Nella Cappella delle reliquie si conserva gelosamente una Spina della Corona di Nostro Signore, recata a Farfa al tempo delle Crociate e tenuta sempre in grande considerazione.
Intorno a questo insigne cimelio della Passione si ricorda questo episodio.
Nel 1482 Alfonso, duca di Calabria, figlio di Ferrante, re di Napoli, avendo accampato il suo esercito nei prati di Granica, visitò l’Abbazia farfense. Fu mostrata al duca, assieme alle altre reliquie, anche la sacra Spina; il discorso cadde su altre Spine della stessa corona conservate in vari luoghi; allora Alfonso mostrò una di queste Spine che egli portava sempre addosso, fu messa a confronto con quella di Farfa e si vide che era differente.
Il duca, turbato da questo fatto, propose che fosse sperimentato, per mezzo della prova del fuoco, quale delle due e quella autentica. Fu acceso un fuoco nell’atrio della basilica e alla presenza di tutti i monaci, dello stato maggiore del duca Alfonso ed altri ecclesiastici , il duca getto per primo , tra le fiamme, la sua reliquia che brucio subito, quindi fu gettata alle fiamme la reliquia farfense che il fuoco “non ardì toccare”. La reliquia farfense fu gettata più volte tra le fiamme e il prodigio si rinnovò sempre. Dinanzi a questo fatto prodigioso il duca cadde in ginocchio e bacio il sacro cimelio e subito dopo lo riconsegnò , con devozione, al Priore raccomandandogli di custodire la sacra Spina con devozione e con miglio cautela.
Fonte-l’Abbazia di Farfa di D. Ippolito Boccolini –
L’Imperiale Abbazia di Farfa di Card. Ildefonso Schuster (Vaticano 1921)
Le foto sono di Franco Leggeri-
Conoscere l’Abbazia
Nel cuore dell’antica terra Sabina, ai piedi del monte Acuziano, in un’atmosfera di mistico silenzio, che avvolge anche il caratteristico Borgo che la circonda, sorge la storica Abbazia di Farfa, immersa nel fascino di una natura verdeggiante e sorridente, nella fresca aria mattutina che si respira intorno, riscaldata da un dolce sole i cui raggi oltrepassano i rami degli alberi, prima di giungervi.
L’abbazia di Farfa è un luogo particolarmente attraente, ricolmo di pace, di serenità, di semplicità, come sono semplici i monaci benedettini che vivono, in un clima di profonda spiritualità, la loro vita quotidiana tutta dedita al Signore e alla Madonna, alla quale essa è dedicata.
Fu dichiarata monumento nazionale nel 1928, per la bellezza architettonica ed artistica del monastero e della basilica, testimonianza di una storia più che millenaria tra periodi di grande splendore e periodi di decadenza o addirittura di distruzioni e dispersioni, seguiti sempre da rinascite e ricostruzioni, sì che ancor oggi l’abbazia è un centro di cultura e di spiritualità. Straordinaria anche la fioritura della santità, dal primo al secondo fondatore, rispettivamente S. Lorenzo Siro e S. Tommaso da Moriana, fino ai Beati Placido Riccardi e Ildefonso Schuster.
Tante le visite di re, imperatori e papi fino a quella di Giovanni Paolo II il 19 marzo 1993. Migliaia i visitatori che oggi la frequentano per ammirare il patrimonio di cultura e di arte che essa custodisce e rende accessibile e per il desiderio di trascorrere qualche ora o qualche giorno di riposo fisico e spirituale, usufruendo anche delle strutture di accoglienza e di ristoro, nonché del parco e delle passeggiate nella proprietà della Fondazione “Filippo Cremonesi“, che comprende pure le caratteristiche abitazioni del Borgo di Farfa con le graziose botteghe gestite da abili artigiani.
Abbazia di FARFAAbbazia di FARFAAbbazia di FARFAAbbazia di FARFAAbbazia di FARFAAbbazia di FARFA
Feminism8: torna la Fiera dell’editoria delle donne a Roma. Pratiche politiche di vita interiore-
Roma-Dal 28 febbraio al 3 marzo 2025 torna la Fiera dell’editoria delle donne alla Casa internazionale delle Donne a via della Lungara 19 si avvicenderanno più di 70 autrici tra focus, dialoghi e presentazioni. Una vera e propria immersione nel flusso continuo di incontri che caratterizzano da sempre il cuore pulsante di Feminism. Grande attesa per le madrine, la Premio Campiello Giulia Caminito e la psicoanalista femminista Manuela Fraire.
Fiera dell’editoria delle donne a Roma
Roma,– La staffetta della letteratura delle donne, fondata da un piccolo gruppo di donne lungimiranti – Anna Maria Crispino, Giovanna Olivieri, Maria Palazzesi, Stefania Vulterini, Maria Vittoria Vittori – è giunta alla sua VIII edizione. Letteratura e attualità saranno come sempre le protagoniste della quattro giorni dell’editoria delle donne che darà spazio a dibattiti dialogici e presentazioni di opere di saggistica, narrativa, poesia. Se questo che si è appena aperto è il Giubileo della speranza, vale certamente la pena, nell’ambito di Feminism8, ricordare le parole di Marìa Zambrano che, nel saggio “I beati”, definisce la speranza come “un ponte tra l’indifferenza che confina con l’annichilimento della persona umana e la piena attualizzazione della sua finalità”. Nel segno di questa suggestione il titolo di Feminism8 è, infatti, Pratiche politiche di vite interiori. Si tratta, quindi, di una rivisitazione laica, militante e in una prospettiva di genere del richiamo alla spiritualità e all’ umanesimo cui il Giubileo sprona in ottica religiosa. Troppo spesso silenziata dalla conflittualità o dall’indifferenza, troppe volte riassorbita nelle religioni confessionali, la vita interiore si declina in molteplici sfumature e diramazioni, dalla fede alla meditazione, all’ autocoscienza, alla militanza, sfuggendo perciò a ogni riduttiva catalogazione.
Questi i numeri dell’ottava edizione: 6 dialoghi che affrontano questioni di rilievo, dalle dimensioni della spiritualità alle nuove sfide poste all’informazione, passando per le relazioni tra corpo, affetti e logiche di mercato, percorsi di consapevolezza nei luoghi del conflitto e il desiderio di vivere in pace all’interno di culture diverse; 2 focus incentrati rispettivamente sulle dinamiche dell’autocoscienza e sull’ecologia; 4 dediche a donne particolarmente significative del panorama culturale quali Luce d’Eramo, Marija Gimbutas, Susan Sontag, Adriana Zarri; molte le presentazioni di iniziative culturali, di testi narrativi, poetici, saggistici e un’intera giornata -lunedì 3 marzo- rivolta alla scuola; numerose le presentazioni singole su proposta delle 66 case editrici presenti.
Promossa da Archivia, dalla Casa internazionale delle donne, dalla rivista Leggendaria, dalla collana sessismo&razzismo di Futura editrice, la manifestazione ha il sostegno di ADEI -associazione degli editori indipendenti- della SIL- società italiana delle letterate-, della Fondazione Una Nessuna Centomila, del Concorso Nazionale Lingua Madre, della casa editrice Iacobelli e si avvale della collaborazione del Centro giovani del I Municipio, delle associazioni Zalib e CCO, Crisi come opportunità, e coinvolgerà, anche quest’anno, ragazze e ragazzi dei collettivi studenteschi capitolini.
Articolo 21, liberi di… è un’associazione nata il 27 febbraio 2002 che riunisce esponenti del mondo della comunicazione, della cultura e dello spettacolo; giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).
Dalla storia delle idee filosofiche a quella del movimento femminista, dalla storia del pacifismo a quella dei media, dalla storia della psicoterapia a quella della scienza. Ricostruire con voci e prospettive diverse la storia è un lavoro che ancora ci appassiona moltissimo: ma mai, come in questa edizione di Feminism, è diventato uno snodo cruciale il modo con cui queste riscritture e risignificazioni possono trasmettersi e elaborarsi insieme alle nuove generazioni di donne. “Passaggio di consegne” è l’eloquente titolo del libro della sociologa Marina Piazza edito da Enciclopedia delle Donne in cui si affrontano, con sguardo rivolto al futuro, le questioni più rilevanti del presente; e la stessa casa editrice propone “Fuori la guerra dalla storia”, a cura della direttora di “Marea” Monica Lanfranco, una raccolta di articoli firmati dall’antesignana del pacifismo Lidia Menapace, la prima a “porre l’attenzione al linguaggio sul doppio versante dell’antimilitarismo e dell’antisessismo”. Altre figure si affiancano alla sua, a comporre una genealogia di donne d’intelletto e d’azione capaci di filtrare attraverso diverse generazioni. Come Adrienne Rich, la filosofa che ha dato voce a chi era fuori dalla Storia, al centro del libro “Adrienne
Rich: passione e politica” curato da Rita Monticelli, Samanta Picciaiola, Maria Luisa Vezzali e Anna Zani, per Vita Activa Nuova Editrice. Come Carla Lonzi, di cui la filosofa Annarosa Buttarelli riprende una delle espressioni tipiche, “Ti darei un bacio”, per il titolo di un libro edito da Moretti e Vitali che raccoglie testi di filosofe, letterate, psicoanaliste sulle idee e sull’opera ancora così stimolanti di questa geniale femminista e critica d’arte. Come Bianca Pomeranzi, che nel libro “Femministe di un unico mondo” uscito postumo da Fandango a cura di Carla Cotti, racconta quello ch’è stato l’asse portante della sua vita, ovvero l’impegno intellettuale e politico, all’interno e al di là delle istituzioni, per il movimento femminista globale. Come Maria Occhipinti, l’iniziatrice nel 1945 della rivolta antimilitarista “Non si parte” a cui Gisella Modica e Serena Todesco hanno dedicato il volume collettaneo “Maria Occhipinti: i luoghi, le voci, la memoria”, in un necessario
avvicinamento delle sue idee e delle sue istanze al nostro presente. E ancora, come Lynn Hoffman, per la prima volta pubblicata in Italia da FrancoAngeli grazie alla traduzione e alla cura delle psicoterapeute Maria Laura Vittori, Rita Accettura e Monica Micheli, che in “Terapia familiare. Una storia intima” racconta con un linguaggio avvincente il suo percorso nell’ambito della terapia familiare e l’approdo a una posizione che lei stessa, in riferimento a Carol Gilligan, definisce “una voce differente”. In “Il cammino di Sofia” e “Le madri di idee. Le donne scienziate e il Premio Nobel” ,entrambi editi da Nemapress, la filosofa Francesca Brezzi e la matematica Elisabetta Strickland ci consegnano rispettivamente i ritratti di filosofe significative ma ancora poco o non del tutto conosciute, e i profili biografico-professionali delle scienziate a cui è stato attribuito il Premio Nobel; mentre nella raccolta di saggi “Donne nella storia dei media. Autrici, artiste, influencer tra ribalta e retroscena” edito da FrancoAngeli con la cura di Anna Lucia Natale e Paola Panarese, si evidenzia l’apporto creativo delle donne all’evoluzione dei linguaggi comunicativi e dell’industria dei media. Raccontano cambiamenti in atto, anche se in territori molto diversi, Rosella Prezzo e Paola Cavallari: prendendo in prestito il titolo a un’espressione di Gertrude Stein, la filosofa Rosella
Prezzo in “Guerre che ho (solo) visto”, edito da Moretti e Vitali, indaga sulle trasformazioni che le guerre e i suoi soggetti-armati o inermi-hanno assunto nel corso del tempo; nel saggio “Lilith se ne va. Femminismo, spiritualità e passione politica” pubblicato da Vanda Edizioni, la teologa Paola Cavallari rivisita criticamente l’indagine religiosa alla luce del movimento femminista. Si legge come un romanzo la documentata ricostruzione storica che Simona Feci, docente di storia delle donne, offre in “L’acquetta di Giulia”, edito da Viella: uno spaccato della Roma del Seicento visto attraverso quelle donne che ricorrevano al veleno per liberarsi dalle violenze coniugali. Cruciale, come si diceva, il tema della trasmissione dei saperi e delle pratiche del femminismo, ed ecco allora l’importanza di una rivista storica come “Mezzocielo”,fondata nel 1991 a Palermo da Simona Mafai, Letizia Battaglia e Rosanna Pirajno, che dalle sue radici trova sempre nutrimento per affrontare le battaglie del presente; e di un libro come “Cronario. Parole mutate mutanti” curato per le edizioni Vanda da Luciana Percovich che raccoglie le voci di coloro che hanno vissuto l’avventura della liberazione delle donne e la raccontano a chi ancora non c’era. È nel territorio della formazione scolastica che si attesta il saggio “Dietro la cattedra, sotto il banco” pubblicato da Prospero editore in cui Lea Melandri e le Cattive Maestre nel corso di un dialogo intergenerazionale riflettono sul ruolo che possono giocare le teorie e le pratiche femministe all’interno della scuola. Non è mai troppo presto per iniziare a sentire voci nuove: è alle bambine e ai bambini che si rivolge la casa editrice Settenove con due graphic novel: “Sconfinate” firmato dalla giornalista Cristina Pujol Buhigas e dall’illustratrice Rena Ortega, il racconto di viaggi di scoperta e di esplorazione compiuti da donne, e “L’età moderna. Altri sguardi, nuovi racconti” che,
attraverso i testi di Simona Feci e Marina Garbellotti e le illustrazioni di Caterina Di Paolo, racconta, oltre a storie di regine e di rivoluzionarie, anche i viaggi forzati che costrinsero donne e ragazze a lasciare le proprie terre in condizioni di schiavitù: l’altra faccia della storia di cui poco si parla, ma che è necessario conoscere. Così la storia dei corpi di intreccia a quello del pensiero nelle sue pluralità, nelll’ inclusione delle alterità e delle diversità, come sottolinea la madrina dell’’ VIII edizione di Feminism, la scrittrice Premio Campiello Giulia Caminito, attesa per presentare il suo ultimo lavoro Il male che non c’ è (Bompiani 2024): “ Niente come una fiera dell’editoria delle donne può servire a ragionare sulla forza e la debolezza dei nostri corpi in tempi dolorosi di troppa performatività. Solo le nostre maniere pensose di resistere posso creare nuovi spazi e accogliere ogni soggettività”.
Articolo 21, liberi di…è un’associazione nata il 27 febbraio 2002 che riunisce esponenti del mondo della comunicazione, della cultura e dello spettacolo; giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).
Roma, Galleria Il Margutta ospita la mostra “Sguardi nell’anima”, personale dell’artista Stefania Ceccariglia
Roma-Dal 21 febbraio al 31 marzo 2025, la galleria del ristorante Il Margutta, in via Margutta 118 a Roma, ospita la mostra “Sguardi nell’anima”, personale dell’artista Stefania Ceccariglia. L’esposizione, curata da Flaminia Gallo con la cocuratela e organizzazione di Tina Vannini, racconta l’intensità degli sguardi e la profondità delle emozioni attraverso opere vibranti, dense di colore e materia. La sua arte è un’esplorazione della libertà espressiva: le sue pennellate energiche e materiche danno vita a volti, occhi e fiori che sembrano emergere dalla tela, superandone i confini. I suoi lavori trasportano lo spettatore in un viaggio introspettivo, alla ricerca di sé stesso nelle profondità degli sguardi che dipinge. Ingresso gratuito, vernissage su invito.
L’intensità degli occhi e il potere del colore – Le opere di Ceccariglia trovano il loro fulcro negli occhi, elemento centrale della mostra. Ogni sguardo è un ponte tra l’artista e chi osserva, una porta aperta sull’anima. Nei suoi dipinti, gli occhi non sono semplici dettagli anatomici, ma specchi di emozioni, capaci di riflettere la profondità dell’essere umano. L’evoluzione cromatica è un altro tratto distintivo del suo stile. Se nei primi anni la sua pittura era caratterizzata da toni più morbidi, oggi si distingue per contrasti forti e vibranti. Spesso il nero è il punto di partenza, non come assenza, ma come base da cui il colore esplode con forza. Un processo che richiama l’influenza di Van Gogh, maestro a cui si ispira e con cui condivide la ricerca di libertà attraverso la pittura.
“La pittura è un viaggio che inizia dentro di me e che si svela sulla tela – spiega l’artista Stefania Ceccariglia – Ogni pennellata è un frammento della mia vita, un’esplorazione di emozioni e ricordi che vanno oltre il visibile. Quando dipingo, non sto semplicemente creando un’immagine, ma sto raccontando una storia, la mia storia, quella di chi sono e di ciò che ho vissuto. La tela diventa una finestra aperta sul mio mondo interiore, dove ogni colore, ogni tratto, diventa una parte di me che prende forma, un movimento che non si ferma alla superficie.”
Roma-la mostra “Sguardi nell’anima”, personale dell’artista Stefania Ceccariglia
Un linguaggio pittorico potente e istintivo – Anche la materia ha un ruolo fondamentale: le tecniche miste con acrilico, stucco e pastello danno corpo ai soggetti, creando superfici stratificate che sembrano vivere di energia propria. Il tratto veloce e istintivo dell’artista dà vita a un movimento continuo, come un vortice che rispecchia i moti dell’animo umano.
“L’arte di Stefania Ceccariglia è un’esperienza visiva e sensoriale – dichiara Flaminia Gallo, curatrice della mostra – I suoi sguardi ci chiamano, ci interrogano, ci accolgono. Il suo tratto è deciso, mosso da un’urgenza espressiva che trova nella pittura un linguaggio potente e istintivo. L’uso della materia e del colore genera un’energia vibrante, che supera il confine della tela per coinvolgere lo spettatore in un dialogo emotivo e profondo. Ogni opera è una storia da leggere attraverso gli occhi dei suoi protagonisti, una finestra aperta sulla fragilità e sulla forza dell’anima umana.”
La natura come radice e ispirazione – Accanto ai ritratti, un altro elemento essenziale nella poetica di Ceccariglia è la natura, rappresentata in particolare attraverso i fiori di campo. La loro semplicità cela un’essenza autentica, un richiamo alle sue radici umbre e al legame profondo con la terra. I fiori, realizzati con tecniche miste, sono metafore di resistenza e trasformazione, testimoni di una bellezza delicata ma forte, capace di sopravvivere e rinnovarsi.
“Le opere di Stefania, con quegli sguardi intensi e magnetici, sono vere narrazioni visive capaci di trasmettere emozioni profonde – conclude Tina Vannini, titolare de Il Margutta e cocuratrice della mostra – Ogni quadro si apre come una finestra su un mondo interiore, dove luce e colore dialogano per rivelare storie di bellezza e introspezione. Sono convinta che la mostra al Margutta saprà incantare e ispirare ogni visitatore, offrendo un’esperienza immersiva che va ben oltre il semplice atto del vedere.”
Biografia dell’artista – Stefania Ceccariglia nasce nel 1968 a Roma dove risiede tuttora. Da sempre appassionata di pittura, ispirata dagli impressionisti e post-impressionisti, ha iniziato a dipingere ad olio in età giovanile per poi passare all’acrilico. Diplomata in Illustrazione presso lo IED di Roma, perfeziona le principali tecniche di disegno, illustrazione e pittura per poi avviare un percorso nel settore pubblicitario per importanti agenzie creative. Nel corso degli anni esplora tutti gli ambiti della comunicazione presso grandi multinazionali nel settore del largo consumo, telecomunicazioni ed energia, dove consolida la sua esperienza professionale. Continua a dedicarsi alla pittura per passione sperimentando la tecnica mista ma avendo sempre al centro del progetto il contrasto cromatico e l’uso della materia come elemento distintivo del proprio tratto stilistico.
Roma-La Mostra “INTERIM” di Guglielmo Mattei presso la Galleria Vittoria, in via Margutta-
Roma-La Mostra “INTERIM” di Guglielmo Mattei- La Galleria Vittoria, in via Margutta, presenta oltre 22 opere inedite dell’artista Guglielmo Mattei le opere esposte testimoniano un’evoluzione del suo percorso artistico, sempre più orientato verso una fusione tra tecnica classica e sperimentazione contemporanea.
Roma-Galleria Vittoria, via Margutta -103
L’esposizione, a cura di Tiziano M. Todi è accompagnata da un testo critico di Gianlorenzo Chiaraluce, e patrocinata dalla Regione Lazio e dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Roma e presenterà oltre 22 opere inedite dell’artista.
Roma-La Mostra “INTERIM” di Guglielmo Mattei presso la Galleria Vittoria
Il titolo della mostra, INTERIM, trae origine dal latino e significa “nel frattempo”, “nell’intervallo di tempo”. Mattei lo utilizza per evocare quella fascia di transizione tra luce e buio, un crepuscolo in cui la città si trasforma e svela una bellezza sospesa. Come Gianlorenzo Chiaraluce afferma nel suo testo critico: “È, forse, il variare delle condizioni luminose dell’atmosfera uno dei veri protagonisti ricorrenti dei quadri così diversi di Mattei. Con questi esperimenti, egli ne testa di volta in volta gli effetti, come un chimico o alchimista dei riverberi. […] Ne scaturisce una pittura d’attesa, sospesa nell’incertezza dell’anzitempo che si fa immagine. E proprio nel qui e ora dell’interim, nell’anemia solare del vespro, Mattei ritrova le ragioni della sua pittura.” Questo concetto si inserisce in continuità con la sua precedente esposizione Fragmenta, che esplorava la frammentarietà della memoria e delle immagini urbane. Se in Fragmenta Mattei rifletteva sulla stratificazione e sulla disgregazione, con INTERIM affronta il tempo come elemento fluido e dinamico, in cui la pittura diventa il mezzo per fissare momenti di passaggio e renderli eterni.
Roma-La Mostra “INTERIM” di Guglielmo Mattei presso la Galleria Vittoria
Come dichiara l’artista Guglielmo Mattei: “Roma è una città che si rinnova continuamente, che vive in un perpetuo dialogo tra passato e presente. La pittura mi permette di raccontare questa contraddizione, di fissare l’attimo in cui il tramonto si fonde con la notte. Per me, dipingere è un atto di memoria e di speranza, è un modo di riappropriarsi della città e del tempo che ci appartiene. Ogni pennellata è un modo di restituire alla luce ciò che, per un attimo, scompare. Le mie opere sono percorsi immersivi che si frequentano quotidianamente e che si percepiscono in maniera familiare. Con pitture classiche mi apro a un dialogo sperimentale, raccontando una Roma stratificata da secoli di storia con un linguaggio formale e contemporaneo al tempo stesso, fatto di carte sovrapposte e pitture, creando un dialogo tra materia e colore.” Come afferma Tiziano M. Todi, curatore della mostra: “L’approccio artistico di Guglielmo Mattei si distingue per la capacità di assimilare e rielaborare suggestioni pittoriche del primo ’900, inserendole in un linguaggio del tutto personale e riconoscibile. Nelle sue opere emergono echi della pittura metafisica, dell’espressionismo e di alcune tendenze post-impressioniste, ma il suo segno si fa unico grazie a un’attenta stratificazione materica e alla raffinata scelta cromatica. Ha saputo ampliare la sua ricerca, rendendo la sua pittura non solo evocativa e suggestiva, ma anche estremamente colta, frutto di un’indagine artistica profonda e di un continuo confronto con la storia dell’arte.” Questa è la seconda mostra personale di Mattei presso la Galleria Vittoria, con la quale collabora stabilmente dal 2018. Le opere esposte testimoniano un’evoluzione del suo percorso artistico, sempre più orientato verso una fusione tra tecnica classica e sperimentazione contemporanea. In occasione della mostra sarà disponibile il catalogo ufficiale INTERIM, edito da Officina Vittoria, che raccoglie le immagini delle opere esposte e il testo critico di Gianlorenzo Chiaraluce.
Breve bio di Guglielmo Mattei Guglielmo Mattei (Roma, 1988) è pittore e professore di Lettere. Dopo aver conseguito il dottorato in Letteratura Latina nel 2017, insegna Latino e Greco presso il Liceo ‘Giulio Cesare’ di Roma. La pittura è la sua passione più profonda, trasmessagli dal nonno e dal padre fin dall’infanzia. Allievo del maestro Elio Mazzella, tra il 2017 e il 2019 ha esplorato sia la figurazione classica sia linguaggi più informali, illustrando nel 2019 la guida ufficiale dell’evento Cortili aperti Roma, a cura di ADSI. Dal 2020 ha focalizzato la sua ricerca sulla rappresentazione della città e del paesaggio, sviluppando cicli di opere come Paesaggi romani, Mesi a Roma, Estivi e Ritratti sospesi. Nel 2020 è ammesso alla 47ª edizione del ‘Premio Sulmona’. Nel giugno 2021 collabora con il collettivo STRUTTURA, partecipa alla 115ª edizione dei ‘Cento Pittori di Via Margutta’, mentre a ottobre vince il XXXI Premio ‘La scaletta’ di Velletri (RM). Nel 2022 espone con la Galleria ‘Vittoria’ di Roma e vince nella categoria Under 35 al I Premio ‘La Pigna’. Nel novembre 2024 espone con gli artisti di BABELE all’Istituto italiano di cultura ad Amburgo. È ideatore e curatore della Biennale d’Irpinia, con Stefano Volpe. Vive e lavora a Roma.
Roma-La Mostra “INTERIM” di Guglielmo Mattei presso la Galleria Vittoria-Opera Villa Torlonia
Premi – I Edizione del Rospigliosi Art Prize, presso il Palazzo Rospigliosi di Zagarolo, RM (21-29 aprile 2018). A cura di Tiziano M. Todi. Vincitore nella categoria ‘Under 30’. – I Edizione di Cammini di fede, presso l’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata, RM (21-29 settembre 2019). A cura di Alessandra Pasqualucci e Laura Giovanna Bevione. – XXXI Edizione del Premio di pittura La scaletta, presso il Polo espositivo ‘Juana Romani’ di Velletri, RM (25 settembre-3 ottobre 2021). A cura di Alessandro Filippi – I Edizione del Premio La pigna (in onore di Carlo Marraffa), categoria Under 35, presso la Galleria La Pigna, RM (9-18 novembre 2022). A cura di UCAI – selezionato come finalista per la II edizione del ‘Premio Fausto Pirandello’, presso Soriano nel Cimino, VT (2 dicembre 2023-28 gennaio 2024). A cura della Fondazione ‘Fausto Pirandello’, Manuel Carrera, Andrea Iezzi.
Roma-La Mostra “INTERIM” di Guglielmo Mattei presso la Galleria Vittoria
Mostre personali – Artisti tra due ponti, bipersonale con Camilla Mazzella presso la Galleria “Arte & Dintorni” di Napoli (2-7 maggio 2015), a cura di Luigi Grossi. Presentazione critica di Nino D’Antonio. – Il gusto dell’incontro, bipersonale con Camilla Mazzella presso “Anticafé” di Roma (16 giugno-10 luglio 2016). Presentazione critica della prof.ssa Clara Rech – Sguardi dal futuro, presso “Anticafé” di Roma (11 novembre-9 dicembre 2016). Presentazione critica della prof.ssa Maria Giuseppina Di Monte – Tra palazzi e cortili, presso Palazzo Malvezzi Campeggi di Roma (18-19 maggio 2019); mostra allestita in concomitanza con l’evento ‘Cortili aperti Roma 2019’, a cura della ADSI; è stata pubblicata la guida dell’evento, con testi di Patrizio Mario Mergè e illustrazioni di Guglielmo Mattei. – Partire e ritornare, presso il Chiostro degli Agostiniani di Bracciano, RM (30 agosto – 1 settembre 2019). A cura di Roberta Leoni. – Arboreto privato, presso Villa Mergè di Frascati, RM (4 ottobre 2020: X Giornata nazionale ADSI). A cura di Patrizio Mario Mergè. – FRAGMENTA, presso la Galleria ‘Vittoria’ di Roma (16-26 marzo 2022). A cura di Tiziana Todi. Testo di Clara Rech. – ARBORETO ROMANO, presso la Galleria ‘La Pigna’ di Roma (11-21 gennaio 2023), nell’ambito dell’evento ‘Giovani talenti” II ed. A cura dell’UCAI. Numerosissime anche le esposizioni collettive dal 2014 ad oggi. IG: guglielmomattei_art
Roma-La Mostra “INTERIM” di Guglielmo Mattei presso la Galleria Vittoria
INTERIM la personale di Guglielmo Mattei
Galleria Vittoria – Via Margutta 103, Roma
Dal 19 febbraio al 7 marzo 2025
Orari: Lunedì – Venerdì, 15:00 – 19:00 (fuori orario su appuntamento)
Ingresso gratuito
Email: info@galleriavittoria.com
Telefono: 06 36001878
Sito web: https://www.galleriavittoria.com/
I grandi fotografi. Ediz. illustrata di Juliet Hacking
C. Spinoglio (Traduttore)- Editore Einaudi
I grandi fotografi. Ediz. illustrata di Juliet Hacking
Descrizione del libro di Juliet Hacking- “Ridurre circa 180 anni di produzione fotografica (si pensi che il solo Cartier-Bresson produsse di più di mezzo milione di negativi in un’unica vita) a meno di quaranta nomi, significa che le biografie presentate qui appartengono a coloro che sono passati alla posterità. I trentotto artisti rappresentati in queste pagine hanno tutti creato immagini straordinarie servendosi della fotografia. Ma non sono assolutamente i soli grandi fotografi esistenti. Lo scopo di raccontare queste vite è quello di rammentare al lettore alcuni dei piaceri e dei valori della biografia nel suo rapporto con la storia dell’arte: non solo la sua accessibilità e il suo interesse, ma anche il suo ruolo di correttivo alla moda attuale delle cronologie (con la loro natura sedicente fattuale). Spero che questi brevi saggi aiutino a controbilanciare l’idea dominante secondo cui la biografia è anti intellettuale. Anche se l’aforisma classico ars longa, vita brevis continua a essere attuale, ora siamo meno inclini a concepire la vita e l’opera di un artista in opposizione tra loro, e le vediamo entrambe come l’arena in cui si modellano, si forgiano e si creano forme nuove con il loro irresistibile slancio vitale”.
Juliet Hacking Faculty London Sotheby’s Institute of Art
L’Autrice. Juliet Hacking, dopo aver diretto per tre anni il Dipartimento di fotografia di Sotheby’s di Londra, dal 2006 dirige il Master in fotografia (storica e contemporanea) del Sotheby’s Institute of Art. Ha curato e scritto il catalogo per la mostra «David Wilkie Wynfield: Princes of Victorian Bohemia» per la National Portrait Gallery. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo il volume, da lei curato, Photography. The Whole Story (Thames & Hudson 2012) e, in italiano, I grandi fotografi (Einaudi, 2015).
Juliet Hacking
Program Director, MA Contemporary Art, London
PhD, MA and BA (Hons), Courtauld Institute of Art, London.
Juliet Hacking began her academic career as a Visiting Lecturer (at the Universities of Derby and Reading, and the Courtauld Institute). In 1999 she took on a year-long research post at the National Portrait Gallery, London, where she also curated the exhibition and wrote the book ‘Princes of Victorian Bohemia: Photographs by David Wilkie Wynfield’ (Prestel, 2000). From 2000 to 2003 she was a junior specialist in the Photographs Department at Sotheby’s auction house in London; becoming, in 2003, Head of the department. She joined Sotheby’s Institute of Art, London, in 2006, and was the Programme Director of the MA in Photography for 10 years. In 2016 she became a member of the MA in Contemporary Art faculty, and was recently appointed its Programme Director. She is the author of ‘Lives of the Great Photographers’ (2015), general editor of ‘Photography: The Whole Story’ (2012) [both Thames & Hudson], author of ‘Photography and the Art Market’ (Lund Humphries, 2018) and the co-editor of ‘Photography & the Arts: Essays on 19th-Century Practices and Debates’ (forthcoming, Bloomsbury). She is also co-series editor of ‘Hot Topics in the Art World’ with Lund Humphries.
La piccola Thérèse di Lisieux s’impossessò senza timore delle virtù di Cristo per avvicinarsi a Dio. La sua poesia “Se io avessi commesso tutti i crimini possibili…” riassume perfettamente la grazia della sua “piccola via”, alla portata di tutti.
Santa Thérèse di Lisieux è un genio spirituale la cui audacia si fonda su una teologia sicurissima. La Chiesa non l’ha forse riconosciuta come uno dei suoi dottori? È alla luce della sua solidità dottrinale che possiamo meditare la sua celebre poesia “Se io avessi commesso…”:
Se io avessi commesso tutti i crimini possibili
conserverei sempre la stessa fiducia,
perché so bene che quella legione di offese
non è che una goccia d’acqua in un braciere ardente.
La rivelazione del Sinai ci insegna che Dio è un fuoco che non consuma. A che può servire un fuoco, se non a bruciare? Ora, il mistero di un fuoco che brucia senza consumare non è comprensibile che se vediamo all’opera un Essere che, come un “braciere ardente”, brucia in noi i nostri peccati senza distruggerci. E poiché Dio è infinito in misericordia, quest’ultima sarà sempre superiore all’insieme delle nostre trasgressioni, cosa che sostiene Thérèse nel conservare fiducia malgrado “tutti i crimini possibili”. Benché serissimi, questi ultimi sono come “gocce d’acqua” comparate al braciere della misericordia divina.
Un cuore che soffre
Sì, ho bisogno di un cuore tutto ardente di tenerezza,
che resti punto di appoggio per me, e che senza alcun tornaconto
ami tutto di me, perfino la mia debolezza,
e che non mi lasci mai, né di giorno né di notte.
Qui la poesia sottintende la divinità di Cristo: quale altro cuore potrebbe non lasciare il credente «né di giorno né di notte», se non quello onnipresente di Dio? Anzi, Dio – che conosce le proprie creature – non è mai disgustato dalle loro debolezze, al contrario vi ravvisa l’occasione di spalancare ancora di più la propria misericordia.
No: non sono riuscita a trovare alcuna altra creatura
che mi amasse fino a questo punto, e senza mai morire.
Perché ho bisogno di un Dio che prenda la mia natura,
che diventi mio fratello, e che possa soffrire.
In questa quartina Thérèse sottolinea la realtà dell’Incarnazione: in Gesù, Dio si è fatto pienamente uomo al punto da essere diventato capace di soffrire. Egli resta nondimeno Dio, e dopo essere risorto al terzo giorno non può più morire.
Notiamo che la fraternità di Cristo rispetto a noi risulta esemplata sulla sua capacità di soffrire come noi e con noi. È questa amicizia nella solidarietà che spinge Thérèse a meravigliarsi di un Dio che l’«amasse fino a questo punto».
La santità di Gesù è la nostra
So fin troppo bene che tutti i nostri atti di giustizia
non hanno il minimo valore davanti al tuo sguardo,
e per dare prezzo a tutti i miei sacrifici
sì, voglio gettarli fin dentro al tuo cuore divino.
Thérèse non si fa troppe illusioni sulla giustizia degli uomini. Ad ogni modo non si scoraggia: non cerca in sé stessa la virtù, ma in Gesù. La comunione dei santi significa anzitutto comunione nelle cose sante. Ora, la prima “cosa santa” è Gesù stesso. Quel che è suo è pure, per l’opera della Redenzione, diventato nostro, così come nell’Incarnazione quel che è nostro è diventato suo. Noi gli abbiamo dato una natura mortale e, in cambio, egli ci ha donato la sua santità. In virtù di questo admirabile commercium, tutto a nostro vantaggio, i nostri sacrifici assumono valore quando vengono appuntati sulla Croce.
L’amore perfetto
No, neppure una creatura hai trovato senza colpa
in mezzo ai bagliori: ci donasti allora la tua legge
e nel tuo cuore sacro, Gesù, mi nascondo.
No, non tremo perché la mia virtù sei tu.
Santa Teresa di Lisieux
Questa quartina completa la precedente. La Scrittura afferma che anche gli angeli non sono puri agli occhi di Dio. A fortiori gli uomini! E tuttavia ancora una volta Thérèse «non trema»: «L’amore perfetto esclude il timore» (1Gv 4,18). Effettivamente, perché tremare laddove, per la fede, la nostra virtù non è la nostra ma quella dell’Uomo perfetto, Gesù? In ciascuno di noi il Padre vede il Figlio nel quale «noi ci nascondiamo», secondo le parole della poesia: come potrebbe Egli trattarci altrimenti, allora, che come figlie e figli amatissimi?
Paradossalmente, è la piccola via di Thérèse che ci offre la sicurezza di poter stare senza paura davanti a Dio. Come una bambina, Thérèse si rimette completamente al nostro Padre celeste per arrivare a camminare sulle vette. Anche la sua spiritualità, ancorata in una teologia sicurissima, è liberatrice perché porta a compimento quel che Gesù è venuto a elemosinare su questa terra: la nostra fede e la nostra fiducia. La santa di Lisieux opera una sorta di prodigiosa sintesi dello spirituale e del dottrinale.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]
Poggio Mirteto – William Pilè – Venere del Reatino,L’ANTICOLAVATOIO è lieto di presentare il primo appuntamento di una serie di esposizioni dedicate all’arte contemporanea nello spazio del lavatoio comunale di Poggio Mirteto.
“Venere del Reatino” è il titolo di una serie di dipinti installati per l’occasione dall’artista William Pilè (Roma, 1988). Le opere rappresentano uno spaccato intimista della quotidianità di una giovane sex worker che vive a Rieti e che ha posato per la realizzazione di ritratti dal vero all’interno della sua abitazione, luogo in cui vive e accoglie i suoi clienti.
La dimensione domestica, spesso percepita come rifugio, si trasforma qui in un palcoscenico di esclusione, un microcosmo ai margini della società, dove si intrecciano solitudine, desiderio e sopravvivenza. La pittura diventa strumento di rivelazione, squarcia il velo dell’indifferenza e costringe l’osservatore a confrontarsi con una realtà spesso volutamente ignorata e stigmatizzata.
La periferia, oggetto di studio della ricerca di Pilè, non è solo un luogo fisico ma anche simbolico: è la rappresentazione di un’umanità decentrata, relegata ai confini del vivere civile, dove il corpo viene visto come un oggetto e l’intimità una merce.
La scelta di esporre questo soggetto in un lavatoio pubblico non è casuale. Questi luoghi infatti, frequentati un tempo nella maggioranza da donne, erano spazi di lavoro ma anche di condivisione della quotidianità, di ritrovo delle gioie e delle disgrazie dell’esistenza collettiva e magari di riflessione sulla propria condizione femminile all’interno della società patriarcale.
I dipinti di Pilè non offrono giudizi morali ma tentano di rendere visibile l’invisibile, testimoniano un’esistenza fatta di gesti ripetuti, di silenzi pesanti, di sguardi che sfuggono e cercano al tempo stesso un contatto. L’immagine di questa donna si sottrae alla narrazione imposta e diventa racconto di sé, affermazione di esistenza, strumento di autodeterminazione, mentre il lavatoio le restituisce lo spazio negato: quello del racconto, del riconoscimento, dell’ascolto. Il passato ed il presente si sovrappongono, la storia e l’attualità si incontrano ed il lavatoio torna ad essere un luogo di incontro e di riflessione collettiva proprio come lo era un tempo.
Les Éditions de la Découverte viennent de publier une étude, L’œuvre-vie d’Antonio Gramsci, que l’on peut considérer comme la plus complète et la plus actuelle en français sur la biographie et l’œuvre du philosophe italien Antonio Gramsci (1891-1937), l’un des penseurs majeurs et des plus convoqués du marxisme.Membre fondateur du Parti communiste italien, dont il fut un temps à la tête, il est emprisonné par le régime mussolinien de 1926 à sa mort. Les auteurs, Romain Descendre et Jean-Claude Zancarini, sont deux enseignants de l’École Normale Supérieure de Lyon, où ils animent depuis dix ans un séminaire d’études consacré à Gramsci et ses 33 Cahiers de prison. L’Œuvre-vie aborde les différentes phases de son action et de sa pensée – des années de formation en Sardaigne et à Turin jusqu’à sa mort le 27 avril 1937, en passant par ses activités de militant communiste et ses 11 années d’incarcération dans les geôles fascistes – en restituant leurs liens avec les grands événements de son temps : la révolution russe, les prises de position de l’Internationale communiste, la montée au pouvoir du fascisme en Italie, la situation européenne et mondiale de l’entre-deux-guerres. Grâce aux apports de la recherche italienne la plus actuelle, cette démarche historique s’ancre dans une lecture précise des textes – pour partie inédits en France –, qui permet de saisir le sens profond de ses écrits et toute l’originalité de son approche.
Antonio Gramsci
Analysant en détail la correspondance, les articles militants, puis les Cahiers de prison (I Quaderni) du révolutionnaire, cette biographie rend ainsi compte du processus d’élaboration de sa réflexion politique et philosophique, en en soulignant les leitmotive et en restituant « le rythme de sa pensée en développement ».
Au fur et à mesure que Gramsci progresse dans la rédaction des Cahiers, écrivent les auteurs, il comprend que la “philosophie de la praxis” a besoin d’outils conceptuels nouveaux, philosophiques et politiques à la fois, et il se charge de les inventer et de les faire évoluer au cours de son existence : «hégémonie», «guerre de position», «révolution passive», «classes subalternes». Autant de concepts qui demeurent utiles pour penser aujourd’hui encore notre propre monde «grand et terrible».
Evolena
LE LIVRE: L’œuvre-vie d’Antonio Gramsci, de Romain Descendre et Jean-Claude Zancarini Editions La Découverte
«Nel settembre 1920, il direttore dell’Ufficio provinciale mi fece chiamare e mi disse…» Così ha inizio il Poema pedagogico. Nella conversazione di quel giorno con il direttore dell’Ufficio provinciale dell’Istruzione popolare Anton Semënovič Makarenko prese una decisione di incalcolabile importanza non solo per la sua vita personale, ma per la nascente pedagogia sovietica: accettò di andare in missione “in prima linea” sul fronte pedagogico, accettò di fondare e dirigere una colonia per la rieducazione di delinquenti minorenni. Ebbe così inizio quella straordinaria esperienza che il protagonista giustamente volle chiamare un poema pedagogico: anni e anni di sforzi e di sacrifici, di creazione nel lavoro pratico e nell’approfondimento teorico, che il lettore seguirà – ne siamo certi – con tesa attenzione dal primo all’ultimo giorno. E, giunto alla fìne, desidererà sapere qualcosa di più sull’eroe del poema, vorrà conoscere gli inizi e gli sviluppi della sua intensa attività creatrice, della quale la Colonia Gor’kij è pur sempre un momento, anche se forse il più appassionante, e certo quello decisivo: il punto di svolta di una vita. Chi era il giovane maestro che, in quel giorno di settembre del 1920, accettò quasi senza esitazione il difficilissimo compito che gli veniva proposto? Anton Makarenko aveva allora trentadue anni. Era nato il 1° marzo 1888 a Bielopol, centro operaio nella provincia di Kharkov, in Ucraina. Suo padre, Sëmen Grigor’evič, lavorava come capo verniciatore nelle officine ferroviarie di Bielopol. Sua madre, Tatiana Mikhailovna, era anch’essa una semplice donna del popolo. Padre e madre avevano dovuto lavorare sin dall’infanzia e non erano andati al di là delle prime classi elementari. […]
«Che i genitori siano esigenti verso se stessi, che abbiano rispetto per la famiglia, che si controllino a ogni passo, ecco il primo e principale metodo di educazione!», egli ha certamente davanti agli occhi la figura di suo padre e quella di sua madre, l’ordine e la nettezza della modesta casa operaia della sua infanzia, “pulizia morale” della sua famiglia operaia.
dall’Introduzione di Lucio Lombardo Radice
Formato 17×24 cm., copertina con alette, 512 pagine.
Introduzione di Lucio Lombardo Radice.
Traduzione di Leonardo Laghezza.
Stampato con carta certificata FSC.
Pubblicato a giugno 2022.
INDICE
Introduzione Bibliografia
Parte prima
1. Una conversazione con il direttore dell’Ufficio Provinciale dell’Istruzione Popolare
2. Esordio inglorioso della colonia Gor’kij
3. Bisogni elementari
4. Un’operazione di carattere interno
5. Affari di importanza statale
6. La conquista del serbatoio
7. Uno più uno meno…
8. Carattere e cultura
9. “Ci sono ancora cavalieri in Ucraina”
10. I benemeriti dell’educazione sociale
11. Il trionfo della seminatrice
12. Bratcenko e il commissario distrettuale per l’alimentazione
13. Ossadcii
14. Il calamaio della pace
15. Il nostro è il più bello
16. Hafersuppe
17. La punizione di Sciarin
18. Ci “avviciniamo” ai contadini
19. Il giuoco dei pegni
20. A proposito di ciò che è vivo e di ciò che è morto
21. Vecchi scorbutici
22. Un’amputazione
23. Semi selezionati
24. Il tormento di Sёmen
25. Pedagogia del “comandante”
26. I mostri della seconda colonia
27. Come conquistammo la Gioventù comunista
28. Cominciano le fanfare
Parte seconda
1. Una brocca di latte
2. Otcenasc
3. Le dominanti
4. Il teatro
5. Educazione da kulak
6. Le frecce di Cupido
7. L’arrivo dei complementi
8. Il nono e il decimo reparto
9. Il quarto reparto misto
10. Matrimonio
11. Lirica
12. Autunno
13. Smorfie d’amore e di poesia
14. “Non guaire!”
15. Gente difficile
16. Zaporogie
17. Come si deve contare
18. Esplorazione di guerra
Parte terza
1. I chiodi
2. Il reparto misto d’avanguardia
3. Vitaccia
4. “Tutto va bene”
5. Idillio
6. Cinque giorni
7. Il trecentosettantatré bis
8. Gopak
9. Trasfigurazione
10. Alle pendici dell’Olimpo
11. Il primo covone
12. La vita continua
13. “Aiutate il ragazzo!”
14. Ricompense
15. Epilogo
Anton Semenovič Makarenko
Biografia di Anton Semenovič Makarenko (1888 – 1939) fu uno dei fondatori della pedagogia sovietica, promosse idee e principi democratici nelle sue teorie educative e nella pratica. Elaborò la teoria dei collettivi autogestiti e introdusse il concetto di lavoro produttivo nel sistema educativo.
Anton Semenovič Makarenko -Pedagogista sovietico nato a Belopol′e, Char′kov, il 10 marzo 1888, morto a Mosca il 1° aprile 1939. Maestro elementare dal 1905, direttore didattico dal 1917; in contrasto con i pedagogisti del suo paese, ancora legati al sistema dell'”educazione libera”, il M. propugnò una “pedagogia della lotta”, cioè una forma di educazione autoritaria per la formazione dell’uomo sovietico. Quando gli fu affidata la direzione di quella che egli stesso più tardi denominò “Colonia di lavoro Gor′kij”, sorta nel 1920 presso Poltava, per la rieducazione dei bezprizornye, ragazzi che la guerra e la rivoluzione avevano abbandonato “senza tutela”, i sistemi estremamente rigidi usati dal M. gli procurarono molte critiche e avversioni, cosicché, nonostante i buoni risultati ottenuti e gli elogi di M. Gor′kij, il M. nel 1928 fu allontanato dalla “Colonia Gor′kij”. Tuttavia il M. fu successivamente chiamato a dirigere la “Comune Feliks Dzeržinskij”, in un sobborgo di Char′kov.
Trattando della sua esperienza alla “Colonia Gor′kij”, in Pedagogičeskaja poema (“Poema pedagogico”, in 3 parti, 1933-35; trad. ital., Roma 1952), l’opera sua maggiore, il M. sostiene che la rieducazione dei ragazzi traviati è possibile attraverso un ricondizionamento capace di immetterli in un’autentica e impegnativa esperienza sociale. Questa si può realizzare, secondo il M., con la costituzione di una comunità di ragazzi, nella quale essi, attendendo con rigida disciplina, spirito di emulazione personale e di squadra, a un lavoro produttivo e salariato, fonte del materiale sostentamento della comunità, ritraggano il senso e il valore del “collettivo”. Negli ultimi anni di vita del M., avendo il sistema dell'”educazione libera” perso totalmente credito presso le autorità scolastiche sovietiche, i principî makarenkiani vennero adottati ufficialmente.
Altre opere notevoli del M. sono: Marš tridcatogo goda (“La marcia dell’anno ’30”, 1932; trad. ital., Roma 1960); Kniga dlja roditelej (“Il libro per i genitori”, 1937); Lekcii o vospitanii detej (“Lezioni sull’educazione dei figli”, 1937; trad. ital., col titolo di Consigli ai genitori, Roma 1950), chiarimento del suo concetto di autorità in educazione; Flagi na bašnjach (“Bandiere sulle torri”, 1938; trad. ital. 2 voll., Roma 1955), che tratta delle sue esperienze nel campo dell’educazione dei ragazzi normali in una società socialista; Problema škol′nago sovetskogo vospitanija (“Pedagogia scolastica sovietica”; trad. ital., Roma 1960), compendio di lezioni tenute dal M. nel 1938, intese a combattere le concezioni e i metodi individualistici nell’educazione, a favore dell’educazione comunitaria. Le opere del M. sono state raccolte in 7 voll., Mosca 1950-52.
Bibl.: A. Kaminski, La pedagogia sovietica e l’opera di A. M., Roma 1952; I. Lezine, A. S. M., pédagogue soviétique, Parigi 1954; D. Bertoni Jovine, La pedagogia di M., in Belfagor, 1955, n. 4, pp. 405-47; P. Braido, A. S. M., Brescia 1959; F. Lilge, A. S. M. e la società sovietica, in I problemi della pedagogia, 1959, nn. 2-3, pp. 587-600, n. 4, pp. 748-888.
Il reste encore demain: le film phénomène de Paola Cortellesi
A découvrir dans les salles françaises à partir du 13 mars. “Il reste encore demain” (C’è ancora domani), tourné entièrement en noir et blanc à l’instar des films neoréalistes, a créé la surprise au box-office italien avec déjà plus de cinq millions d’entrées depuis sa sortie en octobre dernier. Cette comédie, premier long métrage de Paola Cortellesi en tant que réalisatrice, a conquis le cœur d’une grande partie de son pays et suscité l’intérêt de nombreux distributeurs internationaux.
Il reste encore demain: le film phénomène de Paola Cortellesi
Celle qui a débuté sa carrière au théâtre dans les années 1990 avant de se faire connaître à la télé interprète ici le rôle principal de son propre film: une mère de famille pauvre déterminée à mener une vie plus heureuse et plus libre malgré les violences, les vexations de son mari (Valerio Mastrandrea) et celles, plus insidieuses, d’une société patriarcale.
Le film, un tableau représentatif de la société romaine de l’époque, est aussi une histoire d’entraide entre deux générations de femmes, celle de Delia et de sa fille Marcella, qu’elle sauve in extremis d’un destin comparable au sien. Nous sommes à Rome libérée depuis peu, en 1946, dans le quartier populaire du Testaccio (d’où l’usage dans les dialogues du dialecte romain – Dieu merci sous-titré en français!), des Américains patrouillent encore la ville et la situation économique est celle misérable de l’après-guerre. C’est aussi l’année où les Italiens – et les femmes pour la première fois – votent pour instituer la République.
Paola Cortellesi
Paola Cortellesi a dit en substance dans des interviews avoir voulu raconter avec la volonté d’en sourire la vie de ces femmes que personne n’a jamais célébrées, nos grands-mères, nos mères, considérées comme des nullités, celles qui recevaient une gifle de leur mari et ensuite, comme Cendrillon, retournaient à leurs travaux domestiques ou à leurs petits boulots mal rémunérés; une histoire de subordination à l’homme qui se comporte en propriétaire de la femme.
Bien que les conditions sociales et économiques de l’Italie d’aujourd’hui soient très différentes de celles de l’après-guerre, ce thème, toujours sensible, est impossible à reléguer dans un lointain passé. Le succès du film est la preuve que le message d’émancipation et surtout d’espoir de la réalisatrice est arrivé là où elle le souhaitait. Sa comédie, qui oscille habilement entre engagement et divertissement, a touché un large public, devenant un vrai événement politique et suscitant de larges débats.
Nous nous réjouissons de le découvrir avec vous. Il sera intéressant de voir quel accueil le public français lui réservera et de mieux comprendre les différentes clés de l’engouement populaire qu’il suscite. N’hésitez pas à donner votre point de vue en fond de page et désolée de n’avoir pas réussi à organiser un jeu-concours.
Nous recevons, et elle tombe à pic, la critique qu’a écrite pour Altritaliani notre fidèle collaborateur « cinéma » Armando Lostaglio, fondateur du Cinéclub Vittorio de Sica – Cinit de Rionero, en Basilicata. Merci à lui! A lire en italien ICI
***
Synopsis officiel et bande-annonce sous-titrée en français :
IL RESTE ENCORE DEMAIN | C’E ANCORA DOMANI
Italie, N&B, 2023, 1h58
Mariée à Ivano, Delia, mère de trois enfants, vit à Rome dans la seconde moitié des années 40. La ville est alors partagée entre l’espoir né de la Libération et les difficultés matérielles engendrées par la guerre qui vient à peine de s’achever. Face à son mari autoritaire et violent, Delia ne trouve du réconfort qu’auprès de son amie Marisa avec qui elle partage des moments de légèreté et des confidences intimes. Leur routine morose prend fin au printemps, lorsque toute la famille en émoi s’apprête à célébrer les fiançailles imminentes de leur fille aînée, Marcella. Mais l’arrivée d’une lettre mystérieuse va tout bouleverser et pousser Delia à trouver le courage d’imaginer un avenir meilleur, et pas seulement pour elle-même.
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