La resistenza di Aldo Braibanti –Storia di un partigiano vero, un combattente disposto a morire per la sua gente. Uno che ha avuto meriti infiniti per la cultura del suo Paese e che ha patito la galera fascista non meno della galera democristiana.
Articolo di Francesco Simoncini
Pensare alla resistenza da questo cubicolo di stanzetta è ostico. La Resistenza è davvero un’esplosione architettonica di spazi e dolori e lancinanti vittorie. È un estendersi fino ai limiti estremi della propria coscienza, oppure un tuffo nell’angustia del fratricidio. Torniamo a questa stanzetta. Penso ad un resistente di prima categoria come fu Aldo Braibanti. Arrestato due volte, una delle quali a Villa Triste, a Firenze, tra le grinfie di quel criminale di guerra che fu Mario Carità. Torturato e poi rilasciato tornò ad impegnarsi nella resistenza con Giustizia e Libertà, segnato nella mente e nel corpo. Si laureò in filosofia: fu studioso di Spinoza e Giordano Bruno. Passò poi in forze al PCI.
Dopo la guerra fu attivo funzionario comunista, responsabile del settore giovanile, mi pare. Poi lasciò tutto, scrisse una lettera al Comitato Centrale in cui dichiarava la propria inadeguatezza al ruolo di funzionario. Si dedicò alla ceramica e alle formiche. Come Nabokov fece scienza della passione per le farfalle così lui fece per le formiche. Ne divenne studioso accanito. Mirmecologia, si chiama così quella scienza. La ceramica non fu che un aspetto della versatilità del suo ingegno vocato all’arte. Non sto qui a dire della sua produzione artistica, filmica, drammaturgica, letteraria in senso ampio. Fu amico e collaboratore di Carmelo Bene, per dirne solo uno: perché in effetti fu conosciuto e apprezzatissimo da tutta l’intellettualità italiana del dopoguerra.
Nel 1964, nel novembre, Braibanti viene arrestato. Perché, secondo l’accusa, ha plagiato un giovane ventiquattrenne, Giovanni Sanfratello. Chi muove l’accusa è il padre del giovane, che si appella ad una legge fascista, vecchia di più di trent’anni, all’epoca: legge che verrà abrogata nell’ottantuno, con sentenza della Corte Costituzionale. Ma nel sessantaquattro è purtroppo ancora in vigore. Quella costituita da Braibanti e da Sanfratello è una coppia omosessuale come quelle che oggi si incontrano molto frequentemente, e a parte i cromagnon fascisti, nessuno può commentare alcunché. Vivono insieme, come è normale che sia per una coppia. Si tratta di un quarantenne e di un venticinquenne. Non siamo fuori dalla norma, se norma ci può essere. Ma Braibanti sarà condannato a nove anni di galera, poi ridotti a sei in appello, poi ulteriormente ridotti a due per il suo passato da partigiano. Solo gli intellettuali scenderanno in campo per lui: Umberto Eco, Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Elsa Morante, Marco Bellocchio – a onor del vero anche il Partito Radicale di Marco Pannella si farà sentire. Marco Pannella ne ricaverà anche un processo per calunnia.
Piace qui ricordare che Sanfratello, nonostante i ripetuti elettroshock a cui sarà sottoposto (più di venti), chiuso in manicomio, non riconoscerà mai di essere stato plagiato; tra le misure assurde che saranno adottate nei suoi confronti c’è il divieto assoluto di leggere libri che abbiano meno di cento anni, per dire. Dopo aver scontato la condanna, Aldo Braibanti si ritirerà sempre più in sé stesso. Non smetterà di produrre capolavori di cui qui non è il caso di parlare. Morirà indigente, protetto dai quindicimila euro di reddito garantiti dalla Legge Bacchelli, a 91 anni, nel 2014.
Ho cercato di raccontare la storia di un partigiano vero, un combattente disposto a morire per la sua gente. Uno che ha avuto meriti infiniti per la cultura del suo Paese e che ha patito la galera fascista non meno della galera democristiana. Il venticinque aprile del quarantacinque non finì niente. Perché i soliti fascisti ricoprirono le stesse cariche di prima. Giudici, Prefetti, Militari, Giornalisti, Prelati, Politici. E quel che è peggio, il fascismo continuò ad essere pane quotidiano della cultura – tutta – di questo irriconoscente Paese.
Siamo tutti Aldo Braibanti.
Aldo Braibanti (Fiorenzuola d’Arda, 17 settembre 1922 – Castell’Arquato, 6 aprile 2014) è stato uno scrittore, sceneggiatore e drammaturgo italiano. Intellettuale, partigiano antifascista e poeta, nella sua vita si è occupato di arte, cinema, politica, teatro e letteratura, oltre ad essere un esperto mirmecologo.
Articolo di Francesco SIMONCINI-Fonte Ass. La Città Futura- Via dei Lucani 11, Roma | Direttore Resp. Adriana Bernardeschi-
Descrizione -Prima, donna. Margaret Bourke-White, il volume che ripercorre le vicende e il lavoro di una delle figure più rappresentative ed emblematiche del fotogiornalismo internazionale. Una donna che, con le sue immagini, le sue parole e tutta la sua vita, è stata in grado di creare un personaggio forte e invidiabile costruendo il mito attraente di se stessa.
Pioniera dell’informazione e dell’immagine, Margaret Bourke-White ha esplorato ogni aspetto della fotografia: dalle prime immagini dedicate al mondo dell’industria e ai progetti corporate, fino ai grandi reportage per le testate più importanti come Fortune e Life; dalle cronache visive del secondo conflitto mondiale, ai celebri ritratti di Stalin prima e poi di Gandhi (conosciuto durante il reportage sulla nascita della nuova India e ritratto poco prima della sua morte); dal Sud Africa dell’apartheid, all’America dei conflitti razziali fino al brivido delle visioni aeree del continente americano. E a un certo punto sarà Margaret Bourke-White stessa che accetta di porsi davanti e non dietro all’obiettivo, diventando a sua volta il soggetto di un reportage in cui il collega Alfred Eisenstadt documenta la lotta della fotografa contro il morbo di Parkinson, malattia che la porterà alla morte. Una battaglia in cui non avrà paura di mostrarsi debole e invecchiata, nonostante un’eleganza e un buon gusto a cui non rinuncerà mai, confermandosi ancora una volta la prima in tutto.
“Se ti trovi a trecento metri di altezza, fingi che siano solo tre, rilassati e lavora con calma”, era il motto di Margaret Bourke-White. Il libro pubblicato da Contrasto ne ripercorre i molti primati, raccontati lungo un doppio binario. Attraverso undici capitoli, che corrispondono ad altrettante fasi della vita della fotografa, la potenza delle immagini si accosta a quella della forte voce di Margaret Bourke-White. È infatti lei che, in prima persona, scrive e racconta il suo lavoro, le avventure vissute, le sfide vinte. Una scrittura visiva, che completa e arricchisce la storia di ogni sua memorabile fotografia.
Ecco gli 11 capitoli tematici:
– L’incanto delle acciaierie mostra i primi lavori industriali di Margaret, da quando nel 1928 apre un suo studio fotografico a Cleveland;
– La sezione Conca di polvere documenta invece il lavoro sociale realizzato dalla fotografa negli anni della Grande Depressione nel Sud degli USA;
– LIFE si concentra invece sulla lunga collaborazione di Bourke-White con la leggendaria rivista americana. Per LIFE Bourke-White realizzerà la copertina e i reportage del primo numero e tanti altri ancora lungo tutta la sua vita;
– Sguardi sulla Russia inquadra il periodo in cui Margaret Bourke-White documentò le fasi del piano quinquennale in Unione Sovetica fino ad arrivare a realizzare anni dopo – quando già era scoppiata la Seconda guerra mondiale – il ritratto di Stalin in esclusiva per LIFE;
– La sezione Sul fronte dimenticato documenta gli anni della guerra, quando per lei fu disegnata la prima divisa militare per una donna corrispondente di guerra. Sono gli anni in cui Bourke-White, al seguito dell’esercito USA sarà in Nord Africa, Italia e Germania;
– La sezione Nei Campi testimonia l’orrore al momento della liberazione del Campo di concentramento di Buchenwald( 1945) quando, come ha dichiarato la fotografa, “per lavorare dovevo coprire la mia anima con un velo”;
–L’India raccoglie il lungo reportage compiuto dalla fotografa al momento dell’indipendenza dell’India e della sua separazione con il Pakistan. Tra le altre immagini, in mostra anche il celebre ritratto del Mahatma intento a filare all’arcolaio;
– Sud Africa è la documentazione del grande paese africano durante l’Apartheid;
– Voci del Sud bianco è il lavoro a colori del 1956 dedicato al tema del segregazionismo del Sud degli USA in un paese in trasformazione;
– In alto e a casa raccoglie alcune tra le più significative immagini aeree realizzate dalla fotografa nel corso della sua vita;
– Il percorso termina con La mia misteriosa malattia, una serie di immagini che documentano la sua ultima, strenua lotta, quello contro il morbo di Parkinson di cui manifesta i primi sintomi nel 1952 e contro cui combatterà con determinazione. In questo caso, è lei il soggetto del reportage, realizzato dal collega Alfred Eisenstaedt che ne testimonia la forza, la determinazione ma anche la fragilità.
A conclusione di questo percorso biografico, accanto al testo della curatrice del volume Alessandra Mauro, chiude il libro un monologo di Concita De Gregorio. Attraverso esso, come in un lungo flusso di coscienza, è sempre la voce di Margaret Bourke-White che mette il punto sulla propria storia per raccontare la sua ricerca della “misura del fuoco”, mostrando quella capacità visionaria e insieme narrativa in grado di comporre le “storie” fotografiche dense e folgoranti che sono arrivate fino a noi.
I fotografi vivono tutto molto velocemente; l’esperienza ci insegna ad affinare il più possibile la nostra abilità, ad afferrare al volo i tratti salienti, i punti forti di una situazione. Quel momento perfetto e denso di significato, essenziale da catturare, spesso è il più effimero e le possibilità di approfondimento sono rare. Scrivere un libro è il mio modo di digerire le esperienze che vivo.
Margaret Bourke-White
Kit di 8 cartoline di Margaret Bourke-White Dimensioni: 12x17cm-
Soggetti: Ritratto Margaret Bourke-White Montana 1936 Diga Fort Peck Gandhi con l’arcolaio In volo su Manhattan La fila per il pane Il funerale di Gandhi New York
Soggetti: Ritratto Margaret Bourke-White Montana 1936 Diga Fort Peck Gandhi con l’arcolaio In volo su Manhattan La fila per il pane Il funerale di Gandhi New York
Articolo di Hilda Girardet -Cinquanta anni fa “Com – Nuovi Tempi”
Articolo di Hilda Girardet-4 ottobre 2024-Confronti celebra in questi giorni i cinquant’anni della fusione dei due settimanali Nuovi Tempi e Com. Il 6 ottobre 1974 il pastore valdese Giorgio Girardet, fondatore nel 1967 e direttore di Nuovi Tempi, e dom Giovanni Franzoni, direttore del cattolico Com – ex abate benedettino della Basilica di San Paolo Fuori Le Mura e sospeso a divinis per le sue posizioni a favore dell’obiezione di coscienza e poi del divorzio – misero a segno una operazione che ha dell’incredibile, rinunciando entrambi al proprio giornale per costituirne uno comune. Una operazione che tra l’altro intercettò un bisogno reale, visto che si passò in breve dai 5/6000 ai 30.000 abbonati!
La decisione della fusione venne presa in pochi mesi, anche se secondo le prassi dell’epoca ebbe diversi passaggi: decine e decine di assemblee dei lettori, consultazioni pubbliche e degli organi proprietari, dibattiti e discussioni anche accese. Lo scopo dichiarato era di far confluire e dare voce al “movimento” che aveva visto la partecipazione di gruppi di protestanti “marginali”, redattori e lettori di Nuovi Tempi, e cattolici di base o “del dissenso” come erano chiamati allora.
Un’operazione ecumenica? In parte lo fu, ma secondo modalità e intenti peculiari. Certo non fu un ecumenismo “istituzionale”: non si trattò di far dialogare due realtà ecclesiali mettendo a confronto questioni dogmatiche e pratiche di fede alla ricerca di un terreno comune. Neppure si trattò da parte evangelica della volontà di far conoscere il protestantesimo a un Paese cattolico, ancora fortemente integrista e confessionale. Se fu ecumenismo lo fu in un senso diverso. Così lo spiegava Nuovi Tempi (19/5/1974): «… il dato confessionale (…) viene fortemente relativizzato perché ciascuno è posto dall’evangelo di fronte alla necessità di superare la propria storia e riconoscere le cose nuove che il Signore prepara per il suo popolo. Non era del resto questo lo spirito originario dell’ecumenismo? … un movimento in cui tutte le chiese riconoscevano di doversi convertire e non le une alle altre ma tutte al Signore».
La creazione di un unico settimanale fu una conseguenza, lo “sbocco naturale” si disse allora, delle esperienze in cui cattolici e evangelici si erano trovati come credenti fianco a fianco a percorrere un cammino comune all’interno delle lotte e in solidarietà con gli oppressi. Ribadendo che lo scopo del giornale è «riconoscere i segni del Signore che viene in mezzo agli eventi contraddittori del presente», Girardet scriveva il 6 ottobre: «Il giornale nasce dunque come un segno di speranza. Quella salvezza o “liberazione” che Gesù ha compiuto nella sua morte e risurrezione e che l’evangelo annuncia, noi la viviamo già oggi, mentre si realizza nella storia (parzialmente, ma in modo reale) nelle lotte che in tutto il mondo i popoli oppressi e le classi sfruttate combattono per costruire una società più umana»”
Il linguaggio, forse desueto, esprimeva la volontà di essere presenti all’interno della società, inseriti nelle sue lotte per la giustizia e i diritti civili e sociali. È difficile per chi non l’ha vissuto rendersi conto di quegli anni, spesso schiacciati nel ricordo dal peso dei successivi anni di piombo… difficile immaginare la tensione ma anche le speranze che mossero alla partecipazione migliaia e migliaia di studenti, operai, insegnanti, donne, intellettuali, artisti, ecc.
Furono anni tumultuosi, ricchi di creatività e novità radicali, immaginazione, discussioni, battaglie ideologiche, scontri ideali, a volte materiali; anni conflittuali che generarono reazioni e controreazioni anche cruente: solo nel 1974 ci furono due tentativi di colpo di stato e due attentati fascisti: a maggio quello di piazza della Loggia e ad agosto l’Italicus. Un decennio, a dalla fine degli anni ’60, che trasformò in profondità la società italiana in tutti i suoi ambiti inclusi quelli ecclesiastici.
Mentre i protestanti, dopo anni di dibattiti sul nodo fede e politica, stavano lavorando alla costituzione della Federazione delle chiese evangeliche (la prima fu quella giovanile, la Fgei), in ambito cattolico la Chiesa di Roma uscita dal Vaticano II registrò sommovimenti profondi e mobilitazioni di grandi entità: già nel ’69-70 con l’Isolotto prendevano vita le prime Comunità di base. Nel ’72, dalla crisi de Il Regno, nasceva il settimanale Com; mentre circa duemila preti davano vita al Movimento del 7 novembre (che terrà la sua prima assemblea nell’Aula Magna della Facoltà valdese di Teologia a Roma). Il 1973 sarà l’anno di una ulteriore diffusione del “dissenso” cattolico, delle sue comunità che si diedero una struttura di collegamento e del coordinamento delle riviste cattoliche e protestanti (Idoc, Testimonianze,Nuovi Tempi,Com, Gioventù Evangelica, ecc.) (https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL5000085090/2/la-diffusione-comunita-evangeliche-movimento-7-novembre-3.html&).
Su un versante più “politico” il 1973 segnò l’infrangersi dell’unità del mondo cattolico incarnato dalla Democrazia cristiana: un colpo decisivo venne dalla vittoria del “no” del referendum sul divorzio del maggio ’74 (vero terreno di esperienze condivise tra protestanti e cattolici), seguito il 21 settembre dalla nascita dei Cristiani per il Socialismo. Quattro mesi dopo nascerà COM Nuovi Tempi!
Certo 50 anni sono tanti, troppe le cose cambiate per rintracciare parallelismi, analogie o somiglianze. Non esiste più il “movimento”, finita la lotta di classe, chiusi gli orizzonti, negata qualsiasi possibilità di alternativa al quadro economico e politico attuale: difficilissimo coltivare la speranza in un mondo più giusto, tanto che perfino riconoscere i “segni dei tempi” appare utopistico. Eppure, anche oggi come allora le vittime delle guerre e delle tante ingiustizie richiedono ascolto, solidarietà, vicinanza e un annuncio che – come recita la Confessione di fedediAccra pronunciata tutti insieme nel culto di apertura del sinodo valdese-metodista di quest’anno – sappia porsi con coraggio a fianco degli oppressi nella prospettiva della giustizia e della pace.
Fonte-Riforma.it- Il quotidiano on-line delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi in Italia.
nelle incisioni , affreschi , dipinti e foto dal 1500 sino al 1900-
Ricerca e pubblicazione a cura Franco Leggeri per l’Associazione DEA SABINA
Ratto delle Sabine-Autore: Poussin Nicolas (1594-1665)
Descrizione: La stampa rappresenta il momento più drammatico del Ratto delle Sabine. La scena si svolge in un contesto urbano dove, sullo sfondo, fanno da quinta un tempio e diversi edifici cittadini ripresi nella classica prospettiva centrale. A sinistra, su di un piedistallo, davanti a due uomini togati, si trova Romolo, ripreso in una teatrale posa plastica, con la corona che gli cinge il capo e la mano sinistra elevata chiusa a pugno intorno a un lembo del suo mantello. È intento a impartire ordini mentre intorno a lui si concretizza la violenza, con uomini e donne che lottano e fuggono. Nella parte inferiore, al di sotto dell’immagine, si trova un’iscrizione in caratteri capitali e corsivi che funge da didascalia all’immagine stessa.
Notizie storico-critiche: La stampa di traduzione fa parte di una serie di incisioni che illustrano la storia delle origini di Roma sulla base delle fonti storiche di Plutarco (Vite Parallele, Vita di Romolo) e di Tito Livio (Storia di Roma dalla fondazione). In particolare lo storico latino Tito Livio, nato nel 59 a. C. e morto nel 17 d. C. a Padova, dedica tutta la sua vita alla stesura di un’unica colossale opera storiografica “Ab Urbe condita libri”, che inizia dopo il 27 a. C. e viene pubblicata in successione per gruppi di libri; l’ultimo volume esce dopo la morte di Augusto, avvenuta il 14 d.C. L’intenzione dell’autore era quella di coprire l’intera storia di Roma dalle origini fino all’età contemporanea, ma la narrazione si ferma con il libro CXLII, che giunge fino alla morte di Druso (9 a.C.). La data della fondazione di Roma è stata fissata dallo Storico Latino Varrone sulla base dei calcoli effettuati dall’astrologo Lucio Taruzio. Il soggetto della presente stampa è preso da un famoso dipinto di Poussin del 1637/ 1638, oggi conservato al Louvre, che il veneto Angelo Biasioli incide utilizzando la raffinata tecnica dell’acquatinta per restituire i passaggi tonali e chiaroscurali dell’animata scena mitica, nella quale la classicità è esaltata sia nelle architetture che nei costumi. Biasioli lavora soprattutto a Milano per diversi editori; questa tiratura, eseguita proprio a Milano dall’editore Luigi Valeriano Pozzi, è presumibilmente eseguita tra il 1820, quando i rami di buona parte della serie sono già stati tirati dall’editore romano Scudellari (1819), ed il 1824, quando la serie compare sul Giornale di Letteratura, Scienze ed Arti (tomo XXXIV, aprile maggio giugno 1824) come edite dal milanese Pozzi.
Collocazione
Provincia di Cremona
Ente sanitario proprietario: A.S.S.T. di Crema
Compilazione: Casarin, Renata (2009)
Aggiornamento: Uva, Cristina (2012)-
Descrizione
Autore: Poussin Nicolas (1594-1665), inventore; Sala Vitale (1803-1835), disegnatore; Biasioli Angelo (1790-1830), incisore; Pozzi Luigi Valeriano (notizie 1800 ca.-1808), editore
Cronologia: post 1820 – ante 1824
Tipologia: disegno
Materia e tecnica: carta/ acquaforte; carta/ acquatinta
Misure: 565 mm x 480 mm (parte incisa); 66 cm x 58 cm (cornice)
Ratto delle Sabine-Autore: Conti Primo (1900-1988)-Studio per il ratto delle sabine
Descrizione
Identificazione: Studio per il ratto delle sabine
Autore: Conti, Primo (1900-1988)
Cronologia: 1924
Tipologia: disegno
Materia e tecnica: carta/ grafite
Misure: 279 mm x 212 mm
Descrizione: matita di grafite su carta
Notizie storico-critiche:A cavallo tra la fine degli anni Dieci e gli inizi del decennio successivo, nell’opera di Primo Conti si osserva una svolta poetica che condurrà la pittura dell’artista fiorentino lontano dall’aggressione futurista, per assorbire gradualmente, invece, un sintetismo formale di carattere purista, tipico della corrente novecentista, ma scevro da quella retorica compositiva per cui quest’ultima si contraddistingue. Tra le più grandi e articolate composizioni di figure del pittore, il “Ratto delle sabine”, presentato alla “III Esposizione Internazionale di Roma”, si concretizza per una fortissima novità espressiva lontana dagli archetipi novecenteschi. Il dipinto infatti è definito da Enrico Crispolti come un’opera “furiana”, nel quale “la “sospensione” malinconica, la sottile insinuazione di malaise psichico avviene smussando cromaticamente la nettezza del plasticismo purista, introducendo spiazzamenti asimmetrici, e ritmi di profili continuamente ondulati e curvilinei, ma mai in senso d’ispirazione geometrica” (E. Crispoldi, Primo Conti: catalogo retrospettivo per le mostre tenute in occasione dei sessanta anni di lavoro dell’artista, Firenze 1971). In alcune lettera indirizzate all’amico Pavolini, Conti racconta le vicende che hanno contrassegnato la realizzazione dell’opera. Il 29 ottobre 1924, fa sapere, “esporrò a Roma insieme al Trittico e a qualche ritratto, un Ratto delle Sabine del quale non possiedo altro che qualche disegno” e nuovamente allo stesso il 13 novembre scrive “stò ultimando i disegni per il Ratto delle Sabine”, e ancora annuncia la fine del lavoro con una lettera del 14 gennaio 1925 “fra qualche ora, forse, metterò l’ultima pennellata e la firma alle Sabine”, e la stessa sera conclude con una cartolina dicendo “Le Sabine vivono ormai di luce propria” (Calvesi, in Primo Conti 1911-1980, Firenze 1980). Tra i numerosi bozzetti preparatori di cui l’artista parla nelle lettere a Pavolini, due disegni firmati e datati “P. Conti / 1924” sono conservati presso la Fondazione dedicata al pittore a Fiesole, mentre un altro bozzetto, firmato e datato come i precedenti, è custodito presso le Raccolte Civiche del Gabinetto di Disegni del Castello Sforzesco dal 1932, dopo essere stato donato dall’autore stesso alle raccolte pubbliche milanesi. Il disegno raffigurante la parte sinistra del dipinto, così come l’opera a olio o i disegni della fondazione (i quali descrivono invece la parte destra e la parte centrale del quadro, attraverso linee più abbozzate e veloci e senza rifinitura o forti contrasti chiaroscurali) è contraddistinto da una composizione ottenuta mediante il serrato incastro volumetrico dei corpi che si affollano, contorcendosi attraverso un energico dinamismo, inedito fino a questo momento nelle opere del pittore. Confrontando il dipinto con il disegno in questione, si osservano piccole differenze nella raffigurazione dei personaggi e di alcuni particolari. Nel disegno è infatti assente la donna in secondo piano sulla destra tra le quatto figure o i due lembi di panneggio accanto alla donna accovacciato a terra. Ancora, nel disegno il piccolo omino in basso che sembra scappare in primo piano, nel dipinto diventa un carnefice ed è posto stavolta sullo sfondo. Il disegno milanese, probabilmente uno degli ultimi realizzati dall’artista, è caratterizzato da un fitto chiaroscuro eseguito con matita dura tramite linee oblique parallele, le quali invadono tutta la composizione risultando più marcate e fitte tra le giunture dei vari corpi che si accostano tra di loro.
Ratto delle Sabine-l’Affresco raffigura un episodio mitico delle origini di Roma
Descrizione
Ambito culturale: Ambito comasco
Cronologia: post 1615 – ante 1630
Tipologia: pertinenze decorative
Materia e tecnica: affresco finito a secco
Misure: 170 cm x 13 cm x 120 cm
Descrizione: L’affresco, realizzato sulla parete destra del salone, è presentato illusionisticamente come un quadro racchiuso in una cornice di legno e fissato alla parete. Raffigura un episodio mitico delle origini di Roma, il cosiddetto Ratto delle Sabine, ordinato da Romolo per supplire alla carenza di donne dei romani. L’anonimo pittore raffigura il rapimento delle mogli e delle figlie dei Sabini, un’antica popolazione del Lazio, messo in atto dai soldati romani che le avevano attirate con l’inganno nella loro città. Una particolarità dell’affresco è costituita dall’ambientazione della scena, che si svolge in una città di Roma trasfigurata dalla fantasia, dove il richiamo all’architettura antica, rappresentata dal tempio circolare a sinistra, più vicino alle architetture rinascimentali di Bramante che agli edifici classici, si affianca a una sfilata di edifici moderni, molto simili a quelli che si potevano vedere nella Como di primo Seicento. Anche il paesaggio d’acque,con barche cariche di merci, più che al fiume Tevere sembra ispirarsi a una veduta marina o, addirittura, al lago di Como su cui si affaccia la villa dei Gallio.
Notizie storico-critiche:L’affresco con il Ratto delle Sabine fa parte della decorazione del salone centrale di villa Gallia, edificata a partire dal 1614. Non conosciamo il nome dell’artista che eseguì questo affresco e la datazione esatta del suo intervento, che molto verosimilmente fu commissionato dall’abate Marco Gallio, cui si deve la costruzione dell’edificio. Come altre scene del salone, anche questa è un omaggio diretto alla storia di Roma, città in cui Marco Gallio aveva vissuto a lungo a fianco del potente zio cardinale Tolomeo, artefice della fortuna della famiglia.
Ratto delle Sabine-disegno probabilmente preparatorio per una scena teatrale-
seconda metà del XVII secolo
Descrizione
Ambito culturale: ambito veneto
Cronologia: ca. 1750 – ca. 1799
Tipologia: disegno
Materia e tecnica: carta/ matita/ penna/ inchiostro/ acquerellatura
Misure: 495 mm. x 397 mm.
Descrizione: Matita, penna, inchiostro nero, acquerello grigio, acquerelli colorati su carta bianca. Filigrana intera: forma di aquila stilizzata che regge due lance e, sotto, in lettere capitali, “LAF”.
Notizie storico-critiche:Il disegno, probabilmente preparatorio per una scena teatrale, non reca alcuna attribuzione: per il tratto leggero, frammentato e luminoso, per l’acquerellatura di delicata policromia, è probabilmente da assegnare ad un artista veneto, attivo nella seconda metà del XVII secolo.
Collezione: Collezione di disegni di Riccardo Lampugnani del Museo Poldi Pezzoli
Ratto delle Sabine-Autore: Ricchi Pietro detto Lucchese (attr.) (1606/ 1675)
Descrizione
Autore: Ricchi Pietro detto Lucchese (attr.) (1606/ 1675)
Cronologia: post 1600 – ante 1699
Tipologia: pittura
Materia e tecnica: olio su tela
Misure: 90,5 cm x 66,8 cm
Descrizione: In primo piano a destra un soldato afferra una giovane donna, mentre dietro di lui un altro sta già sollevando la preda; in secondo piano la scena è stipata di donne e soldati con insegne militari, picche, vessilli.
Collezione: Collezione dei dipinti dal XII al XVI secolo dei Civici Musei d’Arte e Storia di Brescia
Collocazione-Brescia (BS), Musei Civici di Arte e Storia. Pinacoteca Tosio Martinengo
Compilazione: Basta, C. (1991)
Aggiornamento: Giuffredi, L. (2003)
Ratto delle Sabine-Milano- Museo Martinitt e Stelline
Descrizione
Cronologia: post 1725 – ante 1775
Tipologia: pittura
Materia e tecnica: tela/ pittura a olio
Misure: 228 cm x 177 cm
Collocazione
Milano (MI), Museo Martinitt e Stelline
Compilazione: Amaglio, Silvia (2013)
Ratto delle Sabine-Cremona (CR), Museo Civico Ala Ponzone
Ratto delle Sabine
Descrizione
Ambito culturale: ambito neoclassico
Cronologia: ca. 1800 – ca. 1815
Tipologia: disegno
Materia e tecnica: matita nera su carta bianca
Misure: 288 mm x 204 mm
Collocazione
Cremona (CR), Museo Civico Ala Ponzone
Compilazione: Iato, V. (2001)
Aggiornamento: Bora, G. ()
Ratto delle Sabine-Autore: Pistrucci Filippo (sec. XIX), inventore / incisore-
Misure: 185 mm x 115 mm (parte incisa); 181 mm x 125 mm (parte figurata); 191 mm x 140 mm (Impronta)
Collocazione
Monza (MB), Musei Civici di Monza
Compilazione: Marchesi, Ilaria (2010)
Ratto delle Sabine-Autore: Aquila Pietro (1640/ 1692), incisore
Ratto delle Sabine
Descrizione
Autore: Aquila Pietro (1640/ 1692), incisore / disegnatore; Berrettini Pietro detto Pietro da Cortona (1596/ 1669), inventore
Cronologia: ca. 1670 – ante 1692
Oggetto: stampa smarginata
Soggetto: storia
Materia e tecnica: acquaforte
Misure: 613 mm x 418 mm (parte incisa)
Collezione: Fondo Calcografico Antico e Moderno della Fondazione Biblioteca Morcelli-Pinacoteca Repossi
Collocazione
Chiari (BS), Pinacoteca Repossi
Compilazione: Brambilla, Lia (2003); Scorsetti, Monica (2003)-
Ratto delle Sabine Autore: Biasioli Angelo (1790/ 1830)
Descrizione
Identificazione: Ratto delle Sabine
Autore: Biasioli Angelo (1790/ 1830), incisore
Cronologia: post 1790 – ante 1830
Oggetto: stampa
Soggetto: storia
Materia e tecnica: acquatinta
Misure: 181 mm. x 114 mm. (Parte figurata); 195 mm. x 135 mm. (Parte incisa)
Collocazione
Monza (MB), Musei Civici di Monza
Compilazione: Fumagalli, Monica (2005)
Ratto delle Sabine-Bartoli Pietro Santi; Caldara Polidoro detto Polidoro da Caravaggio
Descrizione
Autore: Bartoli Pietro Santi (1635/ 1700), incisore; Caldara Polidoro detto Polidoro da Caravaggio (1499-1500/ 1543), inventore
Ambito culturale: Scuola romana
Cronologia: post 1650 – ante 1699
Oggetto: stampa
Soggetto: storia
Materia e tecnica: acquaforte
Misure: 386 mm x 122 mm (inciso); 392 mm x 158 mm (foglio)
Collocazione
Brescia (BS), Musei Civici di Arte e Storia. Pinacoteca Tosio Martinengo
Compilazione: Menta, L. (1999)
Aggiornamento: D’Adda, R. (2002)
Scultura – Ratto delle Sabine – Giambologna – Firenze – Loggia dei Lanzi
Descrizione
Autore: Non identificato, fotografo principale
Luogo e data della ripresa: Firenze (FI), Italia, 1890 – 1899
Materia/tecnica: albumina/carta
Misure: 30 x 40
Collocazione: Milano (MI), Regione Lombardia, fondo Scrocchi, SCR_4_STABC_TQ
Classificazione
Genere: foto d’arte
Soggetto: arte
Compilazione: Truzzi, Stefania (2005)
Aggiornamento: Casone, Laura (2006)
Pietro da Cortona – Ratto delle Sabine – Dipinto – Olio su tela – Roma – Palazzo del Campidoglio – Galleria Capitolina – Sala Pietro da Cortona
Pietro da Cortona – Ratto delle Sabine – Dipinto – Olio su tela – Roma – Palazzo del Campidoglio – Galleria Capitolina – Sala Pietro da Cortona
Anderson Domenico
Descrizione
Autore: Anderson Domenico (1854/ 1938), fotografo principale
Luogo e data della ripresa: Roma (RM), 1855-1919
Materia/tecnica: albumina/carta
Misure: n.d.
Collocazione: Milano (MI), Raccolte storiche dell’Accademia di Brera, fondo Fondo Frizzoni, Fototeca storica – Armadio Frizzoni – FF 302
Classificazione
Compilazione: Lapesa, C. (2008)-
Dipinto – “Ratto delle Sabine”
Fotografia dello Studio Calzolari (studio) (1882/1996)
Dipinto – “Ratto delle Sabine” (?)
Foto Studio Calzolari (studio)
Descrizione
Autore: Studio Calzolari (studio) (1882/1996), fotografo principale
Luogo e data della ripresa: Mantova (MN), Italia, XX
Materia/tecnica: gelatina bromuro d’argento/vetro
Misure: n.d.
Note: Dipinto, olio su tela, raffigurante ratto delle Sabine (?).
Collocazione: Mantova (MN), Archivio di Stato di Mantova, fondo Archivio fotografico Calzolari, ASMn, Archivio Calzolari
Classificazione
Genere: da attribuire
Compilazione: Previti, Serena (2008)
Milano – Stazione Centrale – Atrio biglietti – scalone di accesso alla galleria di testa // persone, fregio “Ratto delle Sabine” Cfr: FM AB 23/a, FM AB 23/b, FM AB 31, FM AB 33/a, FM AB 33/b
Milano – Stazione Centrale – Atrio biglietti – scalone di accesso alla galleria di testa // persone, fregio “Ratto delle Sabine” Cfr: FM AB 23/a, FM AB 23/b, FM AB 31, FM AB 33/a, FM AB 33/b
Paoletti, Antonio
Descrizione
Autore: Paoletti, Antonio (1881/ 1943)
Luogo e data della ripresa: Milano (MI), Italia
Materia/tecnica: gelatina a sviluppo
Misure: n.d.
Note: Milano – Stazione Centrale – Atrio biglietti – scalone di accesso alla galleria di testa // persone, fregio “Ratto delle Sabine” Cfr: FM AB 23/a, FM AB 23/b, FM AB 31, FM AB 33/a, FM AB 33/b
Collocazione: Milano (MI), Raccolte Grafiche e Fotografiche del Castello Sforzesco. Civico Archivio Fotografico, fondo Foto Milano, FM APL 22
Classificazione
Compilazione: Paoli, Silvia (2013)
Firenze – Piazza della Signoria – Scultura – Ratto delle Sabine – Giambologna – Loggia dei Lanzi
Firenze – Piazza della Signoria – Scultura – Ratto delle Sabine – Giambologna – Loggia dei Lanzi
Descrizione
Autore: Non identificato, fotografo principale
Luogo e data della ripresa: Firenze (FI), Italia, 1920 – 1930
Materia/tecnica: gelatina bromuro d’argento/carta
Misure: 18 x 24
Collocazione: Milano (MI), Regione Lombardia, fondo Scrocchi, SCR_82_ST_DV
Classificazione
Genere: architettura
Soggetto: città
Compilazione: Tonti, Stella (2007)
Leggende di Roma – Ratto delle Sabine (in alto) – Caio Muzio pone la mano destra sul braciere davanti a Porsenna (in Basso) – Disegno
Leggende di Roma – Ratto delle Sabine (in alto) – Caio Muzio pone la mano destra sul braciere davanti a Porsenna (in Basso) – Disegno
Fotografo non identificato
Descrizione
Autore: Fotografo non identificato (notizie), fotografo principale
Luogo e data della ripresa: 1855-1919
Materia/tecnica: albumina/carta
Misure: n.d.
Note: La fotografia riprende il foglio sul quale sono riportati i due disegni.
Collocazione: Milano (MI), Raccolte storiche dell’Accademia di Brera, fondo Fondo Frizzoni, Fototeca storica – Armadio Frizzoni – FF 1513
Classificazione
Compilazione: Lapesa, C. (2009)
Gruppo scultoreo – Marmo – Ratto delle Sabine – 1574-1580 – Giambologna – Firenze – Piazza della Signoria – Loggia della Signoria o dei Lanzi
Gruppo scultoreo – Marmo – Ratto delle Sabine – 1574-1580 – Giambologna – Firenze – Piazza della Signoria – Loggia della Signoria o dei Lanzi
Fotografo-Non identificato
Descrizione
Autore: Non identificato, fotografo principale
Luogo e data della ripresa: Firenze (FI), Italia, 1860 – 1880
Materia/tecnica: albumina/carta
Misure: n.d.
Collocazione: Milano (MI), Raccolte Grafiche e Fotografiche del Castello Sforzesco. Civico Archivio Fotografico, fondo Vedute Italia, VI H 218
Classificazione
Genere: foto d’arte
Soggetto: arte
Compilazione: Ossola, Margherita (2016)
Il ratto delle Sabine-Biasioli Angelo
Il ratto delle Sabine- Biasioli Angelo-Descrizione
Identificazione: Ratto delle Sabine
Autore: Biasioli Angelo (1790/ 1830), incisore
Cronologia: post 1790 – ante 1830
Oggetto: stampa smarginata
Soggetto: storia
Materia e tecnica: acquatinta
Misure: 180 mm. x 113 mm. (Parte figurata); 186 mm. x 127 mm. (Parte incisa)
Collocazione
Monza (MB), Musei Civici di Monza
Compilazione: Fumagalli, Monica (2005)
Ratto delle Sabine-Autore: Caraglio Giacomo (1500/ 1570), incisore
Descrizione
Identificazione: Ratto delle Sabine
Autore: Caraglio Giacomo (1500/ 1570), incisore
Cronologia: ca. 1527
Oggetto: stampa smarginata
Soggetto: storia
Materia e tecnica: bulino
Misure: 508 mm x 360 mm (parte incisa)
Notizie storico-critiche:Malgrado questa stampa sia tradizionalmente intitolata “Il ratto delle Sabine”, Archer sottolinea che quello che è stato rappresentato non è il ratto vero e proprio, bensì un episodio successivo raccontato da Livio e da Plutarco, ovvero il tentativo di riscatto dei Sabini che raggiunsero Roma e combatterono nel Foro, mentre le donne Sabine intervennero per chiedere il mantenimento della pace. La figura femminile raffigurata seduta su un asino sarebbe la dea Vesta, presso il cui tempio avvenne la lotta. Questa incisione fu l’ultimo lavoro del Caraglio, che la lasciò incompiuta. Essa venne completata da un incisore anonimo, dallo stile più duro e più largo rispetto al Caraglio. Bartsch testimonia che l’invenzione è da attribuire a Baccio Bandinelli; Vasari invece l’attribuiva a Rosso Fiorentino. Il timbro al verso dell’esemplare qui catalogato indica che questo foglio fece parte della collezione di Heinrich Buttstaedt, pittore, fotografo collezionista e mercante d’arte nato a Gouda e morto a Berlino nel 1876. Entrò a far parte del Fondo Calcografico della Pinacoteca Repossi tramite il legato Cavalli.
Collezione:Fondo Calcografico Antico e Moderno della Fondazione Biblioteca Morcelli-Pinacoteca Repossi
Ratto delle sabine
Caladara Polidoro detto Polidoro da Caravaggio; Alberti Cherubino
Descrizione
Autore: Caladara Polidoro detto Polidoro da Caravaggio (1499-1500/ 1543), inventore; Alberti Cherubino (1553/ 1615), incisore
Cronologia: post 1553 – ante 1615
Oggetto: stampa smarginata
Soggetto: mitologia
Materia e tecnica: bulino
Misure: 200 mm. x 103 mm. (Parte figurata)
Collocazione
Monza (MB), Musei Civici di Monza
Compilazione: Ruiu, Daniela (2004)
Ratto delle Sabine-Polidoro da Caravaggio; Le Blon, Jakob Christof (attribuito)
Descrizione
Autore: Polidoro da Caravaggio (1500 ca.-1543), inventore; Le Blon, Jakob Christof (attribuito) (1667/1670-1741), incisore
Cronologia: post 1667 – ante 1741
Oggetto: stampa tagliata
Soggetto: storia
Materia e tecnica: bulino
Misure: 449 mm x 167 mm (Parte figurata); 449 mm x 167 mm (Parte incisa)
Cleonice Tomassetti-Capradosso di Petrella Salto (Rieti)
massacrata dai nazifascisti nell’eccidio di Fondotoce (oggi Verbania Cusio Ossola), il 20 giugno 1944.
Pubblicazione parziale dalla Ricerca storica di Franco Leggeri per ANPI Comitato antifascista della Sabina
Fonte- DONNE E UOMINI DELLA RESISTENZA-
Cleonice Tomassetti, detta Nice, donna di straordinarie scelte, che da un paesino del Lazio
la portano a Roma e poi a Milano, fino a quella ultima scelta che la condurrà alla morte: unirsi ai combattenti per la libertà.
Tra di loro, lei appare, sotto un cartello, tenuto da due giovani: “Sono questi i liberatori d’Italia oppure sono i banditi?”.
Sembra essere lei a guidarli, nel viaggio da Intra a Fondotoce, dove verrà fucilata a soli 33 anni il 20 giugno 1944 con altri 42 giovani partigiani.
Donne e Uomini della Resistenza in Sabina.
Ricerca storica a cura di Franco Leggeri per ANPI Comitato antifascista della Sabina.
Capradosso di Petrella Salto -La storia di Nice, Cleonice Tomassetti, staffetta partigiana di Capradosso fucilata a Fondotoce di Verbania Cusio Ossola il 20 giugno 1944.Cleonice Tomassetti non era una maestra di scuola, non era una staffetta, non aveva un marito tra i partigiani. Non fece neppure in tempo a combattere la guerra di liberazione. Era una donna che aveva fatto la propria scelta spontaneamente. Non amo la parola “martire”, ma se c’è una martire – cioè una testimone – della Resistenza italiana, è Cleonice Tomassetti.
LA STORIA-
Era il 20 giugno del 1944 quando la giovane staffetta reatina, incinta di quattro mesi, venne massacrata nell’eccidio di Fondotoce (oggi Verbania Cusio Ossola). Unica donna del gruppo di 43 partigiani catturati dai nazifascisti nel corso dei rastrellamenti effettuati nei giorni precedenti. Era una maestra che aveva lasciato la sua terra per insegnare a Milano, quando nell’aprile del ’44 decide di seguire il suo compagno nella resistenza in Val d’Ossola, per compiere le missioni assegnatole.
Era la sola donna del gruppo di 43 partigiani fucilati dai nazifascisti a Fondotoce. Nella foto allegata, è presente in prima fila, proprio sotto il cartello sul quale gli aguzzini, in modo provocatorio hanno messo la scritta “Sono questi i liberatori/ d’Italia/ oppure sono i banditi?”, visibilmente rassegnata al suo destino. Le donne di Novrego, provincia di Milano, vedendo Cleonice con le vesti strappate dalle botte e sevizie subite, le avevano offerto un abito nuovo, un omaggio alla salvaguardia della dignità anche se destinata a compiere l’ultimo viaggio. Dal racconto di un sopravvissuto, l’avvocato e magistrato Emilio Liguori pare che ai propri aguzzini, poco prima di essere condotta alla fucilazione, la Tomassetti abbia detto loro: “Se volete mortificare il mio corpo è superfluo il farlo, esso è già annientato. Se invece volete uccidere il mio spirito, quello non lo domerete mai”.
La fotografia del corteo la ritrae in prima fila. Sono 42 uomini e una donna che vanno a morire. I nazifascisti li fanno sfilare sul lungolago di Intra. Davanti hanno messo i due prigionieri più alti, che reggono un cartello: “Sono questi i liberatori d’Italia oppure sono i banditi?”. Lei è in mezzo, sotto la scritta. È vestita con cura, quasi con eleganza: scarpe nere con il tacco, maglia chiara, gonna scura, un cappello bianco, una borsa stretta al grembo. Ma non sono i suoi vestiti. Fino a poche ore prima indossava stracci coperti di sangue. Le mogli di altri prigionieri le hanno portato qualcosa da mettersi, per andare incontro alla fine con dignità.
Fuori dal paese li fanno salire su un camion per il trasporto del bestiame. Ma li fanno scendere al paese successivo, Pallanza, per mostrarli agli abitanti. Poi di nuovo un tratto in camion, e un’altra sfilata, a Suna. Infine l’ultima tappa, Fondotoce, dove vengono fucilati al crocevia subito fuori il paese.
Nel loro libro di memorie, Il Monterosa è sceso a Milano, Pietro Secchia e Cino Moscatelli la chiamano Cleonice Tommasetti e scrivono che è una maestra di scuola, staffetta partigiana, incinta di quattro mesi del marito, anche lui salito in montagna. È la versione che si ritrova in tutte le opere in cui la donna di Fondotoce viene citata. Fino a quando nel 1981 un altro partigiano, Nino Chiovini, pubblicherà una sua inchiesta (ora ristampata da una piccola casa editrice di Verbania, la Tararà), che restituisce alla vittima la sua storia e la sua identità, a cominciare dal nome.
Penultima di sei fratelli, Cleonice nasce il 4 novembre 1911 a Petrella Salto, nella frazione di Capradosso. Il suo nome significa “gloriosa nella vittoria”. Petrella è un villaggio sulle montagne tra il Lazio e l’Abruzzo, passato alla storia perché lassù visse segregata Beatrice Cenci (1577-1599), la ragazza che con i fratelli uccise il padre che la violentava e fu per questo decapitata a Castel Sant’Angelo, davanti a una folla in tumulto. Anche Cleonice ha un padre che la tormenta. Famiglia contadina, un piccolo podere, più pietra che terra. La madre muore, il fratello Aldovino e la sorella Pierina vanno a Roma a cercare lavoro. Lei è una ragazza molto intelligente, ma deve abbandonare la scuola per lavorare a casa e nei campi. A 16 anni resta incinta. Cleonice fugge dalla violenza paterna e si rifugia a Roma dalla sorella, ma il bambino nasce morto. Trova lavoro come cameriera.
A 22 anni lascia anche Roma e arriva a Milano, dove lavora come commessa e cameriera. Conosce un assicuratore, Mario Nobili, che ha lasciato la moglie dopo aver scoperto che lei lo tradiva con un sacerdote. Nobili è antifascista. Si incontra con un gruppo di amici che condividono le sue idee: si vedono a Milano in Galleria. Ci sono Melina Mistretta, proprietaria di una pensione in via Santa Radegonda, dove Cleonice è stata a lavorare, Piero Paci, violinista, e un sarto, Eugenio Dalle Crode. La sua testimonianza è importante, perché è nella sua bottega che matura il destino di Cleonice Tomassetti, che a Milano chiamano la Nice.
(1vedi nota a fondo pagina)-
Eugenio è zoppo, detesta i fascisti e nel ’24 brucia in pubblico una copia del loro giornale, “L’eco del Piave”; le camicie nere lo costringono a marciare per il paese, saltellando sulla sua unica gamba, con il gagliardetto nero in mano. A Milano diventa amico di Mario Nobili e poi di Cleonice Tomassetti.
“Ai primi del ’44 il mio amico Mario Nobili fu ricoverato all’ospedale con la meningite: dopo pochi giorni morì. Aveva 36 anni. Dopo la morte di Mario, Nice veniva quasi tutti i giorni nella mia sartoria a lavorare qualche ora. Un giorno del mese di giugno del ’44 passò da me a provare un vestito Sergio Ciribi, il figlio maggiore di una famiglia di miei vecchi clienti. Era presente la Nice. A un certo punto Sergio mi disse: “Sa, signor Eugenio, che hanno chiamato la mia classe, il primo semestre del ’26? È sul giornale di oggi. Ma io non mi presento – continuò, conoscendo le mie idee antifasciste -, vado in montagna con i partigiani”. Sergio non aveva ancora finito di parlare, che la Nice disse: “Allora ci vengo anch’io”. Lei, le decisioni le prendeva così, all’improvviso. Sergio in principio disse che non era possibile, che dove sarebbe andato non era posto per donne, ma lei insistette […].Partirono qualche giorno più tardi”.
Sergio Ciribi e Giorgio Guerreschi decidono di unirsi alla formazione Valdossola. Con loro c’è Cleonice Tomassetti. E c’è Edvige Ciribi, la madre di Sergio, che non vuole lasciarlo viaggiare da solo e ha portato anche l’altro figlio quindicenne, Giancarlo.
Il rischio è pazzesco, perché anche i tedeschi stanno andando a cercare i partigiani. L’11 giugno è cominciato un grande rastrellamento; ma la Nice e gli altri non lo sanno. Arrivano in treno a Laveno, prendono il battello per Intra, poi si incamminano a piedi. Sergio e Giorgio credono di riconoscere il sentiero che sale in Val Grande, Nice li segue, la madre di Sergio torna indietro. Non lo rivedrà più. “Non seppi nulla fino alla fine della guerra – ha raccontato Edvige Ciribi -.
Sergio, Giorgio e Nice risalgono la valle a piedi. Camminano per tutto il giorno, fino a quando non arrivano in una baita isolata, dove accendono il fuoco e passano la notte, mentre fuori infuria un temporale. Al mattino Nice si accorge di avere una zecca conficcata in una gamba, i ragazzi gliela tolgono. Appoggiato a una parete c’è un fucile, collegato con un filo a una bomba, che per un soffio non esplode. Si sente sparare in lontananza, poi si vedono i primi tedeschi: è il rastrellamento che avanza.
I tre fanno appena in tempo a nascondere il fucile e a concordare una versione comune: scartata l’idea di inventare storie improbabili, decidono di confessare; sono in montagna a cercare i partigiani per unirsi a loro, ma non li hanno ancora trovati. I tedeschi e le SS italiane li prendono subito a calci e pugni; poi cominciano gli interrogatori. Ha raccontato Giorgio Guerreschi: “Noi dicemmo, come d’accordo, la verità, ma capimmo subito che non eravamo creduti. Allora la donna, che ci vedeva come ragazzini, disse che noi non avevamo colpa, che era stata lei a convincerci a salire in montagna. “Sono ancora ragazzi, la colpa è soltanto mia” aggiunse. (…) a un certo punto cominciò a inveire in romanesco contro di lui, mandandolo a quel paese. Era una donna decisa. Ci misero tutti e tre contro un muro della baita e piazzarono un mitragliatore che lasciò partire una lunga raffica sopra le nostre teste; era chiaro che volevano terrorizzarci con una finta fucilazione”.
Si scende a piedi verso il lago, poi la notte ci si stende per terra su teli mimetici. Prosegue la testimonianza di Guerreschi: “La Nice fu assegnata a un giaciglio, con un ufficiale. Durante la notte, da quella parte, vennero rumori come di colluttazione; immaginai che qualcuno stava tentando di farle violenza. Sia per la distanza dal punto in cui si trovava, sia per il mio stato di prostrazione, non posso affermare niente di preciso, ma quell’impressione mi è rimasta in mente. Il mattino successivo intercettai alcune occhiate allusive tra i soldati”.
Lungo la strada il reparto incontra un partigiano ferito, con un proiettile nella coscia: lo finiscono con una raffica di mitra. I prigionieri subiscono altre torture: le SS vogliono sapere dove sono i compagni. Assicurano una corda a un albero, la avvolgono attorno al collo di Nice, che viene sollevata da terra, più volte; quando sta per svenire, le gettano addosso un secchio d’acqua; poi ricominciano. Ma lei non può raccontare cose che non sa. Allora la colpiscono sulla schiena con un bastone. Alla fine Cleonice Tomassetti e Sergio Ciribi vengono chiusi nelle cantine di Villa Caramora, una casa ottocentesca sul lungolago di Intra, insieme con decine di partigiani e di sospetti catturati nel rastrellamento. Tra loro c’è un medico antifascista. Il suo nome è Emilio Liguori. Dopo un mese di carcere a Torino sarà liberato e scriverà di getto un memoriale, Quando la morte non ti vuole, che è anche l’unica testimonianza della breve e dolorosa prigionia di Cleonice.
“La scena che si presentò al mio sguardo, dopo l’ingresso in cantina di tanti disgraziati, fu delle più penose alle quali io abbia mai assistito. Penso che un branco di lupi famelici, quando capita in mezzo a un gregge di pecore, usi verso le proprie vittime una ferocia meno accesa, meno sadica di quella dei soldati tedeschi verso i poveri partigiani rastrellati in Val Grande. I pugni, le pedate, i colpi di calcio di moschetto, le nerbate non si contavano più. Era una vera gragnuola che si abbatteva inesorabile su dei miseri corpi già grondanti sangue, su dei visi già tumefatti. Gli aguzzini sembravano presi nel turbine di un sadico furore. Notai che tra i partigiani vi era una donna, di statura media, di colorito bruno, sui venticinque anni. Anche a costei non furono risparmiati i maltrattamenti, anzi, starei per dire che la dose delle angherie sia stata nei suoi confronti maggiore. Mi parve che, quando arrivava il suo turno, il nerbo si abbassasse sulle sue spalle con maggior furore e più violenti fossero i calci che la raggiungevano da ogni parte. Eppure la coraggiosa donna non solo incassò ogni colpo senza emettere un grido ma, calma e serena, faceva coraggio agli altri giovani, malconci da quella furia bestiale”.
Verso le cinque del pomeriggio si sentono arrivare soldati e automezzi. I guardiani si preparano. Alcuni si sistemano la divisa, altri si tolgono la mimetica e restano in camicia e pantaloncini marroni. Qualcuno verifica il funzionamento dell’arma. Tutti si pettinano, poi controllano nello specchietto che hanno con sé che la riga dei capelli sia in ordine: saranno scattate delle fotografie. Annota il medico prigioniero: “Mi pareva di essere stato portato nei camerini degli artisti, prima che essi diano inizio alla rappresentazione”. La donna fu colpita atrocemente da più di uno schiaffo e da uno sputo sul viso. Non si scompose; incassò impassibile, e poi fiera, con aria ispirata, quasi trasumanata, disse parole che per mio conto la rendono degna di essere paragonata a una donna spartana, o meglio ancora a un’eroina del nostro Risorgimento: “Se percuotendomi volete mortificare il mio corpo, è superfluo il farlo; esso è già annientato. Se invece volete uccidere il mio spirito, vi dico che la vostra è opera vana; quello non lo domerete mai”. Poi, rivolta ai compagni: “Ragazzi, viva l’Italia, viva la libertà per tutti!” gridò con voce squillante. Anima grande! So (per avermelo confidato un poliziotto, un bolzanese che accompagnò il triste corteo fino al luogo dove avvenne l’esecuzione e vi assistette) che, durante tutto il tragitto di circa cinque chilometri da Intra a Fondotoce, essa continuò a conservare una calma e una serenità incredibile in una donna: e tale calma e tale serenità seppe, per virtù dell’esempio, comunicare agli altri suoi compagni di sventura. Avanzò per prima verso i carnefici, guardandoli fieramente negli occhi. Le sue ultime parole furono: “Viva l’Italia!”. Come lei morirono sotto le raffiche delle mitragliatrici i suoi quarantadue compagni. Ignoro il nome di questa donna, ma farò di tutto, quando tempi migliori e maggior libertà me lo consentiranno, per conoscerlo e additarlo alla pubblica ammirazione”.
Il racconto del dottor Liguori è un documento eccezionale, ma contiene due errori.
Non ci si deve stupire che sia stata una donna a trasmettere calma e serenità a 42 uomini destinati alla morte; e non tutti i compagni di Cleonice Tomassetti spirarono sotto i colpi del plotone d’esecuzione. Uno di loro, Carlo Suzzi, ferito, sopravvisse per miracolo, tornò a unirsi ai partigiani della divisione “Valdossola”, scelse il nome di battaglia “Quarantatré”; e poté testimoniare come la Nice si comportò.
Prima i tedeschi mettono i condannati in fila con la faccia verso il lago, armeggiano alle loro spalle, sparano in aria per simulare l’esecuzione. Poi li caricano sui camion, ma a ogni raggruppamento di case li fanno sfilare col cartello. Si arriva così a Fondotoce. Neppure il prete può avvicinarsi. Tutti devono sdraiarsi per terra, e tre alla volta passano sotto le raffiche del plotone. Nice è la prima a morire. Ha raccontato Carlo Suzzi, il superstite: “Bisognava vedere il coraggio di questa ragazza, che durante il percorso ripeteva a tutti: “Mostriamo a questi signori come noi sappiamo morire”. E lei per prima è caduta da eroe”.
“Ero in contatto con il Cln di Milano – scrive ancora Edvige Ciribi -. Quando c’era un’esumazione venivo avvertita; fui presente al disseppellimento dei fucilati di Baveno, poi in un altro luogo. Quando esumarono quelli di Fondotoce, ero là: riconobbi subito mio figlio dai capelli cortissimi, perché in prigione a Como era stato rasato a zero. Aveva la fronte squarciata. Conservo ancora alcuni ritagli dei vestiti che indossava. Avevo saputo che tra i fucilati c’era una donna. Quando vidi il cadavere, non feci fatica a riconoscerlo per quello della signorina Nice. Decidemmo di portare a Milano la salma di nostro figlio e quella della signorina. Erano morti nello stesso luogo; che riposassero insieme. Furono sepolti nel cimitero di Greco, poi furono trasferiti al cimitero Monumentale, nel campo della gloria”.
Cleonice Tomassetti non era una maestra di scuola, non era una staffetta, non aveva un marito tra i partigiani. Non fece neppure in tempo a combattere la guerra di liberazione. Era una donna che aveva fatto la propria scelta spontaneamente. Non amo la parola “martire”, ma se c’è una martire – cioè una testimone – della Resistenza italiana, è Cleonice Tomassetti.
Nota 1. “Sono nato a Susegana, in provincia di Treviso – ha raccontato Eugenio Dalle Crode -. Nell’autunno del 1917 abitavo a Nervesa, sulla riva destra del Piave. Gli austriaci avevano sfondato a Caporetto e si avvicinavano al fiume. La gente fuggiva; un giorno partì anche la mia famiglia; tutto il paese, anzi. Eravamo sulla strada per Montebelluna; nel cielo passò un aereo, che si abbassò e sganciò alcune bombe su di noi: una scheggia mi colpì alla gamba destra, che mi dovettero amputare sopra il ginocchio. Avevo soltanto otto anni. Quando fui in età di lavoro imparai il mestiere del sarto: è un lavoro che si può fare anche con una gamba sola”.
La foto a colori allegata al post è stata elaborata da Julius Backman Jääskeläinen giovane Architetto svedese che fra l’altro è abilissimo nel trasformare a colori le immagini storiche, generalmente in bianco e nero.
La Casa della Resistenza di Fondotoce ha scritto a Julius Backman Jääskeläinen chiedendogli di sottoporre alla colorazione l’immagine dei nostri martiri, ritratti il 20 giugno 1944 prima della loro barbara fucilazione.
Ecco il sorprendente risultato!
Vedere i loro volti, i loro abiti, le divise militari e l’ambiente circostante a colori crea una emozione unica, ci fa avvicinare a quel terribile istante, ci rende vivida e tragica la loro sorte.
“La storia è accaduta a colori”, così come a colori furono visti i nostri poveri martiri da pochi testimoni e che oggi grazie a Julius, anche a noi è data la possibilità, attraverso un ipotetico viaggio nel tempo, di avvicinarci così tanto a loro e alla loro sofferenza.
La Casa della Resistenza di Fondotoce sorge entro un parco di 16.000 mq. adiacente al luogo in cui il 20 giugno 1944 furono fucilati dai nazifascisti 43 partigiani e copre una superficie di circa 1.600 mq.
-Ricerca storica ia cura di Franco Leggeri-
Poesia di Franco Leggeri.
Pensiero per Nice –Cleonice Tomassetti-
Petrella Salto (Rieti) 1911 – Uccisa dai nazifascisti-Fondotoce (Verbania) 1944
NICE/ROSSO SABINA e L’età nuda dell’anima.
Nice, tu ,come Gramsci , hai odiato gli indifferenti.
Nice differente dall’indifferenza
Hai respirato Gramsci
Nice hai inciso le note libere della tua voce
Tra la Rocca di Petrella
Dove indugia la dolcezza della nebbia.
Nice aspettavi la luna rossa,
tu che conoscevi solo quella nera.
Nice hai contato, con rabbia, pazientemente,
mille lune per un’alba di libertà
Nice hai spaccato il gelo della fonte
Dove hai bagnato il pane
E bevuto l’acqua ,
Nice hai corso a perdifiato tra i castagni
e i chiaroscuri paralleli all’alba.
Nice hai quasi, finalmente, raggiunto le braccia della libertà
Mentre il tuo sogno metteva radici
in una terra lontana,
dove la luna brucia le onde del lago,
ma uno sguardo freddo ha ucciso
le trame dolci dei tuoi capelli.
Nice ora sei libera dalle maglie della catena,
vola Nice, vola in alto , lontano dalla terra brulla,
terra rossa del tuo sangue .
Nice, ti prego, corrodi la notte con i tuoi occhi e libera il tuo grido di libertà.
Nice ho raccolto, una ad una, le tue lacrime per dissetare il seme di una Italia libera.
-Ricerca storica ia cura di Franco Leggeri-
Cleonice Tomassetti-Nata a Capradosso di Petrella Salto (Rieti) il 4 novembre 1911-Era la sola donna del gruppo di 43 partigiani, fucilati dai nazifascisti (soltanto uno di loro, Carlo Suzzi, si salvò), a Fondotoce.
La Tomassetti è stata solennemente ricordata nel 2010 a Capradosso, nella ricorrenza della strage, dai suoi compaesani, che si sono ripromessi di celebrarne ancora il sacrificio, in occasione del centenario della nascita.
Cleonice durante gli anni della Seconda guerra mondiale abitava a Milano, dove si era trasferita dal Reatino per fare la maestra.
Quando il suo compagno era passato nella Resistenza aveva deciso di raggiungerlo e, nell’aprile del 1944 la giovane donna era entrata come staffetta nella stessa formazione partigiana.
Pochi mesi di impegno contro i nazifasciti, poi a Novegro (MI), dove la ragazza era in missione, la cattura da parte dei tedeschi e il suo trasferimento, prima nell’asilo infantile di Malesco e poi a Intra, a Villa Calamora.
Ore di maltrattamenti e di pestaggi per tutti coloro che i tedeschi hanno rastrellato e, con l’aiuto dei repubblichini, ristretto negli scantinati di Malesco e Intra.
Anche su “Nice”, che è incinta di quattro mesi, si accaniscono (come testimonierà poi l’avvocato e magistrato Emilio Liguori), i suoi aguzzini.
Sarà lei che, al fianco del tenente Ezio Rizzato, aprirà la colonna che, a piedi (fiancheggiata dai nazisti), si fermerà soltanto a Fondotoce, dove i tedeschi hanno deciso di dare una lezione ai “banditi” e alla popolazione che li aiuta (e che continuerà ad aiutarli), anche se sono arrivati da Intra a Fondotoce portando un grande cartello dove era scritto “Sono questi i liberatori/ D’ITALIA/ oppure sono i banditi?”
Cleonice sarà con Rizzato tra i primi che, a gruppi di tre, saranno fucilati dai tedeschi.
La donna fu colpita atrocemente da più di uno schiaffo e da uno sputo sul viso. Non si scompose; incassò impassibile, e poi fiera, con aria ispirata, quasi trasumanata, disse parole che per mio conto la rendono degna di essere paragonata a una donna spartana, o meglio ancora a un’eroina del nostro Risorgimento:
“Se percuotendomi volete mortificare il mio corpo, è superfluo il farlo; esso è già annientato. Se invece volete uccidere il mio spirito, vi dico che la vostra è opera vana; quello non lo domerete mai”. Poi, rivolta ai compagni: “Ragazzi, viva l’Italia, viva la libertà per tutti!” gridò con voce squillante. Anima grande!
Al grido si uniranno i suoi compagni Giovanni Alberti, Carlo Antonio Beretta, Angelo Bizzozero, Emillio Bonalumi, Luigi Brioschi, Luigi Brown, Dante Capuzzo, Sergio Ciribì, Giuseppe Cocco, Adriano Marco Corna, Achille Fabbro, Olivo Favaron, Angelo Freguglia, Franco Ghiringhelli, Cosimo Guarnieri, Franco Marchetti, Arturo Merzagora, Rodolfo Pellicella, Giuseppe Perraro, Marino Rosa, Aldo Cesare Rossi, Carlo Sacchi, Renzo Villa, Giovanni Volpati e altri quattordici che all’esumazione non poterono essere identificati.
Carlo Suzzi, Da alcuni decenni si era trasferito a vivere in Thailandia. Fu l’unico sopravvissuto dell’eccidio nazifascista del 20 giugno 1944 a Fondotoce, noto come la strage dei 42 Martiri. L’essere sopravvissuto alla fucilazione gli valse il soprannome di “43”, nome di battaglia che portò combattendo nella divisione partigiana Valdossola
Sul sacrificio di Cleonice e dei suoi compagni a Fondotoce, Nino Chiovini ha scritto un libro; i martiri sono ricordati anche con un “sentiero Chiovini”.
Fonte-da DONNE E UOMINI DELLA RESISTENZA-immagini Cleonice Tomassetti- il macabrio corteo con Cleonice unica donna – e in primo piano – lapide in memoria dell eccidio-
Pubblicazioni: numerose pubblicazioni di lezioni e temi riguardanti la pace editi dall’associazione Primalpe
La Scuola di pace di Boves è un’istituzione senza fini di lucro, voluta, deliberata dall’amministrazione comunale di Boves ed è un luogo dove si insegna la pace
Il Teatrino al forno del pane “Giorgio Buridan” (UILT, Unione Italiana Libero Teatro) che presenta
lo spettacolo CLEONICE di Maria Silvia Caffari, venerdì 9 febbraio ore 21 all’Auditorium Borelli.
Cleonice Tomassetti, detta Nice, donna di straordinarie scelte, che da un paesino del Lazio
la portano a Roma e poi a Milano, fino a quella ultima scelta che la condurrà alla morte: unirsi ai combattenti per la libertà.
Tra di loro, lei appare, sotto un cartello, tenuto da due giovani: “Sono questi i liberatori d’Italia oppure sono i banditi?”.
Sembra essere lei a guidarli, nel viaggio da Intra a Fondotoce, dove verrà fucilata a soli 33 anni il 20 giugno 1944 con altri 42 giovani partigiani.
Teatro Comunale Francesco Ramarini la Stagione Teatrale 2024-2025-
A Monterotondo la Stagione Teatrale verrà inaugurata al Teatro Comunale Francesco Ramarini SABATO 9 NOVEMBRE, alle ore 21.00, da “AFFOGO”. Scritto e diretto da Dino Lopardo, con Mario Russo, Alfredo Tortorelli, lo spettacolo è stato finalista In-Box 24-25 ed ha vinto il premio di Drammaturgia “SuiGeneris” al Torino Fringe Festival. La produzione di Gommalacca Teatro indaga su come la violenza, celata nell’animo umano sin dall’adolescenza, possa spazzare via i nostri sogni. Un’indagine scenica che ruota intorno a diversi temi: solitudine, genere, rapporti familiari, società corrotta, bullismo.
SABATO 7 DICEMBRE, alle ore 21.00, Claudio Greg Gregori e Fabio Troiano saranno “GLI INSOSPETTABILI”. Il testo teatrale di Shaffer da cui furono tratte, secondariamente, anche due importanti opere cinematografiche, mette al centro della vicenda il gioco e la sfida tra due uomini che hanno in comune l’apparente amore per la stessa donna.
Un testo ironico e pieno di fascino, portato in scena da due interpreti di talento indiscusso e grande umanità e con la regia del bravissimo Fabrizio Coniglio, in una produzione di Teatro e società srl.
Un viaggio nella malattia dell’uomo moderno, che in nome del culto esclusivo di sé, sta addirittura arrivando a privarsi del sentimento più nobile e grande che possa esistere: l’amore. Tutto questo raccontato col sorriso, con l’ironia e con un grande gioco teatrale, che l’autore, Shaffer, ci regala in questa sua avvincente pièce.
SABATO 18 GENNAIO 2025, alle ore 21.00, Giselda Volodi ci accompagnerà in una pièce ispirata a “Il racconto di Sonečka” di Marina Cvetaeva: “COME LO ZUCCHERO DURANTE LA RIVOLUZIONE”.
La produzione di Avamposti umani racconta di come sia difficile trovare la propria identità quando questa non ha mai potuto manifestarsi apertamente nella nostra vita. Come fare, quindi? Non resta che attingere ad altre vite – o presunte tali – o all’Altra Vita.
Un filo del racconto esilissimo si dipana partendo dalla figura di una donna reclusa, colpevole di voler amare e di voler vivere.
DOMENICA 2 FEBBRAIO, alle ore 18.30, Paola Minaccioni è “ELENA LA MATTA”.
In scena con lei, Valerio Guaraldi e Claudio Giusti, per la regia di Giancarlo Nicoletti.
Fra documento storico, emozione e ironia, Paola Minaccioni torna a teatro con una grande prova d’attrice, vestendo i panni di un’antieroina del Novecento: Elena Di Porto, la “matta” del ghetto ebraico di Roma. Una storia vera tutta al femminile che si trasforma in uno spettacolo coinvolgente e di grande impatto emotivo. Il 16 Ottobre 1943 le SS naziste rastrellano il ghetto di Roma, deportando ad Auschwitz oltre 1000 ebrei della comunità romana. Fra questi c’è una donna, Elena Di Porto, che fino alla sera prima ha provato ad avvertire gli abitanti del ghetto del pericolo imminente. Nessuno, però, le ha dato retta, perché Elena è la “pazza” del quartiere ebraico, per l’appunto detta “la matta di Piazza Giudìa”. Paola Minaccioni presta corpo e voce alla figura di Elena Di Porto in un monologo scritto da Elisabetta Fiorito e con le musiche dal vivo originali di Valerio Guaraldi. A ottant’anni da quella triste ricorrenza, lo spettacolo è un emozionante viaggio nell’Italia della Seconda guerra mondiale, delle leggi razziali, della paura ma anche della speranza e della solidarietà. Una straordinaria prova d’attrice fra dramma e comicità di una della più apprezzate interpreti del panorama italiano.
SABATO 22 MARZO, ore 21.00, sarà l’ora de “Lapocalisse”: un reading di Valerio Aprea con monologhi scritti per lui da Makkox, per una produzione di Elastica.
L’apocalisse è imminente. L’apocalisse è prossima. L’apocalisse è inevitabile. Ma siamo proprio sicuri? Davvero non c’è un barlume di speranza? Un minimo spiraglio di possibile intervento per scongiurare un destino che sembra ineluttabile? E se sì, a quali condizioni? Attraverso quali ostacoli? Siamo ancora in tempo per correggere la rotta? Ma poi, soprattutto, la vogliamo davvero correggere questo rotta?
INFO: Tel. 06 906 1490 www.icmcomune.it
Al “Ramarini” la nona stagione teatrale comunale
Al via la tradizionale Stagione di prosa ufficiale del teatro Francesco Ramarini, giunta quest’anno alla sua nona edizione. Organizzata dall’Assessorato alla Cultura e dalla Fondazione ICM, la rassegna è allestita come sempre in collaborazione con l’ATCL, l’Associazione Teatrale fra i Comuni del Lazio, ed è sostenuta dal Ministero dei Beni e delle Attività culturali e dalla Regione Lazio.
I cinque spettacoli (vedi scheda allegate al comunicato ndr) in cui si articola la stagione sono:
9 novembre ore 21.00: “AFFOGO” con Mario Russo e Alfredo Tortorelli.
7 dicembre ore 21.00: “GLI INSOSPETTABILI”, con Claudio “Greg” Gregori e Fabio Troiano. 18 gennaio ore 21.00: “COME LO ZUCCHERO DURANTE LA RIVOLUZIONE”, con Giselda Volodi. 2 febbraio ore 18.30: “ELENA, LA MATTA”, con Paola Minaccioni.
22 marzo ore 21.00: “LAPOCALISSE” con Valerio Aprea..
Abbonamenti (5 spettacoli a 85 €) in vendita presso il botteghino del teatro venerdì 11 (orario 16:00 – 20:00), sabato 12 (orario 09:00 – 13:00 / 16:00 – 19:00) e domenica 13 ottobre (orario 09:00 – 12:00) e, online, dalle ore 10:00 del 14 ottobre fino al 20 Ottobre tramite il circuito tickettando.it.
Biglietti dei singoli spettacoli (25 €) in vendita da lunedì 21 ottobre online tramite il circuito tickettando.it, presso la Biblioteca comunale “P. Angelani” (piazza don Minzoni snc) nei giorni e nei seguenti orari: lunedì e mercoledì 16:00 – 19:00, sabato 10:00 – 12:00 e, presso il botteghino del teatro, il giorno dello spettacolo fino a due ore prima dell’inizio.
Gli abbonamenti e i biglietti sono cedibili a terzi ma non rimborsabili. Ulteriori info: 06.90.61.490, www.icmcomune.it.
«Sono orgogliosa di presentare la nuova stagione ufficiale del Ramarini – dichiara l’assessora alla Cultura Alessandra Clementini – e di proporre un cartellone di qualità, in linea con la consolidata tradizione che abbina commedie brillanti a spettacoli di riflessione su tematiche sociali. Sottolineo come il costo degli spettacoli, pressoché inalterato da anni, resta estremamente contenuto, nella certezza che uno degli obiettivi fondamentali da ricercare sempre sia quello di consentire a chiunque l’accesso alla fruizione culturale e alle occasioni di crescita individuale che questa assicura. Per lo stesso motivo abbiamo predisposto forme di gratuità da riservare, in occasione di ogni spettacolo, a persone seguite dai nostri Servizi sociali. Mi auguro che la risposta del pubblico sia appassionata come ogni anno e che la valorizzazione del nostro teatro, uno dei pochissimi in Italia ad essere gestito in house, prosegua nel solco di un percorso che lo renda sempre più conosciuto ed apprezzato anche al di fuori del contesto territoriale».
«Molto tempo è già passato dalle prime edizioni, quelle che ebbi il piacere e l’onore di lanciare al tempo in cui ero assessore – aggiunge il sindaco Riccardo Varone – ed è motivo d’orgoglio constatare come la storia del nostro teatro sia ormai costellata di passaggi prestigiosi, nomi di artisti e produzioni che esprimono un altissimo livello culturale e professionale. Soprattutto sono orgoglioso perché, anno dopo anno, il Comune non smette di lavorare per avvicinare un pubblico sempre più vasto alla grandezza e alla bellezza del teatro e al valore che questo riveste non solo in termini culturali ma anche etici e sociali».
«Una stagione teatrale, questa che abbiamo il piacere di presentare – afferma il presidente della Fondazione ICM Pietro Oddo – che punta da un lato a fidelizzare il nostro pubblico e dall’altro ad allargare la partecipazione a nuovi spettatori, perché crediamo fermamente che il teatro sia uno strumento di crescita personale, aggregazione e condivisione».
«L’auspicio è quello di connettere negli spazi del teatro Ramarini le risorse del territorio con le esperienze artistiche della scena nazionale – afferma la direttrice artistica di ATCL Isabella Di Cola – lavoriamo affinché la realtà eretina riscatti un posto d’onore nella promozione culturale teatrale dell’intera regione. La prosa sarà forza trainante di una stagione dall’anima poliedrica, dinamica, che coniuga contenuti e leggerezza, tradizione e innovazione con un unico comune denominatore: l’alto profilo artistico. Un cartellone che vuole rappresentare le buone pratiche di una società resiliente, di un nuovo modo di fare cultura, di una presenza “fisica” nei luoghi affinché siano propensi alla partecipazione e all’ascolto».
«Il teatro è soprattutto occasione di crescita culturale di una collettività, un momento di incontro, di condivisione, di riflessione, di suggestione, strumento per interpretare il vivere contemporaneo – afferma l’amministratore delegato di ATCL Luca Fornari – il ringraziamento di ATCL va come sempre al Comune di Monterotondo ed alla fondazione ICM, che permette il funzionamento del Teatro, al MiC ed alla Regione Lazio che finanziano le attività, agli artisti programmati ma soprattutto al pubblico, che rende possibile tutto questo e che sono certo saprà rispondere, come sempre, con passione e affetto».
Giornate del FAI Autunno 2024 a Casperia e Roccantica (Rieti)
Gruppo FAI Sabina-Autunno 2024-L’appuntamento è dunque per sabato 12 e domenica 13 ottobre, tra poco più di una settimana, con le Giornate Fai d’Autunno 2024. Come vi abbiamo detto ieri, noi vi aspettiamo a Roccantica e a Casperia. E, come promesso, in questo post vi diamo qualche informazione logistica per organizzare al meglio le vostre visite.
UBICAZIONE
Roccantica e Casperia si trovano entrambe lungo la Strada provinciale 48 Finocchieto. L’Oratorio di Santa Caterina e la chiesa di Pie’ di Rocca sono nella parte alta di Roccantica.
Alla chiesa della Madonna della Neve (che si trova si trova a Paranzano, frazione di Casperia a due chilometri dal paese) si arriva agevolmente anche da Cantalupo lungo la strada che, appunto, porta a Casperia.
ORARI E DURATA DELLE VISITE
Non sono previste prenotazioni in nessun sito. Arrivando, dovrete recarvi ai nostri desk dove si organizzeranno i gruppi.
– Casperia
Le visite alla Madonna della Neve iniziano ogni mezz’ora, sia il sabato che la domenica, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18. I gruppi saranno al massimo di 30 persone.
Per le visite guidate del Borgo di Casperia (durata circa un’ora) gli orari sono:
Sabato: 10; 11,30; 15; 16;17
Domenica: 10,15; 12,30; 15;16;17
Per il giro del Borgo sono consigliate calzature comode (dentro Casperia si sale e si scende)
– Roccantica
Le visite all’Oratorio di Santa Caterina e alla chiesa di Pie’ di Rocca iniziano ogni mezz’ora. Si inizia il sabato pomeriggio, dalle 14 fino alle 18. La domenica invece si va dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18. I gruppi saranno al massimo di 20 persone.
Anche a Roccantica sono vivamente consigliate calzature comode (per arrivare all’Oratorio ci sono un bel po’ di scale da fare, in salita, prima, e poi in discesa)
DOVE MANGIARE
A Casperia e a Roccantica non mancano bar e ristoranti. E così nei paesi vicini. Potrete chiedere comunque indicazioni e numeri telefonici ai nostri desk.
CONTRIBUTO
In ciascun sito il contributo libero suggerito è a partire da 3 euro. Sia a Casperia che a Roccantica ci si potrà iscrivere o rinnovare la tessera Fai, con le condizioni speciali previste per le Giornate.
RINGRAZIAMENTI
Ringraziamo dal profondo del cuore il Comune di Casperia e il Circolo cittadino casperiano Raffaello Masci; il Comune di Roccantica e la Pro loco di Roccantica
Luoghi da visitare
Casperia (Rieti)-La chiesa della Madonna della Neve a Paranzano
Roccantica (Rieti)-La chiesetta di Pie’ di Rocca
Casperia (Rieti)-L’altare maggiore della Madonna della Neve a Paranzano
Roccantica (Rieti)-Una scena delle Storie di Santa Caterina
Casperia (Rieti)-Muri romani sotto un casale a Paranzano
Roccantica (Rieti)-La parete principale dell’Oratorio di Santa Caterina a Roccantica
È IL 1944, NASCE LA SOCIETÀ SPORTIVA “ANGELO, MARIO E GINO SEBASTIANI”
Archivio di Stato di RIETI-È il 30 ottobre 1944 la data fondativa della società sportiva AMG #Sebastiani, dove l’acronimo indica i nomi di Angelo, Mario e Gino, i tre fratelli reatini, appassionati di sport, assassinati dai tedeschi in due episodi distinti, ma collegati, nel giugno di quell’anno.
A rivelare la data di ottanta anni fa è un documento rinvenuto nel fondo dell’Ufficio di gabinetto della Prefettura di Rieti (ASRi, Prefettura di Rieti, b. 36), conservato all’Archivio di Stato di Rieti, nel corso di ricerche portate avanti su alcune attività delle società sportive presenti sul territorio.
Si tratta di una lettera, datata 5 novembre 1944, a firma del presidente Vincenzo Ceci, imprenditore molto attivo in quegli anni e indirizzata al prefetto allora in carica, Michele Galatà. Il documento ci mostra come Ceci comunichi la costituzione della società sportiva che si “prefigge di dare ai giovani una sana educazione fisica e morale e di riportare lo sport cittadino alle sue antiche gloriose tradizioni” in vista di una “ricostruzione sportiva” a seguito dei tragici eventi bellici terminati con la liberazione di #Rieti nel giugno del ’44.
La missiva è accompagnata dallo statuto sociale, preziosa testimonianza di ulteriori informazioni non solo relative alla fondazione, la cui data del 30 ottobre è riportata alla fine del testo (sottolineata in rosso nella foto n. 4), ma anche per le cariche societarie presenti. Il presidente onorario è Giuseppe Sebastiani, mentre il primo presidente del sodalizio è appunto Vincenzo Ceci (presidente del Consiglio direttivo), il presidente del Comitato provvisorio è Franco Colarieti. Luigi Padronetti, celebre e competente dirigente sportivo, ricopre il ruolo di segretario del Consiglio direttivo. Non mancano altri nomi illustri come Alfredo Sebastiani, fratello di Angelo, Mario e Gino, nonché presidente della Provincia di Rieti tra gli anni ’60 e ’70 e il campione del mondo dilettanti di ciclismo Adolfo Leoni.
La società nasce come polisportiva, avendo l’obiettivo di sviluppare non solo il basket, già presente negli anni precedenti con la Pallacanestro Rieti, in particolare tra 1938 e il 1940. Lo si evince anche da ulteriore documentazione, questa volta del 1945, presente nell’archivio storico del Comune di Rieti, anch’esso conservato presso l’Archivio di Stato (ASRi, Comune di Rieti, b. 1405, fasc. “Area Sebastiani”). Il documento attesta la volontà della società di ottenere nuove strutture sul #Terminillo per ampliare la propria attività sportiva, ipotizzando l’uso di villa Pater, presente sulla strada tra Pian de’ Valli e Campoforogna, nonché la vendita di due appezzamenti di terreno. Dalla missiva emerge come fosse presente un trampolino per la scuola di salto con gli sci a Pian de’ Valli e che la gestione della capanna Trebbiani era in capo proprio alla società sportiva.
L’idea di una polisportiva aveva trovato una concretizzazione già nel 1942. Il #Coni provinciale, il 16 novembre di quell’anno, aveva infatti reso noto al Comune di Rieti (ASRi, Comune di Rieti, Registro delibere di giunta, deliberazione n. 117, 1943) l’autorizzazione alla fusione di tutte le società sportive esistenti a Rieti in un unico organismo denominato “Società polisportiva Rieti”, con l’intento di sviluppare non solo il calcio, lo sci e il ciclismo, ma anche il pugilato, la scherma, il tiro a volo e, appunto, la #pallacanestro. Il motivo della fusione era meramente economico a causa del clima di guerra che pesava sui bilanci già magri delle società.
Un ultimo cenno lo merita l’acronimo societario AMG, in quanto se la sede provvisoria è in via Marchetti 3 presso l’allora Ept, ovvero l’Ente provinciale per il turismo, nell’oggetto della lettera appare la dicitura “M.A.G. Sebastiani”, mentre la carta intestata, la comunicazione ufficiale del presidente e lo statuto sociale riportano la denominazione “Angelo, Mario e Gino Sebastiani”. La sigla “M.A.G.” apparirà anche nei timbri societari del 1945 e 1946, con in campo un Ercole che sconfigge l’idra e con motto in legenda riportante la frase “Hercules sabinus pater”.
Real Sebastiani Rieti
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
La Real Sebastiani Rieti, comunemente chiamata Sebastiani Rieti, è una società di pallacanestro maschile italiana con sede nella città laziale di Rieti. Fondata da Luigi Padronetti nel 1946 con il nome di M.A.G. Sebastiani Basket Rieti, divenuto in seguito A.M.G. Sebastiani Basket Rieti, si sciolse una prima volta nel 1997, per poi venire rifondata dapprima nel 1998 come Virtus Rieti (cambiando denominazione in Nuova Sebastiani Basket Rieti nel 2003), una seconda volta nel 2010 come Sebastiani Basket Club Rieti (cambiando denominazione alla Spes Pallacanestro Rieti dopo il fallimento della NSB) e, infine, una terza volta nell’estate 2020 come Real Sebastiani Rieti.
Contraddistinta dai colori sociali amaranto e celeste, disputa i propri incontri nell’impianto del quartiere di Campoloniano chiamato PalaSojourner[1]. Il nome della società ricorda la memoria dei fratelli Angelo, Mario e Gino Sebastiani, grandi sportivi dell’epoca, barbaramente uccisi dai tedeschi nel 1944.
Dopo l’abbandono di Padronetti fu Italo di Fazi ad occuparsi di assemblare la squadra, e ingaggiò il primo vero tecnico, Mario Barilari. In questi anni a dare man forte ai reatini vennero chiamati diversi giocatori di Roma come Chiodetti, Marcone, Galliano e Paolo Roversi. In questo periodo la squadra vedeva crescere giovani promettenti come Cordoni e Simeoni e militava in Serie C, a parte un paio di apparizioni in Serie B.
La Serie A
Dopo l’abbinamento con la Snia, la squadra sale di livello e nel 1972 conquista la promozione in Serie B. Nella stagione successiva la presidenza viene affidata a Renato Milardi e con il marchio Brina la Sebastiani disputa un ottimo campionato, chiudendo al secondo posto la stagione regolare che le consente di accedere alla poule promozione con Siena, Vigevano e Gorizia. Siena vince il girone ed accede direttamente alla Serie A mentre per il secondo posto disponibile Rieti e Vigevano dovranno giocare uno spareggio a Pesaro. Sostenuta da diversi reatini giunti nelle Marche, la Brina si impone 55-44 e conquista la Serie A. Tra i protagonisti dell’impresa da ricordare Gianfranco Lombardi nel doppio ruolo di allenatore e giocatore.
Per la stagione seguente arriva Bob Lauriski, il primo giocatore straniero della Sebastiani. Lauriski è uno statunitense non molto spettacolare ma comunque efficace; allenatore è ancora Lombardi e la squadra chiude il suo primo campionato di Serie A al decimo posto.
Dalla stagione 1974-75 il campionato si divide in due leghe: A1 e A2. Rieti si mantiene in prima serie dopo la poule salvezza. Nel 1975-76 arriva invece la retrocessione in Serie A2.
Nel campionato 1976-77 il nuovo allenatore Elio Pentassuglia (arrivato alla fine della stagione precedente) può contare su un nuovo straniero: Willie Sojourner, pivot con un passato nella ABA, che diventerà l’idolo dei tifosi reatini.
Nel 1977-78, grazie alle nuove regole che permettono l’ingaggio di un secondo straniero, arriva a Rieti Cliff Meely. Sojourner e Meely formeranno così una delle migliori coppie di stranieri del campionato. La Sebastiani annoverava in squadra giovani campioni come Roberto Brunamonti e Domenico Zampolini. I reatini vincono il campionato di Serie A2 accedendo ai play-off scudetto, dove si classifica al terzo posto, miglior risultato di sempre.
Nella stagione 1978-79 la squadra resta molto competitiva e schiera anche Gianfranco Sanesi, guardia nativa di Rieti. I risultati sono ottimi: la Sebastiani raggiunge le semifinali play-off e la finale di Coppa Korac, dove si arrende in finale solo al Partizan Belgrado, che vince davanti al pubblico di casa.
Gianfranco Sanesi in canotta Sebastiani nel campionato 1979-80
Per il campionato 1979-80 l’esigenza di far cassa porta alla cessione di Domenico Zampolini (girato a Pesaro) e Cliff Meely. Al posto dell’americano arriva Lee Johnson, atleta meno tecnico ma dotato di un’impressionante elevazione. La corsa in campionato si ferma ai quarti dei Play off ma è nella Coppa Korac che arriva la più grande impresa dello sport reatino. La Sebastiani arriva nuovamente in finale e a Liegi la squadra piega il Cibona Zagabria per 76-71. Con la conquista della Coppa Korac e dopo quattro stagioni piene di soddisfazioni, si chiude il ciclo di Elio Pentassuglia, che approda alla panchina di Varese.
Nelle stagioni successive Rieti non riesce a confermarsi ai vertici, pur mantenendosi su buoni livelli e continuando a scegliere validissimi giocatori statunitensi, come Tony Zeno.
L’estate del 1982 vede la partenza di Willie Sojourner, nel febbraio 1983 lascia anche il presidente Renato Milardi segnando la fine di un’epoca. Al termine di quel campionato la Sebastiani è retrocessa in Serie A2.
Seguono cinque stagioni nella seconda serie, con la società che, tra alti e bassi, fa sempre più fatica a far quadrare i conti. Il giocatore più rappresentativo di questo periodo è Joe Bryant, padre della futura stella NBAKobe Bryant, che iniziò a tirare a canestro proprio nel capoluogo sabino.
Il declino
L’ultima partita della Sebastiani in Serie A2 fu disputata a Rimini il 2 aprile 1988, ultima di campionato; la squadra venne sconfitta per 84-83 dalla Biklim Rimini con un canestro allo scadere dell’ex Maurizio Ferro e retrocessa in Serie B.
L’avventura di Rieti in Serie B inizia nel tentativo di tornare nella lega superiore: viene richiamato in panchina Elio Pentassuglia, ma il tecnico pugliese muore in un incidente stradale. La stagione della squadra rimane definitivamente segnata e non vengono raggiunti nemmeno i play-off.
A causa delle difficoltà economiche, nel campionato 1989-90 si allestisce una squadra di giovani da valorizzare, senza successo, e la Sebastiani retrocede così in B2. Il capitano e bandiera della squadra, Gianfranco Sanesi, si trasferisce a Contigliano, in Serie C1.
Dopo vari tentativi, nel 1993-94 la AMG Sebastiani riesce a risalire in Serie B1, imponendosi 92-80 dopo lo spareggio contro Potenza sul neutro di Pozzuoli, ma la situazione economica rimane problematica e anche la nuova proprietà (subentrata dopo la promozione) non riesce a porre rimedio.
Al termine della stagione 1996-97 il deficit diventa insostenibile, si cercano invano nuovi acquirenti e sfuma anche uno scambio di titoli per acquisire quello A2 di Pistoia. Oberata dai debiti, la società AMG Sebastiani non riesce ad iscriversi al campionato e conclude la sua attività dopo 51 anni di storia.
Prima rinascita: la Nuova A.M.G. Sebastiani Basket
Nel 1998 con l’acquisizione dei diritti di Sant’Antimo B2 da parte dell’Ass. allo Sport Marzio Leoncini e dal DR. David Angeletti, nasce una nuova squadra alla quale il General Manager Attilio Pasquetti decide di dare il nome di Virtus Rieti, con nuove divise arancio-blu. Protagonisti della nascita della nuova società furono oltre al patron Davide Angeletti (già contattato per rilevare la AMG Sebastiani) e Pier Luigi Persio, con la collaborazione di Michele Martinelli, primo presidente venne eletto Pier Luigi Persio. La Virtus venne iscritta con riserva alla serie B1 dove giocò grazie alla rinuncia di Desio, la squadra allestita era buona e sotto la guida di Franco Gramenzi dominò la stagione regolare, ai play-off per la promozione però dovette arrendersi a Bergamo al primo turno.
Nella stagione seguente, la squadra sempre allenata da Franco Gramenzi arrivò seconda in stagione regolare. Questa volta ai play off raggiunse la finale dove incontrò Castelmaggiore, la serie si decise alla terza ed ultima partita che Rieti perdette in casa 59-67 per la delusione di un gremito Palaloniano (5.432 spettatori) che sognava il ritorno tra i professionisti.
Nelle due stagioni successive (2000-01 e 2001-02) la presidenza passò a Davide Angeletti, ma, nonostante l’obiettivo rimanesse quello di raggiungere la Legadue (che sostituì la serie A2 nel 2001-02), furono avare di soddisfazioni. L’anno successivo Davide Angeletti lasciò in favore di Michele Martinelli. La presidenza fu offerta a Gaetano Papalia e venne ingaggiato Antonello Riva, miglior marcatore di tutti i tempi della serie A. La squadra ebbe un inizio stentato, poi alcune correzioni in corsa e l’arrivo sulla panchina di Maurizio Lasi le permisero di raggiungere i play off. Nei quarti di finale contro Vigevano il fattore campo saltò in tutte e tre le partite e la Virtus fu eliminata.
L’arrivo di Papalia
L’anno seguente Gaetano Papalia rilevò la società da Michele Martinelli, fu recuperato il nome storico cambiando la denominazione della squadra in Nuova A.M.G. Sebastiani Basket e l’amaranto ed il celeste tornarono ad essere i colori ufficiali. Fu assemblato un ottimo gruppo che dopo aver vinto la stagione regolare conquistò la coppa Italia di categoria battendo in finale Castelletto Ticino per 85-79. Ai play off Rieti perse di nuovo in finale, questa volta contro Montegranaro, ma aveva ancora l’oppurtunità di giocare lo spareggio per la Legadue contro la sconfitta dell’altra finale: Trapani. Si arrivò a gara tre e la Nuova Sebastiani questa volta non si lasciò sfuggire la promozione davanti al proprio pubblico, vincendo per 75-66.
Il primo anno di Legadue complice un po’ di inesperienza iniziò con qualche difficoltà ed il roster fu cambiato più volte in corsa, strada facendo grazie anche all’innesto di ottimi americani come David Hawkins prima e Jimmie Hunter poi, le cose migliorarono e furono raggiunti i play off dove arrivò la sconfitta al primo turno contro Montegranaro.
Nell’estate del 2005 arriva in città Marcus Melvin, ala forte esordiente in Italia, che diventerà uno dei migliori giocatori del campionato. La squadra allestita con l’obiettivo di puntare alla promozione in serie A termina la stagione regolare al quinto posto, ai play off dopo aver eliminato Imola e Ferrara, in finale trova di nuovo Montegranaro. Come nelle due occasioni precedenti la Sebastiani si arrese ai marchigiani che chiusero la serie 3-1.
Il 2006-07 si apre con una campagna acquisti di prim’ordine che porta a Rieti Joe Smith, Davide Bonora, Michele Mian e Patricio Prato, in panchina Maurizio Lasi viene sostituito da Lino Lardo. La squadra disputa una buona prima parte di campionato ma è sempre costretta ad inseguire Caserta che vince quasi tutte le partite. Il roster viene ritoccato e vengono inseriti Wade Helliwell e Marko Verginella a rinnovare quasi completamente il reparto dei lunghi (escono Simone Bagnoli e Chris Pearson). Ad inizio marzo al PalaSojourner, la Sebastiani vince la Final Four di Legadue battendo in successione Rimini e Ferrara. In campionato, complice un calo di Caserta, la squadra riesce a recuperare lo svantaggio ed arriva ad un finale di stagione equilibratissimo. Il campionato finisce con Rieti, Rimini e Caserta a pari punti ma grazie alla differenza canestri la Sebastiani è prima e può festeggiare il ritorno della serie A a Rieti dopo più di vent’anni.
Il ritorno in Serie A
La stagione 2007-08, segna dunque il ritorno in Serie A. Rieti infatti dopo un’assenza dalla massima serie durata 24 anni, può tornare fra le prime formazioni d’Italia, posto che aveva occupato già in passato. L’estate che aveva preceduto l’inizio del campionato, non era stata delle più tranquille, tanto che per mesi si era palesata anche la possibilità di cedere il diritto conquistato sul campo, ad un’altra città per la difficoltà di reperire sostegno economico, in primis quello di un main sponsor. La vicenda si risolverà poi con l’accordo siglato fra il Club amaranto celeste e la Solsonica. Dunque, sbrogliati i più immediati problemi economici, può finalmente sbloccarsi la campagna acquisti, che fino a quel momento era rimasta sospesa. Tra i giocatori che sbarcano a Rieti si ricordano Pape Sow dai Toronto Raptors e Morris Finley dall’Euphony Basket Liège, che si rivelerà poi il miglior marcatore della Lega. Il ritorno della Sebastiani, va in scena con la partita che vede opposta alla formazione Sabina, l’Olimpia Milano, in un PalaSojourner gremito e leggermente rinnovato per l’occasione, che vedrà alla fine la Sebastiani prevalere sulla pluridecorata squadra lombarda. Il campionato procederà con relativa tranquillità e la Sebastiani sfiorerà sia le final eight di Coppa Italia, sia i play-off di fine campionato per la lotta per il Tricolore. Alla fine la formazione Reatina conquisterà il tredicesimo posto e una salvezza, già certa a cinque giornate dalla fine.
Secondo anno in massima serie
Nel suo secondo anno in serie A la Nuova Sebastiani otterrà la salvezza all’ultima giornata ai danni della Fortitudo Bologna. La stagione cominciata sotto buoni auspici con la costruzione di un roster di prim’ordine sarà invece caratterizzata durante il corso dell’anno da un’infinità di difficoltà impensabili. La squadra perderà man mano pezzi importanti come Tim Pickett, Donnell Harvey, Guillaume Yango, Patricio Prato e Pervis Pasco, per non parlare inoltre dei due punti di penalizzazione inflitti alla società per irregolarità amministrative. Nonostante ciò grazie alla straordinaria bravura del tandem Lardo-Giuliani, un roster corto e assai modesto riuscirà nell’impresa di salvarsi grazie a straordinarie quanto inaspettate vittorie contro compagini ben più attrezzate come Virtus Bologna, Angelico Biella, Fortitudo Bologna, Air Avellino e Ngc Cantù in un girone di ritorno perfetto in cui la Solsonica farà parlare molto di sé in tutto l’ambiente del basket italiano. L’intera stagione è però funestata dai continui problemi economici e dalle voci che girano su un debito sempre più profondo. Tutto ciò viene rafforzato dai continui allarmi lanciati dal presidente Papalia, che già a inizio 2009 minaccia la vendita del titolo o la messa in liquidazione della società se non verranno trovate altre risorse per continuare l’avventura in A. Tra un futuro sempre più nero e un presente pieno di sofferenze la Nuova Sebastiani si presenta all’ultima giornata con due punti di svantaggio dalla Fortitudo Bologna che nonostante i milioni spesi e i molti acquisti nel corso dell’anno non è riuscita a tirarsi fuori dalla zona retrocessione. Proprio nell’ultima domenica di campionato, il 10 maggio, si consuma l’ultimo miracolo, Bologna perde a Teramo mentre la NSB espugna il campo della già retrocessa Udine conquistando grazie alla migliore differenza canestri negli scontri diretti il suo personalissimo scudetto, quello della seconda soffertissima salvezza in A.
Il trasferimento a Napoli e la fine
Terminata la sbornia per la nuova impresa, a Rieti si deve pensare a conquistare l’altra salvezza, ancora più difficile di quella del 10 maggio. Infatti la permanenza in serie A passa da eventuali nuovi sponsor e risorse che dovranno necessariamente entrare nelle casse societarie. In tal senso agli inizi di giugno sembra già tutto risolto per il meglio, con l’annuncio della sponsorizzazione ACEA per il PalaSojourner e con contatti già ben avviati con Wind. Tuttavia alla fine la tanto annunciata firma sul contratto non arriverà mai e dopo due mesi di rinvii, il presidente Papalia pone fine alla vicenda operando il trasferimento del campo di gioco al PalaBarbuto di Napoli, concludendo una trattativa iniziata e conclusa in pochi giorni. Il presidente motivò la scelta in questo modo:
«Quello che posso dire è che ci è stato concesso perché il PalaSojourner non è a norma per la serie A. Fate attenzione: non parlo di parametri tecnici, ma di parametri economici. Il palazzo si trova in una zona depressa che non consente di avere incassi in termini di pubblico o di spazi pubblicitari sufficienti a sostenere una serie A. Requisiti che, al contrario, il PalaBarbuto ha e per questo abbiamo chiesto ed ottenuto la deroga.[4]»
Così Rieti vede sparire di nuovo il basket professionistico e il presidente Gaetano Papalia è bersagliato dai tifosi di insulti e accuse, reo a loro parere di aver portato via alla città di Rieti una storia, un nome ed una tradizione nati nel lontano 1946.
Il ritorno del grande basket a Napoli, anche se a discapito di una città come Rieti che nel basket ha profuso molte energie, viene invece accolto positivamente sia dal presidente della F.I.P. Dino Meneghin, da sempre desideroso di riportare nell’élite del basket italiano una grande città come Napoli, sia dal presidente del C.O.N.I.Giovanni Petrucci, che qualche giorno prima del via libera al trasferimento commentava così tale possibilità:
«Non voglio entrare in faccende che sono di competenza della federazione, ma certo che avere Napoli in serie A sarebbe un vantaggio per il basket italiano. Da parte mia non posso che esprimere un auspicio, naturalmente fatti salvi tutti i diritti di Rieti[5]»
e ancora:
«Mi auguro che il basket torni in questa città – dice Petrucci -. Sono per lo sport nelle grandi piazze e sarebbe bello rivedere il Palabarbuto pieno. Del resto, la Virtus Roma è in serie A perché prese il titolo di Desio, non vedo quindi la novità. Non posso che essere favorevole a portare lo sport dove la gente lo vuole. Non conosco le regole del basket, queste questioni sono di competenza di Meneghin e della Fip. Sono loro che daranno l’ok, ma credo che alla Fip convenga avere Napoli nella massima serie, anche dal punto di vista pubblicitario.[6]»
Queste dichiarazioni scatenarono l’ira dei tifosi reatini, che ritennero di cattivo gusto le parole del presidente del CONI, nelle quali tutto è ridotto a una questione di convenienza e pubblicità.
Il destino della società rimase inizialmente incerto, almeno ufficialmente, dato che la deroga fu concessa per un solo anno, mentre da Napoli si affermava che la società sarebbe restata nel capoluogo campano per almeno tre anni[7].
A Napoli, Papalia trasferisce una società al collasso, che sembrerebbe non avere soldi per produrre un campionato dignitoso. Nell’autunno 2009, raggiunta la sponsorizzazione con la Martos (Società finanziaria) la rotta sembra cambiare: vengono ingaggiati il nigeriano Adeleke (successivamente tagliato), l’asso ex-NBA Damon Jones e il lettone Armands Šķēle. Successivamente viene messo sotto contratto anche il centro Robert Traylor.
Nel breve volgere di metà campionato, tuttavia, la società si ritrovò con problemi più grandi di quelli con cui si era allontanata da Rieti: a causa degli stipendi non pagati, molti giocatori decidono di abbandonare la società, sulle cui maglie non compariva neanche più lo sponsor[8], tanto che nelle ultime apparizioni sui parquet della Serie A fu costretta a schierare sul campo partenopeo gli under 19 provenienti inizialmente da Napoli e Rieti[9] e poi solo da Rieti.
La giustizia sportiva penalizzò la squadra, già partita con 2 punti in meno, con altri 6 punti. La Giudicante penalizzò la squadra di 8 punti per la successiva stagione, e inibì Papalia per 3 anni e 4 mesi. La Corte Federale confermò l’inibizione a Papalia e comminò 12 punti di penalità da scontare per la successiva stagione. La società fece ricorso al TAS Coni.
A stagione ancora in corso la squadra fu esclusa dal campionato, per non aver pagato la 2° rata professionistica alla LegaBasket, e tutte le partite furono considerate perse 20-0 a tavolino.
Il 15 aprile 2010, la commissione agonistica della FIP ha annullato tutta la stagione della squadra e la ha esclusa dalla classifica, decretando di fatto la definitiva chiusura anche di questo capitolo, lungo poco più di un decennio, della pallacanestro reatina.
Seconda rinascita: la Sebastiani Basket Club Rieti
Il duro colpo non cancella però Rieti dal panorama della palla a spicchi italiano, infatti gli occhi della città si spostano subito verso un’altra società locale: il Rieti Basket Club, dal quale trarrà origine l’attuale sodalizio. Questa società nasce nel 2006, quando ancora la NSB militava in LegaDue come “Spes Pallacanestro Rieti” e con l’acquisto del titolo sportivo del Vallesanta Basket, piccola formazione reatina, è ammessa al campionato di Serie D. Qui la società disputa un campionato che la vede sconfitta solo in due incontri, chiudendo così al primo posto e conquistare immediatamente la promozione in Serie C2[10]. L’anno seguente, stagione 2007-2008, chiude la stagione regolare da imbattuta e nei play-off vince la finale contro la Virtus Monterotondo, centrando la seconda promozione consecutiva e approdando questa volta in Serie C Dilettanti[10].
Per la stagione 2008-2009 di C Dilettanti, un nuovo allenatore, Marco Schiavi, si siede sulla panchina a tenere le redini della formazione ampiamente rinnovata. Durante il campionato un cambio in corsa porterà poi Claudio Vandoni, vecchia conoscenza del basket reatino a ricoprire il ruolo di head coach. Piazzatasi terza in classifica, affronta quindi i play-off dove in finale se la vede con Torre dei passeri, che viene sconfitta 3 a 1 mettendosi in tasca la terza promozione di fila che questa volta vale la Serie B Dilettanti. Nel settembre 2009 la denominazione della società viene mutata in Rieti Basket Club e il club lascia il piccolo PalaSpes sito nella frazione di Poggio Fidoni, palasport fino ad allora teatro degli incontri casalinghi, per trasferirsi al PalaSojourner[10].
Nello storico impianto di Campoloniano, Rieti continua la sua corsa disputando il nuovo campionato 2009-2010 con l’obiettivo della promozione diretta nella categoria superiore, ma a causa di numerosi infortuni che riducono all’osso gli elementi a disposizione dell’allenatore Alessandro Crotti, la formazione sabina chiude la stagione regolare al secondo posto e prende così parte ai play-off dove viene tuttavia eliminata dal Patti. Il quarto salto di categoria consecutivo arriva però comunque perché, a seguito dell’esclusione di tre club dalla Legadue, che libera tre posti nella A Dilettanti 2010-11, la società avanza ufficialmente richiesta di ripescaggio, che verrà poi accolta.
Nel 2010 la società attraversa una fase di cambiamento, costituendosi come S.r.l. Poco dopo si verifica anche un cambio al vertice: Marzio Leoncini, che dal 2006, anno della fondazione, aveva tenuto le redini del progetto, lascia la carica di presidente in favore di Silvio Gherardi. Come ultimo passo viene mutata la denominazione: con la partenza della NSB dal capoluogo sabino, l’anno precedente infatti il Rieti Basket Club si era trovato ad essere la prima formazione cestistica della città ed era stata avanzata l’ipotesi di restituire a Rieti la denominazione Sebastiani ripartendo proprio dall’RBC, ipotesi sostenuta anche da due sondaggi, uno apparso sul sito internet della società e uno su quello della tifiseria organizzata. Questo si rese possibile nel 2010 quando, a seguito della richiesta della società, la FIP l’autorizzò ad assumere la denominazione ufficiale di Sebastiani Basket Club Rieti[10][11].
Stagione 2010-2011: A Dilettanti
Per la prima stagione in Serie A Dilettanti 2010–2011, l’obiettivo principale della Sebastiani è la salvezza, compito tutt’altro che semplice per via della riforma dei campionati dilettantistici, in conseguenza della quale le retrocessioni previste per questo campionato sono sedici. Il torneo non si apre nel migliore dei modi per gli amaranto celesti, che inanellano una serie di cinque sconfitte consecutive che schiacciano subito la società all’ultimo posto in classifica palesando già lo spettro della retrocessione. La dirigenza corre quindi ai ripari e rivoluziona il roster: il netto fra vittorie e sconfitte viene ben presto invertito con una serie di sei successi consecutivi, striscia che permette ai reatini di entrare in zona playoff. Con il procedere del campionato la Sebastiani riesce, malgrado alcuni infortuni, a mantenersi fuori dalla retrocessione diretta. Nel girone di ritorno, però, qualcosa si rompe, con la Sebastiani che subisce sette sconfitte in otto partite[12]. Di conseguenza la società convoca due incontri, uno con l’allenatore Alessandro Crotti e il capitano Davide Zambon e l’altro con tutti i giocatori, dai quali emerge l’esistenza di attriti a livello individualistico e nei rapporti interpersonali fra gli atleti, ma nessun contrasto con il tecnico. La società decide di sanzionare due giocatori, uno dei quali si scuserà subito dopo con la squadra, i dirigenti e i tifosi[13]. Nel frattempo viene ingaggiato Federico Lestini[14]. Una boccata di ossigeno arriva con la vittoria contro la Nuova Virtus Molfetta che consente alla Sebastiani di ritirarsi fuori dalla zona playout. Tuttavia, a seguito di un’ulteriore sconfitta interna contro il fanalino di coda Palestrina, la squadra scende nuovamente in zona playout e il tecnico Alessandro Crotti decide di lasciare la guida della Sebastiani, venendo sostituito da Rod Griffin[15][16]. Il cambio in panchina non sortisce però gli effetti sperati: Rieti infatti vince solo due partite e, dopo l’ultima sconfitta casalinga con Ferentino, retrocede in Serie B Dilettanti ad un solo anno di distanza dalla promozione. A distanza di 21 anni dall’ultima volta, quindi, la Sebastiani retrocede sul campo.
Stagione 2011-2012: Divisione Nazionale B
Dopo aver tentato sia la carta del ripescaggio che quella della riammissione in Divisione Nazionale A, vedendosi tuttavia costretta a rimanere in Divisione Nazionale B per insufficienza di posti vacanti disponibili nella categoria superiore, la società inizia un cambiamento nel suo organigramma nominando Michele Martinelli nuovo direttore generale[17] mentre pochi giorni dopo Franco Montorro diventa il Direttore Marketing e Comunicazione[18]. Sulla panchina viene chiamato Donato Avenia. La costruzione della rosa inizia con Christian Cappanni[19] (che tuttavia rescinderà il contratto ancora prima dell’inizio del campionato), Luca Rossi[20]e Leonardo Busca[21]. Con la campagna acquisti ancora in corso la società perde il Direttore Sportivo Attilio Pasquetti che si dimette nei primi di agosto. La costruzione della nuova rosa prosegue con gli arrivi di Stefano Gallea[22], Federico Pugi[23]e Luca Sottana[24]. Torna inoltre a giocare a Rieti Simone Bagnoli[25]. Alla rosa a disposizione di Avenia si aggiungono Antonio Lepre, Sergio Di Nicola, Eduardo Striano, Stefano Laudoni, Paolo Zanatta, Ivan Falsini, Marco Vian ed Emanuele Levorato. Il girone d’andata inizia bene, con due successi consecutivi rispettivamente contro Scauri e Bisceglie. La prima sconfitta in campionato però non tarda ad arrivare: al turno successivo infatti, la Sebastiani commette un passo falso in casa contro Martina Franca[26], in seguito alla quale ottiene quattro successi consecutivi[27]. All’ottava di campionato, fra le mura amiche, arriva la sfida con la capolista Agrigento, fino a quel momento imbattuta. I siciliani espugnano il PalaSojourner, con Rieti che, inoltre, perde Luca Sottana durante l’incontro a causa della rottura del tendine di Achille[28]. I problemi per Rieti non terminano qui, perché pochi giorni dopo la partita il Giudice Sportivo Nazionale decreta la squalifica del PalaSojourner per tre gare per via delle intemperanze post gara del pubblico reatino, squalificando poi per quattro incontri Simone Bagnoli[29]. Nel frattempo, viene ingaggiato il centro Max Politi[30] e, sul fronte societario, arriva un nuovo cambio al vertice, con la nomina di Giuseppe Rosati Colarieti come Presidente, in luogo di Silvio Gherardi. Alla sconfitta con Agrigento fanno seguito altri due passi falsi: il primo a Roseto, dopo il quale la società torna sul mercato ingaggiando l’ala Salvatore Genovese[31], il secondo contro Potenza, prima del quale arriva in prestito dalla Mens Sana Basket Siena il playmaker classe 91 Duccio Doretti[32], in un match disputato sempre al PalaMaggetti, campo nel frattempo scelto dalla società per far fronte alla squalifica del PalaSojourner[33]. Nel frattempo la Commissione Giudicante Nazionale Fip riduce le giornate di squalifica del campo reatino e di Simone Bagnoli a due turni[34]. Dopo la terza sconfitta consecutiva, con relativa discesa al sesto posto in classifica, Avenia viene esonerato e sostituito da Massimo Friso (non prima del turno successivo, in cui Rieti ritrova la vittoria sul campo di Agropoli, con Roberto Peron a tenere le redini della panchina[35]). Il nuovo coach stecca le prime due sfide, rispettivamente contro la Stella Azzurra sul neutro di Anagni e in trasferta contro Pescara, e la squadra scivola al settimo posto in classifica. Prima della pausa natalizia, nuovamente fra le mura amiche del PalaSojourner, la Sebastiani ritrova il successo battendo Francavilla. Vengono in seguito tagliati Max Politi e Simone Bagnoli, e al posto di quest’ultimo viene ingaggiato Davide Zambon, già a Rieti l’anno precedente. Inoltre, una nuova assemblea dei soci produce un ulteriore cambiamento al vertice, nominando Carmine Rinaldi presidente. All’inizio del girone di ritorno, inaspettatamente, Friso, si dimette, così come Franco Montorro, direttore comunicazione e marketing della società [36], e Michele Martinelli [36]. La squadra viene definitivamente affidata a Roberto Peron. Sul fronte giocatori, Politi viene reintegrato in squadra per sopperire all’assenza di Vian per infortunio. Il girone di ritorno si apre con una vittoria ai danni di Scauri, seguita però da due sconfitte, dopo le quali la società interviene nuovamente sul mercato, ingaggiando il playmaker argentino Victorio Musso. La stagione prosegue tra alti e bassi, con gli amarantocelesti che concludono al settimo posto in classifica, qualificandosi ai playoff, dove vengono eliminati nei quarti di finale contro Martina Franca per 2-1. Al termine della stagione, a causa di inadempienze contrattuali, la società viene radiata dalla federazione.
Terza rinascita: l’era Pietropaoli e la Real Sebastiani Rieti
Otto anni dopo lo scioglimento della Sebastiani, durante i quali l’eredità della pallacanestro reatina viene raccolta dalla N.P.C. Rieti del presidente Giuseppe Cattani, capace di sfiorare la promozione in LBA nella stagione 2018-2019, nell’estate 2020 nasce la Real Sebastiani Rieti, con presidente Roberto Pietropaoli, ex patron del Real Rieti Calcio a 5, rilevando il titolo sportivo di Serie B di Valmontone. L’obiettivo societario è quello di riportare la Sebastiani nella massima serie nel più breve tempo possibile[37][38].
Stagione 2020-21: un nuovo inizio
La campagna acquisti, inizialmente condotta dal GM Paolo Moretti (successivamente sostituito da Domenico Zampolini) porta alle pendici del Terminillo i giocatori Federico Loschi, Klaudio Ndoja e Andrea Traini, ai quali si aggiungono le ali Alberto Cacace, Matias Drigo ed Enzo Cena, la guardia Manuel Diomede e gli under Vincenzo Provenzani e Marco Di Pizzo, oltre ai ritorni a Rieti del centro Simone Bagnoli e della guardia Juan Marcos Casini. L’allenatore è Alex Righetti, unico confermato dallo staff tecnico insieme al suo assistente Antonio Carone. La squadra comincia bene, superando il proprio girone di Supercoppa con tre vittorie (contro Formia, LUISS Roma e Cassino) e battendo Teramo a domicilio negli ottavi di finale, approdando alle Final Eight, ma viene sconfitta in semifinale contro Nardò. La regular season vede la Sebastiani cominciare con nove successi di fila e mantenere la testa alla classifica tanto nella prima quanto nella seconda fase, concludendo il girone D con un bilancio di 20 vittorie su 22 partite. Rieti, inoltre, ottiene la qualificazione alle Final Eight di Coppa Italia, disputate a Cervia, dove viene sconfitta in finale contro la Pallacanestro Piacentina. La rosa viene rivoluzionata nel corso del campionato, con le cessioni di Bagnoli, Casini, Cacace e Diomede e gli arrivi di Paolo Paci, Eric Visentin e Nicolò Basile. Poco prima dei playoff arriva anche Lorenzo Panzini. La corsa della Sebastiani nella post-season si ferma in semifinale, dove i reatini vengono sconfitti da Roseto per 3-0 (al termine di gara 1 Righetti e Carone vengono esonerati e sostituiti dall’assistente allenatore Mauro Angelucci e da Massimo Prosperi, responsabile del settore giovanile, per il prosieguo dei playoff), dopo aver superato Jesi per 3-1 nei quarti.
Stagione 2021-22: le 19 vittorie consecutive e la delusione finale
Della precedente rosa vengono riconfermati Loschi, Ndoja e Traini (con quest’ultimo che però, a causa dei numerosi infortuni che lo terranno spesso lontano dal parquet, verrà escluso dalla rosa a stagione in corso). A questi giocatori si aggiungono gli arrivi dei playmaker Nicolás Stanic e Alessandro Piazza, delle guardie Marco Contento e Lorenzo Piccin, dell’ala piccola Omar Dieng, dell’ala forte Mario Ghersetti e dei centri Alberto Chiumenti, anch’egli lasciato fuori a stagione in corso, e Roman Tchintcharauli. Il nuovo allenatore è Alessandro Finelli. In Supercoppa di Serie B, dopo aver battuto nettamente Avellino e Piombino, arriva l’eliminazione dalle Final Eight ad opera dei rivali cittadini della N.P.C. Rieti per 85-82. Il campionato inizia con una vittoria su Rimini, ma il girone di andata prosegue tra alti e bassi e la RSR non si qualifica alle finali di Coppa Italia. Il girone di ritorno inizia malissimo: la Sebastiani perde a Rimini, successivamente Cesena espugna il PalaSojourner. Qui si ha però la svolta positiva della stagione: Finelli, precedentemente esonerato viene richiamato, così come il preparatore atletico Luca Verdecchia, la squadra ritrova gioco e compattezza e anche la serie di infortuni inizia pian piano a volgere al termine. Nel frattempo giungono alle pendici del Terminillo due nuovi giocatori: Marco Maganza (centro), in sostituzione di Chiumenti, e Zdravko Okiljević (ala forte). Dopo una sconfitta nella stracittadina d’andata, recuperata durante il girone di ritorno a causa dei focolai di COVID-19 che hanno colpito la RSR prima e la NPC poi, la Sebastiani non perderà più alcuna partita fino alla semifinale playoff, mettendo insieme una striscia di 19 vittorie consecutive (di cui 13 in stagione regolare e 6 nei playoff), compresi lo stesso derby di ritorno contro la NPC e lo scontro diretto contro la capolista Roseto, concludendo la stagione regolare al secondo posto del girone C. Nei playoff, la Sebastiani supera Reggio Calabria nei quarti e Senigallia in semifinale, qualificandosi alla finale contro Agrigento, capolista nel girone D. La RSR perde nettamente le prime due sfide in terra siciliana, riscattandosi in gara 3 e 4 al PalaSojourner. Nella decisiva gara 5, disputata ancora ad Agrigento, gli uomini di coach Finelli perdono per 63-60 e vedono dunque sfumare all’ultimo l’obiettivo promozione.
Stagione 2022-23: il ritorno in A2
Il presidente Pietropaoli cambia allenatore, affidando il ruolo di head coach della squadra a Sandro Dell’Agnello. Tra i giocatori vengono riconfermati il capitano Alessandro Piazza, Marco Contento, Lorenzo Piccin e Zdravko Okiljević, mentre, sul fronte dei nuovi arrivi, il mercato porta a Rieti la guardia ex N.P.C. Simone Tomasini e il playmaker Marco Spanghero, fresco di promozione in A1 con la maglia di Verona. Altri arrivi sono quelli di Riccardo Chinellato, Ferdinando Matrone, Nicola Mastrangelo, Alessandro Paesano e Alessandro Ceparano. A completare il roster sono i giovani Danilo Pavićević, Alen Nuhanović e Gianluca Frattoni. In Supercoppa, la Sebastiani esordisce nei sessantaquattresimi di finale contro Matelica, superandola per 74-69. Il cammino di Rieti nella competizione si ferma nei sedicesimi di finale, in cui arriva l’eliminazione per mano di Roseto, poi finalista. Di contro, in campionato, la Sebastiani chiude al primo posto in classifica la fase di andata, qualificandosi ai quarti di finale di Coppa Italia, vinti per 89-50 a spese della LUISS Roma. Nel frattempo però si infortuna gravemente Spanghero, per il quale la stagione finisce in anticipo, venendo sostituito sul mercato da Franko Bushati, arrivato insieme ad Alessio Mazzotti. Sotto canestro viene invece ingaggiato il centro Giordano Pagani da Torino. Nel girone di ritorno, la Sebastiani conclude la stagione regolare al primo posto. Nelle Final Four di Coppa Italia, Rieti supera Faenza in semifinale per 74-72, soccombendo però in finale contro Orzinuovi per 45-66. A stagione in corso, in seguito all’esclusione di Ferrara dal campionato di A2, arriva il centro Samuele Valente. Nei playoff, in semifinale, la Sebastiani affronta Sant’Antimo, classificatasi al quarto posto nel girone D, battendola per 3-0 e qualificandosi alla finale per accedere al concentramento nazionale, nella quale prevale per 3-1 contro Faenza, qualificandosi al concentramento nazionale di Ferrara. Alla Giuseppe Bondi Arena, però, la Sebastiani perde tutte e tre le sue partite (contro LUISS Roma, Orzinuovi e Vigevano), venendo di fatto esclusa dalla promozione in A2. Il 24 giugno, cinque giorni dopo la fine del concentramento, la società annuncia di aver acquisito il diritto sportivo della Pallacanestro Mantovana, riportando la Sebastiani in A2[39].
Stagione 2023-24: la Serie A2
Durante la conferenza stampa di presentazione del progetto della Real Sebastiani in Serie A2, il presidente Roberto Pietropaoli annuncia ufficialmente l’ex N.P.C. Rieti e Scafati Basket Alessandro Rossi come nuovo allenatore[40], oltre alle conferme di Marco Spanghero e Lorenzo Piccin[41]. Sul mercato, il primo ingaggio è quello di Davide Raucci[42]. Arrivano in seguito, a completare il pacchetto degli italiani, il play-guardia Vittorio Nobile, le ali Alvise Sarto, Nazzareno Italiano e Danilo Petrovic e il centro Andrea Ancellotti. Per quanto riguarda i due americani, la società vira sul play-guardia Jazz Johnson e sull’ala-centro Dustin Hogue. Infine, viene confermato il play Gianluca Frattoni a completamento delle rotazioni. In precampionato, nell’amichevole disputata al PalaSojourner valida per il 1º Memorial Riccardo Blasi[43], la Sebastiani batte Napoli, formazione militante in A1, con il punteggio di 91-89 dopo un supplementare[44]. In Supercoppa LNP, la Sebastiani, inserita nel girone con LUISS Roma e Latina, perde il match contro i romani per 75-70[45] ma passa il turno per differenza canestri grazie alla vittoria interna sui pontini con il punteggio di 73-58[46]. Dopo aver superato Cento in trasferta nei quarti di finale[47], Rieti sì qualifica alle Final Four di Montecatini, ma viene battuta in semifinale da Treviglio[48]. In campionato la Sebastiani si rende protagonista di una buona prima fase, conclusa al quarto posto con 26 punti, frutto di 13 vittorie e 9 sconfitte. Durante la stagione arrivano il playmaker Giacomo Sanguinetti e l’ala-centro Karl Markus Poom, mentre Gianluca Frattoni viene ceduto in prestito a San Severo. Nella fase a orologio la Sebastiani continua a giocare bene e ad ottenere risultati di rilievo, tra i quali spiccano le vittorie in trasferta contro la Fortitudo Bologna e Udine e il successo interno contro Rimini, concludendo la stagione regolare al terzo posto. Nei playoff, la RSR affronta proprio Rimini nei quarti di finale, superandola per 3-0, qualificandosi alla semifinale contro la Fortitudo. I bolognesi, tuttavia, prevalgono sugli amarantocelesti con lo stesso punteggio, eliminandoli dalla corsa alla promozione in A1[49][50].
Stagione 2024/2025
Anche grazie ai rinnovi contrattuali di Johnson, Sarto, Spanghero e Piccin, nonché di coach Rossi e dell’intero staff tecnico, la Sebastiani parte da una buona base nella costruzione della rosa per il campionato venturo. A pochi giorni da gara 3 contro Bologna, vengono inoltre annunciati i primi due innesti: il playmaker Diego Monaldi e l’ala forte Ion Lupusor. Ulteriori ingaggi della Sebastiani nel settore lunghi sono le ali-centro Giorgio Piunti e Alexander Cicchetti, mentre sugli esterni arriva Nemanja Gajic, il cui contratto viene successivamente rescisso a fine agosto, venendo sostituito da Matteo Pollone. A completamento della rosa, in sostituzione di Hogue, il nuovo centro USA della Sebastiani viene individuato nell’ex Trieste e Varese Skylar Spencer. Per allungare ulteriormente le rotazioni si registrano, inoltre, l’arrivo dell’ala piccola Kenneth Viglianisi e l’aggregazione in prima squadra del reatino Mattia Cicchetti, protagonista nelle Finali Nazionali Under 15 disputate l’anno precedente sempre con la Sebasti
presso Università di Cassino e del Lazio Meridionale
Personale di Antonio Poce presso Università di Cassino e del Lazio Meridionale – “Scriptorium” è il titolo della Mostra personale di Antonio Poce che sarà inaugurata Lunedì 7 Ottobre, alle ore 12.00, nello spazio espositivo del Rettorato presso l’Università di Cassino e del Lazio Meridionale. L’inizitiva, curata da SCIRE, struttura per la diffusione della Cultura e della Conoscenza istituita dallo stesso Ateneo, si inserisce nelle manifestazioni per l’80° anniversario del bombardamento di Montecassino e per l’inaugurazione della nuova sede dell Facoltà di Lettere e Filosofia.
Anche nel sottotitolo, Macchine e Voci dello Spirito, la Mostra di Antonio Poce vuole evidenziare la volontà di rendere omaggio alla Scrittura, cioè all’attività che ha reso il Monastero di Montecassino uno dei centri storicamente più importanti della Cultura europea e dell’intero Occidente.
Per questa occasione verrà presentata “Scriptorium”, un’opera imponente di sei metri per due che ha dato il nome all’intera Mostra.
Come afferma lo stesso Antonio Poce: «Scriptorium è un flusso di memoria storica condensato in pochi fotogrammi di poesia espansa. Un’esplorazione verbovisiva aperta all’ibridazione di tutti i linguaggi. Un’opera intermediale che scaturisce innanzitutto dal desiderio di rappresentare i nodi di una cultura millenaria che in questa Terra ha prodotto, amato e custodito la stessa scrittura.
Non è casuale averne immaginato la prima esposizione proprio all’interno dell’Università di Cassino, avendo individuato in essa gli stessi valori culturali, sociali e morali che, integralmente collegati alla storia dell’Abbazia, hanno esaltato la nostra Civiltà ».
L’impegno nel trasmettere una eredità di valori così elevata rappresenta il dato identitario che l’Università di Cassino ha giustmente voluto richiamare ed evidenziare con un evento assolutamente all’altezza della ricorrenza.
L’invito rivolto all’Artista Antonio Poce dalla Professoressa Ivana Bruno, Delegata dal Rettore per la SCIRE, e sostenuto dal Prof. Luca Palermo, docente di Storia dell’Arte Contemporanea, si è rivelato una scelta quanto mai felice per la riconosciuta qualità qualità della sua opera. E’ il caso di ricordare la sua partecipazione alla Biennale di Venezia nel 2011 e, sia pure indirettamente (in quanto visual artist in collaborazione con il compositore Valerio Murat), alla Biennale di Venezia del 2013.
Dal canto suo Antonio Poce, esprimendo la viva speranza che la sua grande tela “Scriptorium“ possa essere percepita nei suoi significati più profondi e accolta nella pienezza delle sue analogie, ha già annunciato, per il prossimo Anno Santo 2025, un’opera di proporzioni notevolmente più ampie. Si tratta di “Confessiones”, un ciclo di 60 tele dedicate alle Confessioni di S. Agostino, di cui sono visibili alcuni esempi già all’interno di Scriptorium.
La Mostra potrà essere visitata per tutto il mese di ottobre.
mostra “Animali e figure fantastiche tra storia arte e leggenda” aperta sino al 22 ottobre 2024-
A Roma, sabato 28 settembre, si è aperta al pubblico presso l’Archivio di Statola mostra Animali e figure fantastiche tra storia arte e leggenda: un campionario immaginario dell’Archivio di Stato di Roma. Realizzata in collaborazione con l’Accademia delle Belle Arti di Roma, l’esposizione a cura di Nunzia Fatone e di Giovanna Mentonelli sarà allestita dal 28 settembre al 22 ottobre 2024 nella Sala Alessandrina (corso del Rinascimento, 40)del Complesso di Sant’Ivo alla Sapienza.
La mostra prende spunto dal Liber Regulae dell’Ospedale di S. Spirito in Sassia, magnifico codice miniato del Trecento custodito in Archivio, e intende valorizzare il campionario immaginario presente nei documenti dell’Istituto. La rappresentazione di animali e figure dalle forme fantasiose e dallo straordinario cromatismo è il tratto che accomuna fonti d’archivio e di biblioteca di vario genere: dalle miniature in pergamena ai libri antichi, dagli stemmari ai sigilli, dalle incisioni calcografiche alle xilografie, dalle mappe celesti agli atlanti cartografici, dai disegni del Seicento per giungere alle opere grafiche e scultoree di artisti contemporanei. Le creature leggendarie e mitologiche racchiudono nelle loro forme fantastiche una valenza simbolica: già nell’antichità nelle favole di Esopo e Fedro gli animali sono allusione ai vizi e alle virtù dell’uomo, ma è soprattutto nel medioevo che, sul modello del Physiologus, trattato sul regno animale, vegetale e minerale del II sec., si sviluppa il genere del bestiario. Anche nelle sculture e negli affreschi, dal mondo classico all’arte moderna, compaiono figure reali e fantastiche, ibride e mostruose – come draghi, lupi, elefanti, leoni, grifoni, unicorni e sirene – che ancora oggi ispirano artisti e illustratori contemporanei.
La mostra si divide in diverse sezioni tematiche: Le figure fantastiche e mostruose in araldica, Gli animali e le figure fantastiche nelle miniature del Liber Regulae, Le mappe celesti e terrestri, Gli animali e la musica, Gli animali fantastici in letteratura e nei libri del Cinquecento, I disegni e le stampe del Seicento, nelle quali sono presentati i documenti e i volumi dell’Archivio di Stato di Roma.
L’esposizione si arricchisce delle proposte creative degli studenti della Scuola di Grafica d’Arte dell’Accademia delle Belle Arti di Roma e delle creazioni di artisti contemporanei come Eleonora Cumer, Carlo De Meo, Stefano Iori, Rosa Pierno e Sabrina Ventrella.
La mostra a ingresso gratuito è aperta nei giorni:
lunedì e giovedì dalle ore 15 alle 18
martedì dalle ore 10 alle 13.
Per le prenotazioni di visite didattiche per le scuole scrivere a: as-rm.didattica[at]cultura.gov
Questo sito usa i cookie per migliorare la tua esperienza. Chiudendo questo banner o comunque proseguendo la navigazione nel sito acconsenti all'uso dei cookie. Accetto/AcceptCookie Policy
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish.Accetto/AcceptCookie Policy
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.