Monterotondo saluta la bella stagione con “Abbronzatissima”, rassegna culturale che animerà tanti e diversi luoghi della città, dai più frequentati a quelli più periferici, nella settimana che segna la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno. Dal 20 al 28 settembre (seguirà programma definitivo), si alterneranno l’arenacinematografica, dj set e “incursioni culturali” in piazze e angoli di molti quartieri, da piazza Renato Borelli a Piedicosta alla Passeggiata, da piazza Santa Maria delle Grazie a quella dei Leoni e allo Sbracato e molte altre zone di Monterotondo.
Tutte le iniziative sono gratuite e realizzate in collaborazione con varie realtà associative della città.
«L’idea di fondo – afferma l’assessora alla Cultura Alessandra Clementini – è quella di una animazione culturale diffusa, dai luoghi più frequentati a quelli più periferici, che accompagni da un lato la città al passaggio della stagione in maniera brillante e coinvolgente e, dall’altro, offra una vetrina all’offerta culturale delle tantissime associazioni che animano Monterotondo e che, come sempre, hanno risposto con disponibilità ed entusiasmo alla nostra proposta. Ovviamente “Abbronzatissima” non sostituisce l’Estate Eretina, che certamente tornerà nel 2025 con una formula di qualità alla quale stiamo già lavorando. Tenevo molto, però, ad inaugurare il mio Assessorato nel solco di quella sinergia con le associazioni della città costruita, coltivata e potenziata negli anni da chi mi ha preceduta, una continuità che è mia intenzione valorizzare ulteriormente a vantaggio della vasta e variegata offerta culturale che caratterizza Monterotondo, oltre naturalmente del pubblico che a questa risponde sempre con passione e partecipazione».
«Mi fa molto piacere riprendere il lavoro avviato nella precedente Consiliatura – aggiunge il presidente del Cda di ICM Pietro Oddo – e dare avvio, con “Abbronzatissima”, al calendario degli eventi culturali a cui stiamo lavorando con entusiasmo e che presenteremo nei prossimi mesi»
«Con “Abbronzatissima” salutiamo questa lunga estate con eventi e occasioni di incontro, socializzazione e cultura diffusa – conclude il sindaco Riccardo Varone – uscendo dai luoghi tradizionali e “contaminando” tante zone e angoli della città, dal centro alle periferie. Ringrazio l’Assessorato alla Cultura, la fondazione ICM e le realtà associative che, con la loro partecipazione, hanno contribuito ad allestire un cartellone interessante e vario. E naturalmente ringrazio tutte e tutti coloro che assisteranno e parteciperanno agli eventi in programma».
Traduzione di Salvatore Quasimodo-Illustrazioni di Renato Guttuso –
Einaudi editore-20 febbraio 1952 (prima edizione)
PABLO NERUDA – Poesie. Traduzione di Salvatore Quasimodo. Illustrazioni di Renato Guttuso. Torino, Einaudi editore, 1952 (20 Febbraio).-Cm. 22, pp. 169 (7). Con 5 suggestive tavole a piena pagina f.t. ed una piccola illustrazione n.t. di Renato Guttuso. Bella brossura editoriale illustrata dallo stesso Guttuso. Trascurabili segni del tempo. Esemplare nel complesso ben conservato. Importante traduzione italiana delle poesie di Pablo Neruda curata da Salvatore Quasimodo. Ricercata prima edizione seguita da molte ristampe identiche per forma e contenuto. Cfr. Iccu; Galati (1980): cita erroneamente il 1965 come data per la prima edizione italiana.
Biografia di Pablo Neruda
Pablo Neruda, Pseudonimo del poeta cileno Ricardo Neftalí Reyes Basoalto (Parral 1904 – Santiago 1973). Premio Nobel per la letteratura nel 1971, N. è considerato una delle voci più autorevoli della letteratura contemporanea latino americana, per la sua sensibilità acuta ma non preziosa, ricchissima d’immagini ma non complicata. È stato testimone di molti degli eventi cruciali che hanno segnato il XX secolo: dalla guerra civile spagnola alla guerra fredda, dai movimenti di liberazione in America Latina alla morte di S. Allende. La sua opera poetica comprende un’impressionante antologia di testi fra i più alti della poesia moderna di lingua spagnola, sostenuti da un prodigioso dono di «canto» che si articola nelle strutture musicali più disparate, con una costante sperimentazione linguistica e metrica, sui temi congeniali dell’amore, del paesaggio natale e delle speranze collettive.
Vita
Di origini modeste, frequentò il liceo di Temuco e l’univ. di Santiago, dove nel 1921 si mise in mostra vincendo una gara poetica con La canción de la fiesta. Nominato console in India nel 1926, iniziò una brillante carriera diplomatica che gli dette modo di maturare le sue esperienze con continui viaggi e incontri. Stabilitosi in Spagna nel 1934, sempre al seguito dell’ambasciata cilena, si legò subito con il gruppo repubblicano di R. Alberti, F. García Lorca, M. Hernández e dette vita, sulle colonne della rivista da lui stesso fondata, El caballo verde para la poesía, a una vivace polemica con J. R. Jiménez. La guerra civile, il suo temperamento drammatico e, non ultima, la morte di Lorca e di Hernández, lo spinsero sempre più a precisi impegni politici che tanta parte hanno avuto poi nella sua vita e in tutta la produzione posteriore. Dopo ancora qualche anno di servizio diplomatico, nel 1944 N. tornò in Cile, e fu eletto senatore; ma un’accusa di tradimento lo costrinse ben presto a esulare in Messico, da dove compì lunghi viaggi in Europa (Parigi, Polonia, Ungheria). Nel 1949 presiedette a Città di Messico il congresso mondiale dei Partigiani della pace. Nel 1951 visitò l’Italia e la Cina. Nel 1952 fu ancora in Italia, da dove venne espulso come straniero indesiderabile. Tuttavia, a seguito di un movimento d’opinione pubblica, il decreto fu revocato, e N. poté trascorrere un lungo periodo a Capri. Nel 1953 tornò in patria, nel suo rifugio di Isla Negra presso Valparaíso. Con l’avvento alla presidenza della Repubblica di S. Allende (1970), fu nominato ambasciatore a Parigi. Nel 1972, gravemente malato, tornò in Cile, mentre il governo Allende era in crisi. Nel 1973, quando ormai la minaccia del colpo di stato militare era incombente, N. seguì Allende sul cammino della morte, mentre la dittatura di Pinochet s’instaurò in tutto il paese.
Opere
Trovatosi a scrivere negli anni in cui l’opera di R. Darío dettava legge in tutta l’Ispano-America, N. non aveva potuto fare a meno di allinearsi con le tendenze moderniste, benché la sua ispirazione fosse già orientata verso altre strade. Uscito finalmente dal pericoloso equivoco tra il 1924 e il 1935, e avendo raggiunto una notevole maturità espressiva, poté dare sfogo alla sua originalità, divenendo, in breve tempo, il maggior rappresentante degli anti-modernisti. Il sentimento riacquista allora l’importanza che l’esasperato formalismo gli aveva negato e la personalità intensa e drammatica del poeta si fa luce con versi che sembrano scritti, come disse Lorca, «più che con l’inchiostro, con il sangue». La società borghese, giudicata corrotta e ipocrita, è presa continuamente di mira con attacchi violenti alle convenzioni, ai sentimenti codificati, all’ordine costituito, mentre, con immagini grottesche, se ne sviliscono i suoi sacerdoti. Dal 1940 N., ormai marxista convinto, si dedica quasi esclusivamente alla poesia sociale e alla lotta politica: il dolore, l’umiliazione, la speranza sono i temi ricorrenti di questa nuova produzione, accompagnati da una vena di profondo calore umano che riesce a smorzare i toni marcatamente propagandistici e a dare spesso pagine d’intensa poesia. Tra le sue opere principali si ricordano: Crepusculario (1923), Veinte poemas de amor y una canción desesperada (1924), Tentativa del hombre infinito (1926), Residencia en la tierra (1933; 2a ed., con l’aggiunta di un 2º vol. contenente le liriche composte dopo il 1931, 1935), España en el corazón (1937), Tercera residencia (raccolta delle poesie composte dopo il 1935, 1945), Canto general (1950), la sua opera maggiore, amplissimo poema sulla storia del Cile e della stessa America latina come insieme di tradizioni e incrocio di civiltà; Odas elementales (1954), Nuevas odas elementales (1956), Tercer libro de las odas (1957), Estravagario (1958), Navigaciones y regresos (1959), Memorial de Isla Negra (1964), Arte de pájaros (1966), Fulgor y muerte de Joaquín Murieta (1967, dramma scritto in Italia), La barcarola (1968), Las manos del dia (1968), Aun (1969), l’apocalittico Fin del mundo (1969), Las piedras del cielo (1970), La spada encendida (1970), Geografía infructuosa (1972). Da segnalare infine le prose autobiografiche di Confieso que he vivido (1973; trad. it. 1975) e la traduzione italiana integrale della sua opera poetica (1960-73).
Fontamara fu il primo romanzo di Ignazio Silone e pubblicato nel 1929; lo scrittore abruzzese è il narratore esterno in questo romanzo di denuncia sociale; la storia racconta le prepotenze, gli abusi, la miseria cui sono condannate le popolazioni della valle del Fucino. Fontamara è un luogo immaginario situato nella Marsica in Abruzzo, si tratta di un paese povero dove i più poveri devono fare i conti con la prepotenza dei piccoli proprietari terrieri per cui lavoro e da cui vengono sistematicamente imbrogliato e fruttati, i cosiddetti GALANTUOMINI appoggiati e protetti dal governo fascista. Il tono della narrazione è lineare e piacevole, spesso veneta da una sottile ironia nei confronti del regime e dei suoi rappresentanti. Silone denuncia amaramente che nulla è cambiato nella storia dell’uomo: una volta c’erano gli schiavi, i servi della gleba, ora ci sono i “cafoni” , ossia uomini nati poveri e costretti a rimanere tali , soggetti a soggiacere all’ingiustizia e alle sopraffazioni del padrone, in tutto questo , e qui è molto amara dal denuncia, la legge non esiste, lo Stato è muto, anzi appoggia e tutela l’ingiustizia; il messaggio è che non si può discutere con l’autorità che non rispetta la legge, e la legge stessa è prigioniera piegata all’interesse di pochi a danno di tanti. Il messaggio valido purtroppo anche adesso, pur con alle dovute variazioni, è che nell’ignoranza c’è la sconfitta del più debole.
Chi vuole dominare e spadroneggiare ha bisogno di un popolo ignorante da controllare ed ha tutto l’interesse a lasciare nell’ignorante larghe fasce della popolazione da manipolare; in questo senso l’ignoranza è la primo nemico della democrazia e condanna all’immobilismo sociale. In conclusione, il messaggio universale da trarre è che un popolo di ignoranti è più facilmente manipolabile e questo vale in tutte le epoche.
Biografia di IGNAZIO SILONE-Pseudonimo dello scrittore e uomo politico italiano Secondo Tranquilli (Pescina 1900 – Ginevra 1978). Partecipò alla fondazione del Partito comunista (1921), allontanandosene nel 1931. Attivo nel Partito socialista clandestino (1942), diresse le riviste Europa socialista (1946-47) e Tempo presente (1956-68). Scritti nel gusto della narrativa verista, partecipi della drammatica urgenza degli avvenimenti storici e nutriti di un sentimento acutissimo dei limiti della giustizia umana e del richiamo ai valori di un cristianesimo evangelico, i suoi romanzi più noti (Fontamara, ed. ted. 1933, ed. it. 1947; Pane e vino, ed. ingl. 1936, ed. ted. 1937, 1a ed. it. riveduta e col tit. Vino e pane, 1955) raffigurano per lo più situazioni e ambienti di paesi dell’Italia meridionale nel loro lento processo di redenzione sociale.
Vita e opere
Quasi tutti i suoi familiari perirono nel terremoto della Marsica del 1915 (il fratello superstite, Romolo, arrestato nel 1928 e condannato per attività sovversiva, sarebbe morto a Procida nel 1932). Interrotti gli studi e avvicinatosi al partito socialista (1918), S. partecipò nel 1921 alla fondazione del partito comunista, per il quale s’impegnò, dopo l’avvento del fascismo, in un’intensa attività clandestina prima in Italia e, dal 1927, prevalentemente in Svizzera. Qui maturò la crisi in seguito alla quale si allontanò (1931) dal partito comunista e dalla militanza politica per dedicarsi alla scrittura, pubblicando, oltre ai primi romanzi, alcuni saggi storici (Der Faschismus, 1934; La scuola dei dittatori, 1938; ecc.). Tornato all’impegno politico attivo nelle file del partito socialista clandestino (1942), rientrò in Italia nel 1944 e nel 1946 fu eletto all’Assemblea costituente per il PSIUP, da cui uscì al momento della scissione del 1947, non iscrivendosi però al PSLI. Diresse le riviste Europa socialista (1946-47) e Tempo presente (1956-68), fondata con N. Chiaromonte, attraverso le quali poté diffondere i suoi ideali federalisti e di un socialismo democratico e umanitario. Il suo nome di scrittore è affidato soprattutto ad alcuni romanzi (i primi dei quali apparsi in ed. straniera) che, tradotti in molte lingue, furono per lungo tempo più apprezzati all’estero che in Italia: i più citati Fontamara e Pane e vino; Il seme sotto la neve (ed. ted. 1941; ed. it. 1945); Una manciata di more (1952); Il segreto di Luca (1956); La volpe e le camelie (1960). Scrisse anche, per il teatro, Ed egli si nascose (1944) e, particolarmente significativo, L’avventura di un povero cristiano (1968), dramma storico sulla figura del papa Celestino V. In parte saggistici in parte narrativi sono gli scritti riuniti in Uscita di sicurezza (1965), libro importante per la ricostruzione del percorso umano e ideale dell’autore. Postumo è apparso l’incompiuto romanzo Severina (1981).
Attilio Bertolucci:C’è un proverbio che dice: “Dovrebbe sempre essere settembre”. Settembre ,un mese mite, dolce, venato appena di nostalgia, di una sottile malinconia. Un mese che i poeti come Attilio Bertolucci sentono vicino al loro cuore-Poesie di :Antonia Pozzi,Attilio Bertolucci,Luigi Pirandello,Leonardo Sciascia,Hermann Hesse,Grazia Rombolini,Forough Farrokhzad, Gabriele D’Annunzio.
ATTILIO BERTOLUCCI, “Sirio”, 1929
SETTEMBRE
Chiaro cielo di settembre
illuminato e paziente
sugli alberi frondosi
sulle tegole rosse
fresca erba
su cui volano farfalle
come i pensieri d’amore
nei tuoi occhi
giorno che scorri
senza nostalgie
canoro giorno di settembre
che ti specchi nel mio calmo cuore.
SETTEMBRE
Boschi miei
che le nuvole del settembre
lente percorrono
mentre le prime foglie
crollano giù dai rami
e adunano umidore per i sentieri
intanto che nel cielo
gli alberi si denudano —
così come di sera
quando cadono le ombre
giù dalle cime
s’incupisce la terra
e in alto si rivelano
i disegni dei monti
e delle stelle —
miei boschi
vi è tanta pace
in questa vostra muta
rovina
che in pace ora alla mia
rovina penso
e sono come chi
stia sulla riva di un lago
e guardi miti le cose
rispecchiate dall’acqua
“Settembre” di Luigi Pirandello
Le speranze se ne vanno
come rondini a fin d ’anno:
torneranno?
Nel mio cor vedovi e fidi
stanno ancora appesi i nidi
che di gridi
già sonaron brevi e gaj:
vaghe rondini, se mai
con i raj
del mio Sole tornerete,
le casucce vostre liete
troverete.
Pioggia di settembre, Leonardo Sciascia
Le gru rigano lente il cielo,
più avido è il grido dei corvi;
e il primo tuono rotola improvviso
tra gli scogli lividi delle nuvole,
spaurisce tra gli alberi il vento.
La pioggia avanza come nebbia,
urlante incalza il volo dei passeri.
Ora scroscia sulla vigna, tra gli ulivi;
per la rabbia dei lampi preghiere
cercano le vecchie contadine.
Ma ecco un umido sguardo azzurro
aprirsi nel chiuso volto del cielo;
lentamente si allarga fino a trovare
la strabica pupilla del sole.
Una luce radente fa nitido
Il solco dell’aratro, le siepi s’ingemmano;
tra le foglie sempre più rade
splende il grappolo niveo dei pistacchi.
Settembre di Hermann Hesse
Triste il giardino,
cade la fresca pioggia sui fiori
L’Estate trema
tranquillamente verso la fine.
Gocciola una dopo l’altra una foglia d’oro
giù dalla grande acacia.
L’estate sorride con stupore e nostalgia
nel sogno del Giardino morente.
S’attarda tra le rose,
Si ferma desiderosa di pace;
Lentamente chiude i suoi [grandi] occhi pesanti di stanchezza.
****************
September, Hermann Hesse
Der Garten trauert,
kühl sinkt in die Blumen der Regen.
Der Sommer schauert
still seinem Ende entgegen.
Golden tropft Blatt um Blatt
nieder vom hohen Akazienbaum.
Sommer lächelt erstaunt und matt
in den sterbenden Gartentraum.
Lange noch bei den Rosen
bleibt er stehn, seht sich nach Ruh.
Langsam tut er die großen,
müdgewordenen Augen zu.
“Ecco arriva settembre, mese dolce e propizio, di piogge a colorare i prati e di dolci frutti della terra.
Amo settembre, il sole è ancora caldo, si respira ancora aria di gioia e vacanza e qualcosa mi sussurra di sognare e reinventarmi, quasi fosse un nuovo inizio. E’ settembre.”
Settembre
Saluterò di nuovo il sole,
e il torrente che mi scorreva in petto,
e saluterò le nuvole dei miei lunghi pensieri
e la crescita dolorosa dei pioppi in giardino
che con me hanno percorso le secche stagioni.
Saluterò gli stormi di corvi
che a sera mi portavano in offerta
l’odore dei campi notturni.
Saluterò mia madre, che viveva in uno specchio
e aveva il volto della mia vecchiaia.
E saluterò la terra, il suo desiderio ardente
di ripetermi e riempire di semi verdi
il suo ventre infiammato,
sì, la saluterò
la saluterò di nuovo.
Arrivo, arrivo, arrivo,
con i miei capelli, l’odore che è sotto la terra,
e i miei occhi, l’esperienza densa del buio.
Con gli arbusti che ho strappato ai boschi dietro il muro.
Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natia
rimanga ne’ cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Ora lungh’esso il litoral cammina
La greggia. Senza mutamento è l’aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, dolci romori.
Ah perché non son io cò miei pastori?
“Settembre, andiamo. È tempo di migrare.” Il primo giorno di settembre porta con sé la promessa di un nuovo inizio, il che si collega direttamente all’idea di movimento e alla prospettiva di avanzare in una direzione ben precisa.
In un solo verso della poesia I pastori, Gabriele D’Annunzio, il poeta vate, è riuscito ad esprimere entrambe queste sensazioni tipicamente settembrine: l’inizio e il movimento, tramite l’accostamento di due verbi “andare” e “migrare” che appaiono quasi sinonimici, eppure esprimono due moti differenti. L’uso dell’imperativo “andiamo” riflette la necessità di muoversi, di spostarsi, appare come una chiamata alle armi: levatevi, alzatevi, sottintende un incitamento. L’infinito “migrare” invece rimanda all’idea dell’erranza e al proposito della ricerca di un luogo più accogliente, quindi, in breve, al cambiamento.
Nel verso di apertura della lirica I pastori, D’Annunzio esprime una sorta di “passaggio di stato”: dalla stasi al moto, dalla pace alla irrequietezza, tutte sensazioni che, a ben vedere, la fine dell’estate porta con sé.
Settembre è iniziato, è tempo di andare; ciascuno torni alle attività consuete nella stagione che porta il profumo dell’uva matura evocando il tempo della raccolta e della vendemmia.
La poesia I pastori (il cui titolo originale era I pastori d’Abruzzo, Ndr) fu scritta da Gabriele D’Annunzio nel 1903 ed è contenuta nell’ultima sezione dell’Alcyone intitolata Sogni di terre lontane. La raccolta Alcyone rappresenta il vertice massimo della poetica d’annunziana e si presenta come un’autentica celebrazione della natura: nelle cinque sezioni dell’opera infatti il poeta descrive il trionfo della primavera sino all’arrivo dell’autunno. I pastori, ambientata nel tempo mite di settembre che preannuncia l’imminenza della stagione autunnale, rappresenta una delle liriche conclusive.
I pastori di Gabriele D’Annunzio: parafrasi
Settembre è arrivato, è ora di partire.
Adesso, in Abruzzo, i pastori, miei conterranei, lasciano i pascoli montani e scendono verso il mare:
si dirigono verso il mar Adriatico in burrasca che appare verde come i pascoli montani. Lungo il cammino hanno assaporato la dolce acqua delle montagne che ha il sapore delle loro terre e resterà nei loro tristi cuori di migranti per confortarli, affinché la loro nostalgia (della terra natia) sia meno dura.
I pastori hanno fabbricato nuovi bastoni di legno di nocciolo e ora camminano per il sentiero antico che conduce verso la pianura, quasi fosse un fiume d’erba silenzioso, seguendo le orme lasciate dai loro antenati.
È gioiosa la voce di colui che per primo scorge in lontananza il tremolio delle onde del mare. Ora il gregge procede lungo la costa. Il vento tace, mentre il sole si riverbera dorato sul mantello delle pecore, rendendolo di un colore simile alla sabbia.
Il movimento delle onde si accompagna al lento calpestio del gregge, sono rumori dolci.
Ah, perché io non sono con i miei pastori?
I pastori di Gabriele D’Annunzio: analisi e commento
Nella lirica I pastori, Gabriele D’Annunzio compone un idillio pastorale che sembra riflettere lo schema classico, seguendo la tradizione delle Bucoliche virgiliane. Come non associare ai pastori cantati da D’Annunzio, Titiro e Melibeo, i protagonisti della prima ecloga di Virgilio? Anche i pastori abruzzesi di D’Annunzio, proprio come Titiro, sono costretti a partire: ma il loro non sarà un esilio senza ritorno.
La lirica d’annunziana è pervasa da un sentimento di struggente nostalgia, che sembra ben accostarsi ai dolci moti dell’aria di settembre che segna la fine dell’estate. L’imminenza dell’autunno rievoca nel cuore del poeta vate la nostalgia e l’affetto per la propria terra natale, l’Abruzzo. Riportando in vita una delle tradizioni più antiche della propria terra, la pratica della transumanza, D’Annunzio sembra rispondere a questo nostalgico richiamo d’amore.
In quattro strofe in versi endecasillabi il poeta ritrae passo passo il cammino dei pastori che come ogni anno, seguendo una pratica antica, con l’arrivo del vento d’autunno abbandonano i pascoli montani per dirigersi verso le aree costiere. La lirica è chiusa significativamente da un endecasillabo finale, che appare isolato e distaccato dagli altri versi, e ci restituisce intatta la nostalgia del poeta tramite l’emergere della voce dell’Io lirico che improvvisamente si intromette nel canto con un grido accorato: “ah, perché io non sono con i miei pastori?”.
La poesia si apre con un’esortazione: l’invito a partire è dato dall’imperativo “andiamo”. Seguono quindi tutte le varie fasi del viaggio: dalla preparazione (i pastori si abbeverano alle fonti montane e forgiano i bastoni, Ndr) sino al cammino dai monti verso il mare. L’arrivo dei pastori alla meta viene descritto come un momento di quiete, riflette una pace idilliaca: il sole risplende sul manto delle pecore e il loro lento scalpiccio si accompagna allo sciacquio delle onde marine.
D’Annunzio evoca una serie di suoni onomatopeici che si riflettono nelle orecchie dei lettori come dolci rumori familiari, suoni che ci restituiscono l’atmosfera accogliente e piena di grazia di settembre. Ogni nuovo inizio possiede un suono dolce, d’altronde, e ci ricorda che la vita è un continuo “incominciare”.
I pastori di Gabriele D’Annunzio: figure retoriche
Apostrofe: la poesia si apre con un’esortazione “Settembre, andiamo”
Allitterazioni: numerose le allitterazioni dei suoi r e l che danno il ritmo alla poesia. Nel primo verso in particolare la ripetizione del suono “r” produce una ripetizione confortante che suggerisce la presa mnemonica del verso “settembre; migrare; ora; terra”.
Personificazione: il mare Adriatico viene definito “selvaggio” come un uomo straniero o un animale non ancora domato.
Similitudini: il mare è verde come i pascoli dei monti; la lana del gregge è dorata come la sabbia.
Metafora: “erbal fiume silente”, l’erba calpestata dai pastori appare come un fiume silenzioso in cui non s’ode neppure il lento sciabordio dell’acqua. Nel componimento sono frequenti i simboli e le analogie tra i pascoli e il mare.
Onomatopee: “isciacquio; calpestio” sono espressioni che evocano suoni.
Sinestesia: l’espressione “dolci rumori” produce l’accostamento di due sfere sensoriali diverse, quella uditiva e quella del gusto.
Epifrasi: nell’endecasillabo finale, definito dalla domanda retorica “perché io non sono con i miei pastori?” è racchiuso il senso dell’intero componimento, ovvero la nostalgia del poeta che ha dato origine al canto.
RITA LEVI MONTALCINI il 10 dicembre 1986 vince il Premio Nobel per la Medicina
«È un’idea strampalata quanto assurda: frequentare l’Università per diventare medico! Tu, una donna?! Ah questa poi! Occuparsi di ferite, sangue, interventi chirurgici e Dio sa cos’altro. Ma chi ti ha messo in testa queste idee bislacche? È già tanto che io abbia acconsentito a farvi proseguire gli studi superiori, a voi tre figlie, dacché ritengo che una qualsivoglia attività professionale sia incompatibile con il ruolo di moglie e di madre. Non se ne parla, Rita. La nostra conversazione finisce qui.»
L’ingegner Adamo Levi si alzò dalla poltrona e andò alla finestra, volgendo ostentatamente le spalle a sua figlia. Era interdetto e intimamente furibondo e cercò di placarsi seguendo con lo sguardo le rondini che fuori si libravano garrendo verso i nuvolotti fioccosi, in quella bella giornata primaverile del 1930.
Rita, dei quattro figli avuti da Adele Montalcini, era quella che aveva rivelato più degli altri il suo stesso amore per le scienze, la sua stessa acuta e brillante mente e soprattutto la sua stessa inarrendevole caparbietà: «Nessuno mi ha messo in testa idee bislacche, papà. Ho deciso io mia sponte di studiare medicina. E vi dico anche che vorrei seguire le orme del professor Albert Schweitzer per cui, una volta laureata, andare in Africa a curare i lebbrosi» rispose educata ma risoluta, con negli occhi un lampo di sfida.
«Cosa? Andare in Africa??? Ma…ma sei impazzita, forse? In Africa! Non mi capacito, guarda. Il tuo posto è accanto ad un uomo rispettabile con cui condividere il tuo futuro e formarti una bella famiglia, come hanno fatto tua madre e tua sorella maggiore Nina» replicò l’ingegnere furioso, battendo il palmo della mano sul tavolo.
«Nel senso che dovrei rinunciare ai miei sogni come hanno fatto mamma con la pittura e Nina con la scrittura, e diventare una moglie quieta che ubbidisce al marito? No, grazie. Non sono fatta per questo e non ho attitudine a diventar madre. Voglio laurearmi in Medicina, aiutare chi soffre e trovare nuove terapie per guarire i malati. Questo solo mi interessa e spero di avere il vostro consenso, ma, sappiate» e qui Rita si produsse in una studiata pausa «che intendo perseguire i miei obiettivi e realizzare i miei sogni e sono disposta a tutto, a tutto, capite, pur di vederli concretizzati.» Era una ragazza garbata e controllata, Rita, ma caparbia e decisa: ostacoli e rifiuti non la spaventavano né arretrava mai dalle proprie decisioni, e sarebbe stato così per sempre. (…)
Questo è solo l’incipit della biografia dal titolo “Rita Levi Montalcini-Il genio e la grazia” che ho dedicato a questa straordinaria e indomita donna nel mio libro Le Indomabili-33 donne che hanno stupito il mondo(Piemme-Mondadori)
Les décors peints de l’avant-nef de Farfa en Sabine- Préface par Herbert L.Kessler-
Viella Libreria Editrice
Sinossi del libro di Julie Enckell Julliard-Au seuil du salut offre, pour la première fois, une étude approfondie des décors peints dans l’abbatiale de Farfa entre le XIème et le XIIIème siècles. Les vestiges, qui se trouvent dans la partie Est de l’église médiévale, sont tour à tour identifiés, analysés dans leur fonction symbolique et liturgique, puis replacés dans le contexte spécifique de leur réalisation. L’ouvrage permet ainsi de mesurer, par le biais de l’analyse du décor mis en ouvre dans la deuxième partie du XIème siècle, l’importance capitale que revêtit l’abbaye de Farfa dans le cadre de l’essor du mouvement de la Réforme grégorienne. Le deuxième volet de l’étude met en lumière les spécificités d’un Jugement dernier plus tardif en grande partie resté inédit.
«Au seuil du salut redonne […] à Farfa sa juste place sur la carte de l’art médiéval italien et européen, à un moment critique et encore trop sous-estimé. […] En tenant pleinement compte de la complexité des ambitions, des fonctions, des sources et de la réception d’un monument aussi significatif, ce livre nous offre un paradigme de la recherche en histoire de l’art» (d’après la Préface de Herbert L. Kessler).
INDICE
Herbert L. Kessler, Préface
Introduction
I. Le développement du monastère
1. Les faits historiques. 2. Les données archéologiques.
II. La premiere phase de décoration
1. Fragments, formes, couleurs. 2. Dater les peintures. 3. Un sarcophage déplié. 4. L’incidence de la liturgie. 5. Saint Benoît et Grégoire le Grand : modèles des réformateurs au XIe siècle.
III. La deuxieme phase de décoration
1. Les fragments peints du chœur carré. 2. Datation des peintures.
Conclusion
Liste des abbés de Farfa
Bibliographie
Crédits des illustrations
L’Autore Julie Enckell Julliard ha conseguito il dottorato in Storia dell’arte all’Università di Losanna ed è attualmente conservatrice al Musée Jenisch di Vevey in Svizzera
Viella Libreria Editrice
Via delle Alpi 32 – 00198 Roma Tel. 06.8417758 – Fax 06.85353960
Luciano Bianciardi, il Jamaica, la musica popolare ed altro.
Luciano Bianciardi, il Jamaica, è stato il corrispettivo di Pasolini, quello che il poeta vedeva nelle borgate romane, negli stessi anni Bianciardi lo scopriva nella Milano “livida e sprofondata” .
È l’autore della “Vita agra”, quasi un manifesto anarcoide sul disumano divenire della metropoli votata al consumo. È sempre sembrato un autore in qualche modo esemplare, meritevole di fregiarsi del titolo di “maestro” all’interno del panorama letterario italiano per gli scrittori della nuova generazione. In particolare, la sua opera ha espresso la reazione del giovane intellettuale di provincia di fronte al difficile momento di trapasso dalla letteratura ufficiale ed altisonante del fascismo propagandistico al neorealismo e poi al Boom economico degli Anni Sessanta. Questo perché con la sua stessa vita ha esemplificato la figura di ciò che può essere definito “l’intellettuale disintegrato”.
Luciano Bianciardi anticipa l’ importanza della musica “a 33 giri”, scopre Jannacci e Celentano. Enzo Jannacci fa il suo esordio col suo primo album in studio: La Milano, nel 1964. Dodici tracce, per lo più in milanese, tra cui la ballata El portava i scarp del tennis, due brani con testo di Dario Fo e una reinterpretazione di Mami, l’unica canzone mai scritta da Giorgio Strehler. Sul retro della copertina, una nota di Bianciardi, che aveva avuto modo di apprezzare il cantante in una sua esibizione al Teatro Gerolamo. Riguardo al loro rapporto Jannacci raccontava che, nonostante fosse poco più che un ragazzino, Bianciardi lo interpellava spesso per conoscere le sue opinioni sui cosiddetti massimi sistemi: “Mi chiedeva: Jannaccione, cosa ne pensi del mondo? E io rispondevo che ne pensavo malissimo. Fingono tutti, abbiamo perso la guerra, siamo poveri e nessuno lo dice. Tutta la mia produzione pseudopoetica parla di un Paese che fa finta di essere ricco e colto ma non pensa, non legge, non capisce”. Già nel ’64 però Jannacci aveva prestato volto e voce per la trasposizione cinematografica de La vita agra, interpretando L’ombrello di suo fratello dentro il bar Jamaica, nella Brera degli artisti e dei cospiratori.
Dopo la vittoria di Celentano al Cantagiro del 1962, Bianciardi intuisce la valenza ideologica del “sorriso celentanoide, espressione emblematica del neoqualunquismo neocapitalista”. Per Bianciardi il giovane Celentano era “saldo e avveduto” e avrebbe un giorno lanciato “una filosofia totale intervenendo nei dibattiti come un intellettuale accreditato”. Adriano Celentano oggi scrive lettere a quotidiani. Interventi che diventano editoriali, ripresi anche dalla televisione e da internet. Considerato a tutti gli effetti un opinion leader dalla “filosofia totale”.
A Milano Bianciardi incontra solo ragionieri e “segretariette”: gli operai sono a Sesto San Giovanni, nelle periferie. Del capoluogo lombardo non gli piace niente, come spiega in alcune interviste dell’epoca , e l’improvvisa popolarità paradossalmente lo getta ancora più nella depressione: “Ormai mi chiamano ovunque, posso sparare qualsiasi cavolata”. Rifiuta una collaborazione offertagli da Indro Montanelli con il Corriere della Sera, in qualità di articolista di spalla, preferendo rubriche su giornali molto popolari quali ABC, Il Guerin Sportivo, L’Automobile o riviste prettamente maschili come Le Ore e Playmen, dove si sente molto più libero.
Cercò di lasciare Milano, trasferendosi con la sua compagna a Sant’Anna di Rapallo; il professor Nuccio Lodato, suo amico di quel periodo, ci ha raccontato che la domenica Bianciardi chiamava a raccolta un buon numero di persone a casa sua per vedere in compagnia “Quelli della domenica”. Andava pazzo per Paolo Villaggio nei panni del professor Kranz e del ragionier Fracchia, l’antesignano di Fantozzi, forse perché vedeva, in quel piccolo borghese vittima del consumismo, la rappresentazione in chiave comica del miracolo economico dal quale lui aveva tentato di fuggire, e che lo aveva portato all’alcolismo. Dopo la rottura con Maria Jatosti, la sua compagna (legame fuori dal matrimonio, da cui nacque il figlio Marcello), e un maldestro tentativo di riallacciare i rapporti con la famiglia e i figli, Bianciardi tornò a Milano, l’unico posto dove poteva bere senza essere controllato. E dove morì poco dopo, nel 1971, consumato dall’alcol.
Luciano Bianciardi, l’”ultimo bohémien” che vide i primi mali della società dei consumi- Articolo di Marco Marasà-
Fonte Articolo STRISCIAROSSA
Nel periodo tra le due guerre mondiali, il 14 dicembre del 1922, nasce Luciano Bianciardi. Giovanni Arpino – tra i due vi era una profonda amicizia – lo definì “l’ultimo Bohémien possibile, seduto sulle macerie di un romanticismo perduto”.
Il campo in cui Bianciardi imbastisce il suo percorso di scrittore è nella maremma degli anni’50. In una piccola cittadina in divenire, nella quale il progresso stava mettendo i propri germogli, concepisce il Lavoro Culturale, primo di quella che sarà una sorta di “trilogia della rabbia” composta appunto dal Lavoro Culturale, L’integrazione e La vita Agra.
Le contraddizioni della provincia grossetana
Della provincia Bianciardi carpisce la vivacità culturale che in quegli anni stava venendo fuori. Ne indovina però anche le contraddizioni e, con sardonica ironia, racconta il mondo letterario ed erudito della sua città natale, Grosseto. I cineforum che danno solo film sovietici o ungheresi, seguiti da animati dibattiti, sono la cartina di tornasole della provincia di allora. Un mondo ancora spaccato in due, tra il proletariato che sovente si rifaceva al Partito comunista italiano – che Bianciardi esortava di andare a votare ma al quale invitava di non iscriversi – e la classe borghese perlopiù democristiana. Eccetto alcuni intellettuali che, come viene raccontato da Bianciardi, si barcamenano per creare un ponte con gli operai. I risultati a volte sono grotteschi: operai assiepati nella sala cinematografica di Grosseto a sentire la recensione di un dato film ungherese di un critico venuto apposta da Roma.
Dal proprio cilindro Bianciardi pescava idee generose tanto quanto geniali; come il bibliobus, un pullman stipato di libri da elargire alla gente di campagna. Se le persone non possono raggiungere la biblioteca, sarà la biblioteca ad andare dalle persone. Un’autovettura che si faceva largo tra i paesaggi campestri, a bordo della quale vi erano Bianciardi e Carlo Cassola. L’inventiva di Bianciardi si manifestava anche e soprattutto nel linguaggio: per esempio Kansas City per denominare Grosseto. Appellativo affibbiato da Bianciardi dopo che i tenenti venuti dall’America trovarono una somiglianza tra Kansas City e la città maremmana. Streetrock che stava per Roccastrada. Il vezzo di traslare le parole nella lingua inglese è eredità adolescenziale. Degli anni trascorsi a trangugiare libri e romanzi dei narratori americani.-
L’esplosione a Ribolla che lo scuote
Poi nel maggio del 1954, all’improvviso, nel paese di Ribolla, un’esplosione di grisou in una miniera di lignite miete le vite di quarantatré minatori. Un evento nefasto che percuote l’animo dello scrittore grossetano. Con Carlo Cassola scrive I minatori della maremma, libro-inchiesta sulle condizioni dei minatori e delle miniere maremmane. Allo stesso tempo il saggio è una denuncia contro le inadempienze e le negligenze della compagnia mineraria Montecatini, che causarono l’esplosione della miniera di Ribolla. Al pari di The road in Wigan Pier (del 1937) – libro sulle condizioni dei minatori inglesi – di George Orwell, l’inchiesta è oggi un classico della letteratura operaia.
Per Bianciardi però la faccenda di Ribolla resta una ferita aperta. Per lenire le proprie pene parte per la moderna Milano. Dai giorni trascorsi a Milano, Bianciardi tira fuori La Vita Agra (1962), il suo capolavoro. Una commistione di tutto quello che aveva vissuto fino ad allora: la propria vita sentimentale, quella lavorativa e soprattutto l’esplosione di grisou.
Bianciardi mette sulla carta ciò che egli vorrebbe ma non può compiere: fare esplodere con la dinamite il torracchione, emblema dell’edonismo. Milano ha le fattezze delle città post- industriali d’oggi. I primi grandi e orribili grattacieli sovrastano lo sguardo attonito dello scrittore maremmano. Vi sono supermercati dove accanto alla pasta si vendono libri. Cose eterogenee confluiscono nello stesso spazio e formano un agglomerato di beni a portata di mano. Racconta delle impiegate rinseccolite che battono a macchina con sguardi tristi ed assenti.
Dai minatori passa agli operai, che però non vuole raccontare perché non li conosce e non ha avuto modo di osservarli, come invece è accaduto per i minatori maremmani. Alla fine, è Milano ad averla vinta e Bianciardi col tempo finisce per consumarsi. Beve tanto e fuma di più. Tuttavia, ha in serbo ancora un altro coniglio da far uscire dal proprio cilindro. In Israele, per dileggiare il generale Moshe Dayan, si fa fotografare con una benda sull’occhio. Si tratta della sua foto più celebre. Tra le vie di Grosseto ci si può imbattere nel suo faccione appiccicato su un muro, in uno dei graffiti che lo ritrae con espressione serafica e benda sull’occhio.
-Quando si rifugia nel passato
Nel periodo di eclissi milanese, si rifugia nel passato. Precisamente nel Risorgimento, scrive cinque libri: Da Quarto a Torino. Breve spedizione dei mille (1960), La battaglia soda (1964), Daghela avanti un passo! (1969), Aprire il fuoco (1969) e Garibaldi (1972). Esalta Garibaldi e i mille. Si sente anch’esso una camicia rossa disillusa, “l’ultima camicia rossa della storia” .
Perché ricordare Luciano Bianciardi? Egli, anticipando persino Pier Paolo Pasolini, fu il primo a capire e a criticare, se pure in maniera confusionaria, la società dei consumi. Essa era ancora agli albori, ma Bianciardi riuscì a predire che tutto il mondo un giorno sarebbe diventato come Milano. Osservando quella città dove “se caschi nessuno ti raccatta” intuì l’omologazione, nonché la progressiva dissoluzione dei rapporti umani. Il mondo d’oggi a Bianciardi di certo non sarebbe piaciuto. Chissà quali parole avrebbe usato per apostrofare i vari colossi della rete – soverchianti supermercati virtuali – le multinazionali e così via. No, una società in cui l’edonismo permea ogni lembo sociale, non sarebbe andata giù all’”ultimo bohémien”.
Mostra del Cinema del Lido di Venezia 2024 – I film italiani in gara-
Articolo di Andrea Curcione-Altritaliani.net
La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica del Lido di Venezia 2024, edizione numero 81, che inizierà il 28 agosto e terminerà il prossimo 7 settembre, è come l’elefante disegnato dal celebre grafico Lorenzo Mattotti per la locandina di quest’anno che avanza, guidato da una giovane fanciulla con un mantello rosso, tra le acque della laguna. Il pachiderma ricorda un evento che si è svolto proprio a Venezia nell’estate del 1954. Il circo Togni allestì il proprio tendone nel cuore della città; alcuni elefanti vennero condotti per le calli e sui ponti per raggiungere la loro destinazione e furono l’inusuale attrazione del tempo per adulti e bambini.
Così la Mostra del Cinema è un importante momento di richiamo che prosegue per il suo cammino, si spera infinito, portatore di successi e di novità culturali internazionali. Da quest’anno la guida della Biennale è cambiata; salutato Roberto Cicutto il cui incarico di presidenza è scaduto all’inizio dell’anno, a succedergli è stato nominato lo scrittore e giornalista Pietrangelo Buttafuoco che si avvale ancora – e probabilmente per l’ultimo anno – alla direzione artistica della Mostra del Cinema, del giornalista e critico Alberto Barbera; un nome che nel corso degli anni è diventato una garanzia per l’importanza di questo evento.
Presidenza e composizione della Giuria di Venezia 81
Quest’anno la Mostra ha chiamato un nome di risalto internazionale per la presidenza della Giuria di Venezia 81. Sarà l’attrice francese Isabelle Huppert a guidare la squadra che assegnerà i principali premi e il Leone d’Oro. L’Huppert a Venezia ha vinto due Coppe Volpi come miglior attrice: nel 1988 per il film “Un affare di donne” e nel 1995 per “La cérémonie – Il buio nella mente”, senza contare tutti gli altri riconoscimenti internazionali. Oltre alla Presidente, faranno parte della Giuria il regista e sceneggiatore americano James Gray; il regista e sceneggiatore britannico Andrew Haigh; la regista, sceneggiatrice e produttrice polacca Agnieszka Holland; il regista e sceneggiatore brasiliano Kleber Mendonça Filho; il regista, sceneggiatore e produttore mauritano Abderrahmane Sissako; il regista e sceneggiatore italiano Giuseppe Tornatore; la regista e sceneggiatrice tedesca Julia von Heinz; l’attrice cinese Zhang Ziyi.
Preapertura il 27 agosto
La sera del 27 agosto vi sarà la consueta preapertura con la proiezione a 50 anni dalla scomparsa dell’attore e regista Vittorio De Sica del suo Oro di Napoli (1954), un grande classico della commedia italiana interpretato da Eduardo De Filippo, Sophia Loren, Silvana Mangano, Paolo Stoppa e Totò.
Madrina di Venezia 81
L’attrice Sveva Arditi è la madrina di Venezia 81 che aprirà ufficialmente l’evento il prossimo 28 agosto e condurrà la cerimonia di chiusura. Romana, 40 anni, modella a 17, a Venezia si era vista nel 2011 nel cortometraggio “Alice” di Roberto De Paolis, ma il vero successo è arrivato nel 2016 quando la regista Liza Azuelos l’ha scelta per il biopic “Dalida”, ruolo che le è valso una candidatura come miglior attrice emergente ai Césars del 2018. L’anno seguente è stata conduttrice sul palco di San Remo insieme a Carlo Conti. Ed ora, con una serie di progetti sia cinematografici che di fictions televisive, compresa la regia di un documentario sul mondo femminile, è ormai un’importante attrice di successo.
Leone alla carriera e premi
Anche quest’anno la Mostra assegnerà una serie di importanti riconoscimenti. Al regista australiano Peter Weir (1944, Sidney) verrà attribuito il premio alla carriera. Suoi sono alcuni film indimenticabili come “Picnic ad Hanging Rock” (1975), “Gli anni spezzati” (1981) con Mel Gibson, “Witness il testimone” (1985), e ancora “L’attimo fuggente” (1989) con Robin Williams e “The Truman Show” (1998) con Jim Carrey, questi ultimi due presentati a Venezia. Oltre a ricevere il Leone alla Carriera il regista verrà omaggiato con la proiezione del film del 2003 “Master & Commander” interpretato da Russell Crowe e Paul Bettany.
Il regista e sceneggiatore francese Claude Lelouch (1937, Parigi) che ha diretto celebri film come “Un uomo, una donna”, “Una donna e una canaglia”, “La belle histoire”, riceverà il premio Cartier Glory to the Filmmaker dedicato a una personalità che abbia segnato in modo particolarmente originale il cinema contemporaneo. La consegna del premio avrà luogo il 2 settembre nella Sala Grande del Palazzo del Cinema prima della proiezione fuori concorso del suo nuovo film, Finalement interpretato da Kad Merad, Elsa Zylberstain, Michel Boujenah, Sandrine Bonnaire, Barbara Pravi e Françoise Gillard.
La Biennale di Venezia e il marchio Campari hanno inoltre deciso di attribuire alla scenografa Paola Comencini (Roma, 1951.) il premio Campari Passion for Film. Tra i film che ha curato vi sono “C’è ancora domani”, “La bestia nel cuore”, “Romanzo criminale”. Il riconoscimento le verrà consegnato il 6 settembre in Sala Grande prima della proiezione fuori concorso del suo ultimo film Il tempo che ci vuole (Italia/Francia, 110’) interpretato da Fabrizio Gifuni e Romana Maggiora Vergano, di cui la Comencini è l’autrice delle scenografie. La storia è autobiografica di un padre, Luigi, il grande regista e una figlia. Il cinema e la vita. L’infanzia che sembra perfetta e poi diventare grandi sbagliando tutto. Cadere e rialzarsi, ricominciare, invecchiare, diventare fragili, lasciarsi andare ma non perdersi mai. Il tempo che ci vuole per salvarsi.
Veniamo ora alla rassegna principale e ai titoli italiani presenti alla Mostra del Cinema di Venezia.81.
La selezione ufficiale presenta ben 21 film in concorso rispetto ai 23 dello scorso anno. Sono cinque i film italiani (l’anno scorso erano sei) in concorso:
Campo di battaglia di Gianni Amelio. Il film è ambientato sul finire della Prima Guerra Mondiale. Due ufficiali medici, amici d’infanzia (Alessandro Borghi e Gabriel Montesi) lavorano nello stesso ospedale militare, dove ogni giorno arrivano dal fronte i feriti più gravi. Molti di loro però si sono procurati da soli le ferite, sono dei simulatori, che farebbero di tutto per non tornare a combattere. Nel frattempo scoppierà anche l’influenza della febbre spagnola che colpirà più della guerra e contagerà anche la popolazione civile.
Vermiglio di Maura Delpero. La storia, con echi alla Ermanno Olmi, si svolge verso la fine della Seconda Guerra Mondiale in un piccolo paese di montagna di nome Vermiglio che si trova in Trentino. Lucia, Ada e Livia sono tre sorelle adolescenti inseparabili, figlie di un eccentrico insegnante. Quando in paese arriverà Pietro, un soldato siciliano, Lucia si innamorerà di lui e rimarrà incinta. I due saranno costretti a sposarsi. Ma il destino della coppia coinvolgerà anche le sorelle quando si svelerà un risvolto inatteso che condurrà a un esito drammatico. Tra gli interpreti Tommaso Ragno.
Iddu – L’ultimo padrino di Fabio Grassadonia, Antonio Piazza. Una storia di mafia ambientata nella Sicilia dei primi anni Duemila. Dopo alcuni anni in prigione per mafia, a Catello (Toni Servillo), politico di lungo corso ormai alla deriva, i Servizi Segreti italiani si rivolgeranno per catturare il suo figlioccio Matteo (Elio Germano), ultimo grande latitante di mafia in circolazione. Catello, uomo furbo dalle cento maschere, coglierà astutamente l’occasione per rimettersi in gioco. Il film è liberamente ispirato a un periodo della vita di Matteo Messina Denaro.
Queer di Luca Guadagnino. Il romanzo scandalo di William Burroughs, dal quale è stato tratto il film, è stato talmente censurato da poter uscire solo ed esclusivamente nel 1985, trent’anni dopo la sua scrittura. La storia è incentrata sulla relazione omosessuale tra Lee (Daniel Craig) un espatriato americano che fugge dalla sua terra natia per non essere invischiato in una retata di droga, e si ritrova in Messico dove la sua passione per l’eroina non sembra trovare una fine, e un militare della Marina Militare in congedo, Allerton (Drew Starkey), affetto dalla stessa dipendenza. Lee perderà la testa per il militare. Il film, considerato da Barbera uno tra i migliori film di Guadagnino, si preannuncia molto “hot” e vede protagonista l’ex Bond 007 Daniel Craig in una parte molto forte inusuale.
Diva Futura di Giulia Louise Steigerwalt. Ambientato negli anni Ottanta in Italia è quella di Debora, una studentessa che, per mantenersi indipendente accetterà un lavoro come segretaria presso Diva Futura, l’agenzia fondata nel 1983 da Riccardo Schicchi e Ilona Staller per curare gli interessi delle più famose pornostar italiane dell’epoca: Moana, Cicciolina, Milly D’Abbraccio, Eva Henger. Nei nove anni in cui lavorerà nell’agenzia, Debora capirà che il mondo della pornografia è lontano dagli stereotipi e dai pregiudizi comuni, trascorrendo il periodo più felice, assurdo e divertente della sua vita. Il film è tratto dall’omonimo libro di Debora Attanasio. Tra gli interpreti Pietro Castellitto nel ruolo del manager delle pornostar.
Tra i film “Fuori Concorso” troviamo queste pellicole italiane:
L’orto americano di Pupi Avati. Tratto da l’ultimo romanzo del regista (pubblicato da Solferino), racconta una storia dai contorni gotico-paranormali. Inizia a Bologna alla vigilia della Liberazione: un giovane aspirante scrittore dalla mente contorta, incrocia casualmente lo sguardo di un’ausiliaria americana dal barbiere e se ne innamora follemente. Il suo amore lo condurrà prima nel Midwest da dove proviene la ragazza e poi in una cittadina alla foce del Po dove sembra che la ragazza sia tornata per sposarsi. Lo scrittore scoprirà verità macabre che non si immaginava nemmeno… Sarà il film di chiusura della Mostra del Cinema.
Se posso permettermi Capitolo II di Marco Bellocchio. Il film che vede il contributo di molti attori (da Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Rocco Papaleo, Giorgia Fasce, Filippo Timi, Pier Giorgio Bellocchio, Fabrizio Gifuni, Edoardo Leo) è stato realizzato nell’ambito del corso di alta formazione cinematografica “Bottega XNL – Fare Cinema 2023”. Si tratta del seguito del cortometraggio omonimo realizzato nel 2019 da Marco Bellocchio con i suoi allievi della scuola di cinema di Bobbio.
E ancora in diverse categorie altri film italiani:
Tra le “Proiezioni Speciali” vedremo il film di Sergio RubiniLeopardi, il poeta dell’Infinito, altro biopic dedicato al sommo poeta di Recanati, con un ritratto inedito ma storicamente coerente di Leopardi, il formidabile talento che ha incendiato con le sue opere passioni amorose e ideali politici. Dall’infanzia alla fuga dall’opprimente ambiente familiare, dalle prime amicizie fuori dal borgo antico fino all’amore non ricambiato per la bellissima Fanny Targioni Tozzetti, la più corteggiata delle nobildonne fiorentine.
Nella categoria “Non Fiction – Fuori Concorso” è presente il documentario Bestiari, erbari, lapidari di Massimo d’Anolfi, Martina Parenti. Una sorta di “enciclopedia” visiva, diviso in tre atti ognuno dei quali tratta un singolo soggetto: gli animali, le piante, le pietre. Invece nella categoria “Venezia 81 Series” dove sono presentate anche le serie televisive potremo assistere alla visione di M. Il figlio del Secolo di Joe Wright (Episodi 1-8) con Luca Marinelli, Francesco Russo, Barbara Chichiarelli, Benedetta Cimatti, Lorenzo Zurzolo, Gaetano Bruno, Paolo Pierobon, Vincenzo Nemolato. L’adattamento all’omonimo romanzo dello scrittore Antonio Scurati che ha dedicato a Mussolini.
Nonostante, di e con Valerio Mastandrea
Ad aprire la rassegna “Orizzonti” sarà il film dal titolo Nonostante, diretto dall’attore, regista e sceneggiatore Valerio Mastandrea. Una commedia imperniata sulla storia di uomo che trascorre serenamente le sue giornate in un ospedale senza troppe preoccupazioni e quella condizione sembra il modo migliore per vivere la sua vita, al riparo da tutto e da tutti, senza responsabilità e problemi di alcun genere. Seguiranno poi Familia di Francesco Costabile che racconta la storia di due fratelli, Luigi e Franco e una madre, Licia. Il padre violento è andato via di casa. Luigi sfogherà la sua rabbia unendosi a un gruppo di estrema destra. Il ritorno del padre dopo molto tempo riaccenderà i conflitti ormai sepolti. Con Francesco Gheghi, Barbara Ronchi, Francesco Di Leva, Marco Cicalese, Francesco De Lucia, Stefano Valentini. E ancora, Diciannove di Giovanni Tortorici. La storia di un diciannovenne di Palermo che lascia Londra, dove studia economia, per trasferirsi a Siena ed iniziare la facoltà di lettere. Il viaggio introspettivo tra i ricordi del protagonista mostra la sua maturazione mentre è alla ricerca del proprio posto del mondo.
In “Orizzonti Extra” troviamo Vittoria di Alessandro Cassigoli, Casey Kauffman. La storia di una donna di quarant’anni, Jasmine, con una famiglia serena e il suo lavoro a Torre Annunziata. Tuttavia, dopo la morte del padre e il sogno ricorrente di una bambina che le corre incontro per abbracciarla, Jasmine farà di tutto per intraprendere un complicato percorso per un’adozione internazionale che metterà a rischio anche l’equilibrio della sua famiglia. Altro film è La storia del Frank e della Nina, di Paola Randi, e vede protagonisti tre adolescenti che vivono una storia d’amore e di amicizia a Milano. Due ragazzi che fanno i graffitari, Carlo e Frank, un giorno si imbatteranno in Nina, mamma a soli 15 anni che sta fuggendo da un matrimonio forzato. I tre ragazzi decideranno di scappare dalla città per formare una nuova famiglia fuori dall’ordinario.
Tra i “Corti di Orizzonti” in concorso troviamo l’animazione Il burattino e la balena di Roberto Catani e Renè va alla guerra di Mariachiara Pernisa, Luca Ferri, Morgan Menegazzo mentre fuori concorso ci sarà FII – Lo stupore del mondo di Alessandro Rak con Massimiliano Gallo, Alessandro Rak, Gianmaria Fresa.
Per “Biennale College Cinema” che permette a giovani esordienti di seguire corsi per diventare registi di film a micro-budget si vedrà Il mio compleanno di Christian Filippi (Italia, 90’) con Zackari Delmas, Silvia D’Amico, Giulia Galassi, Simone Liberati, Federico Pacifici, Nicolò Medori, Carlo De Ruggieri.
Segnaliamo inoltre per “Venezia Classici” i due interessanti documentari Carlo Mazzacurati – Una certa idea di cinema di Mario Canale, Enzo Monteleone (Italia, 96’. Doc.) sulla vita e i lavori dello straordinario regista veneto che ci ha lasciati troppo presto, e Volontè, l’uomo dai mille volti di Francesco Zippel (Italia, 96’. Doc), un ricordo del grande attore che ha segnato gli anni Settanta-Ottanta del Cinema italiano con il contributo di chi lo ha conosciuto da vicino.
Quest’anno sarà anche una kermesse ricca di film e divi internazionali che sbarcheranno al Lido.
Lady Gaga e Joaquin Phoenix interpreti di Joker: Folie à Deux
A iniziare dal regista Tim Burton a cui spetterà il film d’apertura Beetlejuice Beetlejuice, e il suo cast, con Michael Keaton, Willem Dafoe, Winona Rider e Monica Bellucci e la giovane emergente Jenna Ortega. Invece Tilda Swinton, Julianne Moore e John Turturro verranno con il regista Pedro Almodovar che presenterà il suo primo film girato in inglese, The Room Next Door. Adrian Brody, Guy Pearce e Felicity Jones saranno con il regista statunitense Brady Corbet per presentare The Brutalist. Daniel Craig e Jason Schwartzman invece arriveranno insieme al regista Luca Guadagnino per lo scandaloso Queer. Il regista argentino Pablo Larrain porterà una nuova biopic dedicata a un’altra carismatica figura femminile: Maria, un lavoro dedicato all’immortale soprano Maria Callas interpretata da Angelina Jolie. Nel cast anche Pierfrancesco Favino, Valeria Golino e Alba Rohrwacher. Ma sul red carpet l’attesa sarà soprattutto per Lady Gaga e Joaquin Phoenix interpreti di Joker:Folie à Deux, secondo capitolo del personaggio anti-Batman dalla risata malvagia dei fumetti della DC Comics, diretto ancora una volta da Todd Phillips. E ancora, sono attesi Nicole Kidman, Antonio Banderas e Harris Dickinson interpreti del film ad alto tasso erotico Babygirl della regista Halina Reijn. Gli attori George Clooney e Brad Pitt che questa volta lavorano insieme nel film d’azione Wolfs. E ancora, arriveranno Vincent Lindon, Caleb Landry Jones, Jude Law, Cate Blanchett, Kevin Kline, Sigoruney Weaver, mentre Richard Gere sarà l’ospite d’onore del gala annuale di amfAR, la fondazione per la Ricerca sull’Aids. E ci sarà anche Kevin Costner che presenterà i primi suoi capitoli 1 e 2 dedicati al western Horizon: An American Saga.
Insomma, sarà una Mostra del Cinema sfavillante di stelle che faranno la gioia del pubblico e dei fans di ogni età alla ricerca di un selfie o di un autografo con i divi. Che la Mostra abbia inizio.
Articolo di Andrea Curcione-Fonte Altritaliani.net
Andrea Curcione è nato e risiede a Venezia dal 1964. Laureato in Storia all’Università Ca’Foscari di Venezia, ama i libri, la scrittura, la fotografia e il disegno. Giornalista pubblicista, ha pubblicato alcuni racconti e romanzi noir di ambientazione veneziana. Si occupa soprattutto di critica cinematografica, ma per Altritaliani scrive anche di avvenimenti culturali e mostre di particolare interesse che si inaugurano nella città lagunare
Spoltore(Pescara) il primo festival dedicato alla scrittura d’amore
La poesia internazionale a Spoltore per il primo festival dedicato alla scrittura d’amore – Scrive la poetessa palestinese di Gaza Dunya al-‘Amal Ismail: “Avessi scelta/ nasconderei la mia stanca età in un armadio segreto/ irraggiungibile dagli aerei da guerra/ e raccoglierei la mia anima in un cesto di rose./ Avessi scelta/ rammenderei il cappotto della nostalgia/ e ricamerei lune di speranza per due innamorati/ che rubano un bacio tra un bombardamento, una tregua e un fugace attimo d’amore”.
A lei fa eco Elham Hamedi, poetessa iraniana: “Le mani dell’amore sono diventate blu nel bagno del tempo/ E ancora i miei capelli/ Come un pesce ubriaco/ Nelle mani di un amore, non sanno dove andare/ Il dubbio nel comprendere la luce mi ha avvicinato al baricentro dell’acqua/ Il mondo fa un passo avanti e due passi indietro a differenza della mente in movimento di un albero/ Il mondo trema sotto la pelle della guerra con la sosta di uno sguardo sbagliato/ Spara le tue mani blu nell’oscurità/ Forse la luna respira ancora nell’inconscio di uno stagno/ Le tue mani blu sono un pentagramma/ Una versione dei cinque elementi della natura/ Inizia ad accarezzare i capelli disordinati del mondo/ Forse la pioggia della tua mano porterà un vicolo ai miei passi/ E anche una finestra nelle mani di una donna per respirare”. Saranno le due scrittrici a ricevere il premio internazionale e della Giuria nell’ambito della prima edizione del Premio Città di Spoltore.
Inni poetici alla pace e all’amore risuoneranno nella Piazza D’Albenzio di Spoltore, dove si svolgeranno venerdì 6 settembre e sabato 7 settembre alle 18 e 30, le iniziative previste per il “Festival Scrittura d’Amore”, culminanti nella inaugurazione della prima piazza del mondo “Messaggera d’Amore” che rientra nell’ambito di “Interamiamoci”, un progetto che vuole promuovere l’unione dei popoli in nome dei messaggi dell’amore, per creare una rete di solidarietà e di rispetto e di cura per la vita di tutte le creature.
Massimo Pamio, direttore del Museo della Lettera d’Amore, che ha promosso l’iniziativa con la parrocchia di Torrevecchia Teatina, specifica che: “I messaggi d’amore provenienti da tutto il mondo saranno raccolti e conservati fisicamente presso il Museo della Lettera d’Amore e digitalizzati. Ci proponiamo di creare un Comitato internazionale dell’Unione dei Popoli attraverso messaggi d’amore; ogni anno il Comitato deciderà di compiere il gesto simbolico di portare fisicamente tutti i messaggi raccolti in un luogo abbisognevole. Ogni anno verranno raccolti i messaggi e promosso un incontro internazionale nel corso del quale si sosterrà il progetto di proclamare nel pianeta un minuto di raccoglimento in cui venga condiviso il pensiero dell’amore verso tutti gli altri esseri umani e verso tutte le creature”.
L’iniziativa, promossa dal Comune di Spoltore, è organizzata da Abruzziamoci odv in collaborazione con il Museo Lettera d’Amore, In Service srl, l’associazione Il pensiero divergente, e i contributi dell’Azienda Biologica Alfredo D’Eusanio e di Julia Gas. Il 6 settembre la cerimonia di consegna del premio di poesia d’amore “Marco Tornar”, ospiti Francesca e Lorenza Tornar, che ricorderanno lo scrittore abruzzese. Presenteranno Anna Di Giorgio e Antonella De Collibus, che introdurranno il Sindaco Dott.ssa Chiara Trulli e l’Assessore alla Cultura Dott.ssa Nada Di Giandomenico per i saluti istituzionali.
“E’ con orgoglio” – sottolinea il sindaco Chiara Trulli – “che diamo il via a una manifestazione culturale di così alto livello, che coinvolge alcune delle personalità letterarie più valide e apprezzate e crea un premio prestigioso legato al nome della nostra città. Ringrazio gli amministratori comunali e tutti i volontari delle associazioni che hanno reso possibile questa due giorni che, ne sono certa, potrà avere un seguito e continuare a migliorarsi nel futuro”.
Seguirà una lettura da Florilegio d’amore, con Enrico Guerra e Cam Lecce. La giuria formata da Nicoletta Di Gregorio (Presidente), Annamaria Giancarli, Enrico Guerra, Daniela Quieti, Stevka Smitran ha assegnato i seguenti premi: Premio internazionale a Dunya al-‘Amal Ismail, parteciperà il Prof. Simone Sibilio dell’Università di Venezia; Premio Speciale del Presidente alla poetessa iraniana Elham Hamedi, Premio alla carriera a Giuseppe Rosato, Premio Speciale della Giuria ad Anna Manna.
Verranno poi consegnati i premi per il concorso Poesia d’amore a: Antonio Alleva, primo classificato, Marco Palladini, secondo, terzi ex aequo Ugo Capezzali e Marcello Marciani. Menzioni di Merito per: Antonella Caggiano, Federica D’Amato, Grazia Di Lisio, Giuliana Giancarli. Segnalati: Pietro Assetta Proietto, Mauro Barbetti, Giancarlo Bufacchi, Maria D’Alessandro, Valeria Di Felice, Giuseppina Fazio, Nicoletta Fazio, Erika Maffei, Esmail Mohamed, Hebe Munoz, Marco Pavoni, Anna Polidori, Raffaele Rubino, Alessio Scancella, Silvia Zuccarini.
A seguire, presso il palazzo di Piazza D’Albenzio saranno inaugurate la mostra “Il Museo Viaggiante” a cura di Massimo Pamio, Lea Contestabile, Annarita Melaragna, Vito Bucciarelli, a cui partecipano le Artiste italiane Greta Bisandola, Simona Bramati, Anna Muzi Falconi, e la mostra “Pier Giorgio D’Angelo legge Robert Capa La guerra! – Un racconto per immagini”di Pier Giorgio D’Angelo. Sabato 7 settembre alle ore 18 e 30 in Piazza D’Albenzio si svolgerà la prima edizione del premio per il romanzo d’amore intitolato a Ugo Riccarelli. Ospite Roberta Bortone che ricorderà lo scrittore. La giuria formata da Lucilla Sergiacomo (Presidente), Antonella Perlino, Massimo Pamio, Marco Tabellione, Milvia Di Michele, Presidente onoraria Roberta Bortone, ha assegnato i riconoscimenti a Barbara Alberti e Paolo Di Paolo.
Seguirà l’inaugurazione di Piazza D’Albenzio come prima Piazza Messaggera d’Amore. Parteciperanno il Sindaco di Spoltore Dott.ssa Chiara Trulli, il Sindaco di Torrevecchia Teatina Dott. Francesco Seccia; la Dott.ssa Marta Bucciarelli, in rappresentanza dello Spazio Sfera di Milano Bussero; Francesco Di Domenico in rappresentanza de Le Tartarughe di Piazza Mattei di Roma, Silvia Di Cicco in rappresentanza del CSCS di Loreto. Sarà apposta una targa e sarà compiuta una raccolta messaggi d’amore per la cassetta postale realizzata appositamente da Guido Di Nicolantonio, così come il logo è stato creato dall’Artista Albano Paolinelli.
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Dunya al-‘Amal Ismail(Gaza, 1971) è una poetessa palestinese. Si diploma all’Università di Gerusalemme in giornalismo e comunicazione, poi in lingua araba all’Università del Cairo in Egitto. Dal 1994 vive a Gaza. Scrive per numerosi quotidiani e riviste, anche estere. Dal 2000 si occupa di questioni femminili e di comunicazione.
Elham Hamedi (Shiraz, Iran, 1967) è un’Artista multimediale, pittrice, scrittrice, poeta. È membro permanente dell’Associazione scientifica delle arti visive dell’Iran, membro esecutivo della Writers Capital International Foundation (WCIF). Ambasciatore IFCH. È autrice del libro di poesie dal titolo “Un colpo alla testa era uno Zaqboor”. Le sue opere sono presenti in numerose mostre e antologie internazionali. Laureata in Ricerca Artistica e in Radiologia, coniuga lo studio del corpo a livello medico con le materie artistiche in una relazione psicoanalitica. Ha ricevuto numerosi premi letterari internazionali pubblicando raccolte e scritti in prosa e poesia su riviste e cataloghi specializzati con importanti case editrici. Recentemente è stata nominata una delle “50 donne indimenticabili dell’Asia” e il “Pilastro della cultura asiatica” nel grande progetto “Stoccolma 2025” in cinque volumi in 5 continenti (2024). Vincitrice del Premio Letterario Internazionale 2022 dal titolo “Donne per la Cultura e la Pace” (MESTRE/VENEZIA/Italia).
Giuseppe Rosatoè uno dei maggiori poeti italiani. Dopo essersi laureato all’Università di Pavia, debutta come poeta con la raccolta L’acqua felice nel 1957. In seguito pubblicherà numerosi libri di versi, in lingua e dialetto, di narrativa, di prose, di aforismi, oltre ad operine satiriche e parodistiche. Ha diretto la rivista “Dimensioni” (1957-1974), la rivista “Quest’arte” (1977-1986) e collaborato con numerose testate giornalistiche, realizzando servizi e trasmissioni culturali per la RAI, monografie su artisti contemporanei, antologie per le scuole. Ha vinto prestigiosi premi letterari, il “Carducci”, il “Pascoli”, il “Dessì”. È stato insignito del “Frentano d’oro”. Nel 2022 ha ricevuto il Premio “Camaiore” alla carriera.
Anna Manna, nata a Gaeta, vive da sempre a Roma dove nel 1973 si è laureata in Lettere Moderne presso La Sapienza. È figlia d’arte, suo padre lo scrittore Gennaro Manna (Tocco Casauria, 1922 – Roma, 1990). Poetessa, scrittrice, saggista e, ha svolto intensa attività culturale a Roma e a Spoleto, fondatrice e organizzatrice di premi letterari di rilievo nazionale. Ha pubblicato numerose raccolte di poesia, curato l’antologia Poesie per Karol (2005), Le rosse pergamene. Poesie d’amore1972-2000, Maree amare – Mare e amare (2007). La sua poesia è stata adattata in musica a Recanati (MC) presso il prestigioso Centro Mondiale della poesia negli anni 2000, inserita nel progetto “Il senso dei sensi” a Spoleto (2011) ed esposta a L’Aquila nella Mostra “Corrispondenze” patrocinata dall’UNESCO (2012). Ha pubblicato romanzi e raccolte di racconti e numerosi testi di saggistica. Numerosi i premi letterari che le sono stati attribuiti tra cui il “Teramo” per un racconto, il “Calliope di poesia”, lo “Ziré d’Oro” e molti altri.
Barbara Alberti, scrittrice, sceneggiatrice, drammaturga, giornalista, opinionista, personaggio televisivo, attrice e conduttrice radiofonica italiana. Laureata poi in Filosofia alla Sapienza, esordisce con il picaresco Memorie malvagie, a cui seguiranno Donna di piacere, Il signore è servito, Tahiti Bill, Sbrigati Mama, Scommetto di sì, Fulmini, con pseudonimi, Buonanotte Angelo, Povera bambina, Dispetti divini, Parliamo d’amore, Gianna Nannini da Siena, Il promesso sposo. Romanzo popolare, Vocabolario dell’amore, La donna è un animale stravagante davvero, Gelosa di Majakovskij, L’amore è uno scambio di persona, Il principe volante, Il ritorno dei mariti, Letture da treno. Diciassette opere letterarie e un melodramma, Riprendetevi la faccia, Sonata a Tolstoj, Amore è il mese più crudele, Lezioni d’amore, Lezioni d’amore. Gelosia, La guardiana del faro. [Storie di amori e di scritture], Non mi vendere, mamma!, Francesco e Chiara, Mio signore, Amores, Tremate, tremate. Le streghe son tornate. È anche coautrice di sceneggiature cinematografiche, tra cui Il portiere di notte di Liliana Cavani, Maladolescenza di Pier Giuseppe Murgia, Io sto con gli ippopotami, Monella e Melissa P. (2005) e autrice di testi teatrali (Ecce homo). Dal 1983 al 1998 ha tenuto la rubrica Parliamo d’amore sul settimanale Amica. Nel 1983 scrive una rubrica su Penthouse chiamata Luci rosse. Dal 2009 gestisce una pungente rubrica settimanale (La posta di Barbara Alberti) su Il Fatto Quotidiano. Attualmente tiene, inoltre, una rubrica di corrispondenza coi lettori sul settimanale Gioia. Scrive anche sui settimanali Confidenze e D-La Repubblica delle Donne. Partecipa abitualmente come opinionista a diversi talk show televisivi, da Pomeriggio 5 a L’Italia sul 2. Fino a settembre 2013 ha condotto La guardiana del faro, un programma settimanale in onda la domenica mattina dalle 9 alle 10 su Radio 24. Nel 2018 ha partecipato come concorrente a Celebrity Masterchef, venendo eliminata nella seconda puntata. Da gennaio 2020 partecipa come concorrente alla quarta edizione del Grande Fratello VIP, da cui si ritira per motivi personali nella prima metà di febbraio; sempre nello stesso anno, partecipa come ospite e giudice del sintony test al programma televisivo La pupa e il secchione. Da settembre a novembre del 2022 è curatrice della rubrica La posta del cuore, ospite e giurata della trasmissione BellaMa’. Nel corso del festival Liberevento (che si svolge in diverse località della Sardegna) il 25 agosto 2022 riceve dalle mani del poeta Beppe Costa il Premio alla carriera.
Paolo Di Paolo è scrittore. Laureato in Lettere alla Sapienza, ha ottenuto un dottorato di ricerca in Studi di storia letteraria e linguistica italiana all’Università degli Studi Roma Tre. Nel 2003 è stato tra i cinque finalisti nazionali del Premio Campiello Giovani. Ha esordito nel 2004 con i racconti Nuovi cieli, nuove carte. Nel 2008 ha pubblicato il romanzo Raccontami la notte in cui sono nato. Al 2009 risale la prima edizione di Questa lontananza così vicina. Nel 2011 è uscito Dove eravate tutti vincitore Premio Mondello, Superpremio Vittorini. Nel 2013 Mandami tanta vita finalista Premio Strega e vincitore del Premio Salerno Libro d’Europa] e del Premio Fiesole Narrativa Under 40. Ha pubblicato poi Una storia quasi solo d’amore, Lontano dagli occhi, Premio Viareggio Romanzo senza umani, finalista allo Strega 2024. Ha curato diversi libri in forma di dialogo: Un piccolo grande Novecento, con Antonio Debenedetti (Manni, 2005), Ho sognato una stazione. Gli affetti, i valori, le passioni, con Dacia Maraini, Risalire il vento, con Raffaele La Capria,Queste voci queste stanze, con Elio Pecora. In Ogni viaggio è un romanzo ha raccolto le voci di diciannove scrittori italiani sul rapporto tra letteratura e viaggio, Inventarsi una vita, un dialogo con Claudio Magris. Ha scritto e curato libri su Antonio Debenedetti, Antonio Tabucchi e nel 2017 in Vite che sono la tua racconta 27 opere letterarie che hanno segnato la sua formazione. Per il teatro ha scritto Il respiro leggero dell’Abruzzo, dedicato a pagine di grandi scrittori sull’Abruzzo e portato in scena da Franca Valeri, Milena Vukotic, Arnaldo Ninchi, L’innocenza dei postini messo in scena durante il Napoli Teatro Festival Italia 2010, Wet Market. La fiera della (nostra) sopravvivenza, spettacolo con regia collettiva a cura della Compagnia permanente di Ert. Ha scritto libri per bambini e ragazzi: La mucca volante, Giacomo il signor bambino, La Divina commedia raccontata da Paolo Di Paolo, Papà Gugol, I desideri fanno rumore, Trovati un lavoroe poi fai lo scrittore. Collabora con La Repubblica, L’Espresso e Vanity Fair. Conduce dal 2006 le Lezioni di Storia all’Auditorium Parco della Musica di Roma, nel 2008 è stato uno dei volti della trasmissione culturale di Raitre Gargantua, condotta da Giovanna Zucconi. Dal 2020 conduce la trasmissione radio settimanale “La lingua batte” su Rai Radio 3.
“Anima. Una pastorale selvaggia” , pubblicato da Crocetti Editore, è il quarto e ultimo volume che la scrittrice di origini bulgare Kapka Kassabova dedica alle regioni balcaniche meridionali, quelle comprese in particolare tra Macedonia e Bulgaria. Dopo avere riflettuto sul tema dei confini (in Confine), avere raccontato il versante macedone della sua famiglia (ne Il lago) ed esplorato la tradizione erboristica bulgara che ancora sopravvive nella valle formata dal fiume Mesta e racchiusa dal massiccio dei Rodopi con Elisir, qui l’autrice si concentra su un territorio più raccolto, la catena montuosa del Pirin, e su un tema in particolare, ovvero l’antico stile di vita dei pastori che lo abitano, insidiati dal capitalismo e dalla modernità. Kassabova vuole conoscere, approfondire, cercare le radici e le storie dei luoghi e di chi ci vive, perciò condivide per un certo periodo l’esistenza dei pastori e delle greggi e ne segue la transumanza, per poi descrivere l’asprezza, le difficoltà, l’isolamento, il legame quasi simbiotico tra gli uomini e i loro animali. Da tutto questo nasce un racconto profondamente empatico, più diretto e intimo rispetto ai precedenti, che mette al centro la relazione tra l’uomo e la natura, la fondamentale salvaguardia di quest’ultima e, soprattutto, l’importanza di tenere vive, non soltanto attraverso il ricordo, le antiche tradizioni popolari e culturali. In questo gran finale della sua tetralogia balcanica, straordinario ritratto della vita pastorale, Kapka Kassabova penetra più profondamente nello spirito del luogo di quanto non avesse mai fatto prima.
Traduzione: Anna Lovisolo;
Pagine: 448
Prezzo: € 22,00
ISBN: 9788883064340
Data Uscita: 03/09/2024
LA CASA EDITRICE CROCETTI
Fondata nel 1981 dal grecista e traduttore Nicola Crocetti, la casa editrice Crocetti è specializzata nella pubblicazione di opere di poesia e di letteratura neogreca, omaggio alle origini del suo fondatore.
In quasi quarant’anni di attività, la Crocetti ha pubblicato numerose opere di poeti italiani e stranieri, tra cui i Premi Nobel Ghiorgos Seferis, Odisseas Elitis, Saint-John Perse, Derek Walcott e Tomas Tranströmer. Nel catalogo figurano inoltre volumi di Emily Dickinson, Antonio Machado, Walt Whitman, Ghiannis Ritsos, Costantino Kavafis, Louis Aragon, Kahlil Gibran, Rainer Maria Rilke, Edna St. Vincent Millay, Paul Valéry, Simone Weil, Yehuda Amichai, Anne Sexton, Manolis Anaghnostakis, Adrienne Rich, Jaime Saenz, Carol Ann Duffy, Thomas Bernhard. Quasi tutti i volumi sono pubblicati con il testo originale a fronte.
Tra gli autori italiani in catalogo, troviamo Alda Merini, Franco Loi, Antonella Anedda, Giovanni Raboni, Maria Luisa Spaziani, Antonio Porta, Cesare Viviani, Milo De Angelis, Aldo Nove, Giorgio Manganelli, Mariangela Gualtieri, Maria Grazia Calandrone, Pierluigi Cappello.
Oltre alle opere di singoli autori, la Crocetti ha inoltre pubblicati alcuni volumi collettanei, come le antologie della poesia basca, svedese, russa, greca e svizzera di lingua tedesca.
Da alcuni volumi editi dalla Crocetti sono stati tratti spettacoli teatrali interpretati da importanti attori italiani. Ne sono un esempio alcuni monologhi drammatici di Ghiannis Ritsos, portati sul palcoscenico, tra gli altri, da Moni Ovadia, Paolo Rossi, Anna Bonaiuto, Elisabetta Vergani, Isabella Ragonese, Luigi Lo Cascio ed Elisabetta Pozzi.
Nel 1995 alle collane di poesia si è aggiunta la collana di narrativa neogreca “Aristea”, che ha proposto ai lettori alcuni dei romanzi greci più venduti e letterariamente più rilevanti del Ventesimo secolo, finora assolutamente sconosciuti al pubblico italiano.
Nel 2020 la Crocetti è stata acquisita dal gruppo Feltrinelli e ha inaugurato questa nuova fase cominciando a ristampare i titoli che l’hanno resa una delle più prestigiose case editrici italiane.
LA RIVISTA “POESIA”
Nel gennaio 1988 Nicola Crocetti ha fondato “Poesia”, la rivista mensile di cultura poetica più diffusa d’Europa. Fin dal primo numero, le caratteristiche principali di “Poesia” sono state: il taglio internazionale e informativo, la distribuzione capillare nelle edicole e un apparato iconografico che finalmente consentiva ai lettori di conoscere i volti dei poeti.
La distribuzione nelle edicole ha permesso alla rivista di raggiungere un pubblico molto vasto, distribuito su tutto il territorio nazionale. La tiratura di “Poesia” ha raggiunto in passato le 50.000 copie. Molte tra le maggiori Università europee e tra le più prestigiose Università americane sono abbonate alla rivista fin dal primo numero. Nei suoi trentatré anni di vita, “Poesia” ha venduto complessivamente circa tre milioni di copie.
L’alto interesse non solo italiano nei confronti di questa rivista può essere verificato digitando la parola “poesia” sul motore di ricerca Google: su oltre cento milioni di pagine la rivista “Poesia” risulta in prima posizione tra quelle regolarmente visitate.
Del comitato di redazione di “Poesia”, garante del suo alto livello culturale, fanno o hanno fatto parte sei Premi Nobel per la Letteratura (il russo-americano Joseph Brodsky, il caraibico Derek Walcott, l’irlandese Seamus Heaney, il greco Odisseas Elitis, il polacco Czesław Miłosz e lo svedese Tomas Tranströmer), oltre a poeti di fama nazionale e internazionale, come Yves Bonnefoy, Tony Harrison, Charles Wright, Adam Zagajewski, Durs Grünbein, Paul Muldoon, Antonella Anedda, Milo De Angelis, Nicola Gardini, Franco Loi, Vivian Lamarque, Silvio Ramat.
Dopo che per i primi tre anni “Poesia”è stata diretta dai poeti Patrizia Valduga e Maurizio Cucchi, nel 1991 la direzione è stata assunta da Nicola Crocetti, e la rivista si è sempre più caratterizzata per la sua vocazione internazionale. Nei 358 numeri usciti con cadenza mensile fino all’aprile 2020 e nelle sue 30.000 pagine, la rivista ha proposto centinaia di articoli su poeti tradotti per la prima volta in italiano e di nuove traduzioni di poeti ancora sconosciuti in Italia. In totale ha pubblicato quasi 3.500 poeti, tra i maggiori a livello nazionale e internazionale, e oltre 36.000 poesie tradotte da una quarantina di lingue, quasi sempre con il testo originale a fronte.
La casa editrice Crocetti ha organizzato anche diversi festival di poesia. In collaborazione con il Comune di Parma e il Teatro Due, dal 2004 al 2012 ha curato la sezione internazionale del Festival di poesia di Parma, uno dei più prestigiosi appuntamenti culturali di quegli anni, al quale sono intervenuti alcuni dei maggiori poeti del mondo.
Nel 2003 il Ministero dei Beni Culturali ha assegnato a “Poesia”un riconoscimento per la sua attività di diffusione della poesia in Italia, consegnato al direttore della rivista Nicola Crocetti il 12 maggio 2003 al Quirinale dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
Con il passaggio al gruppo Feltrinelli, dal maggio 2020 “Poesia” ha cambiato veste grafica, periodicità (da mensile in bimestrale) e canale distributivo (dalle edicole alle librerie). Non è mutata, però, la passione con cui i suoi redattori e i collaboratori raccontano da trentaquattro anni il mondo poetico italiano e internazionale.
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