Roma-Al Teatro Lo SpazioAlt Academy presenta:”SIGNORINE NEL TEMPO. L’EPOPEA DELLE SIGNORINE BUONASERA”
Roma-Approda al Teatro Lo Spazio di Roma, Alt Academy presenta dal 19 al 23 marzo, SIGNORINE NEL TEMPO. L’EPOPEA DELLE SIGNORINE BUONASERA, spettacolo scritto da Veronica Liberale e diretto da Pietro De Silva. Torino, gennaio 1954. Sandra Adelini, commessa in prova, in un negozio di elettrodomestici, si ritrova a vivere una giornata storica per il paese e per la comunicazione: l’inizio delle trasmissioni televisive. Alle prese con i clienti accalcati di fronte ai primi televisori e al mondo del lavoro , ancora maschilista e poco possibilista per le donne, Sandra sogna un futuro migliore e lo fa davanti alla scatola magica, di fronte alla quale è destinata a conoscere quello che diventerà il padre di suo figlio, giunto in negozio per comprare una lavatrice Zoppas. Dentro quella scatola magica c’è Nicolina, la prima annunciatrice della TV, un’ apparizione dolce e rassicurante, chiamata per umanizzare la televisione, pioniera in un mondo ancora sconosciuto. Con il televisore che fa da cornice al suo affascinante mezzo busto, Nicolina sa che dovrà guidare per mano i telespettatori annunciando film, rubriche, varietà, spot pubblicitari. Veloce a intervenire in caso di problemi tecnici o interruzioni improvvise.
Alt Academy presenta:”SIGNORINE NEL TEMPO. L’EPOPEA DELLE SIGNORINE BUONASERA”
Sempre rassicurante, sempre sorridente, sempre pronta. In bilico tra le potenzialità del nuovo mezzo di comunicazione in grado di portare progresso, alfabetizzazione e cultura in tutto il paese, e le sue conseguenze dettate dai limiti del mezzo stesso. ll destino di Sandra e Nicolina si incrocia ed è a legato a doppio filo con quello di una terza signorina, Maria Rosella, annunciatrice del 2003, appena giunta negli studi televisivi per iniziare la giornata più difficile della sua carriera, che si concluderà con una rivelazione: una drastico riduzione di orario di lavoro. La risposta dei dirigenti cerca di indorare la pillola, parlano di ridimensionamento, di altre opportunità, di rinnovo dell’immagine. Ma la realtà è cruda come uno schiaffo in pieno viso : Maria Rosella, insieme ad altre sue colleghe “della vecchia guardia”, è stata sollevata dal suo incarico e sostituita da giovanissime ragazze, in buona parte provenienti dalle fila di concorsi di bellezza.
In scena, la storia delle tre donne, signorine nel tempo, che con la loro dolcezza, la loro professionalità, la loro forza, sfidano le avversità del loro tempo, avviene su tre piani paralleli, sui quali si muove la figura di un narratore, che racconta la loro storia, entrando a farne parte e rappresentando le figure maschili che le tre protagoniste, incontrano nel loro viaggio.
NOTE DELL’AUTRICE : Con questo testo s’intende omaggiare quelle icone che sono state le annunciatrici italiane dagli esordi della televisione fino alla loro graduale scomparsa, specchio di una t.v. non certo perfetta ma sicuramente più garbata e professionale rispetto alla sciatteria, aggressività e superficialità della comunicazione contemporanea.
La storia delle tre donne, i cui nomi di fantasia sono un leggero ricordo di quelli veri, è romanzata, in modo tale che all’interno di queste figure di fantasia possano concentrarsi le caratteristiche, le esperienze lavorative e l’essenza di quello che hanno rappresentato le “Signorine Buonasera” per gli italiani. In questo senso raccontando la loro storia personale si vuole raccontare indirettamente quella del paese.
Gli attori in scena sono quattro. Tre donne protagoniste, supportate da un attore uomo che interpreterà mano a mano tutti i personaggi maschili (dirigenti rai, mariti, ammiratori, colleghi) che ruotano intorno alle indimenticabili “Signorine Buonasera”.
Alt Academy presenta:”SIGNORINE NEL TEMPO. L’EPOPEA DELLE SIGNORINE BUONASERA”
Alt Academy
presenta
SIGNORINE NEL TEMPO
L’EPOPEA DELLE SIGNORINE BUONASERA
di Veronica Liberale
con Camilla Bianchini, Giada Fradeani, Veronica Liberale e Luigi Pisani
Roma- La rassegna “OBIETTIVO DONNA” per festeggiare i 25 anni di Officine Fotografiche-
Roma-Quest’anno, per festeggiare i 25 anni di Officine Fotografiche, rinnoviamo la rassegna OBIETTIVO DONNA, a cura di Emilio D’Itri. Un appuntamento da non mancare con mostre inedite come Martha Grahm di Imogen Cunningham o Il respiro irregolare della vita di Ninni Romeo, e poi proiezione di alcuni episodi di LE FOTOGRAFE di e con Francesco G.Raganato e poi ancora incontri con Alessandra Mauro, Raffaella Perna, Lina Pallotta.
Il programma:
Officine Fotografiche Roma
INAUGURAZIONE il 06 MARZO h. 18:30
MOSTRE: IMOGEN CUNNINGHAM. 91 FOTOGRAFIE A MARTHA GRAHAM
fotografie di IMOGEN CUNNINGHAM (a cura di Samantha Marenzi, Gloria Grandolini) IL RESPIRO IRREGOLARE DELLA VITA
fotografie di NINNI ROMEO(a cura di Lina Pallotta)
07 MARZO h. 18:30 – PROIEZIONE LE FOTOGRAFE (2a stagione) proiezione episodi docu-serie:
CRISTINA VATIELLI – IN MEMORIA DI ME (27min.)
LUDOVICA ANZALDI – CORPI LIBERI (27min.) con Francesco G. Raganato (autore e regista)
LE FOTOGRAFE 2 è la seconda stagione della docu-serie interamente dedicata alle fotografe italiane che trattano temi legati al femminile. Il filo rosso che tiene assieme ogni episodio è la Fotografia intesa come strumento di indagine introspettiva, di esplorazione del reale e di espressione artistica. Nei nuovi episodi si esploreranno concetti più ampi e più stratificati rispetto a quelli della stagione precedente. Si parlerà spiritualità, della ricerca della maternità, di memoria, della scoperta di sé. Ma anche di gender, adolescenza e comunità di appartenenza. Le fotografe non raccontano soltanto tematiche legate al femminile, ma svelano mondi più ampi, più sfaccettati, complessi e affascinanti. Ognuna di loro sta portando avanti la propria ricerca personale, sta crescendo nel proprio lavoro, sta affermando la sua presenza nel mondo della cultura visiva del nostro paese. Ognuna di loro sta contribuendo a cambiare e arricchire l’immaginario fotografico italiano.
LE FOTOGRAFE è una serie antologica, ma non retrospettiva. Lo sguardo e il racconto sono rivolti sempre al presente e al futuro. LE FOTOGRAFE è una serie ideata, scritta e diretta da Francesco G. Raganato, e prodotta da TERRATREMA FILM per SKY ORIGINAL.
14 MARZO h. 18:30 – PROIEZIONE LE FOTOGRAFE (1a stagione) proiezione episodi docu-serie: SIMONA GHIZZONI – TUTTO PARLA DI ME (27min.) ILARIA MAGLIOCCHETTI LOMBI – UN RITRATTO IN DUE (27min.)
con Francesco G. Raganato (autore e regista)
LE FOTOGRAFE (prima stagione) è la prima docu-serie interamente dedicata alle fotografe italiane che trattano temi legati al femminile, creata e diretta da Francesco G. Raganato, prodotta da Terratrema Film in collaborazione con Seriously.
8 episodi, ognuno con una fotografa diversa come protagonista e con un tema specifico: dall’amore alla sessualità, dal ruolo della donna nella società alla body positivity. Il filo rosso che tiene assieme la serie è la fotografia intesa come strumento di indagine, di racconto e di espressione artistica.
Le 8 fotografe non raccontano soltanto tematiche legate al femminile, ma svelano mondi sfaccettati, complessi e affascinanti. Ognuna di loro sta portando avanti la propria ricerca personale, sta crescendo nel proprio lavoro, sta affermando la sua presenza nel mondo della cultura visiva del nostro paese. Ognuna di loro sta contribuendo a cambiare e arricchire l’immaginario fotografico italiano.
In ogni episodio le fotografe sono ritratte nell’atto di creare qualcosa di nuovo. Alcune di loro hanno scatto la foto conclusiva di un progetto fotografico lungo anni, altre hanno cominciato da zero un nuovo progetto. Tutte quante, durante le riprese della serie, hanno scattato fotografie che andranno ad arricchire ed ampliare il loro portfolio artistico.
Alcune tra le 8 protagoniste sono all’inizio della loro carriera, altre stanno crescendo, altre sono già affermate, una rosa variegata di protagoniste, ognuna scelta per la propria specificità.
18 MARZO h. 18:30 – INCONTRI ALESSANDRA MAUROUn enigma surrealista. Lee Miller, le sue fotografie e la sua vita. “Lee Miller è un vero rompicapo surrealista. Cosa che, ne conveniamo, è in sé un enigma”. Così, nel 1933, la rivista d’arte americana Creative Art definiva Lee Miller.
Effettivamente, Lee Miller sfugge a ogni semplice definizione e la sua vita, il suo lavoro, le sue fotografie, la sua vicenda biografica e in qualche modo anche l’immagine del suo corpo, sono elementi che, insieme, compongono il mosaico sfaccettato e a volte contraddittorio della sua personalità: quello di una donna indipendente e di un’artista di talento.
In occasione dell’uscita il 13 marzo del film Lee Miller interpretato da Kate Winslet, con l’aiuto delle sue immagini, delle sue parole e del racconto che su di lei ha composto il figlio, Anthony Penrose, ricostruiamo il suo percorso e cerchiamo, se possibile, di svelarne l’enigma.
21 MARZO h. 18:30 – INCONTRI LINA PALLOTTAArtivismo. Presentazione del libro “Voce ’e Stommache” di Lina Pallotta (Ed. NERO). Voce ‘e stommache di Lina Pallotta è un ritratto personale e intimo della comunità trans napoletana, nato dalla stretta collaborazione con Loredana Rossi, fondatrice e vicepresidente dell’ATN – Associazione Transessuale Napoli, una ONG impegnata a sostenere le persone trans e a tutelarne i diritti, la salute e la dignità.
Il titolo, derivato da un detto napoletano, sta a significare che l’espressione e l’affermazione di sé non nascono solo dall’intelletto ma da un luogo profondo e viscerale, ed è questa l’etica che ha ispirato Pallotta ad avventurarsi per la prima volta nell’uso della fotografia a colori, per catturare le molteplici sfaccettature della ricerca e dell’espressione dell’identità.
Ritratti, scene di strada, interni domestici e istantanee di momenti quotidiani – dall’applicazione del trucco allo shopping e alla condivisione di bevande – le immagini di Pallotta testimoniano un senso di fiducia e comprensione che abbatte le barriere tra artista e soggetto. Voce ‘e stommache si pone quindi come un sentito tributo al potere trasformativo dell’amicizia e dell’espressione di sé, una celebrazione dell’identità e della comunità e uno struggente atto di advocacy.
Il libro è pubblicato nell’ambito della prima edizione del Premio Paul Thorel “L’UNDICESIMA CASA”, con il generoso sostegno della Fondazione Paul Thorel.
28 MARZO h. 18:30 – INCONTRI RAFFAELLA PERNAPolitiche dello spazio domestico nella fotografia femminista italiana. Politicizzare l’ambiente domestico, per superare la dicotomia tra spazio privato e spazio pubblico, è stato uno dei gesti di rottura più radicali agiti dal movimento femminista sin dalle sue origini.
Percepita come luogo altamente simbolico della secolare oppressione femminile, la casa diviene per numerose fotografe un terreno elettivo di sperimentazione, da cui ripartire per ripensare il ruolo della donna e della sua immagine, dentro e fuori dalle mura domestiche. La rappresentazione fotografica del lavoro di cura, il concetto di “doppia presenza”, la riappropriazione della casa come luogo d’incontro e formazione di comunità sono i temi attorno ai quali ruoterà l’incontro.
Ingresso gratuito
Officine Fotografiche si propone di divulgare la cultura della fotografia e dell’immagine agli appassionati di tutte le età, in particolare alle nuove generazioni. Obbiettivo principale dell’associazione è di aumentare la conoscenza tecnica e culturale dell’immagine fotografica, rendendola nel contempo accessibile a tutti.
Via Giuseppe Libetta, 1 – 00154 – Roma
Tel. +39 06 97274721
of@officinefotografiche.org
I nostri orari:
Segreteria dal lunedì al venerdì 9.00/13.00 – 15.00/20.00
Sabato 9.30/12.30 (domenica e festivi chiuso) Spazio espositivo
dal lunedì al venerdì 9.00/13.00 – 15.00/19.45
Sabato 9.30/12.30 (domenica e festivi chiuso) Libreria e Biblioteca
dal lunedì al venerdì 15.00/19.45
Chiuso sabato/domenica e festivi
Françoise Hardy è a Parigi una domenica di ottobre del 1962, la Francia vota per il referendum sull’elezione diretta del presidente della Repubblica. È il momento in cui prende forma compiuta quel sistema istituzionale, la Cinquième République, nato nel 1958 sulle macerie della crisi algerina e che adesso, nel 2024, sta vivendo le sue convulsioni. Quella sera del 1962, mentre si aspettano i risultati, sullo schermo in bianco e nero della televisione c’è una ragazza di diciotto anni. Ha l’aria timida e innocentemente spudorata. È esile, malinconica, bellissima. Si chiama Françoise Hardy. Canta una canzone in cui la sua casa discografica non credeva (troppo triste), che inizia così: tous les garçons et les filles de mon âge. È un brano memorabile, nel senso proprio del termine: non appena lo si è ascoltato, diventa parte indispensabile del mondo ed è impossibile dimenticarlo.In quel preciso istante, la giovinezza diventa una condizione dello spirito. Una categoria culturale. Con i suoi libri, le sue canzoni, i suoi profeti. La nascita della giovinezza era stata preparata, annunciata da molte cose. Il libro fulminante sull’adolescenza di JD Salinger, The Catcher in the Rye, del 1951, il cui titolo quasi intraducibile aveva fatto ammattire i traduttori (che avevano poi ripiegato in italiano su il giovane Holden e in francese su L’Attrape-coeurs).Bonjour tristesse (1954) di Françoise Sagan, che prendeva il titolo dalla poesia À peine défigurée di Paul Eluard. I jeans e il giubbotto di pelle nera portati da Marlon Brando in The wild one, che avrebbero dettato il modo di vestire delle generazioni successive. E presto, nel 1965, arriverà un ragazzo americano, Bob Dylan, a cantare Like a rolling stone, a parlare di come ci si sente with no direction home, se si smarrisce la via di casa.
Françoise Hardy-2012
La canzone di Françoise Hardy diceva : je me demande, quand viendra le jour ? Quel giorno, ora, nell’alba degli anni Sessanta, è arrivato. De Gaulle vince il referendum. Ma la giovinezza prende per sé tutta la scena del mondo. Vola sulle accuse della gente, sopra i tetti e le stazioni, non si cura della vita adulta, accarezza la tragicità, l’insensatezza e la bellezza del vivere. Il mondo è ancora in bianco e nero come lo schermo della televisione, ma presto, nel bene e nel male, sarà a colori.
La giovinezza è come Françoise: allegra e triste, adorabilmente imbronciata, o (come in una canzone italiana) dolcemente complicata. Prima di allora, l’età giovanile era considerata spensierata e fugace, illusoria, breve, una transizione magari dorata ma imperfetta, solo un luogo di passaggio. Stagion lieta è cotesta, (…) come un giorno d’allegrezza pieno, aveva scritto Leopardi. Età fiorita a cui sarebbe inevitabilmente seguita la disillusione. Il sabato del villaggio a cui seguirà una domenica piena di noia, e dopo domenica c’è lunedì. E poi in fondo i nostri nonni (basta guardare le rare fotografie) erano stati terribilmente adulti anche da giovani. Già all’approssimarsi dei venticinque anni, povere stelle, assumevano l’aria di donne e uomini fatti e finiti, vestiti di panni pesanti, incatenati spesso a una vita senza scelta. Madri e padri su cui da subito volteggiavano i segni di una vecchiaia che non sarebbe tardata.
Il viso e il corpo di Francoise Hardy invece raccontavano un’altra cosa: una giovinezza che non è più l’età fiorita leopardiana, che accoglie in sé la malinconia (tristesse, beau visage, diceva appunto quella poesia di Eluard), e che non vuol saperne di essere condannata a farsi sostituire dall’età adulta. Le gambe erano magre e lunghe, il seno accennato, i fianchi così poco accentuati rispetto ai canoni estetici delle forme femminili più rotonde. Il sogno di un ragazzo che al risveglio si tocca e si ritrova (come in un’apparizione, in una teofania) nel corpo androgino della donna bellissima che ha sognato. Con i capelli lisci e lunghi, lo sguardo tagliente dei suoi occhi chiari, Françoise Hardy era la ragazza da guardare (in quei sogni) mentre prende il sole, spogliata su una spiaggia francese silenziosa, allucinata e ventosa. Tra dune di sabbia e rare piante a celarne la vista.
Giovane per sempre, immune da ogni tentazione adulta, Françoise Hardy, nata nel 1944, era malata da vent’anni. Anche per lei il tempo era passato e la vita aveva mostrato il suo inganno più vile, quello del dolore, della malattia che non lascia illusioni, delle cure che devastano il corpo. Maman est partie, ha detto il figlio Thomas Dutronc per annunciarne la morte. Come se un giorno potesse tornare, magari assieme a tous les garçons et les filles de son âge. Di nuovo giovane e bellissima, come era stata e come, per me e molti di noi, sarà per sempre.
Articolo di Maurizio Puppo
Maurizio Puppo nato a Genova nel 1965, dal 2001 vive a Parigi, dove ha due figlie. Laureato in Lettere, lavora come dirigente d’azienda e dal 2016 è stato presidente del Circolo del Partito Democratico e dell’Associazione Democratici Parigi. Ha pubblicato libri di narrativa (“Un poeta in fabbrica”), storia dello sport (“Bandiere blucerchiate”, “Il grande Torino” con altri autori, etc.) e curato libri di poesia per Newton Compton, Fratelli Frilli Editori, Absolutely Free, Liberodiscrivere Edizioni. E’ editorialista di questo portale dal 2013 (Le pillole di Puppo).
Esordisce nel mondo della musica a 18 anni, ottenendo un successo immediato. Dopo essersi prodotta per sei anni su scena, abbandona le tournée e i concerti e continua una carriera essenzialmente discografica. Caratterizzato da melodie melanconiche, il repertorio di Françoise Hardy si declina in gran parte sull’elaborazione dei dubbi, delle domande e dell’ansietà che suscitano in lei i tormenti delle relazioni sentimentali e della nostalgia in generale.
Parallelamente alla scrittura di canzoni, si interessa di astrologia, da lei appresa in complemento alla psicologia. È autrice di diversi libri, in particolare sull’astrologia; è stata anche attrice, in ruoli minori o in cameo, talvolta in film di genere musicarello.
Al momento della sua nascita, c’era un’allerta aerea in atto, con le finestre della clinica che “esplodevano”. Ha raccontato di essere nata in questo contesto violento con il “temperamento anormalmente ansioso” che ha sviluppato da adulta. Sua madre Madeleine Jeanne Hardy (1920-1991), che proveniva da un ambiente normale, ha cresciuto Françoise e sua sorella minore Michèle, nata diciotto mesi dopo di lei, come genitore single. Suo padre Pierre Marie Etienne Dillard (1899-1981), un uomo sposato che proveniva da una famiglia molto più ricca, ha fatto poco per aiutarle finanziariamente ed è stato in gran parte una figura assente nella loro educazione, visitando le bambine solo un paio di volte l’anno. Madeleine Hardy ha cresciuto le sue figlie in modo rigoroso, in un modesto appartamento in Rue d’Aumale.
Hardy ha avuto un’infanzia infelice e travagliata, e si è dedicata principalmente ad attività solitarie, come leggere, giocare con le bambole o ascoltare la radio. Su insistenza del padre, le ragazze frequentarono una scuola cattolica chiamata Institution La Bruyère, sotto la guida di monache trinitarie.
Tra il 1952 e il 1960, Hardy e sua sorella furono mandate ogni estate in Austria per imparare il tedesco, incoraggiate dal nuovo amante di sua madre, un barone austriaco. Dato che suo padre suonava il piano, Hardy fu incoraggiata a ricevere lezioni di pianoforte da bambina, che abbandonò rapidamente dopo aver provato paura del palcoscenico quando avrebbe dovuto mostrare i suoi talenti sul palco della Salle Gaveau.
Françoise è stata una studentessa disciplinata, ha saltato due anni di istruzione secondaria e ha conseguito il diploma di maturità nel 1960 all’età di sedici anni.
Françoise Hardy
1961-1969
Françoise Hardy esordisce nel 1962 con il singolo Tous les garçons et les filles, che interpreta il 21 settembre nel programma Le Petit Conservatoire de la chanson di Mireille Hartuch e che viene ritrasmessa domenica 28 ottobre alla televisione francese in serata, in uno degli intermezzi musicali nel corso di una diretta elettorale di grandissimo ascolto. La canzone diventa la bandiera del disagio adolescenziale e finisce col vendere più di due milioni di copie in tutto il mondo (nella versione italiana ha il titolo Quelli della mia età e nel Paesi Bassi arriva al quarto posto). Françoise, suo malgrado, diventa uno dei simboli della generazione yéyé e comincia a mietere successi a 45 giri.
Nel 1963 partecipa all’Eurovision Song Contest con L’amour s’en va e si classifica al quinto posto. Nella sua carriera ha cantato spesso in inglese, italiano, spagnolo e tedesco. In Italia ebbe un grande successo nel 1963 con le canzoni È all’amore che penso e L’età dell’amore, che arriva prima in classifica, e con le cover delle sue canzoni francesi Quelli della mia età, che raggiunge la prima posizione per tre settimane, e L’amore va. Nel 1966 ha partecipato anche al Festival di Sanremo con Parlami di te cantata in coppia con Edoardo Vianello. Fra le sue canzoni c’è La Maison où j’ai grandi, cover di Il ragazzo della via Gluck di Adriano Celentano.
Nel 1967 esce la compilation Antoine & Françoise (Vogue/Jolly LPJ 5077) con 6 canzoni di Antoine (sul lato A) e 6 canzoni di Françoise (sul lato B) e nel 1969 esce Il pretesto (CGD FGS 5052), versione italiana dell’album Comment te dire adieu. Nel 1970 nel video musicale Il Pretesto compare anche un giovane Renato Balestra, noto stilista italiano, già famoso all’epoca. Nel 1967, la Hardy crea la propria casa di produzione, la “Asparagus” e rinnova il contratto con la Disques Vogue. Escono quindi 3 album: Ma jeunesse fout le camp… (1967), En anglais (1968, cantato in inglese) e Comment te dire adieu (1968).
Quest’ultimo album contiene la canzone Comment te dire adieu, traduzione di Serge Gainsbourg della canzone “It Hurts to Say Goodbye”, che sarà uno dei grandi successi del 1969; la Hardy interpreterà questa canzone anche in italiano, col titolo Il pretesto (nel 1968), e in tedesco, col titolo Was mach’ ich ohne dich (nel 1970).
Nel 1968, dopo un’ultima tournée in Sudafrica e a Kinshasa, la Hardy abbandona le tournée e i concerti; d’ora in poi le apparizioni in pubblico saranno sul palco di emissioni televisive e radiofoniche. Nel suo tempo libero, la Hardy comincia ad appassionarsi dapprima di psicologia e poi di astrologia, e su quest’argomento ha pubblicato alcuni libri (da sola e in collaborazione con altri autori) ed ha partecipato ad emissioni radiofoniche.
1970-1988
Françoise Hardy nel 1992
Nel 1970, dopo la rottura con Disques Vogue, pubblica tre compilation in Sudafrica con la sua nuova società di produzione “Hypopotam”, distribuite da World Record Co. : Françoise in German (ORC 6071), Françoise in Italian (ORC 6072) e Françoise in French (ORC 6073).
Nel 1970 con la nuova etichetta discograficaSonopresse e la “Hypopotam”, la Hardy pubblica una raccolta dal titolo Françoise e il decimo album dal titolo Soleil. L’anno seguente (1971) esce La Question e un altro album in inglese, dal titolo If you listen (quest’ultimo prodotto da Edition Kundalini, società creata dalla Hardy), che esce dapprima in Sudafrica e poi in Francia. Nel 1972 esce Et si je m’en vais avant toi, sempre con Hypopotam/Sonopresse.
Nel 1978, sull'”onda” della disco music, la Hardy pubblica l’album “Musique saoule”, scritto da Michel Jonasz su musiche di Alain Goldstein e Gabriel Yared, dalle tonalità jazz e funk; benché questi generi non siano quelli privilegiati della Hardy, il singolo J’écoute de la musique saoule è un successo di vendite e resta in classifica quasi un anno.
Nel 1981 e nel 1982 escono rispettivamente À suivre… e Quelqu’un qui s’en va, entrambi prodotti da Gabriel Yared e pubblicati da WEA/Flarenasch. Nel 1988, dopo 26 anni di carriera musicale, la Hardy pubblica il suo 21º album, Décalages, e dichiara che questo sarà l’ultimo della sua carriera; nel frattempo il contratto con la Flarenasch si era concluso con questo album.
L’anno seguente (il 4 ottobre 1997), è invitata a salire sul palco da Julien Clerc, con il quale canta in duetto Mon ange, una canzone scritta dalla Hardy per Clerc (uscita nell’album Les Aventures à l’eau del 1987). Nel 2000, esce Clair-obscur, che le vale il “Grand Prix” della SACEM e due nominations alle Victoires de la musique.
Nell’ottobre 2008 l’artista ha pubblicato la sua autobiografia, Le désespoir des singes… et autres bagatelles (Éditions Robert Laffont, Paris 2008).[2] Nel 2010 esce l’album La Pluie sans parapluie, l’anno seguente è nominata alle “Victoires de la musique” come “artiste interprète féminine”.
Nel novembre 2012, la Hardy compie 50 anni di carriera musicale, dalla pubblicazione del primo album, nel novembre 1962. Per celebrare questo anniversario escono in contemporanea il nuovo album studio L’Amour fou e il romanzo L’Amour fou (Éditions Albin Michel)[3]. Con questo album la Hardy ottiene due nominations alle Victoires de la musique del 2013.
Il 5 marzo 2015 esce il saggioAvis non autorisés…[4], nel quale si esprime sulla società contemporanea, sulle sue passioni e le sue opinioni, e il 3 novembre 2016 esce Un cadeau du ciel…[5], nel quale racconta della sua ospedalizzazione dell’anno precedente.
Il 9 febbraio 2018 è annunciato il suo nuovo (e 28º) album: Personne d’Autre, che esce il 6 aprile. Il primo singolo Le Large – parole e musica di La Grande Sophie – è disponibile dal 16 febbraio e il video del singolo – realizzato da François Ozon – è pubblicato il 20 marzo su YouTube. L’album – prodotto da Erick Benzi – contiene 11 canzoni, di cui 8 scritte dalla Hardy, più un riadattamento in francese (Dors mon ange) della canzone Sleep del gruppo finlandese Poets of the Fall; le altre tre canzoni sono state scritte da Yael Naim (Your’re My Home), Michel Berger (si tratta della reinterpretazione della canzone Seras-tu là ? del 1975) e da La Grande Sophie (Le Large).
Malattia e morte
Nel gennaio 2004 le era stato diagnosticato un linfoma; da allora si è battuta contro la malattia; in particolare è stata ricoverata per diverse settimane della primavera del 2015, in gravi condizioni (tre settimane in stato di incoscienza con otto giorni di coma).[6]
Muore a Parigi l’11 giugno 2024 all’età di 80 anni a causa della malattia.[7]. La notizia è stata annunciata da il figlio Thomas Dutronc nel social media, con queste semplici parole : “Mamam est partie…” (“Mia mamma se ne è andata…)”[8]
Françoise Hardy è stata la compagna del cantante e attoreJacques Dutronc dal 1967 al 1988. La coppia ha avuto un figlio, Thomas Dutronc, nato il 16 giugno 1973, e si è sposata il 30 marzo 1981 a Monticello in Corsica. Dopo la loro separazione, sono rimasti in buoni rapporti e non hanno divorziato; lei viveva a Parigi e lui a Monticello, dal 1997 con una nuova compagna.
Thomas Dutronc è un noto chitarrista jazz e cantante francese che ha tra l’altro collaborato con lei in alcuni album: Clair-obscur, Tant de belles choses e Parenthèses, e col padre Jacques Dutronc nell’album Brèves Rencontres.
Influenze e omaggi
1964: La Hardy è citata in una poesia di Bob Dylan, For Françoise Hardy at the Seine’s Edge, riportata sulla cover dell’LP Another Side of Bob Dylan.
1965: Il poeta Jacques Prévert ha scritto un testo intitolato Une plante verte per il programma del secondo passaggio della Hardy all’Olympia nell’ottobre 1965.
1968: Lo scrittore Paul Guth le rende omaggio nel suo libro Lettre ouverte aux idoles, nel capitolo Lettre ouverte à Françoise Hardy (pagine da 51 a 63).
1974: La cantante giapponese Yumi Arai ha scritto e registrato la canzone La mia Françoise (私のフランソワーズ?, Watashi No Françoise), una canzone in omaggio a Françoise Hardy, contenuta nell’album Misslim (ミスリム?, Misslim).
1995: Carla Bruni e Laurent Voulzy reintrerpretano Tous les garçons et les filles de mon âge nello spettacolo (e poi nel CD) Les Enfoirés à l’Opéra-Comique (Les Enfoirés).
2007: Il gruppo statunitense Shawn Lee’s Ping Pong Orchestra la cita nella canzone Françoise Hardy, pubblicata nell’album Voices and Choices.
2008: La cantante britannica Sharleen Spiteri ha scritto e registrato in omaggio la canzone Françoise, pubblicata nell’ambum Melody.
2009: Il cantante britannico Robbie Williams ha interpretato la canzone You Know Me, traduzione (reprise) in inglese della canzone della Hardy Voilà.
1963 – L’età dell’amore/È all’amore che penso – Disques Vogue (J 35035) – versioni italiane di Le Temps de l’amour e C’est à l’amour auquel je pense
1963 – L’amore va/Il tuo migliore amico – Disques Vogue (J 35041) – versioni italiane di L’amour s’en va e Ton meilleur ami
1963 – Vorrei capirti/Il saluto del mattino – Disques Vogue (J 35043) – versioni italiane di Saurai-je ? e Le premier bonheur du jour
1964 – La tua mano/Vorrei essere lei – Disques Vogue (J 35055) – la seconda è la versione italiana di J’aurais voulu
1965 – Devi ritornare/La notte sulla città – Disques Vogue (J 35067) – versioni italiane di Only You Can Do It e La Nuit est sur la ville
1966 – Parlami di te/Nel mondo intero – Disques Vogue (J 35087) – la seconda è la versione italiana di Dans le monde entier
1966 – Non svegliarmi mai/Ci sono cose più grandi – Disques Vogue (J 35099) – la prima è la versione italiana di Non, ce n’est pas un rêve
1966 – La maison où j’ai grandi/Il est des choses – Disques Vogue (J 35104) – versioni francesi di Il ragazzo della via Gluck e Ci sono cose più grandi
1967 – Gli altri/I sentimenti – Disques Vogue (J 35137) – versioni italiane di Voilà e Et même
1968 – La bilancia dell’amore/Io conosco la vita – CGD (N 9697) – versioni italiane di Tiny Goddess e La fin de l’été
Franca Valeri, pseudonimo di Franca Norsa, aveva nell’albero genealogico della famiglia la presenza di un’attrice, vissuta nel XVIII secolo, di nome Fanny Norsa.Franca Valeri appassionata di recitazione fin da piccola, imitatrice delle amiche della madre, Franca cresce apprendendo, su invito del padre (il quale le regala spesso dischi a 78 giri di Ettore Petrolini), l’inglese e il francese e frequentando, grazie a entrambi i genitori spesso ospiti in un palchetto di amici, il teatro alla Scala, appassionandosi così all’opera. Vive inoltre a Riccione, Venezia e la Svizzera per le lunghe vacanze estive[5]. Dopo un periodo vissuto in un appartamento in via della Spiga, i Norsa nel 1935 si trasferiscono nella signorile via Mozart.
Franca Valeri
Franca frequenta il Regio Liceo Ginnasio Giuseppe Parini nella sezione C, l’unica in cui venga insegnata la lingua inglese. Sua compagna di classe e amica in quel periodo è Silvana Mauri[8], futura moglie di Ottiero Ottieri e nipote di Valentino Bompiani, il quale, trasferitosi a Milano in quegli anni, aveva fondato la casa editrice Bompiani.
Franca adolescente inizia recitando caricature in compagnia di alcune amiche: con loro inscena una specie di teatrino ad uso e consumo di amici e parenti. Nasce in questo contesto il personaggio della Signorina Snob (che stigmatizzava con sagacia e ironia i comportamenti ipocriti della borghesia milanese, cui lei stessa appartiene).
Franca Valeri
Le leggi razziali fasciste del 1938 privano la famiglia dei diritti fondamentali e Franca si trova, per di più, a dover rinunciare anche alle affezionate domestiche. Espulsa dal Parini all’ultimo anno, riesce ad iscriversi da privatista, senza destare sospetti, al Regio Liceo – Ginnasio Alessandro Manzoni.
Il periodo più buio arriva dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Il padre e il fratello trovano rifugio in Svizzera. Franca, rimasta a Milano con la madre, sopravvive alle deportazioni grazie a un impiegato dell’anagrafe, il quale le rilascia una carta d’identità falsa, che la trasforma nella figlia illegittima di sua madre Cecilia Pernetta, nata a Pavia come quest’ultima e non a Milano. Lei e la madre lasciano l’appartamento di via Mozart ad alcune persone ricercate e si trasferiscono in Brianza, poi in una località sopra Lecco, per tornare infine a Milano, nascoste in una casa di ringhiera bombardata, di proprietà di amici, in via Rovello. Per passare il tempo legge Marcel Proust, nei libri Gallimard in lingua originale posseduti da suo padre, il quale aveva studiato alla Sorbona.
Franca Valeri
Nel 1944, ospitata a Roma da una cugina del padre, si presenta all’audizione per l’ingresso all’Accademia nazionale d’arte drammatica, assieme a Tino Buazzelli. Recita un brano da Le mosche, di Jean-Paul Sartre, ma Silvio D’Amico, Wanda Capodaglio e Orazio Costa, affamati e di fretta, prendono Buazzelli e respingono lei. Franca non si dà per vinta, e, complice la cugina, fa credere ai suoi di frequentare l’accademia; nel frattempo riesce a recitare e a fare cabaret, divenendo amica di Ennio Flaiano e Nicola Ciarletta. Domenica 29 aprile 1945 è a Milano ed assiste all’esposizione del Duce Benito Mussolini, Claretta Petacci e gerarchi a piazzale Loreto, avendo la sensazione di assistere a un giudizio universale.
Esordi
Nel 1946 debutta ufficialmente a teatro nel ruolo di una sarta, in una commedia della compagnia di Ernesto Calindri, in scena al Teatro Olimpia, in Foro Buonaparte. Nel 1947 si fa notare con il personaggio di Lea Lebowitz, una ebrea innamorata del rabbino, in un lavoro teatrale di Alessandro Fersen. Accetta poi di interpretare il cane bassotto del signor Bonaventura, per poter recitare con Sergio Tofano. In seguito entra a far parte della compagnia del Teatro dei Gobbi, nella quale esordisce nel 1949. Il nome d’arte Franca Valeri viene scelto solo più tardi, nei primi anni cinquanta, su suggerimento dell’amica Silvana Mauri, che in quel periodo stava leggendo un libro del poeta Paul Valéry, e su spinta del padre ingegnere che non era convinto della carriera d’attrice della figlia.
Franca Valeri
La compagnia del Teatro dei Gobbi, formata da Alberto Bonucci (più tardi sostituito da Luciano Salce. Vittorio Caprioli (conosciuto a Roma e ritrovato a Milano in una rivista di Marisa Maresca) e Franca Valeri, si trasferisce a Parigi portando in scena i Carnet de notes n. 1 (1949) e Carnet de notes n. 2 (1950), opere che propongono una serie di sketch satirici sulla società contemporanea senza ausilio di scene e costumi.
La compagnia sceglie infatti una formula teatrale che non prevede alcun travestimento: gli attori non indossano costumi per caratterizzare uno o l’altro personaggio, ma si presentano così come sono al naturale, in modo che il personaggio sia una invenzione del momento e che scaturisca “come dal cappello di un prestigiatore”.
A Parigi la compagnia si esibisce in un teatrino del quartiere latino, vicino al teatro dei Pitöeff, condividendo la serata con un’altra coppia di artisti: Raymond Devos e Marcel Marceau e utilizzando scene dipinte da Lila De Nobili.
Anni cinquanta
Durante gli anni cinquanta, la Valeri intraprende l’attività di attrice cinematografica: esordisce con Federico Fellini, il primo film al quale prende parte è infatti Luci del varietà, codiretto dal regista riminese assieme ad Alberto Lattuada, nel quale interpreta la piccola parte della coreografa ungherese che allestisce un balletto surreale nel nuovo spettacolo di Checco Dalmonte (Peppino De Filippo). Farà seguito una lunga serie di commedie, spesso al fianco di Alberto Sordi o di Totò, tra cui Totò a colori (1952), Piccola posta (1955), Il segno di Venere (1955), Il bigamo (1956), Arrangiatevi! (1959), Il vedovo (1959).
Franca Valeri
Nel 1950 Colette Rosselli e Indro Montanelli si trovano a Parigi, dove va in scena proprio il Carnet de notes n. 2. Montanelli e la Rosselli sono amici della Valeri e sostenitori dello spettacolo. Nasce così in quel periodo la collaborazione tra la Valeri e la Rosselli, che le porterà a realizzare congiuntamente il libro, fortemente sostenuto dallo stesso Montanelli, Il diario della Signorina snob, pubblicato nel 1951 dalla Mondadori. Il volume è frutto della celebrità ottenuta dal personaggio della “signorina snob” alla radio, alla fine degli anni quaranta. Il diario della Signorina Snob racconta, in forma di diario, un anno della vita di questo personaggio, tracciandone la vita quotidiana, le frequentazioni, le vacanze. Ogni pagina del diario è illustrata dalle tavole della Rosselli.
Anni sessanta
Negli anni sessanta viene diretta dal marito Vittorio Caprioli in alcune commedie a colori, di cui è anche coautrice della sceneggiatura: Leoni al sole (1961), Parigi o cara (1962) e Scusi, facciamo l’amore? (1967).
Franca Valeri è colonna portante del varietà televisivo dagli anni sessanta, spesso diretta da Antonello Falqui in trasmissioni come Le divine (1959), Studio Uno (1966) e Sabato sera (1967), gli ultimi due condotti da Mina e diretti da Antonello Falqui.
Le pellicole che la vedono protagonista sono poche e per la maggior parte scritte da lei e dirette da Caprioli. In Parigi o cara al personaggio di Delia Nesti è affidato il ruolo di reggere da sola l’intera costruzione del film, circondato da personaggi tutti di secondo piano.
Franca Valeri inoltre non si è dedicata molto al doppiaggio, tuttavia è rimasto un suo doppiaggio dell’attrice francese Simone Signoret nel film Confetti al pepe del 1963.
Durante gli anni sessanta, Franca Valeri pubblica una serie di dischi nei quali vengono registrati i suoi personaggi femminili. La serie di dischi viene pubblicata dalla casa discografica EMI – La voce del padrone. Nascono così gli album Le donne di Franca Valeri (1962, con lo stesso titolo verrà pubblicato anche un EP 7″ contenente un brano inedito rispetto all’album), Una serata con Franca Valeri (1965) e La signora Cecioni e le altre (1968). Negli album ogni traccia racchiude un breve monologo dei personaggi più celebri e conosciuti di Franca Valeri, attraverso la radio e la televisione. Al successo televisivo si deve infatti l’album La signora Cecioni e le altre del 1968, che dedica tutta la prima facciata al personaggio della signora Cecioni, una romana popolana sempre al telefono con mammà, divenuta celebre grazie alle trasmissioni, dirette da Antonello Falqui, Studio Uno (1966) e Sabato sera (1967).
Anni settanta
Le ultime apparizioni cinematografiche di Franca Valeri sono da posizionare tra gli anni settanta e gli anni ottanta, quando figura in alcune pellicole minori che fanno parte degli ultimi fuochi della commedia all’italiana, tra le tante: Basta guardarla di Luciano Salce (1970), Ettore lo fusto (1972), Ultimo tango a Zagarol (1973), La signora gioca bene a scopa? (1974).
Durante gli anni settanta partecipa alla fertile stagione degli sceneggiati televisivi della Rai. Diviene molto amica di persone di teatro, come Nora Ricci, con la quale reciterà negli sceneggiati Rai Nel mondo di Alice e Sì, vendetta…, entrambi del 1974, e Giuseppe Patroni Griffi. Nel 1974 scrive e interpreta la miniserie in quattro puntate Sì, vendetta…, diretta da Mario Ferrero. La vicenda è una riflessione sul mondo degli anni settanta e sui cambiamenti avvenuti in seno alla società italiana in conseguenza alla rivoluzione sessuale, vissuta attravers o gli occhi di una signora borghese e della di lei figlia hippy. Ogni episodio infatti affronta un argomento diverso (l’emancipazione dei ragazzi italiani, il femminismo, il rapporto della borghesia con le mode dei giovani, ecc.), attraverso personaggi femminili, in parte già affrontati precedentemente da Franca Valeri nei suoi sketch: ad esempio l’episodio nel quale Sandra Mondaini interpreta la ricca signora che ha votato la sua esistenza alle stravaganze del mondo dell’arte, riecheggia il personaggio della traccia La donna del mondo hippy, presente nell’album La signora Cecioni e le altre, del 1968, che vuole convincere il marito ad indossare abiti stravaganti per non sfigurare alla festa che lei sta organizzando. Sempre nel 1974 Franca Valeri prende parte allo sceneggiato Nel mondo di Alice, diretto da Guido Stagnaro e interpretato da Milena Vukotic (Alice).
Il 12 giugno 1978, su Rete2 viene mandato in onda lo speciale Bistecca, insalatina, del programma di Claudio Barbati e Francesco Bortolini, Videosera. Franca Valeri fa da conduttrice intervistando vari personaggi celebri sul tema dell’alimentazione e delle diete dimagranti. Tra gli altri vengono intervistati Agostina Belli, Margherita Boniver e Maurizio Costanzo
Anni ottanta e novanta
Nel 1982 è nuovamente in TV nel varietà di Enzo Trapani Due di tutto.
Dal 1989 fino al 1993 nell’ampio spazio all’aperto del Museo della civiltà romana, vengono organizzate e prodotte le stagioni Eurmuse dal regista Massimiliano Terzo in collaborazione con Franca Valeri, grande appassionata di opere liriche, e il direttore d’orchestra Maurizio Rinaldi; Eurmuse ebbe risonanza a livello internazionale. Durante questa manifestazione Franca Valeri cura la regia nelle opere: Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini e Rigoletto di Giuseppe Verdi.
Nel 1993, dopo un’assenza di circa un decennio, riappare sugli schermi televisivi partecipando alla trasmissione Magazine 3, in onda su Raitre.[17] Nel 1995 ritorna a recitare per la fiction, partecipando alla sit-com Norma e Felice accanto al comico Gino Bramieri (con cui aveva già collaborato ai tempi di Felicita Colombo, durante gli anni sessanta), a cui fanno seguito le due serie di Caro maestro (1996-1997), nelle quali interpretava il ruolo della bidella della scuola elementare nella quale era ambientato il telefilm.
Nel 1998 ritorna al varietà partecipando a La posta del cuore, in cui riporta in auge il personaggio della “Sora Cecioni”. Nel 1999 interpreta a teatro Alcool, commedia sulla decadenza dell’alta borghesia diretta da Adriana Asti[
Ultimi anni
Oltre che attrice famosa è autrice di commedie di successo, come Lina e il cavaliere, Meno storie, Tosca e altre due (portata anche sul grande schermo nel 2003) e Le Catacombe.
Nel 2000 prende poi parte alle fiction Linda e il brigadiere e Come quando fuori piove. A gennaio 2007 la trasmissione di Raiuno TV7 le dedica un approfondimento. Durante la lunga intervista, l’attrice racconta un aspetto inedito della sua vita: i suoi primi anni e la sua esperienza di componente di una famiglia ebraica durante le leggi razziali del 1938 e la seconda guerra mondiale. Il 25 settembre 2009 prende parte a una puntata del varietà I migliori anni su Raiuno. Ospitata ed intervistata da Carlo Conti viene tributata dal pubblico con lunghi e calorosi applausi in ricordo della sua fulgida carriera.[senza fonte]
Tornerà al doppiaggio nel 2001 prestando la voce a uno dei personaggi principali del film d’animazione Disney Atlantis – L’impero perduto, la Signora Wilhelmina Bertha Packard. Nel 2003 Franca Valeri collabora con il rapper Frankie hi-nrg mc, prestando la sua voce per i pezzi prologo ed epilogo dell’album Ero un autarchico. Nel 2005 ha pubblicato Animali e altri attori. Nel 2006 ha recitato in Les bonnes di Jean Genet.
Nel dicembre 2010 Franca Valeri pubblica il libro autobiografico Bugiarda no, reticente, un racconto di un centinaio di pagine nel quale traccia i principali avvenimenti della sua esistenza, che l’hanno portata a intraprendere la carriera artistica come autodidatta. A gennaio 2011 l’attrice torna sul palco del Teatro Valle di Roma con due lavori: Non tutto è risolto (commedia diretta da Giuseppe Marini, con Licia Maglietta, confermata anche nella stagione successiva), la nuova commedia di cui è autrice e protagonista, e La vedova Socrate, un testo liberamente ispirato a La morte di Socrate di Dürrenmatt che aveva debuttato nel 2003; vi farà ritorno il 16 giugno durante l’occupazione[19]. Nell’aprile dello stesso anno aveva già sostenuto quella della Sala Arrigoni (ex Cinema Palazzo) nel quartiere di San Lorenzo, partecipandovi con un intervento insieme con Sabina Guzzanti.
Insieme a Luciana Littizzetto scrive il libro L’educazione delle fanciulle, per poi essere ospite della seconda serata del Festival di Sanremo 2014, condotto dalla stessa Littizzetto insieme a Fabio Fazio.
Romania-Lo scultore rumeno Darius Hulea mescola le opere in metallo della vecchia scuola con metodi contemporanei per creare i suoi incredibili “schizzi” di metallo con fili di ferro, acciaio inossidabile, ottone e rame.
Biografia di Darius Hulea is a Romanian Postwar & Contemporary artist who was born in 1987. Darius Hulea’s work has been offered at auction multiple times, with realized prices ranging from 5,469 USD to 19,324 USD, depending on the size and medium of the artwork. Since 2020 the record price for this artist at auction is 19,324 USD for Venus In The Mirror, sold at Artmark in 2021. Darius Hulea has been featured in articles for Daily Art Magazine, Hi-Fructose and My Modern Met. The most recent article is A Contemporary Sculpture Exhibition in the Mountains: Cantacuzino Palace in Romania written for Daily Art Magazine in September 2021.
Roma al Teatro Olimpico va in scena “Sapore di mare “- Il Musical-
Roma – Il Teatro Olimpico ospita l’emozionante e originale Musical Sapore di Sale tratto dall’indimenticabile film del 1983 dei fratelli Vanzina, nella produzione adattata da Enrico Vanzina e Fausto Brizzi.
Al ritmo di una suggestiva e irresistibile colonna sonora con i brani più iconici della musica italiana ‒ tra cui Il cielo in una stanza, Una rotonda sul mare, Nessuno mi può giudicare, Nel blu, dipinto di blu, Quando quando quando, Non son degno di te ‒ lo spettacolo racconta le storie di alcuni giovani e delle loro famiglie durante l’estate del 1964 sullo sfondo della splendida Versilia: tra giochi in spiaggia, flirt, risate spensierate e falò sotto il cielo stellato, si intrecciano vite e nascono amori, amicizie, promesse e speranze, fino alla fine dell’estate, quando una sola promessa resisterà al tempo, dimostrando che certe emozioni e certi amori non conoscono fine.
in scena, un cast straordinario – come Paolo Ruffini (Cecco il fotografo), Fatima Trotta (Marina Pinardi), Edoardo Piacente e Lorenzo Tognocchi (Fratelli Carraro), Paky Vicenti (Paolo Pinardi), Luca Quarquioni (Gianni), Anna Foria (Selvaggia), Giulia Carra (Adriana Balestra) e Marta Melchiorre (Susan Hunt) – diretto da Maurizio Colombi, con gli splendidi costumi, accessori, acconciature e make-up dell’Atelier Creativo firmato Diego Dalla Palma, che darà vita al look di ogni personaggio dello spettacolo.
Prodotto da Alveare Produzioni insieme a Savà Produzioni Creative e Gli Ipocriti Melina Balsamo.
Il Teatro Olimpico di Roma, attivo come Cine-Teatro Olimpico dal 1936 e come Teatro Olimpico dal 1981, è uno dei più importanti teatri storici di Roma. È locato in Piazza Gentile da Fabriano sul lungotevere Flaminio, all’altezza del ponte della Musica. Wikipedia
Biografia di Alda Costa nacque a Ferrara il 26 gennaio 1876 da Vincenzo e Caterina Zaballi. Diplomatasi – come la madre – maestra elementare, iniziò ad insegnare nel 1895 e nel settembre 1899 ottenne il ruolo di maestra comunale a Ferrara. Attratta dalle idee socialiste riformiste, iniziò la sua attività politica e sindacale all’interno del Psi promuovendo, nel 1905, la nascita della Federazione provinciale dei circoli socialisti ferraresi.
Costa Alda (1876-1944)-Maestra elementare
Nel 1907 entrò nella Federazione di Ferrara del Partito socialista italiano e collaborò al giornale socialista-riformista locale “Pensiero socialista”. La collaborazione con le principali testate di partito fu un elemento fondamentale della biografia di Alda, consapevole dell’importanza della stampa come strumento di riflessione e educazione alla politica. Nel 1913 fu tra i fondatori di “Bandiera socialista”, che divenne il giornale ufficiale sindacale e politico del socialismo riformista ferrarese. Da quell’anno Alda divenne collaboratrice di Gaetano Zirardini (nuovo segretario comunale) nel lavoro di direzione della Camera del Lavoro e della Federazione socialista locale.
Neutralista convinta, allo scoppio del primo conflitto mondiale diede vita ad una intensa propaganda antimilitarista organizzando dimostrazioni pacifiste delle donne nella provincia ferrarese.
Nel novembre del 1916 il Congresso socialista regionale del partito svoltosi a Bologna, la nominò responsabile della propaganda per la pace e dell’organizzazione femminile. Durante i lavori del Congresso, Alda intervenne a sostegno della scuola laica indispensabile strumento per formare le coscienze dei giovani e dei lavoratori. Inoltre svolse un ruolo attivo nelle agitazioni contro la guerra svoltesi nel Ferrarese a partire dal gennaio 1917. Questa sua decisa presa di posizione indusse la polizia a schedarla come “sovversiva pericolosa”. Gli attacchi contro la Costa si intensificarono quando il 26 gennaio 1917 si rifiutò di condurre i suoi allievi alla proiezione di un film di propaganda sulla presa di Gorizia. Nei numerosi articoli di giornale che uscirono sulla stampa locale contro di lei, accanto agli attacchi per la sua fede politica e le scelte antimilitariste, non si risparmiavano nemmeno le critiche alle sue scelte di vita privata, che la dipingevano come “una signorina stagionata”. A questi attacchi Alda rispose riaffermando la sua idea di educazione che doveva essere “fattrice” di pace e di sentimenti di umanità.
Nel 1917 entrò negli esecutivi della Federazione del Partito socialista italiano e della Camera del Lavoro di Ferrara.
Nel primo dopoguerra si scontrò da un lato con le donne rivoluzionarie e massimaliste del partito e dall’altro con il movimento squadrista fascista. Quando i maggiori dirigenti socialisti furono costretti all’esilio, Alda continuò, anche in forma clandestina, il suo impegno politico, sociale e di insegnante.
Nel 1925 rifiutò di sottoporsi, come maestra elementare, all’obbligo di salutare romanamente. Tale scelta ebbe come conseguenza la perquisizione della sua abitazione e, il 17 marzo 1926, prima la sospensione dall’insegnamento e poi il licenziamento.
Nell’autunno dello stesso anno Alda si trasferì a Milano dove venne arrestata e assegnata al confino per 5 anni, periodo che trascorse tra le isole Tremiti e la Basilicata (a Corleto Perticara in provincia di Potenza). Rientrata a Ferrara dopo un accorciamento della pena a soli 2 anni, non le fu comunque permesso di riprendere l’insegnamento e quindi fu costretta a chiedere il prepensionamento e a vivere dando lezioni private.
Durante la seconda guerra mondiale riprese i contatti con gli antifascisti della provincia, scelta che le costò nuovamente l’arresto nel 1942 e la condanna a un mese di reclusione e di torture per ottenere dettagli della lotta antifascista. Dopo il 25 luglio partecipò agli incontri che avrebbero condotto alla nascita del Cln ferrarese. Arrestata il 15 novembre del 1943, in seguito all’uccisione di un federale fascista, fu condotta nelle carceri di Copparo.
Morì di leucemia il 30 aprile 1944 e le fu negato anche il funerale per timore di manifestazioni e tumulti.
FONTI E BIBLIOGRAFIA
Fonti archivistiche
Archivio di Stato di Ferrara.
Archivio Storico Comunale di Ferrara.
Fonti iconografiche
Immagine del profilo: Marco Cazzola, Alda Costa. Scritti e discorsi (1905-1921), Ferrara, Spazio libri Editore, 1992.
Bibliografia
Antonella Cagnolati, La professionalità, la politica: Alda Costa, in Maternità militanti. Impegno sociale tra educazione ed emancipazione, a cura di Antonella Cagnolati, Roma, Aracne, 2010, pp. 115-129.
Marco Cazzola, Alda Costa. Scritti e discorsi (1905-1921), Ferrara, Spazio libri Editore, 1992.
La Maestra. Da Alda alla Clelia di Giorgio Bassani, a cura di Anna Quarzi, Ferrara, 2G Editrice, 2004.
Il movimento operaio italiano: dizionario biografico, 1853-1943, a cura di Franco Andreucci, Tommaso Detti, Roma, Editori riuniti, 1975, ad nomen.
La Fondazione Argentina Bonetti Altobelli è in via Marconi 69, 40122 Bologna. Per informazioni scrivere all’indirizzo mail info@fondazionealtobelli.it.
Costa Alda (1876-1944)-Maestra elementare
COSTA, Alda
Nacque a Ferrara il 26 genn. 1876 da Vincenzo e Caterina Zaballi. Conseguito il diploma di maestra elementare, svolse a partire dal 1895 una serie di supplenze in varie frazioni del Ferrarese (Marrara, Boara, Fondo Reno, Quacchio, Spinazzino), e partecipò al concorso magistrale del 20 marzo 1897 (una prova scritta, una lezione e un esperimento di pratica nei lavori femminili di cucito), risultando idonea.
Il Consiglio comunale di Ferrara la nominò insegnante elementare il 2 giugno 1899 con decorrenza 1º sett. 1899 e stipendio iniziale di mille lire. La miseria e la letterale denutrizione delle sue prime scolaresche furono sofferte e sentite dalla C. come un ostacolo all’apprendimento da rimuovere non soltanto con l’impegno professionale più rigoroso – che in lei non venne mai meno -, ma anche e soprattutto con l’azione sindacale e politica in favore delle classi diseredate.
Emblematico di questo suo modo di vivere l’esperienza scolastica può essere considerato il seguente passo, tratto da un articolo da lei pubblicato sul Pensiero socialista del 24 febbr. 1906: “Impartite … delle utili cognizioni, ci si ripete. Oh, non sapete dunque che le loro deboli menti di denutriti non riescono ad afferrare le più semplici fra le cognizioni! Che irrisione per voi poveri bimbi l’istruzione pubblica, gratuita, obbligatoria. Che irrisione e che crudeltà! Presentarvi un libro quando negli occhi, nel viso, in tutto il vostro misero corpicciolo non avete che un grido: “ho fame””.
Questo linguaggio deamicisiano spiega bene come l’inizio della carriera scolastica della C. abbia coinciso con la sua adesione alle idee socialiste (riformiste) e alla federazione ferrarese dei Partito socialista italiano. Nell’anibito di questa, la C. si dedicò con particolare impegno alla propaganda tra le donne, alla fondazione di circoli femminili socialisti nelle campagne e alla continuazione dell’attività femminista-classista svolta a Ferrara nel 1901-1902, prima della sua forzata emigrazione, dalla concittadina Rina Melli con il periodico Eva. Nel novembre 1905, quando i sindacalisti rivoluzionari conquistarono la maggioranza nella federazione socialista ferrarese, la C., quale delegata del circolo femminile di Portoverrara, aderì alla scissionista federazione provinciale riformista dei circoli socialisti e collaborò, come si e visto, al Pensiero socialista, suo organo ufficiale fino al riassorbimento della scissione (novembre 1906).
Ma la statura politica e culturale della gracile ed ascetica maestra ferrarese, forse superiore a quella di qualsiasi altro dirigente socialista della provincia, ebbe modo di manifestarsi appieno soltanto a partire dal momento (novembre 1913) in cui i riformistì riconquistarono la maggioranza nel movimento sindacale e pofitico del socialismo ferrarese. Allora la C. divenne la principale animatrice della Bandiera socialista, nuovo organo sindacale e politico del socialismo ferrarese da lei fondato in collaborazione con l’avvocato Francesco Baraldi, con lo studente universitario Fabio Petrucci e con un impiegato postale, e della ricostruzione del partito e della Camera del lavoro. Quando (1914) la direzione politica e sindacale del movimento fu assunta da Gaetano Zirardini, all’uopo fatto venire da Ravenna dai riformisti ferraresi, la C. ne divenne la principale collaboratrice, inaugurando un’amicizia che continuerà anche negli anni della dittatura fascista.
Particolarmente preziosa fu l’attività politica, sindacale, giornalistica, organizzativa della C. durante la guerra mondiale, che sottrasse al partito gran parte dei quadri maschili, e che l’animosa dirigente socialista ferrarese avversò in tutte le circostanze, fino al rifiuto di accompagnare i suoi scolari alle manifestazioni patriottiche: un rifiuto che essa teorizzò sulle colonne della Bandiera socialista in nome di una scuola umana e universale.
Membro, per tutta la durata del conflitto, degli esecutivi della federazione socialista e della Camera del lavoro, il 26 nov. 1916 la C. fu nominata, dal congresso regionale socialista di Bologna, responsabile, per la provincia di Ferrara, della propaganda per la pace e dell’organizzazione femminile del partito: due compiti il cui simultaneo assolvimento fu all’origine delle dimostrazioni pacifiste delle donne dei Copparese, dell’Argentano, del Bondenese e del Codigorese. Al congresso provinciale straordinario socialista del 23 sett. 1917 la C. presentò, insieme a Zirardini, l’ordine del giorno conclusivo contro la guerra e per l’unità proletaria internazionale. Il dopoguerra la vide disincantata e critica osservatrice delle facili illusioni rivoluzionarie e dell’ondata di massimalismo che dilagarono anche nella gracile federazione socialista ferrarese (1.458 tesserati nel 1919). La C. si assunse allora, ma senza successo, il compito di mettere in guardia i militanti contro il dominante ottimismo rivoluzionario della maggioranza, cui sfuggiva la reale natura del partito.
Lettrice attenta dell’Ordine nuovo, il 31 luglio 1920 osservò sulla Scintilla, organo della federazione ferrarese, in materia di preparazione della rivoluzione: “L’unico tentativo, quello di Torino per la costituzione dei consigli di fabbrica, ha naufragato fra l’indifferenza dei più e lo scetticismo della stessa direzione del partito”.
Di contro alla defezione di molti, tra i quali non pochi ex assertori della violenza rivoluzionaria, la C. restò impavida al suo posto di dirigente socialista dinanzi allo scatenarsi dello squadrismo fascista che non le risparmiò molestie ed umiliazioni. e in preparazione del XVIII congresso nazionale del partito (Milano, 10-15 ott. 1921) si schierò, coerente con il proprio dinamico ed attivo riformismo, con la frazione unitaria di C. Alessandri ed E. Musatti. Ormai costretti all’esilio in altre province i maggiori dirigenti del socialismo ferrarese, compreso Zirardini, la C. continuò la lotta contro il fascismo anche dopo la marcia su Roma, e lavorò, dopo la scissione dell’ottobre 1922, per entrambi i partiti socialisti, carteggiando con gli esuli in Italia e all’estero, organizzando riunioni clandestine e adoperandosi in favore dei detenuti politici.
Richiamata dai superiori nel dicembre 1925 perché si rifiutava di salutare romanamente, difese il suo comportamento scrivendo tra l’altro al sindaco di Ferrara: “Nessuno potrebbe credere alla sincerità di quell’atto, ed io ritengo, per l’altissima stima che ho dei miei superiori, che essi giudicherebbero l’atto ipocrita e me meritevole di disistima”.
La C. attirò nuovamente su di sé l’attenzione delle autorità con il contegno insofferente da lei tenuto durante la cerimonia del giuramento: subì allora una perquisizione domiciliare che ne rivelò la stretta collaborazione con il Partito socialista italiano, a seguito della quale fu sospesa dall’insegnamento (17 marzo), licenziata (7 agosto) e inviata al confino per cinque anni, successivamente ridotti a due (novembre 1926-novembre 1928). Trascorso alle Tremiti e in Basilicata il biennio di confino, la C., benché ripristinata nei suoi diritti dal Consiglio di Stato, dovette chiedere il pensionamento anticipato (1932) e chiudersi nella solitudine della sua casetta alla periferia di Ferrara.
Durante la seconda guerra mondiale, avendo intensificato i contatti con alcuni vecchi compagni, fu arrestata e tenuta in carcere per un mese. Dopo il 25 luglio 1943 partecipò, come rappresentante socialista, ad una serie di incontri interpartitici, che le costarono un nuovo arresto il 15 nov. 1943, a seguito dell’uccisione del federale repubblichino ferrarese Ghisellini. Trasferita dalle carceri di Ferrara a quelle di Copparo (provincia di Ferrara), morì di leucemia nell’ospedale di Copparo il 28 apr. 1944.
Il 15 maggio successivo l’edizione bolognese dell’Avanti! le dedicò un commosso articolo intitolato Un grave lutto del proletariato ferrarese, nelquale era scritto tra l’altro: “La consorteria agraria e fascista esulterà soddisfatta per la scomparsa della sua più implacabile accusatrice”.
Per la ricostruzione del profilo biografico sono rilevanti i seguenti contributi della C.: Un attimo di bontà, in Il Pensiero socialista (Ferrara), 21 ott. 1905; In iscuola (dal vero), ibid., 11 nov. 1905; La fata bianca (a proposito di beneficenza borghese), ibid., 30 dic. 1905; In casa vostra, ibid., 3 febbr. 1906; Refezione teatro e scheda, ibid., 24 febbr. 1906; Per essi, ibid., 3 marzo 1906; Quel giorno egli odiò, ibid., 31 marzo 1906; Né la culla né la tomba, ibid., 14apr. 1906; Dal vero. Figure dolorose, ibid., 14 luglio 1906; Relaz. politica della Federazione socialista provinciale, in La Bandiera socialista (Ferrara), 7 marzo 1915; Rinunce, mai, ibid., 4 giugno 1916; Nota–bene, ibid., 25 giugno e 9 luglio 1916; Verso il congresso socialista, 13 sett. 1919; Domando la parola, in La Scintilla (Ferrara), 24 luglio 1920, Attenti al timone, ibid., 31 luglio 1920; Per chiarire le idee, ibid., 7 ag. 1920; Lavoratori, salvate dal ciclone devastatore la fede e la coscienza socialista (in collab. con L. Morelli), 23 apr. 1921.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Casell. polit. centr., ad nomen;Ibid., Minist. dell’Int., Direz. gen. Pubbl. Sicur., Divis. Affari gen. e ris., 1917, busta 19; G. Bardellini, Social. ferrarese. Note sulle prime lotte oper. e dall’avvento del fascismo fino ai giorni nostri, Bologna 1963, pp. 21-29; A. Roveri, Dal sindacalismo rivoluzionario al fascismo. Capitalismo agrario e socialismo nel Ferrarese (1870–1920), Firenze 1972, pp. 186, 299, 309, 313, 328; P. R. Corner, Il fascismo a Ferrara 1915–1925, Bari 1974, pp. 112 s., 118, 286; A. Roveri, Le origini del fascismo a Ferrara 1918–1921, Milano 1974, pp. 43 ss., 72 ss., 89; J. Busoni, Nel tempo del fascismo, Roma 1975, pp. 107, 109, 111 s., 114, 116, 127 s., 158 s. e passim;A. Roveri, C. A., in Il Movim. operaio italiano. Dizionario biogr. 1853–1943, II, Roma 1976, pp. 106-109; G. Inzerillo, La maestra A. C., “vedetta sovversiva“. Una “storia“ ferrarese, in I Problemi della pedagogia, XXII (1976), pp. 1131-36; Id., A. C. e la fascistizzazione della scuola a Ferrara, ms. conservato presso l’Arch. dell’Istituto di storia contemporanea del movim. operaio e contad. di Ferrara.Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani –
Barbara Colapietro, è intellettuale e scrittrice – proprio in quest’ordine – da molti anni, partendo dall’età della ragione.
Nata a Fano, ha conseguito nel tempo – frequentazioni scolastiche comprese ed a prescindere – una notevole cultura dal taglio prettamente umanistico – musicale.
Probabilmente proprio la musica, l’armonia han inciso sulla sua cifra stilistica, non solo poetica, ma pure critica e recensoria.
Questa è la sua terza pubblicazione, pubblicata da Bertoni editore nel 2018, ed il titolo da lei scelto, è quanto mai significativo – ma, forse, ancor più, significante: “Semplicemente, la mia storia“, quella di certo a lei più cara.
E’ per davvero la sua storia, la storia della sua vita, quella che comprende ‘les petites et grand choses de sa vie’, vissuta dunque pienamente, tra mille esperienze, anche lavorative, diverse, ad esser stata, in qualche modo sublimata fino a farla divenire, in sintesi ciò che lei vuole narrare al mondo di sé, per comunicare, tra lo spirituale ed il cosmico, con le persone a cui più tiene.
Divisa in tre parti, la silloge poetica: APOCALISSE DEL CUORE, un percorso di ricerca e purificazione, di rinascita, di riscatto, anche per/con gli altri; GOCCE DI LUCE, il disvelamento di sé, il ritrovarsi, il trovare l’Amore:
“ (…) Il battito del tuo cuore/all’unisono col mio/è il pulsare della Vita. La libertà di esser Uno” ed ancora: “Sei la rugiada di fuoco/nella notte riarsa/della mia Libertà/di fiamma/che torna in cielo”.
La spiritualità – il suo vivere per un certo tempo ad Assisi – è il ‘fil rouge’ di questa parte…(perché) QUESTO E’ L’AMORE.
IL COLORE DEL VENTO è il titolo della terza parte.
L’impalpabilità, la rarefazione dell’approdo, della sudata e riconquistata libertà del riconoscimento della ‘maturità’ del vivere, vivere la Vita, l’Amore.
“Ripeness is all / Maturità è tutto”, diceva William Shakespeare e così è per Barbara:
“(…) Nelle mie corde/la musica della libertà di essere/acqua vento fuoco./Nelle mie corde/il tuo Amore”.
Ed a conferma di questa conquista piace citare un pensiero dell’Autrice rispetto al suo libro: “ (…) Due differenti voci testimoniano ogni visione descritta: la prima è quella della Giustizia che trafigge con la spada della Verità chi gioca con la Memoria Storica; la seconda è quella della Giustizia che equilibra, porta pace ed armonia con dolcezza e determinazione. La spada ed il fiore”.
Fonte- NoiDonne
Barbara Colapietro, la Poetessa di Fano:”La spiritualità che si fonde con la Poesia
Barbara Colapietro al Deruta-Festival-2020-
Ogni poeta incontra la poesia nel momento che solo lui conosce.
Come chi incontra un vecchio o un nuovo amico o comunque un confidente per aprire ogni lato oscuro della propria intimità e trovare così con l’altro il giusto dosaggio tra patema d’animo e gioia nel dare e nel ricevere con le buone azioni. Nel rendersi parte attiva di una comunità e di una collettività dotata di diritti umani e civili.
Barbara Colapietro al Deruta-Festival-2020-Con questi presupposti andiamo a parlare della poetessa Barbara Colapietro.
Barbara incontra la poesia nel 1994, aveva poco meno di trent’anni. Ma questo potrebbe dire tanto, come tanto poco. A quest’età c’è chi ancora si sente figlio e chi un individuo autonomo e libero, oppure un uomo, ma in questo caso una donna con tante responsabilità date dalla quotidianità, dalla famiglia e dal lavoro. Sicuramente andremo a parlare di una donna che sente senza dubbio il peso delle tante avversità e delle malattie che colpiscono il mondo: il nostro pianeta e il genere umano.
Con la poesia, la nostra autrice ritrova la sua anima e le sue radici, questo ci dice.
Barbara Colapietro nasce il 6 marzo 1967 a Fano (PU). Dopo il diploma magistrale e quello in flauto, al Conservatorio “Arrigo Boito” di Parma, lavora per dieci anni (1997-2007) come segretaria di redazione al giornale “Lo Specchio della città” di Pesaro, diretto da Alberto Angelucci. Nel 1996, l’incontro con l’editore milanese Otmaro Maestrini le permette di mettersi in gioco nei primi concorsi, pubblicando su varie antologie. Nel 1997 esce il suo primo libro “…e il mio cuore ha ripreso a cantare”, Otma Edizioni, e questo è l’anno di importanti riconoscimenti in concorsi letterari: seconda classificata al Concorso Letterario “Ermanno Minardi” organizzato dal Lions Club Parma; terza classificata al Premio Tuscolorum di Poesia, di Olevano sul Tusciano (SA) e ottava classificata al Premio “Cesare Pavese – 1998” organizzato a Chiusa Pesio (CN). La seconda pubblicazione si annovera al 2005 “Scintille di sole”, Otma edizioni, che apre un nuovo capitolo alla poetica dove l’alchimia del cuore riflette il pianto di Madre Terra e apre lo sguardo alla consapevolezza dei propri limiti, attraverso l’amore incondizionato per l’anima.
Attivista volontaria del WWF dal 1994, per cui la sua attenzione all’ambiente influenza molto le fonti d’ispirazione per la sua poetica.
Poi notiamo uno stacco di 13 anni, in cui per varie esigenze viaggia tra Marche e Umbria, ma dove lo stato emotivo sarà sempre produttivo a livello letterario.
Trova così la sua meta spirituale, Assisi. Il suo orientamento religioso legato all’ordine franscescano la coinvolge profondamente in un periodo difficile della vita, dove riesce ad acquisire tante risposte alla sua ricerca spirituale e in alcune liriche troviamo questo suo avvicinamento alla teoria di San Francesco, in cui la povertà e la purezza di cuore sono i principi fondamentali per vivere in grazia con Dio.
Fu così che arriviamo al momento dell’incontro con il gruppo Facebook “Scrivere a Pesaro” di Paolo Pagnini e alla collaborazione con Bruno Mohorovich, poeta e curatore editoriale che farà nascere l’autobiografia in versi “Semplicemente, la mia storia”, della Bertoni Editore nel 2018, dove il linguaggio diventa grido, femminile e maschile, spada e fiore. Nel 2019 riporta un discreto successo alla gara poetica “Ver Sacrum” organizzata dall’associazione culturale “Euterpe” di Jesi e continua la sua segnalazione con partecipazioni a diversi concorsi.
Nel 2021 esce la quarta pubblicazione ” Tra le sbarre incandescenti” (illustrato con acquerelli essenziali e vividi da Mara Pianosi), Bertoni editore, dove il percorso si sposta dal fuoco della ricerca di verità spirituale nella storia dell’uomo, alla luce dell’anima che restituisce la serenità quotidiana, liberata dalle maglie della rete virtuale che la pandemia ha reso esageratamente protagonista.
Tratta da “Tra le sbarre incandescenti” riporto qui la poesia dal titolo:
Libertà
Un foglio bianco
sporcato d’inchiostro
urla la sua storia.
Lo scrittore lo riempie
di emozioni decapitate
dal boia con la scimitarra
sempre all’opera.
L’oscurità
tra le sbarre incandescenti
si dissolve nel giallo
della terra illuminata.
Finalmente luce!
Concludo con il pensiero dell’autrice.
Il mio rapporto con la scrittura in versi liberi è istintivo e appassionato, terapeutico, collegato alle emozioni più profonde e sferzanti e anche a quelle più alte e sublimi. Il pensiero mi cattura e finché non lo lascio fluire su un foglio di carta non mi sento in pace. Dal 1994 non ho mai smesso di scrivere poesie in versi liberi, racconti di fantasia a tema educativo e in tempi più recenti, pensieri on line sparsi tra profili social e il mio blog.
Grazie Barbara Colapietro per aver divulgato con delicato trasporto una poesia non priva di spessore tematico.
Storia della filosofia occidentale e dei suoi rapporti con le vicende politiche e sociali dall’antichità a oggi –
AUTORE -Bertrand Russell
Descrizione-La “Storia della filosofia occidentale” di Bertrand Russell Vero è proprio capolavoro di sintesi e di chiarezza espositiva, si offre come un quadro completo dello sviluppo del pensiero filosofico, all’interno del quale i singoli pensatori sono collocati nel loro contesto storico e sociale a dimostrare che l’opera di un filosofo non sorge mai isolata, bensì riflette ed elabora le idee e i sentimenti che sono comuni alla società di cui fa parte. L’opera di Russell, priva di difficoltà terminologiche e di disquisizioni tecniche, rappresenta uno dei migliori e più conosciuti esempi di divulgazione filosofica.
Bertrand Arthur William Russell
Breve biografia di Bertrand Arthur William Russellnacque il 18 maggio 1872 a Ravenscroft (Galles). A causa della morte precoce dei suoi genitori venne allevato dalla nonna, scozzese e presbiteriana, sostenitrice dei diritti degli Irlandesi e contraria alla politica imperialista inglese in Africa. Ricevette la prima educazione da precettori privati agnostici, imparando perfettamente il francese e il tedesco, appassionandosi fin da subito, grazie alla ricca biblioteca del nonno, alla storia e soprattutto alla geometria di Euclide. Attraverso il pensiero del grande matematico dell’antichità, il piccolo Russell scoprì la bellezza e il rigore di quella disciplina, troppo spesso vista a torto come un’arida astrazione. La sua fanciullezza, tuttavia, non fu del tutto felice, almeno fino ai diciotto anni, quando entrò al Trinity College di Cambridge, posto magico che gli svelò “un mondo nuovo” e dove godette di “un periodo di infinita letizia”.
Fu, per un breve periodo, hegeliano e seguì la filosofia di Bradley, ma intorno al 1898 sotto l’influenza di G. E. Moore si liberò dell’idealismo e rientrò nell’empirismo, dottrina tradizionale della filosofia inglese. Molti e importanti sono i suoi contributi a questa concezione empirica e realista del pensiero, tra cui rimangono a imperitura memoria: “I problemi della filosofia” (1912), “La conoscenza del mondo esterno” (1914), “Misticismo e logica” (1918), “L’analisi della mente” (1921) e “L’analisi della materia” (1927).
Nel 1918, per aver scritto un articolo a favore del pacifismo, dovette scontare sei mesi di carcere dove scrisse la sua “Introduzione alla filosofia matematica”. Dopo la guerra fu in Russia e in Cina; dal 1938 visse e insegnò negli Stati Uniti. Nel 1940, a causa dello scandalo che le sue teorie etiche e sociali avevano suscitato, fu privato dell’incarico al City College di New York. Nel 1944 tornò a vivere in Inghilterra e ad insegnare al Trinity College dove completò una delle sue opere fondamentali: “La conoscenza umana, suo ambito e suoi limiti”. Nel 1950 Bertrand Russell ricevette il premio Nobel per la letteratura.
Spese gli ultimi anni della sua vita nella difesa dei suoi ideali etico-politici. Con grande coerenza e pagando di persona, fu sempre in prima linea contro ogni forma di sopruso. Si schierò contro le ingiustizie del capitalismo ma anche contro l’oppressione del bolscevismo, così come combattè sia l’antisemitismo che l’orrida applicazione dei crimini nazisti.
Pacifista convinto dal tempo del primo conflitto mondiale fino alla guerra del Vietnam, si batté negli anni ’50 insieme ad Albert Einstein contro gli armamenti atomici.
Strenuo difensore dei diritti umani e tenace sostenitore delle libertà dell’individuo fu ispiratore del cosiddetto Tribunale Russell istituito per denunciare le persecuzioni ideologiche e distintosi nella lotta per smascherare i crimini di guerra contro il Vietnam.
Bertrand Russell morì in Galles, nella notte di lunedì 2 febbraio 1970 presso la sua villa.
La Vaccheria di Roma-L’esposizione Arte e impegno sociale: l’8 marzo inaugura Glass Ceiling-
Roma-La mostra GLASS CEILING nello lo spazio espositivo La Vaccheria inaugurerà l’8 marzo 2025 alle ore 17:00 (fino al 12 aprile 2025) in occasione della Giornata Internazionale per i diritti delle donne e in coincidenza con la pubblicazione del Glass Ceiling index 2025. A cura di Wind Mill nello lo spazio espositivo La Vaccheria (situato nella zona Eur di Roma) sarà così possibile assistere ad una esposizione d’arte, performance e talk.
In occasione della Giornata Internazionale per i diritti delle donne, si inugura la mostra GLASS CEILING in coincidenza con la pubblicazione del Glass Ceiling index 2025. Il settimanale The Economist ha creato il Glass-Ceiling Index nel 2013, indicatore del soffitto
di cristallo in 29 paesi. Questo viene aggiornato annualmente elaborando i dati provenienti da varie organizzazioni, inclusa la Commissione europea.
Il progetto espositivo Glass Ceiling, vuole porre l’accento su questo tema poco conosciuto attraverso il lavoro di 35 artiste invitate le quali con le loro opere intendono promuovere una maggiore consapevolezza nelle donne circa le loro opportunità nella società in ambito
lavorativo e non.
Le 35 artiste del Women Visual Artists Database, progetto della no profit Wind Mill di Roma, sono tutte residenti sul territorio, ma hanno una origine internazionale che dà alla mostra un respiro multiculturale:
Il progetto si è ispirato anche alla ricerca dell’artista Lucia Sapienza sul tema “Una stanza tutta per sé” di Virginia Woolf.
Esiste un Glass Ceiling, metafora coniata nel 1978 da Marilyn Loden, anche nel mondo dell’arte. L’esigenza per le artiste e le donne, diventa quindi non solo avere una “stanza” ma far diventare il soffitto di cristallo il pavimento sul quale camminare.
La manifestazione avrà al suo interno eventi di grande interesse come l’Art Action Ecce Domina Glass Ceiling, che si svolgerà proprio in occasione dell’inaugurazione della mostra e alla quale parteciperanno le artiste:
Carolyn Angus, Evelyne Baly, Marina Buening, Fabiola Cenci, Petra de Goude,
Anita Guerra, Emanuela Lena, Roberta Maola, Camelia Mirescu,
Daniela Monaci, Mahshid Mussavi, Giulia Ripandelli, Anna Maria Rocchi,
Lucia Sapienza, Cinzia Tellarini.
Progetto DECLINAZIONE FEMMINILE/MASCHILE per il Women Visual Artists Database, Ecce Domina e Ecce Dominus performance che di volta in volta puntano l’accento su temi specifici.Il 16 Marzo alle ore 16,30 si terrà il Reading di Poesia dal titolo DONNE IN AZIONE E PAROLE #25, a cura di Patrizia Chianese, organizzato con Roma Centro Mostre, con la partecipazione
di:
Lucianna Argentino, Antonella Carfora, Enza Cigliano, Laura Colombo,
Rossana Coratella, Stefania Di Lino, Laura VdB Facchini, Raffaella Lanzetta,
Maria Teresa Laudenzi, Carolina Lombardi, Camelia Mirescu, Rossella Seller,
Maria Grazia Savino.
Il 21 Marzo alle ore 17,00 si terrà l’incontro con la scrittrice Tea Ranno, autrice di “Avevo un Fuoco dentro”, e l’artista australiana Viginia Ryan con le sue opere, moderatrice Laura VdB Facchini per parlare su “storia di un dolore che non si può dire”.
Ci saranno performance, talk, conferenze, in date ancora da definire, per concludere con il inissage e una performance gioiosa ed ironica dal titolo Stella tra le stelle di Francesca di Ciaula, il 12 aprile.
La mostra e gli eventi, action ect. saranno documentati da una pubblicazione in edizione digitale, scaricabile gratuitamente dal sito www.windmillart.it
Il Glass-Ceiling Index
Il settimanale The Economist ha introdotto nel 2013 il Glass-Ceiling Index, un indicatore che misura la presenza del cosiddetto “soffitto di cristallo” in 29 paesi. Questo indice viene aggiornato annualmente sulla base di dati provenienti da diverse fonti, tra cui la Commissione Europea. A partire da questa tematica ancora poco conosciuta, quindi, nasce il progetto espositivo Glass Ceiling, che intende sensibilizzare il pubblico attraverso le opere di 35 artiste.
Le loro creazioni mirano a stimolare una maggiore consapevolezza sulle opportunità delle donne nella società, sia in ambito lavorativo che in altri contesti. Le 35 artiste partecipanti fanno parte del Women Visual Artists Database, un’iniziativa della no-profit Wind Mill di Roma. Pur risiedendo tutte in Italia, le loro origini internazionali conferiscono alla mostra una prospettiva multiculturale, arricchendone il significato e il valore artistico.
Qui la lista delle artiste: Minou Amirsoleimani, Carolyn Angus, Evelyne Baly, Marina Buening, Priscilla Burke, Emanuela Camacci, Fabiola Cenci, Karmen Corak, Kristien De Neve, Francesca di Ciaula, Marilù Eustachio, Stefania Fabrizi, Stella Gallas, Anita Guerra, Fariba Karimi, Giusy Lauriola, Emanuela Lena, Carolina Lombardi, Adele Lotito, Roberta Maola, Camelia Mirescu, Patrizia Molinari, Daniela Monaci, Mahshid Mussavi, Elly Nagaoka, Gianna Parisse, Daniela Perego, Claudia Quintieri, Giulia Ripandelli, Paola Romoli Venturi, Lucia Sapienza, Silvia Stucky, Olga Teksheva Cinzia Tellarini, Laura Vdb Facchini.
Il Glass Ceiling nel mondo dell’arte
Il progetto trae ispirazione anche dalla ricerca dell’artista Lucia Sapienza sul tema Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf. Nel mondo dell’arte esiste il Glass Ceiling, termine coniato nel 1978 da Marilyn Loden, che rappresenta le barriere invisibili che limitano le opportunità delle donne. Per le artiste e le donne, dunque, la sfida non è solo quella di avere una “stanza”, ma di trasformare il soffitto di cristallo nel pavimento su cui camminare, abbattendo ogni ostacolo.
All’interno della manifestazione sono così previsti eventi di grande rilievo, tra cui l’Art Action Ecce Domina Glass Ceiling, che si terrà in occasione dell’inaugurazione della mostra e vedrà la partecipazione delle segeuenti artiste: Carolyn Angus, Evelyne Baly, Marina Buening, Fabiola Cenci, Petra de Goede, Anita Guerra, Emanuela Lena, Roberta Maola, Camelia Mirescu, Daniela Monaci, Mahshid Mussavi, Giulia Ripandelli, Anna Maria Rocchi, Lucia Sapienza, Cinzia Tellarini.
Alcuni eventi della mostra
Il progetto DECLINAZIONE FEMMINILE/MASCHILE per il Women Visual Artists Database comprende le performance Ecce Domina ed Ecce Dominus, ciascuna focalizzata su temi specifici che mettono in luce diverse prospettive di genere. Tra gli eventi in programma, il 16 marzo alle ore 16:30 si terrà il Reading di Poesia intitolato DONNE IN AZIONE E PAROLE #25, a cura di Patrizia Chianese, in collaborazione con Roma Centro Mostre, con la partecipazione di Lucianna Argentino, Antonella Carfora, Enza Cigliano, Laura Colombo, Rossana Coratella, Stefania Di Lino, Laura VdB Facchini, Raffaella Lanzetta, Maria Teresa Laudenzi, Carolina Lombardi, Camelia Mirescu, Rossella Seller e Maria Grazia Savino.
Il 21 marzo alle ore 17:00 si terrà invece un incontro con la scrittrice Tea Ranno, autrice di Avevo un fuoco dentro, e l’artista australiana Virginia Ryan, che presenterà le sue opere. La conversazione, moderata da Laura VdB Facchini, affronterà il tema “storia di un dolore che non si può dire”. Nel corso della manifestazione si susseguiranno performance, talk e conferenze, le cui date saranno comunicate prossimamente. L’evento si concluderà il 12 aprile con il finissage e una performance gioiosa e ironica intitolata Stella tra le stelle, a cura di Francesca Di Ciaula.
La mostra e tutti gli eventi, comprese le azioni performative, saranno documentati in una pubblicazione digitale, scaricabile gratuitamente dal sito www.windmillart.it.
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