Amatrice – L’Emilia-Romagna vince la finale dell’Agrichef Festival
Amatrice – 25 maggio 2023-Grande ritorno ad Amatrice dell’Agrichef Festival, l’evento itinerante promosso da Turismo Verde, l’Associazione agrituristica di Cia-Agricoltori Italiani,ideato per promuovere e valorizzare i piatti tipici della tradizione contadina, attraverso la collaborazione con gli istituti alberghieri italiani. Come da tradizione, e dopo il lungo stop per la pandemia, si è tenuta oggi nell’Area Food progettata da Stefano Boeri, la finale nazionale del Festival con protagoniste assolute le ricette contadine regionali, rivisitate insieme agli studenti di tutte le scuole coinvolte.
A trionfare, in questa V edizione, la “Spoja lorda in brodo di ortiche e guanciale rivisitata” realizzata con gli allievi dell’Istituto “Magnaghi-Solari” di Salsomaggiore Terme, dall’Agrichef Massimo Bottura (Agriturismo “Palazzo Manzoni”, San Zaccaria). L’Emilia-Romagna ad aggiudicarsi, quindi, il podio 2023 in un’accesa e condivisa sfida ai fornelli tra i cuochi agricoli vincitori delle 9 tappe del tour che, attraversando l’Italia, ha toccato in particolare: Liguria, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Molise, Abruzzo, Campania, Puglia e Calabria.Un trionfo di sapori e saperi sui quali è stata chiamata a esprimersi un’esclusiva giuria di esperti, composta da chef e critici gastronomici, giornalisti e food blogger, rappresentanti di associazioni di settore e istituzioni locali.
Vincitori indiscussi gli allievi di ciascun istituto che ha aderito alle iniziative sul territorio, insieme a una brigata del Centro di Formazione Professionale Alberghiero di Amatrice. Da futuri ambasciatori della cucina italiana, loro al centro di un’esperienza formativa unica, affiancati dagli Agrichef di Turismo Verde-Cia. Alle nuove generazioni di cuochi, il testimone del rilancio, in chiave innovativa, della cucina contadina regionale di cui gli agriturismi italiani sono primi ambasciatori.
“Abbiamo accolto con molto entusiasmo la proposta di Cia-Agricoltori Italiani e della sua associazione Turismo Verde, di fare per la seconda volta la finale nazionale dell’Agrichef Festival ad Amatrice -ha detto la direttrice del Centro di Formazione Professionale Alberghiero di Amatrice, Anna Fratini-. I ragazzi che rivisitano le ricette originali, è un format che ci piace molto, ci appartiene: sicuramente la tradizione, l’enogastronomia, hanno fatto sì che questo territorio mantenesse un’identità”.
A fargli eco i presidenti nazionali di Turismo Verde, Mario Grillo e di Cia, Cristiano Fini: “Le criticità che stiamo affrontando a livello globale, come nazionale, ultima l’emergenza maltempo in Emilia-Romagna, terra cui va, ancora di più da Amatrice, tutto il nostro sostegno -sottolineano Grillo e Fini- dimostrano quanto sia importante e strategico costruire, giorno dopo giorno, eventi come l’Agrichef Festival, occasioni di scambio e condivisione tra territori e con le nuove generazioni, per tutelare e far valere il patrimonio agricolo e agroalimentare italiano. Rappresentano, infatti, soprattutto in momenti di difficoltà, un collante fondamentale per territori e comunità, per diffondere una cultura della salvaguardia, che punta sulla sinergia tra innovazione e tradizione, quale chiave di uno sviluppo davvero sostenibile”.
Con l’Agrichef Festival che torna dopo diversi anni di stop, Cia e Turismo Verde rinnovano l’impegno concreto per un progetto che è semplice, ma anche ambizioso: “C’è una rete di valori che appartiene al mondo rurale e al ruolo chiave dell’Agrichef in agriturismo -concludono Grillo e Fini-. Dobbiamo continuare a valorizzarla coinvolgendo tutti gli istituti alberghieri d’Italia”.
L’Agrichef è un cuoco che lavora all’interno di un agriturismo, impegnandosi a trasformare le produzioni della sua azienda nel rispetto della stagionalità, con l’utilizzo di materie prime e ingredienti legati al territorio. Il Festival è nato, per questo, come occasione unica per ribadire l’importanza degli agriturismi italiani, la centralità del rapporto costante con i territori per lo sviluppo delle aree rurali. La diffusione dell’agriturismo produce benefici nelle campagne grazie all’intervento di contadini e imprenditori che riportano in vita produzioni in pericolo di abbandono. La scelta di Amatrice come tappa finale dell’Agrichef Festival vuole richiamare l’attenzione su un’area a rischio spopolamento dopo la tragedia del sisma del 2016 ed è, oggi, simbolo dell’Italia rurale da salvaguardare e promuovere. Cia-Agricoltori Italiani è stata da subito attiva nei territori appenninici per supportare la ripresa delle aree interne e delle aziende agricole.
Agrichef Festival – la giuria
Anna Fratini (direttrice Centro di Formazione Professionale Alberghiero di Amatrice), Giorgio Cortellesi (Sindaco di Amatrice), Cristiano Fini (presidente Cia-Agricoltori Italiani), Roberta Cuneo (Presidente Provincia di Rieti), Anna Palma (chef e direttrice Scuola di cucina TuChef), Elia Grillotti (presidente Associazione Provinciale Cuochi Rieti), Gemma Giovannelli, giornalista RAI TGR Lazio, Serena Brigheli, (food blogger Cucina Serena) e Cerboni Manuel (allievo CFP Alberghiero di Amatrice).
Agriturismo – i numeri
Secondo l’ultimo rapporto Istat, in Italia ci sono 25.390 (+1,3% rispetto al 2020) e con crescita maggiore nelle Isole (+8,2%) e al Sud (+1,5%). Negli ultimi dieci anni, le strutture agrituristiche sono aumentate del 24,4% e, a oggi, il valore corrente della produzione agrituristica è di poco superiore a 1.162 milioni di euro contribuendo per il 3,3% alla formazione del valore economico dell’intero settore agricolo nel quale le aziende agrituristiche incidono per il 2,2%. Il valore economico delle aziende agrituristiche cresce del 44,8%, ma rimane ancora sotto il livello pre-pandemia del 2019 (-26%). L’incremento varia dal 51,7% del Nord-est al 44,8% del Nord-ovest, del Sud e delle Isole, fino al 38,3% del Centro.
Il 63,3% dei comuni italiani ospita almeno un agriturismo, ma si arriva a oltre il 98% in Toscana e Umbria. Le strutture condotte da donne sono 8.762, pari al 34,5% del totale. Il tasso medio annuo di crescita è stato del 2% tra il 2011 e il 2021, che arriva al +5,3% per le strutture con fattorie didattiche. Le aziende agrituristiche multifunzionali (che offrono almeno tre servizi) sono il 38% (+21,3% rispetto al 2011) e ancora una volta sono le Isole a registrare l’incremento più elevato (+51,5%, rispetto al 2011).
Agnese Di Venanzio Le mie Poesie in gergo foranese”A famijia de na vorda”
FORANO (RI)-23 gennaio 2013
Le mie Poesie in “gergo foranese” (scritta il 06 – 03 – 2005)
A famijia de na vorda
Una vorda a famija era sempre unita
a cosa più importante , pe tutta la tua vita
certo … eranu tante e difficoltà !…
però , trovavi u tempu pe ride e pe cantà ,
ai genituri portavi un gran rispettu
je confidavi i sogni che tenivi dentro u pettu
c’era sempre tanta de quella comprensione
stima, sincerità , non c’era mai apprensione
madre e padre stéanu in pace tra de loru
pure che a vvorde nun ci stéa u lavoru
benché chi céa a terra … céa pure da magnane
non mancava a farina , ne l’ojiu e mancu o pane
mittice doppu e cicerchie , quarche brocculittu
co ddu sargicce se llevavi u porchittu .
Come vidi in quilli tempi , ceàmo quasi tuttu
se llevavanu i polli , i coniji , se fettava o preciuttu
la a brace a sudà un’ ovu , lla u spidu a ventresca
quello che te magnavi era tutta robba fresca
na bella nsalatina , riempiva a scudella
e alla fine , te bevivi l ’ acetella
A sera doppu cena , se diceva u “ rosariu “
e a nui munelli ce toccava u sillabariu
davanti au focu , se stéa propiu bene
protetti da a famijia e stivi senza e pene ,
doppu u “rosariu” c’erano i racconti
coi tempi antichi se facevanu i confronti ,
a sentì lle storie te credivi fortunata
se in tuttu llo penà , nun eri capitata …
a tenecce boni c’era quarche caramella
rare vorde te pijavi quarche sberla .
A sera a lettu prestu , mettivi u scallalettu
baciavi i genituri pe dimostrà l ’ affettu
u scallalettu servìa pe rescallasse
e coperte eranu poche pe rebbundulasse ,
pe beve l ’ acqua a doveàmo fa panata
perché era fredda de fonte nella conca ramata .
Appena dentru u lettu , me rescallào co u fiatu
e poi crollavo subbitu in un sonnu beatu .
Mò io ,… che vò dda dì !… so tempi che rimpiagno
e quanno ce repenso , tante vorde ce piagno ,
steàmo bene !…, a felicità era tanta
calore, amore, affettu , c’eranu in abbondanza .
Mò , che c ’ emo tutte e commodità
ce manca o mejio , u rispettu e a moralità …
in famijia poi !… non poi aprì più bocca
qualsiasi cosa dici , te dicenu …… si “ tocca”.
Proponiamo quattro poesie inedite di Giuseppe Carlo Airaghi, che ha pubblicato di recente le raccolte I quaderni dell’aspettativa (2019) e Quello che restava da dire (2020).-Fonte –Blog Pane e Scorpioni-
L’ultimo scompartimento
“Quante stazioni dovremo passare
per ritornare di nuovo alla luce?”
chiede la signora che stringe la borsa
e la vita al grembo serrato
mentre dispensa sorrisi senza obiettivi,
sospesi a mezz’aria.
Viaggiamo tra palazzi periferici
che ci voltano coscienti le spalle
prima di venire inghiottiti dal buio ipogeo
tra le stazioni di Lancetti e porta Vittoria.
“La luce ci riaccoglierà
poco prima di giungere a destinazione”
vorrei rispondere
ma taccio nella consapevolezza
della soggettività di ogni mia risposta.
L’ultimo scompartimento del treno
è luogo riservato agli ultimi,
ai viaggiatori con biciclette moleste al seguito,
alle ombre senza biglietto da esibire,
rintanate nei cessi ad evitare il controllore
o tesi nel corpo in allerta a scrutare,
lungo il corridoio immisurabile,
l’arrivo della divisa che pretenderà
un compenso che non possono permettersi,
in bilico tra la sopravvivenza,
la rivolta
e la normalità anormale
di uomini dal destino segnato
e uomini senza neppure un destino
a cui affidare il peso del corpo nel viaggio.
C’è chi, guadagnato un precario posto nel mondo,
custodisce nella tasca la legittimità
di un biglietto obliterato
seduto sui sedili di chi non teme
il giudizio del controllore
e chi fugge la voce che pretende un biglietto
in una lingua non conosciuta
ma riconosciuta come lingua di una legge divina.
Io non so più quale sia
la giusta forma di comportamento,
vorrei scendere a ogni fermata non mia
(magari a Porta Garibaldi dalle tante alternative)
dimenticare il dovere della destinazione,
riscrivere una nuova storia da onorare.
Ma non lo faccio
per senso del dovere
mi limito a spiare fuori dal finestrino
le sagome e le ombre sotto i neon,
nel tempo sufficiente
a leggere un’ultima poesia
tra le stazioni di Forlanini e Segrate.
Chi resta si dia pace
Nelle viscere dell’ospedale vecchio di Garbagnate
spingiamo il letto medicale
verso il magazzino dell’economato.
Restituiamo il letto in comodato
e il dolore che vi è giaciuto
e la morte ospitata senza invito,
subita nella resa, lucidamente attesa.
Tornati a casa nell’espressione di rito
riapriremo le imposte alla luce
che entrerà senza cerimonie
ne cordoglio, ne vergogna.
Ritorneremo a un amore privo di rimorso,
a fischiettare cucinando il sugo,
ad ascoltare canzoni sceme alla radio
ad alto volume da una stanza all’altra,
malgrado la foto con lo sfondo di cielo
sistemata sulla mensola alta in soggiorno,
quotidiano arredo
su cui poseremo e toglieremo la polvere
per il resto dei giorni a venire.
Sei ancora sveglia?
Sei ancora sveglia? domando.
Sono ormai le due del mattino.
I sogni arrivano in punta di piedi,
approdano al respiro del tuo seno bianco
dopo avere percorso le strade di campagna
che ricuciono i lembi dei campi arati,
i quartieri addormentati
nelle ore sillabate, una ad una,
dalle donne che condividono l’attesa
con la ruggine fiorita
sulla ruota abbandonata nel cortile.
Alla mia domanda rispondi
con un sorriso silenzioso
e quel silenzio mostra
la bellezza capace
di far vacillare il mondo,
il mio buon senso,
i fogli bianchi
che dovrei stracciare
come si stracciano i sogni interrotti.
La finestra
Dalla parte in silenzio della strada
osservo la casa
(qualcuno direbbe la spio),
la finestra ancora illuminata,
il pudore tenue di una tenda bianca.
Dietro il vetro
ci sono io,
una mano a scostare la tenda.
Guardo fuori
l’uomo che dalla strada mi osserva
(qualcuno direbbe mi spia)
e forse mi somiglia.
Trattengo a stento un cenno di saluto
per timore di essere frainteso.
Giuseppe Carlo Airaghi è nato a Legnano nel 1966 e vive attualmente a Lainate, sempre in provincia di Milano.
Come racconta lui stesso, in passato è stato geometra, animatore di villaggi turistici, venditore di prodotti siderurgici e cantante di una band rock-blues. Sognava una carriera da ballerino ma la sua completa mancanza di coordinazione si è rivelata un ostacolo insormontabile. Attualmente lavora presso un’azienda di servizi, “cassa integrazione Covid-19 permettendo”.
Ha una moglie paziente e due figli recentemente usciti incolumi dall’adolescenza.
Sul comodino si ostina ad accumulare libri, che tenta di leggere contemporaneamente senza mai riuscire a terminarne uno.
Per una bibliografia dettagliata e le indicazioni per acquistare i suoi libri, consultate il profilo dell’autore.
Marcello Di Gianni-nasce il 2 aprile 1992 a Menziken, Svizzera.Qui trascorre i primi otto anni e frequenta la seconda elementare.In Italia riprende gli studi e si diploma presso l’Istituto Tecnico Industriale di Bisaccia (AV) nel 2012.Subito dopo ha cominciato a nutrire un elevato interesse nella lettura di centinaia di volumi riguardanti soprattutto classici della letteratura moderna e contemporanea spaziando in numerosi generi: poesia, narrativa, teatro, saggi filosofici e contestualmente inizia a comporre le prime poesie.Particolarmente graditi all’autore sono i poeti russi dell’epoca moderna e contemporanea e che hanno contribuito alla sua crescita culturale e di influenza poetica: Puskin, Blok, Mandel’štam,Cvetaeva, Lermontov, Pasternak, Esenin, Tjutcev, Majakovskij.Tra i suoi autori maggiormente apprezzati si annoverano: Kafka (di cui ha letto la quasi totalità delle opere), James Joyce, Dostoevskij, Tolstoj, Oscar Wilde.Fin dai primi anni, ha ottenuto il primo posto in prestigiosi Premi Letterari italiani a carattere nazionale e internazionale.Nel 2017 partecipa con quattro poesie al Premio “Montreal International Poetry Prize”, tra i premi letterari più importanti e rinomati a livello mondiale.E’ pubblicato su varie riviste letterarie nazionali e le sue poesie sono recensite da personaggi illustri della Letteratura Italiana.Le sue liriche confluiscono in tematiche accomunate da un leitmotiv di perenne ricerca ed espressione di stati d’animo intrisi di una profonda inquietudine velata da un senso di fitta consapevolezza delle sfaccettature della vita.E’ appassionato di Pittura, letteratura Russa, Filosofia, cinema, lingua tedesca, medicina. Ha iniziato la sua carriera quale membro di Giuria letteraria all’età di ventuno anni presso il Concorso Nazionale di Saggistica divulgativa a tema libero “C’è un argomento in cui sei esperto?” organizzato dal Comitato Culturale Orangita Books di Lecco. Alla I Edizione (2022) del Concorso letterario nazionale “Dania Musumeci” è stato Presidente di Giuria per la sezione Poesia. Successivamente è stato giurato presso altri e prestigiosi Premi Letterari e Filosofici principalmente per quanto riguarda la Poesia e la Narrativa e continua a esserlo regolarmente, assolvendo i suoi compiti sempre con spirito critico, obiettivo e coscienzioso. E’ socio dell’Associazione Professionisti Pratiche Filosofiche – A.P.P.F. e membro di giuria del relativo Prestigioso premio Nazionale di Filosofia “Le figure del Pensiero”, XVII edizione – 2023, sezione saggi inediti. Personalità del tutto indipendente e riservata, neutrale e imparziale nel suo modo di essere ed agire,anteponendo l’obiettività ed oggettività quale unici elementi di rilievo.
Paolo GENOVESI- Fotoreportage “TOFFIA in SABINA- Riviviamo il Centro Storico anno 2019”in 50 foto-
Breve storia della Pro-Loco di TOFFIA in Sabina (Rieti)
La Pro-Loco di TOFFIA è stata fondata nel 1982 e il primo presidente fu Ignazio LICATA. Fra gli Eventi più significativi e di maggior successo da lui organizzati, viene ricordata la “Sagra dell’Uva”, manifestazione che si realizzava nella prima domenica di ottobre di ogni anno. Al Presidente Licata va sicuramente il merito di aver ideato :”L’estemporanea di Pittura”, un evento culturale tra i più ricordati in Sabina e nei Cataloghi di moltissimi Artisti .Il borgo di Toffia e la magia dei suoi scorci , fu il soggetto e tema centrale per le Opere dei Pittori in concorso. Nel 1996, con il Sindaco Silvano Ferretti , la Pro-Loco ideò e realizzò, con l’aiuto di molti cittadini, la manifestazione :” Riviviamo il Centro Storico”. Questo evento estivo aveva luogo nel secondo weekend di luglio e si svolgeva nelle vie e nelle piazzette di Toffia. Il bellissimo e curato centro storico del Borgo era illuminato da torce e gli spazi e gli incroci di vie erano la perfetta e naturale scenografia per Recital di Poesie, performance teatrali e mostre di Opere di Artisti. L’Evento aveva come cornice le cantine aperte al pubblico e gli stand gastronomici. La Pro-Loco era parte attiva anche nella settimana che precedeva la Pasqua, organizzando e realizzando per il “Venerdì Santo” la rappresentazione della “Passione di Cristo”, che esprimeva al meglio la religiosità del popolo di Toffia ed era, sicuramente , uno degli eventi religiosi più suggestivi e partecipati della provincia di Rieti.
Castelnuovo di Farfa-Storia dimenticata di un premio letterario:”La Torre d’Argento”
Castelnuovo di Farfa- 12 dicembre 2021- Chissà se gli amministratori del nostro Castelnuovo si ricordano dello spirito che aveva “invaso” Castelnuovo o meglio imperversava per tutta la Sabina negli anni 70/80 del secolo breve. Parlo dello spirito della Cultura e dell’essere noi cittadini castelnuovesi presenti e protagonisti nella Sabina e del suo Rinascimento culturale. Nessuno avrebbe immaginato che un premio letterario che appena inventato così dal nulla sarebbe rimasto alla storia di Castelnuovo e della “Cultura sommersa” come uno degli eventi letterari tra i più significativi e innovativi della nostra Provincia .Nessuno di noi organizzatori immaginava come sarebbe andato il neonato premio Torre d’Argento ma andò tutto bene e, di riflesso, l’intera macchina organizzativa fu all’altezza dell’evento . Gli inviti e i comunicati stampa, così, partirono con gli indirizzi scritti a mano : lo confermano le lettere che ho ritrovato nel mio archivio, tra le quali spicca due libri con dedica che a 40anni di distanza danno lustro al nostro Castelnuovo . Nella prima edizione partecipò il Poeta Partigiano Dante Strona , oltre ad altri personaggi poi divenuti famosi come Maria Luisa Spaziani riconosciuta anni addietro dal Sindaco Mario Porfiri e altri ancora. Il primo vincitore fu il Prof. Mario Falaguerra di Rionero in Vulture, per la sezione premio giovani vinse Moreno Botti di Arezzo, divenuto,poi, famoso , specialmente in Svizzera e Australia, per aver pubblicato un saggio sulla Poesia scritta dagli emigranti italiani.
Chi era Dante Strona?
Dante Strona , nato a Biella nel 1923, ha preso parte alla lotta di Liberazione militando nelle file della XII Divisione Garibaldi <Nedo>, biellese. Dirigente sindacale sin dal 1945, si occupò per moltissimi anni, di studi e ricerche storiche e, preminentemente di storia della Resistenza antifascista. Fu critico storico-letterario, collaborò con Enti e Istituti Storici della Resistenza. La sua produzione letteraria è sparsa in riviste, pubblicazioni specializzate e in numerose antologie. Dante Strona ha pubblicato :”Come oro antico”-Poesie sulla Resistenza-Circolo di cultura politica” Giacomo Matteotti”, “Una stagione nel tempo”-Poesie sulla Resistenza-Istituto per la Storia della Resistenza-
Tutto –
una parola sfrontata e gonfia di boria.
Andrebbe scritta fra virgolette.
Finge di non tralasciare nulla,
di concentrare, includere, contenere e avere.
E invece è soltanto
un brandello di bufera.
Un amore felice
Un amore felice. È normale?
è serio? è utile?
Che se ne fa il mondo di due esseri
che non vedono il mondo?
Innalzati l’uno verso l’altro senza alcun merito,
i primi qualunque tra un milione, ma convinti
che doveva andare così – in premio di che? Di nulla;
la luce giunge da nessun luogo –
perché proprio su questi, e non su altri?
Ciò offende la giustizia? Sì.
Ciò offende i principi accumulati con cura?
Butta giù la morale dal piedistallo? Sì, infrange e butta giù.
Guardate i due felici:
se almeno dissimulassero un po’,
si fingessero depressi, confortando così gli amici!
Sentite come ridono – è un insulto.
In che lingua parlano – comprensibile all’apparenza.
E tutte quelle loro cerimonie, smancerie,
quei bizzarri doveri reciproci che s’inventano –
sembra un complotto contro l’umanità!
È difficile immaginare dove si finirebbe
se il loro esempio fosse imitabile.
Su cosa potrebbero contare religioni, poesie,
di che ci si ricorderebbe, a che si rinuncerebbe,
chi vorrebbe restare più nel cerchio?
Un amore felice. Ma è necessario?
Il tatto e la ragione impongono di tacerne
come d’uno scandalo nelle alte sfere della Vita.
Magnifici pargoli nascono senza il suo aiuto.
Mai e poi mai riuscirebbe a popolare la terra,
capita, in fondo, di rado.
Chi non conosce l’amore felice
dica pure che in nessun luogo esiste l’amore felice.
Con tale fede gli sarà più lieve vivere e morire.
Contributo alla statistica
Su cento persone:
che ne sanno sempre più degli altri
– cinquantadue;
insicuri a ogni passo
– quasi tutti gli altri;
pronti ad aiutare,
purché la cosa non duri molto
– ben quarantanove;
buoni sempre,
perché non sanno fare altrimenti
– quattro, be’, forse cinque;
propensi ad ammirare senza invidia
– diciotto;
viventi con la continua paura
di qualcuno o qualcosa
– settantasette;
dotati per la felicità,
– al massimo non più di venti;
innocui singolarmente,
che imbarbariscono nella folla
– di sicuro più della metà;
crudeli,
se costretti dalle circostanze
– è meglio non saperlo
neppure approssimativamente;
quelli col senno di poi
– non molti di più
di quelli col senno di prima;
che dalla vita prendono solo cose
– quaranta,
anche se vorrei sbagliarmi;
ripiegati, dolenti
e senza torcia nel buio
– ottantatré
prima o poi;
degni di compassione
– novantanove;
mortali
– cento su cento.
Numero al momento invariato.
Prospettiva
Si sono incrociati come estranei,
senza un gesto o una parola,
lei diretta al negozio,
lui alla sua auto.
Forse smarriti
O distratti
O immemori
Di essersi, per un breve attimo,
amati per sempre.
D’altronde nessuna garanzia
Che fossero loro.
Sì, forse, da lontano,
ma da vicino niente affatto.
Li ho visti dalla finestra
E chi guarda dall’alto
Sbaglia più facilmente.
Lei è sparita dietro la porta a vetri,
lui si è messo al volante
ed è partito in fretta.
Cioè, come se nulla fosse accaduto,
anche se è accaduto.
E io, solo per un istante
Certa di quel che ho visto,
cerco di persuadere Voi, Lettori,
con brevi versi occasionali
quanto triste è stato.
Ogni caso
Poteva accadere.
Doveva accadere.
È accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
È accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.
Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’attimo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì?
Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.
Amore a prima vista
Sono entrambi convinti
Che un sentimento improvviso li uni’.
E’ bella una tale certezza,
Ma l’incertezza e’ più bella.
Non conoscendosi prima, credono
Che non sia mai successo nulla fra loro.
Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
Dove da tempo potevano incrociarsi?
Vorrei chiedere loro
Se non ricordano –
Una volta un faccia a faccia
Forse in una porta girevole?
Uno “scusi” nella ressa?
Un “ha sbagliato numero” nella cornetta?
– ma conosco la risposta.
No, non ricordano.
Li stupirebbe molto sapere
Che già da parecchio
Il caso stava giocando con loro.
Non ancora del tutto pronto
A mutarsi per loro in destino,
Li avvicinava, li allontanava,
Gli tagliava la strada,
E soffocando una risata,
Si scansava con un salto.
Vi furono segni, segnali,
Che importa se indecifrabili.
Forse tre anni fa
O martedì scorso
Una fogliolina volo’ via
Da una spalla a un’altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, era forse la palla
Tra i cespugli dell’infanzia?
Vi furono maniglie e campanelli
Su cui anzitempo
Un tocco si posava sopra un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte, forse, lo stesso sogno
Subito confuso al risveglio.
Ogni inizio infatti
E’ solo un seguito
E il libro degli eventi
E’ sempre aperto a meta’.
Scrivere un curriculum
Che cos’è necessario?
È necessario scrivere una domanda,
e alla domanda allegare il curriculum.
A prescindere da quanto si è vissuto
è bene che il curriculum sia breve.
È d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e malcerti ricordi in date fisse.
Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.
Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenenza a un che, ma senza perché.
Onorificenze senza motivazione.
Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.
Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.
Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l’orecchio in vista.
È la sua forma che conta, non ciò che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta.
Disattenzione
Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare domande,
senza stupirmi di niente.
Ho svolto attività quotidiane,
come se ciò fosse tutto il dovuto.
Inspirazione, espirazione, un passo dopo
l’altro, incombenze,
ma senza un pensiero che andasse più in là
dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.
Il mondo avrebbe potuto essere preso per
un mondo folle,
e io l’ho preso solo per uso ordinario.
Nessun come e perché –
e da dove è saltato fuori uno così –
e a che gli servono tanti dettagli in movimento.
Ero come un chiodo piantato troppo in
superficie nel muro
(e qui un paragone che mi è mancato).
Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti
perfino nell’ambito ristretto d’un batter
d’occhio.
Su un tavolo più giovane da una mano d’un
giorno più giovane
il pane di ieri era tagliato diversamente.
Le nuvole erano come non mai e la pioggia
era come non mai,
poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.
La terra girava intorno al proprio asse,
ma già in uno spazio lasciato per sempre.
E’ durato 24 ore buone.
1440 minuti di occasioni.
86.400 secondi in visione.
Il savoir-vivre cosmico,
benché taccia sul nostro conto,
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal
e una partecipazione stupita a questo gioco
con regole ignote.
La stazione
Il mio arrivo nella città di N.
è avvenuto puntualmente.
Eri stato avvertito
con una lettera non spedita.
Hai fatto in tempo a non venire
all’ora prevista.
Il treno è arrivato sul terzo binario.
E’ scesa molta gente.
L’assenza della mia persona
si avviava verso l’uscita tra la folla.
Alcune donne mi hanno sostituito
frettolosamente
in quella fretta.
A una è corso incontro
qualcuno che non conoscevo,
ma lei lo ha riconosciuto
immediatamente.
Si sono scambiati
un bacio non nostro,
intanto si è perduta
una valigia non mia.
La stazione della città di N.
ha superato bene la prova
di esistenza oggettiva.
L’insieme restava al suo posto.
I particolari si muovevano
sui binari designati.
E’ avvenuto perfino
l’incontro fissato.
Fuori dalla portata
della nostra presenza.
Nel paradiso perduto
della probabilità.
Altrove.
Altrove.
Come risuonano queste piccole parole.
Ringraziamento
Devo molto
a quelli che non amo.
Il sollievo con cui accetto
che siano più vicini a un altro.
La gioia di non essere io
il lupo dei loro agnelli.
Mi sento in pace con loro
e in libertà con loro,
e questo l’amore non può darlo,
né riesce a toglierlo.
Non li aspetto
dalla porta alla finestra.
Paziente
quasi come una meridiana,
capisco
ciò che l’amore non capisce,
perdono
ciò che l’amore mai perdonerebbe.
Da un incontro a una lettera
passa non un’eternità,
ma solo qualche giorno o settimana.
I viaggi con loro vanno sempre bene,
i concerti sono ascoltati fino in fondo,
le cattedrali visitate,
i paesaggi nitidi.
E quando ci separano
sette monti e fiumi,
sono monti e fiumi
che trovi su ogni atlante.
È merito loro
se vivo in tre dimensioni,
in uno spazio non lirico e non retorico,
con un orizzonte vero, perché mobile.
Loro stessi non sanno
quanto portano nelle mani vuote.
«Non devo loro nulla» –
direbbe l’amore
sulla questione aperta.
Articolo di DANIELA ORIGLIA- Ogni piccola cosa è illuminata
Da divorare “Cianfrusaglie del passato” imponente biografia di Wislawa Szymborska: passioni, letture, politica,
Wislawa Szymborska era, è una poetessa contemporanea: grande, grandissima. I suoi versi sono semplici: piccole cose qualsiasi, una tazza, un gatto, un albero, un passante assumono una limpidezza, un’immediatezza che diventa rivelazione.
Non si compiace mai la Szymborska della sua bravura, ci mette sempre una battuta affilata, tagliente, ironica. Così azzeccata e insieme sorprendente, che aumenta la magia.
Si resta sconcertati dal fatto che si riesca oggi a dire qualcosa di nuovo e meraviglioso con quel che abbiamo sotto gli occhi, che viviamo ogni giorno. Un esempio per intenderci meglio:
Giorno afoso, una cuccia e un cane alla catena. Poco più in là una ciotola ricolma d’acqua. Ma la catena è corta e il cane non ci arriva. Aggiungiamo al quadretto ancora un elemento: le nostre molto più lunghe e meno visibili catene che ci fanno passare accanto disinvolti.
(Catene, in Basta così, 2012)
E’ quindi una gioia che finalmente venga tradotta la sua biografia, uscita in Polonia nel 1997, l’anno dopo dell’assegnazione del premio Nobel, perché di lei si sa poco. Era riservata, non amava le interviste, diceva: «Confidarsi in pubblico è come perdere l’anima. Qualcosa bisogna pur tenere per sé». Non si può disseminare tutto così, tutto quel che aveva da dire della sua vita era contenuto nelle sue poesie.
Eppure anche in Italia era molto amata, era diventata addirittura un fenomeno pop dopo che Roberto Saviano, nella trasmissione di Fabio Fazio, ne aveva fatto l’elogio funebre nel 2012. Così spiegava il successo della Szymborska: «Sono versi che si possono leggere senza bisogno di grandi mediazioni. Si capiscono bene e ti fanno stare meglio. Mi stanno arrivando in questi giorni migliaia di e-mail su Facebook che mi chiedono della poesia Curriculum».
La poesia che ha scatenato il popolo del social network racconta la frustrazione di ognuno a vedersi sintetizzata la propria vita nelle poche righe di un curriculum: Di tutti gli amori basta quello coniugale, e dei bambini solo quelli nati. Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu…
Il lavoro di ricerca e documentazione fatto da Anna Bikont e Joanna Szczęsna è immane e ricostruisce vita, abitudini, passioni, letture, posizioni politiche, tutto insomma quel che si può vedere dall’esterno; il suo spirito, il suo incantevole humor, la sua leggerezza ce li restituiscono solo le moltissime poesie, elzeviri, lettere, molti inediti, pubblicati nel libro.
Ancora una volta si capisce quanto i fatti della vita possano sì offrire spunti all’arte, ma poi l’arte è un’altra cosa, proprio come pensava Wistlawa. «In una poesia che parla dell’attesa di una telefonata dovrebbero essere presenti: Catone il Vecchio, un panino col burro e un maggiolino».
La poesia comincia dove finisce l’ovvietà, consigliava a un poeta dilettante dalla rubrica Posta, che ha tenuto dal 1960 al 1968, su Zycie Literackie, la rivista simbolo del disgelo polacco. Un esempio della sua elaborazione:
Ricordo bene quella paura infantile. Scansavo le pozzanghere, specie quelle recenti, dopo la pioggia. Dopotutto qualcuna poteva non avere fondo, benché sembrasse come le altre.
(La pozzanghera, in Attimo, 2002)
Il titolo stesso della biografia Cianfrusaglie del passato testimonia l’onestà intellettuale e la complicità delle autrici con la Szymbroska, si riferisce infatti alla sua passione per la collezione di immagini, piccoli oggetti di gusto Kitsch, che quanto più è pessimo tanto è migliore, vale a dire divertente.
Anche gli amici gliene portavano da ogni viaggio, insieme a biglietti, piccola testimonianza di un grande affetto. Con questi Wislawa faceva deliziosi collage-cartoline che mandava per occasioni speciali, mai per compleanni: troppo scontato.
Certe volte con allusioni comprensibili solo al destinatario, come quella con un Elefante accompagnato dalla scritta «Si vede subito che è polacco», ricevuta da Baranczak dopo che era uscita una sua ponderosa antologia di rifacimenti di classici intitolata Dio, la tromba e la patria.
Anna Bikont Joanna Szczęsna, Cianfrusaglie del passato. La vita di Wislawa Szymborska Adelphi, (pp 455, €28)
Biografia di Wisława Szymborska
Wisława Szymborska è stata una Poetessa polacca (Bnin, Poznań, 1923 – Cracovia 2012). Muovendo dall’osservazione del quotidiano, S. costruisce una poesia intellettuale e riflessiva, che s’interroga sulla condizione esistenziale dell’uomo contemporaneo, contrapposto ed estraneo al mondo della natura. Nel 1996 ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura e la sua produzione trova ampia diffusione anche in Italia.
Vita e opere
Dal 1931 si trasferì a Cracovia; è stata a lungo redattrice della rivista Życie literackie (“Vita letteraria”). Esordì con raccolte non estranee alla poetica del realismo socialista (Dla tego żyjemy “Per questo viviamo”, 1952; Pytania zadawane sobie “Domande poste a sé stessi”, 1954). In seguito la sua poesia si è andata liberando da ogni appartenenza a scuole e correnti letterarie, approfondendo un’amara e ironica visione dell’esistenza, e sviluppando uno stile personalissimo che unisce il rigore all’estrema levità dell’espressione. Dopo Wołanie do Yeti (1957; trad. it. Appello allo Yeti, 2005), che segna l’inizio di questa nuova stagione, la S. ha proseguito nelle raccolte successive una ricerca poetica nella quale riflessione filosofica e attenzione al dettaglio quotidiano si mescolano in un tono dimesso e lucido, privo di slanci retorici (Sól , 1957, trad. it. Sale, 2005; Sto pociech, 1967, trad. it. Uno spasso, 2003; Wszelki wypadek, 1972, trad. it. Ogni caso, 2003; Wielka liczba, 1976, trad. it. Grande numero, 2006; Ludzie na moście, 1986, trad. it. Gente sul ponte, 1996; Koniec i początek, 1993, trad. it. La fine e l’inizio, 1998). Accanto ai suoi versi, sono da ricordare i tre volumi di recensioni e articoli Lektury nadobowiązkowe (1973, 1981 e 1992, trad. it. Letture facoltative, 2006 ). Tra le pubblicazioni successive vanno ricordate: Widok z ziarnkiem piasku (1996; trad. it. Vista con granello di sabbia: poesie 1957-1993, 1998); Poczta literacka (2000; trad. it. Posta letteraria, 2002); Chwila (2002; trad. it. Attimo, 2004); Dwukropek (2005; trad. it. Due punti, 2006); Nowe lektury nadobowiązkowe 1997-2002 (2002; trad. it. Ok? Nuove letture facoltative, 2007). Postumi sono stati pubblicati la raccolta di versi Wystarczy (2012; trad. it. Basta così, 2012), alla quale la poetessa stava lavorando al momento della scomparsa, la raccolta di prose Wszystkie lektury nadobowiązkowe (2015; trad. it. Come vivere in un modo più confortevole, 2016) e il volume di lettere e cartoline scambiate tra il 1966 e il 1985 dalla scrittrice con il compagno K. Filipowicz Najlepiej w życiu ma twój kot. Listy (“Meglio di tutti sta il tuo gatto”, 2016). Fonte Enciclopedia TRECCANI online-
Biografia di Giorgia Meriggi è nata nel 1966 a Milano, dove si è laureata in filosofia con una tesi dal titolo Corpo, ragione, passioni nei romanzi libertini di D.A.F. de Sade. Con Stampa Alternativa ha pubblicato nel 2012 Comizi d’amore. Manuale di diseducazione sessuale, insieme a Paolo Pedote. Nel 2017 ha pubblicato per Marco Saya editore, nella collana Sottotraccia, il suo primo libro di versi, Riparare il viola. Una traduzione di alcune sue poesie in spagnolo è apparsa nel volume Di poesia e di psicoanalisi. L’indicibile sottratto al nulla, a cura di Eva Gerace, Città del Sole Edizioni, 2018.
Fotografia di proprietà dell’autrice.
-FONTE-
Le Poesie sono pubblicate dalla Rivista di Poesia «Avamposto»è uno spazio di ricerca, articolato in rubriche di approfondimento, che si propone di realizzare un dialogo vivo rivolto allo studio della poesia attraverso un approccio multidisciplinare, nella consapevolezza che una pluralità di prospettive sia maggiormente capace di restituirne la valenza, senza mai sfociare in atteggiamenti statici e gerarchizzanti. Ma «Avamposto» è anche un luogo di riflessione sulla crisi del linguaggio. L’obiettivo è interrogarne le ragioni, opponendo alla tirannia dell’immediatezza – e alla sciatteria con la quale viene spesso liquidata l’esperienza del verso – un’etica dello scavo e dello sforzo (nella parola, per la parola). Tramite l’esaltazione della lentezza e del diritto alla diversità, la rivista intende suggerire un’alternativa al ritmo fagocitante e all’omologazione culturale (e linguistica) del presente, promuovendo la scoperta di autori dimenticati o ritenuti, forse a torto, marginali, provando a rileggere poeti noti (talvolta prigionieri di luoghi comuni) e a vedere cosa si muove al di là della frontiera del già detto, per accogliere voci nuove con la curiosità e l’amore che questo tempo non riesce più a esprimere.
Contatti
Via Lupardini 4, 89121 Reggio Calabria (c/o Sergio Bertolino)
ROMA-Il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia è il Miglior Museo Italiano.
Consegnato ieri l’Archeological & Cultural Tourism Award
Lo scorso 26 Marzo 2023 a Firenze è stato consegnato, nell’ambito di tourismA, il Premio GIST ACTA, Archeological & Cultural Tourism Award, alla presenza del Presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, del Direttore di Toscana Promozione Turistica, Francesco Tapinassi e dell’ideatore della manifestazione tourismA, Piero Pruneti.
Il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia ottiene l’ambito riconoscimento come Miglior Museo Italiano per il rispetto, la valorizzazione, la fruizione e la comunicazione del suo patrimonio culturale.
Si tratta della prima edizione di un premio prestigioso, dedicato al turismo culturale e alle sue eccellenze internazionali, nato da un’idea di Clara Svanera, giornalista e referente progetti internazionali e turismo culturale di Toscana Promozione Turistica e sviluppato con Gist, il Gruppo Italiano Stampa Turistica, l’organismo che unisce giornalisti di viaggio, esperti di turismo, enogastronomia, cultura e tempo libero, presieduto da Sabrina Talarico.
“Nell’anno in cui celebriamo il centenario della morte del nostro fondatore, Felice Barnabei, per tutta la squadra di Villa Giulia, il premio GIST ha un valore immenso poiché costituisce un’ulteriore testimonianza di quanto il lavoro svolto e i risultati finora conseguiti dal Museo siano apprezzati. Abbiamo sempre fatto del dialogo con i territori e con i visitatori il valore aggiunto attorno a cui costruire le nostre strategie e questo riconoscimento conferma che la strada percorsa è lastricata di stima e fiducia. Riscontri come questi ci spronano ad andare avanti e a puntare a obiettivi e sfide sempre più ambiziose, non solo nel segno degli Etruschi, consapevoli dell’importanza e delle responsabilità che abbiamo come custodi di un patrimonio inestimabile per tutti gli Italiani”, afferma il Direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Valentino Nizzo.
I vincitori delle 4 categorie:
1) Miglior sito Unesco: Piazza dei Miracoli di Pisa per l’Italia, Hierapolis in Turchia per l’estero
2) Miglior sito archeologico: Populonia in Toscana per l’Italia, Cesarea Marittima in Israele per l’estero
3) Miglior museo: Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma per l’Italia, il Museo del Prado per l’estero
4) Miglior articolo: Raffaella Piovan per Bell’Italia (sul Museo Guarnacci) e Laura Rysman per New York Times (Jenny Saville)
Premio speciale all’attore Fabio Troiano, per la sua opera di divulgazione Bell’Italia in viaggio su La7.
In foto: il Direttore Valentino Nizzo riceve il Premio come Miglior Museo Italiano dalla giornalista e ideatrice del Premio, Clara Svanera. Presenti: Sabrina Talarico, Presidente di GIST e Francesco Tapinassi, Presidente di Toscana Promozione Turistica. Foto: Beppe Cabras
Questo sito usa i cookie per migliorare la tua esperienza. Chiudendo questo banner o comunque proseguendo la navigazione nel sito acconsenti all'uso dei cookie. Accetto/AcceptCookie Policy
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish.Accetto/AcceptCookie Policy
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.