L’AQUILA – Lunedì 17 marzo 2025 si terrà la XXII edizione del Certamen Sallustianum, organizzato dal Centro Studi Sallustiani dell’Aquila, in collaborazione con il Convitto Nazionale “Domenico Cotugno” con i Licei annessi.
Una delle principali finalità del Certamen è quella di dare agli alunni meritevoli la possibilità di approfondire la conoscenza del mondo classico, anche attraverso le varie testimonianze che fanno parte integrante del tessuto storico del nostro territorio, che si colloca nel contesto di un percorso più ampio, quello delle grandi civiltà.
La XXII edizione del Certamen vedrà la partecipazione di 32 alunni, appartenenti a 12 licei italiani, e si svolgerà presso la sede del Liceo Classico “Domenico Cotugno”.
Al Certamen Sallustianum sono collegate le Giornate della Cultura Classica, che vogliono offrire l’opportunità di esplorare tra i percorsi del passato, a volte sconosciuti, le origini del nostro presente. Diventa necessario, in una società in cui tutto è messo in discussione, ritrovare le solide radici culturali della nostra civiltà e riscoprire i valori e le certezze che la stessa ci ha tramandato.
Nell’ambito delle Giornate della Cultura Classica sarà ospite del Centro Studi Sallustiani il prof. Andrea Angius, docente di Storia Romana ed Epigrafia Latina presso l’Università degli Studi “Roma Tre”, che martedì 18 marzo 2025, alle ore 11.00, in presenza presso il Liceo Classico “Domenico Cotugno” e su piattaforma digitale Zoom, terrà una conferenza dal titolo “Carceri, carcerieri e carcerati nella Roma antica”. Le credenziali per accedere all’incontro sono le seguenti: https://us06web.zoom.us/j/86542148242?pwd=E9KfdKutQ22PgrwFDb9yRlHyntR7Ri.1
Per ulteriori informazioni si rimanda alla pagina web del Centro Studi http://www.studisallustiani.com/
Pescara-Collezione Museo Paparella Treccia rinasce con nuova illuminazione, presentato catalogo –
PESCARA – “È come se la collezione del Museo Paparella Treccia fosse rinata, a Villa Urania”. Queste le parole del sindaco di Pescara Carlo Masci che stamani, insieme al vice sindaco Maria Rita Carota e al presidente della commissione Cultura, Mariarita Paoni Saccone, ha visitato la collezione dopo i lavori per realizzazione la nuova illuminazione.
Alla visita ha partecipato anche il presidente del Consiglio regionale dell’Abruzzo, Lorenzo Sospiri. Ad accoglierli è stato Augusto Di Luzio, presidente del Consiglio di amministrazione della Fondazione Museo Paparella Treccia Devlet, che ha parlato “di una vera e propria svolta visiva” della collezione, perché “con la nuova illuminazione sono tornati in evidenza i colori e i particolari delle ceramiche. Ora è come vedere questa esposizione per la prima volta. L’intervento è stato realizzato grazie alle indicazioni di due illuminotecnici di grande fama, e cioè Carlos Dodero e Sara Forlani. Dodero ha illuminato, tra l’altro, gli affreschi di Giotto alla Basilica di San Francesco di Assisi, e Forlani ha fatto parte del gruppo di illuminotecnici che hanno modernizzato l’illuminazione della Cappella Sistina. Oggi entrambi stanno lavorando alla nuova illuminazione del Quirinale, e insieme hanno creato l’effetto del sole al padiglione italiano all’Esposizione Universale di Dubai”, ha detto Di Luzio. Non è stato facile “rimuovere e poi riallestire la collezione, con i suoi 151 esemplari, e di questo ringrazio il personale”, ha aggiunto.
Oggi è stato presentato alla stampa anche il catalogo, curato “da due critiche romagnole ceramologhe di fama internazionale, Carola Fiocco e Gabriella Gherardi la cui notorietà è legata al fatto, clamoroso, che proprio loro hanno attribuito a Castelli la collezione delle ceramiche Orsini Colonna, per secoli attribuita a Faenza. Il catalogo (bilingue, italiano e inglese) ha una bella veste editoriale”, ha spiegato Di Luzio, “e si compone di un breve scritto di Paparella, della mia presentazione, di un saggio delle due critiche e di 146 schede tecniche, una per ogni esemplare: lo consegnerò al Museo del Louvre e al Museo Ermitage che posseggono le ceramiche di Castelli e l’ho già consegnato all’ambasciatore italiano in Spagna che conosce la collezione”.
Entusiasta il sindaco Masci che ha parlato del museo come di “un patrimonio della città e della nazione che vogliamo valorizzare sempre più. Abbiamo dei musei a Pescara di livello altissimo, visitati anche da molti stranieri, e mi auguro che siano conosciuti sempre più anche dai pescaresi, perché visitare un museo comporta una crescita culturale. E poi, grazie ai musei, il territorio cresce. Ringrazio Sospiri per la sua presenza perché mi fa piacere pensare che la Regione possa dare più forza al Museo e una maggiore capacità di espansione. Ma ringrazio soprattutto Di Luzio, che vive questa realtà con passione da 29 anni”.
Sospiri ha sottolineato che il suo “compito è di accelerare le ultime procedure che riguardano la Regione” con l’obiettivo, “come è accaduto per il Museo dell’Ottocento, di destinare una contribuzione a questo museo”, per consentirgli “di avere una maggiore tranquillità per la sua vita ordinaria” e di organizzare iniziative ed eventi. “L’intervento sull’illuminazione ha avuto un risultato meraviglioso”, ha commentato Carota, “e ha consentito di rivalorizzare questo enorme patrimonio che noi abruzzesi conosciamo troppo poco”. Paoni Saccone ha parlato del Museo come del “fiore all’occhiello della città” e il suo legame con questa collezione è datato, dal punto di vista affettivo, perché “mio padre rogitò l’atto costitutivo della Fondazione Paparella Treccia”, ha ricordato stamani.
-Il 4 FEBBRAIO 1966 VIENE SOPPRESSO L’INDICE DEI LIBRI PROIBITI-
-Index librorum prohibitorum-
Libri proibiti dall’Inquisizione (o Sant’Uffizio)L’ Indice dei libri proibiti (in latino Index librorum prohibitorum) fu un elenco di pubblicazioni proibite dalla Chiesa cattolica, creato nel 1558 per opera della Congregazione della sacra romana e universale Inquisizione (o Sant’Uffizio), sotto Paolo IV. Ebbe diverse versioni e fu soppresso solo nel 1966 con la fine dell’inquisizione romana sostituita dalla congregazione per la dottrina della fede.
I precedenti:
Sin dalle sue origini le lotte della Chiesa contro le eresie comportarono la proibizione di leggere o conservare opere considerate eretiche: il primo concilio di Nicea (325) proibì le opere di Ario, papa Anastasio I (399-401) quelle di Origene e papa Leone I (440-461) quelle dei manichei. Il secondo concilio di Nicea (787) stabilì che i libri eretici dovessero essere consegnati al vescovo non tenuti di nascosto.
Il concilio di Tolosa del 1229 giunse a proibire ai laici il possesso di copie della Bibbia e nel 1234 quello di Tarragona ordinò il rogo delle traduzioni della Bibbia in volgare.
La diffusione di idee contrarie ai dogmi della Chiesa cattolica, e in particolare della Riforma protestante, fu grandemente favorita dall’invenzione della stampa a caratteri mobili (1455): la Chiesa prese dunque provvedimenti nel tentativo di controllare quanto veniva stampato.
Alla metà del XVI secolo risalgono i primi cataloghi di libri proibiti: ne furono redatti dalle università della Sorbona a Parigi e di Lovanio, per ordine di Carlo V e di Filippo II.
Nel 1543 nella Repubblica di Venezia il Consiglio dei Dieci affidò agli Esecutori contro la Bestemmia il compito di sorvegliare l’editoria, con facoltà di multare chi stampava senza permesso: nel 1549, ad opera di monsignor Giovanni della Casa, fu pubblicato un Catalogo di diverse opere, compositioni et libri, li quali come eretici, sospetti, impii et scandalosi si dichiarano dannati et prohibiti in questa inclita città di Vinegia: l’elenco comprendeva 149 titoli e riguardava per lo più opere tacciate di eresia, ma la proibizione finì con il non essere applicata per l’opposizione dei librai e dei tipografi.
Nel 1559, ad opera del Sant’Uffizio, uscì a Roma un primo Cathalogus librorum Haereticorum, con intenti quasi esclusivamente anti-protestanti: vi comparivano anche le opere di Luciano di Samosata, il De monarchia di Dante Alighieri e perfino i commentari di papa Pio II sul Concilio di Basilea.
Indice dei libri proibiti
Il primo indice del 1558:
Tra i compiti del Sant’Uffizio, istituito da papa Paolo III nel 1542, era compresa la vigilanza sui libri. Sotto papa Paolo IV, venne pubblicato un indice dei libri e degli autori proibiti, detto “Indice Paolino”, redatto dall’Inquisizione e promulgato con un suo decreto, affisso a Roma il 30 dicembre 1558. L’elenco comprendeva l’intera opera degli scrittori non cattolici, compresi i testi non di carattere religioso, altri 126 titoli di 117 autori, di cui non veniva tuttavia condannata l’intera opera, e 332 opere anonime.
Vi erano inoltre elencate 45 edizioni proibite della Bibbia e veniva condannata l’intera produzione di 61 tipografi (prevalentemente svizzeri e tedeschi). Infine si proibivano intere categorie di libri, come quelli di astrologia o di magia, mentre le traduzioni della Bibbia in volgare potevano essere lette solo su specifica licenza, concessa solo a chi conoscesse il latino e non alle donne.
Tra i libri proibiti erano il “Decamerone” di Boccaccio, “Il Novellino” di Masuccio Salernitano e tutte le opere di Machiavelli, di Rabelais e di Erasmo da Rotterdam, il “Diálogo de doctrina christiana” dei Valdesiani.
Il papa, che da cardinale (Giampiero Carafa) era stato il primo direttore del Sant’Uffizio, attribuì a quest’ultimo e alla sua rete locale l’applicazione della proibizione, a scapito del potere dei vescovi.
Indice dei libri proibiti
La storia successiva:
Nuovi indici vennero redatti anche dal Santo Uffizio sotto i pontefici successivi e le due congregazioni furono spesso in conflitto in merito alla giurisdizione sulla censura dei libri. Anche i vescovi si opposero al potere dato all’Inquisizione in questo campo.
Nel 1596, sotto papa Clemente VIII venne redatta una nuova versione dell’indice (“Indice Clementino”), che aggiunse all’elenco precedente opere registrate in altri indici europei successivi al 1564. Ripeteva inoltre la proibizione di stampare opere in volgare, già promulgata da Pio V nel 1567.
La censura ecclesiastica ebbe pesanti conseguenze: le “espurgazioni”, a volte neppure dichiarate, potevano arrivare a stravolgere il pensiero dell’autore originario e i testi scientifici non conformi all’interpretazione aristotelico-scolastica erano considerati eretici. Nel 1616 furono bandite le opere di Copernico. Gli scrittori si autocensuravano e l’attività dei librai diventò difficile per le richieste di permesso e i pericoli di confisca.
Le “patenti di lettura”, tuttavia, che in teoria avrebbero dovuto essere rilasciate solo a studiosi di provata fiducia da parte del Santo Uffizio e durare solo per tre anni, si ottenevano invece in pratica abbastanza facilmente.
Nel 1758, sotto papa Benedetto XIV, le norme furono riviste e l’indice venne corretto e reso più comodo. Fu inoltre eliminato il divieto di lettura della Bibbia tradotta dal latino. Le competenze per la compilazione e l’aggiornamento dell’indice passarono a partire dal 1917 al Sant’Uffizio.
L’indice nei suoi quattro secoli di vita venne aggiornato almeno venti volte (l’ultima nel 1948) e fu definitivamente abolito solo dopo il Concilio Vaticano II nel 1966, sotto papa Paolo VI.
L’elenco comprendeva, fra gli altri, nomi della letteratura, della scienza e della filosofia come: Francesco Bacone (Francis Bacon), Honoré de Balzac, Henri Bergson, George Berkeley, Cartesio, D’Alembert, Daniel Defoe, Denis Diderot, Alexandre Dumas (padre) e Alexandre Dumas (figlio), Gustave Flaubert, Thomas Hobbes, Victor Hugo, David Hume, Immanuel Kant, Jean de La Fontaine, John Locke, Montaigne, Montesquieu, Blaise Pascal, Pierre-Joseph Proudhon, Jean-Jacques Rousseau, George Sand, Spinoza, Stendhal, Voltaire, Émile Zola.
Tra gli italiani finiti all’indice – scienziati, filosofi, pensatori, scrittori, economisti – vi sono stati Vittorio Alfieri, Pietro Aretino, Cesare Beccaria, Giordano Bruno, Benedetto Croce, Gabriele D’Annunzio, Antonio Fogazzaro, Ugo Foscolo, Galileo Galilei, Giovanni Gentile, Francesco Guicciardini, Giacomo Leopardi, Ada Negri, Adeodato Ressi, Girolamo Savonarola, Luigi Settembrini, Niccolò Tommaseo e Pietro Verri.
Tra gli ultimi ad entrare nella lista sono stati Simone de Beauvoir, André Gide, Jean-Paul Sartre e Alberto Moravia.
Indice dei libri proibiti-Giordano BrunoIndice dei libri proibiti-Paolo VIIndice dei libri proibiti
Giovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITT
Articolo dalla Rivista PEGASO diretta da Ugo Ojetti-N°1 del Gennaio 1932
pittore Antony De WITT
, Nacque a Livorno il 22 febbraio 1876 da Vittorio Antoni e da Palmira De Witt, proprietari di un’agenzia marittima, e trascorse l’infanzia tra Livorno e le colline pisane. Dal 1910 decise di adottare il cognome della madre, discendente da un’antica famiglia di feudatari borgognoni trasferitisi in Toscana e qui imparentati con gli Antoni di Pisa. Studiò presso il Liceo G. B. Niccolini di Livorno, dove ebbe come insegnante Giovanni Pascoli. Appassionatosi alla pittura, iniziò a frequentare Angiolo e Adolfo Tommasi e strinse amicizia con Fattori e Lega. Giovanissimo, esordì alla Promotrice di Torino del 1891 con il dipinto “Ruscello in primavera”, che ricevette le lodi di Signorini e fu acquistato dal re, che lo donò alla Galleria d’Arte Moderna di Firenze.
Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855. All’età di dodici anni perde il padre, ucciso da una fucilata sparata da ignoti; la famiglia è costretta a lasciare la tenuta che il padre amministrava, perdendo quella condizione di benessere economico di cui godeva. Nell’arco dei sette anni successivi, Giovanni perderà la madre, una sorella e due fratelli. Prosegue gli studi prima a Firenze, poi a Bologna. Nella città emiliana aderisce alle idee socialiste: durante una delle sue attività di propaganda nel 1879 viene arrestato. Consegue la laurea in Lettere nel 1882.
Giovanni PascoliGiovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITTGiovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITTGiovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITTGiovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITTGiovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITTGiovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITTGiovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITT
Giovanni Pascoli
Biografia di Giovanni Placido Agostino Pascoli nasce a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855.All’età di dodici anni perde il padre, ucciso da una fucilata sparata da ignoti; la famiglia è costretta a lasciare la tenuta che il padre amministrava, perdendo quella condizione di benessere economico di cui godeva. Nell’arco dei sette anni successivi, Giovanni perderà la madre, una sorella e due fratelli. Prosegue gli studi prima a Firenze, poi a Bologna. Nella città emiliana aderisce alle idee socialiste: durante una delle sue attività di propaganda nel 1879 viene arrestato. Consegue la laurea in Lettere nel 1882.
Inizia a lavorare come professore: insegna greco e latino a Matera, Massa e Livorno; suo obiettivo è quello di riunire attorno a sè i membri della famiglia. In questo periodo pubblica le prime raccolte di poesie: “L’ultima passeggiata” (1886) e “Myricae” (1891). L’anno seguente vince la prima delle sue d’oro al concorso di poesia latina di Amsterdam; parteciperà varie volte negli anni, vincendo in totale 13 medaglie d’oro.
Dopo un breve soggiorno a Roma si trasferisce a Castelvecchio di Barga, piccolo comune toscano dove acquista una villetta e una vigna. Con lui vi è la sorella Maria – da lui affettuosamente chiamata Mariù – vera compagna della sua vita, considerato che Pascoli non si sposerà mai.
Ottiene un posto per insegnare all’università, prima a Bologna, poi a Messina e infine a Pisa. In questi anni pubblica tre saggi danteschi e varie antologie scolastiche.
La produzione poetica prosegue con i “Poemetti” (1897) e i “Canti di Castelvecchio” (1903). Convertitosi alle correnti nazionaliste, raccoglie i suoi discorsi sia politici, che poetici e scolastici nei “Miei pensieri di varia umanità” (1903).
Ottiene poi la prestigiosa cattedra di Letteratura italiana a Bologna, prendendo il posto lasciato da Giosuè Carducci.
Nel 1907 pubblica “Odi ed inni”, a cui seguono “Canzoni di re Enzo” e i “Poemi italici” (1908-1911).
La poesia di Pascoli è caratterizzata da una metrica formale fatta di endecasillabi, sonetti e terzine coordinati con grande semplicità. La forma è classica esternamente, maturazione del suo gusto per le letture scientifiche: a tali studi si ricollega il tema cosmico di Pascoli, ma anche la precisione del lessico in campo botanico e zoologico. Uno dei meriti di Pascoli è stato quello di rinnovare la poesia, toccando temi fino ad allora trascurati dai grandi poeti: con la sua prosa trasmette il piacere delle cose semplici, usando quella sensibilità infantile che ogni uomo porta dentro di se.
Pascoli era un personaggio malinconico, rassegnato alle sofferenze della vita e alle ingiustizie della società, convinto che quest’ultima fosse troppo forte per essere vinta. Nonostante ciò, seppe conservare un senso profondo di umanità e di fratellanza. Crollato l’ordine razionale del mondo, in cui aveva creduto il positivismo, il poeta, di fronte al dolore e al male che dominano sulla Terra, recupera il valore etico della sofferenza, che riscatta gli umili e gli infelici, capaci di perdonare i propri persecutori.
Nel 1912 la sua salute peggiora e deve lasciare l’insegnamento per curarsi. Trascorre i suoi ultimi giorni a Bologna, dove muore il 6 aprile.
Opere principali di Giovani Pascoli
1891 – Myricae (I edizione della fondamentale raccolta di versi)
1896 – Iugurtha (poemetto latino)
1897 – Il fanciullino (scritto pubblicato sulla rivista “Il Marzocco”)
1897 – Poemetti
1898 – Minerva oscura (studi danteschi)
1903
– Canti di Castelvecchio (dedicati alla madre)
– Myricae (edizione definitiva)
– Miei scritti di varia umanità
1904
– Primi poemetti
– Poemi conviviali
1906
– Odi e Inni
– Canti di Castelvecchio (edizione definitiva)
– Pensieri e discorsi
1909
– Nuovi poemetti
– Canzoni di re Enzio
– Poemi italici
1911-1912
– Poemi del Risorgimento
– Carmina
– La grande proletaria si è mossa
Biografia Antony De WITT
pittore Antony De WITT
Antony De Witt, Nacque a Livorno il 22 febbraio 1876 da Vittorio Antoni e da Palmira De Witt, proprietari di un’agenzia marittima, e trascorse l’infanzia tra Livorno e le colline pisane. Dal 1910 decise di adottare il cognome della madre, discendente da un’antica famiglia di feudatari borgognoni trasferitisi in Toscana e qui imparentati con gli Antoni di Pisa. Studiò presso il Liceo G. B. Niccolini di Livorno, dove ebbe come insegnante Giovanni Pascoli. Appassionatosi alla pittura, iniziò a frequentare Angiolo e Adolfo Tommasi e strinse amicizia con Fattori e Lega. Giovanissimo, esordì alla Promotrice di Torino del 1891 con il dipinto “Ruscello in primavera”, che ricevette le lodi di Signorini e fu acquistato dal re, che lo donò alla Galleria d’Arte Moderna di Firenze. In seguito partecipò alle Promotrici di Genova, Firenze e Torino e alla Triennale di Brera. In questo periodo realizzò alcune tempere dedicate al Pascoli e alcune illustrazioni per la terza edizione di Myricae (1894). Fu lo stesso poeta ad ampliare l’orizzonte delle sue conoscenze presentandolo ad Adolfo De Bosis, direttore della rivista “Il Convito”, a Lorenzo Viani e a Giacomo Puccini, di cui frequentò la casa di Torre del Lago. All’attività artistica affiancò gli studi scientifici, che portò a termine nel 1897, conseguendo la laurea in scienze fisiche e naturali presso l’Università di Pisa sotto la guida di Sebastiano Richiardi. Nello stesso anno partecipò alla Biennale di Venezia con due disegni, oggi dispersi, dal titolo “Raccolta di impressioni” e pubblicò una serie di articoli dedicati all’esposizione sulla rivista “La Tribuna”, scritti in collaborazione con Domizio Torrigiani. Verso il 1901 si trasferì a Cagliari, dove per necessità intraprese l’insegnamento scolastico delle scienze. Nel 1903 espose nuovamente a Venezia; in questa occasione il suo dipinto “Pomeriggio di primavera in Sardegna” fu acquistato dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Nel 1907 sposò Carlotta Palombella San Juste, con la quale rientrò a Livorno nel 1910, per stabilirsi successivamente a Lucca, nel 1913. In questo periodo realizzò un numero limitato di dipinti e disegni, più numerose furono invece le incisioni, acqueforti e xilografie. Nel 1912 iniziò a collaborare con l’Eroica, diretta da Ettore Cozzani, ed entrò a far parte della Corporazione degli Xilografi Italiani, con cui espose, nel 1912, alla Mostra Internazionale di Xilografia di Levanto, alla Biennale veneziana del 1914 e alla Secessione romana 1915. Nel 1919 fu pubblicato un intero fascicolo della rivista a lui dedicato. Nel 1920 si recò in Argentina, dove iniziò a scrivere il romanzo “Estancia” (pubblicato a Milano nel 1925). Nel 1924 compì un lungo viaggio in Eritrea, poi in Germania, in Olanda e in Norvegia. Nel 1928, infine, si stabilì a Firenze, dove ricoprì la carica di direttore del Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi. Nel 1932 sposò la norvegese Sigrid Ferrè; nello stesso periodo compì un secondo viaggio in Argentina e nel 1938 si recò a Oslo (qui alcuni suoi dipinti furono acquistati dalla Galleria Nazionale) e Brekkesto, stringendo rapporti con l’ambiente artistico locale. A partire degli anni Venti rallentò l’attività espositiva, eccezion fatta per la partecipazione alle Biennali veneziane del 1928 e del 1930. Dopo la guerra riprese ad esporre in occasione della VI, VII e IX edizione del Premio Nazionale del Fiorino di Firenze (1955, 1956, 1958), della VII Quadriennale romana (1955-56), e di due personali alla Strozzina di Firenze (1954 e 1957). Nel 1962 fu chiamato ad esporre al Centro Culturale Olivetti di Ivrea. A partire dal 1965 eseguì le illustrazioni per l’edizione nazionale della Divina Commedia, in occasione delle Celebrazioni del centenario dantesco, e nel 1966 quella per la Gerusalemme Liberata. Numerose le collaborazioni con riviste e testate giornalistiche, tra cui La Nazione, Emporium, Pegaso, Dedalo, ecc. e le pubblicazioni a carattere storico artistico. Nel 1948 e nel 1949 affiancò C. L. Ragghianti nell’organizzazione delle mostre Nuova Arazzeria Artistica Fiorentina e l’Opera grafica di Munch. Nel 1955 pubblicò il secondo romanzo, “L’ora delle serve”. Morì a Firenze il 13 giugno 1967.
Personalità colta ed eclettica, alternò l’attività artistica con quella letteraria, con la critica d’arte e con interessi scientifici. Rivestono particolare importanza, per la ricostruzione della sua figura, l’antologica tenutasi a Firenze nel 1975, in Palazzo Strozzi, lo studio sulla sua opera grafica curato da G. L. Mellini (1976) e il catalogo della mostra a cura di Francesca Cagianelli, Antonio Antony De Witt: 1876-1967 (cat. della mostra, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti) Firenze, Artificio, 1998.
Fonte- Archivio degli Artisti Lucchesi della Fondazione Ragghianti.
Giovanni PascoliBiblioteca DEA SABINA-Rivista PEGASO –Giovanni Pascoli lettere al pittore Antony De WITT
Sapienza Università di Roma di Roma- UniStem Day: l’infinito viaggio della ricerca scientifica-
Roma-Venerdì 14 marzo 2025, Sapienza Università di Roma in collaborazione con la Scuola Superiore di Studi Avanzati Sapienza (SSAS) e l’Istituto Pasteur-Italia e l’Università Statale di Milano, insieme ad altri atenei ed istituti di ricerca hanno dato vita ancora una volta al più grande evento europeo di divulgazione scientifica dedicato agli studenti delle scuole superiori.
Roma Università LA SAPIENZA
Nato nel 2009 a Milano da un’idea di Elena Cattaneo docente della Statale di Milano e senatrice a vita, l’evento si rinnova e conferma la sua dimensione internazionale con il coinvolgimento di atenei e centri di ricerca di 12 paesi: Australia, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Spagna, Svezia e Ungheria. Sono stati circa 30.000 gli studenti coinvolti nella manifestazione.
Quest’anno UniStem Day è dedicato al tema della libertà nell’attività dello studioso. Per questo la giornata è dedicata alla figura di Giulio Regeni.
L’evento di Roma è organizzato dalla Scuola Superiore di Studi Avanzati Sapienza (SSAS) e dall’Istituto Pasteur-Italia. In particolare, la manifestazione è parte integrante delle attività di terza missione della SSAS e delle attività di divulgazione scientifica dell’Istituto Pasteur-Italia, per favorire la valorizzazione, la divulgazione e il trasferimento delle conoscenze e dei saperi.
“L’UniStem Day– ha dichiarato la rettrice Antonella Polimeni – è un’occasione importante che offre agli Atenei e alla comunità scientifica l’opportunità di condividere con le ragazze e i ragazzi delle scuole superiori il valore della ricerca scientifica, della libertà di scelta e di pensiero. Fare ricerca significa cercare la verità, attraverso il confronto basato su solide fondamenta scientifiche e su fatti concreti. È importante trasmettere ai più giovani il messaggio che il percorso nella carriera scientifica in genere, e soprattutto nelle discipline STEM, non è semplice, ma se condotto con passione, perseveranza e impegno può dare soddisfazioni importanti. Noi come università dobbiamo continuare a creare le condizioni affinché vengano sempre più promosse pari opportunità per pari capacità”.
La manifestazione, coordinata da Antonio Musarò (Sapienza Università di Roma, Istituto Pasteur-Italia e Senior Fellow della SSAS), è stata introdotta dalla rettrice Antonella Polimeni, con la partecipazione di Angela Santoni (Direttrice scientifica dell’Istituto Pasteur-Italia) e di Mattia Crespi (Direttore SSAS).
Sono intervenuti all’evento Concetta Quintarelli (OPBG-Roma) con “Storie di successo: Cellule riprogrammate per combattere il tumore”; Silvia Bencivelli (giornalista scientifica, scrittrice) con “Storie di Scienza: capire per comunicare; capire per scegliere” e Silvia Piconese (Sapienza Università di Roma, Istituto Pasteur-Italia e Young Fellow della SSAS) con un laboratorio didattico e giochi scientifici sul tema: “Storie di cellule staminali”, un viaggio per scoprire i segreti delle cellule staminali per avere cellule staminali senza segreti.
Sabato 8 marzo 2025, presso il Forte Malatesta di Ascoli Piceno si inaugura la mostra personale di Antonio Marras – Vedere per credere. L’ombra di Cecco, che si configura come una riflessione sia sulla figura di Cecco d’Ascoli, filosofo, astronomo, astrologo e alchimista medievale, sia sulla storia del Forte Malatesta nelle sue diverse funzioni di fortezza militare, edificio religioso, carcere e museo multidisciplinare.
Antonio Marras – Vedere per credere-
Antonio Marras
Antonio Marras – Vedere per credere-
Antonio Marras si è lasciato suggestionare dall’intera struttura dell’edificio, che ha reinterpretato nella sua totalità come luogo di ombre, intese come memorie simboliche e fisiche, presenze che legano la figura di Cecco d’Ascoli con la vita reclusa dei prigionieri del carcere, che proiettavano desideri, speranze, ricordi e memorie nei diversi ambienti, dalle celle al cortile fino allo spazio monumentale della chiesa della Madonna del Lago, ideale punto di arrivo del percorso immaginato da Marras.
Disegni, sculture, ceramiche, installazioni, arredi e manufatti ridisegnano gli spazi del Forte, inseriti in un percorso espositivo che trasforma gli spazi dell’edificio in tappe di un itinerario onirico e surreale, una sorta di “macchina del tempo” sospesa tra passato e presente.
Marras trasforma il Forte in uno spazio altro, un luogo del quale viene reinterpretata in maniera esperienziale ed immersiva la storia di ieri e di oggi, anche grazie all’inserto di alcuni manufatti provenienti da una chiesa di Arquata rasa al suolo dal terremoto del 2016, che Marras ha integrato all’interno della mostra.
Antonio Marras – Vedere per credere-
L’invito rivolto a Marras di interpretare il Genius loci del Forte Malatesta e la figura di un personaggio controverso come Cecco d’Ascoli rientra nella metodologia di Spazio Taverna, volta a riattivare le energie di luoghi e personaggi storici attraverso l’intervento e la reinterpretazione di artisti contemporanei.
“Il Forte Malatesta è un luogo di incontro di ombre, e questo è l’elemento che mi ha colpito e mi ha guidato nell’immaginare questa mostra” spiega Antonio Marras. “Luci, ombre, emozioni, desideri, sentimenti e passioni sono le vere protagoniste di questa mostra, concepita come un percorso che collega spazi fisici e mentali, apparizioni oniriche e reali” aggiunge Ludovico Pratesi. “Il Forte si trasforma grazie a Marras in un corpo vivo e pulsante, abitato da presenze naturali e soprannaturali, rianimate da opere che sembrano emergere dalle pieghe della storia per parlare al presente”. “Marras ha saputo trasformare storie e memorie dolorose in una folla di immagini, attraverso intense trame simboliche riattivate da una visione potente e vitale” aggiunge Marco Bassan.
La mostra, promossa dal Comune di Ascoli Piceno e curata da Spazio Taverna, sarà accompagnata da un catalogo, concepito da Antonio Marras, con testi di Francesca Alfano Miglietti, Marco Bassan, Donatella Ferretti, Antonio Marras, Stefano Papetti e Ludovico Pratesi.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo, concepito da Antonio Marras, con testi di Francesca Alfano Miglietti, Marco Bassan, Donatella Ferretti, Antonio Marras, Stefano Papetti e Ludovico Pratesi. Orari apertura: dal 9 marzo al 1° aprile 2025: martedì e giovedì 10.00-13.00; mercoledì e venerdì 15.00-18.00; sabato e domenica, festivi e prefestivi, 10.00-13.00 e 15.00-18.00; dal 1° aprile al 1° ottobre: dal martedì al venerdì 10.00-13.00 e 15.00-19.00; sabato e domenica, festivi e prefestivi dalle 11.00 alle 19.00. Biglietti: Ingresso museo: Intero €6; Ridotto €4; Scuole €2
Mostra promossa dal Comune di Ascoli Piceno, a cura di Spazio Taverna
Antonio Marras
Breve biografia di Antonio Marras Stilista italiano (n. Alghero 1961). Dopo aver lavorato come free-lance per varie aziende, nel 1996 ha realizzato la prima collezione con il suo nome che ha presentato nell’ambito dell’alta moda romana. Risale al 1999 il suo debutto nel prêt-à-porter. Tra i fili conduttori del suo stile, contraddistinto da una grande passione per l’artigianato, si ricordano gli omaggi al costume sardo e i numerosi riferimenti all’arte e alla letteratura. A partire dal 2003 ha affiancato alla linea donna una linea maschile. Sempre nel 2003 il Museo d’arte contemporanea Masedu di Sassari ha dedicato allo stilista la mostra Antonio Marras. Il racconto della forma. Nello stesso anno il gruppo francese LVMH (Louis Vuitton Moët Hennessy) lo ha nominato direttore artistico di Kenzo, carica ricoperta fino al 2011. Nel 2016 la Triennale di Milano gli ha dedicato la mostra antologica Antonio Marras: Nulla dies sine linea. Vita, diari e appunti di un uomo irrequieto, installazioni edite e inedite, disegni, schizzi e dipinti che raccontano il percorso visivo dell’artista. Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani
Franco Grattarola-La Tuscia nel Cinema-Edizioni Archeoares-
Descrizione del libro di Franco Grattarola ,La Tuscia nel Cinema è un viaggio lungo un secolo in compagnia dei film girati nella provincia di Viterbo, rivissuti, decennio per decennio, attraverso storie, protagonisti, aneddoti, testimonianze.
Da La bella Galiana a Freaks Out. Dall’Otello di Oson Welles a I Vitelloni. Da Il Vigile a L’armata Brancaleone. Da La strada ad Habemus papam, fino al Maresciallo Rocca e alle serie televisive The Young Pope e Catch-22.
LaTuscia nel cinema è una pubblicazione al centro di un progetto di promozione culturale e turistica della Tuscia, della Maremma e della Valle del Tevere. Pochi territori, come la provincia di Viterbo e le sue zone limitrofe, possono vantare tanti argomenti quando si parla di location e spazi offerti alle produzioni cinematografiche italiane e internazionali dalla prima metà del Novecento ai giorni nostri.
Un volume che esalta il rapporto tra il grande schermo e la Tuscia, favorendo la crescita di una consapevolezza culturale nei suoi cittadini e lo sviluppo di un filone cine turistico e creando, al contempo, opportunità di internazionalizzazione. LaTuscia nel cinema di Franco Grattarola è il cuore di questa iniziativa che parte nel 2023 per svilupparsi nell’immediato futuro.
Franco Grattarola-Critico cinematografico
Franco Grattarola è uno studioso di storia del cinema della televisione e del costume. Ha pubblicato diversi volumi dedicati al cinema italiano fra cui Pasolini, una vita violentata (Coniglio Editore 2005).
Ha contribuito con saggi a numerosi studi di storia e critica come Pasolini e la televisione (a cura di Angela Felice, Marsilio, 2011), Il portaborse vent’anni dopo (a cura di Italo Moscati, Rubbettino Editore, 2011), Mario Camerini: la nascita della modernità (a cura di Arnaldo Colaanti ed Ernesto Nicosia, Gli archivi del ‘900, 2011), Il cinema di Claudio Gora (a cura di Emiliano Morreale, Rubettino Editore, 2013), Cinema e Storia 2014. Italia 1977: crocevia di un cambiamento (a cura di Ermanno Taviani, Rubbettino Editore, 2014), Quaderni del CSCI n°12. Le guerre nel cinema italiano dal 1911 a oggi (a cura di Silvio Alovisio, Alessandro Faccioli e Luca Mazzei, Istituto Italiano di Cultura, Barcellona, 2016), Il cinema di Fernando di Leo (a cura di Davide Magnisi e Michele Falcone, Edizioni dal Sud, 2017), Ennio De Concini. Storie di un italiano (a cura di Christian Uva, Edizioni di Bianco e Nero, 2017), Romana Film. Fortunato Misiano e la sua avventura nel cinema (a cura di Steve Della Casa, Edizioni di Bianco e Nero, 2017), Luigi Zampa. Dalla parte del pubblico (a cura di Orio Caldiron e Paolo Speranza, Cinemasud, 2018), Il cinema di Francesco De Robertis (a cura di Massimo Causo, Edizioni dal Sud, 2018), Ieri, oggi e domani. Il cinema di genere in Italia (a cura di Pedro Armocida e Boris Solazzo, Marsilio, 2019).
Ha collaborato inoltre alla nuova edizione del Dizionario del cinema italiano. I film vol. IV-IV (di Roberto Poppi e Mario Pecorari, Gremese Editore, 2009 e 2013), alla “mostra virtuale” sulla censura, promossa dalla Direzione Generale per il cinema del Mibac in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia e la Cineteca Nazionale, con il saggio Il cinema “vietato ai minori” tra petizioni popolari e commissioni censura, e alla monografia Titanus. Cronaca familiare del cinema italiano (a cura di Sergio M. Germani, Simone Starace, Roberto Turigliatto, Edizioni Sabinae, 2014).
Roma a Palazzo Bonaparte la mostra CENTO CAPOLAVORI di Edvard Munch fino al 2 giugno 2025
Sono passati decenni dall’ultima mostra dedicata a Edvard Munch a Roma; sebbene sia uno degli artisti più amati nel mondo – l’unico ad avere “generato” un emoticon con la sua opera più nota, /L’Urlo/ –, è anche uno degli artisti più difficili da vedere rappresentato nelle mostre perché la quasi totalità delle sue opere sono custodite al Munch Museum di Oslo che, eccezionalmente, ha acconsentito ad un prestito senza precedenti.
Luogo: Palazzo Bonaparte
Indirizzo: Piazza Venezia 5
Orari: dal lunedì al giovedì 9.00 – 19.30 venerdì, sabato e domenica 9.00 – 21.00 (la biglietteria chiude un’ora prima)
Curatori: Patricia G. Berman in collaborazione con Costantino D’Orazi
Costo del biglietto: Open € 22,00 Intero € 18,00 Ridotto € 17,00
“Con la mia arte ho cercato di spiegare a me stesso la vita e il suo significato,ma anche di aiutare gli altri a comprendere la propria vita”
Edvard Munch
E così a PALAZZO BONAPARTE di ROMA sarà possibile ammirare CENTO CAPOLAVORI di Edvard Munch, tra cui le iconiche /La morte di Marat/ (1907), /Notte stellata/ (1922–1924), /Le ragazze sul ponte/ (1927), /Malinconia/ (1900–1901), /Danza sulla spiaggia (1904),/ nonché una delle versioni litografiche de /L’Urlo/ (1895).
La mostra, che ha avuto una precedente tappa a Palazzo Reale di Milano dove ha registrato un record assoluto di visitatori, racconta l’intero percorso artistico di Munch, dai suoi esordi fino alle ultime opere, attraversando i temi a lui più cari, collegati gli uni agli altri dall’interpretazione della tormentata essenza della condizione umana.
La mostra /MUNCH. IL GRIDO INTERIORE/ è prodotta e organizzata da ARTHEMISIA.
/“Siamo onorati ed orgogliosi di aver potuto realizzare questo grandioso progetto/ – commenta IOLE SIENA, Presidente di Arthemisia – /in collaborazione col Munch Museum di Oslo. Munch mancava da molti decenni in Italia e il grande successo riscosso nella prima tappa a Milano ci ha confermato quanto grande sia l’amore del pubblico verso questo artista immenso, capace di darci emozioni fortissime.”/
La mostra, curata da PATRICIA G. BERMAN, una delle più grandi studiose al
mondo dell’artista, con la collaborazione scientifica di COSTANTINO
D’ORAZIO, è realizzata in collaborazione col MUSEO MUNCH DI OSLO.
/Main partner/ della mostra è FONDAZIONE TERZO PILASTRO –
INTERNAZIONALE, con Poema.
La mostra gode del patrocinio del MINISTERO DELLA CULTURA, della REGIONE
LAZIO, del COMUNE DI ROMA – ASSESSORATO ALLA CULTURA, della REALE
AMBASCIATA DI NORVEGIA A ROMA e DEL GIUBILEO 2025 – DICASTERO PER
L’EVANGELIZZAZIONE.
La mostra vede come /sponsor/ GENERALI VALORE CULTURA e STATKRAFT, /special
partner/ RICOLA, /mobility partner/ ATAC e FRECCIAROSSA TRENO UFFICIALE,
/media partner/ LA REPUBBLICA, /hospitality partner/ HOTEL DE RUSSIE e
HOTEL DE LA VILLE, /sponsor tecnico/ FERRARI TRENTO e /radio partner/
DIMENSIONE SUONO SOFT.
Ad arricchire la mostra, è previsto un ricco palinsesto di eventi che coinvolgerà diverse realtà culturali della città e che andrà ad approfondire la figura dell’artista e ad espandere i temi delle sue opere.
EDVARD MUNCH (NORVEGIA, 1863 – 1944) Tra i principali artisti simbolisti del XIX secolo e anticipatore dell’Espressionismo, artista dalla vita segnata da grandi e precoci dolori, Munch fin da subito è stato in grado di instaurare col suo spettatore un’immediata empatia, facendo percepire, oltre che vedere, la sofferenza e l’angoscia raffigurate. La perdita prematura della madre a soli 5 anni e della sorella, la morte del padre e la tormentata relazione con la fidanzata Tulla Larsen sono stati il materiale emotivo primigenio sul quale l’artista ha cominciato a tessere la sua poetica, la quale si è poi combinata in maniera originalissima, grazie al suo straordinario talento artistico, con la sua passione per le energie sprigionate dalla natura. I suoi volti senza sguardo, i paesaggi stralunati, l’uso potente del colore, la necessità di comunicare dolori indicibili e umanissime angosce sono riusciti a trasformare le sue opere in messaggi universali e Munch uno degli artisti più iconici dell’Ottocento. Sgomento, visioni, violenza emotiva si tradussero in immagini potenti, dall’emotività a volte diretta, altre soffocata, reiterate con l’intento ossessivo di riprodurre il più fedelmente possibile l’impressione delle scene incise nella memoria. Munch è uno degli artisti che ha saputo meglio interpretare sentimenti, passioni e inquietudini della sua anima, comunicandoli in maniera potente e diretta. Plasmato inizialmente dal naturalista norvegese Christian Krohg, che ne incoraggiò la carriera pittorica, negli anni Ottanta del Novecento si recò a Parigi dove assorbì le influenze impressioniste e postimpressioniste che gli suggerirono un uso del colore più intimo, drammatico ma soprattutto un approccio psicologico. A Berlino contribuì alla formazione della Secessione Berlinese e nel 1892 si tenne la sua prima personale in Germania, che fu reputata scandalosa: da quel momento in poi Munch viene percepito come l’artista eversivo e maledetto, alienato dalla società, un’identità in parte promossa dai suoi amici letterati. A metà degli anni Novanta del XIX secolo si dedicò alla produzione di stampe e, grazie alla sua sperimentazione, divenne uno degli artisti più influenti in questo campo. La sua produttività e il ritmo serrato delle esposizioni lo porteranno a ricoverarsi volontariamente nei sanatori a partire dalla fine degli anni Novanta del XIX secolo. Relazioni amorose dolorose, un traumatico incidente e l’alcolismo – vivendo la vita “sull’orlo di un precipizio” – lo portarono a un crollo psicologico per il quale cercò di recuperare in una clinica privata tra il 1908 e il 1909. Dopo aver vissuto gran parte della sua vita all’estero, l’artista quarantacinquenne tornò in Norvegia, stabilendosi al mare, dipingendo paesaggi e dove iniziò a lavorare ai giganteschi dipinti murali che oggi decorano la Sala dei Festival dell’Università di Oslo. Queste tele, le più grandi dell’Espressionismo in Europa, riflettono il suo sempre vivo interesse per le forze invisibili e la natura dell’universo. Nel 1914 acquistò una proprietà a Ekely, Oslo, dove, da celebre artista internazionale, continuò il suo lavoro sperimentale fino alla morte, avvenuta nel 1944, appena un mese dopo il suo ottantesimo compleanno.
LA MOSTRA Nel corso della sua lunga vita Edvard Munch realizzò migliaia di stampe e dipinti. Essendo tanto un uomo d’immagini quanto di parole, riempì fogli su fogli di annotazioni, aneddoti, lettere e persino una sceneggiatura per il teatro. L’esigenza di comunicare le proprie percezioni, il proprio ‘grido interiore, lo accompagnò per tutta la vita, e proprio questa attitudine è stato il motore della sua pratica come artista, che ha toccato tanto temi universali – come la nascita, la morte, l’amore e il mistero della vita – quanto i disagi psichici necessariamente connessi all’esistenza umana – le instabilità dell’amore erotico, il disagio prodotto dalle malattie fisiche e mentali e il vuoto lasciato dalla morte.
Questa mostra ruota attorno al ‘grido interiore’ di Munch, al suo saper costruire, attraverso blocchi di colore uniformi e prospettive discordanti, lo scenario per condividere le sue esperienze emotive e sensoriali: un processo creativo che sintetizza ciò che l’artista ha osservato, quello che ricorda e quanto ha caricato di emozioni.
Altre opere, invece, cercano di immortalare le forze invisibili che animano e tengono insieme l’universo. L’inizio della sua carriera coincide infatti con cambiamenti radicali nello studio della percezione: alla fine dell’Ottocento è in corso un dibattito tra scienziati, psicologi, filosofi e artisti sulla relazione tra quello che l’occhio vede direttamente e come i contenuti della mente influiscono sulla nostra vista. Il suo interesse per le forze invisibili che danno forma all’esperienza, condizionerà le opere che lo rendono uno degli artisti più significativi della sua epoca. Precursore dell’Espressionismo e persino del Futurismo del XX secolo nella sua esplorazione delle forze impercettibili, oggi continua a “parlare” alle visioni interiori e alle preoccupazioni anche di noi, uomini e donne dell’età moderna. Nelle sue creazioni Munch punta a rendere visibile l’invisibile.
Il 2025 al MAXXI: i progetti e le nuove mostre in programma a Roma e L’Aquila-
L’arte al MAXXI di Roma e L’Aquila la relazionale di Nicolas Bourriaud, le monografiche di Rosa Barba e Douglas Gordon, un omaggio al mitico Andrea Pazienza: le mostre e i progetti del 2025 al MAXXI di Roma e L’Aquila –
Una programmazione ambiziosa e interdisciplinare, tra arte, architettura, design e fotografia, per celebrare il quindicesimo anniversario: per il 2025, il MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo rilancia il suo ruolo di laboratorio della contemporaneità, con un ricco palinsesto di mostre e iniziative che spaziano dalle ricerche sui linguaggi visivi del presente alle riletture della storia dell’arte recente, dalle teorie relazionali di Nicolas Bourriaud, alle sperimentazioni di artisti come Rosa Barba e Douglas Gordon.
MAXXI Roma
MAXXI Roma
«Il MAXXI si presenta come uno spazio pluralista per affrontare temi attuali e internazionali. In occasione del suo quindicesimo anniversario, il museo ospiterà importanti mostre personali e progetti collettivi, invitando a riflettere sulle istanze della contemporaneità al di là dei confini delle singole discipline», ha raccontato Francesco Stocchi direttore del MAXXI. «Un ricco programma che prende avvio dalle mostre per offrire approfondimenti e il dialogo, nell’era odierna della tecnologia innovativa, delle conversazioni civiche e delle emergenze ambientali. La realtà va più in fretta dell’arte ma è proprio l’arte che costruisce il domani».
Il 2025 vedrà passa avanti anche per il progetto di ampliamento del Museo: in autunno partiranno i lavori per la realizzazione del nuovo edificio multifunzionale e sostenibile e del nuovo parco fronte via Masaccio. Entro la fine dell’anno, sarà pronta un’ampia area verde, con alberi e la cavea green che farà da quinta scenica alla piazza Alighiero Boetti. Tra le altre novità, un progetto per lo sviluppo di un “assistente virtuale” basato su AI.
«Il 2025 apre nuove prospettive per un MAXXI in continua evoluzione. Arte, architettura, design, fotografia e pensiero critico si intrecciano per ridefinire i confini del possibile, mentre ogni progetto diventa un’occasione per esplorare nuovi orizzonti e tracciare traiettorie inedite, favorendo il dialogo tra discipline, culture e idee contemporanee. In questo spazio dinamico e in divenire, il futuro si immagina, si costruisce e si espande», ha dichiarato Emanuela Bruni, Consigliera reggente Fondazione MAXXI.
Arte, architettura, design
Si inizia il 18 aprile, con Something in the Water, un’esposizione curata dall’artista Oscar Tuazon che esplora l’acqua come metafora di resistenza, metamorfosi e connessione. Le opere esposte, firmate da artisti come Christo, Matthew Barney e Nancy Holt, propongono una riflessione sull’acqua come territorio condiviso e elemento di costante mutamento. La mostra si inserisce nel più ampio progetto Water School di Tuazon, in cui l’arte si espande oltre il museo, diventando strumento di collaborazione e attivazione sociale.
Sempre dal 18 aprile, il MAXXI affronta l’evoluzione dell’architettura con STOP DRAWING: Architettura oltre il disegno, a cura di Pippo Ciorra. Il disegno, strumento essenziale della progettazione architettonica, è qui messo in discussione alla luce dell’avvento di tecnologie digitali, pratiche artistiche e attivismo politico. La mostra, con opere di Carlo Scarpa, Aldo Rossi e Frida Escobedo, racconta la trasformazione della disciplina nel XX e XXI secolo, interrogandosi sul suo futuro.
Dal 23 maggio, il design trova spazio al MAXXI con Nacho Carbonell. Memory, in practice, prima edizione del programma ENTRATE, dedicato alla progettualità contemporanea. L’installazione dell’artista spagnolo Nacho Carbonell trasforma la hall del museo in uno spazio immersivo, dove un grande albero luminoso invita alla partecipazione e alla condivisione, sottolineando il ruolo del design nella costruzione di ambienti relazionali.
Dal 30 maggio, il MAXXI presenta STADI. Architettura e mito. La mostra, curata da Manuel Orazi, Fabio Salomoni e Moira Valeri, analizza l’evoluzione degli impianti sportivi come fenomeni architettonici e sociali, simboli di identità collettiva e cambiamento urbano, proponendo un confronto tra progetti italiani e internazionali e includendo opere d’arte e riferimenti alla cultura popolare.
MAXXI Roma
Douglas Gordon: il cinema come installazione
Sempre dal 30 maggio, per le attività organizzate dal Dipartimento Arte, diretto ad interim da Monia Trombetta, la galleria 5 ospita Douglas Gordon. Pretty much every film and video work from about 1992 until now, una retrospettiva monumentale che riunisce 30 anni di produzione dell’artista scozzese. L’esposizione, concepita come un’installazione immersiva, permette una fruizione non lineare delle opere, tra cui il celebre 24 Hour Psycho (1993) e The End of Civilisation (2012), confermando Gordon come uno dei massimi esponenti della videoarte.
30 anni di Arte Relazionale
Dal 31 ottobre, il MAXXI dedica una grande mostra all’Arte Relazionale con 1+1. The relational years, curata da Nicolas Bourriaud, teorico del movimento. A 30 anni dalla sua formulazione, l’Estetica Relazionale viene riletta attraverso le opere di artisti come Vanessa Beecroft, Maurizio Cattelan, Dominique Gonzalez-Foerster, Carsten Höller, Pierre Huyghe, Philippe Parreno, Rirkrit Tiravanija, tra gli altri, offrendo una panoramica sulla sua influenza nella scena artistica contemporanea.
Rosa Barba: una partitura da attivare
Concepita come una lunga passeggiata immersiva grazie a un display ideato dalla stessa Rosa Barba, la mostra, in apertura dal 28 novembre, presenterà una vasta selezione di lavori dell’artista siciliana, tra cui alcuni inediti, in una prospettiva cinematografica e scultorea. Le opere, attivate seguendo una specifica partitura durante gli orari di apertura del museo, instaureranno con il pubblico relazioni inusuali. L’industria cinematografica e la sua messa in scena plastica – la luce, le pellicole e le macchine in movimento – sono temi cruciali per Rosa Barba, che crea installazioni e “opere filmiche” a metà tra documentario sperimentale e narrativa di finzione, tra memoria e incertezza.
Focus: esperienze storiche da ricordare
Dal 30 maggio 2025, inoltre, il MAXXI presenterà In viaggio per l’arte. La Galleria Pieroni 1975-1992, a cura di Stefano Chiodi, che ripercorre la storia della galleria attraverso il suo archivio, acquisito dal museo nel 2022. Da Pescara a Roma, la galleria ha esposto artisti come Fabro, Kounellis, Merz, Boetti, Richter e Pistoletto. Nello stesso giorno inaugura Classicismo e modernità nel Foro Italico di Enrico Del Debbio, che esplora l’uso simbolico del marmo nelle opere dell’architetto, con un focus sul suo lavoro per il Foro Italico e una rilettura visiva di Begoña Zubero.
Dal 19 settembre, omaggio a Elisabetta Catalano con l’acquisizione di 16 nuove stampe nella Collezione MAXXI, accompagnata da incontri con l’Archivio Catalano. Nella stessa data, Nicola Di Giorgio. Calcestruzzo, curata da Simona Antonacci, approfondisce il progetto vincitore del Premio Graziadei 2022, che riflette sull’impatto del calcestruzzo nel paesaggio italiano.
Dal 28 novembre, il centenario di Luigi Pellegrin viene celebrato con Prefigurazioni per Roma, una selezione di disegni che esplorano la sua visione urbanistica tra utopia e infrastruttura. Contestualmente, Segno. Dentro l’archivio di una rivista, curata da Paolo Balmas, analizza i 50 anni della storica testata d’arte contemporanea, il cui archivio è ora parte del museo.
MAXXI L’Aquila: omaggio a PAZ
Appuntamenti in calendario anche per la sede del MAXXI L’Aquila. Dal 6 giugno, True Colors. Tessuti, movimento, colori e identità, la grande mostra che animerà fino al 16 novembre Palazzo Ardinghelli, con opere realizzate dal 2000 che utilizzano il tessuto. Curata da Monia Trombetta con Chiara Bertini, Fanny Borel, Donatella Saroli e Anne Palopoli per le performance, la mostra presenta opere processuali, installazioni immersive e site-specific provenienti dalla collezione del MAXXI in dialogo con opere in prestito e nuove produzioni realizzate da artisti internazionali. L’ispirazione è rafforzata dal contesto culturale abruzzese nel quale l’arte tessile ha radici antiche nell’ambito dell’economia agropastorale e del virtuoso artigianato.
MAXXI L’Aquila: omaggio a PAZ
La mostra sarà anticipata, nel mese di maggio, da Towards Tomorrow di Kaarina Kaikkonen, potente e poetica installazione allestita nella corte a esedra di Palazzo Ardinghelli, e attivata grazie alla partecipazione dei cittadini che vogliano condividere parte del proprio vissuto attraverso la donazione di abiti usati.
Il 5 dicembre aprirà invece Andrea Pazienza. La matematica del segno, che anticipa la monografica con cui il MAXXI di Roma, nel 2026, celebrerà il settantesimo del mitico fumettista. Il progetto espositivo vuole essere un omaggio al talento di Andrea Pazienza e alla sua influenza nell’arte e nella cultura italiana, celebrando il legame speciale dell’artista con l’Abruzzo, dove trascorse gli anni della giovinezza e della formazione. Curata da Giulia Ferracci e Oscar Glioti, la mostra sarà scandita da circa 40 opere grafiche e pittoriche realizzate ad acquarello, china e pennarello, proponendo alcune tavole centrali per descrivere la struttura compositiva adottata dall’autore nei suoi fumetti.Inizio modulo
Roma-Al Teatro Lo SpazioAlt Academy presenta:”SIGNORINE NEL TEMPO. L’EPOPEA DELLE SIGNORINE BUONASERA”
Roma-Approda al Teatro Lo Spazio di Roma, Alt Academy presenta dal 19 al 23 marzo, SIGNORINE NEL TEMPO. L’EPOPEA DELLE SIGNORINE BUONASERA, spettacolo scritto da Veronica Liberale e diretto da Pietro De Silva. Torino, gennaio 1954. Sandra Adelini, commessa in prova, in un negozio di elettrodomestici, si ritrova a vivere una giornata storica per il paese e per la comunicazione: l’inizio delle trasmissioni televisive. Alle prese con i clienti accalcati di fronte ai primi televisori e al mondo del lavoro , ancora maschilista e poco possibilista per le donne, Sandra sogna un futuro migliore e lo fa davanti alla scatola magica, di fronte alla quale è destinata a conoscere quello che diventerà il padre di suo figlio, giunto in negozio per comprare una lavatrice Zoppas. Dentro quella scatola magica c’è Nicolina, la prima annunciatrice della TV, un’ apparizione dolce e rassicurante, chiamata per umanizzare la televisione, pioniera in un mondo ancora sconosciuto. Con il televisore che fa da cornice al suo affascinante mezzo busto, Nicolina sa che dovrà guidare per mano i telespettatori annunciando film, rubriche, varietà, spot pubblicitari. Veloce a intervenire in caso di problemi tecnici o interruzioni improvvise.
Alt Academy presenta:”SIGNORINE NEL TEMPO. L’EPOPEA DELLE SIGNORINE BUONASERA”
Sempre rassicurante, sempre sorridente, sempre pronta. In bilico tra le potenzialità del nuovo mezzo di comunicazione in grado di portare progresso, alfabetizzazione e cultura in tutto il paese, e le sue conseguenze dettate dai limiti del mezzo stesso. ll destino di Sandra e Nicolina si incrocia ed è a legato a doppio filo con quello di una terza signorina, Maria Rosella, annunciatrice del 2003, appena giunta negli studi televisivi per iniziare la giornata più difficile della sua carriera, che si concluderà con una rivelazione: una drastico riduzione di orario di lavoro. La risposta dei dirigenti cerca di indorare la pillola, parlano di ridimensionamento, di altre opportunità, di rinnovo dell’immagine. Ma la realtà è cruda come uno schiaffo in pieno viso : Maria Rosella, insieme ad altre sue colleghe “della vecchia guardia”, è stata sollevata dal suo incarico e sostituita da giovanissime ragazze, in buona parte provenienti dalle fila di concorsi di bellezza.
In scena, la storia delle tre donne, signorine nel tempo, che con la loro dolcezza, la loro professionalità, la loro forza, sfidano le avversità del loro tempo, avviene su tre piani paralleli, sui quali si muove la figura di un narratore, che racconta la loro storia, entrando a farne parte e rappresentando le figure maschili che le tre protagoniste, incontrano nel loro viaggio.
NOTE DELL’AUTRICE : Con questo testo s’intende omaggiare quelle icone che sono state le annunciatrici italiane dagli esordi della televisione fino alla loro graduale scomparsa, specchio di una t.v. non certo perfetta ma sicuramente più garbata e professionale rispetto alla sciatteria, aggressività e superficialità della comunicazione contemporanea.
La storia delle tre donne, i cui nomi di fantasia sono un leggero ricordo di quelli veri, è romanzata, in modo tale che all’interno di queste figure di fantasia possano concentrarsi le caratteristiche, le esperienze lavorative e l’essenza di quello che hanno rappresentato le “Signorine Buonasera” per gli italiani. In questo senso raccontando la loro storia personale si vuole raccontare indirettamente quella del paese.
Gli attori in scena sono quattro. Tre donne protagoniste, supportate da un attore uomo che interpreterà mano a mano tutti i personaggi maschili (dirigenti rai, mariti, ammiratori, colleghi) che ruotano intorno alle indimenticabili “Signorine Buonasera”.
Alt Academy presenta:”SIGNORINE NEL TEMPO. L’EPOPEA DELLE SIGNORINE BUONASERA”
Alt Academy
presenta
SIGNORINE NEL TEMPO
L’EPOPEA DELLE SIGNORINE BUONASERA
di Veronica Liberale
con Camilla Bianchini, Giada Fradeani, Veronica Liberale e Luigi Pisani
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