Città di Pescara- Se il biscotto diventa un gioiello-
Corso di decorazione al Museo delle Genti d’Abruzzo-
Pescara, 8 ottobre – Al Museo delle Genti d’Abruzzo Sta per iniziare un viaggio attraverso i sensi: la bellezza da guardare, il buono da assaggiare, la capacità di realizzare. E’ un corso che valorizza non solo la creatività, ma le tradizioni e le suggestioni della fantasia. Tre distinti eventi che la Fondazione Genti d’Abruzzo organizza avvalendosi della professionalità di Filomena Tavano cookie artist , ovvero decoratrice di biscotti. Da non confondere con la pasticceria. Tavano è una eccellenza nel suo settore: nasce, con i suoi studi, restauratrice e decoratrice e si perfeziona lavorando con importanti aziende, per poi trovare una strada alternativa, che le consente di coniugare il suo amore per la pittura con quello per la cucina: nasce così Dolcetto, che le frutta riconoscimenti a livello internazionale e la porta in giro a raccontare come si fa a trasformare un biscotto in un capolavoro.
Il calendario degli appuntamenti si apre sabato prossimo alle ore 16, con la decorazione del biscotto “Presentosa d’Abruzzo”, sabato 30 novembre con inizio alla stessa ora toccherà al “Cuore d’Abruzzo” per concludere il 7 dicembre con la più classica preparazione di piccole opere d’arte natalizie. Sarà possibile sia frequentare un solo evento, della durata di quattro ore, che partecipare all’intero percorso ed avere così una preparazione più completa. “Lavoriamo in un ambiente insolito – spiega Tavano – e proprio per questo presentiamo un prodotto che sia attinente al museo. Ma questa esperienza fa parte anche di un mio progetto, che ha mosso i primi passi nel corso di Mediterranea, che è quello di declinare la decorazione dei biscotti in funzione turistica, preparando delle scatole eleganti che siano riconoscibili come prodotti abruzzesi. Ho già collaborato con la Regione Puglia, lavorando sugli Ori di Taranto, anche per l’Abruzzo sarebbe bello poter avviare una produzione con una propria identità. Penso a una scuola di formazione che potrebbe, ad esempio, essere anche funzionale alla riqualificazione di donne che hanno perso il lavoro, ma anche un punto di partenza per chi decide di investire su un progetto innovativo”. La proposta che si svilupperà all’interno del Museo delle Genti d’Abruzzo potrebbe essere un primo passo verso un lavoro più strutturato sul territorio. “Abbiamo organizzato il percorso in tre distinti eventi – chiarisce Tavano – ed in ognuna delle tre occasioni insegneremo le competenze tecniche di base per poter realizzare un biscotto decorato. Gli elementi essenziali sono la pasta frolla e la ghiaccia reale, che possono però essere lavorati con molte varianti. Perché la decorazione ha davvero molto da offrire, come produzione prevede l’infinito: ogni biscotto è una tela bianca su cui lavorare”. Diverse le tecniche di realizzazione tra la Presentosa e il cuore d’Abruzzo, poi il gran finale a sorpresa per il Natale: biscotti da utilizzare come decorazione per l’albero o per la tavola, per regali originali o semplicemente per coccolarsi in occasione delle feste.
Ai corsi sono ammessi anche i ragazzi, dai 12 anni in poi, un’occasione per avvicinarsi, divertendosi, all’arte della decorazione: “Decideremo in prossimità dell’evento come interpretare il terzo evento. Siamo estremamente flessibili. Ogni persona viene seguita a seconda della propria inclinazione, accompagnata fino al conseguimento del suo risultato”.
Informazioni
Il Museo delle genti d’Abruzzo è un museo di Pescara. Wikipedia
È IL 1944, NASCE LA SOCIETÀ SPORTIVA “ANGELO, MARIO E GINO SEBASTIANI”
Archivio di Stato di RIETI-È il 30 ottobre 1944 la data fondativa della società sportiva AMG #Sebastiani, dove l’acronimo indica i nomi di Angelo, Mario e Gino, i tre fratelli reatini, appassionati di sport, assassinati dai tedeschi in due episodi distinti, ma collegati, nel giugno di quell’anno.
A rivelare la data di ottanta anni fa è un documento rinvenuto nel fondo dell’Ufficio di gabinetto della Prefettura di Rieti (ASRi, Prefettura di Rieti, b. 36), conservato all’Archivio di Stato di Rieti, nel corso di ricerche portate avanti su alcune attività delle società sportive presenti sul territorio.
Si tratta di una lettera, datata 5 novembre 1944, a firma del presidente Vincenzo Ceci, imprenditore molto attivo in quegli anni e indirizzata al prefetto allora in carica, Michele Galatà. Il documento ci mostra come Ceci comunichi la costituzione della società sportiva che si “prefigge di dare ai giovani una sana educazione fisica e morale e di riportare lo sport cittadino alle sue antiche gloriose tradizioni” in vista di una “ricostruzione sportiva” a seguito dei tragici eventi bellici terminati con la liberazione di #Rieti nel giugno del ’44.
La missiva è accompagnata dallo statuto sociale, preziosa testimonianza di ulteriori informazioni non solo relative alla fondazione, la cui data del 30 ottobre è riportata alla fine del testo (sottolineata in rosso nella foto n. 4), ma anche per le cariche societarie presenti. Il presidente onorario è Giuseppe Sebastiani, mentre il primo presidente del sodalizio è appunto Vincenzo Ceci (presidente del Consiglio direttivo), il presidente del Comitato provvisorio è Franco Colarieti. Luigi Padronetti, celebre e competente dirigente sportivo, ricopre il ruolo di segretario del Consiglio direttivo. Non mancano altri nomi illustri come Alfredo Sebastiani, fratello di Angelo, Mario e Gino, nonché presidente della Provincia di Rieti tra gli anni ’60 e ’70 e il campione del mondo dilettanti di ciclismo Adolfo Leoni.
La società nasce come polisportiva, avendo l’obiettivo di sviluppare non solo il basket, già presente negli anni precedenti con la Pallacanestro Rieti, in particolare tra 1938 e il 1940. Lo si evince anche da ulteriore documentazione, questa volta del 1945, presente nell’archivio storico del Comune di Rieti, anch’esso conservato presso l’Archivio di Stato (ASRi, Comune di Rieti, b. 1405, fasc. “Area Sebastiani”). Il documento attesta la volontà della società di ottenere nuove strutture sul #Terminillo per ampliare la propria attività sportiva, ipotizzando l’uso di villa Pater, presente sulla strada tra Pian de’ Valli e Campoforogna, nonché la vendita di due appezzamenti di terreno. Dalla missiva emerge come fosse presente un trampolino per la scuola di salto con gli sci a Pian de’ Valli e che la gestione della capanna Trebbiani era in capo proprio alla società sportiva.
L’idea di una polisportiva aveva trovato una concretizzazione già nel 1942. Il #Coni provinciale, il 16 novembre di quell’anno, aveva infatti reso noto al Comune di Rieti (ASRi, Comune di Rieti, Registro delibere di giunta, deliberazione n. 117, 1943) l’autorizzazione alla fusione di tutte le società sportive esistenti a Rieti in un unico organismo denominato “Società polisportiva Rieti”, con l’intento di sviluppare non solo il calcio, lo sci e il ciclismo, ma anche il pugilato, la scherma, il tiro a volo e, appunto, la #pallacanestro. Il motivo della fusione era meramente economico a causa del clima di guerra che pesava sui bilanci già magri delle società.
Un ultimo cenno lo merita l’acronimo societario AMG, in quanto se la sede provvisoria è in via Marchetti 3 presso l’allora Ept, ovvero l’Ente provinciale per il turismo, nell’oggetto della lettera appare la dicitura “M.A.G. Sebastiani”, mentre la carta intestata, la comunicazione ufficiale del presidente e lo statuto sociale riportano la denominazione “Angelo, Mario e Gino Sebastiani”. La sigla “M.A.G.” apparirà anche nei timbri societari del 1945 e 1946, con in campo un Ercole che sconfigge l’idra e con motto in legenda riportante la frase “Hercules sabinus pater”.
Real Sebastiani Rieti
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
La Real Sebastiani Rieti, comunemente chiamata Sebastiani Rieti, è una società di pallacanestro maschile italiana con sede nella città laziale di Rieti. Fondata da Luigi Padronetti nel 1946 con il nome di M.A.G. Sebastiani Basket Rieti, divenuto in seguito A.M.G. Sebastiani Basket Rieti, si sciolse una prima volta nel 1997, per poi venire rifondata dapprima nel 1998 come Virtus Rieti (cambiando denominazione in Nuova Sebastiani Basket Rieti nel 2003), una seconda volta nel 2010 come Sebastiani Basket Club Rieti (cambiando denominazione alla Spes Pallacanestro Rieti dopo il fallimento della NSB) e, infine, una terza volta nell’estate 2020 come Real Sebastiani Rieti.
Contraddistinta dai colori sociali amaranto e celeste, disputa i propri incontri nell’impianto del quartiere di Campoloniano chiamato PalaSojourner[1]. Il nome della società ricorda la memoria dei fratelli Angelo, Mario e Gino Sebastiani, grandi sportivi dell’epoca, barbaramente uccisi dai tedeschi nel 1944.
Dopo l’abbandono di Padronetti fu Italo di Fazi ad occuparsi di assemblare la squadra, e ingaggiò il primo vero tecnico, Mario Barilari. In questi anni a dare man forte ai reatini vennero chiamati diversi giocatori di Roma come Chiodetti, Marcone, Galliano e Paolo Roversi. In questo periodo la squadra vedeva crescere giovani promettenti come Cordoni e Simeoni e militava in Serie C, a parte un paio di apparizioni in Serie B.
La Serie A
Dopo l’abbinamento con la Snia, la squadra sale di livello e nel 1972 conquista la promozione in Serie B. Nella stagione successiva la presidenza viene affidata a Renato Milardi e con il marchio Brina la Sebastiani disputa un ottimo campionato, chiudendo al secondo posto la stagione regolare che le consente di accedere alla poule promozione con Siena, Vigevano e Gorizia. Siena vince il girone ed accede direttamente alla Serie A mentre per il secondo posto disponibile Rieti e Vigevano dovranno giocare uno spareggio a Pesaro. Sostenuta da diversi reatini giunti nelle Marche, la Brina si impone 55-44 e conquista la Serie A. Tra i protagonisti dell’impresa da ricordare Gianfranco Lombardi nel doppio ruolo di allenatore e giocatore.
Per la stagione seguente arriva Bob Lauriski, il primo giocatore straniero della Sebastiani. Lauriski è uno statunitense non molto spettacolare ma comunque efficace; allenatore è ancora Lombardi e la squadra chiude il suo primo campionato di Serie A al decimo posto.
Dalla stagione 1974-75 il campionato si divide in due leghe: A1 e A2. Rieti si mantiene in prima serie dopo la poule salvezza. Nel 1975-76 arriva invece la retrocessione in Serie A2.
Nel campionato 1976-77 il nuovo allenatore Elio Pentassuglia (arrivato alla fine della stagione precedente) può contare su un nuovo straniero: Willie Sojourner, pivot con un passato nella ABA, che diventerà l’idolo dei tifosi reatini.
Nel 1977-78, grazie alle nuove regole che permettono l’ingaggio di un secondo straniero, arriva a Rieti Cliff Meely. Sojourner e Meely formeranno così una delle migliori coppie di stranieri del campionato. La Sebastiani annoverava in squadra giovani campioni come Roberto Brunamonti e Domenico Zampolini. I reatini vincono il campionato di Serie A2 accedendo ai play-off scudetto, dove si classifica al terzo posto, miglior risultato di sempre.
Nella stagione 1978-79 la squadra resta molto competitiva e schiera anche Gianfranco Sanesi, guardia nativa di Rieti. I risultati sono ottimi: la Sebastiani raggiunge le semifinali play-off e la finale di Coppa Korac, dove si arrende in finale solo al Partizan Belgrado, che vince davanti al pubblico di casa.
Gianfranco Sanesi in canotta Sebastiani nel campionato 1979-80
Per il campionato 1979-80 l’esigenza di far cassa porta alla cessione di Domenico Zampolini (girato a Pesaro) e Cliff Meely. Al posto dell’americano arriva Lee Johnson, atleta meno tecnico ma dotato di un’impressionante elevazione. La corsa in campionato si ferma ai quarti dei Play off ma è nella Coppa Korac che arriva la più grande impresa dello sport reatino. La Sebastiani arriva nuovamente in finale e a Liegi la squadra piega il Cibona Zagabria per 76-71. Con la conquista della Coppa Korac e dopo quattro stagioni piene di soddisfazioni, si chiude il ciclo di Elio Pentassuglia, che approda alla panchina di Varese.
Nelle stagioni successive Rieti non riesce a confermarsi ai vertici, pur mantenendosi su buoni livelli e continuando a scegliere validissimi giocatori statunitensi, come Tony Zeno.
L’estate del 1982 vede la partenza di Willie Sojourner, nel febbraio 1983 lascia anche il presidente Renato Milardi segnando la fine di un’epoca. Al termine di quel campionato la Sebastiani è retrocessa in Serie A2.
Seguono cinque stagioni nella seconda serie, con la società che, tra alti e bassi, fa sempre più fatica a far quadrare i conti. Il giocatore più rappresentativo di questo periodo è Joe Bryant, padre della futura stella NBAKobe Bryant, che iniziò a tirare a canestro proprio nel capoluogo sabino.
Il declino
L’ultima partita della Sebastiani in Serie A2 fu disputata a Rimini il 2 aprile 1988, ultima di campionato; la squadra venne sconfitta per 84-83 dalla Biklim Rimini con un canestro allo scadere dell’ex Maurizio Ferro e retrocessa in Serie B.
L’avventura di Rieti in Serie B inizia nel tentativo di tornare nella lega superiore: viene richiamato in panchina Elio Pentassuglia, ma il tecnico pugliese muore in un incidente stradale. La stagione della squadra rimane definitivamente segnata e non vengono raggiunti nemmeno i play-off.
A causa delle difficoltà economiche, nel campionato 1989-90 si allestisce una squadra di giovani da valorizzare, senza successo, e la Sebastiani retrocede così in B2. Il capitano e bandiera della squadra, Gianfranco Sanesi, si trasferisce a Contigliano, in Serie C1.
Dopo vari tentativi, nel 1993-94 la AMG Sebastiani riesce a risalire in Serie B1, imponendosi 92-80 dopo lo spareggio contro Potenza sul neutro di Pozzuoli, ma la situazione economica rimane problematica e anche la nuova proprietà (subentrata dopo la promozione) non riesce a porre rimedio.
Al termine della stagione 1996-97 il deficit diventa insostenibile, si cercano invano nuovi acquirenti e sfuma anche uno scambio di titoli per acquisire quello A2 di Pistoia. Oberata dai debiti, la società AMG Sebastiani non riesce ad iscriversi al campionato e conclude la sua attività dopo 51 anni di storia.
Prima rinascita: la Nuova A.M.G. Sebastiani Basket
Nel 1998 con l’acquisizione dei diritti di Sant’Antimo B2 da parte dell’Ass. allo Sport Marzio Leoncini e dal DR. David Angeletti, nasce una nuova squadra alla quale il General Manager Attilio Pasquetti decide di dare il nome di Virtus Rieti, con nuove divise arancio-blu. Protagonisti della nascita della nuova società furono oltre al patron Davide Angeletti (già contattato per rilevare la AMG Sebastiani) e Pier Luigi Persio, con la collaborazione di Michele Martinelli, primo presidente venne eletto Pier Luigi Persio. La Virtus venne iscritta con riserva alla serie B1 dove giocò grazie alla rinuncia di Desio, la squadra allestita era buona e sotto la guida di Franco Gramenzi dominò la stagione regolare, ai play-off per la promozione però dovette arrendersi a Bergamo al primo turno.
Nella stagione seguente, la squadra sempre allenata da Franco Gramenzi arrivò seconda in stagione regolare. Questa volta ai play off raggiunse la finale dove incontrò Castelmaggiore, la serie si decise alla terza ed ultima partita che Rieti perdette in casa 59-67 per la delusione di un gremito Palaloniano (5.432 spettatori) che sognava il ritorno tra i professionisti.
Nelle due stagioni successive (2000-01 e 2001-02) la presidenza passò a Davide Angeletti, ma, nonostante l’obiettivo rimanesse quello di raggiungere la Legadue (che sostituì la serie A2 nel 2001-02), furono avare di soddisfazioni. L’anno successivo Davide Angeletti lasciò in favore di Michele Martinelli. La presidenza fu offerta a Gaetano Papalia e venne ingaggiato Antonello Riva, miglior marcatore di tutti i tempi della serie A. La squadra ebbe un inizio stentato, poi alcune correzioni in corsa e l’arrivo sulla panchina di Maurizio Lasi le permisero di raggiungere i play off. Nei quarti di finale contro Vigevano il fattore campo saltò in tutte e tre le partite e la Virtus fu eliminata.
L’arrivo di Papalia
L’anno seguente Gaetano Papalia rilevò la società da Michele Martinelli, fu recuperato il nome storico cambiando la denominazione della squadra in Nuova A.M.G. Sebastiani Basket e l’amaranto ed il celeste tornarono ad essere i colori ufficiali. Fu assemblato un ottimo gruppo che dopo aver vinto la stagione regolare conquistò la coppa Italia di categoria battendo in finale Castelletto Ticino per 85-79. Ai play off Rieti perse di nuovo in finale, questa volta contro Montegranaro, ma aveva ancora l’oppurtunità di giocare lo spareggio per la Legadue contro la sconfitta dell’altra finale: Trapani. Si arrivò a gara tre e la Nuova Sebastiani questa volta non si lasciò sfuggire la promozione davanti al proprio pubblico, vincendo per 75-66.
Il primo anno di Legadue complice un po’ di inesperienza iniziò con qualche difficoltà ed il roster fu cambiato più volte in corsa, strada facendo grazie anche all’innesto di ottimi americani come David Hawkins prima e Jimmie Hunter poi, le cose migliorarono e furono raggiunti i play off dove arrivò la sconfitta al primo turno contro Montegranaro.
Nell’estate del 2005 arriva in città Marcus Melvin, ala forte esordiente in Italia, che diventerà uno dei migliori giocatori del campionato. La squadra allestita con l’obiettivo di puntare alla promozione in serie A termina la stagione regolare al quinto posto, ai play off dopo aver eliminato Imola e Ferrara, in finale trova di nuovo Montegranaro. Come nelle due occasioni precedenti la Sebastiani si arrese ai marchigiani che chiusero la serie 3-1.
Il 2006-07 si apre con una campagna acquisti di prim’ordine che porta a Rieti Joe Smith, Davide Bonora, Michele Mian e Patricio Prato, in panchina Maurizio Lasi viene sostituito da Lino Lardo. La squadra disputa una buona prima parte di campionato ma è sempre costretta ad inseguire Caserta che vince quasi tutte le partite. Il roster viene ritoccato e vengono inseriti Wade Helliwell e Marko Verginella a rinnovare quasi completamente il reparto dei lunghi (escono Simone Bagnoli e Chris Pearson). Ad inizio marzo al PalaSojourner, la Sebastiani vince la Final Four di Legadue battendo in successione Rimini e Ferrara. In campionato, complice un calo di Caserta, la squadra riesce a recuperare lo svantaggio ed arriva ad un finale di stagione equilibratissimo. Il campionato finisce con Rieti, Rimini e Caserta a pari punti ma grazie alla differenza canestri la Sebastiani è prima e può festeggiare il ritorno della serie A a Rieti dopo più di vent’anni.
Il ritorno in Serie A
La stagione 2007-08, segna dunque il ritorno in Serie A. Rieti infatti dopo un’assenza dalla massima serie durata 24 anni, può tornare fra le prime formazioni d’Italia, posto che aveva occupato già in passato. L’estate che aveva preceduto l’inizio del campionato, non era stata delle più tranquille, tanto che per mesi si era palesata anche la possibilità di cedere il diritto conquistato sul campo, ad un’altra città per la difficoltà di reperire sostegno economico, in primis quello di un main sponsor. La vicenda si risolverà poi con l’accordo siglato fra il Club amaranto celeste e la Solsonica. Dunque, sbrogliati i più immediati problemi economici, può finalmente sbloccarsi la campagna acquisti, che fino a quel momento era rimasta sospesa. Tra i giocatori che sbarcano a Rieti si ricordano Pape Sow dai Toronto Raptors e Morris Finley dall’Euphony Basket Liège, che si rivelerà poi il miglior marcatore della Lega. Il ritorno della Sebastiani, va in scena con la partita che vede opposta alla formazione Sabina, l’Olimpia Milano, in un PalaSojourner gremito e leggermente rinnovato per l’occasione, che vedrà alla fine la Sebastiani prevalere sulla pluridecorata squadra lombarda. Il campionato procederà con relativa tranquillità e la Sebastiani sfiorerà sia le final eight di Coppa Italia, sia i play-off di fine campionato per la lotta per il Tricolore. Alla fine la formazione Reatina conquisterà il tredicesimo posto e una salvezza, già certa a cinque giornate dalla fine.
Secondo anno in massima serie
Nel suo secondo anno in serie A la Nuova Sebastiani otterrà la salvezza all’ultima giornata ai danni della Fortitudo Bologna. La stagione cominciata sotto buoni auspici con la costruzione di un roster di prim’ordine sarà invece caratterizzata durante il corso dell’anno da un’infinità di difficoltà impensabili. La squadra perderà man mano pezzi importanti come Tim Pickett, Donnell Harvey, Guillaume Yango, Patricio Prato e Pervis Pasco, per non parlare inoltre dei due punti di penalizzazione inflitti alla società per irregolarità amministrative. Nonostante ciò grazie alla straordinaria bravura del tandem Lardo-Giuliani, un roster corto e assai modesto riuscirà nell’impresa di salvarsi grazie a straordinarie quanto inaspettate vittorie contro compagini ben più attrezzate come Virtus Bologna, Angelico Biella, Fortitudo Bologna, Air Avellino e Ngc Cantù in un girone di ritorno perfetto in cui la Solsonica farà parlare molto di sé in tutto l’ambiente del basket italiano. L’intera stagione è però funestata dai continui problemi economici e dalle voci che girano su un debito sempre più profondo. Tutto ciò viene rafforzato dai continui allarmi lanciati dal presidente Papalia, che già a inizio 2009 minaccia la vendita del titolo o la messa in liquidazione della società se non verranno trovate altre risorse per continuare l’avventura in A. Tra un futuro sempre più nero e un presente pieno di sofferenze la Nuova Sebastiani si presenta all’ultima giornata con due punti di svantaggio dalla Fortitudo Bologna che nonostante i milioni spesi e i molti acquisti nel corso dell’anno non è riuscita a tirarsi fuori dalla zona retrocessione. Proprio nell’ultima domenica di campionato, il 10 maggio, si consuma l’ultimo miracolo, Bologna perde a Teramo mentre la NSB espugna il campo della già retrocessa Udine conquistando grazie alla migliore differenza canestri negli scontri diretti il suo personalissimo scudetto, quello della seconda soffertissima salvezza in A.
Il trasferimento a Napoli e la fine
Terminata la sbornia per la nuova impresa, a Rieti si deve pensare a conquistare l’altra salvezza, ancora più difficile di quella del 10 maggio. Infatti la permanenza in serie A passa da eventuali nuovi sponsor e risorse che dovranno necessariamente entrare nelle casse societarie. In tal senso agli inizi di giugno sembra già tutto risolto per il meglio, con l’annuncio della sponsorizzazione ACEA per il PalaSojourner e con contatti già ben avviati con Wind. Tuttavia alla fine la tanto annunciata firma sul contratto non arriverà mai e dopo due mesi di rinvii, il presidente Papalia pone fine alla vicenda operando il trasferimento del campo di gioco al PalaBarbuto di Napoli, concludendo una trattativa iniziata e conclusa in pochi giorni. Il presidente motivò la scelta in questo modo:
«Quello che posso dire è che ci è stato concesso perché il PalaSojourner non è a norma per la serie A. Fate attenzione: non parlo di parametri tecnici, ma di parametri economici. Il palazzo si trova in una zona depressa che non consente di avere incassi in termini di pubblico o di spazi pubblicitari sufficienti a sostenere una serie A. Requisiti che, al contrario, il PalaBarbuto ha e per questo abbiamo chiesto ed ottenuto la deroga.[4]»
Così Rieti vede sparire di nuovo il basket professionistico e il presidente Gaetano Papalia è bersagliato dai tifosi di insulti e accuse, reo a loro parere di aver portato via alla città di Rieti una storia, un nome ed una tradizione nati nel lontano 1946.
Il ritorno del grande basket a Napoli, anche se a discapito di una città come Rieti che nel basket ha profuso molte energie, viene invece accolto positivamente sia dal presidente della F.I.P. Dino Meneghin, da sempre desideroso di riportare nell’élite del basket italiano una grande città come Napoli, sia dal presidente del C.O.N.I.Giovanni Petrucci, che qualche giorno prima del via libera al trasferimento commentava così tale possibilità:
«Non voglio entrare in faccende che sono di competenza della federazione, ma certo che avere Napoli in serie A sarebbe un vantaggio per il basket italiano. Da parte mia non posso che esprimere un auspicio, naturalmente fatti salvi tutti i diritti di Rieti[5]»
e ancora:
«Mi auguro che il basket torni in questa città – dice Petrucci -. Sono per lo sport nelle grandi piazze e sarebbe bello rivedere il Palabarbuto pieno. Del resto, la Virtus Roma è in serie A perché prese il titolo di Desio, non vedo quindi la novità. Non posso che essere favorevole a portare lo sport dove la gente lo vuole. Non conosco le regole del basket, queste questioni sono di competenza di Meneghin e della Fip. Sono loro che daranno l’ok, ma credo che alla Fip convenga avere Napoli nella massima serie, anche dal punto di vista pubblicitario.[6]»
Queste dichiarazioni scatenarono l’ira dei tifosi reatini, che ritennero di cattivo gusto le parole del presidente del CONI, nelle quali tutto è ridotto a una questione di convenienza e pubblicità.
Il destino della società rimase inizialmente incerto, almeno ufficialmente, dato che la deroga fu concessa per un solo anno, mentre da Napoli si affermava che la società sarebbe restata nel capoluogo campano per almeno tre anni[7].
A Napoli, Papalia trasferisce una società al collasso, che sembrerebbe non avere soldi per produrre un campionato dignitoso. Nell’autunno 2009, raggiunta la sponsorizzazione con la Martos (Società finanziaria) la rotta sembra cambiare: vengono ingaggiati il nigeriano Adeleke (successivamente tagliato), l’asso ex-NBA Damon Jones e il lettone Armands Šķēle. Successivamente viene messo sotto contratto anche il centro Robert Traylor.
Nel breve volgere di metà campionato, tuttavia, la società si ritrovò con problemi più grandi di quelli con cui si era allontanata da Rieti: a causa degli stipendi non pagati, molti giocatori decidono di abbandonare la società, sulle cui maglie non compariva neanche più lo sponsor[8], tanto che nelle ultime apparizioni sui parquet della Serie A fu costretta a schierare sul campo partenopeo gli under 19 provenienti inizialmente da Napoli e Rieti[9] e poi solo da Rieti.
La giustizia sportiva penalizzò la squadra, già partita con 2 punti in meno, con altri 6 punti. La Giudicante penalizzò la squadra di 8 punti per la successiva stagione, e inibì Papalia per 3 anni e 4 mesi. La Corte Federale confermò l’inibizione a Papalia e comminò 12 punti di penalità da scontare per la successiva stagione. La società fece ricorso al TAS Coni.
A stagione ancora in corso la squadra fu esclusa dal campionato, per non aver pagato la 2° rata professionistica alla LegaBasket, e tutte le partite furono considerate perse 20-0 a tavolino.
Il 15 aprile 2010, la commissione agonistica della FIP ha annullato tutta la stagione della squadra e la ha esclusa dalla classifica, decretando di fatto la definitiva chiusura anche di questo capitolo, lungo poco più di un decennio, della pallacanestro reatina.
Seconda rinascita: la Sebastiani Basket Club Rieti
Il duro colpo non cancella però Rieti dal panorama della palla a spicchi italiano, infatti gli occhi della città si spostano subito verso un’altra società locale: il Rieti Basket Club, dal quale trarrà origine l’attuale sodalizio. Questa società nasce nel 2006, quando ancora la NSB militava in LegaDue come “Spes Pallacanestro Rieti” e con l’acquisto del titolo sportivo del Vallesanta Basket, piccola formazione reatina, è ammessa al campionato di Serie D. Qui la società disputa un campionato che la vede sconfitta solo in due incontri, chiudendo così al primo posto e conquistare immediatamente la promozione in Serie C2[10]. L’anno seguente, stagione 2007-2008, chiude la stagione regolare da imbattuta e nei play-off vince la finale contro la Virtus Monterotondo, centrando la seconda promozione consecutiva e approdando questa volta in Serie C Dilettanti[10].
Per la stagione 2008-2009 di C Dilettanti, un nuovo allenatore, Marco Schiavi, si siede sulla panchina a tenere le redini della formazione ampiamente rinnovata. Durante il campionato un cambio in corsa porterà poi Claudio Vandoni, vecchia conoscenza del basket reatino a ricoprire il ruolo di head coach. Piazzatasi terza in classifica, affronta quindi i play-off dove in finale se la vede con Torre dei passeri, che viene sconfitta 3 a 1 mettendosi in tasca la terza promozione di fila che questa volta vale la Serie B Dilettanti. Nel settembre 2009 la denominazione della società viene mutata in Rieti Basket Club e il club lascia il piccolo PalaSpes sito nella frazione di Poggio Fidoni, palasport fino ad allora teatro degli incontri casalinghi, per trasferirsi al PalaSojourner[10].
Nello storico impianto di Campoloniano, Rieti continua la sua corsa disputando il nuovo campionato 2009-2010 con l’obiettivo della promozione diretta nella categoria superiore, ma a causa di numerosi infortuni che riducono all’osso gli elementi a disposizione dell’allenatore Alessandro Crotti, la formazione sabina chiude la stagione regolare al secondo posto e prende così parte ai play-off dove viene tuttavia eliminata dal Patti. Il quarto salto di categoria consecutivo arriva però comunque perché, a seguito dell’esclusione di tre club dalla Legadue, che libera tre posti nella A Dilettanti 2010-11, la società avanza ufficialmente richiesta di ripescaggio, che verrà poi accolta.
Nel 2010 la società attraversa una fase di cambiamento, costituendosi come S.r.l. Poco dopo si verifica anche un cambio al vertice: Marzio Leoncini, che dal 2006, anno della fondazione, aveva tenuto le redini del progetto, lascia la carica di presidente in favore di Silvio Gherardi. Come ultimo passo viene mutata la denominazione: con la partenza della NSB dal capoluogo sabino, l’anno precedente infatti il Rieti Basket Club si era trovato ad essere la prima formazione cestistica della città ed era stata avanzata l’ipotesi di restituire a Rieti la denominazione Sebastiani ripartendo proprio dall’RBC, ipotesi sostenuta anche da due sondaggi, uno apparso sul sito internet della società e uno su quello della tifiseria organizzata. Questo si rese possibile nel 2010 quando, a seguito della richiesta della società, la FIP l’autorizzò ad assumere la denominazione ufficiale di Sebastiani Basket Club Rieti[10][11].
Stagione 2010-2011: A Dilettanti
Per la prima stagione in Serie A Dilettanti 2010–2011, l’obiettivo principale della Sebastiani è la salvezza, compito tutt’altro che semplice per via della riforma dei campionati dilettantistici, in conseguenza della quale le retrocessioni previste per questo campionato sono sedici. Il torneo non si apre nel migliore dei modi per gli amaranto celesti, che inanellano una serie di cinque sconfitte consecutive che schiacciano subito la società all’ultimo posto in classifica palesando già lo spettro della retrocessione. La dirigenza corre quindi ai ripari e rivoluziona il roster: il netto fra vittorie e sconfitte viene ben presto invertito con una serie di sei successi consecutivi, striscia che permette ai reatini di entrare in zona playoff. Con il procedere del campionato la Sebastiani riesce, malgrado alcuni infortuni, a mantenersi fuori dalla retrocessione diretta. Nel girone di ritorno, però, qualcosa si rompe, con la Sebastiani che subisce sette sconfitte in otto partite[12]. Di conseguenza la società convoca due incontri, uno con l’allenatore Alessandro Crotti e il capitano Davide Zambon e l’altro con tutti i giocatori, dai quali emerge l’esistenza di attriti a livello individualistico e nei rapporti interpersonali fra gli atleti, ma nessun contrasto con il tecnico. La società decide di sanzionare due giocatori, uno dei quali si scuserà subito dopo con la squadra, i dirigenti e i tifosi[13]. Nel frattempo viene ingaggiato Federico Lestini[14]. Una boccata di ossigeno arriva con la vittoria contro la Nuova Virtus Molfetta che consente alla Sebastiani di ritirarsi fuori dalla zona playout. Tuttavia, a seguito di un’ulteriore sconfitta interna contro il fanalino di coda Palestrina, la squadra scende nuovamente in zona playout e il tecnico Alessandro Crotti decide di lasciare la guida della Sebastiani, venendo sostituito da Rod Griffin[15][16]. Il cambio in panchina non sortisce però gli effetti sperati: Rieti infatti vince solo due partite e, dopo l’ultima sconfitta casalinga con Ferentino, retrocede in Serie B Dilettanti ad un solo anno di distanza dalla promozione. A distanza di 21 anni dall’ultima volta, quindi, la Sebastiani retrocede sul campo.
Stagione 2011-2012: Divisione Nazionale B
Dopo aver tentato sia la carta del ripescaggio che quella della riammissione in Divisione Nazionale A, vedendosi tuttavia costretta a rimanere in Divisione Nazionale B per insufficienza di posti vacanti disponibili nella categoria superiore, la società inizia un cambiamento nel suo organigramma nominando Michele Martinelli nuovo direttore generale[17] mentre pochi giorni dopo Franco Montorro diventa il Direttore Marketing e Comunicazione[18]. Sulla panchina viene chiamato Donato Avenia. La costruzione della rosa inizia con Christian Cappanni[19] (che tuttavia rescinderà il contratto ancora prima dell’inizio del campionato), Luca Rossi[20]e Leonardo Busca[21]. Con la campagna acquisti ancora in corso la società perde il Direttore Sportivo Attilio Pasquetti che si dimette nei primi di agosto. La costruzione della nuova rosa prosegue con gli arrivi di Stefano Gallea[22], Federico Pugi[23]e Luca Sottana[24]. Torna inoltre a giocare a Rieti Simone Bagnoli[25]. Alla rosa a disposizione di Avenia si aggiungono Antonio Lepre, Sergio Di Nicola, Eduardo Striano, Stefano Laudoni, Paolo Zanatta, Ivan Falsini, Marco Vian ed Emanuele Levorato. Il girone d’andata inizia bene, con due successi consecutivi rispettivamente contro Scauri e Bisceglie. La prima sconfitta in campionato però non tarda ad arrivare: al turno successivo infatti, la Sebastiani commette un passo falso in casa contro Martina Franca[26], in seguito alla quale ottiene quattro successi consecutivi[27]. All’ottava di campionato, fra le mura amiche, arriva la sfida con la capolista Agrigento, fino a quel momento imbattuta. I siciliani espugnano il PalaSojourner, con Rieti che, inoltre, perde Luca Sottana durante l’incontro a causa della rottura del tendine di Achille[28]. I problemi per Rieti non terminano qui, perché pochi giorni dopo la partita il Giudice Sportivo Nazionale decreta la squalifica del PalaSojourner per tre gare per via delle intemperanze post gara del pubblico reatino, squalificando poi per quattro incontri Simone Bagnoli[29]. Nel frattempo, viene ingaggiato il centro Max Politi[30] e, sul fronte societario, arriva un nuovo cambio al vertice, con la nomina di Giuseppe Rosati Colarieti come Presidente, in luogo di Silvio Gherardi. Alla sconfitta con Agrigento fanno seguito altri due passi falsi: il primo a Roseto, dopo il quale la società torna sul mercato ingaggiando l’ala Salvatore Genovese[31], il secondo contro Potenza, prima del quale arriva in prestito dalla Mens Sana Basket Siena il playmaker classe 91 Duccio Doretti[32], in un match disputato sempre al PalaMaggetti, campo nel frattempo scelto dalla società per far fronte alla squalifica del PalaSojourner[33]. Nel frattempo la Commissione Giudicante Nazionale Fip riduce le giornate di squalifica del campo reatino e di Simone Bagnoli a due turni[34]. Dopo la terza sconfitta consecutiva, con relativa discesa al sesto posto in classifica, Avenia viene esonerato e sostituito da Massimo Friso (non prima del turno successivo, in cui Rieti ritrova la vittoria sul campo di Agropoli, con Roberto Peron a tenere le redini della panchina[35]). Il nuovo coach stecca le prime due sfide, rispettivamente contro la Stella Azzurra sul neutro di Anagni e in trasferta contro Pescara, e la squadra scivola al settimo posto in classifica. Prima della pausa natalizia, nuovamente fra le mura amiche del PalaSojourner, la Sebastiani ritrova il successo battendo Francavilla. Vengono in seguito tagliati Max Politi e Simone Bagnoli, e al posto di quest’ultimo viene ingaggiato Davide Zambon, già a Rieti l’anno precedente. Inoltre, una nuova assemblea dei soci produce un ulteriore cambiamento al vertice, nominando Carmine Rinaldi presidente. All’inizio del girone di ritorno, inaspettatamente, Friso, si dimette, così come Franco Montorro, direttore comunicazione e marketing della società [36], e Michele Martinelli [36]. La squadra viene definitivamente affidata a Roberto Peron. Sul fronte giocatori, Politi viene reintegrato in squadra per sopperire all’assenza di Vian per infortunio. Il girone di ritorno si apre con una vittoria ai danni di Scauri, seguita però da due sconfitte, dopo le quali la società interviene nuovamente sul mercato, ingaggiando il playmaker argentino Victorio Musso. La stagione prosegue tra alti e bassi, con gli amarantocelesti che concludono al settimo posto in classifica, qualificandosi ai playoff, dove vengono eliminati nei quarti di finale contro Martina Franca per 2-1. Al termine della stagione, a causa di inadempienze contrattuali, la società viene radiata dalla federazione.
Terza rinascita: l’era Pietropaoli e la Real Sebastiani Rieti
Otto anni dopo lo scioglimento della Sebastiani, durante i quali l’eredità della pallacanestro reatina viene raccolta dalla N.P.C. Rieti del presidente Giuseppe Cattani, capace di sfiorare la promozione in LBA nella stagione 2018-2019, nell’estate 2020 nasce la Real Sebastiani Rieti, con presidente Roberto Pietropaoli, ex patron del Real Rieti Calcio a 5, rilevando il titolo sportivo di Serie B di Valmontone. L’obiettivo societario è quello di riportare la Sebastiani nella massima serie nel più breve tempo possibile[37][38].
Stagione 2020-21: un nuovo inizio
La campagna acquisti, inizialmente condotta dal GM Paolo Moretti (successivamente sostituito da Domenico Zampolini) porta alle pendici del Terminillo i giocatori Federico Loschi, Klaudio Ndoja e Andrea Traini, ai quali si aggiungono le ali Alberto Cacace, Matias Drigo ed Enzo Cena, la guardia Manuel Diomede e gli under Vincenzo Provenzani e Marco Di Pizzo, oltre ai ritorni a Rieti del centro Simone Bagnoli e della guardia Juan Marcos Casini. L’allenatore è Alex Righetti, unico confermato dallo staff tecnico insieme al suo assistente Antonio Carone. La squadra comincia bene, superando il proprio girone di Supercoppa con tre vittorie (contro Formia, LUISS Roma e Cassino) e battendo Teramo a domicilio negli ottavi di finale, approdando alle Final Eight, ma viene sconfitta in semifinale contro Nardò. La regular season vede la Sebastiani cominciare con nove successi di fila e mantenere la testa alla classifica tanto nella prima quanto nella seconda fase, concludendo il girone D con un bilancio di 20 vittorie su 22 partite. Rieti, inoltre, ottiene la qualificazione alle Final Eight di Coppa Italia, disputate a Cervia, dove viene sconfitta in finale contro la Pallacanestro Piacentina. La rosa viene rivoluzionata nel corso del campionato, con le cessioni di Bagnoli, Casini, Cacace e Diomede e gli arrivi di Paolo Paci, Eric Visentin e Nicolò Basile. Poco prima dei playoff arriva anche Lorenzo Panzini. La corsa della Sebastiani nella post-season si ferma in semifinale, dove i reatini vengono sconfitti da Roseto per 3-0 (al termine di gara 1 Righetti e Carone vengono esonerati e sostituiti dall’assistente allenatore Mauro Angelucci e da Massimo Prosperi, responsabile del settore giovanile, per il prosieguo dei playoff), dopo aver superato Jesi per 3-1 nei quarti.
Stagione 2021-22: le 19 vittorie consecutive e la delusione finale
Della precedente rosa vengono riconfermati Loschi, Ndoja e Traini (con quest’ultimo che però, a causa dei numerosi infortuni che lo terranno spesso lontano dal parquet, verrà escluso dalla rosa a stagione in corso). A questi giocatori si aggiungono gli arrivi dei playmaker Nicolás Stanic e Alessandro Piazza, delle guardie Marco Contento e Lorenzo Piccin, dell’ala piccola Omar Dieng, dell’ala forte Mario Ghersetti e dei centri Alberto Chiumenti, anch’egli lasciato fuori a stagione in corso, e Roman Tchintcharauli. Il nuovo allenatore è Alessandro Finelli. In Supercoppa di Serie B, dopo aver battuto nettamente Avellino e Piombino, arriva l’eliminazione dalle Final Eight ad opera dei rivali cittadini della N.P.C. Rieti per 85-82. Il campionato inizia con una vittoria su Rimini, ma il girone di andata prosegue tra alti e bassi e la RSR non si qualifica alle finali di Coppa Italia. Il girone di ritorno inizia malissimo: la Sebastiani perde a Rimini, successivamente Cesena espugna il PalaSojourner. Qui si ha però la svolta positiva della stagione: Finelli, precedentemente esonerato viene richiamato, così come il preparatore atletico Luca Verdecchia, la squadra ritrova gioco e compattezza e anche la serie di infortuni inizia pian piano a volgere al termine. Nel frattempo giungono alle pendici del Terminillo due nuovi giocatori: Marco Maganza (centro), in sostituzione di Chiumenti, e Zdravko Okiljević (ala forte). Dopo una sconfitta nella stracittadina d’andata, recuperata durante il girone di ritorno a causa dei focolai di COVID-19 che hanno colpito la RSR prima e la NPC poi, la Sebastiani non perderà più alcuna partita fino alla semifinale playoff, mettendo insieme una striscia di 19 vittorie consecutive (di cui 13 in stagione regolare e 6 nei playoff), compresi lo stesso derby di ritorno contro la NPC e lo scontro diretto contro la capolista Roseto, concludendo la stagione regolare al secondo posto del girone C. Nei playoff, la Sebastiani supera Reggio Calabria nei quarti e Senigallia in semifinale, qualificandosi alla finale contro Agrigento, capolista nel girone D. La RSR perde nettamente le prime due sfide in terra siciliana, riscattandosi in gara 3 e 4 al PalaSojourner. Nella decisiva gara 5, disputata ancora ad Agrigento, gli uomini di coach Finelli perdono per 63-60 e vedono dunque sfumare all’ultimo l’obiettivo promozione.
Stagione 2022-23: il ritorno in A2
Il presidente Pietropaoli cambia allenatore, affidando il ruolo di head coach della squadra a Sandro Dell’Agnello. Tra i giocatori vengono riconfermati il capitano Alessandro Piazza, Marco Contento, Lorenzo Piccin e Zdravko Okiljević, mentre, sul fronte dei nuovi arrivi, il mercato porta a Rieti la guardia ex N.P.C. Simone Tomasini e il playmaker Marco Spanghero, fresco di promozione in A1 con la maglia di Verona. Altri arrivi sono quelli di Riccardo Chinellato, Ferdinando Matrone, Nicola Mastrangelo, Alessandro Paesano e Alessandro Ceparano. A completare il roster sono i giovani Danilo Pavićević, Alen Nuhanović e Gianluca Frattoni. In Supercoppa, la Sebastiani esordisce nei sessantaquattresimi di finale contro Matelica, superandola per 74-69. Il cammino di Rieti nella competizione si ferma nei sedicesimi di finale, in cui arriva l’eliminazione per mano di Roseto, poi finalista. Di contro, in campionato, la Sebastiani chiude al primo posto in classifica la fase di andata, qualificandosi ai quarti di finale di Coppa Italia, vinti per 89-50 a spese della LUISS Roma. Nel frattempo però si infortuna gravemente Spanghero, per il quale la stagione finisce in anticipo, venendo sostituito sul mercato da Franko Bushati, arrivato insieme ad Alessio Mazzotti. Sotto canestro viene invece ingaggiato il centro Giordano Pagani da Torino. Nel girone di ritorno, la Sebastiani conclude la stagione regolare al primo posto. Nelle Final Four di Coppa Italia, Rieti supera Faenza in semifinale per 74-72, soccombendo però in finale contro Orzinuovi per 45-66. A stagione in corso, in seguito all’esclusione di Ferrara dal campionato di A2, arriva il centro Samuele Valente. Nei playoff, in semifinale, la Sebastiani affronta Sant’Antimo, classificatasi al quarto posto nel girone D, battendola per 3-0 e qualificandosi alla finale per accedere al concentramento nazionale, nella quale prevale per 3-1 contro Faenza, qualificandosi al concentramento nazionale di Ferrara. Alla Giuseppe Bondi Arena, però, la Sebastiani perde tutte e tre le sue partite (contro LUISS Roma, Orzinuovi e Vigevano), venendo di fatto esclusa dalla promozione in A2. Il 24 giugno, cinque giorni dopo la fine del concentramento, la società annuncia di aver acquisito il diritto sportivo della Pallacanestro Mantovana, riportando la Sebastiani in A2[39].
Stagione 2023-24: la Serie A2
Durante la conferenza stampa di presentazione del progetto della Real Sebastiani in Serie A2, il presidente Roberto Pietropaoli annuncia ufficialmente l’ex N.P.C. Rieti e Scafati Basket Alessandro Rossi come nuovo allenatore[40], oltre alle conferme di Marco Spanghero e Lorenzo Piccin[41]. Sul mercato, il primo ingaggio è quello di Davide Raucci[42]. Arrivano in seguito, a completare il pacchetto degli italiani, il play-guardia Vittorio Nobile, le ali Alvise Sarto, Nazzareno Italiano e Danilo Petrovic e il centro Andrea Ancellotti. Per quanto riguarda i due americani, la società vira sul play-guardia Jazz Johnson e sull’ala-centro Dustin Hogue. Infine, viene confermato il play Gianluca Frattoni a completamento delle rotazioni. In precampionato, nell’amichevole disputata al PalaSojourner valida per il 1º Memorial Riccardo Blasi[43], la Sebastiani batte Napoli, formazione militante in A1, con il punteggio di 91-89 dopo un supplementare[44]. In Supercoppa LNP, la Sebastiani, inserita nel girone con LUISS Roma e Latina, perde il match contro i romani per 75-70[45] ma passa il turno per differenza canestri grazie alla vittoria interna sui pontini con il punteggio di 73-58[46]. Dopo aver superato Cento in trasferta nei quarti di finale[47], Rieti sì qualifica alle Final Four di Montecatini, ma viene battuta in semifinale da Treviglio[48]. In campionato la Sebastiani si rende protagonista di una buona prima fase, conclusa al quarto posto con 26 punti, frutto di 13 vittorie e 9 sconfitte. Durante la stagione arrivano il playmaker Giacomo Sanguinetti e l’ala-centro Karl Markus Poom, mentre Gianluca Frattoni viene ceduto in prestito a San Severo. Nella fase a orologio la Sebastiani continua a giocare bene e ad ottenere risultati di rilievo, tra i quali spiccano le vittorie in trasferta contro la Fortitudo Bologna e Udine e il successo interno contro Rimini, concludendo la stagione regolare al terzo posto. Nei playoff, la RSR affronta proprio Rimini nei quarti di finale, superandola per 3-0, qualificandosi alla semifinale contro la Fortitudo. I bolognesi, tuttavia, prevalgono sugli amarantocelesti con lo stesso punteggio, eliminandoli dalla corsa alla promozione in A1[49][50].
Stagione 2024/2025
Anche grazie ai rinnovi contrattuali di Johnson, Sarto, Spanghero e Piccin, nonché di coach Rossi e dell’intero staff tecnico, la Sebastiani parte da una buona base nella costruzione della rosa per il campionato venturo. A pochi giorni da gara 3 contro Bologna, vengono inoltre annunciati i primi due innesti: il playmaker Diego Monaldi e l’ala forte Ion Lupusor. Ulteriori ingaggi della Sebastiani nel settore lunghi sono le ali-centro Giorgio Piunti e Alexander Cicchetti, mentre sugli esterni arriva Nemanja Gajic, il cui contratto viene successivamente rescisso a fine agosto, venendo sostituito da Matteo Pollone. A completamento della rosa, in sostituzione di Hogue, il nuovo centro USA della Sebastiani viene individuato nell’ex Trieste e Varese Skylar Spencer. Per allungare ulteriormente le rotazioni si registrano, inoltre, l’arrivo dell’ala piccola Kenneth Viglianisi e l’aggregazione in prima squadra del reatino Mattia Cicchetti, protagonista nelle Finali Nazionali Under 15 disputate l’anno precedente sempre con la Sebasti
Roma-La Fondazione Pastificio Cerere celebra i suoi vent’anni con due mostre
Roma-La Fondazione Pastificio Cerere, spazio di produzione artistica, centro di scambio culturale e di incontro per artisti e curatori, celebra vent’anni dalla sua istituzione con due mostre, a cura del direttore artistico Marcello Smarrelli, l’apertura di una nuova area espositiva e di un inedito percorso per la collezione permanente.
La Fondazione ha sede nell’ex Pastificio Cerere, la più antica delle fabbriche del quartiere di San Lorenzo fondata nel 1905. Grazie ad uno dei più riusciti interventi di rigenerazione urbana in ambito privato, gli spazi industriali sono stati gradualmente riconvertiti in atelier dove gli artisti ancora oggi lavorano e vivono, diventando un punto di riferimento nella scena culturale di Roma e una fucina di creatività interdisciplinare fortemente recettiva alle novità e all’avanguardia artistica.
La Fondazione Pastificio Cerere nasce nel 2004 con la presidenza di Flavio Misciattelli, avviando una regolare programmazione con la realizzazione di una moltitudine di mostre e progetti e divenendo uno dei luoghi più vivi del contemporaneo nel panorama cittadino e nazionale.
A vent’anni dalla sua nascita, l’attività della Fondazione Pastificio Cerere oggi si avvia a crescere con un ampliamento dell’area espositiva – progettato dallo studio di architettura STARTT- dove sarà allestita la mostra collettiva Angels. Cinquant’anni di storie del Pastificio Cerere e Anche il sole sorge prima personale in Italia di Wang Yuxiang (Anhui in Cina, 1997), aperte al pubblico dal 2 ottobre al 30 novembre 2024.
Angels. Cinquant’anni di storie del Pastificio Cerere raccoglie opere d’arte, foto, video e documenti d’archivio, per realizzare uno storytelling che ritrae l’ex pastificio di San Lorenzo come un luogo vitale, caratterizzato da passaggi repentini e da lunghe permanenze di personaggi celebri o più defilati. Tra i 29 autori chiamati in causa, appartenenti a generazioni e formazioni molto eterogenee, troviamo prima tra tutte Francesca Woodman, alla cui celebre serie fotografica degli Angels (1977) si ispira il titolo della mostra, insieme a Claudio Abate, Lara Almarcegui, Patrizia Cavalli, Elisabetta Catalano, Jim Dine, Claire Fontaine, Flavio Favelli, Antony Gromley, Margherita Moscardini e tanti altri.
Anche il sole sorge, di Wang Yuxiang, mostra realizzata con il sostegno del MiC e di SIAE nell’ambito del programma “Per Chi Crea”, presenta un nuovo corpus di opere composto da tre installazioni site-specific con il concetto di entropia quale unico filo conduttore, indagato dall’artista come complesso sistema di relazioni tra uomo e natura.
La scelta di invitare questo giovane artista di origine cinese, che venuto a Roma per formarsi ha trovato al Pastificio Cerere un luogo accogliente dove fare esperienza, conferma l’impegno costante della Fondazione nel sostegno e nella promozione del lavoro delle nuove generazioni di artisti.
Altra importante novità sarà l’apertura di uno spazio a vocazione museale che ospiterà la collezione permanente destinata ad arricchirsi nel tempo con opere site-specific create in dialogo con i reperti di archeologia industriale della fabbrica dismessa. Il primo nucleo di questa raccolta è costituito dalle opere di Piero Pizzi Cannella, Agostino Iacurci, Riccardo Previdi e Francesco Simeti.
Le celebrazioni dedicate all’importante traguardo di vent’anni di attività, proseguono con la pubblicazione del secondo volume dell’Albo d’oro, che amplia il racconto dei primi dieci anni di attività trattato nel primo volume edito nel 2019.
La Fondazione Pastificio Cerere conferma con queste iniziative realizzate in occasione dei 20 anni di attività la determinazione nel proseguire il suo ruolo di istituzione sempre più internazionale dedicata alla produzione artistica contemporanea, un hub culturale di incontro e scambio dedicato soprattutto ai giovani artisti.
Lo spazio di produzione artistica di San Lorenzo festeggia questo importante anniversario con due mostre, a cura del direttore artistico Marcello Smarrelli, e l’apertura di una nuova area espositiva e di un inedito percorso per la collezione permanente
Anche quest’anno Lucca sarà il magnifico teatro urbano che ospiterà la terza edizione di Pianeta Terra Festival, diretto da Stefano Mancuso, ideato, progettato e organizzato dagli Editori Laterza e promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.
La manifestazione si terrà da giovedì 3 a domenica 6 ottobre 2024, in alcuni dei luoghi più suggestivi della città, tra cui: la Chiesa di San Francesco, Palazzo Ducale, L’Orto Botanico e, per la prima volta, la Casa del Boia.
Le comunità naturali sarà il filo rosso che attraverserà gli incontri, i dialoghi, le lectio e gli spettacoli di questa edizione.
Ci siamo chiesti perché tutte le specie viventi, non solo l’uomo, stabiliscono relazioni, costruiscono alleanze, in altri termini fanno comunità? Saremmo indotti a pensare che la scarsità di risorse disponibili porti naturalmente le specie a competere, e che sia proprio la competizione a garantire il benessere degli individui di ciascuna specie. “In barba al senso comune – dice il direttore del Festival, Stefano Mancuso – il vero motore di una comunità è il mutuo appoggio, il sistema più efficiente per garantire la sopravvivenza di tutti. Se ragioniamo in termini di specie, il mutuo appoggio è un’opzione naturale, ancor prima di diventare una scelta morale”.
I tanti ospiti mostreranno come le relazioni fra gli esseri viventi sono incredibilmente più complesse di quanto immaginiamo e sono governate da forze molto diverse dalla semplice competizione. Scopriremo con loro che è la cooperazione il meccanismo attraverso il quale la vita prospera, la forza trainante che decide il destino degli esseri viventi.
IL PROGRAMMA
Durante i quattro giorni di festival, saranno oltre 90 gli eventi che chiameranno a raccolta scienziati, antropologi, filosofi, economisti, scrittori, artisti e innovatori. Vedremo concretamente come opera il mutuo appoggio tra le specie vegetali e animali, come sia il collante per la costruzione di comunità, di alleanze fra le specie, capiremo quali complessità specifiche presentano le comunità umane e quali sono le caratteristiche comportamentali di ciascuna specie. All’interno di questa cornice si discuteranno in modo nuovo temi quali biodiversità, sostenibilità, politiche del cibo, lo stato del nostro Mediterraneo, e molto altro. Con l’osservazione e la conoscenza del modoin cui ogni individuo crea alleanze con gli altri della sua specie e con le altre speciesperimentiamo quel piccolo miracolo che si avvera quando specie diverse, imparando a stare insieme, stringono una relazione. “Pensare alla cooperazione come una delle principali forze che agisce in natura – dice Giuseppe Laterza – può aiutarci molto ad agire per il bene del nostro Pianeta”.
ASSOLI E DIALOGHI
Molti i dialoghi e le lectio in cui autori italiani e internazionali approfondiranno le tematiche centrali del festival: Telmo Pievani metterà alla prova le tante manifestazioni di comportamento altruistico in natura, ponendo la questione se una generosità del tutto disinteressata sia possibile. Andrea Genre spiegherà nel dettaglio il fenomeno della simbiosi in natura – il modo in cui si chiama oggi il mutuo appoggio – e la sua importanza. Laura Crispini, geologa, coordinatrice scientifica in spedizioni nazionali e internazionali in Antartide (l’ultima a bordo della rompighiaccio Laura Bassi), ci porterà alla scoperta di un continente che è anche un laboratorio naturale unico per studiare i fenomeni naturali. Dario Fabbri, uno dei più influenti e originali analisti in Italia, esaminerà la crisi ecologica dal punto vista di una ‘geopolitica umana’, che mette al suo centro la collettività e la sua storia. Grande regolatore climatico e custode di un terzo della biodiversità terrestre, Paolo Pileri ci farà conoscere il suolo, l’ecosistema più fragile e vitale del pianeta. Lo zoologo Maurizio Casiraghi ci farà scoprire la bellezza nascosta e spesso invisibile degli insetti, indispensabili alla biodiversità. Gaia Vince parlerà delle incombenti migrazioni climatiche, di come masse di persone dovranno fuggire, a causa delle alte temperature, da zone costiere e da terre un tempo coltivabili, alla ricerca di nuovi luoghi in cui poter vivere. E ancora: attraverso il grande incendio di Fort McMurray in Canada, John Vaillant ci farà toccare con mano il punto cui siamo giunti a causa del nostro incessante bisogno di energia; Stefano Fenoglio ci farà conoscere i fiumi, la loro importanza e la nostra risalente convivenza con loro, lanciando un allarme riguardo all’abuso che ne facciamo. Emanuela Evangelista e Adriano Favole ci porteranno lontano nella foresta di Tchamba, tra i vulcani di La Rèunion e lungo le ramificazioni liquide dell’Amazzonia mostrando come siamo connessi alla natura selvatica e l’impatto che ha su di noi. Daniela Silvia Pace, esperta di cetacei e di acustica in ambiente marino, ci farà scoprire il linguaggio delle comunità di balene e di delfini. Pur riconoscendo che tutte le specie viventi comunicano, Andrea Moro, mostrerà come la comunicazione umana è la sola in grado di generare significati nuovi attraverso la combinazione delle parole all’interno di una frase. Scopriremo però che non tutte le combinazioni sono possibili e perché. Il neuroscienziato Vittorio Gallese ci parlerà della nostra natura essenzialmente relazionale e ne scopriremo le ragioni. Maria Rescigno mostrerà la stretta connessione tra il nostro cervello e l’intestino, il nostro ‘secondo cervello’. Fabio Ciconte terrà un monologo teatrale arricchito da immagini e video sui retroscena del mercato agroalimentare, soffermandosi sui costi eccessivi delle scelte ecosostenibili. Stefano Liberti mostrerà come il Mediterraneo si è tropicalizzato diventando lo specchio di tutti i nodi problematici della contemporaneità.
Si occuperanno più in particolare della costruzione e delle specificità della comunità umana Roberta De Monticelli e Gustavo Zagrebelsky, che andranno alla radice della costruzione della ‘famiglia umana’ esaminandone le ragioni e cosa la tiene insieme. E ancora: Michela Marzano ci sorprenderà facendoci scoprire che la scommessa sulla fiducia, ciò che ci tiene insieme, è la più grande e straordinaria scommessa umana. Lo storico dell’arte Tomaso Montanari farà vacillare l’individualismo che caratterizza il nostro tempo, smontando il culto rinascimentale del genio. Attraverso l’esame dell’arte anonima, dimostrerà come l’arte, e ogni produzione umana, sia frutto di un lavoro collettivo. Ivano Dionigi mostrerà come solo ritrovando la parola autentica possiamo rinsaldare il legame che tiene insieme e dà senso a una comunità. Maurizio Ferraris e Carola Barbero illustreranno, da un punto di vista filosofico, che un vivere che non comporti il convivere non può essere vita. Mentre lo scrittore Nicola Lagioia cercherà in testi esemplari della storia della letteratura, a partire dall’Iliade, una spiegazione del nostro ‘cuore di tenebra’, quella attitudine distruttiva e autodistruttiva che vediamo da sempre all’opera. Lo psicoanalista Vittorio Lingiardi farà risuonare l’armonia fisiologica-spirituale del corpo e dei suoi organi con la letteratura, la poesia, le immagini e tanto altro. Sull’esperienza dello stupore assoluto che ogni essere umano prova rispetto alla maestà dell’universo si confronteranno il teologo Vito Mancuso e l’astrofisica Ersilia Vaudo Scarpetta. A farci guardare le minute cose del nostro quotidiano facendocene cogliere il loro carattere sacro ci guiderà il paesologo Franco Arminio. Del perduto rispetto della sacralità della montagna parleranno invece Enrico Camanni e l’alpinista Nives Meroi. Non può mancare una riflessione sul luogo in cui si svolge la nostra vita quotidiana, la città, non solo quella italiana ma quelle di tutto il mondo: Francesco Rutelli e Mario Pardini si confronteranno sui cambiamenti indotti dalla crisi climatica, dalle trasformazioni del lavoro e dell’abitare. Una delle massime esperte di etica dell’IA, Francesca Rossi, ci spiegherà come funziona l’intelligenza artificiale e se può esserci alleata o nemica, in generale e, in particolare, nella lotta al cambiamento climatico. Ci si occuperà anche di biomuseologia: Michele Lanzinger e Maurizio Vanni, esperti del settore, illustreranno i modi e gli esempi concreti per ridurre il loro impatto ambientale. Un’altra importante prospettiva porteranno Flavia Carlini, Andrea Grieco e Sofia Pasotto dialogheranno sui modi in cui le giovani generazioni fanno i conti con la crisi climatica, fra attivismo e disillusione, anche attraverso il loro lavoro di informazione e sensibilizzazione in rete.
RAGAZZI E BAMBINI
Gli eventi dedicati ai bambini e alle famiglie si svolgeranno all’interno dell’Orto Botanico e della Biblioteca Agorà. Un programma ricco, fatto di mostre, laboratori, quiz, spettacoli di burattini, letture animate, lezioni interattive con gli scienziati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale che racconteranno il loro lavoro (dall’ornitologo al biologo marino). Il tutto, a cura dell’associazione Talea APS. Non mancheranno gli eventi laboratoriali dedicati alla cura delle piante e della natura, come l’appuntamento curato da Ecopol.
Anche gli studenti saranno protagonisti di tantissime eventi: dalla premiazione del concorso Usa la testa!, organizzato da Confindustria Toscana Nord in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna, a una mattinata a cura dell’Ufficio Scolastico Regionale di Lucca-Massa Carrara, che vedrà i ragazzi salire sul palco e presentare i propri progetti ecologici. Per finire, Fabio Viola, uno dei massimi esperti di gamification in Europa, racconterà agli studenti come possiamo usare i videogame per conoscere e salvaguardare il pianeta.
LECTURES E WORKSHOP
Come sempre, dalle istituzioni in cui si fa ricerca come IMT, la Scuola Superiore Sant’Anna e l’Università di Pisa, arrivano alcune delle idee più brillanti. Gli incontri in programma, rivolti a un pubblico più generale, ne sono l’espressione più diretta. Ennio Bilancini e Massimo Riccaboni faranno un bilancio delle politiche europee sulla riduzione della CO2, cercando di sciogliere il dilemma del suo aumento nonostante le misure adottate; mentre AngeloFacchini e Alessandro Rubino discuteranno del sistema più efficace per misurare la sostenibilità delle nostre città. Di democrazia alimentare discuteranno Giaime Berti e Carmelo Troccoli evidenziando la necessità di promuovere i sistemi locali del cibo attraverso nuove forme di produzione e consumo e nuovi modelli di politiche pubbliche. Tommaso Greco ed Edoardo Chiti evidenzieranno come il diritto, nella sua funzione più propria, salvaguardi lo stato di salute degli ecosistemi, le loro dinamiche cooperative e, soprattutto, come può farsi garante nei confronti delle generazioni future.
Infine, il workshop Cambiamento climatico e design urbano a cura dell’Università di Camerino. Il workshop, riservato agli studenti, con Gherardo Chirici, Roberta Cocci Grifoni, Graziano Marchesani, Federica Ottone e Dajla Riera, partirà dalla raccolta e dall’analisi e di dati ambientali di Lucca per proporre interventi di “natura urbana” che sappiano conciliare le esigenze delle popolazioni residenti con l’introduzione di dispositivi naturali volti ad affrontare gli effetti climatici del riscaldamento globale.
FOCUS
Molte le occasioni di riflessione e approfondimento provenienti dal mondo produttivo e delle istituzioni sul tema della comunità e della sostenibilità. L’evento a cura di Banco BPM vedrà Marco Giorgio Valori, Domenico De Angelis, Cristina Galeotti e Andrea Maestrelli confrontarsi sul ruolo delle banche per uno sviluppo equilibrato di comunità e territori; Francesco Pastore e Rossella Sobrero parleranno del perché la transizione ecologica sia così difficile da comunicare in modo efficace, in un evento a cura di Sofidel. Marcello Bertocchini, Silvio Gentile e Gabriele Susanna dialogheranno su come realizzare una comunità energetica pubblica, in un evento a cura di Green Utility; sul tema della transizione energetica interverranno Francesco Caio e Carlo Cottarelli illustrando costi, rischi e opportunità, in un appuntamento realizzato da EOS IM. Sul tema dell’impatto che le attività umane hanno sulla biodiversità dialogheranno invece Valeria Barbi, Giulio Magni, Alessandro Solazzi,Daniele Valiante, in un appuntamento promosso a cura di Findus. Isabella Malagoli, Gianluca Ruggieri e Valeria Termini si chiederanno se è pensabile un futuro dominato esclusivamente da energie rinnovabili, in un incontro a cura del gruppo Hera. Lorenzo Bardelli e Daniele Fortini si focalizzeranno sul tema del riciclo e del recupero dei rifiuti come servizio fondamentale nelle nostre comunità, in un appuntamento a cura di Retiambiente. Il panel promosso da Ricola ci darà invece occasione di riflettere sui modi di comunicare efficacemente i modelli di sostenibilità; ne parleranno Arianna Izzi, Luca Morari e Giovanni Storti.
Un incontro dedicato al futuro delle città e alle forme di rigenerazione urbana è promosso dalla Rappresentanza in Italia della Commissione Europea e vedrà confrontarsi Serenella Sala e Matteo Trane. L’appuntamento a cura di Confindustria Toscana Nord, con Maura Latini e Francesco Morace, sarà l’occasione per riflettere, sulla base di analisi e ricerche, sulla possibilità di essere consumatori sostenibili. Giuseppe Calabrese, Davide Giannecchini e Sara Vitali si confronteranno infine sull’escursionismo, attività in forte crescita e che coinvolge un numero sempre maggiore di appassionati, in un evento a cura di Camera di Commercio Toscana Nord-Ovest.
Enrico Fontana e Domenico Sturabotti illustreranno il cammino virtuoso verso uno sviluppo sostenibile che molte imprese hanno attivato negli ultimi anni. Francesca Malzani e Tiziano Treu ci spiegheranno come il Green Deal europeo stia rafforzando il legame tra agire economico e diritto del lavoro. Giuseppe Buffon e Giuseppe Lanzi dialogheranno sul tema dell’ecologia integrale, illustrando il progetto Lucensis al servizio della comunità, mentre Silvio Bianchi Martini, Vittorio Coda e Linda Gilli esploreranno l’importanza dei caratteri identitari, della leadership e dei valori nello sviluppo delle imprese e dei territori. E ancora, Enrica Lemmi, Luca Martinelli, Luca Menesini, Emanuele Pellegrini rifletteranno sullo sviluppo sostenibile di borghi, paesi e aree interne e sull’impiego, a tal fine, dei finanziamenti del PNRR. Alberto Brambilla e Massimo Riccaboni discuteranno di come possiamo conciliare la più grande trasformazione ecologica mai conosciuta con la più grande transizione demografica che l’umanità abbia mai sperimentato.
CINEMA, ARTE, MUSICA
Anche quest’anno Pianeta Terra Festival, in collaborazione con Lucca Film Festival e Green Cross Italia, assegna il Green Tree Award, premio rivolto al film europeo più attento e sensibile alle tematiche ambientali. Ecco la cinquina selezionata: Un anno difficile (2023), diretto da Olivier Nakate ed Eric Toledano; Te l’avevo detto (2023), diretto da Ginevra Elkann; Un mondo a parte (2024), diretto da Riccardo Milani; Palazzina Laf (2023), diretto da Michele Riondino; La chimera (2023), diretto da Alice Rohrwacher.
Davide Monteleone, fotografo di fama internazionale, artista visivo, ricercatore e National Geographic Fellow, racconterà, attraverso le sue fotografie, la storia della domanda di materie prime in crescita a causa delle trasformazioni del panorama energetico globale.
Segnaliamo tre concerti: nella serata di apertura, la Sinfonia n.9 di Ludwig Van Beethoven nell’esecuzione dell’Orchestra e coro regionale del Friuli Venezia Giulia con la direzione dei Maestri Filippo Maria Bressan e Cristiano dell’Oste; un altro appuntamento dedicato a Beethoven (Tutti gli uomini si scoprono fratelli ove la tua ala si posa – sonata per violoncello e pianoforte in la maggiore n. 3 op. 69) eseguito da Simone Soldati al pianoforte e Enrico Bronzi al violoncello, a cura dell’Associazione Musicale Lucchese e realizzato grazie a Confagricoltura.
La chiusura vedrà il Maestro Mario Brunello, in un originale spettacolo di parole e musica che vedrà la partecipazione del direttore scientifico Stefano Mancuso.
Infine, Elisabetta Salvatori terrà una lettura di Nina e macchia e altre storie di Pia Pera.
IL TERRITORIO
“La perfetta convergenza – ha dichiarato il presidente della Fondazione CRL Marcello Bertocchini – tra i valori del Festival e la mission della Fondazione è ulteriormente confermata dalla tematica di quest’anno: cooperazione e condivisione sono infatti temi da sempre centrali e la loro ‘declinazione’ sul fronte della sostenibilità rappresenta un punto fermo di ogni strategia futura”.
LA SQUADRA DEL FESTIVAL
Pianeta Terra Festival è ideato, progettato e organizzato dagli Editori Laterza, con la direzione scientifica di Stefano Mancuso, e promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.
La Città di Lucca e la Rappresentanza in Italia della Commissione europea sono partner istituzionali dell’evento.
La manifestazione è realizzata grazie anche alla compartecipazione della Camera di Commercio Toscana Nord-Ovest / The Lands of Giacomo Puccini e Confindustria Toscana Nord.
Il Festival deve inoltre moltissimo al supporto di numerosi sostenitori: a Banco BPM che è partner dell’evento, a Sofidel, main sponsor, a Confagricoltura, Ecopol, EOS IM, Findus Italia, Green Utility, Gruppo Hera, Retiambiente, Ricola, tutti sponsor del progetto, al supporter Toscotec e al green supporter Giorgio Tesi Group.
Hanno conferito il loro patrocinio la Regione Toscana, la Provincia di Lucca, l’Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio e l’ISPRA – Istituto Superiore per la Protezionee laRicerca Ambientale.
Hanno partecipato attivamente al progetto anche la Scuola IMT Alti Studi di Lucca, la Scuola Superiore Sant’Anna, l’Università di Pisa, l’Ufficio Scolastico Territoriale di Lucca e Massa Carrara, la Fondazione Campus, A11 Venture, l’Arcidiocesi di Lucca, l’Associazione Musicale Lucchese, l’Associazione Talea, la Biblioteca civica Agorà, la Fondazione Giuseppe Pera, Green Cross Italia, il Conservatorio di Musica “Luigi Boccherini”, Lucca Comics&Game, il Lucca Film Festival, Lucense, l’Orto Botanico di Lucca,Photolux Festival e Symbola.
Media partner dell’iniziativa sono Rai Radio 1, Rai Radio 3, Rai News 24, Rai News.it.
Si ringraziano Idrotherm 2000 e Gli Orti di Elisa.
Roma Municipio XIII-Fotoreportage di Franco Leggeri-
“-Neve a Castel di Guido e Residenza Aurelia-“
Roma Municipio XIII-Castel di Guido e Residenza Aurelia–26 febbraio 2018 – E, alla fine, anche i più prudenti sono stati smentiti e la neve è arrivata. Poco dopo l’una di questa notte i primi fiocchi di neve hanno iniziato ad imbiancare Castel di Guido e la Residenza Aurelia. La neve , per l’intera notte, ha accarezzato la Capitale. Entrata da nord, dopo aver imbiancato tutta la Provincia di Viterbo , la perturbazione nevosa ha coinvolto la nostra Città e Castel di Guido. Alleghiamo al post un fotoreportage sulla nevicata che ha interessato la Residenza Aurelia.
PIANO NEVE DEL CAMPIDOGLIO-
Scuole chiuse
Ieri pomeriggio il Comune di Roma ha emanato un’ordinanza che prevede la chiusura delle scuole: “Preso atto dell’ultimo aggiornamento delle previsioni fornite dalla Protezione Civile regionale, che confermano i rischi di neve e forti gelate, è stata firmata ordinanza sindacale che dispone la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, compresi gli asili nido, sul territorio di Roma per lunedì 26 febbraio”. Provvedimenti analoghi sono stati presi da tutti i Sindaci della Città Metropolitana , sono sospese anche le lezioni e gli esami nelle Università della Capitale.
Chiusi parchi, cimiteri e ville storiche
Una seconda ordinanza, firmata sempre dalla sindaca Raggi, è quella relativa a parchi, cimiteri e ville storiche che resteranno chiusi fino a cessata allerta.
Piano neve di Atac
Anche Atac è “in trincea”. Varato il piano neve: in servizio saranno solo le linee di bus che garantiranno gli spostamenti lungo le direttrici principali della città con vetture dotate di gomme termiche. L’intera rete metro-ferroviaria (metro A, B e C, ferrovie Termini- Centocelle, Roma-Lido e Roma-Viterbo) sarà regolarmente in servizio.
La costruzione della via Aurelia assunse subito una grande importanza. La sottomissione dei popoli del sud est della Gallia permise di accorciare il tragitto e di conseguenza il tempo di percorrenza tra Roma e la Spagna. Grazie alla via Aurelia, Giulio Cesare giunse ad Arles partendo da Roma in otto giorni, per poi giungere in soli 27 giorni in Spagna, accompagnato dal suo esercito. Il cursus publicus, il servizio di posta romano, giungeva in Spagna percorrendo 70 chilometri al giorno, con quattro cambi di cavallo durante l’arco della giornata.
Itinerario
Il tracciato della via romana, poi detto via Aurelia Vetus (ancora oggi via Aurelia antica), partiva dal Foro Boario oltrepassando le Mura serviane e il Tevere sul pons Sublicius, poi sostituito dal ponte Emilio (attuale ponte Rotto) e attraversava la zona paludosa di Trastevere (in parte su viadotto ancora visibile nelle cantine di via della Lungaretta), salendo quindi sul Gianicolo (via della Paglia, vicolo della Frusta, via di Porta San Pancrazio) e superando le Mura aureliane a porta Aurelia (oggi porta San Pancrazio).
A Pisa la viabilità consolare lungo la costa tirrenica si interrompeva a causa di due componenti fondamentali che ne impedivano la prosecuzione: da una parte, la presenza dell’ampia zona paludosa detta Fossae Papirianae (riportate nella Tabula Peutingeriana) nell’attuale costa della Versilia (da Migliarino Pisano fino a Luni, poco lontano dall’odierna Sarzana); dall’altra, la presenza degli scomodi e bellicosi Apuani, detti anche Liguri Montani o Sengauni.
Segmentum IV; Rappresentazione delle zone Apuane con indicate le colonie di Pisa, Lucca, Luni ed il nome “Sengauni”; il tratto Pisa-Luni non è ancora collegato
Cosicché il percorso della via Aurelia dopo Pisa andava verso Lucca, attraverso la deviazione di Corliano, Rigoli e Ripafratta (San Giuliano Terme) e, incuneandosi poi nel Forum Clodii (Garfagnana), entrava in Lunigiana attraverso la valle del Serchio (Auser) e la val d’Aulella (Audena) per ricongiungersi con la viabilità di Luni.
Il brevissimo tratto paludoso da Pisa a Luni (solo poche miglia terrestri) interruppe così la viabilità costiera fino al 56 a.C., quando Giulio Cesare ebbe la necessità impellente di sveltire i collegamenti viari in vista della conquista della Gallia. Per tale ragione strategica egli diede incarico al figlio di Marco Emilio Scauro (di nome anch’esso Marco Emilio Scauro) di costruire una sorta di “scorciatoia” che potesse collegare Pisa con Luni (Luna). Questa seguì un percorso collinare, sempre però con deviazione su Lucca, diventando quella che oggi è la strada provinciale Sarzanese, che effettivamente collega Lucca con Camaiore (Campus Major) e con Massa (Tabernae Frigidae), proseguendo infine verso Sarzana sempre con percorso collinare.
Intorno al 13 a.C. Augusto fece costruire la via Julia Augusta verso Marsiglia (antica Massalia) insieme all’edificazione del Trofeo di Augusto a La Turbie (sopra l’attuale Principato di Monaco), per celebrare la sottomissione di tutte le popolazioni alpine. A Nîmes (Colonia Augusta Nemausensis), la Julia Augusta si raccordava con la via Domizia, la più antica costruita in Gallia dai Romani, lunga circa 620 km, da Segusium (Susa) ai Pirenei.
Nei tempi successivi, mediante la riunione di ulteriori tratti di viabilità nell’entroterra ligure di levante e di ponente e con l’aggiunta di migliorie nella Sarzanese, la via Aurelia andò componendo nei secoli quel “puzzle” che è l’attuale via Aurelia da Roma fino a Ventimiglia (confine di Stato) e prosegue verso Nizza, Tolone e Marsiglia fino ad Arles, portando così la lunghezza totale del sistema Aurelia/Julia-Augusta a 962 chilometri.
L’itinerario in Francia
All’ingresso in Francia, prende il nome di Via Julia Augusta e copre tutta la Costa Azzurra passando per diverse stazioni. Proprio grazie ad esse è stato possibile individuare il reale percorso della Via Aurelia.
La prima stazione è quella di Cap Martin dove sono stati ritrovati i resti di un mausoleo romano. Da qui, nasce un’altra via minore che conduce a Porto d’Ercole, nel principato di Monaco. A seguire, si giunge al colle di Turbia. Qui, nel 6 a.C., il senato romano decise di costruire il Trofeo delle Alpi, per commemorare la vittoria dell’imperatore Augusto sulle popolazioni ribelli delle Alpi. Si trattava di un monumento di grandi dimensioni per l’epoca con i suoi circa 50 metri di altezza che culminavano nella statua di Augusto, posta in cima alla costruzione. Dopo l’abbandono temporaneo a causa della caduta dell’Impero Romano, fu parzialmente distrutto per essere poi utilizzato come fortezza durante il Medioevo e infine, nei primi anni del Settecento, scavato per necessità minerarie. Insieme alla costruzione, fu attuato un rafforzamento della strada che passava proprio ai piedi della collina.
Nel 14 a.C., Augusto scelse la città di Cemenelum, situata sulle alture dell’attuale Nizza e oggi quartiere della città nizzarda sotto il nome di Cimiez, come capoluogo dell’antica provincia romana delle Alpi Marittime. Attualmente sono presenti i resti di un sito gallo romano composto da tre terme, un quartiere abitato, un anfiteatro e una cattedrale dotata di battistero paleocristiano.
La via attraversa il comune di La Gaude, in un tratto lungo il quale è presente un cenotafio romano contenente un’urna funebre di un legionario imperiale, Cremonius Albucus. Inoltre, la presenza di un ponte romano in pietra attesta l’interesse archeologico della Via Aurelia in questo settore. Segue poi un passaggio da Antibes, una città greca annessa nel 43 a.C. a Roma, in cui vengono costruiti un municipio, un teatro, un arco di trionfo e vari acquedotti.
La città successiva è Forum Julii, oggi Fréjus, all’epoca abitata da più di 6000 persone ed estesa su una trentina di ettari. Fondata da Giulio Cesare nel 49 a.C., vi nacquero personalità illustri come Publio Cornelio Tacito e Gneo Giulio Agricola. Da città commerciale, divenne un porto di guerra tra i più importanti del Mediterraneo in cui si instaurarono i soldati dell’Ottava Legione. Con la diffusione del cristianesimo, divenne sede episcopale. Anche a Fréjus sono numerosi i resti della civiltà romana, tra cui acquedotti, un teatro, un anfiteatro, le terme, la porta di Gaules e un faro noto come lanterna di Augusto. La via Aurelia seguiva da qui il corso dell’Argens tracciando in parte l’attuale strada nazionale da Muy a Vidauban per arrivare a Luc. Raggiunge poi Cabasse e Brignoles, dove è situata una stazione di posta. Uno snodo chiave è quello di Tourves, punto strategico per l’esercito romano, cui segue la città di Saint-Maximin-la-Sainte-Baume che anticipa i resti del Trofeo di Mario presso Pourrières, eretto nel 102 a.C. dopo la vittoria del console Mario sui Teutoni.
La via Aurelia arriva a Acquae Sextiae, l’attuale Aix-en-Provence, la cui storia è legata a quella dell’Oppidum di Entremont. I Romani distrussero l’oppidum nel 123 a.C. per eliminare un punto nevralgico dei Liguri. Il proconsole Sextius costruì una fortezza nei pressi di sorgenti termali e le diede il nome di “acque di Sextius”. Dalla fortezza si sviluppò un villaggio che divenne definitivamente colonia nel 15 a.C. e vide la propria economia crescere fino a permetterle di diventare capitale amministrativa della Gallia Narbonense. Nell’invasione del IV secolo, la città fu parzialmente distrutta.
Da Aix, la strada si divide verso Marsiglia, Vitrolles, Fos e Arles.
La via Aurelia passa dal nord di Eguilles diretta verso il sud di Salon-de-Provence, sede della stazione di Pisavis. Questa stazione è oggi distrutta e le sue mura sono conservate in una proprietà privata. Da qui raggiunge Mouriès, la piana di La Crau, il mas d’Archimbaud, il mas Chabran, Le Paradou e Estoublon. Qui partiva la strada verso Arles, città gallo romana per eccellenza, che aveva un ruolo strategico e economico. Inoltre, qui si instaurò la quinta legione. L’espansione fu interrotta dalle invasioni del III secolo ma presto ripristinata quando l’imperatore Costantino I vi si stabilì. Arles era un capoluogo di provincia, prefettura delle Gallie e sede di un’importante zecca monetaria. Inoltre, è sede di numerosi monumenti di epoca romana: oltre all’anfiteatro, al teatro e al circo, vi si trovano le terme di Costantino, il foro e la necropoli di Alyscamps.
Nella località di Ernaginum è situato l’odierno sito di Saint-Gabriel sede del più grande nodo stradale tra via Aurelia, via Domizia e via d’Agrippa. Da qui, la via Aurelia confluisce nella via Domizia e si dirige in Spagna.
Sviluppo della via Aurelia
Di seguito vengono riportati alcuni dei luoghi toccati o sfiorati dal percorso dell’antica via Aurelia (fra parentesi sono riportati i chilometri), degli avvenimenti e degli argomenti correlati.
Bill Cunningham, il «padre» della street photograph
Bill Cunningham, il fotografo di moda che immortalava le persone in strada.In bici, vestito sempre con la giacca blu, i pantaloni chiari e le scarpe con la suola di gomma. Era il maestro dello street style. Rifiutò l’assunzione al «New York Times» finché un furgone lo mandò in ospedale (senza assicurazione).
Anna Wintour gli ha fatto il complimento più bello, «ci vestiamo tutte per Bill», ma sarebbe sbagliato ridurre la carriera di Bill Cunningham, morto a New York all’età di 87 anni per un ictus, a quella di fotografo di personaggi famosi. Cunningham fece per mezzo secolo nelle strade di New York esattamente quello che faceva alle sfilate, o alle feste del falò delle vanità di Manhattan: fotografare la società, attraverso i vestiti. Non solo quella dei ricchi: la vita di tutti.
Il mondo come passerella
Per Cunningham, bostoniano trapiantato a New York dopo un’infelicissima esperienza a Harvard la prima carriera fu sì nella moda, ma come cappellaio per signore dell’Upper East Side. Capì all’alba degli anni 60 che presto nessuna avrebbe più portato cappelli e che con la fotografia avrebbe potuto raccontare una storia più bella: il mondo come passerella. Solo i bambini, quando giocano, hanno sulle labbra lo stesso sorriso che aveva Cunningham al lavoro: facendo gimkane in bici tra i camion di Midtown seguiva la preda, vestito sempre in giacca blu da netturbino di Parigi, pantaloni khaki, scarpe nere con la suola di gomma.
La vita monacale nello sgabuzzino fra i suoi negativi
Fece vita monacale dormendo per sessant’anni su una specie di barella in uno sgabuzzino che ospitava l’archivio dei suoi negativi, con il bagno sul corridoio. Rifiutò per decenni l’assunzione al New York Times, del quale era collaboratore fisso, avere un padrone gli faceva orrore: si rassegnò a cedere alle avances del giornale nel 1994, quando non riuscì a schivare l’ennesimo furgone e finì all’ospedale senza assicurazione. Gli ultimi anni furono quelli dei premi come il titolo di Chevalier dans l’ordre des Arts et des Lettres, ritirato a Parigi. Gli dedicarono un bel documentario e lui non andò in sala, la sera della prima, perché doveva fotografare gli invitati sul tappeto rosso.
«La libertà non ha prezzo»
E poi la mostra al Metropolitan alla quale rispose «no grazie» e le campagne ricchissime che avrebbe potuto scattare per gli stilisti che non prese mai in considerazione, «i soldi sono facili ma la libertà non ha prezzo». Venne considerato il padre nobile dei fotografi di street style che affollano Internet ma lui scattò fino a qualche anno fa solo su pellicola e paragonarlo, come artista, a quei blogger è come paragonare Basquiat a un graffitaro che spruzza un «tag» su una saracinesca.
La Chiesetta è stata edifica dal Sig. Enrico SCORSOLINI a perenne memoria di ALBERTO FALCIANI. La chiesetta fu inaugurata da S.E. Monsignor Tito Mancini Vescovo ausiliare di Porto e Santa Rufina , Segretario particolare di S.E. Cardinale EUGENIO TISSERANT. L’inaugurazione avvenne il 16 maggio 1965.La bella chiesetta di campagna fa parte della Parrocchia di Sant’Isidoro di Tragliata, vi si celebra la Messa domenicale e tutti i pomeriggi alle ore 16:00 si recita il Santo Rosario .
S.E. Monsignor Tito Mancini, Vescovo Ausiliare per la Diocesi di Porto e Santa Rufina.
Biografia-S.E. Monsignor Tito Mancini-Il Vescovo Pietro Mancini nacque a Bologna il 24 novembre 1901. Trasferitosi a Firenze entrò giovanissimo nel Convitto della Calza da dove , ordinato sacerdote insieme a Mons. Bagnoli il 25 luglio 1925, uscì per dedicarsi al ministero.
Il quel 25 luglio 1925 furono ordinati preti anche Don Antonio Pettini, Don Romano Rastrelli, Don Serafino Ceri.
A Don Mancini si deve la costruzione della nuova Chiesa parrocchiale di Santa Maria a Coverciano .
Dopo aver svolto il ministero a Coverciano per un certo periodo , cioè sino al mese di agosto del 1933, Don Tito Mancini passo alla Marina Militare con il grado di Capitano dedicandosi all’assistenza religiosa dei marinai; ma i parrocchiani di Coverciano non lo dimenticarono e quando arricchirono di un nuovo concerto di campane il loro campanile vollero che una campana fosse dedicata a San Tito al ricordo proprio di Don Tito Mancini.
Ben presto Don Tito Mancini dovette lasciare il ministero a favore dei marinai perché chiamato a Roma al seguito del Cardinale francese Eugenio Tisserant il quale ripose ogni fiducia nel sacerdote calzista. Ben presto, il 29 gennaio 1947, Don Mancini divenne Vicario Generale della Diocesi di Ostia Porto e Santa Rufina delle quali era titolare il Cardinale Tisserant, e poi lo stesso Cardinale ottenne , nel 1960, dalla Santa Sede che Monsignor Mancini gli fosse assegnato come Vescovo Ausiliare e fu lo stesso Cardinale Tisserant a consacrare.
Si legge nel settimanale “Vita” nell’edizione del 4 aprile 1962 , in un lungo articolo dal titolo TISSERANT a pag. 43 :” il 29 gennaio 1961 il Cardinale Tisserant, versò non poche lacrime di commozione mentre consacra Vescovo Mon. Tito Mancini, assegnatogli come Ausiliare.
Prosegue il cronista:” sembra che consagri Vescovo un figlio.” Era questo il commento dei presenti. Dopo la cerimonia di investitura gli invitati fecero al Cardinale le congratulazioni per aver ottenuto un Vescovo Ausiliare per la Diocesi, il Cardinale rispose così:”Non dovete rallegrarmi con me perché ho avuto il Vescovo Ausiliare, ma perché ho avuto Questo Ausiliare, Mons. Tito Mancini .” Appena aver pronunciato queste parole il Cardinale fece un gesto che commosse profondamente i presenti e il Vescovo Mancini: si sfilò dal dito l’anello episcopale che egli aveva ricevuto 24 anni prima nel giorno della sua propria consacrazione e lo donò al sua neo Ausiliare….”.
Il 28 febbraio 1967 Mons. Tito Mancini passò a reggere le Diocesi di Nepi e Sutri nella Tuscia laziale.
L’attività pastorale di Monsignor Tito Mancini ,molto intensa , diede ottimi frutti. A questo proposito giova ricordare ciò che il parroco Don Alberto Benedetti attestò di lui ancora vivente:” dalla mente e dal cuore…Mancini trae motivo per portare la fiaccola della Fede e l’ardore della Carità in ogni angolo della Diocesi, con semplice umiltà aiuta i parroci , sostituisce quelli improvvisamente impediti per malattia o impegni , nella celebrazione della Santa Messa…” Monsignor Tito Mancini morì a Sutri, rimpianto del clero e dal popolo, dal 4 marzo 1969 è sepolto all’interno della Cattedrale della Diocesi di Porto e Santa Rufina a La Storta vicino al Cardinale Eugenio Tisserant , Monsignor Luigi Martinelli,Monsignor Pietro Villa e Vescovo Andrea Pangrazio, come si legge nell’epigrafe .
Ricerche bibliografiche, foto d’archivio e foto originali sono di Franco Leggeri-
Londra- Per la prima volta nella storia, una donna dirigerà la National Portrait Gallery: è Victoria Siddall
Londra-Per la prima volta nella sua storia, la National Portrait Gallery sarà diretta da una donna: Victoria Siddall, classe 1977, già direttrice di Frieze, è infatti la nuova direttrice del museo di Londra.
Per la prima volta nella sua storia, la National Portrait Gallery di Londra sarà diretta da una donna: la nuova direttrice del museo inglese è infatti Victoria Siddall, nominata ieri dal Board of Trustees dell’istituto. La nuova direttrice assumerà l’incarico nell’autunno del 2024. Siddall ha una lunga esperienza alla guida di istituti nel mondo dell’arte, sia nel pubblico sia nel privato: tra le sue ultime esperienze si può annoverare il suol ruolo di co-fondatrice, tra il 2020 e il 2021, di Gallery Climate Coalition e Murmur, due associazioni che promuovono la responsabilità nei confronti dell’ambiente nel settore dell’arte e della musica. Inoltre, ha lavorato negli ultimi due anni in un altro importante museo londinese, la Tate. È stata inoltre direttrice globale di Frieze, con lei è stata fondata la fiera Frieze Masters e ha quindi guidato le fiere di Freize a Londra, New York e Los Angeles e ha lanciato quella di Seul. È stata anche trustee della National Portrait Gallery, tra il luglio del 2023 e l’agosto del 2024.
Siddall, classe 1977, si è laureata all’Università di Bristol, in Letteratura Inglese e Filosofia. Dopo aver cominciato la sua carriera da Christie’s nel 2000, ha raggiunto Frieze nel 2004 dove dapprima ha lavorato come responsabile dello sviluppo, dopodiché nel 2012 ha lanciato Frieze Masters e ha ricoperto il ruolo di direttrice della prima edizione della fiera. Nel 2015 è diventata direttrice globale delle fiere di Frieze a Londra e New York. Nel 2019 ha seguito lo sviluppo di Frieze Los Angeles ai Paramount Studios e nel gennaio 2021 è diventata Board Director di Frieze: in questa posizione si è occupata del lancio di Frieze Seul. Parallelamente, è stata nel consiglio di Studio Voltaire, una delle più importanti gallerie senza scopo di lucro di Londra, che ogni anno organizza un programma pubblico di mostre e spettacoli. Ha ricoperto anche il ruolo di presidente del Board of Trustees di Studio Voltaire. Nel 2021 ha lanciato il progetto Artists for ClientEarth che ha raccolto 6,5 milioni di dollari grazie alle donazioni di lavori, poi venduti, di artisti come Cecily Brown, Rashid Johnson, Antony Gormley e Beatriz Milhazes. Come direttrice e fondatrice di Murmur, ha seguito lo sviluppo e il fundraising per la nuova associazione, raccogliendo oltre un milione di sterline da organizzazioni d’arte e di musica. Siddall è la tredicesima direttrice della storia dell’istituto e succede a Nicholas Cullinan, che ha lasciato la National Portrait Gallery per andare a dirigere, lo scorso giugno, il British Museum, dopo aver diretto per tredici anni il museo dei ritratti. Nel frattempo il museo è stato diretto ad interim da Michael Elliott.
“Sono lieto di dare il benvenuto a Victoria Siddall come nuova direttrice della National Portrait Gallery”, ha detto David Ross, presidente del Board of Trustees del museo. “La sua forza come leader culturale è considerevole, così come la sua conoscenza del mondo dell’arte, la sua comprensione del pubblico e il suo profilo internazionale. So che lei ha la visione e la determinazione per continuare a rafforzare i nostri recenti successi e per guidare la prossima fase dello sviluppo della Galleria, e non vedo l’ora di lavorare con lei”.
“Sono davvero onorata di avere l’opportunità di guidare la National Portrait Gallery”, dice Victoria Siddall, “un museo che conserva la più grande collezione al mondo di ritratti ed è unica nel suo essere sulle persone e per le persone. L’arte racchiusa tra le sue pareti racconta storie di conquiste dell’umanità e di ciò che ci unisce come società, ispirando e formando la nostra visione del mondo e il nostro posto al suo interno. Questo è forse il più emozionante periodo della storia della National Portrait Gallery, a seguito della recente riapertura e del progetto Inspiring People che il team ha consegnato in maniera così precisa sotto la guida di Nicholas Cullinan. È stato costruito il palcoscenico perfetto e sono davvero emozionata di lavorare con i miei nuovi colleghi, con i trustees del museo e con i suoi sostenitori, e ovviamente con gli artisti, perché guardiamo verso il futuro e ci avventuriamo in un nuovo capitolo”.
“Victoria Siddall porterà ricchezza d’esperienza in questo ruolo e io sono lieta che la National Portrait Gallery stia facendo la storia nominando la sua prima donna alla direzione”, dichiara Lisa Nandy, segretaria di Stato britannica per la Cultura, i Media e lo Sport. “La sua leadership guiderà la Galleria di bene in meglio, sviluppandola a seguito della riapertura dello scorso anno, e sono emozionata all’idea di vedere che cosa lei e il team della National Portrait Gallery ci riserveranno nei prossimi anni”.
Fara in Sabina (Rieti)-Nuove scoperte Archeologiche –
a Fara in Sabina-Un Convegno svelerà i segreti di una Comunità vissuta in Sabina oltre 1800 anni fa-
La Pro Loco di Fara in Sabina – gestore ufficiale dell’ufficio turistico comunale e del Museo Civico Archeologico della Sabina Tiberina di Fara in Sabina – è lieta di annunciare il convegno “Le tombe di Passo Corese. Studio di una necropoli romana”, che si terrà venerdì 6 settembre alle ore 16:00 presso la Sala Civica Santa Chiara di Fara in Sabina. Questo evento imperdibile riunirà esperti, professionisti e appassionati del settore per fare luce su un vero e proprio viaggio attraverso il tempo, alla scoperta di una comunità vissuta in Sabina oltre 1800 anni fa. Si tratta di un incontro che offrirà un’opportunità unica per immergersi nel mondo affascinante dell’archeologia. E, nello specifico, permetterà ai partecipanti – studenti, professionisti del settore, insegnanti, appassionati e curiosi – di scoprire un altro straordinario tassello riguardante il passato di questo territorio. Parliamo infatti di un convegno dedicato agli scavi effettuati nel 2015 nell’area della stazione di Passo Corese (frazione di Fara in Sabina): durante un intervento di bonifica dagli ordigni bellici è stata incredibilmente rinvenuta una necropoli romana, ovvero ben 42 sepolture datate dal I al III secolo d.C. Viene considerato infatti uno dei ritrovamenti più prestigiosi degli ultimi anni. Durante l’incontro saranno presenti diversi archeologi, studiosi e ricercatori, tra cui anche coloro che sono intervenuti direttamente agli scavi e che in questi anni hanno studiato gli scheletri per capire il sesso, l’età, l’alimentazione, la statura e tutte le altre informazioni (ad esempio gli aspetti di tipo sociale, culturale e religioso) per determinare la loro vita in quell’epoca. Tra questi vi sono:
Dott.ssa Alessandra Petra. direttrice Museo Civico Archeologico della Sabina Tiberina di Fara in Sabina;
Alessandro Betori, Soprintendente SABAP per le province di Frosinone e Latina;
Mauro Lo Castro, Soc. Coop. Il Betilo – Servizi per i Beni Culturali s.r.l;
ssa Rosaria Olevano, Soc. Coop. Il Betilo – Servizi per i Beni Culturali s.r.l;
Mauro Rubini, Direttore Servizio di Antropologia della SABAP per le province di Frosinone e Latina;
Angelo Gismondi, Laboratorio di Botanica, Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”;
ssa Cristina Martínez Labarga, Centro di Antropologia molecolare per lo studio del DNA antico, Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”;
ssa Flavia Maria Novi Bonaccorsi, Conservatore per i Beni Culturali;
ssa Tiziana Orsini, Istituto di Biochimica e Biologia cellule CNR di Monterotondo, Roma.
Oltre al convegno, che aprirà un dibattito su questo importante tema, è stato anche scritto un libro dal titolo “Le tombe di Passo Corese. Approccio multidisciplinare per lo studio di una necropoli romana”, frutto del lavoro e della collaborazione di un gruppo di esperti. Da un frammento della prefazione – scritto da Lisa Lambusier, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio, per l’Area Metropolitana di Roma e per la Provincia di Rieti – si legge: “Il grande impegno nelle attività istituzionali di tutela, nonché di promozione e valorizzazione scientifica del patrimonio culturale rappresenta per noi un onere “quotidiano”. Nel panorama di queste attività, l’archeologia preventiva rappresenta uno strumento fondamentale e di grande importanza per il nostro territorio. Proprio dall’applicazione di questa nasce il volume “Le Tombe di Passo Corese – Approccio Multidisciplinare per lo studio di una necropoli romana”, che raccoglie i lavori di un team di studiosi condotto su una necropoli di età imperiale rinvenuta nel comune di Fara Sabina nella frazione di Passo Corese: si tratta dell’ennesima scoperta scaturita da indagini archeologiche preventive, strumento, come detto, consolidato che oramai dimostra la propria imprescindibilità per garantire la tutela del patrimonio culturale italiano. I risultati ottenuti – sottolinea Lambusier – contribuiscono a migliorare la conoscenza del contesto sociale e rurale nel quale questa popolazione viveva, proiettandolo in un virtuale confronto con le condizioni attuali di questa importante regione”. Durante l’incontro sarà quindi possibile sia conoscere le ultime scoperte relative agli scavi in questione sia comprendere meglio il ruolo dell’archeologia nella società moderna. Inoltre, per proteggere e rendere accessibile al pubblico questo prezioso patrimonio culturale, in una delle stanze del Museo Civico Archeologico della Sabina Tiberina – Fara in Sabina (ubicato presso Palazzo Brancaleoni in piazza Duomo) sono conservate le ricostruzioni di due scheletri che potranno essere visionate dopo il convegno. Per informazioni e prenotazioni contattare l’Ufficio Turistico Comunale in piazza Duomo, 2: 0765/277321 (gio. ven. sab. dome e festivi), 380/2838920 (WhatsApp), visitafarainsabina@gmail.com
Di fronte al Colle di Fara sorge l’altura di Monte San Martino, abitata in epoca protostorica da un esteso ed articolato insediamento risalente all’età del Bronzo finale (la maggior parte del materiale è venuto alla luce presso le pendici orientali del monte, in località Quattro Venti). Le ricerche hanno evidenziato la presenza di alcune opere di terrazzamento con recinti di mura realizzati in pietrame a secco, di cui si ipotizzò in alcuni casi una datazione ad epoca protostorica. È stato possibile ricostruire l’andamento di almeno tre cinte murarie, irregolarmente ellissoidali, che seguivano le curve di livello[4]. Oggi questo abitato protostorico è stato identificato con Mefula,[5] antica città degli Aborigeni (mitologia), che secondo Dionigi di Alicarnasso sorgeva ad appena 5 km di distanza da Suna (Toffia)[6]. Dionigi riferisce inoltre della presenza di mura, unico caso a riguardo del popolo aborigeno, un dato che trova conferma dall’effettiva presenza sul monte di murature a secco attribuibili ad epoca protostorica (peraltro rare in questo periodo).
L’insediamento aborigeno di Mefula scompare già durante la prima età del Ferro (forse in relazione alla contemporanea nascita dei centri sabini in pianura, come la vicina Cures).
Tra il IX secolo a.C. e il VI secolo a.C. nella località di Santa Maria in Arci si era stabilito un insediamento sabino, identificato con la città di Cures, che continuò a vivere in età romana (resti di terme e di un piccolo teatro e necropoli). Il territorio era sfruttato dal punto di vista agricolo con una fitta rete di ville, costruite su terrazzamenti in opera poligonale nel II secolo a.C. e in opera quasi reticolata nel I secolo a.C. (“villa di Grotte di Torri” e ancora di Fonteluna, di Mirteto, di Cagnani e di San Lorenzo a Canneto, di Sant’Andrea e di San Pietro presso Borgo Salario, di Grottaglie, di Piano San Giovanni, di Grotta Scura, di Monte San Martino, di Fonte Vecchia).
Le origini dell’attuale abitato sembrano risalire ad epoca longobarda, alla fine del VI secolo, come sembra indicare il toponimo, derivante dal termine longobardo fara, con il significato di “clan familiare”. Il castello è attestato dal 1006 e dal 1050 fu sotto il controllo dell’abbazia di Farfa. Fu quindi feudo degli Orsini. Dal 1400 è divenuto sede dell’abate commendatario di Farfa e si sono succedute le varie famiglie proprio a partire dagli Orsini fino alla famiglia Barberini, con il cardinale Francesco Barberini, nipote di papa Urbano VIII, che nel 1678 ha fondato, con sede nell’antico castello, il monastero delle Clarisse Eremite.
Nel 1867 fu toccata con la frazione di Coltodino dalla Campagna garibaldina dell’Agro Romano per la liberazione di Roma. Giuseppe Garibaldi dopo la sconfitta di Mentana raggiunse con i suoi Volontari la stazione ferroviaria di Passo Corese in comune di Fara dove partì in direzione del nord. Sempre da Fara sulla riva del Tevere partì con alcune barche la sfortunata spedizione dei Fratelli Cairoli conclusa tragicamente a Villa Glori. Testimonianze della Campagna dell’Agro Romano per la liberazione di Roma (1867) sono conservate nel Museo nazionale di Mentana.
Il 10 dicembre 1920 la frazione di Canneto Sabino fu teatro di un eccidio, il più cruento, quanto a numero di morti del cosiddetto Biennio rosso. Durante una manifestazione organizzata dai braccianti nel tentativo di ottenere migliori condizioni di lavoro un gruppo di Carabinieri ne uccise 11 in località Colle San Lorenzo.
Con un articolo e un discorso di Claudio Treves,a cura di Giovanni Scirocco
BIBLION EDIZIONI
Dalla Presentazione di Paolo Bagnoli: «È passato un secolo dal discorso che Filippo Turati tenne alla Camera il 26 giugno 1920, comunemente conosciuto con il titolo Rifare l’Italia!. Di esso, nel corso degli anni, sono state riproposte diverse edizioni. Si tratta di un intervento rilevante, praticamente un vero e proprio saggio sulla situazione dell’Italia a meno di due anni dalla fine della guerra; un testo che Turati aveva a lungo meditato e che espose alla Camera confermando di essere un grande oratore […]. Spicca il richiamo che Turati fa alla funzione nazionale del socialismo. Esso, ora, viene concepito non solo quale forza di difesa e di organizzazione del proletariato, della sua lotta per l’emancipazione dei ceti più deboli e per il loro riscatto civile e sociale, ma quale forza di governo».
«Filippo Turati», come scrive un suo biografo, «è stato l’uomo politico che ha maggiormente inciso sulla storia del Partito socialista italiano. Il ruolo di maggior leader del socialismo nel nostro Paese è infatti indiscutibile sino al 1911; controverso ma comunque notevolissimo, sino al 1918; sempre molto importante sino al 1922; rilevante, soprattutto da un punto di vista intellettuale morale, prima ancora che politico, dal 1922 al 1932» (Franco Livorsi).
Dal moderatismo al radicalismo
Nato in un piccolo paese della Brianza dalla gentildonna Adele di Giovanni e da Pietro Turati, commissario distrettuale legato alla Destra storica, Filippo deve seguire il padre nei vari trasferimenti ai quali è costretto dalla carriera burocratica, da Mantova a San Remo, Forlì, Napoli, Pavia, Siracusa e Cremona dove diventa prefetto a partire dal 1873, senza che questo vagabondaggio gli impedisca di frequentare con profitto un regolare corso di studi. Dall’educazione familiare deriva un profondo legame con la tradizione risorgimentale e una certa impronta moderata da lui stesso sottolineata: «Io sono figlio di un prefetto, e probabilmente un certo lievito burocratico mi è rimasto nel sangue».
Determinanti, nell’orientarlo verso posizioni democratiche, sono le amicizie scolastiche, prima con Leonida Bissolati (1857-1920), compagno di liceo insieme al quale si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza di Pavia e si trasferisce dopo il biennio a Bologna; poi con Achille Loria (1857 – 1943) e con Enrico Ferri (18561929), incontrati all’ateneo bolognese. Qui si laurea a pieni voti nel 1877 con una tesi di economia politica; agli studi affianca la passione per la poesia; comporrà opere (Disordine, Il Mago, Credo) che saranno pubblicate nel 1878 su varie riviste.
Nello stesso periodo matura il graduale trapasso da un vago teismo spiritualista al positivismo, anche per l’influenza di Arcangelo Ghisieri (1855- 1938), cui si avvicina nel 1878 diventando presto redattore dei due fogli radicali da lui diretti («Preludio» e «Rivista repubblicana») mentre collabora con la rivista scapigliata milanese «La farfalla» e approfondisce lo studio del positivismo aderendo alla tesi del filosofo Roberto Ardigò (1828-1920) e del criminologo determinista Cesare Lombroso (1835-1909). A un crescente interesse per l’impegno sociale si alternano in questa fase una costante attrazione per la produzione poetica e la traduzione di canti popolari (Fiori del Nord, Fiori del Sud), e una preponderante attenzione al proprio privato, aggravata anche da una forma di nevrosi che lo porta alla depressione e lo spinge talora a coltivare idee di suicidio.
Solo nel 1882-83, Turati, che in questi anni gira l’Europa per cercare psichiatri in grado di curarlo, supera la propria crisi personale intensificando l’impegno politico, preannunciato alla fine del 1882 sul settimanale socialista «La Plebe» dal saggio Il delittoe la questione sociale, nel quale Turati difende le tesi lombrosiane contro i sostenitori del libero arbitrio, definito «una fola da donnicciole», e mette l’accento sui condizionamenti sociali (e non solo biologici) del comportamento criminale. Ciò segna anche il congedo ufficiale dalla poesia, sancito dalla raccolta in volume delle poesie giovanili e da un ultimo volume di traduzioni (Canti popolari slavi, greci e napoletani 1883), benché Turati continui a scrivere versi ancora per diversi anni, componendo fra l’altro, nel 1886, il Canto dei lavoratori, Inno delPartito Operaio Italiano.
L’adesione al socialismo
In questi anni, tuttavia, Turati non si discosta dalle posizioni radicali e democratiche, pur manifestandosi aperto alle idee del nascente movimento socialista italiano. Solo il deludente comportamento della Sinistra e l’immobilismo dell’Associazione democratica cui aderisce, lo spingono nel 1886 a caldeggiare un’alleanza elettorale col Partito operaio italiano di cui assume la difesa legale dopo lo scioglimento deciso da Depretis (1886) e favoriscono una sua graduale evoluzione verso posizioni socialiste e marxiste. A questa maturazione concorre in larga misura la socialista russa Anna Kuliscioff, da tempo attiva in Italia che diventa nel 1885 fedele compagna di Turati e lo mette in relazione con la socialdemocrazia europea.
Il socialismo e il marxismo di Turati hanno d’altra parte una forte impronta riformista, che resterà una costante della sua politica portandolo ad avversare l’anarchismo e il socialismo rivoluzionario e a ricercare invece sempre l’alleanza con le forze democratico-borghesi. Lo confermano nel 1889, la sua elezione a consigliere comunale di Milano con l’appoggio dei radicali e il programma della Lega socialista, da lui costituita nello stesso anno e rappresentata tramite Andrea Costa al congresso di fondazione della II Internazionale.
Si deve anzi a Turati, al suo infaticabile impegno organizzativo e alla sua notevole influenza culturale, l’instaurarsi in Italia di una tradizione socialista che, pur riferendosi al marxismo, deriva dal positivismo* una visione evolutiva e gradualista dei processi politiche e sociali. Al diffondersi di questa ideologia Turati contribuisce soprattutto con la sua rivista «Cuore e critica», rilevata da Arcangelo Ghisleri nel 1890, trasformata nel 1891 in «Critica sociale» e che presto diventerà, «per opera sua e della Kuliscioff, il centro di raccolta e di organizzazione della nuova cultura socialista e rimarrà il più autorevole organo teorico e politico del movimento socialista italiano» (Gaetano Arfé).
La scelta riformista
Nel 1892 Turati, che ha già una posizione politica di rilievo, collabora alla stesura del programma su cui nasce a Genova il Partito socialista italiano* ed è fra i più decisi sostenitori della rottura con gli anarchici in polemica con quanti coltivano «l’illusione del partito grande, che accolga un po’ tutti». In questa fase, segnata da una profonda crisi politica e sociale, dall’inasprirsi dei conflitti di classe e dalla repressione del movimento operaio, egli sembra assumere un atteggiamento più intransigente verso la borghesia, giudicata nel suo insieme «massa reazionaria», attacca aspramente Crispi e insiste sulla necessaria autonomia politica del nuovo partito facendo prevalere nel Congresso di Reggio Emilia (1893) il rifiuto di ogni alleanza elettorale coi radicali.
Ma dopo la sconfitta dei Fasci siciliani e lo scioglimento del Partito socialista torna in evidenza e riceve anzi più precisa formulazione il sostanziale riformismo di Turati che, nel 1894, aderisce coi socialisti milanesi alla «Lega per la difesa della libertà» creata dal radicale Felice Cavallotti (1842-98) e scrive il saggio I sobillatori, teorizzando il passaggio al socialismo come processo realizzabile solo grazie all’azione di una élite intellettuale. Alla sfiducia nell’azione di massa si associa la persuasione che i socialisti debbano stabilire una intesa organica con le forze borghesi disponibili a una politica di riforme democratiche.
Questa tesi, minoritaria al congresso clandestino di Parma del 1895, è all’origine della rottura con lo stesso Engels e porta all’isolamento politico di Turati, nuovamente battuto al congresso di Firenze del 1896, quando il P.S.I. torna alla legalità. Ma le elezioni dello stesso anno lo vedono per la prima volta deputato e il suo nome appare spesso sull’«Avanti!» diretto da Leonida Bissolati, che è su posizioni ancora più decisamente riformiste. Al congresso di Bologna del 1897, Turati è messo in minoranza per soli sei voti e la sua linea ispira di fatto il comportamento del partito come testimoniano i tumulti del 1898 a Milano contro il carovita.
Il P.S.I. vi reagisce esortando alla calma, cercando di dissuadere i manifestanti dalle dimostrazioni di protesta e adottando la turatiana «propaganda contro l’insurrezione» anche dopo il sanguinoso intervento dell’esercito, l’arresto dei dirigenti socialisti e lo scioglimento del partito e della C.G.L., tornati alla legalità solo nel 1900. Turati, pur essendosi adoperato per sedare i tumulti, viene arrestato, condannato a dodici anni e liberato dopo un anno solo grazie all’indulto; egli attribuisce la strage «più alle autorità di Milano che al governo di Rudinì, forse nel tentativo di trovare un compromesso con lo stesso di Rudinì nell’ora della massima repressione antisocialista» (Livorsi). Dai fatti di Milano trae anzi motivo per ribadire la necessità di «rivoluzioni lente e pacifiche» e di un’intesa con i liberali democratici facenti capo a Giolitti.
Tale intesa si realizza già nel 1899 quando Turati, rieletto nel collegio di Milano, e gli altri deputati socialisti, conducono insieme ai giolittiani una dura battaglia ostruzionistica contro il nuovo regolamento parlamentare autoritario imposto dal governo Pelloux e contribuiscono poi alla sua caduta (giugno 1900), che apre la strada ai ministeri di Saracco (1901) Zanardelli (1901-03), e Giolitti (1903-14). Poco dopo Turati conferma «il contrasto ormai insanabile tra socialismo evolutivo e linea della violenza rivoluzionaria, oltre che tra socialismo e anarchismo» (Livorsi), deplorando nel discorso alla camera l’uccisione di Umberto I* a opera dell’anarchico Gaetano Bresci e rifiutando di assumere perfino la sua difesa legale per non ingenerare equivoci.
Al prevalere delle posizioni di Turati contribuisce intanto il diffondersi in seno al socialismo europeo del revisionismo del tedesco Eduard Bernstein (1850-1932), che ritiene una utopia sprovvista di ogni fondamento l’idea marxista di una trasformazione integrale della società e riduce la battaglia socialista a una lotta per le riforme, da condurre per via democratica e parlamentare. È questa anche l’opinione di Turati benché egli si prefigga come obiettivo finale, contrariamente a Bernstein o a Bissolati il socialismo. «Noi siamo sicuri colla via legale di acquistare i pubblici poteri», egli aveva detto già nel 1898 condannando le rivolte come «rovina del partito e della causa del proletariato».
Dalla vittoria alla crisi del riformismo
Il congresso di Roma del settembre 1900 sancisce la vittoria di Turati e della Kuliscioff; essi conquistano alle tesi riformiste la grande maggioranza del P.S.I. con l’appoggio di Claudio Treves (1869-1933), Giuseppe Modigliani (1872 – 1947) e molti altri dirigenti socialisti, sconfiggendo la sinistra, da tempo rappresentata dall’amico di gioventù di Turati, Enrico Ferri, e da Costantino Lazzari (18571927). Anche il settimanale «Lotta di classe», diretto da quest’ultimo, passa sotto il controllo dei turatiani col nome di «Azione socialista». Diventa così possibile trasformare il P.S.I. in un interlocutore privilegiato di Giolitti, che da parte sua mira a rafforzare lo stato liberale integrando nel sistema di governo i socialisti riformisti e i cattolici liberali, in cambio del riconoscimento di alcuni diritti dei lavoratori o di un’attenuazione del vecchio anticlericalismo.
Secondo Turati «il liberalismo giolittiano, espressione di una moderna borghesia al passo con l’evoluzione dei tempi, poteva favorire, in dialettico civile antagonismo con il movimento operaio» (Arfé) una trasformazione democratica della società, dando sempre maggiori spazi al movimento di classe e conducendo gradualmente al socialismo. Questa visione e questa pratica collaborativa, impostesi nel P.S.I. non senza forti resistenze della sinistra, entrano però in crisi di fronte alla politica coloniale di Giolitti e alla guerra contro la Libia, intrapresa nel 1912. L’impresa, palesemente contrastante con la linea pacifista e antimperialista del P.S.I, è condannata dallo stesso Turati ma trova il consenso della frazione di destra guidata da Bissolati, che viene espulsa. Ciò indebolisce i riformisti anche perché la vicenda sembra confermare la tesi della sinistra, secondo cui non è possibile una collaborazione con i partiti borghesi.
Nel congresso di Reggio Emilia del 1912 Turati è nuovamente posto in minoranza e la sua posizione si indebolisce ancor più durante la Prima Guerra mondiale, benché tale avvenimento laceri profondamente anche la sinistra del partito, dalle cui file provengono il direttore dell’«Avanti!» Benito Mussolini e altri esponenti del più acceso interventismo nazionalista. Essi vengono espulsi e l’unità del partito si ricompone sulla parola d’ordine «né aderire né sabotare» condivisa anche da Turati. Ma coi procedere della guerra egli inclina sempre più verso la solidarietà con la nazione in guerra («anche la nostra patria è sul Grappa») in contrasto con quanti condividono la tesi di Lenin secondo cui occorre sfruttare la guerra imperialista per innescare il processo rivoluzionario. Anche la recisa condanna del «terrore rivoluzionario» e del leninismo espressa da Turati e dalla Kuliscioff contribuisce a far declinare l’influenza del riformismo, posto seccamente in minoranza dai massimalisti nel congresso di Roma del 1918. Turati evita a stento una condanna e l’espulsione per i suoi discorsi «patriottici».
La nascita del P.C.I. e del P.S.U.
Nell’immediato dopoguerra l’acuirsi dei conflitti di classe, la tendenza della borghesia a rispondere con la repressione alle richieste operaie senza più tentare la strada del riformismo giolittiano, e l’esito della rivoluzione bolscevica, che offre l’esempio di un’insurrezione vittoriosa, rafforzano le tendenze di sinistra del P.S.I. Nel congresso di Bologna del 1919 Turati si trova ormai a capeggiare una minoranza piuttosto esigua benché influente in parlamento, nel campo dell’opinione e nel movimento sindacale. Proprio questa influenza dei riformisti, che si oppongono nel 1920 al movimento di occupazione delle fabbriche e restano legati alla II Internazionale di indirizzo antileninista, fa sì che sembri necessaria a molti la loro espulsione dal partito, richiesta da Lenin come condizione per accogliere il P.S.I. nella III Internazionale. Da principio tuttavia questa domanda non viene accolta e provoca anzi una scissione da sinistra nel congresso di Livorno del 1921, con la nascita del Partito comunista d’Italia d’obbedienza leninista.
Ciò peraltro non attenua i contrasti interni che paralizzano il partito, proprio mentre va dilagando lo squadrismo fascista e appare più urgente una iniziativa del movimento operaio. Turati, critico verso la «intransigenza contemplativa» dei massimalisti, utilizza il suo prestigio in seno al gruppo parlamentare per rilanciare l’idea di una collaborazione con i popolari e i liberali contro i fascisti, in contrasto con la direzione del P.S.I. che punta su una ripresa delle lotte di massa e dell’unità coi comunisti. Si arriva così al congresso di Bologna del 1922, che rende definitiva la rottura espellendo Turati e la sua corrente. Essi danno vita al Partito socialista unitario (P.S.U.), di cui è eletto segretario Giacomo Matteotti* e che si ispira al tradizionale riformismo turatiano, ricercando la collaborazione con le forze politiche borghesi e operando per la riunificazione di tutti i socialisti su una linea di netta demarcazione dai comunisti rivoluzionari.
L’esilio
Negli anni successivi, coerente con la sua fede democratica e nei limiti di un’azione solo parlamentare, Turati conduce una energica battaglia contro gli aspetti illegali e illiberali del fascismo, pur nutrendo al pari di Giolitti e di altri esponenti borghesi l’illusione di una sua evoluzione. Egli oscilla «tra l’estrema opposizione e la speranza di democratizzazione del fascismo» (Livorsi), del quale fa un’analisi molto riduttiva ritenendolo causa di precapitalismo, arretratezza, reazione. Solo dopo il delitto Matteotti (1924), Turati accentua la sua opposizione al regime, sforzandosi di consolidare l’unità fra i partiti raccoltisi nell’Aventino e soprattutto tra riformisti e popolari.
Ma anche in questa circostanza rifiuta la proposta di uno sciopero generale contro il «governo degli assassini», avanzata dal P.C.I. e ribadisce il proposito di mantenere la lotta entro i binari della legalità, anche per non compromettere l’unità con gli antifascisti più moderati. Questo legalitarismo si risolve però in uno sterile attendismo e favorisce il definitivo affermarsi della dittatura che, con le leggi speciali (1925-26), liquida le opposizioni incarcerando o costringendo all’esilio i dirigenti antifascisti. Nel dicembre 1926 anche Turati, ormai quasi settantenne e senza l’appoggio di Anna Kuliscioff, scomparsa l’anno precedente, espatria clandestinamente grazie all’aiuto di alcuni giovani antifascisti fra cui Carlo Rosselli, Ferruccio Parri, Sandro Pertini raggiungendo Parigi.
Qui ricostituisce il P. S. U . col nome di Partito socialista unitario dei lavoratori italiani (P.S.U.L.I.) e continua la sua infaticabile attività politica. I suoi obiettivi di fondo restano l’unità dei partiti democratici, realizzata nel 1927 dando vita alla Concentrazione antifascista e assumendo la direzione del periodico «La libertà» e la riunificazione dei socialisti, raggiunta nel 1930 mediante la fusione del P.S.U.L.I. con il P.S.I. diretto da Pietro Nenni, due anni prima della morte. Nell’esilio Turati rivede inoltre la sua precedente analisi del fascismo, che vede adesso non come tipica manifestazione di situazioni arretrate ma come degenerazione sempre possibile del capitalismo, funzionale al suo dominio di classe.
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