Descrizione del libro di Massimo Cerullo e Franco Crespi-Emozioni e ragione–In che modo la modernità ha influito sull’esperienza soggettiva e sociale della realtà (credenze, valori, stili di vita)? Quali nuove pratiche, emozionali e razionali, sono venute oggi affermandosi a seguito della crisi globale e del fallimento di molte logiche capitalistiche? E che ruolo svolgono emozioni, sentimenti e passioni (paura, nostalgia, vergogna, indignazione, amore) nelle modalità dell’agire? Il presente volume di teoria sociale prova a rispondere a queste domande riflettendo sulle forme dell’agire umano, tenuto conto dell’intimo nesso che intercorre tra agire e conoscere, tra ragione ed emozioni. Perché le pratiche sociali, oltre a essere vissute ed esperite secondo la duplice prospettiva individuale e collettiva, risultano sempre variamente intrise di emozionalità e razionalità. In tal senso, l’obiettivo del presente lavoro è di riflettere sulle forme e sui modi in cui le pratiche sociali prendono vita e, anche attraverso un ripensamento critico delle teorie dei classici della sociologia e della filosofia, proporre nuove e più adeguate interpretazioni della realtà nella quale viviamo.
AUTORI-CURATORI
Massimo Cerulo è professore ordinario di Sociologia presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Napoli “Federico II”. È chercheur associé al CERLIS (CNRS) dell’Université Sorbonne Paris Cité. Ha insegnato e svolto attività di ricerca nelle università di Torino, Salerno, Napoli, Cosenza, Lugano, UQAM-Montréal, EHESS-Parigi, Lille, Montpellier, Londra. È membro della Société Internationale d’Ethnographie, dell’Osservatorio per lo studio dei mutamenti sociali e delle innovazioni culturali (MUSIC-Torino), dell’Osservatorio per lo studio della vita quotidiana e dei processi culturali (OSSIDIANA-Cosenza). Per la casa editrice Orthotes è direttore scientifico della collana “Teoria sociale”. Ha introdotto in Italia parti della teoria sociale di alcuni classici della sociologia, quali Pierre Bourdieu (Sul concetto di campo in sociologia, Roma 2010), Gabriel Tarde (La logica sociale dei sentimenti, Roma 2011) e Arlie R. Hochschild (Lavoro emozionale e struttura sociale, Roma 2013). Tra le sue pubblicazioni più recenti: Emozioni e ragione nelle pratiche sociali (con F. Crespi, Orthotes 2013); La società delle emozioni (Orthotes 2014); Gli equilibristi. La vita quotidiana del dirigente scolastico (Soveria Mannelli 2015); Sociologia delle emozioni. Autori, teorie, concetti (Bologna 2018); Emotions et dynamiques sociales. Règles et expressions dans l’interaction sociale (Montpellier 2020); Giovani e social network (con E. Bissaca, C.M. Scarcelli, Roma 2021); Andare per Caffè storici (Bologna 2021, finalista Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica); Il pensiero sociologico (con F. Crespi, Bologna 2022)
Franco Crespi è professore emerito di Sociologia nell’Università degli Studi di Perugia.Tra le sue numerose pubblicazioni ricordiamo: Esistenza e simbolico (Milano 1978), Evento e struttura (Bologna 1993), Imparare ad esistere (Roma 1994), Teoria dell’agire sociale (Bologna 1999), Identità e riconoscimento (Roma-Bari 2003), Contro l’aldilà – per una nuova cultura laica (Bologna 2008).
Orthotes Editrice
Via Saverio Costantino Amato 16 84014 – Nocera Inferiore (SA)
Gibellina è la “Capitale italiana dell’Arte contemporanea” per l’anno 2026
Roma – Gibellina è la “Capitale italiana dell’Arte contemporanea”-A proclamarla, oggi 31 ottobre, è stato il Ministro della Cultura, Alessandro Giuli, nel corso della cerimonia che si è svolta oggi a Roma, nella Sala Spadolini del Ministero, alla quale sono intervenuti il Direttore Generale Creatività Contemporanea, Angelo Piero Cappello, e la Presidente della Giuria, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo.
La cerimonia si è svolta alla presenza dei rappresentanti delle cinque città finaliste: Carrara, Gallarate, Gibellina, Pescara e Todi.
La città vincitrice, grazie anche al contributo statale di un milione di euro, potrà mettere in mostra, per il periodo di un anno, progetti culturali che prevedono attività come mostre, festival e rassegne, oltre alla realizzazione e la riqualificazione di spazi e aree dedicate alla fruizione dell’arte contemporanea.
Queste le motivazioni della scelta della giuria, maturata al termine della procedura di selezione condotta in piena autonomia dai componenti: “La prima ‘Capitale italiana dell’Arte contemporanea’ con la sua candidatura offre al nostro Paese un progetto organico e solido, consegnando all’Italia di oggi un esemplare modello di intervento culturale, fondato su valori e azioni che riconoscono all’arte una funzione sociale e alla cultura lo statuto di bene comune. Per la sua capacità progettuale nel riattivare il suo straordinario patrimonio di opere, coniugando nel presente memoria e futuro, conservazione e valorizzazione, attenzione al locale e ambizione internazionale; per la sua capacità di coinvolgimento delle nuove generazioni e della cittadinanza tutta, interpellando il territorio più ampio sulla base di una comune consapevolezza civica, stringendo alleanze con istituzioni pubbliche e private, nazionali e transnazionali; per il fatto di essere Città pioniera di ciò che oggi definiamo rigenerazione urbana, e per la capacità di essere insieme una città-opera e una città da abitare: per il suo progetto, con il quale la città diventerà un grande laboratorio dove le pratiche e le energie dell’arte contemporanea saranno chiamate a condividere pensieri e soluzioni sui temi dello spazio pubblico, della comunità, del paesaggio, della sostenibilità e del capiente concetto di eredità. Per tutti questi motivi sopra esposti, riteniamo di poter individuare, quale città ‘Capitale italiana dell’arte contemporanea’ 2026 la città di Gibellina”.
“L’istituzione del titolo di ‘Capitale italiana dell’Arte contemporanea’ – ha dichiarato il Ministro Giuli – vuole rendere un nuovo, doveroso tributo alla creatività e al genio italiani, ed è la conferma dell’impegno fattivo del Governo per restituire all’Italia, alle sue città, ai suoi territori e ai suoi abitanti, la consapevolezza di essere l’Italia”.
SINTESI DEL PROGETTO VINCITORE
“Portami il Futuro”: Un progetto ambizioso che si sviluppa attraverso iniziative legate all’arte e alla creatività contemporanea, dalla progettazione culturale alla rigenerazione urbana, al restauro e soprattutto alla costruzione di una visione sul futuro che sappia tener conto della bellezza come valore condiviso e rigenerante.
LA PROCEDURA DI SELEZIONE DEL 2024
23 le città italiane che hanno presentato il dossier di candidatura alla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Ad ottobre sono stati resi noti i nomi delle cinque città finaliste, che la Giuria, presieduta da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo e composta da Sofia Gnoli, Walter Guadagnini, Renata Cristina Mazzantini e Vincenzo Santoro, ha scelto dopo aver esaminato le candidature pervenute. Le singole delegazioni hanno successivamente presentato alla Giuria i progetti elaborati per ciascuna nel corso di audizioni pubbliche, che si sono svolte il 25 ottobre a Roma, nella Sala Spadolini del Ministero della Cultura.
IL TITOLO DI CAPITALE ITALIANA DELL’ARTE CONTEMPORANEA
La Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura ha lanciato il 15 aprile 2024 il bando per la designazione della prima “Capitale italiana dell’Arte contemporanea” per l’anno 2026. Il nuovo riconoscimento è istituito per incoraggiare e sostenere la capacità progettuale e attuativa delle città italiane nel campo della promozione e valorizzazione dell’arte contemporanea.
-Io Dipinto-La collezione di autoritratti del Novecento della Collezione Nobili-
Città del Vaticano-Dall’11 ottobre i Musei Vaticani presentano per la prima volta al pubblico l’intero corpus della Collezione Nobili: un eccezionale nucleo di 64 autoritratti appartenuti alla più ampia raccolta di opere d’arte di Franco e Maria Antonietta Nobili, costituita dall’imprenditore e dirigente italiano (Roma 1925-2008) assieme a sua moglie nel corso della seconda metà del Novecento.
Tenendo fede a un antico desiderio dei genitori, e per onorarne la memoria, le opere sono state generosamente donate nel 2021 dalle cinque figlie delle coppia e accolte, quindi, nel patrimonio dei Musei Vaticani, all’interno della Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea.
Allestita negli spazi delle Salette della Torre Borgia, l’esposizione – curata da Rosalia Pagliarani del Reparto Arte Ottocento e Contemporanea – mette in mostra un insieme di autoritratti che spazia dai nomi più noti dell’arte italiana di primo e secondo Novecento, come Giacomo Balla, Giorgio de Chirico, Mino Delle Site, Emilio Greco, Pietro Marussig, Pippo Oriani, Ottone Rosai, agli altrettanto celebri nomi della Scuola Romana e dintorni, come Ferruccio Ferrazzi, Franco Gentilini, Virgilio Guidi, Mario Mafai, Luigi Montanarini, Adriana Pincherle, Fausto Pirandello e Alberto Ziveri, assieme ad artisti stranieri come Xavier Bueno, Jean Cocteau e José Ortega. Gli interessi umanistici dei coniugi Nobili, così come l’amore per Roma, si rivela attraverso la presenza di scrittori-artisti come Carlo Levi, Trilussa e Mino Maccari, mentre una rappresentanza ottocentesca è costituita dagli intensi autoritratti di Antonio Mancini, Filippo Palizzi ed Ettore Ximenes. Affascinante e ancora poco nota è la figura della veneziana Linda Buonajuti: la sua autorappresentazione come Amazzone a figura intera è stata scelta, nella sua straordinaria atmosfera mitteleuropea, come opera di apertura dell’esposizione.
Ad accompagnare la mostra, che resterà aperta fino all’11 gennaio 2025, un catalogo illustrato a cura di Rosalia Pagliarani (Edizioni Musei Vaticani), frutto di studi e ricerche sulle nuove acquisizioni. Il volume, contenente le schede delle 64 opere – molte delle quali inedite –, ripercorre altresì la storia collezionistica e il rapporto speciale che in taluni casi si creò tra la famiglia Nobili e l’artista.
Unseen. Le foto mai viste di Vivian Maier al Belvedere della Villa Reale di Monza-
Articolo di Paola Martino-Artuu Magazine
Monza-Le foto mai viste di Vivian Maier al Belvedere della Villa Reale- Vedere le mostre alla Villa Reale di Monza regala sempre grandi emozioni: il Belvedere poi offre una vista che vale tutta la visita, da una parte lungo il cannocchiale dei Giardini Reali, idealmente verso Vienna, e dall’altra parte lungo il grande Viale Cesare Battisti verso Milano. Ad impreziosire questo gioiello la mostra dedicata a Vivian Maier considerata, e a ragione, una delle pioniere e massime esponenti della street photography.
Unseen. Le foto mai viste di Vivian Maier è il titolo della mostra che la Villa Reale di Monza dedica, sino al 26 gennaio 2025 a questa straordinaria fotografa. Realizzata da Vertigo Syndrome in collaborazione con diChroma photography, è la più importante esposizione mai fatta in Italia su questa straordinaria, riservatissima artista. 220 opere, divise in nove sezioni.
Con la scatto silenzioso della sua Rolleiflex Vivian Maier ha immortalato per quasi cinque decenni il mondo che la circondava. Dai banchieri di Midtown ai senzatetto addormentati sulle panchine dei parchi, alle coppie che si abbracciavano o, molto spesso, riprendendo sé stessa.
Vivian Maier è oggi riconosciuta come una delle più importanti fotografe del XX secolo, nonostante il suo lavoro sia rimasto sconosciuto fino a poco prima della sua morte. Nata nel 1926, a New York, ha documentato con incredibile meticolosità la vita quotidiana nelle città americane, in particolare a Chicago e New York, per quasi quattro decenni, dagli anni Cinquanta agli anni Novanta. I suoi oltre 150.000 negativi coprono una vasta gamma di soggetti, spaziando dai ritratti di strada agli scatti di architettura, dai paesaggi urbani agli interni domestici, catturando con un occhio unico e sensibile le sfumature della vita ordinaria.
La storia misteriosa di Vivian Maier è un elemento cruciale che contribuisce al fascino senza tempo della sua figura. Non è solo la straordinaria qualità delle sue fotografie a catturare l’immaginazione del pubblico, ma anche la sua vita segreta e il contrasto tra la sua esistenza quotidiana e il suo talento nascosto.
Vivian ha lavorato per decenni come bambinaia, conducendo una vita apparentemente comune e anonima. Era descritta come una donna severa, riservata e solitaria. Tuttavia, nel silenzio e nella privacy, sviluppava un ineguagliabile talento fotografico, documentando con cura ogni aspetto del mondo che la circondava.
Ciò che rende ancora più intrigante la sua storia è che, durante la sua vita, nessuno era a conoscenza della vastità e della qualità della sua opera. Conservava gelosamente i suoi scatti in scatole e bauli, apparentemente senza mai cercare riconoscimento o pubblicazione. Questo “segreto” ha reso la sua scoperta nel 2007 ancora più sorprendente. Quando lo scrittore John Maloof acquistò casualmente i suoi negativi in un’asta, il mondo fu introdotto a un’artista completa che, fino a quel momento, non aveva lasciato traccia della sua immensa produzione fotografica.
La vicenda di Vivian Maier tocca corde emotive profonde, perché rappresenta il classico archetipo dell’artista incompreso e invisibile, che realizza opere d’arte straordinarie nel silenzio, senza clamore o riconoscimenti. È una storia di talento, ma anche di mistero e solitudine, che ha colpito l’immaginario collettivo e ha contribuito a trasformarla in un’icona. Questa combinazione di segretezza personale e la forza visiva delle sue fotografie ha dato vita a una leggenda affascinante, dove l’arte e la vita si intrecciano in modo unico, facendo di Maier una delle figure più enigmatiche e celebrate del mondo della fotografia contemporanea.
Uno degli aspetti più straordinari dell’arte di Maier è la sua capacità di combinare il realismo umanista europeo con lo stile dinamico della street photography americana. Cresciuta in parte in Francia, ha portato con sé l’influenza del vecchio continente, fondendo questa sensibilità con l’energia e la modernità delle città americane. Le sue opere sono paragonate a quelle di maestri come Robert Frank, Diane Arbus, Robert Doisneau e Henri Cartier-Bresson, che come lei hanno saputo cogliere l’essenza dell’umanità attraverso la fotografia di strada.
In questa esposizione, curata da Anne Morin, si passa da una sala all’altra come in una sorta di racconto della percezione del mondo dell’artista.
Si va dagli autoritratti che esplorano la sua identità attraverso soluzioni visive innovative, come il riflesso in uno specchio, una vetrina o la silhouette proiettata della sua ombra, mostrando la sua abilità di raccontarsi attraverso lo spazio che la circonda. L’attenzione per le persone comuni, in particolare alle donne che Vivian incontrava per strada. Lo sguardo sull’America del dopoguerra dove racconta il contrasto tra l’utopia del Sogno americano e la realtà vissuta dalle persone ai margini della società, mostrando la disuguaglianza sociale, il malessere e le contraddizioni nascoste dietro l’apparente prosperità. E poi i suoi bambini, quelli che Vivian Maier ha fotografato durante la sua carriera di bambinaia. Le fotografie a colori dei quartieri operai di Chicago, la raccolta di filmati in Super 8, dove Maier continua la sua esplorazione della vita cittadina, questa volta in movimento.
Fonte articolo -Artuu Magazine
Insomma, ognuna delle nove sezioni mostra uno spaccato del lavoro dell’artista e ci permette di scoprire una straordinaria fotografa che con le sue immagini profonde e mai banali racconta la “vita americana” della seconda metà del Ventesimo Secolo.
Paola Martino
Paola Martino Giornalista, appassionata di lingua araba e di arte, vive a Milano. Per focusmediterranee.com e ultimabozza.it scrive per la sezione Culture, soffermandosi su artisti, mostre, eventi e progetti culturali che non hanno confini. Per lei, infatti, la cultura è un mezzo per migliorare il dialogo e la conoscenza reciproca, anche tra le due sponde: Sud Europa e Nord Africa. Si è diplomata in lingua e cultura araba all’Ismeo di Milano e ha lavorato come giornalista radiofonica.
Roma Capitale-Villa Borghese- Riapre al pubblico la Loggia dei Vini-
Roma Capitale-A Villa Borghese -Riapre al pubblico la Loggia dei Vini-L’apertura, ad accesso gratuito per tutti, sarà valorizzata dal progetto d’arte contemporanea LAVINIA, a cura di Salvatore Lacagnina, concepito per dialogare con lo spazio della Loggia e con tutte le fasi di rifacimento.
Il progetto, realizzato da Ghella e promosso da Roma Capitale, Assessorato della Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con la collaborazione di Zètema Progetto Cultura, è stato presentato alla presenza dell’assessore alla Cultura di Roma Capitale Miguel Gotor, della direttrice della Direzione Patrimonio artistico delle Ville storiche della Sovrintendenza Capitolina Federica Pirani, del direttore dei Rapporti Istituzionali, Comunicazione e Sostenibilità di Ghella Matteo d’Aloja e del curatore Salvatore Lacagnina.
Il nome LAVINIA è un omaggio a Lavinia Fontana, tra le prime artiste riconosciute nella storia dell’arte, presente nella collezione Borghese dai primi del Seicento. Il progetto prevede l’esposizione, fino al 26 gennaio 2025, delle opere site specific degli artisti Ross Birrell & David Harding, Monika Sosnowska, Enzo Cucchi, Gianni Politi, Piero Golia, Virginia Overton.
La Loggia dei Vini a Villa Borghese, originale ed elegante architettura a pianta ovale impreziosita da decorazioni e affreschi, edificata tra il 1609 e il 1618 per volontà del cardinale Scipione Borghese e utilizzata per riunioni e feste conviviali durante il periodo estivo. La Loggia dei Vini fa parte di un complesso architettonico che comprende anche la sottostante Grotta, destinata alla conservazione dei vini e collegata al Casino Nobile di Villa Borghese attraverso un passaggio sotterraneo. Da tempo chiusa al pubblico, dopo alcuni interventi compiuti nel corso del Novecento, la Loggia torna ora a rivivere al termine del primo dei tre lotti di restauro che ha interessato la volta interna, con le cornici in stucco e l’affresco centrale – realizzato dal pittore Archita Ricci e raffigurante Il Convito degli dei – i pilastri, danneggiati da infiltrazioni d’acqua e le scale d’accesso.
Il restauro, realizzato grazie a una donazione di Ghella, con la cura scientifica della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è effettuato da R.O.M.A. Consorzio. I prossimi due interventi saranno dedicati alla restituzione degli intonaci dei pilastri interni e della parte esterna dell’edificio, al ripristino dell’emiciclo e della sua pavimentazione in cotto.
Per dare ulteriore valore al progetto di restauro e far dialogare il pubblico con la Loggia, lo spazio sarà animato con opere, performance, letture, laboratori e attività didattiche, orchestrate secondo una narrazione unitaria.
Per questo nasce LAVINIA, un nuovo programma d’arte contemporanea concepito per dialogare con lo spazio della Loggia e con le fasi di restauro. LAVINIA aspira a entrare silenziosamente nella vita quotidiana, si rivolge a chi passeggia nel parco, evitando qualsiasi forma di «auctoritas». Mette in discussione le nozioni di arte pubblica e di tradizione, il rapporto fra arte e architettura, apre al potenziale dello storytelling.
Nella Loggia, suggestivo luogo di ricevimenti, venivano serviti, al fresco della penombra, vini pregiati e prelibati sorbetti; proprio per questo, ogni inaugurazione di LAVINIA sarà associata a un gusto di gelato ideato appositamente per l’occasione. Il primo gusto è “arancia e erba cedrina”.
INFORMAZIONI PER IL PUBBLICO
LAVINIA – LOGGIA DEI VINI A VILLA BORGHESE
Dal 19 ottobre 2024 al 26 gennaio 2025
Ingresso gratuito
Orari: dal giovedì alla domenica
dalle 9:00 alle 19:00 fino al 26 ottobre 2024
dalle 9:00 alle 17:00 dal 27 ottobre 2024 al 26 gennaio 2025
Roma-Apertura Straordinaria dei Sotterranei di Fontana di Trevi
Roma-sabato 19 ottobre ore 13.10 “Sotterranei di Fontana di Trevi: Antica Città dell’Acqua del Vicus Caprarius. Apertura Straordinaria” Hotel Trevi, Vicolo del Babuccio 20/21.
In occasione dell’Apertura Straordinaria – luoghi solitamente chiusi al pubblico e visibili eccezionalmente Solo per le nostre visite- visiteremo tre piani di un quartiere ormai nascosto, posto sul lato orientale di Via del Corso: i Sotterranei di Fontana di Trevi. Entreremo in ambienti risalenti al I sec. d.C., osserveremo le tecniche edilizie e i materiali utilizzati, capiremo l’importanza dell’area archeologica in questione. Narrerò le diverse funzioni che il luogo ha avuto nei secoli, la trasformazione da botteghe e complesso abitativo intensivo – a lussuosa domus di cui si conservano i n situ reperti di rivestim enti marmorei parietali e un pavimento musivo in tessere di marmi policromi. Cammineremo sul suolo di ambienti adiacenti al Vicus Caprarius e comprenderemo la vicinanza dell’Acquedotto Vergine. Sosteremo infine nel piano rialzato risalente all’età Medioevale ed ammireremo la struttura dall’alto. Capiremo meglio la storia della magnifica Fontana di Trevi e la stratificazione dei secoli… un percorso unico!
Costo: Euro 18 (ingresso, prenotazione, visita guidata e cuffie)
Riduzioni: Euro 17 – studenti 18/25 anni, insegnanti
Euro 15- ragazzi 14/18 anni
Euro 14- ragazzi under 14 anni, studenti universitari di Archeologia
Appuntamento davanti l’ingresso Hotel Trevi, vicolo del Babuccio 20/21
Prenotazione Obbligatoria entro Venerdi 18 ottobre
Termineremo la visita guidata alle ore 14.30 circa
Non è possibile partecipare alla visita se il cliente manifesta i sintomi del Covid 19 o stato febbrile.
E’ richiesto sempre il pagamento anticipato per evitare contatti personali.
E’ gradita la prenotazione almeno il giorno prima della data scelta.
La prenotazione è sempre obbligatoria e avviene SOLO tramite richiesta scritta a info@chiaraproietti.it o Whatsapp al 335 67 47 268 ( più diretto) o SMS indicando il nome e cognome del/i prenotati, il numero dei partecipanti e il recapito telefonico, la mail ed eventuali riduzioni.
Vi consiglio questa pratica, siamo al lavoro e non sempre riusciamo a rispondere in tempo reale alle chiamate dirette.
Poichè i gruppi sono SEMPRE limitati, non è consigliabile presentarsi sul luogo della visita senza aver ricevuto da parte nostra la conferma di partecipazione.
I biglietti NON sono rimborsabili ma cedibili a terzi.
Vi consiglio di portare i Vs auricolari monouso: dal 2023 per evitare un eccessivo consumo di plastica, saranno a pagamento.
Nota bene: Prima di iniziare la visita guidata – se ancora non ho il piacere di conoscerVi direttamente- Vi prego di assicurarVi che a guidare il gruppo sia Chiara Proietti e chiedete sempre di Visite Guidate di Chiara
Al momento la Legge che disciplina i Beni Culturali vieta l’ingresso in tutti i musei, monumenti e aree archeologiche comunali e nazionali ad animali di qualsiasi taglia. Sono ammessi Solo i cani guida per i non vedenti.
In caso di disdetta, Vi prego di avvertire almeno 24 ore prima dall’appuntamento, altrimenti sarò costretta a far pagare il costo per intero.
Vi Ringrazio e Vi Aspetto!
Chiara – Whatsapp 335 6747268 (orario 10-18)
Gruppo Facebbok: Visite Guidate di Chiara (NON la pagina)
Instagram: chiaraproiettiarte
Torrita Tiberina-(RM)- Fondazione Mario & Maria Pia Serpone
Parco d’Arte Contemporanea nel cuore della Sabina
La Collezione-La Fondazione Mario e Maria Pia Serpone, un parco d’arte contemporanea nel cuore della Sabina, a soli 40km da Roma. Le opere della collezione sono orientate in corrispondenza con le stelle madri della costellazione del Toro dando forma ad un’architettura invisibile che accompagna i visitatori a scoprire installazioni all’aperto di artisti come Mimmo Paladino, Jannis Kounellis, Bruno Munari e Luca Maria Patella, per citarne alcuni. Oltre a ciò, la Fondazione è orgogliosa di ospitare due rarità nel panorama artistico internazionale: un ‘bottle crash’ di Shozo Shimamoto, la quale opera è un work in progress oggetto di performance annuali; e la cappella Nitsch, una cappella che il fondatore dell’azionisimo viennese Hermann Nitsch ha allestito con sue opere create in loco. Un luogo d’incontro per quanti celebrano l’amore, la libertà, la pace e l’equilibrio nel rispetto reciproco di tutte le forze che governano la natura, l’istituzione ha come centro d’interesse lo studio, la riflessione e la diffusione dell’arte contemporanea. La fondazione è visitabile esclusivamente su prenotazione.
Per info e per organizzare una visita, scrivere a: info@fondazioneserpone.org.
La collezione permanente
Una fondazione dove opere d’arte contemporanea contornano il prato, ne seguono le curve, lo impreziosiscono con significati estetici e lo ridisegnano, nobilitando lo spazio con installazioni ambientali a cielo aperto, con performance e con tutto quanto possa prendere forma d’arte attraverso il linguaggio del contemporaneo, in perfetta relazione con l’ambiente.
La cappella Nitsch
Uno spazio nel bosco concepito come una piccola cappella, il cui progetto, sottoposto al parere dell’artista, ha riscontrato la sua piena approvazione. Hermann Nitsch ha dato, infatti, la sua totale disponibilità per l’allestimento e arredamento della stessa, con opere ed installazioni da realizzarsi in loco.
Hermann Nitsch, artista austriaco, massimo esponente dell’azionismo viennese, filosofo, musicista e pittore dal 1957 si dedica alla concezione del suo “Orgien Mysterien Theater”(OMT): forma di arte totale che coinvolge tutti e cinque i sensi. Per Nitsch, teatro, palcoscenico, musica, architettura e natura divengono imprescindibili l’uno dall’altro.
Nelle sue opere si evidenzia l’aspetto drammatico di una “liturgia ematica”, che ripercorre concettualmente il processo di sublimazione dolorosa del “sangue glorioso”. Il sacrificio diviene elemento centrale di un processo di identificazione-coinvolgimento, che travolge i tradizionali schemi comportamentali.
L’opera di Nitsch è riconosciuta a livello mondiale. L’Austria e precisamente Mistelbach gli ha dedicato un museo personale, così come anche la Fondazione Morra a Napoli gli ha dedicato un museo a lui intitolato, inaugurato nel 2008; inoltre le sue opere sono presenti nei più importanti musei di arte contemporanea.
Contattaci-Per organizzare una visita della Fondazione Serpone, un evento privato o per avere maggiori informazioni sui nostri progetti e collaborazioni, inviaci una mail: info@fondazioneserpone.org
Cercaci su Google Maps: Fondazione Serpone Viale Marconi, 5 (S.P. Tiberina 15a, Km. 37,100) 00060 Torrita Tiberina, Roma
Sergio Dotto 18/05/2014 Italia, Musei monumenti e parchi 2.
Ricerca storica dell’Architetto Maurizio Pettinari.Il 25 febbraio 1899 l’ingegner Edoardo Ugolini presentò domanda alla Prefettura di Perugia per derivare 1,20 m3/sec di acqua dal fiume Farfa, presso le le fornaci di Santa Maria a Valle Basetti utilizzando un salto di 86,50 m, al fine di alimentare la ferrovia elettrica Rieti-Corese e ottenne la concessione con i decreti emanati l’11 luglio e il 6 novembre 1900. Il 28 marzo 1901 fu costituita la Società Romana di Elettricità, che oltre ad acquistare la concessione Ugolini, entrò in possesso delle sorgenti di Càpore (Frasso Sabino), di proprietà del Principe Borghese e la neo costituita azienda affidò all’ingegner Ulisse Del Buono lo studio del progetto per utilizzare le sorgenti Càpore e altre acque del demanio in un’unica derivazione. Il progetto prevedeva la restituzione delle acque presso il fosso Roccabaldesca sotto Mompeo, il salto utilizzato era di 122 m mentre il canale misurava 7 km di lunghezza. La Prefettura di Perugia, il 29 gennaio 1903, esaminò il decreto della nuova concessione, che divenne definitivo il 10 aprile dello stesso anno, tuttavia solo il 23 novembre 1906 fu emanato il decreto che approvò e rese esecutivo il progetto. Nel frattempo l’ingegner Angelo Filonardi, uno dei i fondatori della Società Italiana per le Condotte d’Acqua e successore di Del Buono nello studio del progetto, concepì una soluzione alternativa per l’impianto, mediante un canale derivatore fino a Torre Baccelli, nel comune di Fara in Sabina, con uno sviluppo complessivo di 11,700 km allo scopo per poter sfruttare un salto geodetico di 162,50 metri e di conseguenza poter produrre una maggior quantità di energia, a fronte di una spesa maggiore per realizzare le opere idrauliche necessarie. Il nuovo progetto, presentato il 21 maggio 1907 dagli ingegneri Filonardi e Waldis, ottenne il decreto l’8 luglio 1909. Il lungo iter si concluse con il progetto definitivo, opera dell’ingegner Enrico Anagni, subentrato al Filonardi dopo la scomparsa di quest’ultimo che fu presentato il 1 marzo 1910 e approvato il 9 giugno 1910. Finalmente nell’agosto 1911 iniziarono i lavori sotto la direzione di Enrico Anagni, che si avvalse della collaborazione degli ingegneri Gino Coari e Stefano Bellini. Tuttavia tra il 1912 al 1914 fu costruita poco meno della metà del canale derivatore, mentre con opportune modifiche progettuali la lunghezza della derivazione fu ridotto a 10,5 km, con una portata massima derivabile di 8 m3/sec. In seguito allo scoppio della Prima Guerra Mondiale la costruzione proseguì molto lentamente, ma sotto la direzione dell’ingegner Giordano i lavori ripresero con vigore alla fine del 1918, mentre per la parte elettrica l’incarico fu affidato all’ingegner Oscar Sismondo, capo servizio della Società Anglo Romana. Nonostante le difficoltà tecniche e finanziarie nel febbraio 1923 l’impianto idroelettrico entrò in funzione con due gruppi turbina Riva e alternatore Westinghouse da 5.000 kW ciascuno, alimentati da due condotte forzate realizzate dalla ditta Antonio Bosco di Terni. Per innalzare il valore della tensione, inizialmente furono istallati quattro trasformatori monofase Westinghouse da 4500 kVA ciascuno, che elevavano la tensione prodotta dagli alternatori da 6.000 Volt a 60.000 Volt della linea elettrica, in seguito sostituiti da un unico trasformatore trifase. Contestualmente furono realizzate anche le abitazioni per il direttore della centrale e le famiglie degli operai. Una linea elettrica a 60.000 Volt, lunga circa 3 km, collegava la centrale alla sottostazione elettrica di Colonnetta “La Memoria” situata nel comune di Montopoli di Sabina, dove, unitamente agli elettrodotti ad alta tensione provenienti dalla cabina “Roma” dell’elettrochimico di Papigno (TR), alimentava le utenze romane. Nel 1933, per fare fronte a una crescente domanda di energia elettrica, la Società Romana di Elettricità realizzò, nei pressi di Torre Baccelli, un bacino di carico con una capacità di circa 140.000 m3, che consenti l’installazione di una terza condotta forzata e di un altro gruppo turbo-alternatore Riva-Tecnomasio Italiano identico ai precedenti, destinato alla funzione di riserva. Le acque del Farfa, restituite al suo corso naturale dal canale di di scarico della centrale, furono ulteriormente utilizzate tramite un canale di derivazione dalla centrale idroelettrica Farfa 2, situata non lontano dalla stazione ferroviaria di Poggio Mirteto, inaugurata nel 1936. Nel 1944, durante in secondo conflitto mondiale, la centrale Farfa 1, la sottostazione di Colonnetta La Memoria e la centrale Farfa 2 furono minate e gravemente danneggiate dalle truppe tedesche in ritirata, ma appena possibile la Società Romana di Elettricità ripristinò gli impianti restituendoli alla loro piena efficienza. Nel 1963, con la nazionalizzazione dell’energia elettrica, la centrale divenne proprietà dell’ENEL, poi nel 1985 fu automatizzata per essere gestita da posto di teleconduzione di Montorio al Vomano (TE). Negli anni recenti grazie a Enel Green Power, società multinazionale italiana operante nel settore di mercato delle energie rinnovabili e Michele Antonilli, docente presso l’Istituto di Istruzione Superiore “Aldo Moro” di Passo Corese, l’impianto idroelettrico è stato teatro di numerosi eventi didattici e culturali nell’ambito della manifestazione “Centrali Aperte”, divenendo uno dei rari esempi di officina idroelettrica ancora dotata di macchinario originale, in quanto la corsa frenetica all’acquisizione dei certificati verdi ha determinato la perdita irreparabile di una molte impressionante di gruppi, organi di comando e componenti elettromeccanici storici. Visitando Farfa 1 colpisce positivamente la presenza di due targhe apposte nel 2007, che ricordano vari ingegneri che contribuirono alla realizzazione dell’opera, tra cui Aldo Netti, nato a Stifone, che portò l’energia elettrica a centotrenta comuni del Lazio e dell’Umbria e operò anche nelle Marche. E’ incredibile che sia Narni sia Terni si siano dimenticate di lui, membro tra l’altro del consiglio di amministrazione delle Acciaierie ternane, al punto che non si è meritato neanche l’intitolazione di una via o di una piazza nella autoproclamata “capitale dell’archeologia industriale”.
Fonte: M. Antonilli, M. Pietrangeli, “Storia dei vari sistemi di trasporto intorno a Roma, a Rieti, alla Sabina e la centrale ENEL di Farfa”, 2011.
Raffaello, Barocci, Cantarini, Lazzarini dalla Biblioteca Oliveriana-
Mostra aperta fino al 17 novembre 2024 ai Musei Civici-
PESARO-Musei Civici-Raffaello, Barocci, Cantarini e Lazzarini sono gli artisti protagonisti della mostra ai Musei Civici di Pesaro. Per ognuno di loro l’attività grafica ha rivestito un ruolo fondamentale. Il disegno deve essere inteso come potentissimo segno di comunicazione e trasmissione del sapere e delle idee. Pesaro Capitale italiana della cultura 2024 è l’occasione per mettere in scena circa 40 opere grafiche conservate nella Biblioteca Oliveriana di Pesaro, uno dei centri nevralgici della cultura di questa città, custode di un inestimabile patrimonio storico. La mostra ‘CAPITALE’ DEL DISEGNO. Raffaello,Barocci, Cantarini, Lazzarini dalla Biblioteca Oliveriana per Pesaro 2024 è allestita fino al 17 novembre 2024 nelle sale che ospitano la collezione permanente dei Musei Civici di Pesaro. La mostra è a cura di Anna Cerboni Baiardi con Anna Maria Ambrosini Massari.
I disegni esposti appartengono alla collezione Viti Antaldi che ammonta oggi a 803 fogli di maestri, epoche e scuole differenti. Tracciano un ideale percorso con alcuni dei principali artisti che si sono avvicendati in questo territorio tra il XVI e il XVIII secolo: l’urbinate Federico Barocci (1533-1612), attivo per il duca Francesco Maria II della Rovere insieme ai suoi valenti seguaci; i pesaresi Simone Cantarini (1612-1648), genio inquieto e innovativo, e GiovanniAndrea Lazzarini (1710-1801), protagonista del Settecento nella sua città natale e nelle Marche. Tutti questi si sono trovati a riflettere, in tempi e modi diversi, sull’opera del grande Raffaello (1483-1520) che, nato a Urbino e infine chiamato da papa Giulio II a Roma, ha dato vita a opere ritenute così perfette da diventare modelli inesauribili per le generazioni future.
Centrale nella mostra è quindi la figura di Raffaello, il cui contributo viene arricchito attraverso strumenti e metodi digitali. ‘Capitale’ del disegno diventa così per il visitatore anche esperienza sensibile, emotiva e cognitiva.
Spiega la curatrice Anna Cerboni Baiardi:“La mostra mette in luce una delle più significative realtà storico artistiche della città di Pesaro: la collezione di disegni Viti Antaldi conservata nella Biblioteca Oliveriana di Pesaro, nota nei secoli passati per il gran numero di autografi di Raffaello, oggi vanto delle più prestigiose raccolte del mondo. I disegni scelti per l’occasione tracciano un ideale percorso da Raffaello a Lazzarini, passando attraverso Federico Barocci, i suoi allievi e Simone Cantarini. Per ognuno di questi l’attività grafica ha rivestito un ruolo fondamentale. I disegni permettono al visitatore di entrare nella dimensione più creativa dell’elaborazione artistica, di ammirare il valore sintetico di una linea o la morbidezza di un segno sfumato, di godere di un’immagine funzionale a un progetto o semplicemente di un esercizio di stile fine a se stesso. In diversi casi i fogli dialogano con alcuni dipinti selezionati, normalmente compresi nel percorso museale, ma anche con opere inedite o poco note offerte per l’occasione da collezionisti pubblici e privati che arricchiscono la conoscenza e la ricerca”.
Centrale nel progetto espositivo è la figura del grande Raffaello (1483-1520): dei tanti disegni di Raffaello che avevano resa famosa la Collezione Viti Antaldi ne resta solo uno, ma estremamente importante: lo Studio di figura, disegno riconducibile alla prima attività dell’artista, preparatorio per la figura di Cristo nella Resurrezione conservata nel Museu de Arte di San Paolo del Brasile. Il prezioso foglio oliveriano, oltre a richiamare simbolicamente gli esordi di questa prestigiosa collezione, vuole evocare l’importanza che l’opera di Raffaello ebbe per gli artisti successivi.
Alcuni dettagli sulle opere di Raffaello e Barocci
Raffaello Il piccolo disegno di Raffaello è l’unico che resta dei tanti che facevano parte della collezione Antaldi. È piccolo ma molto prezioso, perché è tra i pochi giovanili rimasti. Si tratta, infatti, di uno studio per la Resurrezione di San Paolo del Brasile realizzata da Raffaello tra la fine del ‘400 e gli inizi del ‘500, dove sono evidenti gli influssi di Perugino e di Pinturicchio.
Il foglio in mostra attesta l’idea che Raffaello sia stato un campione del disegno ancor prima che della pittura, considerato magister non ancora ventenne, attratto dallo studio dal vero e dalla ponderazione armoniosa come dimostra il nudo rappresentato sul un lato del foglio. Dall’altra parte, lo studio del panneggio dimostra tutta l’importanza che le pratiche disegnative hanno sempre avuto nella sua attività, fin dagli esordi urbinati, in una corte, quella urbinate, tra le più ricche di esiti artistici nel panorama italiano.
Federico Barocci
Anche per Barocci scegliamo di accendere l’attenzione su un foglio giovanile relativo alla decorazione del soffitto della prima stanza del Casino di Pio IV a Roma dove Barocci lavora tra il 1561 e il 1563 accanto a Federico Zuccari e a Santi di Tito. I disegni sono realizzati sul recto e sul verso di una carta cerulea e con almeno due tecniche: la pietra nera e l’inchiostro bruno utilizzato con la penna. Non tutte le immagini che compaiono nel recto sono utilizzate nel Casino, al quale si connettono solo le figure tracciate a penna. La mezza gamba destra in scorcio nel verso del foglio, con la pianta del piede in vista, trova riscontro in diverse prove giovanili dell’artista che non ha mai affrontato un’opera pittorica senza valutare ogni minimo dettaglio attraverso la pratica disegnativa.
La mostra ‘CAPITALE’ DEL DISEGNO è promossa da Comune di Pesaro e Fondazione Pescheria – Centro arti visive nell’ambito degli eventi di Pesaro Capitale italiana della Cultura 2024, con il contributo della Regione Marche e in collaborazione con Ente Olivieri – Biblioteca e Musei Oliveriani e Pesaro Musei, in partenariato con l’Accademia Raffaello di Urbino. L’organizzazione è di Maggioli Cultura e Turismo.
“Pesaro diventa anche ‘Capitale del disegno’ con le splendide collezioni Viti Antaldi che documentano il passaggio di tanti artisti che, nei secoli, si sono affacciati e interfacciati con la nostra realtà territoriale – sottolinea il sindacoAndrea Biancani -.Una mostra che ci omaggerà di un viaggio nel tempo, tra cultura e bellezza, mettendo in luce una delle più significative realtà artistiche presenti nella nostra città, che portano le firme di alcune illustri figure come Raffaello, Giovanni Andrea Lazzarini, Simone Cantarini e Federico Barocci. Pesaro, anche in questo caso, conferma a pieno il suo ruolo di Capitale italiana della Cultura, capace di snodarsi e valorizzarsi tra le bellezze del proprio territorio”.
“La mostra a Palazzo Mosca è un evento ‘perfetto’ per il calendario di Pesaro 2024 da diversi punti di vista – così Daniele Vimini vicesindaco e assessore alla Cultura e Turismo del Comune di Pesaro -. I disegni che convivono accanto ai tesori permanenti dei Musei Civici provengono dalla Biblioteca Oliveriana, mettendo così in stretta comunicazione due dei luoghi simbolo della cultura cittadina. Ancora, la selezione di opere esposte traccia di fatto un ideale percorso che coinvolge l’urbinate Federico Barocci e i pesaresi Simone Cantarini e Giovanni Andrea Lazzarini. Dunque, dialogo e apertura oltre i confini urbani, valori che guidano il cammino dell’anno da Capitale. Non ultimo, l’esposizione ci consente di ‘allungare’ la stagione estiva verso un autunno che – anno dopo anno – si conferma periodo piacevolissimo per vivere la nostra città nella ‘natura’ del mare e nella ricchezza del suo patrimonio artistico. Un grazie speciale, dunque, alle curatrici Anna Cerboni Baiardi e Anna Maria Ambrosini Massari che hanno messo a punto questo progetto prezioso”.
Fabrizio Battistelli, presidente Ente Olivieri – Biblioteca e Musei Oliveriani insieme con la direttrice Brunella Paolini: “Protagonista di questa mostra è il disegno. Raffaello, che eccelle nell’arte pittorica in quanto tale, porta nel tratto grafico immediato e creativo un segno di cui resterà traccia nell’opera di allievi e seguaci, anche a Urbino e a Pesaro, oltre che un’ispirazione per innumerevoli artisti nel mondo. È ambivalente la sorte dei disegni. Le loro proporzioni, la loro materia, la stessa apparente volatilità ne fanno un oggetto particolarmente vulnerabile alla dispersione. Questo è ciò che è accaduto alla superba collezione impostata dal collaboratore di Raffaello Timoteo Viti, passata poi alla famiglia Antaldi e prodigiosamente (sia pure parzialmente) pervenuta alla Biblioteca Oliveriana. Conservare di questi tesori, e nello stesso tempo valorizzarli attraverso la condivisione con il pubblico, è la vocazione di un’istituzione come l’Oliveriana. Rinnovata con entusiasmo, in collaborazione con le altre istituzioni civiche e culturali di Pesaro, in questo 2024 ‘capitale’ ”.
Luigi Bravi, presidente Accademia Raffaello di Urbino:“La mostra, curata dalla consocia Anna Cerboni Baiardi con la consocia Anna Maria Ambrosini Massari, rientra pienamente nella sfera di interessi e nella programmazione culturale dell’Accademia Raffaello di Urbino. Il tema della grafica, infatti, è da sempre un argomento che determina le scelte artistiche ed espositive nella Casa di Raffaello. Fa molto piacere quindi che la nostra Istituzione sia stata coinvolta, per la sua portata scientifica e culturale, nella mostra dedicata al ‘Capitale del disegno’ avendo come sua punta di diamante il celebre disegno dell’Urbinate”.
Fonte- Maggioli Cultura-
L’obiettivo di Maggioli Cultura e Turismoè valorizzare l’ecosistema territoriale promuovendo consapevolezza e conoscenza, con un linguaggio innovativo, creativo, digitale e accessibile. Siamo il partner ideale per costruire modelli efficienti e integrati nell’ambito della gestione, fruizione e comunicazione dei beni turistico-culturali, attraverso soluzioni digitali, servizi di consulenza, attività di marketing territoriale e produzione di eventi e mostre. L’unicità della nostra proposta risiede nel connubio tra adattabilità, esperienza, tecnologia, competenze tecniche di settore e passione, per favorire l’interazione e la partecipazione attiva del pubblico alla scoperta del patrimonio culturale e delle eccellenze del territorio.
Città di Pescara- Se il biscotto diventa un gioiello-
Corso di decorazione al Museo delle Genti d’Abruzzo-
Pescara, 8 ottobre – Al Museo delle Genti d’Abruzzo Sta per iniziare un viaggio attraverso i sensi: la bellezza da guardare, il buono da assaggiare, la capacità di realizzare. E’ un corso che valorizza non solo la creatività, ma le tradizioni e le suggestioni della fantasia. Tre distinti eventi che la Fondazione Genti d’Abruzzo organizza avvalendosi della professionalità di Filomena Tavano cookie artist , ovvero decoratrice di biscotti. Da non confondere con la pasticceria. Tavano è una eccellenza nel suo settore: nasce, con i suoi studi, restauratrice e decoratrice e si perfeziona lavorando con importanti aziende, per poi trovare una strada alternativa, che le consente di coniugare il suo amore per la pittura con quello per la cucina: nasce così Dolcetto, che le frutta riconoscimenti a livello internazionale e la porta in giro a raccontare come si fa a trasformare un biscotto in un capolavoro.
Il calendario degli appuntamenti si apre sabato prossimo alle ore 16, con la decorazione del biscotto “Presentosa d’Abruzzo”, sabato 30 novembre con inizio alla stessa ora toccherà al “Cuore d’Abruzzo” per concludere il 7 dicembre con la più classica preparazione di piccole opere d’arte natalizie. Sarà possibile sia frequentare un solo evento, della durata di quattro ore, che partecipare all’intero percorso ed avere così una preparazione più completa. “Lavoriamo in un ambiente insolito – spiega Tavano – e proprio per questo presentiamo un prodotto che sia attinente al museo. Ma questa esperienza fa parte anche di un mio progetto, che ha mosso i primi passi nel corso di Mediterranea, che è quello di declinare la decorazione dei biscotti in funzione turistica, preparando delle scatole eleganti che siano riconoscibili come prodotti abruzzesi. Ho già collaborato con la Regione Puglia, lavorando sugli Ori di Taranto, anche per l’Abruzzo sarebbe bello poter avviare una produzione con una propria identità. Penso a una scuola di formazione che potrebbe, ad esempio, essere anche funzionale alla riqualificazione di donne che hanno perso il lavoro, ma anche un punto di partenza per chi decide di investire su un progetto innovativo”. La proposta che si svilupperà all’interno del Museo delle Genti d’Abruzzo potrebbe essere un primo passo verso un lavoro più strutturato sul territorio. “Abbiamo organizzato il percorso in tre distinti eventi – chiarisce Tavano – ed in ognuna delle tre occasioni insegneremo le competenze tecniche di base per poter realizzare un biscotto decorato. Gli elementi essenziali sono la pasta frolla e la ghiaccia reale, che possono però essere lavorati con molte varianti. Perché la decorazione ha davvero molto da offrire, come produzione prevede l’infinito: ogni biscotto è una tela bianca su cui lavorare”. Diverse le tecniche di realizzazione tra la Presentosa e il cuore d’Abruzzo, poi il gran finale a sorpresa per il Natale: biscotti da utilizzare come decorazione per l’albero o per la tavola, per regali originali o semplicemente per coccolarsi in occasione delle feste.
Ai corsi sono ammessi anche i ragazzi, dai 12 anni in poi, un’occasione per avvicinarsi, divertendosi, all’arte della decorazione: “Decideremo in prossimità dell’evento come interpretare il terzo evento. Siamo estremamente flessibili. Ogni persona viene seguita a seconda della propria inclinazione, accompagnata fino al conseguimento del suo risultato”.
Informazioni
Il Museo delle genti d’Abruzzo è un museo di Pescara. Wikipedia
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