Roma-La Fondazione Pastificio Cerere celebra i suoi vent’anni con due mostre
Roma-La Fondazione Pastificio Cerere, spazio di produzione artistica, centro di scambio culturale e di incontro per artisti e curatori, celebra vent’anni dalla sua istituzione con due mostre, a cura del direttore artistico Marcello Smarrelli, l’apertura di una nuova area espositiva e di un inedito percorso per la collezione permanente.
La Fondazione ha sede nell’ex Pastificio Cerere, la più antica delle fabbriche del quartiere di San Lorenzo fondata nel 1905. Grazie ad uno dei più riusciti interventi di rigenerazione urbana in ambito privato, gli spazi industriali sono stati gradualmente riconvertiti in atelier dove gli artisti ancora oggi lavorano e vivono, diventando un punto di riferimento nella scena culturale di Roma e una fucina di creatività interdisciplinare fortemente recettiva alle novità e all’avanguardia artistica.
La Fondazione Pastificio Cerere nasce nel 2004 con la presidenza di Flavio Misciattelli, avviando una regolare programmazione con la realizzazione di una moltitudine di mostre e progetti e divenendo uno dei luoghi più vivi del contemporaneo nel panorama cittadino e nazionale.
A vent’anni dalla sua nascita, l’attività della Fondazione Pastificio Cerere oggi si avvia a crescere con un ampliamento dell’area espositiva – progettato dallo studio di architettura STARTT- dove sarà allestita la mostra collettiva Angels. Cinquant’anni di storie del Pastificio Cerere e Anche il sole sorge prima personale in Italia di Wang Yuxiang (Anhui in Cina, 1997), aperte al pubblico dal 2 ottobre al 30 novembre 2024.
Angels. Cinquant’anni di storie del Pastificio Cerere raccoglie opere d’arte, foto, video e documenti d’archivio, per realizzare uno storytelling che ritrae l’ex pastificio di San Lorenzo come un luogo vitale, caratterizzato da passaggi repentini e da lunghe permanenze di personaggi celebri o più defilati. Tra i 29 autori chiamati in causa, appartenenti a generazioni e formazioni molto eterogenee, troviamo prima tra tutte Francesca Woodman, alla cui celebre serie fotografica degli Angels (1977) si ispira il titolo della mostra, insieme a Claudio Abate, Lara Almarcegui, Patrizia Cavalli, Elisabetta Catalano, Jim Dine, Claire Fontaine, Flavio Favelli, Antony Gromley, Margherita Moscardini e tanti altri.
Anche il sole sorge, di Wang Yuxiang, mostra realizzata con il sostegno del MiC e di SIAE nell’ambito del programma “Per Chi Crea”, presenta un nuovo corpus di opere composto da tre installazioni site-specific con il concetto di entropia quale unico filo conduttore, indagato dall’artista come complesso sistema di relazioni tra uomo e natura.
La scelta di invitare questo giovane artista di origine cinese, che venuto a Roma per formarsi ha trovato al Pastificio Cerere un luogo accogliente dove fare esperienza, conferma l’impegno costante della Fondazione nel sostegno e nella promozione del lavoro delle nuove generazioni di artisti.
Altra importante novità sarà l’apertura di uno spazio a vocazione museale che ospiterà la collezione permanente destinata ad arricchirsi nel tempo con opere site-specific create in dialogo con i reperti di archeologia industriale della fabbrica dismessa. Il primo nucleo di questa raccolta è costituito dalle opere di Piero Pizzi Cannella, Agostino Iacurci, Riccardo Previdi e Francesco Simeti.
Le celebrazioni dedicate all’importante traguardo di vent’anni di attività, proseguono con la pubblicazione del secondo volume dell’Albo d’oro, che amplia il racconto dei primi dieci anni di attività trattato nel primo volume edito nel 2019.
La Fondazione Pastificio Cerere conferma con queste iniziative realizzate in occasione dei 20 anni di attività la determinazione nel proseguire il suo ruolo di istituzione sempre più internazionale dedicata alla produzione artistica contemporanea, un hub culturale di incontro e scambio dedicato soprattutto ai giovani artisti.
Lo spazio di produzione artistica di San Lorenzo festeggia questo importante anniversario con due mostre, a cura del direttore artistico Marcello Smarrelli, e l’apertura di una nuova area espositiva e di un inedito percorso per la collezione permanente
Dal 3 al 6 ottobre 2024 torna, in Fiera di Roma, Romics il Festival Internazionale del Fumetto, Animazione, Cinema e Games, giunto alla sua XXXIII edizione.
Tante le novità, gli ospiti nazionali e internazionali, le principali case editrici, le fumetterie, i collezionisti, i videogiochi, i gadget, gli incontri con autori e editori, gli eventi speciali, le anteprime, le presentazioni, le mostre e gli spettacoli che animeranno simultaneamente i 5 padiglioni durante i quattro giorni non-stop della manifestazione.
A Roma ritorna Romics, la grande rassegna internazionale sul fumetto, l’animazione, il cinema e i games, organizzata da Fiera Roma e da ISI.URB.
Se sei appassionato di fumetto e cinema organizza il tuo viaggio a Roma e partecipa al ROMICS: la grande Rassegna Internazionale sul Fumetto, l’Animazione, Cinema e i Games, organizzata dalla Fiera di Roma e da ISI.Urb. Ti aspettano 4 giorni di eventi, oltre 350 espositori e 70.000 mq espositivi nei 5 padiglioni della Fiera di Roma. È un appuntamento annuale per fare il punto sullo stato del fumetto italiano e internazionale, dei grandi successi del cinema, dell’animazione e dei videogames. Non perderti gli eventi, le mostre e la visita ai numerosissimi stand all’interno dei padiglioni della Fiera dove trovi tutte le novità, le grandi case editrici, le fumetterie, i collezionisti, i videogiochi, i gadget e incontra tantissimi autori ed editori. Cosa aspetti? Romics fa diventare Roma la Capitale Internazionale del Fumetto!
Romics, parola nata dall’unione di Roma-comics, è il Festival Internazionale del Fumetto, Animazione, Cinema e Games; nasce a Roma nel 2001 nel vecchio polo Fieristico, in via Cristoforo Colombo. Dal 2013, spostato nel nuovo polo Fieristico romano, oltre alla classica edizione autunnale di inizio ottobre, la manifestazione ha anche un’edizione primaverile. Ogni anno sono presenti famosi fumettisti che intervengono alla manifestazione e vengono premiati con il Romics D’Oro. Puoi vedere dal vivo e all’opera le più grandi matite del fumetto artistico del pianeta.
2. Le date e gli orari della Fiera del Fumetto
Romics apre le sue porte alla 33° Edizione e torna a Romadal 3 al 6 ottobre 2024 dalle ore 10:00 alle ore 20:00 presso la Fiera di Roma. La manifestazione si incentra su quattro giorni di kermesse con eventi, incontri speciali e ospiti per farti rivivere la magia dei fantastici mondi di Romics.
3. Il programma della XXXIII Edizione
Quest’anno si festeggiano i 40 anni di The NeverEnding Story (La Storia Infinita) e i 45 anni dall’uscita del romanzo di cui portò sul grande schermo la versione cinematografica. Questo traguardo sarà festeggiato “con uno show suggestivo, inedito e letteralmente fantastico, magicamente sospeso tra recitazione, disegno e musica live!” come segnalano sul sito ufficiale dell’evento. L’evento vedrà protagonisti l’illustratore Paolo Barbieri, i Raggi Fotonici e i doppiatori Giorgia Piancatelli e Luca Tesei, che renderanno omaggio a questo capolavoro cinematografico.
Due personalità artistiche nel fumetto, cinema e musica, verranno premiate con l’assegnazione del Romics d’Oro: l’autore e disegnatore italiano, Giuseppe Palumbo e Hidetoshi Omori, celebre direttore delle animazioni, character designer e regista per serie di animazione, film e videogiochi
Inoltre verranno celebrati importanti compleanni come i 40 anni dalla prima messa in onda, in Italia, di Pollon attraverso la presenza due storici doppiatori, Liliana Sorrentino e Fabrizio Mazzotta rispettivamente la voce della protagonista e do Eros, il Dio dell’Amore.
Inoltre, il celebre draghetto Grisù, che sogna di diventare pompiere, farà il suo ritorno dopo 60 anni su Rai YoYo. Per festeggiare il suo ritorno, saranno presenti Tiziana Martello, attuale voce di Grisù, i Raggi Fotonici, autori e interpreti della nuova sigla, insieme a rappresentanti di Mondo TV, D-Hub Studios e Rai Kids.
Si terranno anche due importanti premi:
MUSICOMICS – Premio Romics Musica per Immagini, giunto alla sua 3° edizione
Romics Cosplay Award durante il quale saranno selezionati anche coloro che rappresenteranno l’Italia al World Cosplay Summit 2025 di Nagoya – Giappone!
Musicomics: Premio Romics Musica per Immagini
La terza edizione del concorso Musicomics, patrocinato da NUOVO IMAIE e SIAE, celebra il legame tra musica e immagini. Tra i premiati, Franco Micalizzi, compositore di celebri colonne sonore come Lo chiamavano Trinità… e La banda del gobbo, riceverà il Premio alla Carriera Luigi Albertelli. Lucio Macchiarella, noto per i suoi contributi a serie come Ken il guerriero e Candy Candy, sarà insignito del Premio della Critica Andrea Lo Vecchio. Giorgio Moroder, icona della musica cinematografica, sarà onorato con il Premio Speciale alle Produzioni Straniere per opere come Flashdance e Scarface. Il pubblico avrà anche l’opportunità di assistere alla cerimonia di premiazione il 5 ottobre, durante la quale saranno assegnati premi per categorie come Miglior Colonna Sonora, Miglior Canzone, Miglior Doppiaggio Musicale e Miglior Colonna Sonora per Videogiochi.
4. Gli ospiti della rassegna
Giuseppe Palumbo (Romics d’Oro), Hidetoshi Omori (Romics d’Oro), Jim Cornish (Romics d’Oro), Simone Di MeoRichard BlakeLuca PapeoMattia SurrozFranco Micalizzi (Premio alla Carriera Luigi Albertelli), Lucio Macchiarella (Premio della Critica Andrea Lo Vecchio), Giorgio Moroder (Premio Speciale alle Produzioni Straniere), Cristina D’Avena (Special Guest), Paolo BarbieriGiorgia Piancatelli (doppiatrice), Luca Tesei (doppiatore), Tiziana Martello (voce di Grisù), Katja Centomo (autrice), Francesco Artibani (autore), Arianna Rea (autrice), Paolo Maddaleni (autore), Emanuele Sciarretta (autore), Marco Caselli (autore), Mauro De Luca (autore), Bruno Cannucciari (autore), Augusto Macchetto (autore), Federica Salfo (autrice), Giulia Adragna (autrice), Alessandro Ferrari (autore), Michela Frare (autrice), Inma R. (autrice), Simon Gane (autore), Andrea Guglielmino (autore), Maurizio Di Vincenzo (autore), Francesco Fasiolo (autore), Gianmarco Fumasoli (autore), Valerio Piccioni (autore), Emiliano Tanzillo (autore), Marco D’Angelo (autore), Pera Toons (fumettista), Fabrizio Mazzotta (doppiatore), Liliana Sorrentino (doppiatrice), Raggi Fotonici (autori e interpreti di sigle), Valeria Arnaldi (giornalista), Stefania Gatti (autrice), Chiara Lipari (autrice), Christian Cornia (autore), Giorgio Salati (autore), Roberto Grossi (autore), Silvia Casini (autrice), Chef OjisanDado (fumettista), Angela Forin (musicologa), Claudio Simonetti (compositore), Shinichi (autore), Meusa (autore), Dario Sicchio (autore), Panda Boi (content creator), Ciccio Gamer (content creator), Andrea Yuu Dentuto (mangaka e animatore), Midori Yamane (autrice), Eleonora Carlini (autrice), Susanna Mariani (autrice).
5. Gli eventi speciali
Pera Toons: Come Nasce una Freddura a Fumetti?
Giovedì 3 ottobre, il celebre fumettista Pera Toons, noto per i suoi giochi di parole e freddure, terrà un evento interattivo per il lancio del suo nuovo libro Ridere. L’autore, famoso su Instagram per il format Chi ha ucciso Kenny?, condividerà con il pubblico il processo creativo dietro le sue battute che hanno conquistato migliaia di giovani lettori.
Anteprime targate Rai Kids
Rai Kids presenterà in anteprima due nuove serie. Venerdì 4 ottobre, saranno proiettati due episodi di Anatane e i ragazzi di Okura, una storia ambientata nel 2213 in cui il giovane Anatane, con il potere dell’invisibilità, combatte una dittatura. Sabato 5 ottobre, invece, sarà il turno di Alex Player, la storia di un videogiocatore 14enne in bilico tra scuola e allenamenti per vincere il campionato di videogiochi Land of Titans.
Topolino e il Mondo di Circus
Il tendone dello Shadow Circus arriva sulle pagine di Topolino con un nuovo ciclo di storie dal tono misterioso. Le avventure, scritte da Giovanni Di Gregorio e illustrate da Paolo Mottura e Ivan Bigarella, raccontano le vicende di una compagnia circense enigmatica. Sabato 5 ottobre, durante un evento speciale, Davide Catenacci, caporedattore di Topolino, insieme agli artisti Mottura e Bigarella, sveleranno i segreti dietro la creazione di queste storie.
Cristina D’Avena: Special Guest
Sabato 5 ottobre, Cristina D’Avena, la voce che ha segnato l’infanzia di tante generazioni, sarà la protagonista di un evento musicale imperdibile. Le sue iconiche sigle dei cartoni animati faranno rivivere la magia di quei momenti, accompagnate da un gruppo di ballerini che renderanno l’esperienza ancora più coinvolgente. Un viaggio musicale che farà cantare e ballare il pubblico di tutte le età.
6. Le mostre
Nel Labirinto di Giuseppe Palumbo
Questa mostra celebra i 40 anni di carriera di Giuseppe Palumbo attraverso oltre cento tavole originali. Il percorso espositivo inizia con Diabolik ed Eva Kant, icone del suo lavoro ventennale, e presenta una selezione di copertine disegnate a china, schizzi a matita, tavole originali e pagine della serie alternativa DK.
Questa esposizione propone una selezione di disegni e illustrazioni curate personalmente da Hidetoshi Omori, che ha scelto opere rappresentative dei suoi contributi a serie TV e film d’animazione dagli anni ’80 ad oggi. Tra i titoli iconici presenti troviamo Dunbine, Transformer e Z Gundam. La mostra esplora le tecniche artistiche di Omori, che spaziano dai pennarelli e acquerelli a metodi ibridi manuali e digitali, evidenziando i suoi stili distintivi. Tra le opere esposte, figurano anche contributi a L Gaim, copertine di libri e box DVD, nonché recenti tributi a Guyver e Final Fantasy VII, che sottolineano l’importanza culturale di questi lavori per i fan di tutto il mondo.
Alla sua prima mostra italiana, Jim Cornish presenta un percorso in tre atti che mette in luce il suo lavoro con grandi registi del cinema di genere. La mostra si sviluppa attorno a tre pilastri: Fantasy, Action e Cinema eroico, con storyboard e visualizzazioni di scene epiche create da Cornish per registi come Christopher Nolan, David Yates, Alfonso Cuarón e Sam Mendes. Il lavoro di Cornish, fondamentale nella costruzione delle scene immaginate dai registi e dagli art department, rappresenta un elemento chiave nella produzione di grandi blockbuster, mostrando il genio di uno dei maggiori talenti internazionali del visualizing cinematografico.
Questa mostra personale di Kamen Anev esplora il Cinema fantastico di oggi e del futuro attraverso il lavoro di uno dei più importanti concept artist contemporanei. Anev, noto per il suo contributo a film come Dune, The Martian, Blade Runner 2049, Spider-Man: Far from Home e Assassin’s Creed, presenta una serie di opere personali per film immaginari ancora non realizzati. Questi lavori, ricchi di evocazioni e citazioni dai maestri che hanno influenzato il suo stile, offrono uno sguardo unico nel mondo del cinema e dell’arte visiva, con creazioni che anticipano il futuro del grande
In collaborazione con Animundi, questa mostra offre un’esperienza unica che combina creatività e inclusione. Celebra le straordinarie voci di personaggi provenienti dal mondo dello spettacolo, dello sport, della cultura, della musica e dell’imprenditoria, che hanno contribuito al successo di questo cartone animato innovativo. Grazie al loro apporto, “Lampadino e Caramella” si trasforma in un simbolo di impegno sociale, rompendo le barriere della discriminazione e promuovendo un mondo più inclusivo e accessibile a tutti. Un viaggio nel MagiRegno per costruire insieme un MagiMondo migliore, dove ogni voce conta e ogni barriera può essere superata.
Per tutte le altre informazioni vai su romics.it
7. Masterclass e Workshop
Durante i quattro giorni del Festival, Romics offrirà ai visitatori l’opportunità di partecipare a masterclass e workshop tenuti da alcuni dei più grandi autori italiani e internazionali. Questi eventi imperdibili permetteranno di approfondire tecniche di disegno e approcci creativi unici.
Hidetoshi Omori, premiato con il Romics d’Oro, terrà una masterclass incentrata sulle sue tecniche di disegno, il suo approccio alla creazione di personaggi, con un focus particolare sul Mecha Design e sulle linee essenziali per costruire un character.
Hidetoshi Omori, premiato con il Romics d’Oro, terrà una masterclass incentrata sulle sue tecniche di disegno, il suo approccio alla creazione di personaggi, con un focus particolare sul Mecha Design e sulle linee essenziali per costruire un character.
Simone Di Meo e Richard Blake condivideranno il loro percorso creativo in una masterclass che esplorerà ogni fase del processo artistico, dall’idea iniziale fino alla realizzazione delle tavole, offrendo un viaggio completo nel loro modo di lavorare.
Luca Papeo mostrerà le sue tecniche di disegno su personaggi iconici come Jeeg e Goldrake, svelando i segreti che rendono questi eroi così affascinanti.
Infine, Mattia Surroz condurrà un workshop che partirà dalle basi dell’anatomia fino alla psicologia del personaggio. Il corso esplorerà la morfologia del volto, la caratterizzazione del corpo e lo studio del costume, fino alla recitazione e alla scelta della palette di colori che danno vita ai suoi personaggi.
8. Cosa serve per entrare al Romics
Puoi accedere al Festival del Fumetto previo acquisto del biglietto disponibile solo tramite prevendita online e/o Punti Vendita Vivaticket. Il biglietto unico giornaliero lo puoi acquistare al costo di € 10 (più € 1,50 di commissione), prezzo per il biglietto del giovedì o del venerdì € 12,00 – Prezzo per il biglietto del sabato o della domenica (+ €1,50 costo di acquiring per il circuito di vendita) Con l’acquisto del biglietto puoi accedere dagli ingressi pedonali Nord ed Est (tutti i giorni) della Fiera di Roma recandoti direttamente al Controllo.
I biglietti non sono nominativi pertanto, anche se sul biglietto è impresso il nome di chi ha effettuato la transazione, il ticket può essere ceduto anche a terze persone.
9. Il luogo dell’evento
La XXXII Edizione di Romics, Festival Internazionale del Fumetto, Animazione, Cinema e Games si svolge presso la Fiera di Roma in Via Portuense, 1645/647, ingresso Nord ed ingresso Est.
10. Come arrivare
Puoi raggiungere la struttura fieristica di Roma sia in treno che in autobus. In treno: dalla Stazione di Roma Termini prendi il treno per Roma Tiburtina. Da qui prendi il treno FL1 Orte/Fara Sabina – Roma – Fiumicino Aeroporto e scendi alla fermata Fiera di Roma. In autobus: prendi la linea 808 Atac per Fiera Roma. Da Fiumicino prendi la linea Cotral W0001.
11. Con Italo a Roma
Se ami il fumetto, la XXXII edizione di Romics è l’occasione giusta per un viaggio a Roma e scoprire le sue meraviglie. Non vedi l’ora? Arriva nella capitale con Italo, scopri anche le altre imperdibili mostre e immergiti nella magica atmosfera del Festival Internazionale del Fumetto! Insieme ai tuoi amici o alla tua famiglia, sali a bordo dei tanti treni per Roma che ogni giorno ti portano da tutte le principali città italiane. Viaggia con l’Alta Velocità di Italo e arriva nella stazione di Roma Termini che ti porta, grazie ai servizi di trasporto urbano, direttamente alla Fiera di Roma.
Se non lo hai ancora fatto, puoi registrarti gratuitamente al Programma Fedeltà Italo Più, avrai subito il -5% di sconto sul tuo primo viaggio e in più accumuli punti con i tuoi viaggi per richiedere biglietti premio gratuiti.
Insomma, noi ci mettiamo la comodità e la velocità del viaggio: a te non resta che immergerti nel fantastico mondo del fumetto!
Teatro, Autori, Attori e Pubblico nell’antica Roma.
Roma- Al Museo dell’Ara Pacis una grande mostra su una delle più importanti istituzioni culturali dell’antichità.La forza vitale degli spettacoli teatrali, la loro popolarità, le vite difficili degli attori e degli altri grandi protagonisti del mondo teatrale nell’antica Roma saranno raccontati nella mostra Teatro.
Autori, attori e pubblico nell’Antica Roma, in programma fino al 3 novembre2024 al Museo dell’Ara Pacis. Il visitatore / spettatore sarà condotto ‘oltre’ la scena, dentro i meccanismi di produzione, nei ‘camerini degli attori’, sui palcoscenici e sugli spalti dei teatri antichi: una ricostruzione viva, in cui gli stessi protagonisti – attraverso interventi multimediali creati ad hoc – coinvolgeranno il pubblico raccontando le loro vite, le storie che hanno interpretato, il loro ruolo di autori o performers in una società così simile e insieme tanto diversa dalla nostra. Le maschere saranno il filo conduttore di questa immersione: dalle più antiche tra quelle pervenute fino ai nostri giorni (V secolo a.C.) a quelle ellenistiche del III – II secolo a.C., fino a quelle, spettacolari, di epoca romana. Le maschere sono anche “caratteri” scenici di lunga durata, tragici, comici e grotteschi: il visitatore scoprirà così l’origine antichissima di tanti personaggi del teatro moderno, dal vecchio misantropo, al giovane seduttore, dal servo scaltro ai giovani amanti ostacolati dalle diverse condizioni sociali.
Una tradizione viva e pulsante, che consentirà di aprire una finestra anche sul teatro contemporaneo. La mostra verrà illustrata da oltre 240 opere provenienti da 25 diversi prestatori con un percorso espositivo ricco di autentiche rarità come, ad esempio, la coppa di produzione attica proveniente dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze con una delle rarissime rappresentazioni di una processione in onore di Dioniso, dio del teatro; un significativo esemplare di antica maschera in terracotta, forse ad uso teatrale, dal Museo Archeologico Regionale ‘Paolo Orsi’ di Siracusa o il famoso “vaso di Pronomos” dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, forse il più importante tra i reperti a soggetto teatrale pervenuto. L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura. Mostra a cura di Orietta Rossini e Lucia Spagnuolo. Media Partner: Rai Pubblica Utilità, Rai Radio3. Catalogo: L’Erma di Bretschneider, a cura da Salvatore Monda, Orietta Rossini e Lucia Spagnuolo.
Info: Museo dell’Ara Pacis, dal 21/05/2024 al 03/11/2024 Ufficio stampa Zètema Progetto Cultura Lorenzo Vincenti (+39) 347 1025613 l.vincenti@zetema.it Chiara Sanginiti (+39) 340 4206787 c.sanginiti@zetema.it
personale dell’Artista Alfredo Di Bacco “Il paradosso della realtà”
Pescara, 2 ottobre 2024–Al Museo delle Genti d’Abruzzo le tele che Alfredo Di Bacco Figure che esaltano l’interiorità, portando a galla i sentimenti più profondi, fondendoli con la realtà e acquisendo un senso nuovo. Sono trentatré le tele che Alfredo Di Bacco propone nella personaleche venerdì prossimo, 4 ottobre, sarà inaugurata alle 17,30 nello Spazio Arte del Museo delle Genti d’Abruzzo in via delle Caserme a Pescara. Un percorso che rappresenta la silloge della produzione dell’artista negli ultimi dieci anni. Raffinato ed elegante nel tratto e nei cromatismi, Di Bacco è espressione di una cultura che affonda le sue radici negli ultimi trent’anni del Novecento e si evolve costantemente assorbendo le dinamiche del presente e restituendole animate da una percettibileprospettiva futura. “Di Bacco, infatti – scrive nelle note il curatore della mostra Andrea Viozzi – dimostra di possedere un’ampia conoscenza delle afflizioni della società moderna, dei suoi malesseri e dei suoi paradossi, e una vasta gamma iconografica da cui trarre spunto per le sue tele, dove la duplice figura MI rappresenta il nostro dual, il nostro opposto, dove la realtà appare come un gioco illusorio che si frammenta in maniera articolata, la cui lettura è spesso mascherata e di non facile interpretazione,perché non esiste un’unica verità e non esiste più una sola coscienza, ma più coscienze.
Come molti pittori del nostro tempo egli ha ben chiaro che non esiste più l’opera d’arte nella sua autonomia e indipendenza ma solo se viene posta al centro di un dibattito sociale. Ha dato vita ad un lungo lavoro di scavo e di evoluzione tecnica che lo hanno spinto non solo a dipingere per rappresentare una realtà in cui forma e colore, ritmo e volume, disegno e gesto hanno riacquisito una loro precisa identità, ma per esplorare e comunicare concetti complessi”.
La mostra “Il paradosso della realtà” resterà aperta fino al 13 ottobre.
Informazioni
Il Museo delle genti d’Abruzzo è un museo di Pescara.
Il Museo traccia la storia dell’uomo in Abruzzo dal suo primo apparire come cacciatore paleoloitico. Sottolinea il contributo offerto dalle 9 tribù italiche d’Abruzzo e Molise all’affermazione di Roma, tanto da dare il nome di Italia a tutta la penisola. Con una rapida sintesi evidenzia quanto di questo passato si sia tramandato sino a noi in termini di costumi, credenze, luoghi di culto, produzioni, oggetti, forme. Tema centrale del Museo, articolato in 16 grandi sale espositive, è il concetto di continuità, di perduranza culturale, illustrata attraverso un allestimento museografico coinvolgente, dotato di postazioni multimediali e di un sistema digitale di audioguide in più lingue, che lo rendono uno fra i più originali e innovativi in Italia nel campo antropologico. Il Museo delle Genti d’Abruzzo si trova nel centro storico di Pescara, all’interno dell’antico edificio delle caserme Borboniche. Il piano dov’è ospitata la collezione permanente fu costruito come caserma nel Settecento, sul seminterrato che apparteneva alla cinquecentesca Fortezza di Pescara.
Informazioni
Il Museo delle genti d’Abruzzo è un museo di Pescara.
A Roma la galleria d’Arte Contemporanea di Francesca Antonini festeggia 60 anni.
L’evento a Palazzo delle Esposizioni
Articolo di Valentina Muzi per Artribune-Un traguardo importante che il polo espositivo romano ha deciso di celebrare organizzando un incontro con curatori, collezionisti e artisti che hanno contribuito al successo della storica galleria Maggiormente orientata verso la giovane arte emergente e i linguaggi sperimentali, la galleria d’arte Francesca Antonini si racconta, a sessant’anni dalla sua fondazione, tra aneddoti, testimonianze e racconti a Palazzo delle Esposizioni, oggi 2 ottobre 2024, in compagnia di collezionisti, curatori e artisti che hanno segnato la carriera della galleria.
La galleria Francesca Antonini Arte Contemporanea a Roma: la storia
Fondata da Angelica Savinio, figlia del grande artista Alberto Savinio, nel 1964 sotto il nome di Il Segno, la galleria d’arte contemporanea di Via di Capo le Case a Roma ha avviato un importante percorso di collaborazioni con alcuni dei maggiori artisti internazionali dell’epoca. Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Alberto Burri, Fausto Melotti e Lucio Fontana sono solo alcuni degli artisti che hanno contribuito al successo della galleria, rendendola una delle realtà protagoniste del panorama culturale italiano.
Da “Il Segno” a “Francesca Antonini Arte Contemporanea”
Nel 2014, in concomitanza con il cinquantesimo anniversario della fondazione, la galleria cambia il proprio nome in Francesca Antonini Arte Contemporanea, marcando l’avvio di un nuovo percorso espositivo e il rinnovamento del proprio ambito di ricerca, con la scelta di concentrarsi sulla giovane arte italiana, seguendo artisti come Guglielmo Castelli, Simone Cametti, Marco Eusepi e Francesco Casati, per citarne solo alcuni.
I festeggiamenti a Palazzo delle Esposizioni a Roma
Per celebrare il sessantesimo compleanno della galleria d’arte romana, Palazzo delle Esposizioni ospiterà un incontro il 2 ottobre 2024 alle ore 17 invitando curatori, collezionisti e artisti che hanno contribuito al successo della storica galleria, raccontando ricordi e aneddoti personali. Tra i partecipanti ricordiamo il collezionista Franco Bernabé, gli Gregorio Botta e Simone Cametti, i curatori Ludovico Pratesi e Paola Ugolini e molti altri ancora.
Valentina Muzi (Roma, 1991)è diplomata in lingue presso il liceo G.V. Catullo, matura esperienze all’estero e si specializza in lingua francese e spagnola con corsi di approfondimento DELF e DELE. La passione per l’arte l’ha portata a iscriversi alla Facoltà di Studi Storico-Artistici dell’Università di Roma La Sapienza, laureandosi in Storia dell’Arte Contemporanea e svolgendo il tirocinio formativo presso il MLAC – Museo e Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Ateneo, parallelamente ha frequentato un Executive Master in Management dei Beni Culturali presso la Business School del Sole24Ore di Roma. Dal 2016 svolge attività di PR, traduzione di cataloghi, stesura di testi critici e curatela indipendente. Dal 2017 svolge l’attività di giornalista di taglio critico e finanziario per riviste di settore. Attualmente è membro del Board Strategico presso l’Associazione culturale Arteprima noprofit, nella stessa ha svolto il ruolo di Social Media Manager ed è Responsabile organizzativa della piattaforma Arteprima Academy.
Fonte-Artribuneè la più ampia e diffusa redazione culturale del Paese (conta 250 collaboratori in tutto il mondo) e il più seguito strumento d’informazione, aggiornamento e approfondimento in Italia sui temi dell’arte, della cultura e su tutto ciò che vi ruota attorno.
Edita da Artribune srl, presieduta da Paolo Cuccia (anche presidente del Gambero Rosso), Artribune è la più ampia e diffusa redazione culturale del Paese (conta 250 collaboratori in tutto il mondo) e il più seguito strumento d’informazione, aggiornamento e approfondimento in Italia sui temi dell’arte, della cultura e su tutto ciò che vi ruota attorno: comunicazione, creatività, politica e politiche culturali, editoria, mass media, pubblicità, nuove tecnologie, architettura e urbanistica, design, cinema, musica, teatro, filosofia, letteratura, eccetera.
Non solo web magazine, ma anche free press, grazie a una rivista cartacea gratuita stampata in 55mila copie e distribuita in tutta Italia.
a Roma inaugura la mostra dal titolo :“Verso il Cielo”-
Roma-Mercoledì 2 ottobre 2024 alle ore 18:30 inaugura la mostra personale di Giulia Napoleone (Pescara, 1936) dal titolo Verso Cielo a cura di Roberto Lacarbonara nello spazio espositivo ETworks Studio a Roma, via dei Marsi 41 (quartiere San Lorenzo). L’esposizione – la prima interamente dedicata a un’artista ospite, a seguito dei dialoghi e delle collettive intraprese con l’opera di Tamburi – è realizzata con la collaborazione di Sergio Pandolfini delle Edizioni Il Bulino.
Il “verso” che compare nel titolo della mostra lega insieme una direzione e una composizione: rivolgere lo sguardo al cielo e ad esso dedicare la poesia e l’immagine, la forma che emerge da una ricerca perenne.
Le opere di Giulia Napoleone nascono dall’esigenza di definire una scrittura differente, scevra di parole eppure organizzata per sequenze, ordini, misure, ritmi, partiture. Al colore affida il compito di registrare ogni minima variazione del sentimento; un colore che l’artista predilige per le sue assonanze al cielo: il blu che, ereditando le esperienze secolari della pittura, qui si declina nelle infinite modulazioni della sfumatura oppure si concentra, raggrumandosi, nelle molteplici linee della stesura orizzontale.
L’atto di dipingere – calibrato e reiterato, aderendo a regole non scritte, come un rito – consegna alla carta e alla tela le sue tracce quasi architettoniche, strutture, sequenze organizzate. Nei quadrati che tagliano e modulano campiture dilavate, nell’estensione dei celebri “paesaggi di puntini”, o nelle geometrie sedotte da graduali variazioni della luce, l’artista si esercita nello spazio indistinto del colore per giungere a un ordine, a un registro formale: è come domare l’infinito, arare il cielo, trascendere il dato sensibile per mezzo del controllo, dell’analisi, di una paziente e meditata disciplina.
“Tutta la comprensione delle cose avviene attraverso la poesia, a tutto corrisponde un verso”, sostiene Napoleone. Così come la comprensione è un guadagno di chiarezza, un desiderio di ragione, ugualmente la pittura è questo scorgere un sentiero nella nebbia, nella polvere, nella luce crepuscolare del mattino. Per lei, la materia del dipingere ha una plasticità minima e sensibile, si addensa e si dirada, si concentra in punti e segmenti, oppure sfuma nella complicità della carta, dei margini, dello spazio circostante, fondendosi con la realtà. Dai decenni trascorsi nella pratica del bulino, deriva questo equilibrio tra la profondità del segno e la superficie dei supporti e delle matrici. E nella trama fitta di linee e campi cromatici, lo sguardo indaga e riconosce il mutamento del tempo, di una stagione, di un perpetuo rinnovarsi delle prime luci che annunciano un cielo nuovo.
Note biografiche
Giulia Napoleone (Pescara, 1936, vive e lavora tra Roma e la Tuscia Viterbese), in seguito a una formazione definita attorno ai linguaggi della poesia, della musica classica e della fotografia, si dedica alla pittura e, prevalentemente, alla grafica. Dal 1965 è ricercatrice, poi docente (1974-76) alla Calcografia Nazionale di Roma, stringendo un sodalizio di studio con Guido Strazza. Nel 1967 perfeziona i suoi studi nelle tecniche grafiche presso il Rijksmuseum di Amsterdam.
L’incisione e le altre tecniche dirette (bulino, maniera nera, puntasecca) rappresentano un mezzo espressivo privilegiato e congeniale, accanto all’acquerello e al disegno a pastello e a inchiostro. Nelle prime opere emerge l’uso di segni o unità minimali, impaginati in tessiture astratte o ispirate a forme vegetali e paesaggi immaginari; in seguito, rivolge i suoi interessi alle ricerche sulla luce, ai passaggi cromatici e al ritmo compositivo della linea e del segno, ma anche ai noti “paesaggi di puntini” realizzati con inchiostro, acquerello o matita. Attraverso un approccio meticoloso e sobrio, le sue opere su carta invitano a un esame ravvicinato, rivelando i loro lievi effetti percettivi.
Sue opere sono state esposte in importanti gallerie e istituzioni tra cui: Galleria Numero, Firenze, 1963; Galleria dell’Obelisco, Roma, 1973; La Quadriennale Nazionale d’Arte Roma, 1986 e 1999; Musée des Beaux-Arts de la Ville, Le Locle, Svizzera, 1990; Palazzo Martinengo, Brescia, 1995; Museo di Villa dei Cedri, Bellinzona, Svizzera, 2001; Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi Firenze, 2011. Del 2018 l’importante retrospettiva alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Nel 2020 la personale alla galleria Il Ponte di Firenze a cura di Bruno Corà e nel 2023, la personale nella sede romana della galleria Richard Saulton.
Giulia Napoleone
Verso Cielo
a cura di Roberto Lacarbonara
ETworks Studio via dei Marsi 41 Roma
Opening: Mercoledì 2 Ottobre 2024, ore 18.30
Apertura: dal 2 Ottobre all’11 Dicembre 2024. Ingresso gratuito
Orari: venerdì e sabato, 16.00-19.00. Gli altri giorni su appuntamento
Nota di Luigi Capano-Fu l’incisore Guido Strazza a fare per la prima volta il nome di Giulia Napoleone (Pescara, 1936). Sull’onda dei ricordi Strazza rivisse gli anni trascorsi alla Calcografia a sperimentare nuove tecniche e a cercare nuovi segni insieme ad un gruppo di appassionati sodali: tra questi, l’artista pescarese, che espone in questi giorni nella sede romana della galleria londinese Richard Saltoun, in Via Margutta.
La sua formazione artistica avvenne a Roma – sullo scorcio degli anni Cinquanta – dove, all’Accademia di Belle Arti, fu allieva di Mino Maccari e di Lino Bianchi Barriviera che la iniziarono alle tecniche incisorie; e dove seppe coltivare fruttuose amicizie formative: basti citare i nomi di Morandi, Flaiano, Scheiwiller, Dorazio, Sinisgalli, Guido Strazza. Si appassionò alla musica e alla poesia. E qualcosa di queste arti risuona, sinesteticamente, nella sua visione plastica. Una trentina i dipinti in mostra, tra opere su carta e oli. Unico il soggetto: il colore blu, osservato, analizzato, inseguito nelle sue continue vibrazioni, nei suoi rapidi neumi giocati su una effimera trama di luce. Ed infine, imbrigliato ed esibito, con consumata perizia, in eleganti geometrie predatorie. Ci lasciamo volentieri avvolgere da questa algida e fluttuante effusione monocromatica che dissimula, fra i diletti del godimento retinico, un’ancestrale nostalgia dell’ineffabile.
LIETTA TORNABUONI giornalista e critica cinematografica.
Lietta Tornabuoni-Nata a Pisa da un’antica famiglia aristocratica, iniziò la carriera giornalistica nel 1949 al settimanale “Noi Donne”. Nel 1956 collaborò con Novella ed in seguito con L’espresso, L’Europeo, La Stampa e Il Corriere della Sera. Oltre che cronista e critica cinematografica, pubblicò libri sul cinema e la televisione. Si legò in particolare a Torino, come inviata del quotidiano torinese La Stampa, il Torino Film Festival e le numerose iniziative del Museo nazionale del Cinema e le principali attività cinematografiche della città. Era sorella del pittore Lorenzo Tornabuoni
Aveva cominciato la professione nel 1949 a «Noi Donne», il settimanale dell’Udi, passando nel 1956 a «Novella», poi all’«Espresso»e all’«Europeo». Alla Stampa era arrivata nel 1970, dove ha continuato a lavorare fino a oggi, tranne un breve intervallo dal 1975 al 1978 al «Corriere della sera». Tra i suoi libri: «Sorelle d’Italia», «Album di famiglia della tv», «Era Cinecittà», dove raccontava la “grande famiglia” del cinema, e l’annuale appuntamento di «Al cinema», il volume che periodicamente raccoglieva le sue recensioni.
Raffaella Silipo di lei disse “Era critico cinematografico del nostro giornale: le sue recensioni asciutte e puntuali coglievano sempre il senso profondo dei film. Non si faceva problemi ad alternare il mestiere del critico a quello del cronista, guardava la realtà con curiosità inesausta e affettuoso disincanto, senso dell’umorismo tutto toscano e severo rigore sabaudo, prima di tutto con se stessa. Una gran signora del giornalismo italiano.”
Completa il suo ritratto Donata Righetti: “Lietta con il suo volto da madonna toscana, l’antica bellezza appesantita e l’instancabile presenza era una figura inconfondibile ai grandi eventi di cronaca e ai festival del cinema. Ammirata e anche temuta dai colleghi come concorrente imbattibile. Nei suoi articoli assente quel “colore” che capi e capetti delle redazioni esigevano per pigrizia dalle inviate, niente merletti di parole ma una prosa limpida, necessaria, elegante. Ogni fatto, ogni particolare, ogni nome controllati con implacabile precisione.” (Donata Righetti)
Nel mese di dicembre del 2010 Lietta fu ricoverata al Policlinico Umberto I di Roma per una caduta, muore l’11 gennaio a 79 anni.
Storia dei resoconti del 25 aprile di quell’anno nella stampa quotidiana.
Roma,La Storia del 25 aprile – Anche se già dal 1947 il 25 aprile era stato proclamato Festa nazionale, è solo nel 1950 che per la prima volta l’anniversario viene celebrato con una cerimonia ufficiale ed unitaria, come ci dice il manifesto affisso a cura del Comitato organizzatore:
“Aderendo all’invito di tutte le forze della resistenza, sotto gli auspici del Parlamento, le rappresentanze del Senato e della Camera e del Governo, le formazioni volontarie della lotta per la Liberazione, le Direzioni dei partiti che parteciparono alla riscossa, le organizzazioni dei combattenti e dei mutilati hanno deciso di celebrare con una solenne unica cerimonia in Roma la data del 25 aprile.”
Il significato della celebrazione unitaria, che trova insieme schierati autorità e popolo, è evidente.
A cinque anni di distanza dall’evento che è certamente tra i più grandi e decisivi della nostra storia, gli italiani non ingrati e non immemori desiderano elevare in concordia il loro pensiero di reverenda gratitudine alla memoria dei Martiri, dei Morti gloriosi, dei partigiani della libertà. Ma ora e al disopra del rito commemorativo, l’Italia rinnovata intende riaffermare la perenne validità del patrimonio ideale che si identifica nel movimento della Resistenza.
La Resistenza si riallaccia con i suoi valori etici e politici ai moti del nostro Risorgimento; lo completa attraverso la sempre maggiore partecipazione attiva e consapevole fatta di sacrifici e di sangue del popolo ai destini della Patria.
La celebrazione del 25 aprile nella unità degli animi e degli intenti di tutte le forze vive che vi parteciparono ha pertanto un valore di altissimo insegnamento. Per tutti gli italiani il patrimonio ideale della Resistenza è sacro e inattaccabile. Appartiene indissolubilmente – ora e sempre – alla storia del nostro Paese.”
1)
Prima del 1950
Negli anni precedenti diverse manifestazioni erano state organizzate da associazioni, prima fra tutte l’Anpi, e da partiti, né erano mancate alcune iniziative del Governo. Così il 25 aprile 1946 il Ministro Gasparotto aveva pubblicato una relazione nella quale forniva i dati del contributo italiano alla Liberazione: l’esercito italiano il 1 gennaio 1946 aveva una forza di 385.156 uomini, secondo le aliquote fissate dagli alleati; le perdite furono di 128.506 morti; 29.398 furono i feriti.
2)
Nello stesso anno il Luogotenente generale del Regno, Umberto II di Savoia, aveva diretto un proclama alle Forze Armate ed aveva concesso medaglie d’oro al valor militare a partigiani e a famiglie di caduti, come farà anche l’anno successivo.
Alle manifestazioni in genere avevano partecipato autorità civili e militari, a volte lo stesso Primo ministro. Di solito si era trattato di Messe di suffragio, deposizione di corone d’alloro o di fiori, comizi. Al pomeriggio si erano aggiunte esibizioni di bande, feste, balli, pesche di beneficenza, la gara ciclistica “Gran Premio della Liberazione” sul circuito della Passeggiata Archeologica, che continuerà per alcuni anni, competizioni pugilistiche, proiezione di film e trattenimenti vari.
Nel 1946 “l’Unità” scrive: “Durante tutto il pomeriggio e la sera […] a Campo dei Fiori, a piazza Borghese, a piazza Testaccio, a piazza Ragusa, a Via Alberto da Giussano, a Porta Cavalleggeri, a Monte Sacro, sui vecchi selciati del centro, nei lontani quartieri della periferia i festoni e le stelle luminose issate su improvvisati spacci di bibite e vino si agitavano nel vento della sera.
I padri, le madri, i giovani, i bambini, le ragazze, gli uomini semplici si muovevano tra la musica che suonava per loro, liberi e felici nelle strade percorse ogni mattina per recarsi al lavoro. Due anni fa per quelle strade gli invasori e i nemici del popolo circolavano nelle
automobili mimetizzate. Due anni fa a giugno per quelle strade e per quelle piazze il popolo passò esterrefatto e delirante per la Liberazione.
[…] Quando il popolo balla nelle strade e nelle piazze, sotto il cielo, vicino alle sue case è un brutto giorno per tutti i suoi nemici. Quei balli e quei canti significano forza, perché sono espressione di amore, di solidarietà e di fratellanza.
Il popolo italiano ha ritrovato la solidarietà e la fratellanza combattendo e distruggendo il fascismo suo nemico. Ogni anno come quest’anno il popolo romano ricorderà quell’impresa, ritroverà il senso della sua forza e del suo amore ballando per le strade.”
3 )
Anche la Rai nel 1947 aveva trasmesso un programma di canti partigiani.
Numerosi erano stati anche i proclami e gli appelli pubblicati per il 25 aprile. Tra questi merita di essere ricordato quello che, nel 1949, l’Alleanza femminile ha diretto alle donne del Fronte, appello nel quale si dice:
“Nel giorno che ricorda la Liberazione del nostro Paese e la grandiosa epopea della lotta partigiana inviamo il nostro saluto a voi tutte, donne d’Italia, che avete or ora sostenuta una così dura battaglia per la democrazia, non come allora, aperta e leale, contro un nemico ben individuato, ma una battaglia sorda contro le calunnie e le perfidie e le insidie di coloro che non conoscono lotta onesta e sincerità d’intenti”
4)
L’appello si conclude con l’invito alle donne a restare unite con chi difende i valori della libertà, del lavoro, della pace.
Solo nel 1948 le manifestazioni erano state vietate. Quell’anno la lotta per le elezioni politiche era stata durissima. La Democrazia Cristiana aveva mobilitato tutte le sue forze, in primo luogo i parroci, contro il pericolo rosso; padre Lombardi, “il microfono di Dio”, tuonava dalla Rai; agli operai si ricordava che Nel segreto della cabina Dio ti vede, Stalin no. Gli animi erano esasperati e i disordini non erano e non sarebbero mancati. La Dc aveva vinto, ma i timori non erano placati e le manifestazioni, anche quelle per il 25 aprile, erano state vietate.
“L’Unità”, commentando il provvedimento, deplora il ministro Scelba che “ha assurdamente esteso anche alle manifestazioni indette per ricordare questa data solenne della storia d’Italia il provvedimento che vieta di tenere fino a nuove disposizioni manifestazioni e riunioni pubbliche. A tutti i prefetti ha diramato disposizioni in tal senso. Solo alla Dc il ministro Scelba, quest’uomo la cui faziosità si accentua ogni giorno che passa, consente di tenere comizi e cortei per le città d’Italia. E proprio in occasione del 25 aprile vien data notizia di manifestazioni che i democristiani – essi soli – si apprestano a tenere a Firenze con la partecipazione dei loro leaders politici per dare anche a questa giornata un carattere di parte.
Tuttavia il ministro Scelba si illude se pensa di poter impedire, con un suo decreto, che i lavoratori e i partigiani rievochino degnamente la lotta antifascista, che i caduti abbiano i loro fiori, che in tutte le città d’Italia i partigiani rivivano il 25 aprile col loro vecchio, genuino entusiasmo e che con essi tutta la popolazione democratica lo riviva.”
5)
Il 25, in realtà, la ricorrenza fu ricordata quasi ovunque. A Milano, però, si registrarono scontri e ferimenti.
Quanto ai temi trattati, nel corso degli anni essi si sono strettamente connessi agli avvenimenti in corso. Così, ad esempio, nel 1949, e negli anni immediatamente successivi, la celebrazione per la sinistra è legata alla propaganda per i Comitati per la pace che si oppongono ai blocchi militari, “bellicisti”, ed in particolare all’ingresso dell’Italia nella Nato, appena costituita. Si ricordano perciò innanzi tutto i 72.000 morti, le centinaia di migliaia di feriti, i 40.000 mutilati.
Un appello in tal senso è anche indirizzato dall’Udi alle donne perché rinnovino il giuramento di lottare per gli ideali che animarono la guerra di Liberazione:
«Mentre si minaccia il nostro Paese con patti bellici ricordiamo e facciamo ricordare a chi non vuole, che il nostro popolo avrebbe perduto l’indipendenza e la libertà se le eroiche armate partigiane non avessero riscattato, con l’onore, anche il diritto ad un maggior rispetto da parte dei vincitori: salutiamo nei partigiani d’Italia i primi ed i più degni difensori della pace del nostro Paese.»
6)
La prima celebrazione unitaria
Quando nel 1950 si decide la manifestazione ufficiale, fanno parte del Comitato che la organizza i Presidenti del Senato e della Camera, Bonomi e Gronchi, il Presidente del Consiglio De Gasperi, il primo Presidente della Repubblica De Nicola, gli ex Presidenti del Consiglio Orlando e Nitti, il senatore Croce, i membri del Cln dell’Italia centro- meridionale Casati, Lussu, Nenni, Reale e Scoccimarro, i membri del Cln dell’Alta Italia Marasca, Merzagora, Morandi e Pertini, i comandanti del Corpo Volontari della Libertà Parri, Longo e Cadorna, i segretari dei Partiti che parteciparono alla Resistenza Togliatti, Mondolfo, Reale, Saragat, Gonella e Villabruna, i Presidenti dell’ANPI, dell’Acnr e dell’Anmi Boldrini, Viola e Ricci, i dirigenti della Resistenza e i deputati e senatori Amendola, Bauer, Bergamini, Brosio, Calamandrei, Carandini, Cevalotto, Cianca, Della Torretta, Fancello, Gasparotto, La Malfa, Lombardi, Mattei, Molè, Ponti, Porzio, Quarella, Romita e Taviani e i dirigenti delle associazioni combattentistiche di Roma Bruno, Cirenei e Garzoni.
Per la ricorrenza, l’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di guerra, l’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci e l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia hanno rivolto a tutti gli italiani il seguente messaggio:
“ITALIANI: ex partigiani, ex combattenti di tutte le guerre!
Ritorna con l’aprile l’anniversario del nostro riscatto.
Misconoscimenti ed oltraggi, che già seguirono al Primo Risorgimento, non possono né potranno mai diminuire la grandezza popolare e nazionale del Secondo Risorgimento d’Italia.
Da Cefalonia, da Napoli delle ‘quattro giornate’, dai campi di concentramento e dalle camere di tortura, dalle Fosse Ardeatine come da Marzabotto e da Vinca, dai paesi montani non piegati dalle rappresaglie, dalle città insorte e liberate parecchi giorni prima che arrivassero gli Alleati, dalle fabbriche e dai porti salvati, ritornano a noi in un vento di epopea i 72.500 Caduti per la Libertà. Essi ci ammoniscono, e ammoniscono il mondo, a ricordare la tragica esperienza della guerra e del fascismo, e l’eroica prova di capacità data dal popolo italiano risollevando dalla catastrofe la bandiera della Patria.
L’esempio che danno le Associazioni dei Combattenti e reduci, dei Mutilati e Invalidi di guerra e Anpi nel celebrare insieme il 25 aprile, come una delle grandi date patriottiche in cui si esaltano gli ideali comuni di libertà, di indipendenza e di pace, sia seguito dall’intera Nazione.
Erano di tutte le regioni d’Italia e di tutti i ceti i Martiri della Resistenza. Ed è stata la loro unità e l’unità attorno ad essi di tutto il popolo che ha salvato allora l’Italia.
Nella difficile situazione attuale sappia l’Italia trarre dall’anniversario della Liberazione motivo di concordia e di fierezza nazionale, luce per un avvenire di pace e di progresso, insegnamento generoso per le giovani generazioni.
Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra – Associazione Nazionale Combattenti e Reduci – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.”
7)
I commenti sui mezzi di informazione
Il richiamo al Risorgimento e la definizione della Resistenza come secondo Risorgimento e completamento del primo erano già stati molto frequenti negli anni precedenti e ritornano nel 1950. Anche l’articolo di Mario Vinciguerra sul “Messaggero” del 25 aprile accosta Resistenza e Risorgimento e considera la situazione dell’Italia nei due momenti. Ma la situazione d’oggi, egli dice, “è certo assai più difficile di quella degli anni che seguirono immediatamente le guerre d’indipendenza e che pure appariva così fosca ai patrioti di allora. Per essi il terreno della patria comune era più facile a ritrovare ed un’atmosfera di più elevata moralità permetteva cavalleresche rinunzie che oggi purtroppo appaiono inconcepibili. […] quello che rattrista e dà giustificate ragioni di preoccupazione è che in mezzo all’elemento fattivo del mondo politico non siano stati superati lo spirito e la pratica di parte. […] guardando la situazione quale è non m’illudo che la celebrazione di oggi riuscirà a portare una parte non trascurabile di italiani su un fondamentale piano di intesa nazionale. Si può dire che essa è ancora una truppa accampata e con le armi al piede. Non voglio discutere le ragioni e anche gli ideali per i quali essa intende combattere ancora. Non sono i miei; ma li comprendo. Però sul
terreno politico bisogna regolare le proprie azioni non su disquisizioni dottrinarie, sibbene sui risultati derivanti dal formarsi o dal rompersi di un certo equilibrio di forze.
L’intesa coi partiti rivoluzionari – malgrado l’intima contraddizione – sarebbe stata ancora possibile, se essi l’avessero voluta mantenere quale fu al tempo della Resistenza. Perché fosse mantenuta, era necessaria una garanzia di pace interna e di sicurezza nazionale. Questo non è stato possibile perché la contraddizione era troppo forte. In verità si tacque di fronte al tremendo pericolo comune; ma quando si cominciò a parlare, ci si accorse che mai come questa volta si parlavano due linguaggi, Per essi la Resistenza significava la difesa della rivoluzione; per noi significò e significherà sempre la difesa della Patria.”
Non molto diverso è il tono delle parole dell’on. Taviani a Genova, dove ricorda il pericolo del bolscevismo e l’impossibilità di schierarsi con i comunisti che hanno dimostrato “di essere altrettanto totalitari e altrettanto pericolosi dei nazisti.”
9)
Nell’editoriale del “Giornale d’Italia” del 26 aprile si dice: “Nello spirito del Risorgimento […] oggi si celebra più che la Liberazione dai tedeschi la caduta di una dittatura e la fine di una guerra infausta che trovò gli italiani divisi e avversi, si celebra […] il ripristino del reggimento democratico nell’aureola splendente della santa Libertà. […] oggi alcuni partiti intendono distinguere, travisare, sopraffare, nel chiaro intento di conquistare posizioni di privilegio che contrastano non solo con lo spirito di quella unione, ma con la volontà liberamente espressa dal popolo in libere elezioni. […] mettere la Resistenza a servizio di un partito che si dice democratico, anche se aggiunge progressivo, quando è notorio che si tratta di una dittatura che tiranneggia le stesse classi sulle quali si regge, è un errore grossolano nel quale solo gli ingenui in buona fede e i falliti in cerca di una favola di salvezza possono cadere.”
10)
Anche il Pci fa riferimento al Risorgimento, ma con toni assai diversi, perché come aveva detto Secchia nel 1946: “i combattenti del nostro Risorgimento non hanno impugnato le armi per essere considerati, dopo un anno appena, dei briganti, per essere messi da parte come lo fu già Garibaldi dopo il 1860, a Caprera. La loro opera non è finita. I partigiani, i patrioti, tutti gli italiani insorti contro la barbarie tedesca e fascista hanno combattuto non solo per liberare l’Italia dalle orde teutoniche, ma per ripulirla dal marciume fascista, per liberarla dall’istituto monarchico causa di tante rovine, per fare dello Stato italiano una repubblica democratica e progressiva.
Il 25 aprile 1945 ha aperto la strada al 2 giugno 1946. Due date, un solo obiettivo: Repubblica, Pace, Lavoro.”
11)
Costante del resto è il richiamo alla pace e alla concordia da parte delle forze di centro e di destra, mentre la sinistra tende a porre l’accento sempre più spesso sulle speranze e gli ideali traditi. Nell’articolo di Arturo Colombi su “l’Unità” del 25 aprile 1950 si dice: “Il ricordo dei nostri morti, delle battaglie combattute in unità d’intenti, delle ansie e delle speranza comuni a tutti coloro che avevano scelto un’altra via che non fosse quella del fascismo e della guerra, è più che mai necessario oggi che taluni uomini e partiti, i quali pur combatterono, in un modo o nell’altro, a fianco della classe operaia e della sua avanguardia comunista e socialista, hanno abbandonato e tradito gli ideali della Resistenza e perseguitano i migliori combattenti della libertà e fanno causa comune con i ceti che costituirono la base e furono i profittatori della dittatura mussoliniana […]. Mentre il paese si apprestava a celebrare la data gloriosa di Aprile ed era lecito attendersi da chi dirige il governo una parola ispirata all’unità e alla concordia del popolo, abbiamo udito invece nuove parole di odio contro i partiti popolari ed espressioni invece di invitante rammarico verso i fascisti. […] come potrebbero gli italiani non essere angosciati dallo spettro della guerra, quando il governo è legato mani e piedi ai forsennati guerrafondai d’oltre oceano e sbarcano sul nostro suolo le armi di quegli imperialisti che non esitano a provocare incidenti di frontiera a diecimila chilometri dal loro territorio?
Non si ricostruisce il Paese asservendolo all’imperialismo del dollaro, né vi può essere ripresa economica, nella pace e nella libertà, finché si conta solo sulle elemosine interessate dello straniero e quando si perseguitano la classe operaia, i lavoratori e i partigiani, proprio perché essi sono rimasti fedeli agli ideali di rinnovamento sociale, di libertà e di pace che animarono la Resistenza.
Per ricostruire e rinnovare l’Italia non occorre tanto l’aiuto americano e ancor meno quello dei rigurgiti fascisti. Occorre aver fiducia nelle virtù del nostro popolo […].
Come negli anni della guerra di Liberazione, così oggi noi abbiamo fiducia nel nostro popolo, è nel nostro popolo e nella sua unità antifascista che noi dobbiamo ricercare le forze e i mezzi per risorgere come popolo libero che costruisce il suo avvenire, che assicura il lavoro e il pane a tutti i suoi figli per risorgere come nazione grande, pacifica e rispettata nel mondo.
Il convegno su Resistenza e cultura
Ci sembra che questo sia lo spirito nel quale si realizza quell’unità antifascista, la quale ha trovato in questi giorni una espressione così alta al Convegno sulla Resistenza e sulla Cultura.”
12)
Questo Convegno, organizzato a Venezia, al quale hanno partecipato numerosi ed importanti intellettuali, si conclude con l’approvazione della seguente, importante mozione:
“Il Convegno ‘La Resistenza e la Cultura italiana’ tenutosi a Venezia i giorni 22, 23 e 24 aprile 1950, nella diversità e varietà di origini e di idee dei convenuti, dichiara che le sofferenze ed il martirio di tutto il popolo, nei lunghi anni della dominazione fascista e nazista, la lotta e la Liberazione che la cultura italiana, nello spirito delle sue tradizioni, suscitò e condusse con tutti gli italiani contro la tirannide fascista e per la Liberazione del Paese, sono patrimonio comune ed intangibile di tutta la nazione. Denuncia la insidia e la protervia delle forze ostili alle libertà nazionali che, male interpretando come debolezza il generoso sforzo di riconciliazione della democrazia, si riorganizzano nella sistematica denigrazione di ogni aspetto e fase della lotta per la libertà, in una azione consapevole volta a rendere inoperante la Costituzione, giovandosi dell’appoggio di elementi dirigenti fascisti reintegrati nell’apparato statale, nella scuola, nella stampa e tra l’inerte disinteresse dei pubblici poteri.
E richiama l’attenzione del Paese sui pericoli interni e internazionali del rifiorire delle forze che condussero l’Italia alla catastrofe.
Ricorda agli immemori che, se un Italia democratica e pacifica può oggi rivendicare il diritto dell’unità e dell’integrità nazionale, questo si deve al sacrificio dei partigiani e dell’esercito di Liberazione. Impegna tutte le forze della cultura e della politica democratica italiana a fermamente difendere i perenni valori di libertà politica, civile, religiosa, intellettuale che ispirò la lotta di Liberazione in Italia e nel mondo.”
13)
Il giorno della Liberazione vengono lanciato vari messaggi: il sindaco di Trieste, ing. Gianni Bartoli, indirizza un messaggio a tutti i sindaci d’Italia; la Federazione Italiana Volontari per la Libertà esorta la nazione a difendere i valori della libertà e della pace contro ogni nostalgico tentativo di ritorno o di sovversione.
Il messaggio dell’Anpi è invece diretto alle Forze Armate e dice:
“Nel quinto anniversario della Liberazione salutiamo fraternamente gli Ufficiali ed i Soldati delle Forze armate alla cui storia gloriosa la vittoria del 25 aprile appartiene. Gloria ai reparti di tutte le Armi che l’8 settembre in Italia e all’estero, trovandosi nella tragica situazione di cui non essi, ma il fascismo era responsabile, seppero resistere a Roma come a Cefalonia, a Torino come nei Balcani, e per il riscatto d’Italia trasformarsi in partigiani. Onore agli Ufficiali e Soldati dell’eroico Corpo Italiano di Liberazione. E onore al popolo italiano che prendendo la iniziativa della guerra partigiana e costituendo il Corpo Volontari della Libertà, ha voluto ridare all’Italia e al suo Esercito indipendenza e dignità. La vittoria conquistata insieme ha permesso all’Italia di risorgere, ha acceso nel cuore dei suoi figli una nuova speranza.
Col nostro saluto, esprimiamo l’augurio che sia messa a frutto nelle Forze Armate della Repubblica, l’eredità preziosa della Resistenza e che sia rafforzata l’unione delle Forze Armate con gli ex partigiani, gli ex combattenti di ogni guerra e tutto il popolo per garantire insieme che la nostra Patria viva e prosperi nella pace, sia libera e indipendente come l’abbiamo voluta noi combattenti, come l’hanno sognata i nostri Morti, come la Costituzione dichiara.
Evviva il 25 aprile!
Evviva le Forze Armate della Repubblica!
Evviva l’Italia
L’Esecutivo dell’Anpi”
14)
La Camera del lavoro ha inviato all’Anpi un saluto e l’auspicio della intensificazione della lotta per l’affermazione dei valori della Costituzione e della pace contro ogni tentativo di riportare il Paese al fascismo e alla guerra.
Il messaggio del Presidente della Repubblica
Infine il messaggio che il Presidente della Repubblica ha diretto al Comitato organizzatore dice:
“Nell’alta parola che le forze della Resistenza hanno dedicato al 25 aprile il Paese riconosce i sentimenti onde la sua anima è commossa al ricorrere di questa data. Per ogni italiano è soprattutto motivo di compiacimento il carattere unitario del richiamo a quei comuni ideali che, nel solco della gloriosa tradizione del Risorgimento, il nostro popolo ancora una volta volle e seppe tradurre in momenti segnati da martirii e sacrifici. Nella fedeltà di ognuno a quegli ideali, nel sapere in essi ritrovarsi di quanti li servirono e nel perpetuarsi in ogni cuore della memoria di coloro che ad essi fecero olocausto della vita, la Patria risorta ravvisa l’auspicio di un migliore avvenire garantito dal costante rafforzamento delle sue istituzioni democratiche e dalla perenne incolumità da ogni tirannide.”
15)
La cerimonia ufficiale, che viene trasmessa per radio, si tiene la mattina del 25 al Teatro Adriano, dove sono presenti i rappresentanti di tutti i partiti. Accanto all’oratore, on. Bonomi, Presidente del Senato, ci sono gli onorevoli Orlando, Togliatti e Gronchi. “L’Unità” sottolinea “la significativa assenza di De Gasperi dalla manifestazione unitaria”. La sala e la piazza Cavour sono affollatissime. Il comizio di Bonomi viene perciò diffuso da altoparlanti anche all’esterno, dove si accalca molta gente che non ha trovato posto nel teatro. L’on. Bonomi, presentato da Molè, ricorda come proprio a Roma dopo l’8 settembre i capi dei movimenti antifascisti si erano riuniti in un modesto appartamento di via Adda. C’erano i democristiani De Gasperi e Ruini, il comunista Scoccimarro, il liberale Casati, il socialista Nenni, il Leader del Partito d’Azione La Malfa. Lo stesso Bonomi li presiedeva. Egli rilegge il testo dell’ordine del giorno che fece allora votare: “Nel momento in cui il nazismo tenta restaurare in Roma e in Italia il suo alleato fascista, i partiti antifascisti si costituiscono in Comitato di Liberazione Nazionale per chiamare gli italiani alla lotta ed alla resistenza e per riconquistare all’Italia il posto che le compete nel consesso delle libere nazioni.”
16)
Bonomi ricorda poi i partigiani del Nord e le quattro divisioni dell’esercito (la “Cremona”, operante nei pressi della laguna di Comacchio, la “Friuli”, sull’Appennino, la “Folgore” e la “Legnano”, in Emilia Romagna) che dopo la Liberazione di Roma si posero al loro fianco, oltrepassando la linea gotica, per sconfiggere le ultime postazioni tedesche. Il contributo dato dall’Italia alla vittoria della democrazia, dice Bonomi non è stato adeguatamente apprezzato dagli alleati che hanno confuso le responsabilità di pochi con quelle di un popolo intero. “Ricordo […] i tristi giorni per la conferenza per la pace dell’estate 1946 a Parigi. Io fui dei tre Cirenei (gli altri erano gli on.li De Gasperi residente del Consiglio, e Saragat Presidente dell’Assemblea Costituente). […] L’Italia vi fu accolta come un reo che deve sedersi sul banco dei vinti […]. Nonostante tutto, molto cammino è stato fatto da allora nella faticosa opera di risollevare l’Italia nell’estimazione del mondo e specialmente dei vincitori, ma molto resta ancora da fare.”
Passando alla situazione interna dell’Italia l’oratore ricorda la necessità di mantenersi uniti, nonostante le diversità dei programmi di partito, nella difesa della libertà e della democrazia e per la difesa del patrimonio ideale per il quale si è combattuto e tanti martiri sono caduti. “Contro questo patrimonio […] si appuntano oggi accuse e rancori. Non si può negare che quel quadro luminoso possa aver avuto qualche ombra, perché tale è il destino di tutti i grandi eventi storici, ma non sono ammissibili recriminazioni da parte di coloro che in quelle circostanze si schierarono dalla parte del tedesco invasore.”
17)
Bonomi dice anche che: “Non possiamo tollerare oblio e ignominia contro il secondo Risorgimento”.
Altre manifestazioni
Accanto a quella unitaria si tengono a Roma anche altre manifestazioni. Tra quelle ufficiali ricordiamo che la mattina alle 10, il capo si Stato Maggiore generale, accompagnato dai segretari generali delle Forze Armate, ha deposto una corona sulla tomba del Milite Ignoto, mentre un reggimento rendeva gli onori militari e la banda dei Carabinieri intonava l’inno di Mameli. Lapidi in onore di caduti vengono scoperte a Cavalleggeri e al Salario.
Né sono mancate le manifestazioni popolari. Ne ricordiamo qualcuna, come i comizi che si sono conclusi con balli e trattenimenti tenutisi a cura dell’Anpi nelle sue varie sezioni. Quella dell’Esquilino, in particolare, ha offerto un pranzo nella trattoria Osvaldo a 50 bambini poveri con il contributo degli abbacchiari di Piazza Vittorio.
Anche i giovani organizzano manifestazioni: quelli della Fgci (la federazione giovanile comunista) di Val Melaina una conferenza e una serata danzante pro “Pattuglia”, quelli del quartiere Latino-Metronio fanno festa in sezione, mentre la Fgci del Prenestino va in gita a Tivoli.
A cura di Franco Leggeri-
– Ricerca Storica Campi profughi in Sabina-
A cura di Franco Leggeri- Isa Folliero
per ANPI Sabina/-a bibliografica –
NOTE
Unica celebrazione nazionale dell’anniversario della Liberazione, “Il Messaggero”, 23 aprile 1950, p.1.
128.506 morti 29.398 feriti: “Il Messaggero”, 25 aprile 1946, p.1
A. R., Quando il popolo balla per le strade, “l’Unità” 27 aprile 1946, p.2.
25 aprile ’45 – 25 aprile ’49, l’“Unità”, 25 aprile 1949, p.1.
Popolo e partigiani rivivranno domani lo spirito dell’eroica insurrezione d’aprile, “l’Unità”, 24 aprile 1948, p.4.
25 aprile ’45 – 25 aprile ’49, “l’Unità”, 25 aprile 1949, p.1.
Solenne celebrazione unitaria della gloriosa insurrezione d’aprile, “l’ Unità”, 23 aprile 1950, p. 1.
Mario Vinciguerra, 25 aprile, “Il Messaggero”, 25 aprile 1950, p.1.
Oggi solenne rievocazione del V anniversario della Liberazione, “Il Messaggero”, 25 aprile 1950, p.1.
Sav., Rivendichiamo la nostra parte col rosso vivo del sangue versato dai partigiani e dai soldati, “Il Giornale d’Italia”, 26 aprile 1950, p. 1.
Pietro Secchia: Vittoria di popolo, 25 aprile, p.1
Arturo Colombi, L’Italia esalta il patrimonio della Resistenza fondamento e garanzia della Repubblica Democratica, “l’Unità”, 25 aprile 1950, p. 1.
Con un solenne impegno unitario si è chiuso il Convegno di Venezia, “l’ Unità”, 25 aprile 1950, p. 1.
La celebrazione ufficiale a Roma, “l’Unità”, 25 aprile 1950, p. 1.
Oggi solenne rievocazione, cit., 25 aprile 1950, p.1.
L’annuale della Liberazione celebrato solennemente in tutta Italia, “Il Messaggero”, 26 aprile 1950, p.1.
I 7 libri di Charles Dickens da leggere assolutamente.
Scrittore ma anche giornalista, editore e persino attore: Charles Dickens è una vera star dell’Europa vittoriana. Secondogenito di undici figli, a dodici anni viene costretto a lavorare in una fabbrica di lucido da scarpe per ripagare i debiti del padre, finito in galera. Insomma, il grande narratore inglese non ha inventato nessuna delle disavventure occorse a Oliver Twist o David Copperfield: i suoi romanzi raccontano il lato oscuro di una Londra che lui conosce bene, in piena rivoluzione industriale, tra sfruttamento e progresso, miseria e prestigio.
Dickens è dunque il cantore di Londra, ma i suoi libri uscivano a puntate attesi con grande trepidazione in tutta Europa e in America. Prima di scrivere, era solito fare lunghe passeggiate, anche di notte, tra il rumore delle fabbriche e i quartieri ricchi. Per questo, come spiega George Orwell, le atmosfere cittadine dickensiane sono ancora così vivide: “Quando Dickens descrive una cosa una volta, la si ricorda per tutta la vita”. Oltre al lato socialmente impegnato dell’autore, Dickens è anche maestro di ironia e satira: indimenticabili le bizzarre caricature del Circolo di Pickwick e degli altri scritti d’esordio. La vera grandezza di Dickens sta però nell’attualità dei suoi romanzi e nella modernità dello stile narrativo. Bisognerebbe leggerli tutti, ma per chi vuole (ri)scoprire l’opera di un grande scrittore, ecco quelli che secondo noi sono i 7 libri di Charles Dickens da leggere assolutamente almeno una volta nella vita.
1) Il Circolo Pickwick –
Primo di una lunga serie di romanzi bestseller, Il Circolo Pickwick resta un capolavoro dell’umorismo. La trama funge da cornice per presentare gag memorabili e una miriade di personaggi bizzarri (a cominciare dalla strepitosa comitiva viaggiante composta da mister Pickwick, Sam Weller e soci) che mettono alla berlina la fragilità della morale inglese d’epoca vittoriana.
2) Le avventure di Oliver Twist
Le avventure di Oliver Twist è il secondo romanzo pubblicato da Charles Dickens. Sicuramente l’avrete incontrato per la prima volta a scuola, in un edizione per ragazzi o sull’antologia (o forse nella trasposizione cinematografica di Roman Polanski?). In verità questo libro è molto di più di un romanzo di formazione: la storia del giovane Oliver ha mille sfaccettature e rimane un superclassico che vale sempre la pena di custodire nella propria biblioteca e di annoverare tra i libri di Dickens da leggere assolutamente.
3) David Copperfield
Una delle commedie umane più lette d’ogni tempo. E difficilmente si trova in letteratura una descrizione più efficace del mondo visto dagli occhi di un bambino. “Di tutti i miei libri”, diceva Dickens, “amo soprattutto David Copperfield.” E si sa anche il perchè. Questo romanzo è considerato una sorta di fiction autobiografica: il racconto retrospettivo della vita di David ricorda da vicino molte delle peripezie vissute dal vero Dickens tra infanzia e maturità.
4) Canto di Natale
La più celebre delle storie sul Natale è un racconto dai profondi insegnamenti sul Bene e il Male, adatto a tutte le età, qui in una bella edizione con prefazione di Gianrico Carofiglio. Come noto, i tre fantasmi del Natale appariranno in infinite trasposizioni narrative, dal cinema al fumetto (lo stesso personaggio dello zio Paperone disneyano ha come prototipo l’avarissimo Ebenezer Scrooge). Con questo romanzo breve Dickens si consacra anche come l’inventore letterario della magia del Natale.
5) Una storia tra due città
Le due città di questo memorabile romanzo storico di Dickens sono Londra e Parigi, maestose scenografie su cui lo scrittore ambienta la sua era della Rivoluzione. Secondo alcuni sarebbe uno dei libri più venduti di tutti i tempi (con la bellezza di 200 milioni di copie). Comunque sia, resta una grande storia in cui il passato si sovrappone al presente e delinea inesorabile i rapporti tra i diversi e ancora una volta straordinari personaggi ideati da Dickens.
6) Tempi difficili
In una fittizia città industriale del tardo ‘800, papà Grandgrin, come molti suoi contemporanei, educa la famiglia a fuggire gli idealismi e la fantasia. Così spinge la figlia Louisa a un matrimonio senza amore ma assai economicamente vantaggioso. Si vedrà presto costretto a dover prendere le distanze dalle proprie convinzioni…
Il grande romanzo della maturità di Dickens: una macchina travolgente in cui ricorrono gli ingredienti consueti della sua scrittura, ma con in più un tono di favola che a tratti stempera gli eventi persino in chiave comica.
7) Grandi speranze
Grandi speranze è l’ultimo romanzo di formazione dickensiano, nonché un capolavoro assoluto del genere. Protagonista indimenticabile è il giovane orfano Pip nel suo sogno di far fortuna e salvarsi la vita. Molti critici vedono anche nella filigrana di Grandi speranze una traccia autobiografica: narratore e protagonista, Pip racconta da adulto il suo cammino di conoscenza e disillusione di fronte ai casi della vita in un misto di humour e compassione nel ricordare la propria ingenuità.
David Copperfield di Charles Dickens – Articolo di Giovanni Teresi-Fonte RAI Cultura-
David Copperfield è l’ottavo romanzo dello scrittore inglese Charles Dickens e rientra nei romanzi sociali . L’opera, inizialmente, è stata pubblicata a puntate mensili tra il 1849 e il 1850 con il titolo originale The Personal History, Adventures, Experience and Observation of David Copperfield the Younger of Blunderstone Rookery (Which He Never Meant to Be Published on Any Account).
É il romanzo più popolare ed autobiografico di Dickens.
David Copperfield, dopo la morte della madre, lascia Blunderstone per Londra. Mr Murdstones, il patrigno, lo obbliga ad andare a lavorare al magazzino di vini di Murdstone and Grimby. All’ età di dieci David diventa un piccolo apprendista. Egli lavora insieme con altri tre o quattro ragazzi che lavorano sotto il controllo di un supervisore adulto. David descrive la miseria e la sporcizia del posto di lavoro. Così, sotto la sferza del tirannico maestro Creakle e la fatica del lavoro in fabbrica, sperimenta presto la durezza della vita.
Ma grazie alle cure della bizzarra zia Betsey, che lo aiuta a sistemarsi presso l’avvocato Wickfield e a terminare gli studi, David scoprirà la propria vocazione letteraria e riconquisterà il suo rango borghese. Impareggiabile nel raccontare paure ed emozioni dell’universo infantile, Dickens sfodera doti di acuto osservatore nel disegnare la galleria di tipi umani che ruota attorno al protagonista: da Mr. Micawber, sempre sull’orlo del fallimento ma capace del più genuino entusiasmo, all’ammirato compagno di studi Steerforth, che rivelerà da adulto la sua natura spregiudicata e viziosa, al servile e viscido Uriah Heep, il cattivo della storia. Alla fine del diciannovesimo secolo il lavoro minorile e le dure condizioni erano considerate una cosa normale e i piccoli lavoratori erano sottoposti a grossi rischi. Ma David non può esprimere la segreta agonia della sua anima. Egli vede il futuro in modo negativo e non ha speranza: nessuna possibilità di crescere e di distinguersi come individuo. La miseria del suo lavoro e la sua condizione sociale soffocano i suoi sogni e le sue aspettative.
Con geniale esuberanza il romanzo intreccia commedia e tragedia sullo sfondo di una Londra prototipo della metropoli moderna e tetra incubatrice di miseria, solitudine, crimine.
Charles Dickens miscelando insieme una buona dose di dramma ma anche di ironia, riesce a trasmettere al lettore una miriade di emozioni, che passano dalla tristezza, alla gioia, dalle risate alle lacrime, dalla rabbia ai sospiri. Insomma, immergersi tra le pagine di David Copperfield equivale a vivere un vero e proprio viaggio non solo in un’epoca passata, ma anche in sensazioni molto forti, che rendono la lettura un’esperienza completa e piena.
Stoccolma 22 ottobre 1964 – L’Accademia di Stoccolma conferisce a Jean-Paul Sartre il Nobel per la letteratura allo scrittore e filosofo francese Jean Paul Sartre. Ma questi rifiuta il riconoscimento. Come aveva già spiegato in occasione del conferimento della Legione d’Onore nel 1945, e dell’attribuzione del seggio al Collegio di Francia, egli ritiene che tali onori alienino la sua libertà di pensiero.
Jean-Paul Sartre:”Le ragioni personali sono le seguenti: il mio rifiuto non è un atto di improvvisazione. Ho sempre declinato gli onori ufficiali. Quando nel dopoguerra, nel 1945, mi è stata proposta la Legione d’Onore, ho rifiutato malgrado avessi degli amici al governo. Ugualmente non ho mai desiderato entrare al Collège de France come mi è stato suggerito da qualche amico…. Non è la stessa cosa se mi firmo Jean Paul Sartre o Jean Paul Sartre Premio Nobel… Lo scrittore deve rifiutare di lasciarsi trasformare in istituzione, anche se questo avviene nelle forme più onorevoli, come in questo caso.”
Breve Biografia di Jean-Paul Sartre-Romanziere, drammaturgo e filosofo francese (Parigi 1905 – ivi 1980).Pensatore tra i più significativi del Novecento, la sua filosofia si riallaccia alla fenomenologia di E. Husserl e all’analitica esistenziale di M. Heidegger. Abbracciato poi il marxismo, S. volle integrarlo con le scienze umane, al fine di fondare un metodo di conoscenza “progressivo-regressivo”, capace di ricostruire la formazione globale degli individui. Egli cercò altresì di cogliere le condizioni e le strutture invarianti della dialettica storica. Vasta la sua produzione filosofico-letteraria: tra le sue opere principali meritano di essere citate Le mur (1939; trad. it. 1947); Les mouches (1943); L’existentialisme est un humanisme (1946; trad. it. 1964).
Vita
Dopo gli studî all’École normale supérieure, dove ebbe condiscepoli P. Nizan e R. Aron e conobbe S. de Beauvoir, cui fu legato per tutta la vita, insegnò filosofia nei licei a Le Havre e a Parigi. Nel 1933-34 usufruì di una borsa di studio presso l’Istituto francese di Berlino. Chiamato alle armi (1939), fu fatto prigioniero dai Tedeschi; liberato nel 1941, tornò a Parigi e partecipò alla Resistenza. Nel 1945 fondò la rivista Les temps modernes, attraverso la quale poté diffondere le sue posizioni filosofiche, politiche e letterarie. Dopo l’esperienza (1948-49) nel Rassemblement démocratique révolutionnaire, critico verso il gaullismo come verso lo stalinismo, si avvicinò alle posizioni della sinistra marxista, accentuando negli anni successivi il suo impegno politico, che, apparso oscillante tra marxismo democratico e comunismo sovietico, gli procurò sia le critiche dei comunisti sia quelle degli anticomunisti (clamorosa la rottura, nel 1952, con A. Camus, e quella, nel 1953, con M. Merleau-Ponty). Intervenne in difesa dell’Indocina (1953), contro la repressione sovietica in Ungheria (1956), a sostegno della libertà algerina (1960), contro i crimini di guerra statunitensi nel Vietnam (nel 1967 fu presidente del Tribunale Russell), contro l’invasione della Cecoslovacchia (1968). Allineatosi durante il “maggio francese” con le posizioni della sinistra extraparlamentare, fu direttore de La cause du peuple (dal 1970), di Révolution (dal 1971) e di Libération (dal 1973). Nel 1964 aveva ottenuto il premio Nobel per la letteratura, che tuttavia rifiutò.
Pensiero e opere filosofiche
Il pensiero filosofico di S. è esposto in una serie di scritti pubblicati tra il 1936 e il 1960: L’imagination (1936; trad. it. 1962); Esquisse d’une théorie des émotions (1939); L’imaginaire (1940; trad. it. 1948); L’être et le néant (1943; trad. it. 1958); il già citato L’existentialisme est un humanisme; Critique de la raison dialectique (1960; trad. it. 1964). A partire dalla fenomenologia di Husserl e dall’esistenzialismo di Heidegger, S. perviene all’elaborazione di un’analisi esistenziale della coscienza, che gli si rivela come un “nulla d’essere”. Di qui il tema esistenzialistico dell’assoluta libertà a cui l’uomo è condannato e dell’angoscia e dello scacco a cui la libertà conduce. Il pessimismo radicale del primo periodo della speculazione sartriana sarebbe stato successivamente temperato in una prospettiva intesa a fare dell’esistenzialismo un “umanismo” in cui l’assoluta libertà, dapprima avvertita come fonte di angoscia, viene reinterpretata in termini di responsabilità etica e politica nei confronti della società e della storia. Si comprende così, almeno in parte, l’avvicinamento di S. al marxismo, anche se quello sartriano sarà sempre un marxismo non dogmatico. È soprattutto nella Critique de la raison dialectique che S., pur accettando il materialismo storico e il concetto di alienazione, elabora un’aspra critica del marxismo ufficiale e dell’ideologia dei partiti comunisti, caratterizzati da dogmatismo e sterilità euristica. In particolare, del marxismo ufficiale S. respinge l’economicismo e il materialismo dialettico, proponendo un’integrazione tra marxismo ed esistenzialismo, dalla quale emerga la centralità dell’uomo nella società e nella storia.
Opere letterarie
Strettamente legata alla speculazione filosofica è l’opera letteraria di S., a cominciare dal romanzo La nausée, pubbl. nel 1938 (trad. it. 1947), cui seguirono la già citata raccolta di novelle Le mur e il ciclo di romanzi, rimasto incompiuto, Les chemins de la liberté (L’âge de raison, 1945, trad. it. 1946; Le sursis, 1945, trad. it. 1948; La mort dans l’âme, 1949, trad. it. 1954), in cui dai temi dell’angoscia e della nausea si passa, con la tecnica cinematografica della simultaneità, al dramma generale dell’Europa della seconda guerra mondiale. Nel teatro si avvalse di un’azione breve e violenta e di un linguaggio sobrio per dibattere mediante il ricorso al mito le grandi questioni del mondo contemporaneo: la prima pièce fu la summenzionata Les mouches (1943), una trasposizione moderna dell’Orestiade. Seguirono Huis clos (1944; trad. it., col precedente, 1947), in cui l’idea che ognuno vivendo si crea il proprio inferno è espressa attraverso la figura dei tre personaggi costretti a stare insieme e ad essere ciascuno dei tre il carnefice degli altri due; La putain respectueuse (1946; trad. it. 1947), che affronta il tema del razzismo; Morts sans sépulture (1946), dramma della Resistenza; Le mains sales (1948; trad. it., col precedente, 1949), che contrappone idealismo rivoluzionario e realismo politico; Le diable et le bon Dieu (1951; trad. it. 1966); Nekrassov (1956); Les séquestrés d’Altona (1959, trad. it. 1966). Una forte tensione conoscitiva anima anche il libro autobiografico Les mots (1964; trad. it. 1964) e la ricca produzione saggistica: Réflexions sur la question juive (1946; trad. it. Ebrei, 1948); Baudelaire (1947; trad. it. 1947); Situations, I-X (1947-76), raccolta che include Qu’est-ce que la littérature? (trad. it. 1966); Saint Genet, comédien et martyr (1952; trad. it. 1972), volume introduttivo alle opere di J. Genet; L’idiot de la famille: Gustave Flaubert de 1821 à 1857 (3 voll., 1971-72; trad. it. 1977); ecc. Postumi sono apparsi, tra l’altro: Les carnets de la drôle de guerre (1983, nuova ed. accr., 1995; trad. it. 2002); Cahiers pour une morale (1983; trad. it. 1991); Lettres au Castor et à quelques autres, 1926-1963 (2 voll., 1983; trad. it. 1996), lettere d’amore; il 2º vol. incompiuto della Critique de la raison dialectique (1985; trad. it. 1990); Verité et existence (1989; trad. it. 1991); Les écrits de jeunesse (1990), raccolta di testi composti tra il 1922 e il 1927.
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