Roma- Galleria Borghese apertura straordinaria per la Mostra: “La Favola di Atalanta. Guido Reni e i poeti”
Roma-Lunedi 13 gennaio la Galleria Borghese propone un’apertura straordinaria dalle 16 alle 19.00 (ultimo ingresso alle ore 17.00) per visitare la mostra attualmente in corso: Poesia e pittura nel Seicento. Giovan Battista Marino e la meravigliosa passione. In questa occasione sarà possibile per il pubblico partecipare all’incontro dal titolo “La Favola di Atalanta. Guido Reni e i poeti”, in cui verrà presentata la mostra in corso presso la Pinacoteca di Bologna fino al 16 febbraio 2025, dall’omonimo titolo.
Galleria Borghese
La mostra, a cura di Giulia Iseppi, Raffaella Morselli e Maria Luisa Pacelli, indaga i rapporti tra artisti e letterati nel ricco contesto culturale della Bologna di primo Seicento, dove pittori come Guido Reni, Artemisia Gentileschi, Ludovico e Agostino Carracci intessono relazioni con molti poeti fra cui Giovan Battista Marino, a cui la Galleria Borghese sta dedicando la mostra in corso. Le poesie, alcune delle quali oggetto di ritrovamenti documentari inediti, diventano la chiave di lettura delle opere d’arte esposte, a partire da una delle coppie memorabili di Reni, le due Atalanta e Ippomene, celebri eppure poco documentate, per le quali si avanza una nuova proposta di genesi in seno alle accademie romane e bolognesi frequentate dal pittore.
Intervengono Costantino D’Orazio, Dirigente delegato ai Musei Nazionali di Bologna e le curatrici della mostra.
L’incontro si svolge presso la terrazza della sala Egizia, a cui si accede dalla sala VII del museo.
La partecipazione all’incontro è gratuita e la disponibilità dei posti limitata, fino ad esaurimento.
La prenotazione del biglietto è obbligatoria su questa pagina oppure chiamando lo 06 32810.
Informazioni
Galleria Borghese
Piazzale Scipione Borghese 5,
00197 Roma, Italia
Tel. +39 068413979
mail. ga-bor@cultura.gov.it
pec. ga-bor@pec.cultura.gov.it
Per acquisto biglietti: +39 06 32810
Valerio Bispuri- Dentro una storia. Appunti sulla fotografia
Prefazione di Marco Damilano-Editore Mimesis
Descrizione del libro di Valerio Bispuri-Prefazione di Marco Damilano:“In fondo credo che la fotografia unisca la possibilità di rimanere bambini e di essere uomini forti, coraggiosi e incoscienti, dove le emozioni si rispecchiano allo stesso tempo nella velocità dello scatto e nella lentezza di saper guardare oltre, dove l’attimo può rimanere in superficie e allo stesso tempo toccare grandi profondità e dove l’istinto funziona solo quando si muove nel recinto della ragione”. “Dentro una storia” è il viaggio di un fotoreporter all’interno delle sue immagini. Valerio Bispuri ci porta nel mondo degli ultimi, dei dimenticati e ci racconta il suo percorso fotografico e umano attraverso gli sguardi, i gesti di chi ha fotografato. Un mondo osservato o meglio scrutato con pazienza e coraggio, due parole ricorrenti nel suo lavoro. Un fotoreporter controcorrente che usa il tempo per conoscere e raccontare, che ama le storie lunghe e che riesce a unire le proprie emozioni con la realtà. Tra gli occhi di chi vive dietro le sbarre di una prigione, nel mondo della droga in Sudamerica, nell’universo di chi è sordo e nella realtà della malattia mentale, le storie di Bispuri nascono sempre osservando gli altri e la propria interiorità: “Ho sempre visto la fotografia come un guardare attraverso il mondo con la lente d’ingrandimento delle nostre emozioni. Un gesto che diventa forma, uno spazio che si interpone agli angoli remoti delle nostre linee interiori”.
Dal 2004 ha seguito un progetto decennale dedicato al mondo carcerario dell’America meridionale, con lo scopo di raccontare il continente attraverso i detenuti e la loro condizione ed i drammi da loro vissuti.[2] Durante il suo percorso, Bispuri ha visitato 74 carceri di tutti i paesi del Sudamerica. In Argentina ha ottenuto l’autorizzazione a visitare il Padiglione 5 del carcere di Mendoza, dove erano reclusi i detenuti argentini più pericolosi.[3] Il direttore della struttura gli fece firmare una liberatoria in cui si assumeva tutte le responsabilità per la sua incolumità.[3] Attraverso le foto scattate in questo padiglione ha documentato le condizioni di estremo degrado in cui i detenuti erano costretti a scontare la pena.[3]
Le fotografie, realizzate in bianco e nero, sono state oggetto di esposizione in varie mostre internazionali e sono state raccolte nel libro Encerrados, edito da Contrasto nel 2015 e sostenuto anche da Amnesty International.[4] L’impatto sociale di Encerrados è stato tale che ha contribuito alla chiusura del Padiglione 5 del carcere di Mendoza.[3][2] Nel 2013 ha vinto il Sony World Photography Award nella categoria Contemporary Issues.[5]
Con il suo foto reportagePaco ha tentato di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle conseguenze dell’assunzione da parte di adolescenti e ragazzini a Buenos Aires del Paco, una droga estremamente nociva, ottenuta con gli scarti della lavorazione della cocaina, miscelati a cherosene, colla, veleno per topi o polvere di vetro.[6][7]
Per sei anni ha seguito la vita di Betania una donna trentacinquenne lesbica di Buenos Aires, ritraendola nella sfera privata, indagando lo sviluppo della vita intima e sentimentale e le aspirazioni di autonomia e riconoscimento nella società argentina, che ha approvato il matrimonio egualitario.[8][9][10]
Dopo aver ottenuto l’autorizzazione a visitare le carceri italiane da parte del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria del ministero della Giustizia, ha costruito un progetto di documentazione delle strutture detentive e della popolazione carceraria, realizzando un’indagine sulla condizione psichica e fisica dell’uomo privato della libertà. Il progetto ha riguardato 10 carceri: l’Ucciardone di Palermo, Poggioreale a Napoli, Regina Coeli e Rebibbia Femminile a Roma, Capanne a Perugia, Bollate e San Vittore a Milano, la Giudecca a Venezia, la Colonia penale di Isili a Cagliari e Sant’Angelo dei Lombardi, in provincia di Avellino. Alcune delle fotografie realizzate sono state raccolte nel volume Prigionieri pubblicato nel 2019. Prigionieri, Encerrados e Paco, formano una trilogia sulla libertà perduta.[2][11]
I suoi reportage sono stati oggetto di diverse esposizioni internazionali.
Antonella Sbuelz scrittrice e poeta:”Chiedi a ogni goccia il mare “
Antonella Sbuelz scrittrice e poeta è nata e vive a Udine. Insegna da molti anni in un Liceo Scientifico.Ha esordito in versi, ma poi ha scritto racconti lunghi “Amori minimi” (Mobydick, 1997) mentre il suo primo romanzo è “Il nome nudo” (Mobydick, 2001).Nel 2007, per Frassinelli, è uscito il secondo romanzo, “Il movimento del volo” (Premio Biblioteche di Roma, Premio Predazzo, Premio Caterina Percoto; Premi Selezione Rhegium Julii, Domenico Rea) la cui storia si snoda attraverso il corso dell’intero Novecento.
ONDE DI SUONO
Amavi ogni singola parola, ma di un amore poco corrisposto. Erano ponti minati i ponti I punti fra sillabe e suoni, fra suoni e nomi detti tutti interi. La tua voce zoppicava in mezzo ai denti spingendo fuori desideri muti, moncherini di pensieri mutilati. Però non ti arrendevi. Ritentavi. Radunavi risorse di fiato, indossavi la tua dignità in una muta dolorosa. Staccavi dalla sua buccia d’aria la polpa del senso di ogni cosa. Ma il tuo cuore ignorava la balbuzie, e la matita quando disegnava dava vita a ogni onda del suono: versi di uccelli, nitriti dei cavalli, il rombo di un’auto o un aeroplano. E personaggi dalla bocca muta. Tacevano, ma dandosi la mano.
LA PAROLA TORNARE
Ma torneremo, dicevi la parola era fragile. Tremava. E forse rivedervi te bambina: il vento si gonfiava in onde e nubi, i passi dei profughi in fila erano lenta conquista nella conquista di un domani astratto che prometteva la normalità. È facile vederti anche da qui: calzette bianche, scarpe impolverate, le dita che tormentano, una crosta sopra un ginocchio sbucciato. La sovversione dell’infanzia sta nel cucciolo che hai regalato senza volerlo regalare: il suo miagolio ti ha inseguito fino a farsi miagolio di bora e mare.
Torneremo, dicevi. Torneremo.
E finalmente ieri sei tornata. Ti abbiamo riportata di nascosto. Se non profuga, di nuovo clandestina. Sopra il tuo angolo d’Istria soffiava un vento gentile. Il golfo pungeva di luce. Sei scivolata in acqua con dolcezza: un brivido di polveri leggere dentro la sera che rabbrividiva. E si è fermata la mano che torturava il ginocchio. La fila ha ripreso a marciare verso un’idea di domani. Il tuo gatto ha ripreso a miagolare. Oltre il buio che ci scopriva nudi, si aprivano nuovi ritorni nella parola tornare.
RIMANI
Libera dall’abitudine lo sguardo, dall’usura dei giorni i tuoi pensieri. Stacca il cielo di oggi la prima nube vista da bambina, dal grigio di questa neve sfatta il candore della tua prima neve. Lascia che sotto i tuoi piedi mettano erba i prati elementari, i padri dei padri dei prati. Ritrova in questa notte di febbraio le forme del vento e del buio, le voci dei gelsi di confine. Congeda i nomi: i tanti, troppi nomi. Attraversa, e fatti attraversare. Ricorda l’innocenza e il suo tremare. Chiedi perdono alle cose. E infine r imani. Respira. Nel cuore del gelo che si spacca, riconosci il profumo delle rose.
Antonella Sbuelz scrittrice e poeta è nata e vive a Udine. Insegna da molti anni in un Liceo Scientifico.Ha esordito in versi, ma poi ha scritto racconti lunghi “Amori minimi” (Mobydick, 1997) mentre il suo primo romanzo è “Il nome nudo” (Mobydick, 2001).Nel 2007, per Frassinelli, è uscito il secondo romanzo, “Il movimento del volo” (Premio Biblioteche di Roma, Premio Predazzo, Premio Caterina Percoto; Premi Selezione Rhegium Julii, Domenico Rea) la cui storia si snoda attraverso il corso dell’intero Novecento.
Greta Vidal (Frassinelli, 2009; si concentra invece su un momento controverso del primo dopoguerra: l’occupazione di Fiume dal parte di Gabriele D’annunzio e dei suoi legionari. Nel 2013 Greta Vidal è stato pubblicato in Inghilterra ( Greta Vidal. A season in Utopia. )
E’ del 2016 “La fragilità del leone” (Universitaria Forum) , ambientato tra Venezia e laguna friulana nei sussulto finale della Repubblica Veneta.
Nel 2018 è uscito La ragazza di Chagall , imperniato su uno dei momenti più cupi del nostro passato: la promulgazione delle leggi razziali.
La ragazza di Chagall ha esaurito sette edizioni in pochi mesi e ricevuto diversi riconoscimenti ( Premio Fiuggi Storia, Rosa finalista Premio Viareggio, Segnalazione Premio Campiello, Premio Raffaele Crovi, Premio Raccontami la Storia, Premio Città di Arce.)
A fine aprile 2021 è uscito Questa notte non torno ( Feltrinelli ), romanzo di formazione che racconta la fatica di crescere, intrecciando le vite di due adolescenti diversissimi fra loro. Sullo sfondo, la rotta balcanica e i suoi drammi. Attualmente, Questa notte non torno risulta il romanzo più venduto su Amazon nel settore Letteratura per ragazzi sul tema migrazioni.
Fra le sue ultime raccolte poetiche, Transitoria (Raffaelli, 2011; premio Colline di Torino, Città di Forlì, Città di Alberona), La prima volta delle cose (Culturaglobale, 2016), La misura del vicino e del lontano ( Raffaelli, 2016; Premio Caput Gauri e Città di Moncalieri; finalista premio Acqui Terme e Raffaele Crovi; Selezione Premi Città di Como e Tirinnanzi ) e Chiedi a ogni goccia il mare (Stampa2009, 2020; Premio Camaiore).
Museo di Roma in Trastevere, torna la rassegna “Libri al Museo”-
Roma-Sabato 11 gennaio alle ore 17.30, al Museo di Roma in Trastevere (Piazza Sant’Egidio 1/b), torna la rassegna “Libri al Museo”,si terrà la presentazione dei volumi di Bruno Casini Tondelli e la musica. Colonne sonore per gli anni ’80 e Frequenze fiorentine. Firenze anni ’80. Il periodo storico protagonista dei due testi di Casini si lega a doppio filo con la mostra in corso Dino Ignani. 80’s Dark Rome. Il racconto della musica e delle culture giovanili negli anni Ottanta del secolo scorso a Firenze dialoga virtualmente, e non solo, con il ritratto fotografico della Roma ombrosa e scintillante, sotterranea e plateale della stessa epoca.
Alla presenza dell’autore ne parleranno Ilaria Miarelli Mariani (Direttrice della Direzione Musei Civici della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali), Stefano Pistolini (giornalista), Alberto Piccinini, (giornalista), Dino Ignani (fotografo), Ilaria Grasso (attivista e poeta). Servizi museali: Zètema Progetto Cultura. L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti.
Tondelli e la musica. Colonne sonore per gli anni ’80 (Ed. Interno 4) è un libro a più voci che indaga il rapporto tra Pier Vittorio Tondelli e la musica, tra la parola scritta e il ritmo musicale che la sostiene, un tema tanto caro allo scrittore emiliano. Tanti i contributi nel libro: dai testi inediti scritti da Pier Vittorio per gli Skiantos, e qui presentati da Freak Antoni, ai ricordi di Luciano Ligabue, che abitava nello stesso palazzo a Correggio; dalle amicizie di Giovanni Lindo Ferretti alle passeggiate fiorentine con Sandro Lombardi, e poi ancora Massimo Zamboni, Federico Fiumani, giornalisti come Alberto Piccinini, Stefano Pistolini, Luca Scarlini, PierFrancesco Pacoda, Gabriele Romagnoli, Ernesto De Pascale, Paolo De Bernardin, Giampiero Bigazzi, Roberto Incerti, Giuseppe Videtti. E ancora il geniale fotografo Derno Ricci, gli scrittori Mario Fortunato, Filippo Betto, il regista Mario Martone, la dolcissima Nicoletta Magalotti e il fondamentale supporto letterario di Fulvio Panzeri che ha seguito con passione e amore il viaggio di Tondelli per decenni e che qui scrive del rapporto tra Tondelli e la musica.
A diciannove anni dalla prima edizione ritornano le Frequenze Fiorentine Firenze anni ’80 (Ed. GoodFellas) il libro illustrato sulle culture giovanili negli anni ’80 a Firenze. Interviste, contributi, memorabilia, racconti, flash rock’n’roll, playlist, feedback letterari, poesie postmoderne, dai Giovanotti Mondani Meccanici ai Litfiba, dai Krypton ai Neon, dai Diaframma alle etichette indipendenti, dal Pitti Trend ai Magazzini Criminali, dalle T.O.K.Y.O. Productions al BananaMoon, dal Tenax all’Independent Music Meeting, dal Manila al Gay Clubbing, da Westuff Magazine a Video Music, da Controradio a Radio Cento Fiori, da Pier Vittorio Tondelli a Piero Pelù, dagli Orient Express a Nicoletta Magalotti, dalla fotografia di Derno Ricci ad Alberto Petra, dai jazz club alle cantine New Wave. Dalla nuova editoria al design underground, dalle Graffiti Night alle feste di Rockstar, da Mixo a Stefano Pistolini, dalla Rokkoteca Brighton ai Cafè Caracas, da Ghigo Renzulli ad Alexander Robotnick, da Antonio Aiazzi a Francesco Magnelli, da Ringo De Palma ad Andrea Chimenti, da Ernesto De Pascale a Gianni Maroccolo.
BIOGRAFIA
Bruno Casini si è sempre occupato di musica, scrittura, culture giovanili e clubbing. È stato il primo manager dei Litfiba negli anni Ottanta. Ha diretto la mostra Independent Music Meeting per quindici anni. È stato tra i fondatori della rivista Westuff Magazine. Ha programmato spazi della notte come Casablanca, Manila News, Tenax e del mitico Banana Moon, dove è partita la scintilla della New Wave fiorentina. Laureato in Storia del Cinema con Pio Baldelli, da molti anni si occupa di comunicazione. Ha pubblicato numerosi libri sugli anni ‘70 e ‘80 a Firenze, tra cui “Frequenze Fiorentine” (Ed. Goodfellas). Ha frequentato Pier Vittorio Tondelli nel periodo del “Rinascimento Rock” nel capoluogo toscano.
Venduta all’asta la più antica Bibbia ebraica ad oggi conosciuta
Acquistata per oltre 38 milioni di dollari la più antica Bibbia, entrerà a far parte della collezione permanente del museo di Tel Aviv-Il Codex Sassoon, un libro della fine del IX o dell’inizio del X secolo che Sotheby’s ha definito «la prima e più completa copia della Bibbia ebraica», è stato venduto per 38,1 milioni di dollari all’associazione American Friends of the ANU, Museum of the Jewish People. Secondo Sotheby’s, il Codice entrerà a far parte della collezione permanente del museo di Tel Aviv, in Israele.
L’acquisto del Codice Sassoon è stato possibile grazie alla donazione di Alfred H. Moses, ex ambasciatore americano in Romania, e della sua famiglia. Si tratta di uno dei documenti storici più costosi mai venduti all’asta, appena inferiore ai 43,2 milioni di dollari della Costituzione degli Stati Uniti venduta nel novembre 2021 al collezionista d’arte Ken Griffin. Una collezione di scritti scientifici di Leonardo da Vinci del valore di 30,8 milioni di dollari (secondo il New York Times vale 62,4 milioni di dollari al giorno d’oggi) è stata acquistata da Bill Gates nel 1994.
Bibbia ebraica
«La Bibbia ebraica è il libro più influente della storia e costituisce la base della civiltà occidentale. Mi rallegro nel sapere che appartiene al popolo ebraico. La mia missione, rendendomi conto dell’importanza storica del Codice Sassoon, è stata quella di fare in modo che risiedesse in un luogo accessibile a tutti», ha dichiarato Moses in un comunicato stampa. «Nel mio cuore e nella mia mente quel luogo era la terra d’Israele, la culla dell’ebraismo, dove ha avuto origine la Bibbia ebraica».
Il codice non deriva il suo valore dalle centinaia di pelli di pecora necessarie per la pergamena del libro di 26 libbre, dal lavoro richiesto per scrivere a mano i 24 libri della Bibbia ebraica o anche necessariamente dalla precisione del testo stesso. Invece, come ha detto a Religion News Service Tzvi Novick, titolare della cattedra di pensiero e cultura ebraica all’Università di Notre Dame, in Indiana, «la fama del Codice Sassoon sta nella sua combinazione di precocità e completezza».
Bibbia ebraica
Il nome è legato a David Solomon Sassoon (1880-1942), appassionato collezionista di manoscritti giudaici ed ebraici, che lo acquistò nel 1929. Il libro contiene tutti i 24 libri della Bibbia ebraica (mancano solo alcuni fogli) e precede di quasi un secolo la prima Bibbia ebraica interamente completa, il Codice di Leningrado.
Codice Sassoon
“Codice Sassoon, una pietra miliare della storia ebraica e dell’umanità”
È nota come Codice Sassoon la copia più antica e completa del Tanakh mai ritrovata. Un manoscritto risalente alla fine del IX o all’inizio del X secolo, considerato fondamentale per capire l’evoluzione della tradizione ebraica. Il nome deriva da un suo precedente proprietario, che l’acquistò nel 1929: David Solomon Sassoon, appassionato collezionista di Judaica e di manoscritti ebraici. Il Codice Sassoon contiene 24 libri e, spiegano gli esperti della casa d’aste Sotheby’s, “precede di quasi un secolo la prima Bibbia ebraica completa, il Codice di Leningrado”. Rappresenta in questo senso una “pietra miliare della storia umana”. Proprio Sotheby’s metterà all’asta il prezioso volume il prossimo maggio a New York. Una notizia ripresa dai media da tutto il mondo, che evidenziano il valore storico del manoscritto, realizzato da uno scriba su pergamena. “Nel Codice Sassoon viene rivelata una trasformazione monumentale nella storia della Bibbia ebraica, portando alla luce la sua storia completa, che in precedenza non era mai stata presentata in forma di libro” dichiara Sharon Mintz, esperta di Sotheby’s della divisione libri e manoscritti. Segna perciò “una svolta cruciale nel modo in cui percepiamo la storia della parola divina attraverso migliaia di anni, ed è una testimonianza di come la Bibbia ebraica abbia influenzato i pilastri della civiltà – arte, cultura, legge, politica – per secoli”. Parlando con la rivista Barron’s, Mintz ha ricordato come i primi scritti conosciuti della tradizione ebraica siano i frammenti dei Rotoli del Mar Morto, composti tra il III e la fine del I secolo a.e.v. Nei 700 anni successivi non si hanno notizie di una Bibbia scritta, ha spiegato l’esperta. “Nessuno sa perché. Presumibilmente, dovevano esserci dei libri prima. Ma i primi esempi che abbiamo, e certamente i primi codici biblici che abbiamo, risalgono alla fine del IX e all’inizio del X secolo. E sono solo due”. Uno è il Codice Sassoon, l’altro è il più antico Codice di Aleppo, realizzato attorno al 930. Quest’ultimo è però arrivato incompleto ai giorni nostri, mancando quasi del tutto dei cinque libri della Torah (il Pentateuco). Tra i due testi, spiega Mintz, c’è un collegamento. A compilare il Codice di Aleppo, testo masoretico, fu la famiglia di “Aaron ben Moses ben Asher, un importante studioso della Bibbia incaricato di correggere il Codice per adeguarlo alla tradizione che aveva ereditato su come le parole dovevano essere scritte, vocalizzate e accentate”. Il Codice di Aleppo servì in seguito come esemplare per gli scribi per assicurarsi di aver copiato correttamente la Bibbia. “È significativo che il Codice Sassoon contenga note fedeli della Masorah. – l’analisi di Mintz – Una di queste note fa riferimento al ‘grande maestro, Aaron ben Moses ben Asher’ e al suo lavoro su al-taj, l’onorifico tradizionale del Codice di Aleppo, suggerendo che lo scriba masoreta che ha copiato la Masorah del Codice Sassoon potrebbe aver consultato il volume quando risiedeva a Tiberiade o a Gerusalemme nel X o XI secolo”.
Michael Freeman-L’occhio del fotografo-La composizione nella fotografia digitale
Editore Logos
DESCRIZIONE del libro di Michael Freeman–Un’adeguata padronanza delle regole della composizione è indispensabile per realizzare fotografie efficaci. La capacità di riconoscere un’opportunità fotografica e di organizzare gli elementi grafici in un insieme riuscito è da sempre una delle qualità più apprezzate in un fotografo. Il libro esplora gli approcci tradizionali alla composizione, ma affronta anche tecniche digitali come lo stitching e l’High Dynamic Range Imaging. In linea con l’obiettivo del libro, che mira ad ampliare le possibilità creative senza compromettere l’originalità della visione del fotografo, questa edizione è stata interamente migliorata nella qualità delle immagini in occasione del decimo anniversario della pubblicazione. Le nuove tecnologie di riproduzione digitale, non disponibili all’epoca della prima edizione del libro, danno nuova vita alle fotografie dell’autore, evidenziando la competenza tecnica che ha indicato la strada a una generazione di fotografi.
Il suo primo libro, Athens, viene pubblicato nel 1978 all’interno della collana “The World’s Great Cities” della casa editrice britannica Time-Life. Nel 1982 seguirono altri due libri, Guardians of the North-West Frontier: The Pathans e Wayfarers of the Thai Forest: The Akha, entrambi nella collana “Peoples of the Wild”.
Freeman ha avuto una lunga esperienza di lavoro con lo Smithsonian Magazine, fotografando 40 storie tra il 1978 e il 2008.[1]
Sue principali specializzazioni sono la cultura asiatica, l’architettura e l’archeologia, su cui ha pubblicato molti libri contenenti sue foto e scritti, tra cui cinque volumi su Angkor. Il primo, Angkor: The Hidden Glories, è stato utilizzato per il film Baraka del 1992 e Freeman ha contribuito alla realizzazione del documentario del 2008Baraka: A Closer Look.[2]
Ha inoltre scritto e illustrato il materiale didattico per il corso di fotografia dell’Open College of the Arts, un istituto indipendente britannico.[4]
Rivista «Atelier»-Nota di Michele Paladino-Fotografia di Dino Ignani
Renzo Paris-
Nota di Michele Paladino-Renzo Paris è uno scrittore che più di ogni altro, dopo le architettate fantasie creative del ’68 e i violenti, carichi e idiosincratici sperimentalismi dell’avanguardia – fatti di assalti alle cattedrali liriche dei famuli ermetici antisociali e neoungarettiani demodé – ha saputo mostrare il carattere di un poeta sempre coerente all’irridente gioco burlesco. Votato alla spregiudicatezza sciancata dei suoi versi: dal tono sempre indocile e fatuo, volti al segno leggero e grave in sospensione tra il lugubre décor dei convulsi anni ’70 e la successiva disintegrazione della società politica del riflusso di fine Novecento. L’occasione per ritornare a questo poeta meta-neoteroi è data dalla pubblicazione dell’intima antologia Poesie 1968-2022, personale canzoniere capace di integrare l’intero percorso poetico di Paris. L’inserimento all’interno del libro di speciali testimonianze personali in forma di memoir pone il lettore davanti a un esodo diaristico che celebra la visione picara baudelairiana. Così, dopo essere entrati nell’universo mistagoico e ferale dello sciamano di se stesso, si attraversa il padiglione delle pose saldamente poggiate sulla tavolozza dei colori dell’amato Corbière. Il senso di questa poesia è nel soffio continuo del desiderio da saltimbanco, mai dissociato dalla pesanteur contemplativa che riecheggia in poesie dalla freddezza da humour nero surrealistico:
La prepotenza ha occhi strabici,
sanguigni, una voce scandita, acuminata,
dice “basta!”
tronfia nell’eco,
specchio soltanto a se stessa.
[…]
La prepotenza ha le frecce aguzze,
il sangue del cervo già macchia la sabbia,
schizza sul marmo, segna le piste dell’alba.
La poesia di Paris si cala nelle onde dei simboli letterari, i vagheggiamenti distesi di Chlebnikov seguono la guasconeria delle pariglie amorose di Paul-Jean Toulet, fino a diventare metafora di nugae catulliane che per limpidità ludica si calano nel segreto espressivo di uno stile ricco di molecole trovate nel fondo cubista di un Apollinaire. Da Album di famiglia, invece, la poesia sembra ammalarsi nella rigidità di una poesia fattasi saturnina, canagliesca, tradita da una società moderna che stinge ogni vero messaggio lirico. È qui che l’atteggiamento primitivo e stregonesco, depurato dal sedimento irrazionale (il Tibet del Fucino come paesaggio sublime) porta Paris a creare una poesia dalle implicazioni sensuali e lievitanti, quasi a fondersi con un ipotetico, diamo per improbabile, Bertolucci in contumacia da un affabile erotismo campestre:
Il vento dell’utopia è passato,
tutto è stato consumato.
In bicicletta mi avvio tra le colline
di una giusta delizia, dopo tante
croci. Vieni amore, sali sul sellino,
ti porterò tra praticelli acquosi
e fiori marsicani. Colmo il viso
di riso vorrò che traspaia e
bevo con te alla fonte dei pastori
le fresche parole della sera.
Resisteremo per molto? Dureremo?
Il sentiero è accidentato, ma ci sono
I ranuncoli gialli sul ciglio del
Fosso e l’erba medica già ci prepara
le verdi lenzuola. Facciamo barchetta
con i piedi sotto le tue natiche dolci.
Poi il gioco dei quattro cantoni
Ci vedrà scontarci, piangerci,
rotolarci. La bicicletta può certo aspettare.
Il nostro amore no?
Una poesia da modello all’ultima fase della poesia di Paris, fatta di cammino urbano dal lento pede e colloquio onesto nel fondo di contesto cittadino ed esprit magico-rituale della provincia. A questo tipo di poeta plebeo, dal sapore sabiano – “La poesia è tornata bambina” -, appartiene la dimensione conversativa, drammaturgica, di una “realtà, che mi inghiotte come una fornace con i suoi tizzoni ardenti”, di un Aprile che bordeggia il Pasolini friulano, di un carattere levantino e orientaleggiante che traspare con un delicato linguaggio da sapiente critico del costume sociale occidentale. La bellezza della poesia di Renzo Paris risiede nell’incontro fecondo e stratificato di un atto liberatorio che nega ogni alone arido, intellettuale, una clausola che alla poesia di oggi risulterà vuota di senso.
[…] Sono ancora lucido
e vispo ma non mi aspetto più niente.
Non ho fatto altro che rincorrere
la vita immaginandola, stravolgendola,
per ricomporla nell’ultimo scongiuro.
Renzo Paris-
Renzo Paris è nato a Celano (AQ) nel 1944. Si è trasferito con la famiglia a Roma nel 1958, dove ha sempre vissuto. Ha raccolto le sue poesie in Album di famiglia (Guanda, 1990), Il fumo bianco (Elliot, 2013), Il mattino di domani (Elliot, 2017) e Magico respiro (Stampa 2009, 2021). Ha scritto La banda Apollinaire (Hacca, 2009) e ha raccontato la seconda scuola romana di poesia in La vita personale (Hacca, 2009). Ha tradotto e commentato per gli Oscar Mondadori Gli amori di Guillaume Apollinaire e Gli amori gialli di Tristan Corbière, mentre per TEA ha commentato Amori di Jacques Prévert. È autore di numerosi romanzi tradotti all’estero, tra i quali: Canisciolti (Guaraldi, 1973), Frecce avvelenate (Bompiani, 1974), la trilogia marsicana Ultimi dispacci della notte (Fazi, 1999), La croce tatuata (Fazi, 2005) e I ballatroni (Avagliano, 2007), a cui sono seguiti Alberto Moravia: Una vita controvoglia (Castelvecchi, 2013), Il fenicottero. Vita segreta di Ignazio Silone (Elliot, 2014), Pasolini. Ragazzo a vita (Elliot, 2015), Miss Rosselli (Neri Pozza, 2020) e Pasolini e Moravia. Due volti dello scandalo (Einaudi, 2022). Ha insegnato Letteratura francese nelle università di Salerno e di Viterbo. Collabora al «Venerdì di Repubblica», «il manifesto» e «il Fatto Quotidiano».
Michele Paladino è nato a Termoli nel 1993. Ha pubblicato nel 2021 Breviario delle aberrazioni (Fallone editore). Si occupa di critica letteraria.
La rivista «Atelier» ha periodicità trimestrale (marzo, giugno, settembre, dicembre) e si occupa di letteratura contemporanea. Ha due redazioni: una che lavora per la rivista cartacea trimestrale e una che cura il sito Online e i suoi contenuti. Il nome (in origine “laboratorio dove si lavora il legno”) allude a un luogo di confronto e impegno operativo, aperto alla realtà. Si è distinta in questi anni, conquistandosi un posto preminente fra i periodici militanti, per il rigore critico e l’accurato scandaglio delle voci contemporanee. In particolare, si è resa levatrice di una generazione di poeti (si veda, per esempio, la pubblicazione dell’antologia L’Opera comune, la prima antologia dedicata ai poeti nati negli anni Settanta, cui hanno fatto seguito molte pubblicazioni analoghe). Si ricordano anche diversi numeri monografici: un Omaggio alla poesia contemporanea con i poeti italiani delle ultime generazioni (n. 10), gli atti di un convegno che ha radunato “la generazione dei nati negli anni Settanta” (La responsabilità della poesia, n. 24), un omaggio alla poesia europea con testi di poeti giovani e interventi di autori già affermati (Giovane poesia europea, n. 30), un’antologia di racconti di scrittori italiani emergenti (Racconti italiani, n. 38), un numero dedicato al tema “Poesia e conoscenza” (Che ne sanno i poeti?, n. 50).
Direttore responsabile: Giuliano Ladolfi Coordinatore delle redazioni: Luca Ariano
Redazione Online Direttori: Eleonora Rimolo, Giovanni Ibello Caporedattore: Carlo Ragliani Redazione: Mario Famularo, Michele Bordoni, Gerardo Masuccio, Paola Mancinelli, Matteo Pupillo, Antonio Fiori, Giulio Maffii, Giovanna Rosadini, Carlo Ragliani, Daniele Costantini, Francesca Coppola.
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Beppe Salvia appartiene alla poesia contemporanea e a quelle personalità letterarie dalle sfumature sfaccettate come opali: Salvia decide di togliersi la vita a soli trentun anni, il 6 aprile 1985.
A scrivere ho imparato dagli amici,
ma senza di loro. Tu m’hai insegnato
a amare, ma senza di te. La vita
con il suo dolore m’insegna a vivere,
ma quasi senza vita, e a lavorare,
ma sempre senza lavoro. Allora,
allora io ho imparato a piangere,
ma senza lacrime, a sognare, ma
non vedo in sogno che figure inumane.
Non ha più limite la mia pazienza. Non ho pazienza
più per niente, niente
più rimane della nostra fortuna.
Anche a odiare ho dovuto imparare
e dagli amici e da te e dalla vita intera.
C’è chi, al contrario di me, non dispera,
che con salute e forza e virtù e buona
fortuna, si arrivi a morire dopo
tanti bei giorni, pieni di tantissime
cose di questo mondo o di un altro mondo;
o dopo tanti giorni e quella gioia soltanto
povera dei giorni. Io son felice,
a questo mondo, solo di questo e spero
che a me il destino procuri con le sue
pesti e la pietà e i suoi dolori
un solo giorno più bello di tutti questi
miei dolorosi giorni; o di questo mio
dolore si dimentichi per un solo
giorno.
M’innamoro di cose lontane e vicine,
lavoro e sono rispettato, infine
anch’io ho trovato un leggero confine,
a questo mondo che non si può fuggire.
Forse scopriranno una nuova legge
universale,e altre cose e uomini
impareremo ad amare. Ma io ho nostalgia
delle cose impossibili, voglio tornare
indietro. Domani mi licenzio, e bevo
e vedo chimere e sento scomparire
lontane cose e vicine.
la mia cultura è poca e la mente fioca,
non ho conosciuto regole e leggi e nessuno
dell’ordine dell’universo m’ha insegnato
ad amare la sua natura grande
e umile. Ho offeso con la mia stupidità
la legge della vita, l’infinita innocenza
della sua crudeltà. Adesso ho un cuore
nobile ma la mia carne è pietra.
e imparo da solo con stenti l’errore
d’essere solo. E padre e madre vorrei
essere di questa solitudine.
non l’abitudine filiale, ma il segreto esempio
la natura dolce delle parole vere
io voglio dedicare questo corpo magro,
attraversato dal tremendo folgore
del coltello e dell’innaturale pietà
della preghiera. E spezza da sé e su
se stesso l’acqua rigida del suo vero.
Beppe Salvia
Conosco adesso il tempo certo
degli abissi e la parola povera
della vita, e l’esclusione e l’essere
e il pentimento e la colpa. E tutto
dura nel mio corpo eterno, e io
non posso amare senza amor
e non posso soffrire senza dolore.
Ceneri del nostro tempo gli evidenti
abissi del dubbio e l’assoluto.
La mia paura è grande ma ho il coraggio
di esistere. Soltanto in me è l’errore
del giorno e della notte. Il tramonto è leggero
come una carezza. e il giorno nella notte
si trasforma. Di questo genere del mondo
che è l’esser vero l’inconsapevolezza
giovanile fa nascere qualcosa che
soltanto l’amore della ragione conduce
ad esser vero. Anche di questo eterno
errore sono prodighi gli attimi fuggitivi, le origini e la fine.
Adesso io ho una nuova casa, bella
anche adesso che non v’ho messo mano
ancora. Tutta grigia e malandata,
con tutte le finestre rotte, i vetri
infranti, il legno fradicio. Ma bella
per il sole che prende ed il terrazzo
ch’è ancora tutto ingombro di ferraglia,
e perché da qui si può vedere quasi
tutta la città. E la sera al tramonto
sembra una battaglia lontana la città.
Io amo la mia casa perché è bella
e silenziosa e forte. Sembra d’aver
qui nella casa un’altra casa, d’ombra,
e nella vita un’altra vita, eterna.
il mare è vasto e azzurro come il cielo,
e di questa ritmica melodia
vibrano foglie e fiori e le chiome
ampie dei pini. La malinconia
un tempo m’afferrava quando, vecchio
calligrafo di grigi fogli, ferro
e fuoco sono i versi, della casa
mia infinita, le persiane verdi
e il rosa scialbo e l’edera già grigia,
io sognavo inutilmente. Adesso
io amo questa nostra vita mite
e quei colori e quei versi, e tutta
infinita grandezza e la pazienza
del nulla attorno a queste sillabe.
in cielo i nuvoli son grandi vele
bianche, velieri. Io voglio per mare
un fondo di bottiglia e davvero
esitare a scrivere, non vere
le parole han bisogno di severe
prigioni dove snebbiare; più terse
allora seguiranno il verso giusto,
più vere eviteranno le maldestre
oasi d’ambiguità che son rare
ai deserti e frequentissime dove
il deserto è la folla delli errori,
e degli uomini incerti qui nei mari
d’assenza e di dolore. Come fiori
di mandorlo e di pesco le parole.
Abbiamo nel cuore un solitario
amore, nostra vita infinita,
e negli occhi il cielo per nostro vario
cammino. Le spiagge i cieli, la riva
su cui sassi e rovi e il solitario
equisèto, e colli erbosi grassi
rioni, città dispiegate come
belle bandiere, e nude prigioni.
Questa è la nostra vita. Questi nostri
volti vagabondi come musi
di cani ci somigliano. Il vento
il sole le corolle rosse e blu,
i sogni mai sognati i nostri sogni.
Questa è la nostra vita e nulla più.
È quasi primavera, io dipingo
già fuori sul terrazzo, tra odori
di mari lontani e queste vicine
piante di odori. La salvia la menta
il basilico e i sedani dipingo
su tele bianche con pochi colori.
Il verde perché son verdi le piante,
e bianco il bianco nulla della tela,
e il rosso dei tramonti su la vela
del cielo che apre un teatro vero
e questi miei pensieri. Io dipingo
la sera quando i tormenti più vivi
accendono il cielo e bruciano il cuore,
e all’alba quando già nulla è la vita.
Viene la sera, è vero, silenziosa
piove una luce d’ombra e come
fossero i nostri sensi inevitabili
improvvisi, noi lamentiamo
una più vasta scienza.
Aver di quella il frutto
appariscente, la bella brama,
e l’ombra perfino, di sussurri
e di giochi, come bimbi.
Ma io lo so Serena io non posso,
in questi tempi segnati dal segreto
di cui s’invade
la nostra intimità,
vivere adesso se non con tale affanno
e così lieve.
Di questo amaro stento già si fa più vero
un sentimento pago di letizia, al modo
che alla sera insieme
andando per le strade
chiare, l’ho visto, d’ombra
e di segreto,
noi siamo tra i perduti lumi
esseri più miti di chi
venuto prima di noi
ebbe solo a soffrire
salvi quasi per caso, e in questo prodighi.
I baci sono bellissimi doni.
Beppe Salvia appartiene alla poesia contemporanea e a quelle personalità letterarie dalle sfumature sfaccettate come opali: Salvia decide di togliersi la vita a soli trentun anni, il 6 aprile 1985. Marco Lodoli nell’articolo Morte di un giovane poeta pubblicato su Paese Sera, il 18 aprile 1985, afferma: «Beppe Salvia è morto a Roma, a trent’anni, gettandosi dalla finestra di casa sua sabato 6 aprile, a via del Fontanile Arenato. Ho sempre avuto l’impressione che abitasse in quella via perché il nome gli piaceva. Un nome liricamente simbolico.»Via del Fontanile Arenato è infatti uno zampillo di idee opalescenti, quelle di Beppe Salvia, arenate dalla troppa sensibilità, madre di una poesia lirica e tragica al contempo.
Beppe Salvia
Beppe Salvia nasce nel 1954 a Potenza. Nel 1972 si trasferisce a Roma con la madre e il fratello, cambiando spesso casa e alternando la vita romana con alcuni viaggi in Sicilia. Inizia a pubblicare poesie in rivista nel 1976 (su «Lettera» e «Nuovi Argomenti»), diventando ben presto protagonista di quel clima vivace e alternativo animato nella capitale da poeti e pittori suoi coetanei. Frequenta i laboratori di poesia di Elio Pagliarani, occasione fondamentale per i giovani poeti sul volgere degli anni Settanta. Fonda nel novembre 1980 la rivista “Braci” insieme a Claudio Damiani, Giuseppe Salvatori, Arnaldo Colasanti e Gino Scartaghiande, ma allo stesso tempo, fin dall’ottobre del 1980, pubblica sulla rivista “Prato pagano” di Gabriella Sica le sue Lettere musive e partecipa a riunioni redazionali. In entrambe le riviste vengono pubblicate sue sillogi poetiche o ‘corone di sonetti’, che si distinguono subito per la spiccata individualità, alternante elegia e tragedia. Muore tragicamente il 6 aprile 1985. Alcuni degli amici più stretti ne ricordano la figura, qualche giorno dopo, sulla pagina culturale del «Paese sera», dando inizio a una sua tenace leggenda che in tempi recenti si è nutrita di studi e pubblicazioni di taglio anche accademico. Nel 1985, dopo l’improvvisa scomparsa, esce subito il suo primo libro, Estate, con lo pseudonimo di Elisa Sansovino, nei “Quaderni di Prato pagano”. Alla fine del 1987, presso Rotundo, esce Cuore (cieli celesti); nel 1989, nelle Edizioni romane della Cometa, il diario poetico Elemosine eleusine.
Roma al Teatro de’ Servi va in scena “IL BERRETTO A SONAGLI” di Luigi Pirandello-regia di Luca Ferrini-
Alt Academy Produzioni presenta IL BERRETTO A SONAGLI di Luigi Pirandello
Roma-IL BERRETTO A SONAGLI, grande classico di Luigi Pirandello approda al Teatro de’ Servi, dal 14 al 26 gennaio, con la regia di Luca Ferrini.
Beatrice Fiorica è una donna disperata: ha avuto conferma che il marito, il Cavaliere Fiorica, la tradisce con Nina Ciampa, la giovane moglie del suo storico e fidato contabile, ed è decisa a travolgere l’intero paese con vero scandalo. L’astuta Beatrice si imporrà sul fratello Fifì e sulla domestica Fana, poi con una scusa invierà il signor Ciampa a Palermo così da aver mano libera per forzare il commissario Spanò a procedere con la denuncia e a pianificare l’irruzione che coglierà in flagrante il Cavaliere con l’amante. Lo scandalo scoppia, ma quando Ciampa rivela la sua scioccante verità l’unica a subirne le conseguenze sarà Beatrice, e tutti gli altri potranno solo salvare la loro maschera “girando la corda civile”.
Alt Academy Produzioni
presenta
IL BERRETTO A SONAGLI
di Luigi Pirandello
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presenta
IL BERRETTO A SONAGLI
di Luigi Pirandello
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IL BERRETTO A SONAGLI
di Luigi Pirandello
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IL BERRETTO A SONAGLI
di Luigi Pirandello
regia di Luca Ferrini
con Giovanni Prosperi, Alessandra Mortelliti, Paola Rinaldi, Andrea Verticchio, Antonia Di Francesco, Luca Ferrini, Marianna Menga, Veronica Stradella
disegno luci Cristiano Milasi
musiche Giulio Ricotti
Alt Academy Produzioni
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IL BERRETTO A SONAGLI
di Luigi Pirandello
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IL BERRETTO A SONAGLI
di Luigi Pirandello
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IL BERRETTO A SONAGLI
di Luigi Pirandello
Sinossi del libro di Emilio Gentile-Roma e il fascismo: l’evidenza del loro connubio nasconde molti interrogativi. Bisogna domandarsi innanzi tutto: quale Roma? È necessario distinguere fra la Roma reale, la Roma antica e la Roma fascista. Alla Roma reale che disprezzava, il fascismo opponeva il proprio mito di Roma, che coincideva, fin dalle sue prime formulazioni, con l’odio per la democrazia e con il mito dell’impero: “La Roma che noi onoriamo, non è la Roma dei monumenti e dei ruderi, la Roma delle gloriose rovine. La Roma che noi vagheggiamo e prepariamo è un’altra: non si tratta di pietre insigni, ma di anime vive; non è contemplazione nostalgica del passato, ma dura preparazione dell’avvenire. Roma è il nostro punto di partenza e di riferimento; è il nostro simbolo o, se si vuole, il nostro mito. Noi sogniamo l’Italia romana, cioè saggia, forte, disciplinata e imperiale.”. Il mito della Roma fascista, anche se ammantato di richiami alla Roma antica, era un mito moderno. La romanità del fascismo fu essenzialmente una proiezione del suo totalitarismo, col quale il mito fascista di Roma si identificò per tutto il percorso della parabola del regime, dall’ascesa faticosa, ma decisa, verso la potenza e la gloria del trionfo, alla discesa inconsapevole, ma sempre più precipitosa, verso una fine ingloriosa. Intrecciando documenti e immagini, Emilio Gentile propone un’originale interpretazione del connubio fra Roma e fascismo, rivelando aspetti inediti del totalitarismo fascista.
L’Autore
Emilio Gentile-
Emilio Gentile, storico di fama internazionale, nel 2003 ha ricevuto dall’Università di Berna il Premio Hans Sigrist per i suoi studi sulle religioni della politica. Tra le sue più recenti opere per Laterza, tradotte nelle principali lingue: Fascismo. Storia e interpretazione; La Grande Italia; La democrazia di Dio (Premio Burzio); Fascismo di pietra; E fu subito regime. Il fascismo e la marcia su Roma (Premio Città delle Rose; finalista e vincitore del Premio del Presidente al Premio Viareggio); Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra; Il capo e la folla; “In democrazia il popolo è sempre sovrano”. Falso!; Mussolini contro Lenin; 25 luglio 1943 (Premio Acqui Storia 2018); Chi è fascista; Caporali tanti, uomini pochissimi. La Storia secondo Totò; Storia del Partito fascista. Movimento e milizia. 1919-1922.
Rassegna stampa
Dino Messina, “Corriere della Sera”- Il regime fascista, ci racconta Emilio Gentile in questo nuovo e avvincente saggio, non era soltanto retorica, ma anche pittura, scultura, architettura, urbanistica. Gentile si conferma il vero erede italiano di Gorge Mosse, attento, come lo fu lo storico tedesco, agli aspetti dell’estetica del potere.
Filippo Ceccarelli, “la Repubblica”- Si aprì l’era del ‘piccone risanatore’. Per Mussolini attrezzo-simbolo di un attivismo frenetico che finiva per considerare Roma e la sua architettura passata e futura – come spiega molto bene Emilio Gentile – come arsenale di miti, deposito di destini imperiali, ma anche bersaglio di risentimenti che il duce nutriva fin dalla giovinezza nei confronti
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