MILANO (ITALPRESS) – Descrizione del libro di Roberto Fiorentini –“I dimenticati”- Nel Maggio 1940. Ai circa 25 mila italiani residenti in Libia, tra Tripoli, Bengasi e la Cirenaica, è notificata una circolare delle autorità locali. Invita le famiglie, con figli dai 5 ai 10 anni, a inviarli in Italia dove sarebbero stati accolti, per tutto il periodo estivo, nelle colonie marine costruite del Regime Fascista. Il 3 giugno 3000 bambini, partono così dal porto di Tripoli, a bordo della nave ‘Augustus’ Il giorno successivo per il porto di Napoli. Trasferiti nelle colonie del regime chi sul mar Adriatico, chi sulla riviera ligure di Ponente, chi in zone montane. Non torneranno mai più nelle loro famiglie.
Racconta tutta questa incredibile odissea il nuovo libro del giornalista Roberto Fiorentini dal titolo ‘I dimenticatì (Ronca Editore). Lo fa con la voce di una delle sopravvissute: Silvia Napoletano, ora 92enne e che vive nel piacentino. Una storia oscura e drammatica del regime fascista quasi mai raccontata e rimasta solo nella memoria personale dei pochi sopravvissuti.
La narrazione parte proprio dalle terre libiche e da quel terribile viaggio in nave dove 3000 bambini erano stati ammassati ‘come pecorè (così racconta Silvia) per raggiungere il porto di Napoli, sempre controllati dalle ‘educatricì e dalle ‘camice nerè. La voce della protagonista narra la sua odissea. Prima nelle colonie estive della Romagna; poi in quelle in collina sull’appennino tosco romagnolo. Vita da caserma per quei bimbi e quelle bimbe.
“Alla caduta del regime la vita diventa un vero inferno”, racconta Silvia. Cibo finito. Vestiti spariti. Scarpe inesistenti. Notti da brividi e da paura in mezzo alle sparatorie tra i partigiani, uomini allo sbando del fascismo e truppe tedesche in ritirata. A pranzo e a cena solo l’erba che, di giorno, quelle bambine raccoglievano nei campi a combattimenti sospesi.
Fiorentini traccia anche una vera mappa di questi luoghi soprattutto nell’Italia del Nord che dovevano essere di villeggiatura ma che, con il passare del tempo, si sono trasformati in grandi carceri da cui non potere più uscire. Ricostruisce l’indottrinamento a cui erano sottoposti. Lettere, canzoni, disegni : tutto era utile per far celebrare ai bimbi le ‘progressive sortì del regime.
Un viaggio nell’orrore troppo velocemente dimenticato dalla memoria collettiva del Paese. “Ho voluto dar voce a questi bambini – dice Fiorentini – perchè i bimbi, ieri come oggi, sono le principali vittime di ogni conflitto bellico. I più indifesi. I più deboli. E per questo i più ‘Dimenticatì”.
– Foto: Fiorentini –
(ITALPRESS).
Bertolt Brecht IL PEGGIOR ANALFABETA È L’ANALFABETA POLITICO
Bertolt Brecht:”La nostra civiltà è intrisa di un profondo analfabetismo, eppure tutti sanno leggere e scrivere. Bertolt Brecht, grande poeta e drammaturgo della prima metà del ’900, traccia il profilo del nuovo analfabeta, per l’appunto l’analfabeta politico, il peggiore della categoria”.
L’ANALFABETA POLITICO (BRECHT) “Il peggiore analfabeta è l’analfabeta politico. Egli non sente, non parla, nè s’importa degli avvenimenti politici. Egli non sa che il costo della vita, il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina, dell’affitto, delle scarpe e delle medicine dipendono dalle decisioni politiche. L’analfabeta politico è così somaro che si vanta e si gonfia il petto dicendo che odia la politica. Non sa l’imbecille che dalla sua ignoranza politica nasce la prostituta, il bambino abbandonato, l’assaltante, il peggiore di tutti i banditi, che è il politico imbroglione, il mafioso corrotto, il lacchè delle imprese nazionali e multinazionali.” (Bertolt Brecht)
Bertolt Brecht
-Bertolt Brecht IL PEGGIOR ANALFABETA È L’ANALFABETA POLITICO – La nostra civiltà è intrisa di un profondo analfabetismo, eppure tutti sanno leggere e scrivere. Bertolt Brecht, grande poeta e drammaturgo della prima metà del ’900, traccia il profilo del nuovo analfabeta, per l’appunto l’analfabeta politico, il peggiore della categoria. Oltre la porta di casa tutto ciò che c’è è affare che non riguarda se stessi. Eppure questa ignoranza produce effetti drammaticamente deleteri perché fa regredire l’uomo da cittadino a suddito il quale non fa altro che apprendere apaticamente e subire le decisioni dall’alto. Brecht ci riporta anche degli atteggiamenti esteriori del nostro analfabeta. “Si vanta e si gonfia il petto dicendo che odia la politica”. La frase è tipica e, ahimè, troppo diffusa nella nostra società. La politica è affare di tutti e non si manifesta solo in senso stretto prendendo parte a questo o quel partito politico. Essere politicizzati significa comprendere di far parte di una società complessa, di una realtà che non può e non deve rimanerci indifferente. “Zoon politikon” diceva Aristotele, l’uomo è un “animale politico” e questa caratteristica è insita nella natura dell’essere umano. Rimanere indifferenti dinanzi alla società in cui si vive, riempendosi la bocca di espressioni come: “la politica è sporca”, “lo stato è corrotto”, “è già tutto deciso”, ci preclude di essere parte attiva, di avere un ruolo. Chi non pone rimedio alla propria ignoranza politica non sa scindere il bene dal male di una comunità. Brecht in maniera probabilmente anche molto forte fa una carrellata di esempi lampanti delle conseguenze del considerare la politica altro da sè, fuori dalla propria sfera di interessi. “Il bambino abbandonato, la prostituta, l’assaltante, il mafioso corrotto” sono solo alcuni esiti. Certamente la politica oggi non ci invita ad un suntuoso banchetto, ma nello stesso tempo non possiamo non partecipare alla mensa perchè i piatti non sono di nostro gradimento.
Bertolt Brecht
Bertolt Brecht -Scrittore e uomo di teatro tedesco (Augusta 1898 – Berlino 1956). Nato da genitori di agiata borghesia, frequentò gli ambienti dell’avanguardia artistica monacense e berlinese abbandonando, senza concluderli, gli studi di medicina e volgendosi all’attività letteraria. Sullo scorcio degli anni Venti venne maturando il decisivo incontro, sia teorico sia politico, con il marxismo. Andato in esilio nel 1933, fu successivamente in Svizzera, Danimarca, Svezia, Finlandia e Stati Uniti, da dove nel 1948 rientrò in Europa, stabilendosi a Berlino Est. Qui, insieme alla moglie Helene Weigel, fondò nel 1949 il Berliner Ensemble, cui dedicò quasi per intero gli ultimi anni. Formatosi nel clima dell’espressionismo patetico e umanitario nonché dei giochi paradossali e provocanti del dadaismo, seppe trovarvi uno spazio poetico autonomo sin dai primi esperimenti originali (i drammi Baal, 1918; Trommeln in der Nacht, 1918-20; Leben Eduards des Zweiten von England, 1924; alcune liriche riunite più tardi nella Hauspostille, 1927), in cui circola una considerazione del mondo e delle cose che è disincantata e nello stesso tempo piena di umana curiosità, una ironia corrosiva che si diverte a demolire i valori più tradizionali della borghesia guglielmina, una ricerca delle ragioni materiali che sollecitano azioni e comportamenti degli individui. Sbocco naturale di tale posizione critica è una prospettiva sociologica, che se da un lato mette a fuoco il tema della massificazione nella società moderna (Im Dickicht der Städte, 1921-24; Mann ist Mann, 1924-26), dall’altro illustra la tesi proudhoniana della proprietà come furto e il processo capitalistico di feticizzazione del denaro (Die Dreigroschenoper, 1928, e Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny, 1927-29, nate dal felice incontro con l’estro musicale di Kurt Weill). Della prima egli darà una replica in prosa con il Dreigroschenroman, 1934). Prende anche corpo, in questo periodo, la teoria del teatro epico che Brecht contrappone allo psicologismo tradizionale: con spezzature di vario genere del crescendo drammatico, ne imbriglia gli effetti emotivi e crea un solido margine alla presenza attiva e cosciente delle facoltà razionali dello spettatore. Lo studio del marxismo, e la congiunta espansione dei suoi interessi ideologici, sono documentati dai cosiddetti “drammi didattici” (Das Badener Lehrstück vom Einverständnis, 1929; Der Jasager e Der Neinsager, 1929-30; Die Massnahme, 1930; Die Ausnahme und die Regel, 1930; Die Horatier und die Kuriatier, 1933-34, con la significativa appendice del Verhör des Lukullus, 1939). Ma attraverso l’asciuttezza della Heilige Johanna der Schlachthöfe (1929-31) e della Mutter (1930-32), e mentre le vicende politiche europee dall’avvento del nazismo allo scoppio della guerra gli ispirano opere di appassionata denuncia (Die Rundköpfe und die Spitzköpfe, 1932-34; Die Gewehre der Frau Carrar, 1937; Furcht und Elend des Dritten Reiches, 1935-38; Der aufhaltsame Aufstieg des Arturo Ui, 1941; Die Gesichte der Simone Machard 1941-43; Schweyk im zweiten Weltkrieg, 1942-43), egli matura quella sintesi di ragioni ideologiche e pienezza espressiva che si riflette non solo nelle conclusive formulazioni teoriche del Kleines Organon fu̇r das Theater (1948), ma anche nella drammatica limpidezza della tarda lirica, nella precisa dialettica dei Flüchtlingsgespräche (1940), e soprattutto nella produzione teatrale degli anni 1937-44 (Leben des Galilei, 1a stesura 1937-39; Mutter Courage und ihre Kinder, 1939; Der gute Mensch von Sezuan, 1938-41; Herr Puntila und sein Knecht Matti, 1940; Der kaukasische Kreidekreis, 1943-44): testi non slegati mai dalle vive occasioni storiche e dalle suggestioni del presente, ma pur capaci di proiettarle (meglio di quanto accada nell’incolore Die Tage der Commune, 1948-49) in una più lunga durata poetica e umana.
Fonte-Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani
SINOSSI- Il libro Tullia Romagnoli Carettoni nell’Italia repubblicana-è stata partigiana, insegnante, funzionaria dell’Udi, dirigente socialista, senatrice dapprima con il Psi poi con la Sinistra indipendente, figura di spicco in vari organismi nazionali e internazionali. La sua biografia permette di ripercorrere i primi tre decenni della storia repubblicana: la transizione postfascista, il miracolo economico, le riforme mancate e quelle varate dal centro-sinistra, le battaglie per i diritti civili degli anni Settanta; ma anche la Guerra fredda, il processo di decolonizzazione, il movimento internazionale delle donne. A partire dal suo archivio personale, il volume restituisce il profilo di una “socialista autonoma” che, in Italia e nel mondo, si è battuta per intrecciare universalismo e differenze.
In copertina: Tullia Carettoni, da poco eletta senatrice del Psi (1963 ca). AUFN, TRC/I, busta 38, fasc. 1.
Tullia Romagnoli Carettoni
INDICE
Introduzione
1. Storia politica, questioni di genere, biografia
2. Costruire un archivio, costruire una memoria: il fondo Tullia Romagnoli Carettoni
3. Attraverso le sue carte: una lunga transizione postfascista
1. Tra le giovani donne della nuova Repubblica
1. Da Tullia Romagnoli a Tullia Carettoni
2. Partigiana combattente
3. «Tornata a valle», la Resistenza continua
4. Con Rodolfo Siviero: il recupero delle opere d’arte trafugate
5. Scuola e famiglia: l’impegno nell’Udi
6. «Candidata della pace» alle elezioni del 1948
7. Il “pellegrinaggio politico” in Urss e in Cina
8. Gli anni Cinquanta: tra modernità e tradizione
2. Nella stanza dei bottoni
1. Napoli, 1959. Nella Direzione del Psi
2. Dalla Scuola al Movimento femminile socialista
3. La “questione femminile” negli anni del centro-sinistra
4. Nel salotto delle Tribune politiche
5. 1963: l’ingresso a Palazzo Madama
6. Verso la stagione dei diritti civili
7. La Commissione Franceschini per i beni culturali
3. “Socialista autonoma” nella Sinistra indipendente
1. Conflittualità sociale e immobilismo parlamentare: l’uscita dal Psi
2. Una scuola per l’infanzia
3. Con Parri, per l’unità delle sinistre
4. Dagli Affari esteri alla Vicepresidenza del Senato
4. Nel mondo. I diritti umani
1. Contro la “guerra americana”: l’Issoco e il Comitato Italia-Vietnam
2. La tutela internazionale dei diritti umani: America Latina, Africa e Medioriente
3. L’Italia, la Cee e i paesi fascisti europei
4. Sulla linea della distensione
5. 1975: Anno internazionale della donna
5. In Italia. I diritti civili
1. In difesa del divorzio
2. La “lex Tullia” antireferendum
3. La riforma di famiglia e la “legge per le divorziate”
4. Aborto: problemi e leggi
5. Per il controllo delle nascite
6. Una legge «ipocrita ma necessaria»: la 194/1978
6. Per l’abrogazione della causa d’onore
1. 25 aprile 1976: il contributo della Resistenza alla libertà femminile
2. La protezione sotto attacco
3. La tutela dell’uguaglianza nel ddl 4/1976
4. Lo smantellamento della proposta
5. Il dibattito su delitto d’onore e matrimonio riparatore
6. L’infanticidio per causa d’onore
7. «Un gioco perfido di contro luci»
8. La legge 442/1981
Epilogo
1. Al Parlamento europeo (1979-1984)
2. La Presidenza dell’Istituto italo-africano (1980-1996)
3. All’Unesco (1984-2005)
4. Attraverso i confini
Indice dei nomi
AUTORE–Paola Stelliferi ha insegnato Storia delle donne e di genere all’Università degli Studi di Padova ed è stata assegnista di ricerca all’Università degli Studi Roma Tre. Fa parte della Società italiana delle storiche, per la quale è stata membro del consiglio direttivo nazionale. È autrice di Il femminismo a Roma negli anni Settanta. Percorsi, esperienze e memorie dei collettivi di quartiere (Bup, 2015), di saggi di ricerca sulla storia dell’aborto nell’Italia repubblicana e sulla storia e la memoria dei femminismi.
EDITORE
Viella Libreria Editrice
Via delle Alpi 32 – 00198 Roma Tel. 06.8417758 – Fax 06.85353960
Domenica 1° dicembre ingresso gratuito nei musei civici e nei siti archeologici-
Roma Capitale – Domenica 1° dicembre 2024- Ingresso gratuito nei Musei di Roma e nei Siti Archeologici -Sarà possibile visitare gratuitamente gli spazi del Sistema Musei di Roma Capitale e alcune aree archeologiche della città. Come per ogni prima domenica del mese saranno aperti a ingresso libero il Parco Archeologico del Celio (ore 7-17.30), con il Museo della Forma Urbis, 10:00 – 16:00 con ultimo ingresso alle ore 15:00 (Ingressi Viale del Parco del Celio 20/22 – Clivo di Scauro 4); l’Area Sacra di Largo Argentina (via di San Nicola De’ Cesarini di fronte al civico 10, 9:30 – 16:00, ultimo ingresso ore 15), l’area archeologica del Circo Massimo (ore 9:30 – 16:00, ultimo ingresso ore 15), Villa di Massenzio (via Appia Antica 153, dalle 10 alle 16, ultimo ingresso un’ora prima della chiusura), e i Fori Imperiali (ingresso dalla Colonna Traiana ore 9:00 – 16:30, ultimo ingresso un’ora prima della chiusura).
Roma Capitale- Piazza del Campidoglio
Questi i musei civici aperti: Musei Capitolini; Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali; Museo dell’Ara Pacis; Centrale Montemartini; Museo di Roma; Museo di Roma in Trastevere; Galleria d’Arte Moderna; Musei di Villa Torlonia (Casina delle Civette, Casino Nobile, Serra Moresca e Casino dei Principi); Museo Civico di Zoologia.
L’iniziativa è promossa da Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Ingresso libero compatibilmente con la capienza dei siti. Prenotazione obbligatoria solo per i gruppi al contact center di Roma Capitale 060608 (ore 9-19).
A ingresso gratuito sia le collezioni permanenti che le esposizioni temporanee, a partire dai Musei Capitolini (piazza del Campidoglio 1) dove si potrà ammirare, nelle sale terrene del Palazzo dei Conservatori, Tiziano, Lotto, Crivelli e Guercino. Capolavori della Pinacoteca di Ancona, una selezione di grandi opere provenienti dalla Pinacoteca Civica ‘Francesco Podesti’ di Ancona. Sei prestigiose tele – delle quali 5 pale d’altare di grandi dimensioni e una piccola ma lussuosa tempera su tavola –protagoniste di un percorso espositivo che racconta l’importanza della collezione della Pinacoteca Podesti e, in filigrana, la ricchezza della città dorica committente dei maggiori artisti italiani fra Cinquecento e Seicento. Si possono ammirare la Circoncisione dalla chiesa di San Francesco ad Alto, opera di Olivuccio Ciccarello, interprete principale del rinnovamento della pittura anconetana che fiorì fra Trecento e Quattrocento; la preziosa Madonna con Bambino di Carlo Crivelli, icona della collezione dorica e somma realizzazione del pittore veneto che visse e operò nelle Marche; la Pala dell’Alabarda di Lorenzo Lotto, per la chiesa di Sant’Agostino, in cui si esplicita l’emozionante talento del pittore veneziano, esule a più riprese nella regione. Ancora di Tiziano è esposta la monumentale Crocifissione realizzata per la chiesa di San Domenico in cui l’artista esplora la tragedia e la sofferenza umana. Chiude la rassegna l’imponente Immacolata di Guercino, in cui la delicata figura della Vergine si staglia su un paesaggio marino il cui modello potrebbe essere la baia di Ancona. Nella Sala degli Arazzi del Palazzo dei Conservatori, Agrippa Iulius Caesar, l’erede ripudiato. Un nuovo ritratto di Agrippa Postumo, figlio adottivo di Augusto, tre ritratti di Agrippa Postumo, uno appartenente alle collezioni dei Musei Capitolini, un altro proveniente dagli Uffizi e il terzo della Fondazione Sorgente Group, in cui, solo di recente, si è riconosciuto lo sfortunato erede di Augusto.
Nelle sale di Palazzo Clementino l’ingresso gratuito comprende la visita a I Colori dell’Antico. Marmi Santarelli ai Musei Capitolini, un’ampia panoramica sull’uso dei marmi colorati, dalle origini fino al XX secolo, attraverso una raffinata selezione di pezzi provenienti dalla Fondazione Santarelli.
La prima domenica del mese può essere infine l’occasione per ammirare, nel giardino di Villa Caffarelli, l’imponente ricostruzione in dimensioni reali del Colosso di Costantino, una statua alta circa 13 metri realizzata attraverso tecniche innovative, partendo dai pezzi originali del IV secolo d.C. conservati nei Musei Capitolini. (www.museicapitolini.org).
Al Museo di Roma in Trastevere (piazza S. Egidio 1/b) l’esposizione Roma ChilometroZero, un lavoro fotografico di ricerca in cui 15 fotografi romani documentano la complessità, i cambiamenti e le particolarità della città, realizzando dei “racconti visivi” secondo singoli e specifici progetti. Nelle sale al primo piano Testimoni di una guerra – Memoria grafica della Rivoluzione Messicana, 40 fotografie provenienti dal prestigioso Archivio Casasola, che percorrono le tappe fondamentali della Rivoluzione Messicana, periodo in cui sono sorte figure che hanno segnato la storia messicana come Francisco I. Madero, Emiliano Zapata, Pancho Villa e Venustiano Carranza. La mostra, organizzata in collaborazione con l’Ambasciata del Messico in Italia, rientra nelle commemorazioni per i 150 anni delle relazioni diplomatiche tra Messico e Italia. Infine, sempre nelle sale al primo piano, prosegue Dino Ignani. 80’s Dark Rome, il ritratto della Roma ombrosa e scintillante, sotterranea e plateale, degli anni Ottanta del secolo scorso. Il nucleo centrale del progetto espositivo è costituito dal ciclo di ritratti, denominato Dark Portraits, che Ignani ha dedicato ai giovani che animavano la vita notturna dell’epoca e, in particolare, i luoghi e gli eventi legati alla scena dark. (www.museodiromaintrastevere.it).
Al Museo di Roma (Piazza San Pantaleo, 10 e Piazza Navona, 2) l’ingresso gratuito darà la possibilità di visitare LAUDATO SIE! Natura e scienza. L’eredità culturale di frate Francesco, esposizione che, nell’ottavo centenario della composizione, che si celebra nel 2025, prendendo le mosse dal più antico manoscritto del Cantico di frate Sole o Cantico delle creature – tra i primi testi poetici in volgare italiano giunti a noi –propone un itinerario, costantemente accompagnato da una narrazione multimediale, attraverso 93 opere rare del Fondo antico della Biblioteca comunale di Assisi conservate presso il Sacro Convento.
Nelle sale del terzo piano L’incanto della Bellezza.Dipinti ritrovati di Sebastiano Ricci dalla Collezione Enel, esposizione inedita di due tele, raffiguranti Il trionfo di Venere e Bacco e Arianna, probabilmente eseguite dal Ricci nei primi anni del Settecento, durante il suo soggiorno fiorentino. Da poco riscoperti, i due dipinti sono stati sottoposti a un restauro che ha evidenziato le straordinarie doti di colorista del pittore veneto.(www.museodiroma.it)
Negli spazi della Galleria d’Arte Moderna (via Francesco Crispi 24), la mostra Estetica della deformazione. Protagonisti dell’Espressionismo Italiano, una selezione delle opere della collezione Iannaccone di Milano relative alla linea espressionista dell’arte italiana tra gli anni Trenta e Cinquanta – dalla Scuola Romana al gruppo Corrente. All’ingresso del museo, i visitatori saranno inoltre accolti da À jour. Laura VdB Facchini, un progetto site-specific in dialogo con il complesso monumentale tardo-cinquecentesco che oggi ospita il museo, ispirato dal ricamo à jour, come omaggio alle monache che per secoli hanno abitato questo spazio e che in una parte del complesso monumentale ancora sono presenti. Nelle sale al secondo piano prosegue il successo della mostra “La poesia ti guarda”. Omaggio al Gruppo 70 (1963-2023), una selezione di opere di uno dei sodalizi artistici più interessanti sorti nel contesto delle neoavanguardie e delle ricerche verbovisuali italiane, in occasione della ricorrenza dei sessant’anni dalla nascita del Gruppo 70. Sarà inoltre ancora possibile ammirareL’allieva di danza di Venanzo Crocetti. Il ritorno, una delle prime sculture di grande formato dedicate al tema della danza di Crocetti, tornata in tutta la sua magnificenza dopo circa due anni di un accurato e specialistico restauro da parte dei tecnici dell’ICR. (www.galleriaartemodernaroma.it).
Ai Musei di Villa Torlonia (via Nomentana 70) nelle sale della Casina delle Civette è possibile ammirare l’esposizione Niki Berlinguer. La signora degli arazzi, una panoramica completa della produzione di arazzi realizzati dall’eminente tessitrice e artista, pioniera nel tradurre la pittura in narrazioni tessili, unendo l’antica tecnica del piccolo punto con influenze contemporanee. Per la prima volta la Casina delle Civette accoglie al suo interno una mostra di arazzi del XX secolo che dialogano con il liberty architettonico delle vetrate e degli ambienti di questo gioiello romano. (www.museivillatorlonia.it).
Aperti regolarmente al pubblico anche i musei abitualmente ad ingresso libero, ovvero: Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco; Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese; Museo Pietro Canonica a Villa Borghese; Museo Napoleonico; Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina; Museo di Casal de’ Pazzi; Museo delle Mura; Villa di Massenzio.
Al Museo Carlo Bilotti, Aranciera di Villa Borghese (via Fiorello La Guardia 6 – viale dell’Aranciera 4) la mostra Sandro Visca – Fracturae, un’occasione unica per esplorare la produzione dell’artista abruzzese con particolare attenzione al suo continuo dialogo tra la materia e la sua messa in forma. Le opere esposte si inseriscono nella ricerca che Visca porta avanti da decenni. Attraverso le serie dei Teatrini e delle Silhouette, l’artista, indagando la potenza espressiva della materia, esplora il rapporto tra il frammento e l’oggetto. La sua poetica si manifesta nella volontà di preservare la vita che emana dai più disparati elementi di materia, i cui frammenti sono elevati a simbolo di una condizione umana precaria e sfuggente. (www.museocarlobilotti.it )
Al Museo Napoleonico (Piazza di Ponte Umberto I 1) si potrà ammirare Carolina e Ferdinando. E non sempre seguendo il dopo al prima, sculture, incisioni, installazioni multimediali di Gianluca Esposito che esplorano artisticamente le relazioni fra Maria Carolina d’Asburgo Lorena, il marito Ferdinando IV di Borbone e il Regno di Napoli. Nello stesso museo Giuseppe Primoli e il fascino dell’Oriente, una mostra tematica sull’interesse del conte Giuseppe Primoli per l’arte del Giappone e, più in generale del continente asiatico. Documenti, fotografie, libri, oggetti e manufatti di gusto, tema o manifattura orientale provenienti dalla Fondazione Primoli e dalla collezione del museo, tra i quali riveste un ruolo di primo piano il ventaglio con scene giapponesi dipinto da Giuseppe de Nittis a Parigi intorno al 1880 per la principessa Mathilde Bonaparte. Fiore all’occhiello della mostra, l’esposizione di quattordici kakemono, rotoli dipinti in carta o stoffa della tradizione giapponese. (www.museonapoleonico.it )
Fanno eccezione alla gratuità (ingresso a tariffazione ordinaria, con tariffa ridotta per i possessori della MIC Card): Roma pittrice. Le artiste a Roma tra il XVI e XIX secolo al Museo di Roma (Piazza San Pantaleo, 10 e Piazza Navona, 2), che si focalizza sulle artiste donne che lavorarono a Roma a partire dal XVI secolo, con un percorso che giunge fino al 1800 e alle nuove modalità di progressivo accesso alla formazione che lentamente si impongono in accordo con il panorama europeo. Al centro della mostra le tante artiste donne che dal XVI al XIX secolo hanno fatto di Roma il loro luogo di studio e di lavoro con una produzione ricca, variegata e di assoluto rilievo artistico, spesso relegate in una sorta di silenzio storiografico. Protagoniste le artiste presenti nelle collezioni capitoline, come Caterina Ginnasi, Maria Felice Tibaldi Subleyras, Angelika Kaufmann, Laura Piranesi, Marianna Candidi Dionigi, Louise Seidler ed Emma Gaggiotti Richards, oltre a una selezione significativa di altre importanti artiste attive in città come Lavinia Fontana, Artemisia Gentileschi, Maddalena Corvina, Giovanna Garzoni, e di molte altre il cui corpus si sta ricostruendo in questi ultimi decenni di ricerca. (www.museodiroma.it) Rifugio antiaereo e bunker di Villa Torlonia, (Casino Nobile, Via Nomentana 70) con un nuovo percorso espositivo che documenta la vita di Mussolini e della famiglia nella villa e, attraverso un’esperienza multimediale immersiva, permette di rivivere i momenti drammatici delle incursioni aeree durante la Seconda guerra mondiale. Prenotazione obbligatoria per singoli e gruppi. (www.museivillatorlonia.it)
Circo Maximo Experience, offre la visita immersiva del Circo Massimo in realtà aumentata e virtuale, dalle 9:30 alle 16:00 (ogni 15 min. – ultimo ingresso ore 14:50). Ingresso a tariffa ridotta per possessori della MIC Card. (www.circomaximoexperience.it)
Tutte le informazioni e gli aggiornamenti sono disponibili su www.museiincomuneroma.it e sui canali social del Sistema Musei di Roma Capitale e della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Servizi museali a cura di Zètema Progetto Cultura.
Dalla Pinacoteca Podesti di Ancona in mostra ai Musei Capitolini di Roma le Opere di:
Tiziano/Lotto/Crivelli/Guercino- dal 25 /11/2024 -30/03/2025-
Roma Capitale-Dalla Pinacoteca Podesti di Ancona ai Musei Capitolini in mostra la maestosa Pala Gozzi (1520), capolavoro assoluto di Tiziano Vecellio insieme ad altre 5 celebri opere, tutte di carattere religioso e provenienti dalla Pinacoteca Podesti di Ancona, saranno eccezionalmente esposte, per la prima volta a Roma, in occasione del prossimo Giubileo, dal 26 novembre nelle sale di Palazzo dei Conservatori ai Musei Capitolini.
Roma Capitale- Piazza del Campidoglio
6 prestigiose tele – delle quali 5 pale d’altare di grandi dimensioni e una piccola ma lussuosa tempera su tavola – saranno protagoniste di un percorso espositivo che racconta l’importanza della collezione della Pinacoteca Podesti e, in filigrana, la ricchezza della città dorica committente dei maggiori artisti italiani fra Cinquecento e Seicento.
Si potranno quindi ammirare la Circoncisione dalla chiesa di San Francesco ad Alto, opera di Olivuccio Ciccarello, interprete principale del rinnovamento della pittura anconetana che fiorì fra Trecento e Quattrocento; la preziosa Madonna con Bambino di Carlo Crivelli, icona della collezione dorica e somma realizzazione del pittore veneto che visse e operò nelle Marche; la Pala dell’Alabarda di Lorenzo Lotto, per la chiesa di Sant’Agostino, in cui si esplicita l’emozionante talento del pittore veneziano, esule a più riprese nella regione. Ancora di Tiziano sarà esposta la monumentale Crocifissione realizzata per la chiesa di San Domenico in cui l’artista esplora la tragedia e la sofferenza umana. Chiude la rassegna l’imponente Immacolata di Guercino, in cui la delicata figura della Vergine si staglia su un paesaggio marino il cui modello potrebbe essere la baia di Ancona.
La maestosa Pala Gozzi (1520), capolavoro assoluto di Tiziano Vecellio
Con questa mostra si intende avviare un percorso di valorizzazione nazionale della collezione anconetana, con lo scopo di restituire ai cittadini e ai visitatori lo spaccato di un periodo cruciale della storia del gusto, del collezionismo e della museologia nella città marchigiana. Un lavoro che proseguirà con il riallestimento della Pinacoteca Civica Podesti, aperta nel dopoguerra dall’allora soprintendente Pietro Zampetti, con le opere salvate dai bombardamenti da un altro grande protagonista della storia della tutela, Pasquale Rotondi, l’eroico direttore del Palazzo Ducale di Urbino a cui si deve la salvaguardia del patrimonio artistico nazionale negli anni tumultuosi del secondo conflitto mondiale.
Roma Capitale- Musei Capitolini
La mostra romana, con questa importante esposizione delle pale d’altare della città dorica, oltre a testimoniare la sacralità e l’importanza che assunse l’arte adriatica del ‘500, anticipa gli eventi culturali previsti per il prossimo Giubileo.
Roma Capitale- Musei Capitolini
Promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni culturali, con il patrocinio di Giubileo 2025 – Dicastero per l’Evangelizzazione, la mostra è organizzata da Arthemisia in collaborazione con Comune di Ancona, Ancona Cultura, Pinacoteca Civica di Ancona, Regione Marche e Palazzo Ducale di Urbino – Direzione Regionale Musei Nazionali Marche ed è curata da Luigi Gallo, Direttore della Galleria Nazionale delle Marche e da Ilaria Miarelli Mariani, Direttrice della Direzione dei Musei Civici della Sovrintendenza Capitolina. Servizi museali di Zètema Progetto Cultura.
Giunto alla sua 37° edizione e sin dal 1986 sotto la direzione di Maurizio D’Alessandro, torna il Festival Liszt di Albano Laziale (RM) dal 10 novembre al 22 dicembre 2024: ideato e organizzato dagli Amici della Musica Cesare De Sanctis con la partecipazione della Regione Lazio, la rassegna si estende quest’anno ad alcune delle più suggestive location dei Castelli Romani, tra Albano Laziale, Castel Gandolfo, Grottaferrata, e anche Roma.
I concerti si terranno infatti in luoghi di grande valore storico e artistico, quali Palazzo Savelli e la Chiesa Cattedrale di San Pancrazio ad Albano Laziale, l’Abbazia Greca di San Nilo a Grottaferrata, la Chiesa Pontificia di San Tommaso da Villanova a Castel Gandolfo, e Palazzo Falconieri di Roma, sede dell’Accademia d’Ungheria che per la prima volta ospita una delle tappe della rassegna, dando ancor più risalto ad uno degli eventi musicali più prestigiosi d’Europa, grazie alla partecipazione di solisti, pianisti, ensemble da camera e orchestre di livello e richiamo internazionale e ad un importante supporto delle istituzioni. Questi luoghi, intrisi di storia e bellezza, offrono scenari di grande fascino che esaltano l’esperienza estetica e spirituale, proiettandoci in una dimensione dovearte, natura e storia si fondono armoniosamente. Il Festival diventa così un viaggio non solo nella musica, ma anche nella riscoperta di un patrimonio culturale che continua a ispirare e incantare.
Il programma di quest’anno si struttura attorno a tematiche che riflettono l’eredità musicale e culturale di Liszt, uno dei più grandi virtuosi del pianoforte di tutti i tempi, portando gli spettatori in un viaggio attraverso tre percorsi. “Echi e virtuosismi d’opera nell’epoca di Liszt” presenterà trascrizioni e fantasie tratte da opere celebri, sottolineando l’influenza del teatro musicale nella produzione lisztiana, “Diari di viaggio” è un omaggio ai luoghi e ai paesaggi europei che ispirarono Liszt e altri compositori e “La meglio gioventù” è un viaggio musicale che esplora le opere dei grandi compositori della Mitteleuropa.
Numerosi gli appuntamenti con protagonisti di spicco della classica, a partire da Bruno Canino, leggenda del pianoforte, ex direttore musicale della Biennale di Venezia e ex docente alla Hochschule di Berna, in Duo con Alessio Bidoli, virtuoso violinista dall’età di 7 anni e fine interprete dalle grandi doti artistiche ed espressive, (10 novembre alle ore 18 presso Palazzo Savelli di Albano Laziale) e il rinomato pianista Roberto Cappello, che a 6 anni ha esordito in pubblico presso la prestigiosa Konzerthaus di Vienna, con all’attivo oltre 2000 concerti, acclamato Premio Busoni e ospite di lunga data del Festival.
Presente anche Maurizio D’Alessandro, direttore artistico dello storico festival nonché clarinettista di fama internazionale che ha suonato in festival prestigiosi e con orchestre di spicco come la l’Orchestra Sinfonica MAV di Budapest, ed ensemble come Philharmonia Chamber Players, che si esibirà con János Balázs, tra i più osannati pianisti contemporanei, artista pluripremiato che fa parte della scena concertistica ungherese dall’età di 16 anni e interprete apprezzato del repertorio lisztiano sulle orme del leggendario Cziffra (17 novembre alle ore 18 presso Palazzo Savelli di Albano Laziale). E ancora il Quartetto Chagall, gruppo di archi che ha ottenuto importanti riconoscimenti tra cui il Golden Award, due premi speciali al IX Concorso Internazionale di Svirél (Slovenia) e il Primo Premio al XXX Concorso “Lilian Caraian”(24 novembre, ore 19, presso la Cripta Chiesa Pontificia San Tommaso da Villanova a Castel Gandolfo) e il Trio Carnaval, giovani musicisti provenienti dai corsi di perfezionamento dell’Accademia di S. Cecilia che si sono esibiti su palcoscenici di prestigio come il Palazzo Ducale di Mantova, la Real Academia de Espana di Roma, la Società Letteraria di Verona o La Biennale di Venezia (19 dicembre alle ore 19 presso Cripta Chiesa Pontificia San Tommaso da Villanova di Castel Gandolfo).
Il Festival Liszt di Albano Laziale celebra inoltre i grandi anniversari con tre appuntamenti di rilievo: il centenario della morte di Giacomo Puccini, con l’esecuzione della Messa di Gloria eseguita dall’Orchestra Cento Città- Istituzione Concertistico-Orchestrale del Lazio, Coro Ruggero Giovannelli e Coro Harmonia Vocalis diretti da Claudio Maria Micheli (30 novembre, ore 19.30 presso la Cattedrale di San Pancrazio di Albano Laziale), il centenario della celebre Rhapsody in Blue di George Gershwin eseguita da Roberto Cappello (8 dicembre, ore 18, presso l’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata),e un concerto sinfonico – ancora eseguito dall’Istituzione Orchestrale del Lazio diretta da Claudio Micheli – interamente dedicato a Ludwig van Beethoven (15 dicembre, ore 19.30 presso la Chiesa Cattedrale San Pancrazio di Albano).
La rassegna musicale, nata per ricordare il rapporto che Franz Liszt ebbe con Albano Laziale già nell’estate del 1839 durante il suo primo viaggio in Italia, ha ospitato nel corso delle edizioni prestigiosi nomi del concertismo internazionale, oltre a studiosi e musicologi, chiamando a raccolta più di 100 pianisti, quasi 60 archi, 17 orchestre, 24 direttori, più di 30 tra attori e cantanti, e più di 20 tra cori, quartetti e ensemble, e continua a coinvolgere giovani talenti e nomi storici della scena musicale mondiale.
Il Festival è ideato e organizzato dall’Ass. Amici della Musica Cesare De Sanctis Festival Liszt Albano ETS con la direzione artistica di Maurizio D’Alessandro e oltre alla partecipazione della Regione Lazio, è realizzato con il contributo del Comune di Albano Laziale per i concerti a Palazzo Savelli; con la collaborazione del Comune di Grottaferrata, della Parrocchia Pontificia di S. Tommaso da Villanova a Castel Gandolfo e della Diocesi di Albano. Partner istituzionali, che conferiscono all’evento una portata internazionale e accademica, sono l’Accademia d’Ungheria, l’Università e Museo Ferenc Liszt di Budapest, la Liszt Akademie di Schillingsfürst e il Cziffra Festival.
Albano Laziale – Palazzo Savelli – Chiesa Cattedrale di S. Pancrazio Castel Gandolfo – Chiesa Pontificia di S. Tommaso da Villanova Grottaferrata – Abbazia Greca di S. Nilo Roma – Accademia d’Ungheria presso Palazzo Falconieri
dal 10 novembre al 22 dicembre 2024
Ingresso libero per tutti gli appuntamenti, tranne per il 10 e 17 novembre
Per info: www.festivalisztalbano.it | 333 434.78.20. Biglietto unico per le date del 10 e 17 novembre € 12, info e prevendita: info@drinservice.com | 069364605.
IV edizione della rassegna-Cinque monologhi con tema centrale la violenza sulle donne
Roma-Al Teatro Di Documenti, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, dal 19 al 25 novembre, in scena la rassegna “Amori Rubati“, ideata da Federica Di Martino e organizzata da Effimera S.r.l, e giunta alla sua IV edizione.
Ogni sera un incontro e lo spettacolo “Marina” di Dacia Maraini.
Amori Rubati, nata nel 2021, ha dato vita a uno spettacolo composito e modulabile, costituito da cinque monologhi tratti dal romanzo L’amore rubato di Dacia Maraini e adattati dalla stessa autrice, con tema centrale la violenza sulle donne.
Roma-Al Teatro Di Documenti Amori Rubati –
Per questa IV edizione in scena “Marina”, diretto e interpretato da Lorenza Sorino, tratto dal racconto Marina è caduta per le scale.
La pièce è preceduta ogni sera, alle ore 19, al Teatro Di Documenti, da un incontro con protagoniste impegnate nella lotta contro la violenza sulle donne.
Programma
Martedì 19 – Letture da “Amore Senza Lividi”. Conversazione con l’Avv. Manuela Palombi e con l’Associazione Forti Guerriere. Modera la giornalista Paola Marinozzi.
Mercoledì 20 – Estratti da “Il Nuovo Codice Rosso”. Conversazione con il PM Francesco Menditto. Modera l’Avv. Francesca Romana Baldacci.
Giovedì 21 – Letture da “Il futuro mi aspetta”. Conversazione con l’autrice Lucia Annibali, modera la giornalista Michela Tamburrino. Interverrà la criminologa Gabriella Salvatore dell’associazione Salvamamme.
Venerdì 22 – Letture da “Era una brava ragazza”. Conversazione con gli autori Emanuele Corne e Leandro Malgesini. Modera l’Avv. Paola Malfatti Letta.
Sabato 23 – Letture da “Magnifico e tremendo stava l’amore”. Conversazione con l’autrice Maria Grazia Calandrone. Modera la giornalista Donatella Cataldi.
Domenica 24 – Letture da “Rinasco per te”. Conversazione con l’autrice Valentina Belvisi e Roberta Beolchi, presidente dell’associazione Edela. Modera la giornalista Emilia Costantini.
Lunedì 25 – Conversazione con l’On. Laura Boldrini. Modera il giornalista Eugenio Murrali.
A seguire alle ore 20 “Marina”.
Ogni storia ha un punto di vista, che è quello da dove la si guarda. In “Marina”, adattato per la scena dalla stessa Dacia Maraini, lo sguardo da cui partiamo è quello di chi la violenza l’ha subita. Il modo in cui guardiamo gli avvenimenti è determinante, perché non solo ne delinea la nostra opinione al riguardo, ma anche l’identità di ciò che viene guardato. Perché è così che succede, ognuno di noi chiarisce a sé stesso la propria identità perché sono gli altri che ce la rimandano, è la comunità con cui entriamo in relazione che ci definisce.
Cosa accadrebbe se per effetto dei sentimenti, o più precisamente nella nostra storia, per effetto dell’amore, le nostre relazioni con gli altri finissero per diminuire sempre più riducendosi ad una sola unica persona? E se quella persona coincidesse con il nostro partner, ovvero colui o colei in cui poniamo la nostra massima fiducia e ascolto? Per Marina accade così, lei definisce sé stessa attraverso l’unico sguardo che finirà per osservarla, quello del suo amore, e che agirà su di lei come in una sorta di addestramento animale.
In concomitanza con lo spettacolo “Marina” al Teatro Di Documenti, vanno in scena al Teatro India le due pièce “Anna” e “Angela”, tratte anch’esse da “L’amore rubato” di Dacia Maraini.
Informazioni, orari e prezzi
Tessera teatro: 3 euro
Costo incontri: 2 euro
Spettacolo “Marina”: 10 euro
L’incasso delle serate sarà devoluto all’Associazione Forti Guerriere
DESCRIZIONE del libro di Ann Mark-Vita di Vivian Maier-Nella periferia di Los Angeles, il 17 luglio 1955, apriva per la prima volta i suoi cancelli Disneyland. Quasi trentamila persone si riversarono nei viali mai calpestati prima, un fiume in piena di bambini pronti a lasciarsi meravigliare. Lì, tra famiglie, figuranti e pupazzi, c’era Vivian Maier, una tata di origine francese da poco trasferitasi sulla West Coast in cerca di un nuovo incarico. La donna girovagava da sola tra la folla con una macchina fotografica in mano: dopo anni di scatti in bianco e nero, aveva deciso di passare al colore per immortalare gli attori travestiti da nativi americani e i castelli di cartapesta, per rendere giustizia a quell’atmosfera sognante e un po’ finta. Ma conclusa la gita, quelle foto non furono viste da nessuno, come le altre decine di migliaia di immagini che Vivian Maier scattò e tenne nascoste agli occhi del mondo per decenni. La storia del loro ritrovamento è già leggendaria: montagne di rullini chiusi in scatole di cartone fino al 2007, quando per un caso fortunato John Maloof, il figlio di un rigattiere di Chicago, acquistò in blocco il contenuto di un box espropriato. All’interno trovò un archivio brulicante di autenticità e umanità, il patrimonio di una fotografa sconosciuta che in pochi anni sarebbe stata celebrata in tutto il mondo. Ma mentre le sue opere diventavano sempre più popolari, la sua biografia restava un segreto impenetrabile, perché Vivian aveva sepolto il suo talento con la stessa cura e riserbo con cui aveva protetto la sua vita. Adesso, grazie alla meticolosa ricerca investigativa di Ann Marks, che ha avuto accesso a documenti personali e fonti di primissima mano, quelle vicende personali finora oscure vengono sottratte all’oblio, al mistero e alla leggenda. “Vita di Vivian Maier” rivela in tutta la sua complessità la storia di una donna fuggita da una famiglia disfunzionale, fra illegittimità, abuso di sostanze, violenza e malattia mentale, per poter finalmente vivere alle sue condizioni. Nessuno, neanche le famiglie presso cui prestava servizio, aveva idea che quella bambinaia di provincia nascondesse uno dei maggiori talenti fotografici del periodo, in grado di ritrarre le disparità e le ingiustizie degli Stati Uniti del boom economico, le persone comuni, i bambini, la semplice vita urbana. In questo, che trabocca di foto (anche inedite), l’opera e la vita finalmente si intrecciano in un’unica storia: il ritratto che emerge è quello di una sopravvissuta, fiduciosa nel suo talento nonostante le sfide della malattia mentale, una donna socialmente consapevole, straordinariamente complessa e soprattutto libera.
Ann Mark
Ann Marks spent thirty years as a senior executive in large corporations and served as chief marketing officer of Dow Jones/The Wall Street Journal.After retirement, she put her research and analysis skills to use as an amateur genealogist and became inspired to unlock the mysterious life of photographer Vivian Maier. She has dedicated years to studying Maier’s archive of 140,000 images and is an internationally renowned resource on Vivian Maier’s life and work. Her research has been featured in major media outlets, including the Chicago Tribune, The New York Times, and the Associated Press. Marks lives in Manhattan with her husband and three children.
Ann Mark-Vita di Vivian MaierVivian MaierVivian MaierVivian MaierVivian MaierVivian MaierVivian MaierVivian MaierVivian MaierVivian MaierVivian MaierVivian MaierVivian MaierVivian MaierVivian MaierVivian Maier
Vivian Maier- Una fotografa ritrovata-Vivian Maier
Descrizione del libro di Stefania Limiti, Sandra Bonsanti–La vittoria della destra in Italia ci mette di fronte alla concreta possibilità che venga stravolta la Costituzione del 1948. Da tempo si parla soprattutto di introdurre l’elezione diretta del capo dello Stato o del presidente del Consiglio. Il mondo democratico e progressista si trova di fronte a una grande battaglia politica per contrastare una riscrittura della Carta che ne mette in discussione i suoi princìpi fondanti.
È vero che esistono Paesi democratici che eleggono direttamente il capo dello Stato ma è anche vero che in altri l’elezione popolare del presidente coincide con tratti fortemente autocratici, dall’Ungheria alla Russia e alla Turchia.
Le autrici hanno dunque voluto contestualizzare la questione nella nostra storia repubblicana, ricostruendo il significato del presidenzialismo – formula tecnico-giuridica tesa a rafforzare i poteri del governo, indebolendo quelli del Parlamento – alla luce delle esperienze politiche che lo hanno sostenuto, a oggi senza successo: quelle golpiste e missine, la piccola pattuglia dei gollisti democristiani, la P2, la Grande Riforma craxiana e le nervose esternazioni di Francesco Cossiga, fino ai giorni più recenti con la pretesa delle grandi banche d’affari di “azzoppare” le costituzioni antifasciste.
Contestualizzare il presidenzialismo nella storia italiana consente dunque di vedere chiaro dietro alle intenzioni di chi vorrebbe mettere il potere nelle mani di un capo eletto a furor di popolo.
Sandra Bonsanti -Nata a Pisa nel 1937, sposata, ha tre figlie. Si è laureata in etruscologia a Firenze e ha vissuto per molti anni a New York. Ha cominciato la sua attività professionale nel 1969 al “Mondo” con Arrigo Benedetti.
Associazione Libertà e Giustizia Via Cordusio 4, 20123 Milano
Ora e sempre Resistenza! Intervista a Sandra Bonsanti
Sandra Bonsanti
Giornalista, scrittrice e politica italiana: FUL ha incontrato Sandra Bonsanti per una chiacchierata sul valore dell’antifascismo e della memoria storica.
Sandra Bonsantinasce a Pisa il 1° giugno 1937. Figlia di Alessandro Bonsanti, scrittore e sindaco repubblicano di Firenze, è una bambina quando alleati e partigiani liberano la città dai nazisti. Avvia l’attività da giornalista nel 1969 a Il Mondo, settimanale politico, culturale ed economico. Lavora poi per La Stampa, Epoca e Panorama. Nel 1981 entra nella redazione del quotidiano La Repubblica guidato da Eugenio Scalfari, di cui diviene una delle firme di punta. Bonsanti è una delle più autorevoli interpreti del whatchdog journalism italiano, il giornalismo “cane da guardia” della democrazia che interroga politici e personaggi pubblici, indaga sul potere e pretende chiarezza e trasparenza dalle istituzioni per esercitare un’informazione piena e consapevole verso i cittadini.
Nel 1994 Bonsanti diventa membro della Camera dei deputati: alle urne per la XII legislatura vince il seggio nel collegio uninominale di Firenze 2 con la coalizione dei Progressisti. In Parlamento sarà membro della commissione parlamentare antimafia. Nel 1996 rinuncia a ricandidarsi alle elezioni per assumere la guida del quotidiano Il Tirreno. Su incarico dell’Ordine dei Giornalisti e della Federazione Nazionale Stampa Italiana redige con Angelo Agostini la “Carta dei doveri del giornalista”. Dal 2002 al 2015 è presidente di Libertà e Giustizia, un’associazione italiana di cultura politica attiva. Nel 2017, riceve dal sindaco Nardella Il Fiorino d’Oro della città di Firenze, l’onorificenza assegnata alle personalità che con il loro operato hanno dato lustro alla città o si sono distinti a livello internazionale.
È autrice di libri che indagano sui misteri del potere in Italia come Il grande gioco del potere (Chiarelettere, 2013) e Colpevoli (Chiarelettere, 2021) scritto a quattro mani con Stefania Limiti. Ha sempre difeso, onorato e sensibilizzato sull’importanza della memoria storica, dell’antifascismo e della Resistenza, da cui discende la nostra Costituzione. Sandra ci ha aperto le porte di casa a Firenze per una chiacchierata sul valore della Resistenza e dell’antifascismo. Seduti fra tantissimi libri e appunti sparsi, in compagnia di una foto con Sandro Pertini e una vecchia cartolina di New York inviata da Oriana Fallaci, le ho chiesto che significato assume al giorno d’oggi la Festa della Liberazione, festeggiata il 25 aprile con il governo più a destra dell’Italia repubblicana. «Possiamo dire senza timore di essere accusati di esagerare che l’impegno di tutti i cittadini che si riconoscono nella Costituzione deve essere ancora più fermo e deciso di quanto lo sia stato nel passato. Si tratta di sostenere e difendere il grande lavoro e i grandi sacrifici che sono alle spalle del 25 aprile 1945. Dunque, per noi un impegno senza incertezze» osserva Bonsanti.
I vincitori delle ultime elezioni sono la cosiddetta “Generazione Colle Oppio”, dal nome della storica sede del Movimento Sociale Italiano dove molti esponenti di Fratelli d’Italia hanno mosso i primi passi in politica. Alcuni membri della maggioranza e del Governo Meloni sono accusati di aver riportato le lancette indietro di trent’anni, prima della svolta di Fiuggi di Gianfranco Fini. Forse la destra italiana fatica ad affrancarsi definitivamente dal fascismo perchè non è antifascista? «La destra italiana, diversamente da quello che è accaduto in altri Paesi, come in Germania, insiste a trovare pretesti per non dare un addio definitivo a quello che è stato il coinvolgimento di tanti cittadini italiani con il fascismo. Il perché va cercato in motivazioni di origine familiare, oppure semplicemente storiche. Ogni caso è a sé e non c’è una spiegazione unica» spiega Bonsanti.
Sfortunatamente, allo stesso tempo, restano sempre meno partigiani: spetta alle istituzioni tenere alto il valore della memoria storica. Nata come reazione al regime fascista e dalle sue ceneri, la repubblica è l’affermazione dei valori dell’antifascismo. «Le istituzioni possono sicuramente aiutare a celebrare il valore di ogni singolo partigiano e dei partigiani riuniti nelle loro associazioni. È importante mostrare che le istituzioni stanno decisamente dalla parte di chi ha combattuto contro il fascismo.»
In tempo di guerra che sconvolge l’Europa, non posso esimermi da chiedere a Sandra se trova delle analogie fra la Resistenza italiana di allora e quella ucraina di oggi: «Ogni popolo deve essere riconosciuto libero di scegliersi amici e nemici. Un’analogia importante può essere riscontrata nel fatto che si tratta, sia in Ucraina che nell’Italia della guerra, di invasioni del proprio territorio e nel fatto che ci sono uomini e donne pronti a combattere e a morire per la libertà» risponde.
Anche l’informazione gioca un ruolo importante nel promuovere la memoria. Circa vent’anni fa è iniziata un’opera mistificatoria della Resistenza. Chiedo alla nostra ospite, dall’alto della sua lunga esperienza di giornalista, come si fa una corretta informazione su questa stagione cruciale della nostra storia. «Tutti noi possiamo fare qualcosa di più per promuovere la memoria come cittadini ed è ancora di più quello che può fare l’informazione: approfondire singoli episodi, raccontare e descrivere i personaggi che ne sono stati protagonisti, raccontare esattamente i principi in cui credevano coloro che si sono immolati.»
C’è dunque un momento della Seconda Guerra Mondiale che necessita di un approfondimento? «Mi piacerebbe che fossero approfonditi i motivi per cui in Toscana ci furono tante stragi e perché l’esercito dei liberatori americani e italiani antifascisti ci mise tanto tempo ad arrivare fino alla Toscana. Inoltre, a mio avviso tutti gli sbarchi sono stati memorabili, caratterizzati da atti di coraggio e da atti di eroismo», puntualizza Bonsanti.
A proposito di fascismo e antifascismo, faccio un’ultima domanda a Sandra e le chiedo cosa vorrebbe dire alle ragazze e ai ragazzi di oggi: «Penso che sbaglierebbero i giovani se pensassero che ai giorni d’oggi quello che è successo non capiterà mai più. Bisogna continuare a studiare e a trasferire la loro memoria fresca dall’avere ascoltato tanti protagonisti di allora alle generazioni che verranno» conclude lei.
Roma Capitale- Complesso Monumentale di Santo Spirito in Sassia-
Roma Capitale- Complesso Monumentale di Santo Spirito in Sassia-
Roma- Le origini del Complesso Monumentale di Santo Spirito in Sassia risalgono al 727 d.C., quando il re dei Sassoni Ina istituì la “Schola Saxonum” per dare ospitalità ai pellegrini diretti alla Tomba dell’Apostolo Pietro. Fu eretto sull’area anticamente occupata dagli “Horti” di Agrippina Maior (14 a.C. – 33 d.C.), costruzioni imperiali, ampi e sontuosi giardini che dal Gianicolo si estendevano lungo la riva destra del Tevere. In alcuni ambienti sottostanti l’antico Ospedale sono ancora visibili resti di pareti di opusreticulatum, pavimenti a mosaico, sculture e affreschi.
Considerato uno dei più antichi ospedali d’Europa, il Santo Spirito in Sassia sorse a sostegno dei poveri, dei malati e degli infanti abbandonati, come testimonia ancor oggi la Ruota degli Esposti posta all’esterno dell’edificio.
Restaurato e ampliato nel corso dei secoli, il Complesso è composto dalle Corsie Sistine, dai Chiostri dei Frati, delle Monache e delle Zitelle (o “chiostro del Pozzo”) e infine dal Palazzo del Commendatore (che ne è un ampliamento cinquecentesco), a opera dell’architetto Giovanni Lippi.
Il Palazzo, costruito attorno a un elegante cortile quadrangolare, è ornato da una fontana del XVII secolo e da un orologio ottocentesco a sei ore e ospita l’antica Spezieria, in cui furono condotte numerose ricerche farmaceutiche e dove vennero triturate le erbe medicamentose, di cui oggi sono testimoni le collezioni di antichi vasi e mortai.
Oggetto di un attento restauro terminato nel luglio 2022, le Corsie Sistine furono realizzate su incarico di papa Sisto IV della Rovere nella seconda metà del Quindicesimo secolo. La struttura, costituita dalla Corsia Lancisi e dalla Corsia Baglivi, è lunga 120 metri e larga 13. Le Corsie furono utilizzate dapprima come luogo di degenza e, dal ‘600, come lazzaretto. Un ciclo di affreschi di scuola umbro-laziale, che si sviluppa una superficie di oltre 1200 mq e la cui estensione è seconda solo a quella della Cappella Sistina, ne orna il perimetro superiore. Le Corsie sono collegate da un tiburio ottagonale sotto il quale potete ammirare l’unica opera romana di Andrea Palladio, un raffinato ciborio sormontato da due putti attribuiti ad Andrea Bregno, autore anche dei due maestosi portali d’ingresso.
Nei secoli successivi, il Complesso ospedaliero si sviluppò ulteriormente, con l’edificazione della Sala ospedaliera Alessandrina, oggi adibita a sede del Museo di Storia dell’Arte Sanitaria.
Al suo interno, sono conservate diverse importanti collezioni: quasi 400 pezzi tra ceramiche e vetri farmaceutici, arazzi, sculture e rilievi; circa 300 tra opere pittoriche, disegni e stampe, numerosi affreschi, grottesche e altre decorazioni pittoriche parietali; 20.000 volumi a stampa di cui circa 60 incunaboli, 2.000 cinquecentine e 374 preziosi manoscritti di epoche diverse, 2 codici pergamenacei degli scritti di Avicenna e il più conosciuto Liber Fraternitatis Sancti Spiritus; due globi di Vincenzo Coronelli (un globo terrestre ed uno celeste del 1600); duesfere armillari in ottone e una diottra utilizzata nel rilevamento topografico per determinare e tracciare le visuali, testimonianze uniche della cultura scientifica romana in età moderna.
Informazioni
Indirizzo
Borgo Santo Spirito, 1-2
Orari
Per le modalità di accesso e gli orari della visita rivolegersi ai contatti soprandicati
Fonte-Roma Turismo-Dipartimento Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda.
Via di San Basilio, 51
00187 Roma
Roma Capitale- Complesso Monumentale di Santo Spirito in Sassia-
La struttura costituisce il più rilevante complesso di edifici quattrocenteschi romani ed occupa l’isolato adiacente al Vaticano tra via di Borgo Santo Spirito, via dei Penitenzieri, via di Porta Santo Spirito e il Lungotevere Vaticano. Fa parte del quattordicesimo rione di Roma, Borgo, divenuto un quartiere della città tra il 1585 e il 1590 e zona cimiteriale in età romana. L’ampia zona comprende anche Castel Sant’Angelo, l’antico Mausoleo di Adriano, divenuto archivio dei Tesori Vaticani, museo e storico rifugio dei Papi raggiungibile attraverso il camminamento coperto del Passetto. Fino al 1929 anche il vicinissimo Stato della Città del Vaticano apparteneva a Borgo ma, con la stipula dei Patti Lateranensi, il governo di Mussolini lo donò alla Chiesa di Roma di Papa Pio XI.
Borgo deve il suo nome al termine sassone Burg, cioè villaggio fuori dalla città di Roma. Era così anticamente chiamato dai pellegrini a maggioranza Sassoni del Wessex, a sud della Gran Bretagna, che qui arrivavano per venerare la tomba dell’apostolo Pietro. Il seguace di Cristo morì da martire sul colle Vaticano nel 64 o 67 d.C. a seguito delle persecuzioni dei cristiani da parte degli imperatori Claudio e Nerone e divenne il primo Papa della Chiesa Cattolica. L’imperatore Costantino edificò una basilica sulla tomba di San Pietro dopo aver emanato l’editto di Milano nel 313 d.C. con cui sanciva la libertà del culto cristiano e di tutte le altre religioni nell’Impero Romano.
La sede del Complesso sorge sulle rovine della villa di Agrippina Major, nobildonna romana e madre di Caligola. Ancora oggi sono visibili i numerosi resti dell’antica dimora nel sottosuolo delle antiche corsie ospedaliere. Il primo nucleo di Santo Spirito venne fatto erigere dal Papa Simmaco nel V secolo e consisteva in un Hospitium, un luogo di ospitalità con facoltà di dimora, per i pellegrini stranieri. Nel 726, il re del Wessex, Ine, anch’esso pellegrino a Roma per pregare sulla tomba di S.Pietro, fece costruire sopra questo antico luogo di accoglienza, una Schola Saxorum, cioè una corporazione per la comunità dei suoi conterranei inglesi che vivevano accanto alla sacra tomba di S. Pietro. La Schola era formata da un complesso di edifici comprendenti uno xenodochio (dal gr. Xenodochêion: xénos ‘straniero’ e déchesthai ‘accogliere’) o ospizio gratuito per forestieri, pellegrini e malati, oltre ad una chiesa titolata a S. Maria con un cimitero.
Nei secoli successivi la struttura venne abbandonata per limitazione dei flussi di pellegrini e conseguente calo delle donazioni e fu danneggiata da diversi incendi.
Nel 1198, Papa Innocenzo III, ristrutturò il complesso e lo cedette all’ fondato dal frate provenzale e cavaliere templare Guido da Montpellier. L’Ordine lo trasformò in un importante nosocomio con gli interventi dell’architetto Marchionne d’Arezzo e prese il nome di Arcispedale di Santo Spirito in Sassia o Saxia a ricordo della comunità sassone che dimorava in loco. Il più antico regolamento ospedaliero che si conosca, il Liber Regulae ne fissava le regole. Operò per tantissimi anni sia come ospedaletto per l’assistenza agli infermi e la cura delle malattie infettive come la malaria, sia come baliatico per la nutrizione dei trovatelli poveri e malati
con le balie, ma anche come brefotrofio per l’accoglienza degli esposti o proietti, cioè i neonati illegittimi e abbandonati. Papa Innocenzo III volle far qui costruire la rota proiecti (dal lat. proiectare ‘esporre’) o ruota degli esposti su esempio della prima istituita a Marsiglia in Francia nel 1188 che permetteva all’Ordine Religioso di accogliere i numerosi neonati indesiderati che
venivano lasciati, anonimamente, sulla parete esterna dell’ospizio, in un cilindro girevole dotato di una fessura coperta da una grata. È probabile che questa fosse la ruota più antica d’Italia e l’uso è stato abolito per legge solo nel 1923. I bambini venivano qui accolti dalle suore dell’ordine di S. Tecla e marchiati sul piede sinistro col simbolo dell’Ordine di S. Spirito, la croce lorenese a doppia traversa, e registrati in latino come filius m. ignotae ‘figlio di madre ignota’ da cui deriva l’espressione romanesca “fijo de na mignotta”.
Considerato l’ospedale Apostolico e il più antico di Roma godette sempre di sostegno, privilegi, esenzioni e indulgenze tanto che, nel periodo di massima prosperità, poté ospitare fino a 300 infermi e 1000 malati.
Nel XIV s. la struttura conobbe un breve declino sia per il trasferimento del papato ad Avignone (1309-1377) che per la peste del 1348 e il terremoto del
1349 e quasi cadde in rovina totale per mancanza di donazioni e supporti economici dal Vaticano. Verso la fine del 1400, la benefica Istituzione ebbe una rinascita architettonica, artistica e patrimoniale grazie a Papa Sisto IV della Rovere (1471-84) dell’ordine Francescano dei frati minori conventuali, artefice della costruzione della Cappella Sistina. Con lui il Complesso divenne tanto ricco da rivelarsi l’Istituzione con maggiori proprietà terriere in tutta Europa.
Dopo l’incendio del 1471, Sisto IV fece ristrutturare il complesso tra il 1474 e il 1477 dall’arch. fiorentino Baccio Pontelli (famoso per il progetto della Cappella Sistina e lì ritratto dal Perugino nell’affresco La consegna delle chiavi a S. Pietro) dandogli la forma attuale.
Ovunque si nota ancora il blasone del Papa col casato dei Della Rovere, a memoria del suo intervento, insieme al sigillo dell’Ordine Ospedaliero che gestiva la struttura, la croce lorenese a doppia traversa sovrastata dalla colomba dello Spirito Santo.
Nei secoli XVII e XVIII seguirono altre due ristrutturazioni e l’ultima si annovera al 1926 in cui venne ricostruita la facciata quattrocentesca con le bifore marmoree.
Dal 2000 il complesso monumentale è sede di un importante centro congressi mentre l’ospedale di S. Spirito in Sassia continua la sua secolare tradizione di assistenza ai malati nella nuova struttura in via Lungotevere in Sassia 1, adiacente all’antico nosocomio. Disegnato dagli architetti Gaspare e Luigi Lenzi negli anni 1920-33, oggi fa parte dell’ ASL E di Roma. Offre le prestazioni di pronto soccorso, ricovero ospedaliero con 200 letti e varie attività specialistiche ambulatoriali.
LA CORSIA SISTINA
È la parte più antica del Pio istituto ed oggi adibita a polo congressuale ma adibita ancora ad ospedale sino ai recenti anni 80. E’ lunga 120 m, larga 12 m e alta 13 m, suddivisa in un maestoso tiburio e due sezioni dette Braccio di Sopra e Braccio di Sotto ribattezzate sala
Lancisi e sala Baglivi nella seconda metà dell’800 in onore di due famosi medici ed anatomisti qui operanti e vissuti tra il XVII e XVIII secolo. Nella corsia venivano allora alloggiate le file dei letti a baldacchino dei degenti allietati dal suono di un organo in fondo alla sala. Quando il numero dei ricoverati aumentava per le epidemie venivano aggiunti letti al centro delle corsie chiamati carriole e da qui deriva il detto dialettale romano “li mortacci tua e de tu nonno in cariola”, con cui si enfatizza l’ingiuria anche con la morte dell’avo in cariola, cioè in soprannumero.
Le pareti appaiono finemente decorate con un ciclo di quasi cinquanta affreschi del XV secolo che rievocano la storia dell’antico ospedale, le benemerenze del fondatore Papa Innocenzo III e episodi della vita di Papa Sisto IV della Rovere, artefice del rinascimento dell’Ospedale.
Il tiburio a forma di torre ottagonale era l’originale ingresso dell’ospedale la cui cupola venne decorata con nicchie contenenti statue degli apostoli e con due ordini di finestre bifore e trifore con l’onnipresente stemma del Papa Sisto IV della Rovere. Il soffitto è costituito da eleganti pannelli lignei dipinti. Al centro conserva l’unica opera romana dell’architetto veneto Andrea Palladio, un altare in marmo con un dipinto seicentesco di Carlo Maratta. Gli ingressi laterali sono arricchiti da due portali di marmo quattrocenteschi, opere dell’architetto e scultore lombardo Andrea Bregno. Quello sotto il portico della facciata orientale è di modeste dimensioni mentre l’altro è ben conosciuto col nome di Portale del Paradiso, alto 10 m, largo 5 m e recentemente restaurato.
Nella lunetta conchigliata superiore è decorato l’emblema di Sisto IV tra due putti alati e nelle colonne laterali compaiono numerosi simboli associati alla religione cristiana, alla medicina e alle arti curative.
IL MUSEO STORICO DI ARTE SANITARIA
È ospitato nella Sala Alessandrina e venne inaugurato nel 1933 grazie al prezioso contributo di un generale e 2 professori di medicina: il Generale Mariano Borgatti, il Prof.
Giovanni Carbonelli e il Prof. Pietro Capparoni che raccolsero in questa sede del precedente Museo Anatomico, l’immenso materiale storico medico prima depositato in Castel Sant’Angelo. È un mausoleo della medicina con la biblioteca ed un archivio storico e nacque con lo scopo di promuovere e disciplinare gli studi storici dell’Arte Sanitaria in Italia. È alloggiato in nove stanze e conserva preziosi cimeli tra cui mortai, modelli anatomici, cere, antichi strumenti di ostetricia, la macina della China per macinare la corteccia dell’albero di China e produrre il chinino per curare la malaria. Inoltre conserva ferri chirurgici, microscopi, apparecchi per l’anestesia, la prima lettiga della Croce Rossa per il trasporto dei malati e moltissima documentazione su malattie e preparazioni farmaceutiche del passato. È altresì presente la ricostruzione di una farmacia del passato e di un laboratorio alchemico.
L’ANTICA SPEZIERIA
Si trova adiacente alla sala Lancisi e qui i frati un tempo preparavano i farmaci. Numerose ricerche farmaceutiche vennero qui condotte come quella sull’impiego della polvere della corteccia di China per la cura della malaria, allora molto diffusa e senza rimedio. Conserva inoltre una rara collezione di preziosi vasi per le spezie.
LA BIBLIOTECA LANCISIANA
Fu fondata nel 1711 dal medico Giovanni Maria Lancisi, docente di anatomia e medico personale del Papa e venne dotata di una rendita. Nacque all’interno dell’ospedale per favorire la formazione e l’aggiornamento dei medici e chirurghi e con l’intento di promuovere il confronto tra medici e lo svolgimento di sperimentazioni. È considerata la più importante biblioteca medica d’Italia e conserva 20.000 volumi e 375 manoscritti. Tra questi vi sono antichi libri di grammatica, retorica, politica, filosofia, teologia, matematica, storia naturale, chimica, farmacia, anatomia, chirurgia, medicina legale e alcuni strumenti scientifici originari come i globi del monaco cartografo Vincenzo Coronelli, due sfere armillari e una diottra.
IL PALAZZO DEL COMMENDATORE
Vi abitava l’amministratore capo del Complesso. Il palazzo venne edificato durante il papato di Pio V tra il 1566 e il 1572 ad opera degli architetti Nanni
di Baccio Bigio e Ottaviano Nonni detto Mascarino e per volere del Commendatore Bernardino Cirillo e per questo chiamato anche Palazzo di Cirillo. È arricchito con un sontuoso cortile decorato con arcate e colonne di marmo e un orologio barocco diviso in sei ore alla romana, tipica misurazione del tempo durante il periodo medievale. In questo modo la giornata veniva scandita dal ripetersi quattro volte del ciclo di sei ore l’una. Ha la forma di copricapo cardinalizio ed è incorniciato da un serpente che si morde la coda simbolo di eternità. Come lancetta ha un ramarro in bronzo e a lato l’antico emblema dell’ospedale con la croce a doppia traversa e la colomba dello Spirito Santo.
LA CHIESA DI SANTO SPIRITO IN SAXIA
Originalmente la chiesa del dodicesimo secolo era dedicata a Maria Vergine di cui rimane ancora il campanile romanico di Baccio Pontelli. Fu ricostruita varie volte e, dopo il Sacco di Roma nel 1527, Papa Leone IV chiamò l’architetto fiorentino Antonio da Sangallo il Giovane per la ristrutturazione eseguita tra il 1538 e 1545.
Il completamento della facciata tardo rinascimentale su due ordini e della grandiosa scalinata vennero terminati nel 1590 da Ottaviano Mascherino su commissione del Papa verso la fine del Papa Sisto V.
Al suo interno si conserva ancora un’icona mariana donata da re Ina, una serie di opere d’arte tardo-manieriste, numerosi pregiati affreschi e stucchi e un soffitto ligneo policromo ad opera di Antonio da Sangallo con gli stemmi di Papa Paolo III.
La Chiesa è oggi il Centro di Spiritualità della Divina Misericordia ufficialmente istituito dal Cardinale Camillo Ruini con decreto del 1994. Conserva le reliquie del Santo Papa Giovanni Paolo II in un ostensorio in argento a copia di quello rappresentato da Raffaello nell’affresco La disputa del Sacramento nella stanza della Segnatura al Vaticano.
Questo sito usa i cookie per migliorare la tua esperienza. Chiudendo questo banner o comunque proseguendo la navigazione nel sito acconsenti all'uso dei cookie. Accetto/AcceptCookie Policy
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish.Accetto/AcceptCookie Policy
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.