ombre inferne
Seguirammi immortale, onnipotente.
. Autoritratto
Solcata ho fronte, occhi incavati intenti;
Crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto;
Labbro tumido acceso, e tersi denti,
Capo chino, bel collo, e largo petto;
Giuste membra, vestir semplice eletto;
Ratti i passi, i pensier, gli atti, gli accenti,
Sobrio, umano, leal, prodigo, schietto;
Avverso al mondo, avversi a me gli eventi.
Talor di lingua, e spesso di man prode;
Mesto i più giorni e solo, ognor pensoso,
Pronto, iracondo, inquieto, tenace:
Di vizi ricco e di virtù, do lode
Alla ragion, ma corro ove al cor piace:
Morte sol mi darà fama e riposo.
.
In morte del fratello Giovanni
Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
di gente in gente, me vedrai seduto
su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
il fior de’ tuoi gentil anni caduto.
La Madre or sol suo dì tardo traendo
parla di me col tuo cenere muto,
ma io deluse a voi le palme tendo
e sol da lunge i miei tetti saluto.
Sento gli avversi numi, e le secrete
cure che al viver tuo furon tempesta,
e prego anch’io nel tuo porto quiete.
Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, almen le ossa rendete
allora al petto della madre mesta.
. Alla sera
Forse perché della fatal quiete
tu sei l’immago, a me si cara vieni,
o Sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zeffiri sereni,
e quando dal nevoso aere inquiete
tenebre e lunghe all’universo meni,
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme
delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre guardo la tua pace, dorme
quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.
Ugo FOSCOLO
.
. A Zacinto
Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque
cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.
Di se stesso
Perché taccia il rumor di mia catena
Di lagrime, di speme, e di amor vivo,
E di silenzio; ché pietà mi affrena,
Se con lei parlo, o di lei penso e scrivo.
Tu sol mi ascolti, o solitario rivo,
Ove ogni notte Amor seco mi mena,
Qui affido il pianto e i miei danni descrivo.
Qui tutta verso del dolor la piena.
E narro come i grandi occhi ridenti
Arsero d’immortal raggio il mio core,
Come la rosea bocca, e i rilucenti
Odorati capelli, ed il candore
Delle divine membra, e i cari accenti
M’insegnarono alfin pianger d’amore.
L’ultimo addio
T’amai, dunque, t’amai, e t’amo ancor
di un amore che non si può concepire
che da me solo. È poco prezzo,
o mio angelo, la morte per chi
ha potuto udir che tu l’ami,
e sentirsi scorrere in tutta
l’anima la voluttà del tuo bacio,
e pianger teco – io sto col piè
nella fossa; eppure tu anche
in questo frangente ritorni,
come solevi, davanti a questi occhi
che morendo si fissano in te,
in te che sacra risplendi
di tutta la tua bellezza…
Io muoio… pieno di te,
e certo del tuo pianto…
Non son chi fui
Non son chi fui; perì di noi gran parte:
questo che avvanza è sol languore e pianto.
E secco è il mirto, e son le foglie sparte
del lauro, speme al giovenil mio canto.
Perché dal dì ch’empia licenza e Marte
vestivan me del lor sanguineo manto,
cieca è la mente e guasto il core, ed arte
la fame d’oro, arte è in me fatta, e vanto.
Che se pur sorge di morir consiglio,
a mia fiera ragion chiudon le porte
furor di gloria, e carità di figlio.
Tal di me schiavo, e d’altri, e della sorte,
conosco il meglio ed al peggior mi appiglio,
e so invocare e non darmi la morte.
All’Italia
Te nudrice alle muse, ospite e Dea
le barbariche genti che ti han doma
nomavan tutte; e questo a noi pur fea
lieve la varia, antiqua, infame soma.
Ché se i tuoi vizi, e gli anni, e sorte rea
ti han morto il senno ed il valor di Roma,
in te viveva il gran dir che avvolgea
regali allori alla servil tua chioma.
Or ardi, Italia, al tuo Genio ancor queste
reliquie estreme di cotanto impero;
anzi il Toscano tuo parlar celeste
ognor più stempra nel sermon straniero,
onde, più che di tua divisa veste,
sia il vincitor di tua barbarie altero.
Pur tu copia versavi alma di canto
su le mie labbra un tempo, Aonia Diva,
quando dè miei fiorenti anni fuggiva
la stagion prima, e dietro erale intanto
questa, che meco per la via del pianto
scende di Lete ver la muta riva:
non udito or t’invoco; ohimè! Soltanto
una favilla del tuo spirto è viva.
E tu fuggisti in compagnia dell’ore,
o Dea! Tu pur mi lasci alle pensose
membranze, e del futuro al timor cieco.
Però mi accorgo, e mel ridice amore,
che mal ponno sfogar rade, operose
rime il dolor che deve albergar meco.
Ugo FOSCOLO
Biografia di UGO FOSCOLO-Poeta (Zante 1778 – Turnham Green, presso Londra, 1827). Tra i massimi esponenti della letteratura italiana del neoclassicismo e del primo romanticismo, nella sua produzione si distinguono due linee letterarie principali: una di indirizzo romantico (i sonetti In morte del fratello Giovanni, A Zacinto, Alla sera, e il carme I Sepolcri), l’altra di indirizzo neoclassico (le odi A Luigia Pallavicini caduta da cavallo e All’amica risanata, e il poema incompiuto Le Grazie). Nella corrente romantica si collocano anche le Ultime lettere di Jacopo Ortis, romanzo epistolare dal carattere autobiografico; ispirata ai romanzi di J.-J. Rousseau (La nuova Eloisa) e di W. Goethe (I dolori del giovane Werther), quest’opera si può considerare il primo romanzo italiano moderno.
Vita e opere
Il nome di battesimo era Niccolò; ma sin dal 1796 alternò le firme “Niccolò Ugo” e “Ugo”. Di madre greca (Diamantina Spàthis) e di padre veneziano (Andrea), nato in un’isola greca governata da Venezia, egli riconobbe sempre in sé le due patrie, anche quando, venuta meno la libertà di Venezia, la sua seconda patria fu quella italiana. La madre, vedova, si stabilì nel 1793 a Venezia, e qui Ugo, precoce poeta e amatore (s’innamorò giovanissimo d’Isabella Teotochi Albrizzi), fu fervido propugnatore con l’azione e la poesia delle libertà proclamate dalla Rivoluzione francese (ode A Bonaparte liberatore, 1797; dello stesso anno è la rappresentazione di Tieste, tragedia di spiriti alfieriani, veementemente antitirannici). Nel 1797, deluso dal trattato di Campoformio, passò a Milano, dove conobbe G. Parini e divenne amico di V. Monti. Intensa qui l’attività di F. sia politica (1797-99), in senso ormai meno giacobino e più italiano, sia militare (dal 1799). Combatté contro gli Austro-Russi, partecipò alla difesa di Genova assediata, dove fu ferito (1800); fu poi dal 1804 al 1806 in Francia – scontento e amareggiato – ufficiale della divisione italiana che avrebbe dovuto partecipare all’invasione dell’Inghilterra progettata da Napoleone. Ma la sua intensa attività non gli impedì una complessa vita sentimentale: s’innamorò via via, in questi e negli anni successivi, di Teresa Pikler, moglie di V. Monti, di Isabella Roncioni, Antonietta Fagnani Arese (l'”amica risanata” dell’ode famosa), l’inglese Fanny Emerytt (dalla quale ebbe una figlia: Floriana), Marzia Martinengo, Maddalena Bignami, Quirina Mocenni Magiotti (la “donna gentile”), che lo confortò e soccorse durante il suo esilio. Fervido fu, sin dalla giovinezza, il lavoro da lui svolto di critico, erudito, pubblicista politico, poeta. Risalgono infatti a questi anni il commento dottissimo, anche se segretamente inteso a satireggiare la pedanteria, alla catulliana Chioma di Berenice (1803), l’edizione delle Opere di Raimondo Montecuccoli (1807-08), la composizione e la pubblicazione, attraverso complicati rimaneggiamenti e travestimenti, delle Ultime lettere di Jacopo Ortis (1798-1802), la raccolta in volume (1803) delle odi All’amica risanata e A Luigia Pallavicini caduta da cavallo e di 12 sonetti, la pubblicazione dei Sepolcri (1807). Nominato nel 1809 professore di eloquenza a Pavia, vi pronunciò la celebre prolusione Dell’origine e dell’uffizio della letteratura, e cinque altre lezioni; ma la cattedra fu subito soppressa. F. partecipò allora, con la veemenza che gli era naturale, ad aspre polemiche letterario-politiche, di cui restano documento gli scritti satirici Ragguaglio d’un’adunanza dell’Accademia de’ Pitagorici (1810), e l’Hypercalypsis, cominciata nel 1810 e pubblicata nel 1816, come opera di Didimo Chierico (v.). Rappresentata nel 1811 una seconda tragedia, Aiace, subito proibita per le sue allusioni a potenti personaggi e allo stesso Napoleone, F. lasciò Milano e dopo varie peregrinazioni si stabilì (1812) a Firenze. Qui riprese e rifece la traduzione del Viaggio sentimentale di Yorick di L. Sterne, già cominciata in Francia, e la pubblicò (1813); lavorò, secondo un proposito balenatogli forse già nel 1803, avvalendosi anche di frammenti prima composti, alle Grazie, che tuttavia non condusse a compimento. Tornato nel 1813 a Milano, si adoperò coraggiosamente in favore del pericolante Regno Italico. Gli Austriaci vittoriosi gli furono benevoli ed entrarono in rapporto con lui, pensando di affidargli la direzione di un giornale letterario; ma al punto di dover prestare, come gli altri ufficiali, giuramento di fedeltà, vi si sottrasse con l’esilio (1813), donando così all’Italia, come disse C. Cattaneo, “una nuova istituzione”, cioè l’esilio volontario per amore di libertà. Fu in Svizzera sino all’anno seguente, in lotta con la miseria; poi passò a Londra (e visse ad alterni periodi nel centro della città e nei sobborghi), dove fu assai bene accolto e poté sulle prime, con i grandi guadagni che gli procuravano i suoi lavori letterarî, condurre vita agiata. Qui ebbe un ultimo, ma non corrisposto, amore per Carolina Russel (da lui celebrata col nome di Calliroe); ritrovò la figlia naturale Floriana (1822), insieme con la quale visse gli ultimi anni, tristi per miseria, per l’assillo dei creditori, per malattie. Il periodo londinese – sebbene F. lavorasse anche alle Grazie e alla traduzione dell’Iliade – fu contrassegnato letterariamente da una produzione storico-filologico-critica: lo scritto Della servitù d’Italia, iniziato in Italia e steso in massima parte in Svizzera, e la Lettera apologetica, nei quali, difendendo il proprio operato, F. indaga acutamente le ragioni della caduta del Regno Italico; la Narrazione della fortuna e della cessione di Parga, critica della politica inglese, non divulgata per ragioni di opportunità; le frammentarie Lettere scritte dall’Inghilterra, di cui fa parte il Saggio d’un Gazzettino del Bel Mondo, gustose osservazioni di costume e di psicologia sociale; gli studî d’alta filologia Sul digamma eolico, Storia del testo di Omero; e soprattutto i saggi critici innovatori, sulla nuova scuola drammatica romantica, su Tasso, Boccaccio, Petrarca, Dante, ecc. Il poeta si spense, assistito da pochi amici, il 10 sett. 1827 e fu seppellito nel cimitero di Chiswick, donde nel 1871 le ceneri furono trasportate nella chiesa di S. Croce a Firenze.
Strettamente intrecciate si presentano le vicende personali e l’attività letteraria di F., nell’immagine di lui più divulgata e attendibile. Attraverso un autobiografismo enfatico e compiaciuto, ancorché stilizzato e ridotto ad alcuni grandi motivi, F. incarna tempestivamente l’ideale ottocentesco del poeta, incline fatalmente all’eroismo e alla trasgressione (“bello di fama e di sventura”), e, solo in questo senso, appartiene davvero alla temperie culturale del romanticismo europeo. Le opere più note illustrano con didascalica nettezza la sua prepotente personalità e alludono continuamente ai dati essenziali e emblematici della realtà vissuta, ponendo l’una e l’altra sotto il segno di una passione intollerante, quella amorosa come quella patriottica e civile. Il romanzo epistolare Ultime lettere di Jacopo Ortis, sul quale lo scrittore, dopo avergli affidato la testimonianza di una precisa delusione storica e esistenziale, tornò ripetutamente nel corso di un ventennio, costituisce, con la sua vena diffusamente autobiografica, il banco di prova decisivo del personaggio Foscolo. Quando si rende conto che “altamente oprar non è concesso”, Ortis reagisce con il suicidio all’impossibilità di realizzare i suoi sogni d’amore e di libertà, fornendo un esemplare sbocco tragico all’intransigenza foscoliana e offrendola a un vero e proprio culto risorgimentale. Il personaggio non è più disperato o meno ragionevole del poeta che, messo alle strette, si risolve piuttosto all’esilio e ripiega naturalmente sulla creazione letteraria (“fama tentino almen libere carte”); ma l’identificazione tra lui e l’autore è appunto imperfetta, rinunciando F. alla diretta proiezione romanzesca del proprio Io, quale gli potrebbe consentire una vera autobiografia, pur di non rinunciare alle risorse della letteratura, al potere consolatorio della bellezza e alla tutela artistica, se non al controllo intellettuale sul proprio stesso incoercibile temperamento. Anziché ricorrere al canonico confronto con I dolori del giovane Werther di J. W. Goethe – che, prima ancora della traccia narrativa, aveva fornito al romanzo foscoliano la prova della duttilità di uno strumento espressivo capace di conciliare introspezione lirica e racconto – è dunque preferibile cercare nei dodici sonetti e nelle due celebri odi, unici superstiti della più vasta produzione rifiutata dall’autore, la conferma di come F. volesse rappresentare non sé stesso, ma la figura del poeta, già nelle Ultime lettere: un irriducibile campione dell’individualismo che nulla o ben poco concedesse alle concrete determinazioni individuali. Mentre persegue un idoleggiamento neoclassicistico della bellezza, sulla base di un’esperienza diretta dei capolavori della grecità, e trasforma questa illusione in un valore etico e gnoseologico, il poeta indulge volentieri ai forti chiaroscuri (“quello spirto guerrier ch’entro mi rugge”) di un autoritratto di ascendenza alfieriana; e arriva a paragonarsi agli eroi del mito o a confessare un proprio privatissimo strazio (“Un dì s’io non andrò sempre fuggendo”, che riecheggia un celebre componimento catulliano), sempre in funzione del mito personale che vuole stabilire e del tipo universale corrispondente. Analogamente, la fedeltà alla più recente tradizione italiana, tra Parini, Cesarotti e Monti, che gli farà dichiarare “sdegno il verso che suona e che non crea” e lo persuaderà a misurarsi nell’esercizio cruciale della traduzione omerica, non esclude la ricerca di più remote e prestigiose autorizzazioni per una poesia lungamente tentata da un sogno archeologico di emulazione con gli antichi e incontentabile nel suo sforzo di perfezione. Con il carme Dei sepolcri, indicativo di una vocazione all’eloquenza complementare e forse più spontanea rispetto alla insistita ricerca dell’eleganza neoclassica, la poesia si propone esplicitamente come supremo valore di un’umanità disillusa dalla vanità del tutto (“involve Tutte cose l’Oblio nella sua notte”) e generosamente protesa alla pietosa perpetuazione (“finché il Sole Risplenderà su le sciagure umane”) della “corrispondenza di amorosi sensi” e di quant’altro può sottrarsi al fato luttuoso cui soggiace, “tranne la memoria, tutto”, secondo una coerente concezione materialistica. Senza tradursi in un improbabile atteggiamento estetistico, l’esaltazione dell’ideale poetico dovrebbe scongiurare d’altro canto il rischio che una ricerca letteraria molto più complessa si riduca a un protagonismo quasi romanzesco. Di tale complessità e problematicità, costituisce una proverbiale dimostrazione lo stato frammentario nel quale F. ha lasciato Le Grazie, da molti ritenute il suo capolavoro. I tre inni dell’incompiuto poema, intitolati rispettivamente a Venere, a Vesta e a Pallade, celebrano la missione civilizzatrice delle arti, unitariamente considerate, proponendosi come un’audace continuazione moderna della tradizione classica, arricchita di un nuovo mito e rivissuta come una dimensione dello spirito. Il significato allegorico che dovrebbe sostenere concettualmente il vagheggiamento della bellezza antica, e rappresentarne il potere conoscitivo, non riesce però a imporsi su di esso e a contenerne la tendenza alla dispersione, confermando F. poeta di “rade, operose Rime”. Antesignano della leopardiana poesia sermoneggiante, F. sembra quasi sottrarsi ad essa, preferendo l’evidenza delle sue figure mitologiche, e al limite il silenzio poetico, al discorso più articolato e eloquente inaugurato dai Sepolcri. Basta del resto considerare l’esiguità della produzione poetica in un’opera vastissima e comprensiva di tragedie estremisticamente alfieriane, mirabili traduzioni, prose narrative romanticamente ispirate o divertenti, saggi letterarî acutissimi e accesi scritti politici (come risulta dai ventitré volumi dell’edizione nazionale, avviata nel 1933 e ora quasi conclusa, uno solo dei quali contiene Poesie e carmi), per correggere ogni interpretazione unilaterale. Una singolare tensione tra la lucida consapevolezza critica e lo slancio passionale, ribadita perfino dalla materiale scissione tra lo scrittore e il fondatore dei nostri moderni studî letterarî, conferisce a F. la sua inconfondibile fisionomia; fisionomia che qualcuno ha visto emblematicamente rappresentata nell’alternanza tra un’ispirazione ortisiana e un’ispirazione didimea, riferendosi, con quest’ultima espressione, alla produzione polemica e satirica (che lo stesso F. scherzosamente attribuiva al suo nuovo alter ego, il Didimo Chierico della Notizia che accompagnava la sua traduzione del Viaggio sentimentale di L. Sterne), e più in genere all’animosità estrosa e ironica che serpeggia perfino nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis.
Castelnuovo di Farfa -Foto squadra di calcio anno 1959 Campo Sportivo di Farfa-
Castelnuovo di Farfa –Foto squadra di calcio anno 1959di proprietà della Signora Annarita Ercoli Imperatori–Campo Sportivo di Farfa, ora parcheggio, anno 1959-
In piedi da sn. Tommaso Schifani-Dino Alfei-un ragazzo slavo ospite del Campo Profughi FARFA– Vincenzo Verticchio- Carlo Fabbri-
Accovacciati da sn-Mario Imperatori- Edmondo Giorgi-Gianni Proietti-Enzo Mauri-Luigino Frondaroli.
Castelnuovo di Farfa risulta frequentato già a partire dal Neolitico. In epoca protostorica il sito più importante è sicuramente la Grotta Scura, al termine di Via Cornazzano, a poca distanza dal fiume Farfa. I primi ritrovamenti risalgono agli anni 1987-88, quando il Gruppo Speleologico “F. Orofino” rinvenne alcuni frammenti ceramici protostorici, risalenti all’età del Bronzo medio (XV-XIV secolo a.C.). La grotta è costituita da un’ampia sala in roccia calcarea, a cui si accede attraverso una stretta apertura, dove venne recuperato il materiale. Secondo la descrizione del Guidi “dalla sala un lungo corridoio porta ad una serie di piccoli ambienti dove sono stati individuati resti di focolari, ossa animali e vasi integri, gli unici materiali in giacitura sicuramente primaria”[4]. Alcuni frammenti con decorazione “appenninica” hanno permesso una datazione per tutta la durata della media età del Bronzo (XV-XIV secolo a.C.). La grotta presenta un ramo, lungo più di 200 metri, periodicamente occupato dalle acque, dove sono stati rinvenuti insieme oggetti ceramici sia di epoca protostorica che di epoca romana (lucerne in terracotta e monete). La presenza di vasi integri in ambienti difficilmente accessibili della grotta dimostra che una parte della cavità fosse riservata alla deposizione di offerte. Inoltre le tracce di focolari, riferibili a cerimonie rituali, sembrano attestare un utilizzo della grotta sia a fini abitativi che cultuali. La grotta è costituita da un ramo attivo e da due rami fossili, posti a livelli diversi e raggiungibili tramite cunicoli. La presenza di acque sorgive deve aver comportato la destinazione cultuale della grotta. Questo luogo di culto in grotta, tra i più antichi di tutta la Sabina, è stato identificato recentemente nel “santuario di Marte”[5], riportato da Dionigi di Alicarnasso presso Suna (oggi Toffia), antica città degli Aborigeni (mitologia)[6].
Medioevo
Nel VI secolo è riferito in zona l’arrivo di San Lorenzo di Siria, fondatore dell’Abbazia di Farfa, il quale avrebbe svolto opera di evangelizzazione cristiana anche nei territori limitrofi. Una chiesa dedicata a San Donato è riportata già in un documento dell’877, per cui si può tranquillamente fissare la nascita del primitivo insediamento rurale all’Alto Medioevo. In questo documento la chiesa viene ceduta dal vescovo di Arezzo, Giovanni, al monastero di Farfa, in cambio di altri beni, tra cui San Donato ed annesse “terre, case, chiese, selve, molini” ecc…, una elencazione che spiega il livello di organizzazione che si era formato attorno alla prima chiesa[7]. Questa chiesa divenne anche il centro catalizzatore del territorio, elemento di aggregazione sociale, antesignano del castrum. Il primo insediamento fortificato e protetto da mura, il Castellum Sancti Donati, è citato in un documento del 1046, che ne attesta la cessione al vicino monastero di Farfa, e risulta decaduto già nel 1104.
Il Castrum Novum risale al Duecento. A partire dal 1288 nacque una disputa a riguardo di chi appartenesse il colle in cui sorgeva questo castrum medievale: secondo i castellani apparteneva alla comunità, secondo i monaci all’Abbazia di Farfa. La lunga contesa fu lontana dall’essere risolta. Nel 1477 i cippi confinari, rimossi dagli abitanti, vennero riportati al loro posto dall’abate commendatario[8]. Il castello medievale è difeso da una cinta muraria con ben nove torri, presidiate nel Rinascimento da “guardie civiche” e comandate da un “capitano”. Nel 1592 una delibera del Consiglio ordinò l’acquisto di 50 “archibusci” (fucili) e 4 “archibuscioni” (cannoncini). Lungo le mura si aprono due porte, Porta Castello e Porta Cisterna. Il borgo è caratterizzato da strette vie lastricate e da edifici civili, tra cui quelli appartenuti, ad esempio, alle famiglie Cherubini e Simonetti. Nel nucleo del paese sorge la chiesa di San Nicola di Bari ed una bella fontana seicentesca “a parete”, con arco centrale.
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