personale dell’Artista Alfredo Di Bacco “Il paradosso della realtà”
Pescara, 2 ottobre 2024–Al Museo delle Genti d’Abruzzo le tele che Alfredo Di Bacco Figure che esaltano l’interiorità, portando a galla i sentimenti più profondi, fondendoli con la realtà e acquisendo un senso nuovo. Sono trentatré le tele che Alfredo Di Bacco propone nella personaleche venerdì prossimo, 4 ottobre, sarà inaugurata alle 17,30 nello Spazio Arte del Museo delle Genti d’Abruzzo in via delle Caserme a Pescara. Un percorso che rappresenta la silloge della produzione dell’artista negli ultimi dieci anni. Raffinato ed elegante nel tratto e nei cromatismi, Di Bacco è espressione di una cultura che affonda le sue radici negli ultimi trent’anni del Novecento e si evolve costantemente assorbendo le dinamiche del presente e restituendole animate da una percettibileprospettiva futura. “Di Bacco, infatti – scrive nelle note il curatore della mostra Andrea Viozzi – dimostra di possedere un’ampia conoscenza delle afflizioni della società moderna, dei suoi malesseri e dei suoi paradossi, e una vasta gamma iconografica da cui trarre spunto per le sue tele, dove la duplice figura MI rappresenta il nostro dual, il nostro opposto, dove la realtà appare come un gioco illusorio che si frammenta in maniera articolata, la cui lettura è spesso mascherata e di non facile interpretazione,perché non esiste un’unica verità e non esiste più una sola coscienza, ma più coscienze.
Come molti pittori del nostro tempo egli ha ben chiaro che non esiste più l’opera d’arte nella sua autonomia e indipendenza ma solo se viene posta al centro di un dibattito sociale. Ha dato vita ad un lungo lavoro di scavo e di evoluzione tecnica che lo hanno spinto non solo a dipingere per rappresentare una realtà in cui forma e colore, ritmo e volume, disegno e gesto hanno riacquisito una loro precisa identità, ma per esplorare e comunicare concetti complessi”.
La mostra “Il paradosso della realtà” resterà aperta fino al 13 ottobre.
Informazioni
Il Museo delle genti d’Abruzzo è un museo di Pescara.
Il Museo traccia la storia dell’uomo in Abruzzo dal suo primo apparire come cacciatore paleoloitico. Sottolinea il contributo offerto dalle 9 tribù italiche d’Abruzzo e Molise all’affermazione di Roma, tanto da dare il nome di Italia a tutta la penisola. Con una rapida sintesi evidenzia quanto di questo passato si sia tramandato sino a noi in termini di costumi, credenze, luoghi di culto, produzioni, oggetti, forme. Tema centrale del Museo, articolato in 16 grandi sale espositive, è il concetto di continuità, di perduranza culturale, illustrata attraverso un allestimento museografico coinvolgente, dotato di postazioni multimediali e di un sistema digitale di audioguide in più lingue, che lo rendono uno fra i più originali e innovativi in Italia nel campo antropologico. Il Museo delle Genti d’Abruzzo si trova nel centro storico di Pescara, all’interno dell’antico edificio delle caserme Borboniche. Il piano dov’è ospitata la collezione permanente fu costruito come caserma nel Settecento, sul seminterrato che apparteneva alla cinquecentesca Fortezza di Pescara.
Informazioni
Il Museo delle genti d’Abruzzo è un museo di Pescara.
A Roma la galleria d’Arte Contemporanea di Francesca Antonini festeggia 60 anni.
L’evento a Palazzo delle Esposizioni
Articolo di Valentina Muzi per Artribune-Un traguardo importante che il polo espositivo romano ha deciso di celebrare organizzando un incontro con curatori, collezionisti e artisti che hanno contribuito al successo della storica galleria Maggiormente orientata verso la giovane arte emergente e i linguaggi sperimentali, la galleria d’arte Francesca Antonini si racconta, a sessant’anni dalla sua fondazione, tra aneddoti, testimonianze e racconti a Palazzo delle Esposizioni, oggi 2 ottobre 2024, in compagnia di collezionisti, curatori e artisti che hanno segnato la carriera della galleria.
La galleria Francesca Antonini Arte Contemporanea a Roma: la storia
Fondata da Angelica Savinio, figlia del grande artista Alberto Savinio, nel 1964 sotto il nome di Il Segno, la galleria d’arte contemporanea di Via di Capo le Case a Roma ha avviato un importante percorso di collaborazioni con alcuni dei maggiori artisti internazionali dell’epoca. Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Alberto Burri, Fausto Melotti e Lucio Fontana sono solo alcuni degli artisti che hanno contribuito al successo della galleria, rendendola una delle realtà protagoniste del panorama culturale italiano.
Da “Il Segno” a “Francesca Antonini Arte Contemporanea”
Nel 2014, in concomitanza con il cinquantesimo anniversario della fondazione, la galleria cambia il proprio nome in Francesca Antonini Arte Contemporanea, marcando l’avvio di un nuovo percorso espositivo e il rinnovamento del proprio ambito di ricerca, con la scelta di concentrarsi sulla giovane arte italiana, seguendo artisti come Guglielmo Castelli, Simone Cametti, Marco Eusepi e Francesco Casati, per citarne solo alcuni.
I festeggiamenti a Palazzo delle Esposizioni a Roma
Per celebrare il sessantesimo compleanno della galleria d’arte romana, Palazzo delle Esposizioni ospiterà un incontro il 2 ottobre 2024 alle ore 17 invitando curatori, collezionisti e artisti che hanno contribuito al successo della storica galleria, raccontando ricordi e aneddoti personali. Tra i partecipanti ricordiamo il collezionista Franco Bernabé, gli Gregorio Botta e Simone Cametti, i curatori Ludovico Pratesi e Paola Ugolini e molti altri ancora.
Valentina Muzi (Roma, 1991)è diplomata in lingue presso il liceo G.V. Catullo, matura esperienze all’estero e si specializza in lingua francese e spagnola con corsi di approfondimento DELF e DELE. La passione per l’arte l’ha portata a iscriversi alla Facoltà di Studi Storico-Artistici dell’Università di Roma La Sapienza, laureandosi in Storia dell’Arte Contemporanea e svolgendo il tirocinio formativo presso il MLAC – Museo e Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Ateneo, parallelamente ha frequentato un Executive Master in Management dei Beni Culturali presso la Business School del Sole24Ore di Roma. Dal 2016 svolge attività di PR, traduzione di cataloghi, stesura di testi critici e curatela indipendente. Dal 2017 svolge l’attività di giornalista di taglio critico e finanziario per riviste di settore. Attualmente è membro del Board Strategico presso l’Associazione culturale Arteprima noprofit, nella stessa ha svolto il ruolo di Social Media Manager ed è Responsabile organizzativa della piattaforma Arteprima Academy.
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a Roma inaugura la mostra dal titolo :“Verso il Cielo”-
Roma-Mercoledì 2 ottobre 2024 alle ore 18:30 inaugura la mostra personale di Giulia Napoleone (Pescara, 1936) dal titolo Verso Cielo a cura di Roberto Lacarbonara nello spazio espositivo ETworks Studio a Roma, via dei Marsi 41 (quartiere San Lorenzo). L’esposizione – la prima interamente dedicata a un’artista ospite, a seguito dei dialoghi e delle collettive intraprese con l’opera di Tamburi – è realizzata con la collaborazione di Sergio Pandolfini delle Edizioni Il Bulino.
Il “verso” che compare nel titolo della mostra lega insieme una direzione e una composizione: rivolgere lo sguardo al cielo e ad esso dedicare la poesia e l’immagine, la forma che emerge da una ricerca perenne.
Le opere di Giulia Napoleone nascono dall’esigenza di definire una scrittura differente, scevra di parole eppure organizzata per sequenze, ordini, misure, ritmi, partiture. Al colore affida il compito di registrare ogni minima variazione del sentimento; un colore che l’artista predilige per le sue assonanze al cielo: il blu che, ereditando le esperienze secolari della pittura, qui si declina nelle infinite modulazioni della sfumatura oppure si concentra, raggrumandosi, nelle molteplici linee della stesura orizzontale.
L’atto di dipingere – calibrato e reiterato, aderendo a regole non scritte, come un rito – consegna alla carta e alla tela le sue tracce quasi architettoniche, strutture, sequenze organizzate. Nei quadrati che tagliano e modulano campiture dilavate, nell’estensione dei celebri “paesaggi di puntini”, o nelle geometrie sedotte da graduali variazioni della luce, l’artista si esercita nello spazio indistinto del colore per giungere a un ordine, a un registro formale: è come domare l’infinito, arare il cielo, trascendere il dato sensibile per mezzo del controllo, dell’analisi, di una paziente e meditata disciplina.
“Tutta la comprensione delle cose avviene attraverso la poesia, a tutto corrisponde un verso”, sostiene Napoleone. Così come la comprensione è un guadagno di chiarezza, un desiderio di ragione, ugualmente la pittura è questo scorgere un sentiero nella nebbia, nella polvere, nella luce crepuscolare del mattino. Per lei, la materia del dipingere ha una plasticità minima e sensibile, si addensa e si dirada, si concentra in punti e segmenti, oppure sfuma nella complicità della carta, dei margini, dello spazio circostante, fondendosi con la realtà. Dai decenni trascorsi nella pratica del bulino, deriva questo equilibrio tra la profondità del segno e la superficie dei supporti e delle matrici. E nella trama fitta di linee e campi cromatici, lo sguardo indaga e riconosce il mutamento del tempo, di una stagione, di un perpetuo rinnovarsi delle prime luci che annunciano un cielo nuovo.
Note biografiche
Giulia Napoleone (Pescara, 1936, vive e lavora tra Roma e la Tuscia Viterbese), in seguito a una formazione definita attorno ai linguaggi della poesia, della musica classica e della fotografia, si dedica alla pittura e, prevalentemente, alla grafica. Dal 1965 è ricercatrice, poi docente (1974-76) alla Calcografia Nazionale di Roma, stringendo un sodalizio di studio con Guido Strazza. Nel 1967 perfeziona i suoi studi nelle tecniche grafiche presso il Rijksmuseum di Amsterdam.
L’incisione e le altre tecniche dirette (bulino, maniera nera, puntasecca) rappresentano un mezzo espressivo privilegiato e congeniale, accanto all’acquerello e al disegno a pastello e a inchiostro. Nelle prime opere emerge l’uso di segni o unità minimali, impaginati in tessiture astratte o ispirate a forme vegetali e paesaggi immaginari; in seguito, rivolge i suoi interessi alle ricerche sulla luce, ai passaggi cromatici e al ritmo compositivo della linea e del segno, ma anche ai noti “paesaggi di puntini” realizzati con inchiostro, acquerello o matita. Attraverso un approccio meticoloso e sobrio, le sue opere su carta invitano a un esame ravvicinato, rivelando i loro lievi effetti percettivi.
Sue opere sono state esposte in importanti gallerie e istituzioni tra cui: Galleria Numero, Firenze, 1963; Galleria dell’Obelisco, Roma, 1973; La Quadriennale Nazionale d’Arte Roma, 1986 e 1999; Musée des Beaux-Arts de la Ville, Le Locle, Svizzera, 1990; Palazzo Martinengo, Brescia, 1995; Museo di Villa dei Cedri, Bellinzona, Svizzera, 2001; Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi Firenze, 2011. Del 2018 l’importante retrospettiva alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Nel 2020 la personale alla galleria Il Ponte di Firenze a cura di Bruno Corà e nel 2023, la personale nella sede romana della galleria Richard Saulton.
Giulia Napoleone
Verso Cielo
a cura di Roberto Lacarbonara
ETworks Studio via dei Marsi 41 Roma
Opening: Mercoledì 2 Ottobre 2024, ore 18.30
Apertura: dal 2 Ottobre all’11 Dicembre 2024. Ingresso gratuito
Orari: venerdì e sabato, 16.00-19.00. Gli altri giorni su appuntamento
Nota di Luigi Capano-Fu l’incisore Guido Strazza a fare per la prima volta il nome di Giulia Napoleone (Pescara, 1936). Sull’onda dei ricordi Strazza rivisse gli anni trascorsi alla Calcografia a sperimentare nuove tecniche e a cercare nuovi segni insieme ad un gruppo di appassionati sodali: tra questi, l’artista pescarese, che espone in questi giorni nella sede romana della galleria londinese Richard Saltoun, in Via Margutta.
La sua formazione artistica avvenne a Roma – sullo scorcio degli anni Cinquanta – dove, all’Accademia di Belle Arti, fu allieva di Mino Maccari e di Lino Bianchi Barriviera che la iniziarono alle tecniche incisorie; e dove seppe coltivare fruttuose amicizie formative: basti citare i nomi di Morandi, Flaiano, Scheiwiller, Dorazio, Sinisgalli, Guido Strazza. Si appassionò alla musica e alla poesia. E qualcosa di queste arti risuona, sinesteticamente, nella sua visione plastica. Una trentina i dipinti in mostra, tra opere su carta e oli. Unico il soggetto: il colore blu, osservato, analizzato, inseguito nelle sue continue vibrazioni, nei suoi rapidi neumi giocati su una effimera trama di luce. Ed infine, imbrigliato ed esibito, con consumata perizia, in eleganti geometrie predatorie. Ci lasciamo volentieri avvolgere da questa algida e fluttuante effusione monocromatica che dissimula, fra i diletti del godimento retinico, un’ancestrale nostalgia dell’ineffabile.
LIETTA TORNABUONI giornalista e critica cinematografica.
Lietta Tornabuoni-Nata a Pisa da un’antica famiglia aristocratica, iniziò la carriera giornalistica nel 1949 al settimanale “Noi Donne”. Nel 1956 collaborò con Novella ed in seguito con L’espresso, L’Europeo, La Stampa e Il Corriere della Sera. Oltre che cronista e critica cinematografica, pubblicò libri sul cinema e la televisione. Si legò in particolare a Torino, come inviata del quotidiano torinese La Stampa, il Torino Film Festival e le numerose iniziative del Museo nazionale del Cinema e le principali attività cinematografiche della città. Era sorella del pittore Lorenzo Tornabuoni
Aveva cominciato la professione nel 1949 a «Noi Donne», il settimanale dell’Udi, passando nel 1956 a «Novella», poi all’«Espresso»e all’«Europeo». Alla Stampa era arrivata nel 1970, dove ha continuato a lavorare fino a oggi, tranne un breve intervallo dal 1975 al 1978 al «Corriere della sera». Tra i suoi libri: «Sorelle d’Italia», «Album di famiglia della tv», «Era Cinecittà», dove raccontava la “grande famiglia” del cinema, e l’annuale appuntamento di «Al cinema», il volume che periodicamente raccoglieva le sue recensioni.
Raffaella Silipo di lei disse “Era critico cinematografico del nostro giornale: le sue recensioni asciutte e puntuali coglievano sempre il senso profondo dei film. Non si faceva problemi ad alternare il mestiere del critico a quello del cronista, guardava la realtà con curiosità inesausta e affettuoso disincanto, senso dell’umorismo tutto toscano e severo rigore sabaudo, prima di tutto con se stessa. Una gran signora del giornalismo italiano.”
Completa il suo ritratto Donata Righetti: “Lietta con il suo volto da madonna toscana, l’antica bellezza appesantita e l’instancabile presenza era una figura inconfondibile ai grandi eventi di cronaca e ai festival del cinema. Ammirata e anche temuta dai colleghi come concorrente imbattibile. Nei suoi articoli assente quel “colore” che capi e capetti delle redazioni esigevano per pigrizia dalle inviate, niente merletti di parole ma una prosa limpida, necessaria, elegante. Ogni fatto, ogni particolare, ogni nome controllati con implacabile precisione.” (Donata Righetti)
Nel mese di dicembre del 2010 Lietta fu ricoverata al Policlinico Umberto I di Roma per una caduta, muore l’11 gennaio a 79 anni.
Storia dei resoconti del 25 aprile di quell’anno nella stampa quotidiana.
Roma,La Storia del 25 aprile – Anche se già dal 1947 il 25 aprile era stato proclamato Festa nazionale, è solo nel 1950 che per la prima volta l’anniversario viene celebrato con una cerimonia ufficiale ed unitaria, come ci dice il manifesto affisso a cura del Comitato organizzatore:
“Aderendo all’invito di tutte le forze della resistenza, sotto gli auspici del Parlamento, le rappresentanze del Senato e della Camera e del Governo, le formazioni volontarie della lotta per la Liberazione, le Direzioni dei partiti che parteciparono alla riscossa, le organizzazioni dei combattenti e dei mutilati hanno deciso di celebrare con una solenne unica cerimonia in Roma la data del 25 aprile.”
Il significato della celebrazione unitaria, che trova insieme schierati autorità e popolo, è evidente.
A cinque anni di distanza dall’evento che è certamente tra i più grandi e decisivi della nostra storia, gli italiani non ingrati e non immemori desiderano elevare in concordia il loro pensiero di reverenda gratitudine alla memoria dei Martiri, dei Morti gloriosi, dei partigiani della libertà. Ma ora e al disopra del rito commemorativo, l’Italia rinnovata intende riaffermare la perenne validità del patrimonio ideale che si identifica nel movimento della Resistenza.
La Resistenza si riallaccia con i suoi valori etici e politici ai moti del nostro Risorgimento; lo completa attraverso la sempre maggiore partecipazione attiva e consapevole fatta di sacrifici e di sangue del popolo ai destini della Patria.
La celebrazione del 25 aprile nella unità degli animi e degli intenti di tutte le forze vive che vi parteciparono ha pertanto un valore di altissimo insegnamento. Per tutti gli italiani il patrimonio ideale della Resistenza è sacro e inattaccabile. Appartiene indissolubilmente – ora e sempre – alla storia del nostro Paese.”
1)
Prima del 1950
Negli anni precedenti diverse manifestazioni erano state organizzate da associazioni, prima fra tutte l’Anpi, e da partiti, né erano mancate alcune iniziative del Governo. Così il 25 aprile 1946 il Ministro Gasparotto aveva pubblicato una relazione nella quale forniva i dati del contributo italiano alla Liberazione: l’esercito italiano il 1 gennaio 1946 aveva una forza di 385.156 uomini, secondo le aliquote fissate dagli alleati; le perdite furono di 128.506 morti; 29.398 furono i feriti.
2)
Nello stesso anno il Luogotenente generale del Regno, Umberto II di Savoia, aveva diretto un proclama alle Forze Armate ed aveva concesso medaglie d’oro al valor militare a partigiani e a famiglie di caduti, come farà anche l’anno successivo.
Alle manifestazioni in genere avevano partecipato autorità civili e militari, a volte lo stesso Primo ministro. Di solito si era trattato di Messe di suffragio, deposizione di corone d’alloro o di fiori, comizi. Al pomeriggio si erano aggiunte esibizioni di bande, feste, balli, pesche di beneficenza, la gara ciclistica “Gran Premio della Liberazione” sul circuito della Passeggiata Archeologica, che continuerà per alcuni anni, competizioni pugilistiche, proiezione di film e trattenimenti vari.
Nel 1946 “l’Unità” scrive: “Durante tutto il pomeriggio e la sera […] a Campo dei Fiori, a piazza Borghese, a piazza Testaccio, a piazza Ragusa, a Via Alberto da Giussano, a Porta Cavalleggeri, a Monte Sacro, sui vecchi selciati del centro, nei lontani quartieri della periferia i festoni e le stelle luminose issate su improvvisati spacci di bibite e vino si agitavano nel vento della sera.
I padri, le madri, i giovani, i bambini, le ragazze, gli uomini semplici si muovevano tra la musica che suonava per loro, liberi e felici nelle strade percorse ogni mattina per recarsi al lavoro. Due anni fa per quelle strade gli invasori e i nemici del popolo circolavano nelle
automobili mimetizzate. Due anni fa a giugno per quelle strade e per quelle piazze il popolo passò esterrefatto e delirante per la Liberazione.
[…] Quando il popolo balla nelle strade e nelle piazze, sotto il cielo, vicino alle sue case è un brutto giorno per tutti i suoi nemici. Quei balli e quei canti significano forza, perché sono espressione di amore, di solidarietà e di fratellanza.
Il popolo italiano ha ritrovato la solidarietà e la fratellanza combattendo e distruggendo il fascismo suo nemico. Ogni anno come quest’anno il popolo romano ricorderà quell’impresa, ritroverà il senso della sua forza e del suo amore ballando per le strade.”
3 )
Anche la Rai nel 1947 aveva trasmesso un programma di canti partigiani.
Numerosi erano stati anche i proclami e gli appelli pubblicati per il 25 aprile. Tra questi merita di essere ricordato quello che, nel 1949, l’Alleanza femminile ha diretto alle donne del Fronte, appello nel quale si dice:
“Nel giorno che ricorda la Liberazione del nostro Paese e la grandiosa epopea della lotta partigiana inviamo il nostro saluto a voi tutte, donne d’Italia, che avete or ora sostenuta una così dura battaglia per la democrazia, non come allora, aperta e leale, contro un nemico ben individuato, ma una battaglia sorda contro le calunnie e le perfidie e le insidie di coloro che non conoscono lotta onesta e sincerità d’intenti”
4)
L’appello si conclude con l’invito alle donne a restare unite con chi difende i valori della libertà, del lavoro, della pace.
Solo nel 1948 le manifestazioni erano state vietate. Quell’anno la lotta per le elezioni politiche era stata durissima. La Democrazia Cristiana aveva mobilitato tutte le sue forze, in primo luogo i parroci, contro il pericolo rosso; padre Lombardi, “il microfono di Dio”, tuonava dalla Rai; agli operai si ricordava che Nel segreto della cabina Dio ti vede, Stalin no. Gli animi erano esasperati e i disordini non erano e non sarebbero mancati. La Dc aveva vinto, ma i timori non erano placati e le manifestazioni, anche quelle per il 25 aprile, erano state vietate.
“L’Unità”, commentando il provvedimento, deplora il ministro Scelba che “ha assurdamente esteso anche alle manifestazioni indette per ricordare questa data solenne della storia d’Italia il provvedimento che vieta di tenere fino a nuove disposizioni manifestazioni e riunioni pubbliche. A tutti i prefetti ha diramato disposizioni in tal senso. Solo alla Dc il ministro Scelba, quest’uomo la cui faziosità si accentua ogni giorno che passa, consente di tenere comizi e cortei per le città d’Italia. E proprio in occasione del 25 aprile vien data notizia di manifestazioni che i democristiani – essi soli – si apprestano a tenere a Firenze con la partecipazione dei loro leaders politici per dare anche a questa giornata un carattere di parte.
Tuttavia il ministro Scelba si illude se pensa di poter impedire, con un suo decreto, che i lavoratori e i partigiani rievochino degnamente la lotta antifascista, che i caduti abbiano i loro fiori, che in tutte le città d’Italia i partigiani rivivano il 25 aprile col loro vecchio, genuino entusiasmo e che con essi tutta la popolazione democratica lo riviva.”
5)
Il 25, in realtà, la ricorrenza fu ricordata quasi ovunque. A Milano, però, si registrarono scontri e ferimenti.
Quanto ai temi trattati, nel corso degli anni essi si sono strettamente connessi agli avvenimenti in corso. Così, ad esempio, nel 1949, e negli anni immediatamente successivi, la celebrazione per la sinistra è legata alla propaganda per i Comitati per la pace che si oppongono ai blocchi militari, “bellicisti”, ed in particolare all’ingresso dell’Italia nella Nato, appena costituita. Si ricordano perciò innanzi tutto i 72.000 morti, le centinaia di migliaia di feriti, i 40.000 mutilati.
Un appello in tal senso è anche indirizzato dall’Udi alle donne perché rinnovino il giuramento di lottare per gli ideali che animarono la guerra di Liberazione:
«Mentre si minaccia il nostro Paese con patti bellici ricordiamo e facciamo ricordare a chi non vuole, che il nostro popolo avrebbe perduto l’indipendenza e la libertà se le eroiche armate partigiane non avessero riscattato, con l’onore, anche il diritto ad un maggior rispetto da parte dei vincitori: salutiamo nei partigiani d’Italia i primi ed i più degni difensori della pace del nostro Paese.»
6)
La prima celebrazione unitaria
Quando nel 1950 si decide la manifestazione ufficiale, fanno parte del Comitato che la organizza i Presidenti del Senato e della Camera, Bonomi e Gronchi, il Presidente del Consiglio De Gasperi, il primo Presidente della Repubblica De Nicola, gli ex Presidenti del Consiglio Orlando e Nitti, il senatore Croce, i membri del Cln dell’Italia centro- meridionale Casati, Lussu, Nenni, Reale e Scoccimarro, i membri del Cln dell’Alta Italia Marasca, Merzagora, Morandi e Pertini, i comandanti del Corpo Volontari della Libertà Parri, Longo e Cadorna, i segretari dei Partiti che parteciparono alla Resistenza Togliatti, Mondolfo, Reale, Saragat, Gonella e Villabruna, i Presidenti dell’ANPI, dell’Acnr e dell’Anmi Boldrini, Viola e Ricci, i dirigenti della Resistenza e i deputati e senatori Amendola, Bauer, Bergamini, Brosio, Calamandrei, Carandini, Cevalotto, Cianca, Della Torretta, Fancello, Gasparotto, La Malfa, Lombardi, Mattei, Molè, Ponti, Porzio, Quarella, Romita e Taviani e i dirigenti delle associazioni combattentistiche di Roma Bruno, Cirenei e Garzoni.
Per la ricorrenza, l’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di guerra, l’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci e l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia hanno rivolto a tutti gli italiani il seguente messaggio:
“ITALIANI: ex partigiani, ex combattenti di tutte le guerre!
Ritorna con l’aprile l’anniversario del nostro riscatto.
Misconoscimenti ed oltraggi, che già seguirono al Primo Risorgimento, non possono né potranno mai diminuire la grandezza popolare e nazionale del Secondo Risorgimento d’Italia.
Da Cefalonia, da Napoli delle ‘quattro giornate’, dai campi di concentramento e dalle camere di tortura, dalle Fosse Ardeatine come da Marzabotto e da Vinca, dai paesi montani non piegati dalle rappresaglie, dalle città insorte e liberate parecchi giorni prima che arrivassero gli Alleati, dalle fabbriche e dai porti salvati, ritornano a noi in un vento di epopea i 72.500 Caduti per la Libertà. Essi ci ammoniscono, e ammoniscono il mondo, a ricordare la tragica esperienza della guerra e del fascismo, e l’eroica prova di capacità data dal popolo italiano risollevando dalla catastrofe la bandiera della Patria.
L’esempio che danno le Associazioni dei Combattenti e reduci, dei Mutilati e Invalidi di guerra e Anpi nel celebrare insieme il 25 aprile, come una delle grandi date patriottiche in cui si esaltano gli ideali comuni di libertà, di indipendenza e di pace, sia seguito dall’intera Nazione.
Erano di tutte le regioni d’Italia e di tutti i ceti i Martiri della Resistenza. Ed è stata la loro unità e l’unità attorno ad essi di tutto il popolo che ha salvato allora l’Italia.
Nella difficile situazione attuale sappia l’Italia trarre dall’anniversario della Liberazione motivo di concordia e di fierezza nazionale, luce per un avvenire di pace e di progresso, insegnamento generoso per le giovani generazioni.
Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra – Associazione Nazionale Combattenti e Reduci – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.”
7)
I commenti sui mezzi di informazione
Il richiamo al Risorgimento e la definizione della Resistenza come secondo Risorgimento e completamento del primo erano già stati molto frequenti negli anni precedenti e ritornano nel 1950. Anche l’articolo di Mario Vinciguerra sul “Messaggero” del 25 aprile accosta Resistenza e Risorgimento e considera la situazione dell’Italia nei due momenti. Ma la situazione d’oggi, egli dice, “è certo assai più difficile di quella degli anni che seguirono immediatamente le guerre d’indipendenza e che pure appariva così fosca ai patrioti di allora. Per essi il terreno della patria comune era più facile a ritrovare ed un’atmosfera di più elevata moralità permetteva cavalleresche rinunzie che oggi purtroppo appaiono inconcepibili. […] quello che rattrista e dà giustificate ragioni di preoccupazione è che in mezzo all’elemento fattivo del mondo politico non siano stati superati lo spirito e la pratica di parte. […] guardando la situazione quale è non m’illudo che la celebrazione di oggi riuscirà a portare una parte non trascurabile di italiani su un fondamentale piano di intesa nazionale. Si può dire che essa è ancora una truppa accampata e con le armi al piede. Non voglio discutere le ragioni e anche gli ideali per i quali essa intende combattere ancora. Non sono i miei; ma li comprendo. Però sul
terreno politico bisogna regolare le proprie azioni non su disquisizioni dottrinarie, sibbene sui risultati derivanti dal formarsi o dal rompersi di un certo equilibrio di forze.
L’intesa coi partiti rivoluzionari – malgrado l’intima contraddizione – sarebbe stata ancora possibile, se essi l’avessero voluta mantenere quale fu al tempo della Resistenza. Perché fosse mantenuta, era necessaria una garanzia di pace interna e di sicurezza nazionale. Questo non è stato possibile perché la contraddizione era troppo forte. In verità si tacque di fronte al tremendo pericolo comune; ma quando si cominciò a parlare, ci si accorse che mai come questa volta si parlavano due linguaggi, Per essi la Resistenza significava la difesa della rivoluzione; per noi significò e significherà sempre la difesa della Patria.”
Non molto diverso è il tono delle parole dell’on. Taviani a Genova, dove ricorda il pericolo del bolscevismo e l’impossibilità di schierarsi con i comunisti che hanno dimostrato “di essere altrettanto totalitari e altrettanto pericolosi dei nazisti.”
9)
Nell’editoriale del “Giornale d’Italia” del 26 aprile si dice: “Nello spirito del Risorgimento […] oggi si celebra più che la Liberazione dai tedeschi la caduta di una dittatura e la fine di una guerra infausta che trovò gli italiani divisi e avversi, si celebra […] il ripristino del reggimento democratico nell’aureola splendente della santa Libertà. […] oggi alcuni partiti intendono distinguere, travisare, sopraffare, nel chiaro intento di conquistare posizioni di privilegio che contrastano non solo con lo spirito di quella unione, ma con la volontà liberamente espressa dal popolo in libere elezioni. […] mettere la Resistenza a servizio di un partito che si dice democratico, anche se aggiunge progressivo, quando è notorio che si tratta di una dittatura che tiranneggia le stesse classi sulle quali si regge, è un errore grossolano nel quale solo gli ingenui in buona fede e i falliti in cerca di una favola di salvezza possono cadere.”
10)
Anche il Pci fa riferimento al Risorgimento, ma con toni assai diversi, perché come aveva detto Secchia nel 1946: “i combattenti del nostro Risorgimento non hanno impugnato le armi per essere considerati, dopo un anno appena, dei briganti, per essere messi da parte come lo fu già Garibaldi dopo il 1860, a Caprera. La loro opera non è finita. I partigiani, i patrioti, tutti gli italiani insorti contro la barbarie tedesca e fascista hanno combattuto non solo per liberare l’Italia dalle orde teutoniche, ma per ripulirla dal marciume fascista, per liberarla dall’istituto monarchico causa di tante rovine, per fare dello Stato italiano una repubblica democratica e progressiva.
Il 25 aprile 1945 ha aperto la strada al 2 giugno 1946. Due date, un solo obiettivo: Repubblica, Pace, Lavoro.”
11)
Costante del resto è il richiamo alla pace e alla concordia da parte delle forze di centro e di destra, mentre la sinistra tende a porre l’accento sempre più spesso sulle speranze e gli ideali traditi. Nell’articolo di Arturo Colombi su “l’Unità” del 25 aprile 1950 si dice: “Il ricordo dei nostri morti, delle battaglie combattute in unità d’intenti, delle ansie e delle speranza comuni a tutti coloro che avevano scelto un’altra via che non fosse quella del fascismo e della guerra, è più che mai necessario oggi che taluni uomini e partiti, i quali pur combatterono, in un modo o nell’altro, a fianco della classe operaia e della sua avanguardia comunista e socialista, hanno abbandonato e tradito gli ideali della Resistenza e perseguitano i migliori combattenti della libertà e fanno causa comune con i ceti che costituirono la base e furono i profittatori della dittatura mussoliniana […]. Mentre il paese si apprestava a celebrare la data gloriosa di Aprile ed era lecito attendersi da chi dirige il governo una parola ispirata all’unità e alla concordia del popolo, abbiamo udito invece nuove parole di odio contro i partiti popolari ed espressioni invece di invitante rammarico verso i fascisti. […] come potrebbero gli italiani non essere angosciati dallo spettro della guerra, quando il governo è legato mani e piedi ai forsennati guerrafondai d’oltre oceano e sbarcano sul nostro suolo le armi di quegli imperialisti che non esitano a provocare incidenti di frontiera a diecimila chilometri dal loro territorio?
Non si ricostruisce il Paese asservendolo all’imperialismo del dollaro, né vi può essere ripresa economica, nella pace e nella libertà, finché si conta solo sulle elemosine interessate dello straniero e quando si perseguitano la classe operaia, i lavoratori e i partigiani, proprio perché essi sono rimasti fedeli agli ideali di rinnovamento sociale, di libertà e di pace che animarono la Resistenza.
Per ricostruire e rinnovare l’Italia non occorre tanto l’aiuto americano e ancor meno quello dei rigurgiti fascisti. Occorre aver fiducia nelle virtù del nostro popolo […].
Come negli anni della guerra di Liberazione, così oggi noi abbiamo fiducia nel nostro popolo, è nel nostro popolo e nella sua unità antifascista che noi dobbiamo ricercare le forze e i mezzi per risorgere come popolo libero che costruisce il suo avvenire, che assicura il lavoro e il pane a tutti i suoi figli per risorgere come nazione grande, pacifica e rispettata nel mondo.
Il convegno su Resistenza e cultura
Ci sembra che questo sia lo spirito nel quale si realizza quell’unità antifascista, la quale ha trovato in questi giorni una espressione così alta al Convegno sulla Resistenza e sulla Cultura.”
12)
Questo Convegno, organizzato a Venezia, al quale hanno partecipato numerosi ed importanti intellettuali, si conclude con l’approvazione della seguente, importante mozione:
“Il Convegno ‘La Resistenza e la Cultura italiana’ tenutosi a Venezia i giorni 22, 23 e 24 aprile 1950, nella diversità e varietà di origini e di idee dei convenuti, dichiara che le sofferenze ed il martirio di tutto il popolo, nei lunghi anni della dominazione fascista e nazista, la lotta e la Liberazione che la cultura italiana, nello spirito delle sue tradizioni, suscitò e condusse con tutti gli italiani contro la tirannide fascista e per la Liberazione del Paese, sono patrimonio comune ed intangibile di tutta la nazione. Denuncia la insidia e la protervia delle forze ostili alle libertà nazionali che, male interpretando come debolezza il generoso sforzo di riconciliazione della democrazia, si riorganizzano nella sistematica denigrazione di ogni aspetto e fase della lotta per la libertà, in una azione consapevole volta a rendere inoperante la Costituzione, giovandosi dell’appoggio di elementi dirigenti fascisti reintegrati nell’apparato statale, nella scuola, nella stampa e tra l’inerte disinteresse dei pubblici poteri.
E richiama l’attenzione del Paese sui pericoli interni e internazionali del rifiorire delle forze che condussero l’Italia alla catastrofe.
Ricorda agli immemori che, se un Italia democratica e pacifica può oggi rivendicare il diritto dell’unità e dell’integrità nazionale, questo si deve al sacrificio dei partigiani e dell’esercito di Liberazione. Impegna tutte le forze della cultura e della politica democratica italiana a fermamente difendere i perenni valori di libertà politica, civile, religiosa, intellettuale che ispirò la lotta di Liberazione in Italia e nel mondo.”
13)
Il giorno della Liberazione vengono lanciato vari messaggi: il sindaco di Trieste, ing. Gianni Bartoli, indirizza un messaggio a tutti i sindaci d’Italia; la Federazione Italiana Volontari per la Libertà esorta la nazione a difendere i valori della libertà e della pace contro ogni nostalgico tentativo di ritorno o di sovversione.
Il messaggio dell’Anpi è invece diretto alle Forze Armate e dice:
“Nel quinto anniversario della Liberazione salutiamo fraternamente gli Ufficiali ed i Soldati delle Forze armate alla cui storia gloriosa la vittoria del 25 aprile appartiene. Gloria ai reparti di tutte le Armi che l’8 settembre in Italia e all’estero, trovandosi nella tragica situazione di cui non essi, ma il fascismo era responsabile, seppero resistere a Roma come a Cefalonia, a Torino come nei Balcani, e per il riscatto d’Italia trasformarsi in partigiani. Onore agli Ufficiali e Soldati dell’eroico Corpo Italiano di Liberazione. E onore al popolo italiano che prendendo la iniziativa della guerra partigiana e costituendo il Corpo Volontari della Libertà, ha voluto ridare all’Italia e al suo Esercito indipendenza e dignità. La vittoria conquistata insieme ha permesso all’Italia di risorgere, ha acceso nel cuore dei suoi figli una nuova speranza.
Col nostro saluto, esprimiamo l’augurio che sia messa a frutto nelle Forze Armate della Repubblica, l’eredità preziosa della Resistenza e che sia rafforzata l’unione delle Forze Armate con gli ex partigiani, gli ex combattenti di ogni guerra e tutto il popolo per garantire insieme che la nostra Patria viva e prosperi nella pace, sia libera e indipendente come l’abbiamo voluta noi combattenti, come l’hanno sognata i nostri Morti, come la Costituzione dichiara.
Evviva il 25 aprile!
Evviva le Forze Armate della Repubblica!
Evviva l’Italia
L’Esecutivo dell’Anpi”
14)
La Camera del lavoro ha inviato all’Anpi un saluto e l’auspicio della intensificazione della lotta per l’affermazione dei valori della Costituzione e della pace contro ogni tentativo di riportare il Paese al fascismo e alla guerra.
Il messaggio del Presidente della Repubblica
Infine il messaggio che il Presidente della Repubblica ha diretto al Comitato organizzatore dice:
“Nell’alta parola che le forze della Resistenza hanno dedicato al 25 aprile il Paese riconosce i sentimenti onde la sua anima è commossa al ricorrere di questa data. Per ogni italiano è soprattutto motivo di compiacimento il carattere unitario del richiamo a quei comuni ideali che, nel solco della gloriosa tradizione del Risorgimento, il nostro popolo ancora una volta volle e seppe tradurre in momenti segnati da martirii e sacrifici. Nella fedeltà di ognuno a quegli ideali, nel sapere in essi ritrovarsi di quanti li servirono e nel perpetuarsi in ogni cuore della memoria di coloro che ad essi fecero olocausto della vita, la Patria risorta ravvisa l’auspicio di un migliore avvenire garantito dal costante rafforzamento delle sue istituzioni democratiche e dalla perenne incolumità da ogni tirannide.”
15)
La cerimonia ufficiale, che viene trasmessa per radio, si tiene la mattina del 25 al Teatro Adriano, dove sono presenti i rappresentanti di tutti i partiti. Accanto all’oratore, on. Bonomi, Presidente del Senato, ci sono gli onorevoli Orlando, Togliatti e Gronchi. “L’Unità” sottolinea “la significativa assenza di De Gasperi dalla manifestazione unitaria”. La sala e la piazza Cavour sono affollatissime. Il comizio di Bonomi viene perciò diffuso da altoparlanti anche all’esterno, dove si accalca molta gente che non ha trovato posto nel teatro. L’on. Bonomi, presentato da Molè, ricorda come proprio a Roma dopo l’8 settembre i capi dei movimenti antifascisti si erano riuniti in un modesto appartamento di via Adda. C’erano i democristiani De Gasperi e Ruini, il comunista Scoccimarro, il liberale Casati, il socialista Nenni, il Leader del Partito d’Azione La Malfa. Lo stesso Bonomi li presiedeva. Egli rilegge il testo dell’ordine del giorno che fece allora votare: “Nel momento in cui il nazismo tenta restaurare in Roma e in Italia il suo alleato fascista, i partiti antifascisti si costituiscono in Comitato di Liberazione Nazionale per chiamare gli italiani alla lotta ed alla resistenza e per riconquistare all’Italia il posto che le compete nel consesso delle libere nazioni.”
16)
Bonomi ricorda poi i partigiani del Nord e le quattro divisioni dell’esercito (la “Cremona”, operante nei pressi della laguna di Comacchio, la “Friuli”, sull’Appennino, la “Folgore” e la “Legnano”, in Emilia Romagna) che dopo la Liberazione di Roma si posero al loro fianco, oltrepassando la linea gotica, per sconfiggere le ultime postazioni tedesche. Il contributo dato dall’Italia alla vittoria della democrazia, dice Bonomi non è stato adeguatamente apprezzato dagli alleati che hanno confuso le responsabilità di pochi con quelle di un popolo intero. “Ricordo […] i tristi giorni per la conferenza per la pace dell’estate 1946 a Parigi. Io fui dei tre Cirenei (gli altri erano gli on.li De Gasperi residente del Consiglio, e Saragat Presidente dell’Assemblea Costituente). […] L’Italia vi fu accolta come un reo che deve sedersi sul banco dei vinti […]. Nonostante tutto, molto cammino è stato fatto da allora nella faticosa opera di risollevare l’Italia nell’estimazione del mondo e specialmente dei vincitori, ma molto resta ancora da fare.”
Passando alla situazione interna dell’Italia l’oratore ricorda la necessità di mantenersi uniti, nonostante le diversità dei programmi di partito, nella difesa della libertà e della democrazia e per la difesa del patrimonio ideale per il quale si è combattuto e tanti martiri sono caduti. “Contro questo patrimonio […] si appuntano oggi accuse e rancori. Non si può negare che quel quadro luminoso possa aver avuto qualche ombra, perché tale è il destino di tutti i grandi eventi storici, ma non sono ammissibili recriminazioni da parte di coloro che in quelle circostanze si schierarono dalla parte del tedesco invasore.”
17)
Bonomi dice anche che: “Non possiamo tollerare oblio e ignominia contro il secondo Risorgimento”.
Altre manifestazioni
Accanto a quella unitaria si tengono a Roma anche altre manifestazioni. Tra quelle ufficiali ricordiamo che la mattina alle 10, il capo si Stato Maggiore generale, accompagnato dai segretari generali delle Forze Armate, ha deposto una corona sulla tomba del Milite Ignoto, mentre un reggimento rendeva gli onori militari e la banda dei Carabinieri intonava l’inno di Mameli. Lapidi in onore di caduti vengono scoperte a Cavalleggeri e al Salario.
Né sono mancate le manifestazioni popolari. Ne ricordiamo qualcuna, come i comizi che si sono conclusi con balli e trattenimenti tenutisi a cura dell’Anpi nelle sue varie sezioni. Quella dell’Esquilino, in particolare, ha offerto un pranzo nella trattoria Osvaldo a 50 bambini poveri con il contributo degli abbacchiari di Piazza Vittorio.
Anche i giovani organizzano manifestazioni: quelli della Fgci (la federazione giovanile comunista) di Val Melaina una conferenza e una serata danzante pro “Pattuglia”, quelli del quartiere Latino-Metronio fanno festa in sezione, mentre la Fgci del Prenestino va in gita a Tivoli.
A cura di Franco Leggeri-
– Ricerca Storica Campi profughi in Sabina-
A cura di Franco Leggeri- Isa Folliero
per ANPI Sabina/-a bibliografica –
NOTE
Unica celebrazione nazionale dell’anniversario della Liberazione, “Il Messaggero”, 23 aprile 1950, p.1.
128.506 morti 29.398 feriti: “Il Messaggero”, 25 aprile 1946, p.1
A. R., Quando il popolo balla per le strade, “l’Unità” 27 aprile 1946, p.2.
25 aprile ’45 – 25 aprile ’49, l’“Unità”, 25 aprile 1949, p.1.
Popolo e partigiani rivivranno domani lo spirito dell’eroica insurrezione d’aprile, “l’Unità”, 24 aprile 1948, p.4.
25 aprile ’45 – 25 aprile ’49, “l’Unità”, 25 aprile 1949, p.1.
Solenne celebrazione unitaria della gloriosa insurrezione d’aprile, “l’ Unità”, 23 aprile 1950, p. 1.
Mario Vinciguerra, 25 aprile, “Il Messaggero”, 25 aprile 1950, p.1.
Oggi solenne rievocazione del V anniversario della Liberazione, “Il Messaggero”, 25 aprile 1950, p.1.
Sav., Rivendichiamo la nostra parte col rosso vivo del sangue versato dai partigiani e dai soldati, “Il Giornale d’Italia”, 26 aprile 1950, p. 1.
Pietro Secchia: Vittoria di popolo, 25 aprile, p.1
Arturo Colombi, L’Italia esalta il patrimonio della Resistenza fondamento e garanzia della Repubblica Democratica, “l’Unità”, 25 aprile 1950, p. 1.
Con un solenne impegno unitario si è chiuso il Convegno di Venezia, “l’ Unità”, 25 aprile 1950, p. 1.
La celebrazione ufficiale a Roma, “l’Unità”, 25 aprile 1950, p. 1.
Oggi solenne rievocazione, cit., 25 aprile 1950, p.1.
L’annuale della Liberazione celebrato solennemente in tutta Italia, “Il Messaggero”, 26 aprile 1950, p.1.
I 7 libri di Charles Dickens da leggere assolutamente.
Scrittore ma anche giornalista, editore e persino attore: Charles Dickens è una vera star dell’Europa vittoriana. Secondogenito di undici figli, a dodici anni viene costretto a lavorare in una fabbrica di lucido da scarpe per ripagare i debiti del padre, finito in galera. Insomma, il grande narratore inglese non ha inventato nessuna delle disavventure occorse a Oliver Twist o David Copperfield: i suoi romanzi raccontano il lato oscuro di una Londra che lui conosce bene, in piena rivoluzione industriale, tra sfruttamento e progresso, miseria e prestigio.
Dickens è dunque il cantore di Londra, ma i suoi libri uscivano a puntate attesi con grande trepidazione in tutta Europa e in America. Prima di scrivere, era solito fare lunghe passeggiate, anche di notte, tra il rumore delle fabbriche e i quartieri ricchi. Per questo, come spiega George Orwell, le atmosfere cittadine dickensiane sono ancora così vivide: “Quando Dickens descrive una cosa una volta, la si ricorda per tutta la vita”. Oltre al lato socialmente impegnato dell’autore, Dickens è anche maestro di ironia e satira: indimenticabili le bizzarre caricature del Circolo di Pickwick e degli altri scritti d’esordio. La vera grandezza di Dickens sta però nell’attualità dei suoi romanzi e nella modernità dello stile narrativo. Bisognerebbe leggerli tutti, ma per chi vuole (ri)scoprire l’opera di un grande scrittore, ecco quelli che secondo noi sono i 7 libri di Charles Dickens da leggere assolutamente almeno una volta nella vita.
1) Il Circolo Pickwick –
Primo di una lunga serie di romanzi bestseller, Il Circolo Pickwick resta un capolavoro dell’umorismo. La trama funge da cornice per presentare gag memorabili e una miriade di personaggi bizzarri (a cominciare dalla strepitosa comitiva viaggiante composta da mister Pickwick, Sam Weller e soci) che mettono alla berlina la fragilità della morale inglese d’epoca vittoriana.
2) Le avventure di Oliver Twist
Le avventure di Oliver Twist è il secondo romanzo pubblicato da Charles Dickens. Sicuramente l’avrete incontrato per la prima volta a scuola, in un edizione per ragazzi o sull’antologia (o forse nella trasposizione cinematografica di Roman Polanski?). In verità questo libro è molto di più di un romanzo di formazione: la storia del giovane Oliver ha mille sfaccettature e rimane un superclassico che vale sempre la pena di custodire nella propria biblioteca e di annoverare tra i libri di Dickens da leggere assolutamente.
3) David Copperfield
Una delle commedie umane più lette d’ogni tempo. E difficilmente si trova in letteratura una descrizione più efficace del mondo visto dagli occhi di un bambino. “Di tutti i miei libri”, diceva Dickens, “amo soprattutto David Copperfield.” E si sa anche il perchè. Questo romanzo è considerato una sorta di fiction autobiografica: il racconto retrospettivo della vita di David ricorda da vicino molte delle peripezie vissute dal vero Dickens tra infanzia e maturità.
4) Canto di Natale
La più celebre delle storie sul Natale è un racconto dai profondi insegnamenti sul Bene e il Male, adatto a tutte le età, qui in una bella edizione con prefazione di Gianrico Carofiglio. Come noto, i tre fantasmi del Natale appariranno in infinite trasposizioni narrative, dal cinema al fumetto (lo stesso personaggio dello zio Paperone disneyano ha come prototipo l’avarissimo Ebenezer Scrooge). Con questo romanzo breve Dickens si consacra anche come l’inventore letterario della magia del Natale.
5) Una storia tra due città
Le due città di questo memorabile romanzo storico di Dickens sono Londra e Parigi, maestose scenografie su cui lo scrittore ambienta la sua era della Rivoluzione. Secondo alcuni sarebbe uno dei libri più venduti di tutti i tempi (con la bellezza di 200 milioni di copie). Comunque sia, resta una grande storia in cui il passato si sovrappone al presente e delinea inesorabile i rapporti tra i diversi e ancora una volta straordinari personaggi ideati da Dickens.
6) Tempi difficili
In una fittizia città industriale del tardo ‘800, papà Grandgrin, come molti suoi contemporanei, educa la famiglia a fuggire gli idealismi e la fantasia. Così spinge la figlia Louisa a un matrimonio senza amore ma assai economicamente vantaggioso. Si vedrà presto costretto a dover prendere le distanze dalle proprie convinzioni…
Il grande romanzo della maturità di Dickens: una macchina travolgente in cui ricorrono gli ingredienti consueti della sua scrittura, ma con in più un tono di favola che a tratti stempera gli eventi persino in chiave comica.
7) Grandi speranze
Grandi speranze è l’ultimo romanzo di formazione dickensiano, nonché un capolavoro assoluto del genere. Protagonista indimenticabile è il giovane orfano Pip nel suo sogno di far fortuna e salvarsi la vita. Molti critici vedono anche nella filigrana di Grandi speranze una traccia autobiografica: narratore e protagonista, Pip racconta da adulto il suo cammino di conoscenza e disillusione di fronte ai casi della vita in un misto di humour e compassione nel ricordare la propria ingenuità.
David Copperfield di Charles Dickens – Articolo di Giovanni Teresi-Fonte RAI Cultura-
David Copperfield è l’ottavo romanzo dello scrittore inglese Charles Dickens e rientra nei romanzi sociali . L’opera, inizialmente, è stata pubblicata a puntate mensili tra il 1849 e il 1850 con il titolo originale The Personal History, Adventures, Experience and Observation of David Copperfield the Younger of Blunderstone Rookery (Which He Never Meant to Be Published on Any Account).
É il romanzo più popolare ed autobiografico di Dickens.
David Copperfield, dopo la morte della madre, lascia Blunderstone per Londra. Mr Murdstones, il patrigno, lo obbliga ad andare a lavorare al magazzino di vini di Murdstone and Grimby. All’ età di dieci David diventa un piccolo apprendista. Egli lavora insieme con altri tre o quattro ragazzi che lavorano sotto il controllo di un supervisore adulto. David descrive la miseria e la sporcizia del posto di lavoro. Così, sotto la sferza del tirannico maestro Creakle e la fatica del lavoro in fabbrica, sperimenta presto la durezza della vita.
Ma grazie alle cure della bizzarra zia Betsey, che lo aiuta a sistemarsi presso l’avvocato Wickfield e a terminare gli studi, David scoprirà la propria vocazione letteraria e riconquisterà il suo rango borghese. Impareggiabile nel raccontare paure ed emozioni dell’universo infantile, Dickens sfodera doti di acuto osservatore nel disegnare la galleria di tipi umani che ruota attorno al protagonista: da Mr. Micawber, sempre sull’orlo del fallimento ma capace del più genuino entusiasmo, all’ammirato compagno di studi Steerforth, che rivelerà da adulto la sua natura spregiudicata e viziosa, al servile e viscido Uriah Heep, il cattivo della storia. Alla fine del diciannovesimo secolo il lavoro minorile e le dure condizioni erano considerate una cosa normale e i piccoli lavoratori erano sottoposti a grossi rischi. Ma David non può esprimere la segreta agonia della sua anima. Egli vede il futuro in modo negativo e non ha speranza: nessuna possibilità di crescere e di distinguersi come individuo. La miseria del suo lavoro e la sua condizione sociale soffocano i suoi sogni e le sue aspettative.
Con geniale esuberanza il romanzo intreccia commedia e tragedia sullo sfondo di una Londra prototipo della metropoli moderna e tetra incubatrice di miseria, solitudine, crimine.
Charles Dickens miscelando insieme una buona dose di dramma ma anche di ironia, riesce a trasmettere al lettore una miriade di emozioni, che passano dalla tristezza, alla gioia, dalle risate alle lacrime, dalla rabbia ai sospiri. Insomma, immergersi tra le pagine di David Copperfield equivale a vivere un vero e proprio viaggio non solo in un’epoca passata, ma anche in sensazioni molto forti, che rendono la lettura un’esperienza completa e piena.
Stoccolma 22 ottobre 1964 – L’Accademia di Stoccolma conferisce a Jean-Paul Sartre il Nobel per la letteratura allo scrittore e filosofo francese Jean Paul Sartre. Ma questi rifiuta il riconoscimento. Come aveva già spiegato in occasione del conferimento della Legione d’Onore nel 1945, e dell’attribuzione del seggio al Collegio di Francia, egli ritiene che tali onori alienino la sua libertà di pensiero.
Jean-Paul Sartre:”Le ragioni personali sono le seguenti: il mio rifiuto non è un atto di improvvisazione. Ho sempre declinato gli onori ufficiali. Quando nel dopoguerra, nel 1945, mi è stata proposta la Legione d’Onore, ho rifiutato malgrado avessi degli amici al governo. Ugualmente non ho mai desiderato entrare al Collège de France come mi è stato suggerito da qualche amico…. Non è la stessa cosa se mi firmo Jean Paul Sartre o Jean Paul Sartre Premio Nobel… Lo scrittore deve rifiutare di lasciarsi trasformare in istituzione, anche se questo avviene nelle forme più onorevoli, come in questo caso.”
Breve Biografia di Jean-Paul Sartre-Romanziere, drammaturgo e filosofo francese (Parigi 1905 – ivi 1980).Pensatore tra i più significativi del Novecento, la sua filosofia si riallaccia alla fenomenologia di E. Husserl e all’analitica esistenziale di M. Heidegger. Abbracciato poi il marxismo, S. volle integrarlo con le scienze umane, al fine di fondare un metodo di conoscenza “progressivo-regressivo”, capace di ricostruire la formazione globale degli individui. Egli cercò altresì di cogliere le condizioni e le strutture invarianti della dialettica storica. Vasta la sua produzione filosofico-letteraria: tra le sue opere principali meritano di essere citate Le mur (1939; trad. it. 1947); Les mouches (1943); L’existentialisme est un humanisme (1946; trad. it. 1964).
Vita
Dopo gli studî all’École normale supérieure, dove ebbe condiscepoli P. Nizan e R. Aron e conobbe S. de Beauvoir, cui fu legato per tutta la vita, insegnò filosofia nei licei a Le Havre e a Parigi. Nel 1933-34 usufruì di una borsa di studio presso l’Istituto francese di Berlino. Chiamato alle armi (1939), fu fatto prigioniero dai Tedeschi; liberato nel 1941, tornò a Parigi e partecipò alla Resistenza. Nel 1945 fondò la rivista Les temps modernes, attraverso la quale poté diffondere le sue posizioni filosofiche, politiche e letterarie. Dopo l’esperienza (1948-49) nel Rassemblement démocratique révolutionnaire, critico verso il gaullismo come verso lo stalinismo, si avvicinò alle posizioni della sinistra marxista, accentuando negli anni successivi il suo impegno politico, che, apparso oscillante tra marxismo democratico e comunismo sovietico, gli procurò sia le critiche dei comunisti sia quelle degli anticomunisti (clamorosa la rottura, nel 1952, con A. Camus, e quella, nel 1953, con M. Merleau-Ponty). Intervenne in difesa dell’Indocina (1953), contro la repressione sovietica in Ungheria (1956), a sostegno della libertà algerina (1960), contro i crimini di guerra statunitensi nel Vietnam (nel 1967 fu presidente del Tribunale Russell), contro l’invasione della Cecoslovacchia (1968). Allineatosi durante il “maggio francese” con le posizioni della sinistra extraparlamentare, fu direttore de La cause du peuple (dal 1970), di Révolution (dal 1971) e di Libération (dal 1973). Nel 1964 aveva ottenuto il premio Nobel per la letteratura, che tuttavia rifiutò.
Pensiero e opere filosofiche
Il pensiero filosofico di S. è esposto in una serie di scritti pubblicati tra il 1936 e il 1960: L’imagination (1936; trad. it. 1962); Esquisse d’une théorie des émotions (1939); L’imaginaire (1940; trad. it. 1948); L’être et le néant (1943; trad. it. 1958); il già citato L’existentialisme est un humanisme; Critique de la raison dialectique (1960; trad. it. 1964). A partire dalla fenomenologia di Husserl e dall’esistenzialismo di Heidegger, S. perviene all’elaborazione di un’analisi esistenziale della coscienza, che gli si rivela come un “nulla d’essere”. Di qui il tema esistenzialistico dell’assoluta libertà a cui l’uomo è condannato e dell’angoscia e dello scacco a cui la libertà conduce. Il pessimismo radicale del primo periodo della speculazione sartriana sarebbe stato successivamente temperato in una prospettiva intesa a fare dell’esistenzialismo un “umanismo” in cui l’assoluta libertà, dapprima avvertita come fonte di angoscia, viene reinterpretata in termini di responsabilità etica e politica nei confronti della società e della storia. Si comprende così, almeno in parte, l’avvicinamento di S. al marxismo, anche se quello sartriano sarà sempre un marxismo non dogmatico. È soprattutto nella Critique de la raison dialectique che S., pur accettando il materialismo storico e il concetto di alienazione, elabora un’aspra critica del marxismo ufficiale e dell’ideologia dei partiti comunisti, caratterizzati da dogmatismo e sterilità euristica. In particolare, del marxismo ufficiale S. respinge l’economicismo e il materialismo dialettico, proponendo un’integrazione tra marxismo ed esistenzialismo, dalla quale emerga la centralità dell’uomo nella società e nella storia.
Opere letterarie
Strettamente legata alla speculazione filosofica è l’opera letteraria di S., a cominciare dal romanzo La nausée, pubbl. nel 1938 (trad. it. 1947), cui seguirono la già citata raccolta di novelle Le mur e il ciclo di romanzi, rimasto incompiuto, Les chemins de la liberté (L’âge de raison, 1945, trad. it. 1946; Le sursis, 1945, trad. it. 1948; La mort dans l’âme, 1949, trad. it. 1954), in cui dai temi dell’angoscia e della nausea si passa, con la tecnica cinematografica della simultaneità, al dramma generale dell’Europa della seconda guerra mondiale. Nel teatro si avvalse di un’azione breve e violenta e di un linguaggio sobrio per dibattere mediante il ricorso al mito le grandi questioni del mondo contemporaneo: la prima pièce fu la summenzionata Les mouches (1943), una trasposizione moderna dell’Orestiade. Seguirono Huis clos (1944; trad. it., col precedente, 1947), in cui l’idea che ognuno vivendo si crea il proprio inferno è espressa attraverso la figura dei tre personaggi costretti a stare insieme e ad essere ciascuno dei tre il carnefice degli altri due; La putain respectueuse (1946; trad. it. 1947), che affronta il tema del razzismo; Morts sans sépulture (1946), dramma della Resistenza; Le mains sales (1948; trad. it., col precedente, 1949), che contrappone idealismo rivoluzionario e realismo politico; Le diable et le bon Dieu (1951; trad. it. 1966); Nekrassov (1956); Les séquestrés d’Altona (1959, trad. it. 1966). Una forte tensione conoscitiva anima anche il libro autobiografico Les mots (1964; trad. it. 1964) e la ricca produzione saggistica: Réflexions sur la question juive (1946; trad. it. Ebrei, 1948); Baudelaire (1947; trad. it. 1947); Situations, I-X (1947-76), raccolta che include Qu’est-ce que la littérature? (trad. it. 1966); Saint Genet, comédien et martyr (1952; trad. it. 1972), volume introduttivo alle opere di J. Genet; L’idiot de la famille: Gustave Flaubert de 1821 à 1857 (3 voll., 1971-72; trad. it. 1977); ecc. Postumi sono apparsi, tra l’altro: Les carnets de la drôle de guerre (1983, nuova ed. accr., 1995; trad. it. 2002); Cahiers pour une morale (1983; trad. it. 1991); Lettres au Castor et à quelques autres, 1926-1963 (2 voll., 1983; trad. it. 1996), lettere d’amore; il 2º vol. incompiuto della Critique de la raison dialectique (1985; trad. it. 1990); Verité et existence (1989; trad. it. 1991); Les écrits de jeunesse (1990), raccolta di testi composti tra il 1922 e il 1927.
Riccardo Zandonai Musicista (Sacco, Trento, 1883 – Pesaro 1944). Riccardo Zandonai studiò a Rovereto con V. Gianferrari e a Pesaro con P. Mascagni. Esordì (1902) con un poema sinfonico: Il ritorno di Odisseo per soli, coro e orchestra. Scriveva intanto romanze e altri pezzi il cui pregio gli procurò da Ricordi la commissione d’una opera: Il grillo del focolare (1908). Musicista di facile vena, sensibile all’influsso di R. Strauss, di G. Puccini, ecc., scrisse numerose opere e composizioni d’altro genere, tra le quali emergono: Conchita (1911), Melenis (1912), Francesca da Rimini (1914), l’opera più celebre di Z., La via della finestra (1915), Giulietta e Romeo (1921), I cavalieri di Ekebù (1925), Giuliano (1928), Una partita (1933), La farsa amorosa (1933), oltre i lavori sinfonici: Primavera in Val di Sole, e Patria lontana (1914-18), Ballata eroica (1929), Quadri di Segantini (1930), Concerto romantico per violino (1919), Serenata medioevale per violoncello e strumenti (1909), Concerto andaluso per violoncello (1934), e varie liriche per canto e pianoforte e canto e orchestra.
-articolo di Piero TORRIANO scritto per la Rivista PAN n°5 del 1934-
Biografia di Alberto Salietti (Ravenna, 1892 – Chiavari, 1961) è stato un pittore italiano.
Alberto Salietti-Nasce a Ravenna il 15 marzo 1892, figlio e nipote di decoratori murali. Dopo aver iniziato a lavorare con il padre, frequenta fino al 1914 l’Accademia di Brera, ove ha come maestri Cesare Tallone e Mentessi.
Dopo aver partecipato alla Prima guerra mondiale, riprende la sua attività, esponendo dal 1920 alle Biennali di Venezia (nel 1942, ricevendo il Gran Premio per la pittura). Altre esposizioni: l’Internazionale di Barcellona, 1929; l’Internazionale di Budapest, 1936; la Mostra dell’Istituto Carnegie di Pittsburg, 1936; l’Esposizione mondiale di Parigi, 1937; la II e III Quadriennale Roma; la mostra La Bella Italiana, a Milano, nel 1952; il Premio Marzotto, nel 1955 e 1956; il Premio Garzanti nel 1957; il Premio del Comune di Milano nel 1959; la medaglia d’oro a Firenze, al Premio del Fiorino, nel 1961; la XXII Biennale d’Arte alla Permanente di Milano, nel 1961, il premio Bagutta-Vergani.
Salietti è fra i pittori che l’imprenditore Giuseppe Verzocchi contatta per la sua grande raccolta di quadri sul tema del lavoro: Salietti realizza così La vendemmia (1949-1950), quadro che, insieme all’Autoritratto, è oggi conservato nella Collezione Verzocchi, presso la Pinacoteca Civica di Forlì.
È uno dei fondatori del Novecento Italiano, movimento del quale ha ricoperto il ruolo di segretario. I suoi principali soggetti sono paesaggi, ritratti e nature morte. Ha opere in pubbliche gallerie: a Roma (Galleria nazionale d’arte moderna), Firenze, Milano, Torino, Berlino, Zurigo, Monaco, Berna, Montevideo, Cleveland, Mosca, Parigi, Varsavia. Dopo la sua morte, una mostra commemorativa gli venne dedicata a Milano, nel 1964, al Palazzo della Permanente; nel 1967, a Milano, alla Galleria Gian Ferrari; nuovamente alla Gian Ferrari, nel 1969, per le tempere; nel 1970, a La Panchetta di Bari; nel 1971, ancora a Milano, alla Galleria Cortina, per le opere grafiche. Una mostra postuma venne pure organizzata dall’Azienda di Soggiorno e Turismo di Chiavari, nel 1972, a Palazzo Torriglia, con una selezione di opere pittoriche e grafiche.
Biografia di Alberto Salietti (Ravenna, 1892 – Chiavari, 1961) è stato un pittore italiano.
Alberto Salietti-Nasce a Ravenna il 15 marzo 1892, figlio e nipote di decoratori murali. Dopo aver iniziato a lavorare con il padre, frequenta fino al 1914 l’Accademia di Brera, ove ha come maestri Cesare Tallone e Mentessi.
Dopo aver partecipato alla Prima guerra mondiale, riprende la sua attività, esponendo dal 1920 alle Biennali di Venezia (nel 1942, ricevendo il Gran Premio per la pittura). Altre esposizioni: l’Internazionale di Barcellona, 1929; l’Internazionale di Budapest, 1936; la Mostra dell’Istituto Carnegie di Pittsburg, 1936; l’Esposizione mondiale di Parigi, 1937; la II e III Quadriennale Roma; la mostra La Bella Italiana, a Milano, nel 1952; il Premio Marzotto, nel 1955 e 1956; il Premio Garzanti nel 1957; il Premio del Comune di Milano nel 1959; la medaglia d’oro a Firenze, al Premio del Fiorino, nel 1961; la XXII Biennale d’Arte alla Permanente di Milano, nel 1961, il premio Bagutta-Vergani.
Salietti è fra i pittori che l’imprenditore Giuseppe Verzocchi contatta per la sua grande raccolta di quadri sul tema del lavoro: Salietti realizza così La vendemmia (1949-1950), quadro che, insieme all’Autoritratto, è oggi conservato nella Collezione Verzocchi, presso la Pinacoteca Civica di Forlì.
È uno dei fondatori del Novecento Italiano, movimento del quale ha ricoperto il ruolo di segretario. I suoi principali soggetti sono paesaggi, ritratti e nature morte. Ha opere in pubbliche gallerie: a Roma (Galleria nazionale d’arte moderna), Firenze, Milano, Torino, Berlino, Zurigo, Monaco, Berna, Montevideo, Cleveland, Mosca, Parigi, Varsavia. Dopo la sua morte, una mostra commemorativa gli venne dedicata a Milano, nel 1964, al Palazzo della Permanente; nel 1967, a Milano, alla Galleria Gian Ferrari; nuovamente alla Gian Ferrari, nel 1969, per le tempere; nel 1970, a La Panchetta di Bari; nel 1971, ancora a Milano, alla Galleria Cortina, per le opere grafiche. Una mostra postuma venne pure organizzata dall’Azienda di Soggiorno e Turismo di Chiavari, nel 1972, a Palazzo Torriglia, con una selezione di opere pittoriche e grafiche.
Anche quest’anno Lucca sarà il magnifico teatro urbano che ospiterà la terza edizione di Pianeta Terra Festival, diretto da Stefano Mancuso, ideato, progettato e organizzato dagli Editori Laterza e promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.
La manifestazione si terrà da giovedì 3 a domenica 6 ottobre 2024, in alcuni dei luoghi più suggestivi della città, tra cui: la Chiesa di San Francesco, Palazzo Ducale, L’Orto Botanico e, per la prima volta, la Casa del Boia.
Le comunità naturali sarà il filo rosso che attraverserà gli incontri, i dialoghi, le lectio e gli spettacoli di questa edizione.
Ci siamo chiesti perché tutte le specie viventi, non solo l’uomo, stabiliscono relazioni, costruiscono alleanze, in altri termini fanno comunità? Saremmo indotti a pensare che la scarsità di risorse disponibili porti naturalmente le specie a competere, e che sia proprio la competizione a garantire il benessere degli individui di ciascuna specie. “In barba al senso comune – dice il direttore del Festival, Stefano Mancuso – il vero motore di una comunità è il mutuo appoggio, il sistema più efficiente per garantire la sopravvivenza di tutti. Se ragioniamo in termini di specie, il mutuo appoggio è un’opzione naturale, ancor prima di diventare una scelta morale”.
I tanti ospiti mostreranno come le relazioni fra gli esseri viventi sono incredibilmente più complesse di quanto immaginiamo e sono governate da forze molto diverse dalla semplice competizione. Scopriremo con loro che è la cooperazione il meccanismo attraverso il quale la vita prospera, la forza trainante che decide il destino degli esseri viventi.
IL PROGRAMMA
Durante i quattro giorni di festival, saranno oltre 90 gli eventi che chiameranno a raccolta scienziati, antropologi, filosofi, economisti, scrittori, artisti e innovatori. Vedremo concretamente come opera il mutuo appoggio tra le specie vegetali e animali, come sia il collante per la costruzione di comunità, di alleanze fra le specie, capiremo quali complessità specifiche presentano le comunità umane e quali sono le caratteristiche comportamentali di ciascuna specie. All’interno di questa cornice si discuteranno in modo nuovo temi quali biodiversità, sostenibilità, politiche del cibo, lo stato del nostro Mediterraneo, e molto altro. Con l’osservazione e la conoscenza del modoin cui ogni individuo crea alleanze con gli altri della sua specie e con le altre speciesperimentiamo quel piccolo miracolo che si avvera quando specie diverse, imparando a stare insieme, stringono una relazione. “Pensare alla cooperazione come una delle principali forze che agisce in natura – dice Giuseppe Laterza – può aiutarci molto ad agire per il bene del nostro Pianeta”.
ASSOLI E DIALOGHI
Molti i dialoghi e le lectio in cui autori italiani e internazionali approfondiranno le tematiche centrali del festival: Telmo Pievani metterà alla prova le tante manifestazioni di comportamento altruistico in natura, ponendo la questione se una generosità del tutto disinteressata sia possibile. Andrea Genre spiegherà nel dettaglio il fenomeno della simbiosi in natura – il modo in cui si chiama oggi il mutuo appoggio – e la sua importanza. Laura Crispini, geologa, coordinatrice scientifica in spedizioni nazionali e internazionali in Antartide (l’ultima a bordo della rompighiaccio Laura Bassi), ci porterà alla scoperta di un continente che è anche un laboratorio naturale unico per studiare i fenomeni naturali. Dario Fabbri, uno dei più influenti e originali analisti in Italia, esaminerà la crisi ecologica dal punto vista di una ‘geopolitica umana’, che mette al suo centro la collettività e la sua storia. Grande regolatore climatico e custode di un terzo della biodiversità terrestre, Paolo Pileri ci farà conoscere il suolo, l’ecosistema più fragile e vitale del pianeta. Lo zoologo Maurizio Casiraghi ci farà scoprire la bellezza nascosta e spesso invisibile degli insetti, indispensabili alla biodiversità. Gaia Vince parlerà delle incombenti migrazioni climatiche, di come masse di persone dovranno fuggire, a causa delle alte temperature, da zone costiere e da terre un tempo coltivabili, alla ricerca di nuovi luoghi in cui poter vivere. E ancora: attraverso il grande incendio di Fort McMurray in Canada, John Vaillant ci farà toccare con mano il punto cui siamo giunti a causa del nostro incessante bisogno di energia; Stefano Fenoglio ci farà conoscere i fiumi, la loro importanza e la nostra risalente convivenza con loro, lanciando un allarme riguardo all’abuso che ne facciamo. Emanuela Evangelista e Adriano Favole ci porteranno lontano nella foresta di Tchamba, tra i vulcani di La Rèunion e lungo le ramificazioni liquide dell’Amazzonia mostrando come siamo connessi alla natura selvatica e l’impatto che ha su di noi. Daniela Silvia Pace, esperta di cetacei e di acustica in ambiente marino, ci farà scoprire il linguaggio delle comunità di balene e di delfini. Pur riconoscendo che tutte le specie viventi comunicano, Andrea Moro, mostrerà come la comunicazione umana è la sola in grado di generare significati nuovi attraverso la combinazione delle parole all’interno di una frase. Scopriremo però che non tutte le combinazioni sono possibili e perché. Il neuroscienziato Vittorio Gallese ci parlerà della nostra natura essenzialmente relazionale e ne scopriremo le ragioni. Maria Rescigno mostrerà la stretta connessione tra il nostro cervello e l’intestino, il nostro ‘secondo cervello’. Fabio Ciconte terrà un monologo teatrale arricchito da immagini e video sui retroscena del mercato agroalimentare, soffermandosi sui costi eccessivi delle scelte ecosostenibili. Stefano Liberti mostrerà come il Mediterraneo si è tropicalizzato diventando lo specchio di tutti i nodi problematici della contemporaneità.
Si occuperanno più in particolare della costruzione e delle specificità della comunità umana Roberta De Monticelli e Gustavo Zagrebelsky, che andranno alla radice della costruzione della ‘famiglia umana’ esaminandone le ragioni e cosa la tiene insieme. E ancora: Michela Marzano ci sorprenderà facendoci scoprire che la scommessa sulla fiducia, ciò che ci tiene insieme, è la più grande e straordinaria scommessa umana. Lo storico dell’arte Tomaso Montanari farà vacillare l’individualismo che caratterizza il nostro tempo, smontando il culto rinascimentale del genio. Attraverso l’esame dell’arte anonima, dimostrerà come l’arte, e ogni produzione umana, sia frutto di un lavoro collettivo. Ivano Dionigi mostrerà come solo ritrovando la parola autentica possiamo rinsaldare il legame che tiene insieme e dà senso a una comunità. Maurizio Ferraris e Carola Barbero illustreranno, da un punto di vista filosofico, che un vivere che non comporti il convivere non può essere vita. Mentre lo scrittore Nicola Lagioia cercherà in testi esemplari della storia della letteratura, a partire dall’Iliade, una spiegazione del nostro ‘cuore di tenebra’, quella attitudine distruttiva e autodistruttiva che vediamo da sempre all’opera. Lo psicoanalista Vittorio Lingiardi farà risuonare l’armonia fisiologica-spirituale del corpo e dei suoi organi con la letteratura, la poesia, le immagini e tanto altro. Sull’esperienza dello stupore assoluto che ogni essere umano prova rispetto alla maestà dell’universo si confronteranno il teologo Vito Mancuso e l’astrofisica Ersilia Vaudo Scarpetta. A farci guardare le minute cose del nostro quotidiano facendocene cogliere il loro carattere sacro ci guiderà il paesologo Franco Arminio. Del perduto rispetto della sacralità della montagna parleranno invece Enrico Camanni e l’alpinista Nives Meroi. Non può mancare una riflessione sul luogo in cui si svolge la nostra vita quotidiana, la città, non solo quella italiana ma quelle di tutto il mondo: Francesco Rutelli e Mario Pardini si confronteranno sui cambiamenti indotti dalla crisi climatica, dalle trasformazioni del lavoro e dell’abitare. Una delle massime esperte di etica dell’IA, Francesca Rossi, ci spiegherà come funziona l’intelligenza artificiale e se può esserci alleata o nemica, in generale e, in particolare, nella lotta al cambiamento climatico. Ci si occuperà anche di biomuseologia: Michele Lanzinger e Maurizio Vanni, esperti del settore, illustreranno i modi e gli esempi concreti per ridurre il loro impatto ambientale. Un’altra importante prospettiva porteranno Flavia Carlini, Andrea Grieco e Sofia Pasotto dialogheranno sui modi in cui le giovani generazioni fanno i conti con la crisi climatica, fra attivismo e disillusione, anche attraverso il loro lavoro di informazione e sensibilizzazione in rete.
RAGAZZI E BAMBINI
Gli eventi dedicati ai bambini e alle famiglie si svolgeranno all’interno dell’Orto Botanico e della Biblioteca Agorà. Un programma ricco, fatto di mostre, laboratori, quiz, spettacoli di burattini, letture animate, lezioni interattive con gli scienziati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale che racconteranno il loro lavoro (dall’ornitologo al biologo marino). Il tutto, a cura dell’associazione Talea APS. Non mancheranno gli eventi laboratoriali dedicati alla cura delle piante e della natura, come l’appuntamento curato da Ecopol.
Anche gli studenti saranno protagonisti di tantissime eventi: dalla premiazione del concorso Usa la testa!, organizzato da Confindustria Toscana Nord in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna, a una mattinata a cura dell’Ufficio Scolastico Regionale di Lucca-Massa Carrara, che vedrà i ragazzi salire sul palco e presentare i propri progetti ecologici. Per finire, Fabio Viola, uno dei massimi esperti di gamification in Europa, racconterà agli studenti come possiamo usare i videogame per conoscere e salvaguardare il pianeta.
LECTURES E WORKSHOP
Come sempre, dalle istituzioni in cui si fa ricerca come IMT, la Scuola Superiore Sant’Anna e l’Università di Pisa, arrivano alcune delle idee più brillanti. Gli incontri in programma, rivolti a un pubblico più generale, ne sono l’espressione più diretta. Ennio Bilancini e Massimo Riccaboni faranno un bilancio delle politiche europee sulla riduzione della CO2, cercando di sciogliere il dilemma del suo aumento nonostante le misure adottate; mentre AngeloFacchini e Alessandro Rubino discuteranno del sistema più efficace per misurare la sostenibilità delle nostre città. Di democrazia alimentare discuteranno Giaime Berti e Carmelo Troccoli evidenziando la necessità di promuovere i sistemi locali del cibo attraverso nuove forme di produzione e consumo e nuovi modelli di politiche pubbliche. Tommaso Greco ed Edoardo Chiti evidenzieranno come il diritto, nella sua funzione più propria, salvaguardi lo stato di salute degli ecosistemi, le loro dinamiche cooperative e, soprattutto, come può farsi garante nei confronti delle generazioni future.
Infine, il workshop Cambiamento climatico e design urbano a cura dell’Università di Camerino. Il workshop, riservato agli studenti, con Gherardo Chirici, Roberta Cocci Grifoni, Graziano Marchesani, Federica Ottone e Dajla Riera, partirà dalla raccolta e dall’analisi e di dati ambientali di Lucca per proporre interventi di “natura urbana” che sappiano conciliare le esigenze delle popolazioni residenti con l’introduzione di dispositivi naturali volti ad affrontare gli effetti climatici del riscaldamento globale.
FOCUS
Molte le occasioni di riflessione e approfondimento provenienti dal mondo produttivo e delle istituzioni sul tema della comunità e della sostenibilità. L’evento a cura di Banco BPM vedrà Marco Giorgio Valori, Domenico De Angelis, Cristina Galeotti e Andrea Maestrelli confrontarsi sul ruolo delle banche per uno sviluppo equilibrato di comunità e territori; Francesco Pastore e Rossella Sobrero parleranno del perché la transizione ecologica sia così difficile da comunicare in modo efficace, in un evento a cura di Sofidel. Marcello Bertocchini, Silvio Gentile e Gabriele Susanna dialogheranno su come realizzare una comunità energetica pubblica, in un evento a cura di Green Utility; sul tema della transizione energetica interverranno Francesco Caio e Carlo Cottarelli illustrando costi, rischi e opportunità, in un appuntamento realizzato da EOS IM. Sul tema dell’impatto che le attività umane hanno sulla biodiversità dialogheranno invece Valeria Barbi, Giulio Magni, Alessandro Solazzi,Daniele Valiante, in un appuntamento promosso a cura di Findus. Isabella Malagoli, Gianluca Ruggieri e Valeria Termini si chiederanno se è pensabile un futuro dominato esclusivamente da energie rinnovabili, in un incontro a cura del gruppo Hera. Lorenzo Bardelli e Daniele Fortini si focalizzeranno sul tema del riciclo e del recupero dei rifiuti come servizio fondamentale nelle nostre comunità, in un appuntamento a cura di Retiambiente. Il panel promosso da Ricola ci darà invece occasione di riflettere sui modi di comunicare efficacemente i modelli di sostenibilità; ne parleranno Arianna Izzi, Luca Morari e Giovanni Storti.
Un incontro dedicato al futuro delle città e alle forme di rigenerazione urbana è promosso dalla Rappresentanza in Italia della Commissione Europea e vedrà confrontarsi Serenella Sala e Matteo Trane. L’appuntamento a cura di Confindustria Toscana Nord, con Maura Latini e Francesco Morace, sarà l’occasione per riflettere, sulla base di analisi e ricerche, sulla possibilità di essere consumatori sostenibili. Giuseppe Calabrese, Davide Giannecchini e Sara Vitali si confronteranno infine sull’escursionismo, attività in forte crescita e che coinvolge un numero sempre maggiore di appassionati, in un evento a cura di Camera di Commercio Toscana Nord-Ovest.
Enrico Fontana e Domenico Sturabotti illustreranno il cammino virtuoso verso uno sviluppo sostenibile che molte imprese hanno attivato negli ultimi anni. Francesca Malzani e Tiziano Treu ci spiegheranno come il Green Deal europeo stia rafforzando il legame tra agire economico e diritto del lavoro. Giuseppe Buffon e Giuseppe Lanzi dialogheranno sul tema dell’ecologia integrale, illustrando il progetto Lucensis al servizio della comunità, mentre Silvio Bianchi Martini, Vittorio Coda e Linda Gilli esploreranno l’importanza dei caratteri identitari, della leadership e dei valori nello sviluppo delle imprese e dei territori. E ancora, Enrica Lemmi, Luca Martinelli, Luca Menesini, Emanuele Pellegrini rifletteranno sullo sviluppo sostenibile di borghi, paesi e aree interne e sull’impiego, a tal fine, dei finanziamenti del PNRR. Alberto Brambilla e Massimo Riccaboni discuteranno di come possiamo conciliare la più grande trasformazione ecologica mai conosciuta con la più grande transizione demografica che l’umanità abbia mai sperimentato.
CINEMA, ARTE, MUSICA
Anche quest’anno Pianeta Terra Festival, in collaborazione con Lucca Film Festival e Green Cross Italia, assegna il Green Tree Award, premio rivolto al film europeo più attento e sensibile alle tematiche ambientali. Ecco la cinquina selezionata: Un anno difficile (2023), diretto da Olivier Nakate ed Eric Toledano; Te l’avevo detto (2023), diretto da Ginevra Elkann; Un mondo a parte (2024), diretto da Riccardo Milani; Palazzina Laf (2023), diretto da Michele Riondino; La chimera (2023), diretto da Alice Rohrwacher.
Davide Monteleone, fotografo di fama internazionale, artista visivo, ricercatore e National Geographic Fellow, racconterà, attraverso le sue fotografie, la storia della domanda di materie prime in crescita a causa delle trasformazioni del panorama energetico globale.
Segnaliamo tre concerti: nella serata di apertura, la Sinfonia n.9 di Ludwig Van Beethoven nell’esecuzione dell’Orchestra e coro regionale del Friuli Venezia Giulia con la direzione dei Maestri Filippo Maria Bressan e Cristiano dell’Oste; un altro appuntamento dedicato a Beethoven (Tutti gli uomini si scoprono fratelli ove la tua ala si posa – sonata per violoncello e pianoforte in la maggiore n. 3 op. 69) eseguito da Simone Soldati al pianoforte e Enrico Bronzi al violoncello, a cura dell’Associazione Musicale Lucchese e realizzato grazie a Confagricoltura.
La chiusura vedrà il Maestro Mario Brunello, in un originale spettacolo di parole e musica che vedrà la partecipazione del direttore scientifico Stefano Mancuso.
Infine, Elisabetta Salvatori terrà una lettura di Nina e macchia e altre storie di Pia Pera.
IL TERRITORIO
“La perfetta convergenza – ha dichiarato il presidente della Fondazione CRL Marcello Bertocchini – tra i valori del Festival e la mission della Fondazione è ulteriormente confermata dalla tematica di quest’anno: cooperazione e condivisione sono infatti temi da sempre centrali e la loro ‘declinazione’ sul fronte della sostenibilità rappresenta un punto fermo di ogni strategia futura”.
LA SQUADRA DEL FESTIVAL
Pianeta Terra Festival è ideato, progettato e organizzato dagli Editori Laterza, con la direzione scientifica di Stefano Mancuso, e promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.
La Città di Lucca e la Rappresentanza in Italia della Commissione europea sono partner istituzionali dell’evento.
La manifestazione è realizzata grazie anche alla compartecipazione della Camera di Commercio Toscana Nord-Ovest / The Lands of Giacomo Puccini e Confindustria Toscana Nord.
Il Festival deve inoltre moltissimo al supporto di numerosi sostenitori: a Banco BPM che è partner dell’evento, a Sofidel, main sponsor, a Confagricoltura, Ecopol, EOS IM, Findus Italia, Green Utility, Gruppo Hera, Retiambiente, Ricola, tutti sponsor del progetto, al supporter Toscotec e al green supporter Giorgio Tesi Group.
Hanno conferito il loro patrocinio la Regione Toscana, la Provincia di Lucca, l’Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio e l’ISPRA – Istituto Superiore per la Protezionee laRicerca Ambientale.
Hanno partecipato attivamente al progetto anche la Scuola IMT Alti Studi di Lucca, la Scuola Superiore Sant’Anna, l’Università di Pisa, l’Ufficio Scolastico Territoriale di Lucca e Massa Carrara, la Fondazione Campus, A11 Venture, l’Arcidiocesi di Lucca, l’Associazione Musicale Lucchese, l’Associazione Talea, la Biblioteca civica Agorà, la Fondazione Giuseppe Pera, Green Cross Italia, il Conservatorio di Musica “Luigi Boccherini”, Lucca Comics&Game, il Lucca Film Festival, Lucense, l’Orto Botanico di Lucca,Photolux Festival e Symbola.
Media partner dell’iniziativa sono Rai Radio 1, Rai Radio 3, Rai News 24, Rai News.it.
Si ringraziano Idrotherm 2000 e Gli Orti di Elisa.
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