Premio Nobel Isaac Bashevis Singer- “La famiglia Moskat” : ironia e guerra, morte e religione-
Longanesi Editore
“Alla mia destra è Michele. Alla mia sinistra è Raffaele. Davanti a me è Uriel.
Dietro di me è Gabriele. E sul mio capo la divina presenza di Dio.” Così accompagnata, la famiglia del vecchio patriarca Meshulam Moskat attraversa gli anni che dall’inizio del Novecento scendono fino alla seconda guerra mondiale e alla “soluzione finale” messa in atto dal regime nazista.
Ma il vero protagonista di questo possente romanzo è l’Ostjudentum, la società ebraico-orientale ? e in particolare quella di Varsavia ? con la sua complessa e densa cultura. Nel racconto di Singer le storie della decadenza parallela di una grande famiglia borghese e del suo mondo si tingono e si complicano delle particolarissime caratteristiche che una simile vicenda assume all’interno di una società “diversa”, che assiste al crollo della propria tradizione e della propria identità storica.
Breve biografia di Isaac Bashevis Singer nasce nel 1904 in un paese polacco che la guerra ha cancellato.PFiglio di un rabbino, comincia a scrivere a sedici anni in yiddish, un misto di antico ebraico e di lingue europee, e sempre in yiddish scrive i suoi romanzi, che un gruppo di fedeli collaboratori ha poi tradotto in inglese. Per sfuggire alle persecuzioni contro gli Ebrei, nel 1940 si è trasferito negli Stati Uniti dove muore nel 1991. Ha scritto una quantità di libri per i quali ha ricevuto il premio Nobel, e ha raccontato ai bambini di tutto il mondo le semplici, poetiche e umoristiche storie dei vecchi ghetti, conducendoli in un universo di favolosa saggezza
Biografia di Amarú Vanegas (Merida, Venezuela, 1977). Cittadina del ponte. Poeta, ingegnere, attrice e produttrice teatrale colombiano-venezuelana. Responsabile editoriale della rivista New York Poetry Review e curatrice della rivista messicana Ablucionistas. Master, ricercatrice e docente di Letteratura latinoamericana e caraibica. Fondatrice del Teatro Catharsis e Purpurá Poesia. Da 10 anni partecipa a raduni artistici in Argentina, Uruguay, Cile, Ecuador, Colombia, Venezuela, Messico ed Europa. Ha pubblicato: Mortis (monologo) e Criptofasia (racconto). Le sillogi: El canto del pez, Dioses proscritos, Añil, Cándido cuerpo mío, Fisuras, Fiebre y Ábaco. Ha vinto i premi: V Concorso di Racconti SttoryBox, Spagna (2016), Premio Internazionale di Poesia Candelario Obeso, Colombia (2016), Premio Internazionale di Poesia Alfonsina Storni, Spagna (2019), Premio Ediciones Embalaje Museo Rayo (2020) e finalista del Premio Internazionale di Poesia Pilar Fernández Labrador, Spagna, per due anni consecutivi (2021, 2022).
Traduzione di Antonio Nazzaro
OFFERTA
Oggi non ci sono agnelli in cammino verso l’altare.
Pallide, le bambine,
sfilano la loro sorda nudità
sul tappeto steso.
Nell’avanzare si sciolgono i capelli macchiati
da tinte multicolore Excellence Crème de L’Oréal.
Il verso proscritto
gli freme negli stomaci vuoti.
Si scuce la voce del clerico che,
adesso, alza il calice eucaristico.
Solo sulla luna alta della mezzanotte,
con la predica data a metà,
alzano le bambine gli occhi estasiati.
Davanti alla delizia di quei volti di cera
le concede dio il suo primo sguardo.
Inizia l’offerta di sangue fresco
dio battezza le sue recenti figlie.
Alla fine della cerimonia,
sfoggeranno le loro ali
i nuovi angeli di Victoria’s Secret.
*
OFRENDA
Hoy no hay corderos camino del altar.
Pálidas, las niñas,
desfilan su sorda desnudez
sobre la alfombra tendida.
En el avance se descuelgan sus cabellos manchados
de tintes multicolor Excellence Crème de L’Oréal.
El verso proscrito
les tiembla en los estómagos vacíos.
Se descose la voz del clérigo quién,
recién, alza la copa eucarística.
Sólo en la luna alta de la medianoche,
con la prédica servida a medias,
levantan las niñas sus ojos extasiados.
Ante la delicia de esos rostros de cera
les concede el dios su primera mirada.
Comienza la ofrenda de sangre fresca
el dios bautiza a sus nacientes hijas.
Al finalizar la ceremonia,
estrenarán sus alas
los nuevos ángeles de Victoria’s Secret.
*
IBRIDA
Non c’è fede.
Strofina la maschera e inginocchiati, apri bene le mia gambe.
Pulisci le tue maligne mani
prima di metterle nelle mie viscere
e non far caso ai lamenti.
Togli da lì i figli morti
che sono scoppiati alla frontiera.
Non li guardare, sono volti sacri che ti faranno polvere.
Adesso vattene
allontanati senza fermarti
che sei l’unico boia-testimone della mia agonia.
Ricorda che d’ora in poi ti vigilo.
Mi sono rimasti dei buchi sui seni dove c’erano i capezzoli
Ormai non c’è latte da offrire
solo sangue depravato, tossicomane.
Pongo ai piccoli mostri
che mi strapparono pancia sotto,
le teste purulenti.
Mi hanno smembrato sul monte.
Credo che qualcuno s’avvicina
sono sicura che qualcuno mi segue.
Tutto inizia a tremare, Sarò io che tremo?
La notte e una lingua di lucertola rasposa
che mi graffia le ferite,
lecca la mia caverna vuota,
lecca i figli morti.
Farfalle notturne appaiono
e tagliano con le ali come lamette.
Gusto il flagello,
sono Medea, assaporo il castigo.
Vedo un anello di morte,
mi seduce con il sesso aperto,
i pezzi del mio corpo sono liquefatti
e sparsi sul monte,
i corpi dei miei figli strappati a morsi.
Adesso siamo concime della montagna.
*
HÍBRIDA
No hay fe.
Frota la máscara y arrodíllate, separa bien mis piernas.
Limpia tus malignas manos
antes de meterlas en mi entraña
y no hagas caso de los quejidos.
Saca de ahí a los hijos muertos
que se estallaron en la frontera.
No los mires, son rostros sagrados que te harán polvo.
Ahora vete,
aléjate sin parar
que eres el único verdugo-testigo de mi agonía.
Recuerda que en adelante te vigilo.
Me quedaron agujeros en el pecho donde estaban los pezones.
Ya no hay leche que ofrecer
solo sangre depravada, toxicómana.
Tiendo a los pequeños monstruos
que me arrancaron boca abajo,
las cabezas purulentas.
Me han desmembrado en el cerro.
Creo que alguien se acerca,
estoy segura de que alguien me sigue.
Todo empieza a temblar, ¿seré yo la que tiembla?
La noche es una lengua de lagarto carrasposa
que me araña más la herida,
lame mi cueva vacía,
lame a los hijos muertos.
Mariposas nocturnas aparecen
y cortan con sus alas como hojillas.
Disfruto el azote,
soy Medea, saboreo el castigo.
Veo una argolla de muerte,
me seduce con su sexo abierto,
los trozos de mi cuerpo van siendo licuados
y esparcidos en el cerro,
los cuerpos de mis hijos arrancados a dentelladas.
Ahora somos abono de la montaña.
Da Dioses proscritos, premio internazionale di poesia Candelario Obeso, Colombia 2016
*
L’ORA
Aspettavo l’ora
e quest’incubo per immolarmi.
L’ora in cui gli uccelli
chiudevano gli occhi
e altri mondi si mischiavano con la mia ferita.
In quest’ora un bambino dalla bocca savia
– mio figlio morto –
non conosceva tutto il corpo
ogni plagio dei dolori
Allora i miei capezzoli
affondavano in una bocca più perversa
e indolente.
Ho conosciuto il piacere
e liberà ho abitato la chioma dell’albero.
Mi hanno chiamata strega
lanciarono il sale
e, al promettere il rogo,
temettero la mia risata.
Ma la risata era il freddo di una storia
che ormai non mi apparteneva.
*
LA HORA
Esperaba la hora
y esa pesadilla para inmolarme.
La hora en que los pájaros
cerraban sus ojos
y otros mundos se mezclaban con mi herida.
En esa hora un niño de boca sabia
─mi hijo muerto─
desconocía todo cuerpo,
todo plagio de dolores.
Entonces mis pezones
se hundían en una boca más perversa
e indolente.
Conocí el placer
y libre habité la copa del árbol.
Me llamaron bruja,
arrojaron la sal
y, prometiendo la hoguera,
temieron mi risa.
Pero la risa era el frío de una historia
que ya no me pertenecía.
Da Añil, Premio Internazionale di poesia Alfonsina Storni, Spagna, 2019
Biografia di Amarú Vanegas(Merida, Venezuela, 1977). Cittadina del ponte. Poeta, ingegnere, attrice e produttrice teatrale colombiano-venezuelana. Responsabile editoriale della rivista New York Poetry Review e curatrice della rivista messicana Ablucionistas. Master, ricercatrice e docente di Letteratura latinoamericana e caraibica. Fondatrice del Teatro Catharsis e Purpurá Poesia. Da 10 anni partecipa a raduni artistici in Argentina, Uruguay, Cile, Ecuador, Colombia, Venezuela, Messico ed Europa. Ha pubblicato: Mortis (monologo) e Criptofasia (racconto). Le sillogi: El canto del pez, Dioses proscritos, Añil, Cándido cuerpo mío, Fisuras, Fiebre y Ábaco. Ha vinto i premi: V Concorso di Racconti SttoryBox, Spagna (2016), Premio Internazionale di Poesia Candelario Obeso, Colombia (2016), Premio Internazionale di Poesia Alfonsina Storni, Spagna (2019), Premio Ediciones Embalaje Museo Rayo (2020) e finalista del Premio Internazionale di Poesia Pilar Fernández Labrador, Spagna, per due anni consecutivi (2021, 2022).
Traduzione di Antonio Nazzaro
Biblioteca DEA SABINA -La rivista «Atelier»
http://www.atelierpoesia.it
La rivista «Atelier» ha periodicità trimestrale (marzo, giugno, settembre, dicembre) e si occupa di letteratura contemporanea. Ha due redazioni: una che lavora per la rivista cartacea trimestrale e una che cura il sito Online e i suoi contenuti. Il nome (in origine “laboratorio dove si lavora il legno”) allude a un luogo di confronto e impegno operativo, aperto alla realtà. Si è distinta in questi anni, conquistandosi un posto preminente fra i periodici militanti, per il rigore critico e l’accurato scandaglio delle voci contemporanee. In particolare, si è resa levatrice di una generazione di poeti (si veda, per esempio, la pubblicazione dell’antologia L’Opera comune, la prima antologia dedicata ai poeti nati negli anni Settanta, cui hanno fatto seguito molte pubblicazioni analoghe). Si ricordano anche diversi numeri monografici: un Omaggio alla poesia contemporanea con i poeti italiani delle ultime generazioni (n. 10), gli atti di un convegno che ha radunato “la generazione dei nati negli anni Settanta” (La responsabilità della poesia, n. 24), un omaggio alla poesia europea con testi di poeti giovani e interventi di autori già affermati (Giovane poesia europea, n. 30), un’antologia di racconti di scrittori italiani emergenti (Racconti italiani, n. 38), un numero dedicato al tema “Poesia e conoscenza” (Che ne sanno i poeti?, n. 50).
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Grace Paley, quando la poesia è donna , poetessa americana
un tributo a una poetessa americana, morta il 22.8.2007.
Paolo Cognetti ne fa uno splendido ritratto:”L’ultimo libro di Grace Paley fu composto tra il 2000 e il 2007, mentre l’America eleggeva il suo presidente più fanatico e bellicoso – non c’era ancora Trump (nota della scrivente) , reagiva furente al trauma dell’11 settembre, invadeva l’Afghanistan e l’Iraq precipitando in un’epoca buia. Triste finale per una poetessa di ottant’anni, tutti spesi in una lotta appassionata contro le guerre, l’uso del petrolio e dell’energia nucleare, la violenza sulle donne e sul mondo. Ma non è che da vecchia si fosse ammorbidita, e le sue poesie lo testimoniano. Una volta, durante una festa del Ringraziamento, viene invitata a tenere un discorso ed esordisce in questo modo: Chiunque abbia raggiunto / gli ottant’anni rende grazie / all’Unico di turno e poi immediatamente comincia a protestare. Un’altra volta si celebra l’anniversario di una certa istituzione del Vermont, e lei ne approfitta per ricordare ai poeti (anche i più gentili) che vivono in un paese impegnato in una guerra ingiusta, e il loro ruolo è quello di salire sui carri e gridarlo forte. Quando un editore le propone di pubblicare i suoi diari, taccuini pieni di me, la risposta suona più o meno così: e come la mettiamo con le mine antiuomo?
Personale e politico si intrecciano nei suoi discorsi, nella sua poesia e nella sua vita. (…)«Scrivere di donne è un atto politico», disse. Ma il suo femminismo è impastato d’amore e di rabbia, è un viscerale stare dalla parte delle amiche. Come Catherine, morta di cancro ai polmoni perché il marito aveva fumato a letto per anni. O la donna incontrata sull’aereo per Chicago, allontanata dalla sua famiglia perché non riusciva a dimenticare una bambina appena nata e subito morta. O le amiche ormai scomparse e citate per nome, artiste, lavoratrici, attiviste politiche. We have one another: abbiamo solo noi stesse, ci prendiamo cura una dell’altra. Scrivere di donne è un atto politico perché significa prendersi cura di loro.
Personalmente, mi sono ritrovata a pensare da scrittrice perché avevo cominciato a vivere in mezzo alle donne. E la cosa sensazionale è che non le conoscevo, non sapevo chi fossero. Mentre avrei dovuto, con tutte le zie che avevo, giusto? Eppure non le conoscevo, e questa, secondo me, è l’origine di tanta letteratura. La letteratura non nasce da ciò che sappiamo, ma da ciò che non sappiamo. Ciò che ci incuriosisce. Che ci ossessiona. Che vogliamo conoscere.
Nella guerra non c’è nessuna ironia. Nemmeno nella morte, se è per questo. Lei le conosceva bene entrambe: aveva passato anni a fare avanti e indietro dalle basi militari, mentre il suo primo marito era soldato. Incontrò giovani mogli che presto sarebbero diventate vedove. Era convinta che la guerra fosse un gioco tra maschi, che ne soffrivano terribilmente ma non riuscivano a smettere di farla.
Nonostante fosse entrata nella storia della letteratura americana come scrittrice di racconti (studiati nelle università, inseriti in mille antologie, impossibili da copiare), la poesia era il suo primo amore, e alla fine decise di tornarci. Era un’urgenza di verità. Dopo tanto tempo dedicato alla narrativa, forse sentiva il bisogno di gettare le armi della finzione, spogliarsi dei personaggi-maschera e mostrarsi a viso scoperto. Qui non c’è più Faith, c’è Grace. La lingua si concentra, la frase si riduce a parola. Ma anche il lavoro di togliere, distillare, mettere a fuoco, può essere molto faticoso. Richiede pazienza e concentrazione. Ecco perché per tradurre una poesia / dal pensiero / all’inglese / serve tutta la notte. Di giorno è meglio andarsene nel bosco, portandosi una penna e un taccuino, e un pettine di emergenza nel caso che si alzi il vento.
Responsabilità
È responsabilità del mondo lasciare che il poeta sia poeta
È responsabilità del poeta essere donna
È responsabilità del poeta stare agli angoli delle strade
a distribuire poesie e volantini scritti
meravigliosamente
e anche volantini che non si possono guardare
per la loro retorica altisonante
È responsabilità del poeta essere pigro perdere tempo
e fare profezie
È responsabilità del poeta non pagare le tasse di guerra
È responsabilità del poeta entrare e uscire da torri d’avorio
bilocali su Avenue C
campi di grano saraceno e basi militari
È responsabilità del poeta uomo essere donna
È responsabilità del poeta donna essere donna
È responsabilità del poeta dire la verità al potente come
affermano i Quaccheri
È responsabilità del poeta imparare la verità da chi non
ha potere
È responsabilità del poeta ripetere sempre: non esiste
libertà senza giustizia cioè giustizia economica e
giustizia in amore
È responsabilità del poeta cantarlo su melodie originali e
su quelle tradizionali degli inni e dei poemi
È responsabilità del poeta ascoltare ogni diceria e
riportarla come i narratori diffondono la storia della vita
Non esiste libertà senza paura e senza coraggio non
esiste libertà a meno che terra e aria e acqua sopravvivano
e con loro sopravvivano i bambini
È responsabilità del poeta essere donna tenere d’occhio
il mondo e gridare come Cassandra, ma per essere
ascoltato questa volta.
Grazie a Dio non c’è nessun Dio
da “Fedeltà”
Grazie a Dio non c’è nessun Dio
o saremmo tutti perduti
se fosse Lui che ci fa gridare
di angoscia feroce di fronte alla tortura
all’odio tre o quattro volte per generazione
non ci sarebbe speranza e seppure Lui permettesse
alla pace di apparire allora un giorno grandi lastre
di pietra sotto i frutteti e il mare potrebbero
muoversi piano una contro l’altra terremoto
se fosse stato Lui a costruire così stretto il ponte
su cui siamo esortati a passare
senza paura mentre intorno a noi
i vecchi gli zoppi i maldestri i
bambini scalpitanti ruzzolano giù
e a volte vengono spinti nell’orrido
precipizio se fosse Lui certo saremmo perduti
se fosse Lui a offrire il libero arbitrio ma
solo ogni tanto strano dono
per un popolo che abbia appena distinto
la mano destra dalla sinistra
ma se siamo noi i responsabili con-
sideriamo il nostro assiduo amore uno per l’altro
perchè questo è il giorno d’oggi ora possiamo
guardarci negli occhi
a grande distanza questo è il tele-
fonico elettronico digitale giorno d’oggi
celebre per il denaro e la solitudine ma noi
abbiamo sconfitto Babele accettando parole
straniere in gloriose traduzioni se
sappiamo essere responsabili se siamo
diventati responsabili
l’Aternativa episodica del poeta
Stavo per scrivere una poesia
invece ho fatto una torta ci è voluto
più o meno lo stesso tempo
chiaro la torta era una stesura
definitiva una poesia avrebbe avuto
un po’ di strada da fare giorni e settimane e
parecchi fogli stropicciati
la torta aveva già una sua piccola
platea ciarlante che ruzzolava tra
camioncini e un’autopompa sul
pavimento della cucina
questa torta piacerà a tutti
avrà dentro mele e mirtilli rossi
albicocche secche tanti amici
diranno ma perchè diavolo
ne hai fatta una sola
questo non succede con le poesie
a causa di una inesprimibile
tristezza ho deciso di
dedicare la mattinata a un pubblico
ricettivo non voglio
aspettare una settimana un anno una
generazione che si presenti il
consumatore giusto
Avevo bisogno di parlare con mia sorella
da “Fedeltà”
Avevo bisogno di parlare con mia sorella
parlarle al telefono intendo
come facevo ogni mattina
e anche la sera quando i
nipotini dicevano qualcosa che
ci stringeva il cuore
Ho chiamato il suo telefono ha squillato quattro volte
potete immaginarmi trattenere il respiro poi
c’è stato un terribile rumore telefonico
una voce ha detto questo numero non è
più attivo che meraviglia ho
pensato posso
ancora chiamare non hanno assegnato
il suo numero a un’altra persona malgrado
due anni di assenza per morte.
Certe volte adesso quando dormo sola
da “Fedeltà”
Certe volte adesso quando dormo sola
mi do un’annusata
e mi chiedo in tuti questi anni è questo
l’odore che ti è stato familiare
e se è così ti piaceva davvero non
semnra gradevole tu stranamente
sudi poco per un uomo tanto attivo ma sai
di dolce quando ti abbraccio di questi tempi
(o tu abbracci me) o appoggio la testa sul tuo
cuscino nel letto so che sei tu
un delicato odore di camino e ti
respiro un po’ non sono sorpresa
ti ricordo sempre delizioso
PROVERBI
La rabbia di una persona andrebbe rispettata
anche quando non è condivisa
la gioia di una persona andrebbe condivisa
anche se non è compresa
una persona dovrebbe essere compresa anche se
ha aggrottato le sopracciglia
per la rabbia è poi di colpo è scoppiata a ridere
una persona dovrebbe essere innamorata quasi
sempre questo è l’ultimo proverbio
e può essere imparato da ogni organo
capace di reazione corporea
POESIA CONTRO L’AMORE
A volte non vorresti amare la persona che ami
e distogli la faccia da quella faccia
i cui occhi labbra potrebbero placare ogni rancore
cancellare l’insulto rubarti la tristezza di non voler
amare voltati allora voltati a colazione
di sera non alzare gli occhi dal giornale
per vedere quella faccia in tutta la sua serietà una
concentrata dolcezza lui tiene il suo libro
tra le mani le dita nodose intagliate
dall’inverno voltati è tutto quello che puoi
fare alla tua età per salvarti dall’amore
ALLORA
quando lei venne a prenderlo al traghetto
lui disse sei così pallida sciupata così
gracile issandosi sulle punte dei piedi
per arrivare al suo orecchio lei sussurrò
sono una donna anziana oh da allora
lui fu sempre gentile.
Avevo bisogno di parlare con mia sorella
Avevo bisogno di parlare con mia sorella
parlarle al telefono intendo
come facevo ogni mattina
e anche la sera quando i
nipotini dicevano qualcosa che
ci stringeva il cuore
Ho chiamato il suo telefono ha squillato quattro volte
potete immaginarmi trattenere il respiro poi
c’è stato un terribile rumore telefonico
una voce ha detto questo numero non è
più attivo che meraviglia ho
pensato posso
ancora chiamare non hanno assegnato
il suo numero a un’altra persona malgrado
due anni di assenza per morte.
Alternativa episodica del poeta
Stavo per scrivere una poesia
invece ho fatto una torta ci è voluto
più o meno lo stesso tempo
chiaro la torta era una stesura
definitiva una poesia avrebbe avuto
un po’ di strada da fare giorni e settimane e
parecchi fogli stropicciati
la torta aveva già una sua piccola
platea ciarlante che ruzzolava tra
camioncini e un’autopompa sul
pavimento della cucina
questa torta piacerà a tutti
avrà dentro mele e mirtilli rossi
albicocche secche tanti amici
diranno ma perchè diavolo
ne hai fatta una sola
questo non succede con le poesie
a causa di una inesprimibile
tristezza ho deciso di
dedicare la mattinata a un pubblico
ricettivo non voglio
aspettare una settimana un anno una
generazione che si presenti il
consumatore giusto
Nel giorno della sua nascita – 11 dicembre 1922 –un tributo a una poetessa americana, morta il 22.8.2007.
Nata da una famiglia ebrea di origine ucraina, Grace Paley è considerata una maestra delle short stories, dimostrando grande talento con la sua scarna carriera di scrittrice, 45 racconti in 40 anni per un totale di 370 pagine. Con tre raccolte di racconti, The Collected Stories, è stata finalista al Premio Pulitzer e al National Book Award nel 1994.[1][2] Autori come Philip Roth e Saul Bellow lodarono la singolarità della sua voce nella narrativa americana.
Al di là del suo lavoro come scrittrice e professoressa universitaria, Paley era un’attivista femminista e contro la guerra, descrivendosi come una “pacifista piuttosto combattiva e anarchica cooperativa”
Biografia
Grace Paley nacque a New York da Isaac e Manya Ridnyik Goodside, che avevano anglicizzato il cognome da “Gutseit” quando erano emigrati dall’Ucraina. Il padre era un dottore.[3] La famiglia parlava russo e yiddish, oltre all’inglese. La più giovane di tre bambini, Grace Paley da piccola era un maschiaccio. Nel 1938 e 1939 Paley frequentò l’Hunter College, e poi brevemente la The New School, ma non ricevette mai la laurea. Nei primi anni 40, Paley studiò con W. H. Auden alla New School for Social Research. L’interesse sociale di Auden e il suo uso pesante dell’ironia è spesso citato come un’influenza importante sui suoi primi lavori, in particolare le poesie.
Il 20 giugno 1942, Grace sposò il direttore della fotografia Jess Paley, dal quale ebbe due figli, Nora e Danny. In seguito divorziarono[4][5] e, nel 1972, Paley si risposò col poeta Robert Nichols. Insegnò al Sarah Lawrence College. Nel 1980 fu eletta alla National Academy of Arts and Letters; nel 1989, il governatore Mario Cuomo la nominò prima scrittrice ufficiale dello stato di New York. È stata il poeta laureato dal 5 marzo 2003 al 25 luglio 2007. È morta nella sua casa di Thetford a 84 anni a causa di un cancro al seno.[2] In una delle sue ultime interviste – nel maggio 2007 al giornale Vermont Woman – Paley espresse i suoi sogni per il futuro dei suoi nipoti: «sarebbe un mondo senza militarismo e razzismo e avidità, e dove le donne non hanno bisogno di combattere per il loro posto nel mondo».
Carriera accademica
Grace ha insegnato scrittura al Sarah Lawrence College dal 1966 al 1989, e ha aiutato a fondare la “Teachers & Writers Collaborative” a New York nel 1967. Ha anche insegnato alla Columbia University, alla Syracuse University e al City College of New York. Paley ha espresso la sua visione dell’insegnamento durante un simposio su “Educare l’immaginazione” nel 1996:
«La nostra idea era che i bambini, scrivendo, buttando giù parole, leggendo, iniziando ad amare la letteratura, con l’inventiva di ascoltarsi a vicenda, potessero iniziare a capire meglio il mondo e a crearne uno migliore per sé. Mi è sempre sembrata un’idea così naturale che non ho mai capito perché sono state necessarie così tanta aggressività e tempo per avviarla![6]»
Attivismo politico
Paley era nota per il suo pacifismo e attivismo politico.[2] La sua collega, attivista e femminista, Robin Morgan, ha descritto l’attivismo di Paley come ampiamente focalizzato sulla giustizia sociale: “Diritti civili, contro la guerra, contro il nucleare, femminista, qualunque cosa avesse bisogno di una rivoluzione”.[7] L’FBI la dichiarò comunista e conservò un fascicolo su di lei per trent’anni.[4]
A partire dagli anni ’50, Paley si unì agli amici nella protesta contro la proliferazione nucleare e la militarizzazione americana.[8][9][10] Lavorò anche con l'”American Friends Service Committee” per fondare gruppi pacifisti di quartiere,[11] aiutando a fondare il “Greenwich Village Peace Center” nel 1961.[12][13] Incontrò il suo secondo marito, Robert Nichols, attraverso il movimento pacifista contro la guerra del Vietnam.[14]
Con l’escalation della guerra del Vietnam, Paley si unì alla “War Resisters League”.[15] Venne arrestata in diverse occasioni, inclusa la permanenza di una settimana nella casa di detenzione femminile nel Greenwich Village.[16]) Nel 1968, firmò la promessa “Writers and Editors War Tax Protest”, promettendo di rifiutare il pagamento delle tasse in segno di protesta contro la guerra del Vietnam,[17][18] e nel 1969 divenne famosa a livello nazionale come attivista quando accompagnò una missione di pace ad Hanoi per negoziare il rilascio dei prigionieri di guerra.[19] Fu delegata alla Conferenza mondiale sulla pace del 1973 a Mosca[20][21] e venne arrestata nel 1978 come una degli “Undici della Casa Bianca” per aver srotolato uno striscione antinucleare con la scritta “Niente armi nucleari… Niente energia nucleare: USA e URSS” sul prato della Casa Bianca.[13] Negli anni ’80 Paley sostenne gli sforzi per migliorare i diritti umani e resistere all’intervento militare statunitense in America Centrale[22][23][24] e continuò a parlare apertamente nei suoi ultimi anni contro la guerra in Iraq.[12]
Tra le molte altre cause di Paley c’era il diritto all’aborto, parte del suo più ampio lavoro femminista. Organizzò una delle prime “dichiarazioni sull’aborto” negli anni ’60, dopo aver abortito lei stessa negli anni ’50 e aver lottato per averne un altro pochi anni dopo.[16]
Opere tradotte in italiano
Enormi cambiamenti all’ultimo momento. racconti (Enormous Changes at the Last Minute, 1974), traduzione di Marisa Caramella, Milano, La Tartaruga, 1982, p. 161.
Più tardi nel pomeriggio, traduzione di Laura Noulian, Prefazione di Fernanda Pivano, Milano, La Tartaruga, 1987, p. 181.
In autobus e altre poesie, a cura di C. Daniele, Edizioni Empiria Ass. Cult, 1993.
Piccoli contrattempi del vivere. Tutti i racconti, Torino, Einaudi, 2002, p. 368.
L’importanza di non capire tutto (Just as I Thought, 1998), Collana Einaudi Stile Libero, Torino, Einaudi, 2007, p. 276, ISBN978-88-0617-077-6. [miscellanea di articoli, ricordi autobiografici, conversazioni, saggi]
Fedeltà (Fidelity, 2008), traduzione di L. Brambilla e P. Cognetti, Prefazione di Paolo Cognetti. Con un ricordo di A.M. Homes, Minimum Fax, 2011, ISBN978-88-7521-305-3. [postumo]
Tutti i racconti (The Collected Stories, 1994), traduzione di I. Zani, Sur, 2018, ISBN978-88-6998-139-5.
Volevo scrivere una poesia, invece ho fatto una torta, (House: Some Instructions, 19?), prefazione di Paolo Cognetti.Trad.Isabella Zani e Paolo Cognetti, Sur, 2022 ISBN 978-88-699-8286-6
Ricezione italiana
Nel 2012 fu pubblicato un libro a lei dedicato L’arte di ascoltare. Parole e scrittura in Grace Paley, scritto da Annalucia Accardo, professoressa di Letteratura americana alla Sapienza Università di Roma (i suoi percorsi di ricerca e le sue pubblicazioni attraversano identità marginali e ribelli della cultura americana).
La Bucovina della nascita, l’America dell’emigrazione, la Romania del ritorno, la Germania dell’epilogo: in nessuna di queste terre Rose Ausländer (Czernowitz 1901 – Düsseldorf, 1988) riconosce la sua terra madre. Nel 1939 il suo primo volume di poesie, Der Regenbogen (L’arcobaleno), pubblicato per l’interessamento di Alfred Margul-Sperber.
Nel 1941, per sfuggire alla deportazione, si rifugia con la madre nel ghetto di Czernowitz. Lì incontra Paul Celan, la cui amicizia avrà grande influsso sullo stile della Ausländer, che riuscirà finalmente a liberarsi del suo tono classicheggiante ed espressionista.
Nella primavera del 1944 l’armata rossa marcia su Czernowitz e Rose Ausländer lascia di nuovo il paese alla volta dell’America, si stabilisce a New York. Le vessazioni e la dura vita di quegli anni di conflitto e persecuzione antisemita hanno sortiscono un influsso molto negativo sulla vita pubblica e privata della poetessa che, delusa dalla storia e turbata nella psiche, prende a scrivere in lingua inglese per tornare al tedesco solo nel 1956, un anno prima di incontrare nuovamente Paul Celan, a Parigi.
Il suo secondo volume di poesie Blinder Sommer viene pubblicato nel 1965, questa volta con grande successo. Nel 1966 Rose Ausländer ritorna in Germania e, pur non conoscendo la lingua italiana, si reca più volte in Italia, in particolar modo a Venezia, che la affascina per la sua atmosfera.
È la lingua tedesca, quella che non ha mai abbandonato – anche se nel periodo vissuto a New York scrive in inglese – la sua vera casa nonostante la miseria, nonostante la persecuzione (è di famiglia ebrea), nonostante la malattia fisica e psichica che la colpisce presto e che negli ultimi anni della sua vita la costringe a letto.
Nonostante tutto, Rose Ausländer è la poeta della speranza che canta, a voce bassa, la vita in tutta la sua bellezza e terribilità. Disse di sé: Mi scrivo nel nulla. «Esso mi conserverà per sempre.»
Stefanie Golisch, scrittrice e traduttrice è nata nel 1961 in Germania e vive dal 1988 in Italia. Ultime pubblicazioni in Italia: Luoghi incerti, 2010. Terrence Des Pres: Il sopravvivente. Anatomia della vita nei campi di morte. A cura di Adelmina Albini e Stefanie Golisch, 2013. Ferite. Storie di Berlino, 2014. Nove sue poesie sono presenti nella Antologia cura di Giorgio Linguaglossa Come è finita la guerra di Troia non ricordo (Roma, Progetto Cultura, 2016)
Paul Delvaux, Landscape with Lanterns, 1958
Bekenntnis
Ich bekenne mich
zur Erde und ihren
gefährlichen Geheimnissen
zu Regen Schnee
Baum und Berg
Zur mütterlichen mörderischen
Sonne zum Wasser und
seiner Flucht
zu Milch und Brot
zur Poesie
die das Märchen vom Menschen
spinnt
zum Menschen
bekenne ich mich
mit allen Worten
die mich erschaffen
Confessione
Confesso
la terra e i suoi
segreti pericolosi
pioggia neve
montagna albero
il sole materno assassino
l’acqua e
la sua fuga
latte e pane
la poesia
che ordisce la fiaba
dell’uomo
confesso
l’uomo
con tutte le parole
che mi creano
Versöhnung
Wieder ein Morgen
ohne Gespenster
im Tau funkelt der Regenbogen
als Zeichen der Versöhnung
Du darfst dich freuen
über den vollkommenen Bau der Rose
darfst dich im grünen Labyrinth
verlieren und wiederfinden
in klarerer Gestalt
Du darfst ein Mensch sein
arglos
Der Morgentraum erzählt dir
Märchen du darfst
die Dinge neu ordnen
Farben verteilen
und wieder
schön sagen
an diesem Morgen
du Schöpfer und Geschöpf
Riconciliazione
Ancora una mattina
senza spettri
nella rugiada scintilla l’arcobaleno
come segno di riconciliazione
Puoi gioire
della fattura perfetta della rosa,
puoi perderti nel verde labirinto
e ritrovarti
in una veste più chiara
Puoi essere umano
senza sospetto
Il sogno mattutino ti racconta
favole tu puoi
riordinare le cose
spargere colori
e dire ancora
bello
stamani
tu creatore e creato
Mutterland
Mein Vaterland ist tot
sie haben es begraben
im Feuer
Ich lebe
in meinem Mutterland
Wort
Patria madre
La mia patria è morta
l’hanno seppellita
nel fuoco
Io vivo
nella mia patria madre
parola
rose-auslander
Nicht fertig werden
Die Herzschläge nicht zählen
Delphine tanzen lassen
Länder aufstöbern
aus Worten Welten rufen
horchen was Bach
zu sagen hat
Tolstoi bewundern
sich freuen
trauernd
höher leben
tiefer leben
noch und noch
nicht fertig werden
. Non finire
Non contare i battiti del cuore
fare danzare i delfini
scoprire paesi
dalle parole chiamare mondi
ascoltare quello
che Bach ha da dire
ammirare Tolstoj
gioire
tristemente
vivere più in alto
vivere più in basso
ancora e ancora
non finire
. Nachtzauber
Der Mond errötet
Kühle durchweht die Nacht
am Himmel
Zauberstrahlen aus Kristall
. Ein Poem besucht den Dichter
Ein stiller Gott
schenkt Schlaf
eine verirrte Lerche
singt im Traum
auch Fische singen mit
denn es ist Brauch
in solcher Nacht
Unmögliches zu tun
Magia notturna
La luna arrossisce
l’aria fresca attraversa la notte
nel cielo
raggi magici di cristallo
Una poesia fa visita a un poeta
Un dio silenzioso
dona il sonno
una allodola smarrita
canta nel sogno
anche i pesci cantano insieme
perché si usa
fare cose impossibili
in una notte come questa
. Noch bist du da
Wirf deine Angst
in die Luft
Bald
ist deine Zeit um
bald
wächst der Himmel
unter dem Gras
fallen deine Träume
ins Nirgends
Noch
duftet die Nelke
singt die Drossel
noch darfst du lieben
Worte verschenken
noch bist du da
Sei was du bist
Gib was du hast
. Ancora ci sei
Butta la tua paura
nell’aria
Presto
il tuo tempo finirà
presto
il cielo crescerà
sotto l’erba
i tuoi sogni
cadranno nel nulla
Ancora
profuma il garofano
canta il tordo
ancora puoi amare
regalare parole
ancora ci sei
sii ciò che sei
dai ciò che hai
*
Neue Zeichen
brennen
am Firmament
doch
sie zu deuten
kommt kein Seher
und
meine Toten
schweigen tief
*
Nuovi segni
bruciano
al firmamento
ma
non c’è veggente
per interpretarli
e
i miei morti
tacciono profondamente
Das Weißeste
Nicht Schnee
Weißer die Zeichen
die der Einsiedler
auf die Tafel der Einsamkeit
schreibt
Das Weißeste
Zeit
. Il più bianco
Non la neve
Più bianchi i segni
che l’eremita
scrive sulla tavola
della solitudine
Il più bianco
il tempo
Wer
Wer wird sich meiner erinnern
wenn ich gehe
Nicht die Spatzen
die ich füttere
nicht die Pappeln
vor meinem Fenster
der Nordpark nicht
mein grüner Nachbar
Meine Freunde werden
ein Stündchen traurig sein
und mich vergessen
Ich werde ruhen
im Leib der Erde
sie wird mich verwandeln
und vergessen
Chi
Chi si ricorderà di me
quando me ne andrò
Non i passeri
che cibo
non i pioppi
davanti alla mia finestra
non il parco nord
mio verde vicino
I miei amici saranno
tristi per un’oretta
e mi dimenticheranno
Riposerò
nel grembo della terra
mi trasformerà
mi dimenticherà
Hoffnung II
Wer hofft
ist jung
Wer könnte atmen
ohne Hoffnung
daß auch in Zukunft
Rosen sich öffnen
ein Liebeswort
die Angst überlebt
. Speranza II
Chi spera
è giovane
Chi potrebbe respirare
senza la speranza
che anche in futuro
le rose si apriranno
una parola d’amore
sopravvivrà la paura
rose-auslander
Gib mir
Gib mir
den Blick
auf das Bild
unsrer Zeit
Gib mir
Worte
es nachzubilden
Worte
stark
wie der Atem
der Erde
. Dammi
Dammi
lo sguardo
sull’immagine
del nostro tempo
Dammi
le parole
per riprodurlo
Parole
forti
come il respiro
della terra
.
Wo sich verbergen
Wo
wenn der Regen abspringt
von schmutzigen Ziegeln
wo
wenn der Damm reißt im
Gedächtnis und die
gestauten Wasser hervorbrechen
wo
sich verbergen
wenn sie dich anfallen
ungestüm
und sich verbünden mit
stürzenden Himmeln
.
Dove nascondersi
Dove
quando la pioggia
si stacca dalle tegole sporche
dove
quando la diga si rompe nella
memoria e le acque stivate
irrompono
dove
nascondersi
quando ti assaltano
impetuosi
e s’uniscono con
i cieli cadenti
rose-auslander
Denn
Denn ich hab dir
nichts versprochen
nur den Docht für die Lampe
und das Kännchen Öl
für gedämpftes Licht
auf dem Tisch
mit den Blutflecken
Den Teppich
kann ich nicht weben
mit diesen Fäden aus Draht
Sag nicht Gute Nacht
die Nacht ist nicht gut
die fremde vergessliche Nacht
Poiché
Poiché non ti ho
promesso nulla
solo lo stoppino per la lampada
e il bricco d’olio
per una luce bassa
sul tavolo
macchiato di sangue
Non posso tessere
il tappeto
con questi fili di ferro
Non dire Buona notte
la notte non è buona
notte estranea senza memoria
Raum II
Noch ist Raum
für ein Gedicht
Noch ist das Gedicht
ein Raum
wo man atmen kann
Stanza II
Ancora c´è spazio
per una poesia
Ancora la poesia
è uno spazio
dove si può respirare
Weil
du ein Mensch bist
weil
ein Mensch eine Muschel ist
die manchmal tönt
weil
du in mir tönst
als wär ich eine Muschel
weil
wir uns kennen
ohne Namen und Samen
weil
das Wort Welle ist
weil
du Wort und Welle bist
weil
wir strömen
weil
wir manchmal
zusammenströmen
Wort Welle Muschel Mensch
. Perché
tu sei un uomo
perché
un uomo è una conchiglia
che a volte suona
perché
tu suoni in me
come se fossi una conchiglia
perché
ci conosciamo
senza nome né seme
perché
la parola è onda
perché
tu sei parola e onda
perché
noi scorriamo
perché
a volte scorriamo
insieme
parola onda conchiglia uomo
Hoffnung IV
Mein
aus der Verzweiflung
geborenes Wort
aus der verzweifelten Hoffnung
daß Dichten
noch möglich sei
. Speranza IV
La mia parola
nata dalla
disperazione
dalla disperata speranza
che è ancora possibile
fare poesia
. Bukowina II
Landschaft die mich
erfand
wasserarmig
waldhaarig
die Heidelbeerhügel
honigschwarz
Viersprachig verbrüderte
Lieder
in entzweiter Zeit
Aufgelöst
strömen die Jahre
ans verflossene Ufer
. Bukovina II
Paesaggio che mi
inventò
braccia di acqua
capelli di bosco
le colline di mirtilli
nere di miele
Canzoni fratelli
in quattro lingue
in tempi disuniti
Dissolti
scorrono gli anni
alla riva di una volta
. Dichten
Sieben Höllen
durchwandern
Der Himmel sieht
es gern
geh sagt er
du hast nichts
zu verlieren
Fare poesia
Attraversare
sette inferni
Il cielo
è d’accordo
vai dice
non hai nulla
da perdere
Stefanie Golisch, scrittrice e traduttrice è nata nel 1961 in Germania e vive dal 1988 in Italia. Ultime pubblicazioni in Italia: Luoghi incerti, 2010. Terrence Des Pres: Il sopravvivente. Anatomia della vita nei campi di morte. A cura di Adelmina Albini e Stefanie Golisch, 2013. Ferite. Storie di Berlino, 2014. Nove sue poesie sono presenti nella Antologia cura di Giorgio Linguaglossa Come è finita la guerra di Troia non ricordo (Roma, Progetto Cultura, 2016)
Gabriele D’Annunzio nacque a Pescara nel 1863 ed è stato uno scrittore, un poeta, Gabriele D’Annunzio un drammaturgo ma anche un militare e politico italiano.
Fu l’inventore della frase “vivere inimitabile” ed è proprio questo il modo in cui ha cercato di vivere la propria vita fin dalla più giovane età. Fin da subito mostrò un grande interesse per la letteratura, tanto da pubblicare la sua prima raccolta di poesie negli anni in cui frequentava il collegio. Questa raccolta prende il nome di Primo Vere e ne affronteremo una poesia nei paragrafi successivi.
Quando pubblicò quest’opera aveva soltanto sedici anni e questa potremmo dire che segnò il suo avvenire nel mondo letterario di quegli anni. Si iscrisse poi alla facoltà di Lettere a Roma, anche se non porterà mai a termine i suoi studi.
Quel periodo trascorso nella grande città, però, gli fu comunque utile per approfondire i suoi interessi nel giornalismo e per la frequentazione di vari salotti letterari che lo avviarono alla vita mondana. Cominciarono in quegli anni le sue storie d’amore e le sue storie di vita sregolata, tutte con l’obiettivo di vivere una vita degna di essere vissuta al massimo.
Proprio per questo è considerato il padre dell’Estetismo: la sua dottrina del vivere inimitabile si diffonde non soltanto al suo modo di vivere la sua vita, ma anche nelle opere che scrive in quel periodo. Pubblicò Il Piacere, che divenne il simbolo dell’estetismo stesso che, appunto, si impone non soltanto come un vero e proprio movimento letterario ma anche come un modo di vivere la vita.
La sua vita sregolata e dedita al piacere a Roma comporta lo sviluppo di diversi debiti, per fuggire dai quali si trasferì a Venezia dove conobbe il suo grande amore, Eleonora Duse, che diventerà la sua musa ispiratrice.
In questo periodo entrò in contatto con la dottrina di Nietzsche del superuomo, che appare del tutto in linea con la sua dottrina dell’estetismo: si tratta di un uomo che rifiuta le convenzioni sociali, che è uno spirito libero e che non accetta alcun tipo di costrizione data dalla società.
Fu un aperto sostenitore della Prima Guerra Mondiale e si batté affinché il paese vi prendesse parte. Infatti, lui stesso partecipò alle battaglie, anche se perse la vista da un occhio a causa delle ferite riportate. In questo periodo scrisse un’opera intitolata Il Notturno, che racconta proprio della perdita della vista e del periodo di guarigione successivo.
Dopo la guerra, con l’arrivo in Italia della politica mussoliniana, si ritirò dalla vita politica e passò gli ultimi anni in ritiro, all’interno di quello che successivamente diventerà Il Vittoriale degli Italiani, costruito a partire dal 1921 da lui stesso con l’aiuto dell’architetto Gian Carlo Maroni.
Franca Valeri, pseudonimo di Franca Norsa, aveva nell’albero genealogico della famiglia la presenza di un’attrice, vissuta nel XVIII secolo, di nome Fanny Norsa.Franca Valeri appassionata di recitazione fin da piccola, imitatrice delle amiche della madre, Franca cresce apprendendo, su invito del padre (il quale le regala spesso dischi a 78 giri di Ettore Petrolini), l’inglese e il francese e frequentando, grazie a entrambi i genitori spesso ospiti in un palchetto di amici, il teatro alla Scala, appassionandosi così all’opera. Vive inoltre a Riccione, Venezia e la Svizzera per le lunghe vacanze estive[5]. Dopo un periodo vissuto in un appartamento in via della Spiga, i Norsa nel 1935 si trasferiscono nella signorile via Mozart.
Franca frequenta il Regio Liceo Ginnasio Giuseppe Parini nella sezione C, l’unica in cui venga insegnata la lingua inglese. Sua compagna di classe e amica in quel periodo è Silvana Mauri[8], futura moglie di Ottiero Ottieri e nipote di Valentino Bompiani, il quale, trasferitosi a Milano in quegli anni, aveva fondato la casa editrice Bompiani.
Franca adolescente inizia recitando caricature in compagnia di alcune amiche: con loro inscena una specie di teatrino ad uso e consumo di amici e parenti. Nasce in questo contesto il personaggio della Signorina Snob (che stigmatizzava con sagacia e ironia i comportamenti ipocriti della borghesia milanese, cui lei stessa appartiene).
Le leggi razziali fasciste del 1938 privano la famiglia dei diritti fondamentali e Franca si trova, per di più, a dover rinunciare anche alle affezionate domestiche. Espulsa dal Parini all’ultimo anno, riesce ad iscriversi da privatista, senza destare sospetti, al Regio Liceo – Ginnasio Alessandro Manzoni.
Il periodo più buio arriva dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Il padre e il fratello trovano rifugio in Svizzera. Franca, rimasta a Milano con la madre, sopravvive alle deportazioni grazie a un impiegato dell’anagrafe, il quale le rilascia una carta d’identità falsa, che la trasforma nella figlia illegittima di sua madre Cecilia Pernetta, nata a Pavia come quest’ultima e non a Milano. Lei e la madre lasciano l’appartamento di via Mozart ad alcune persone ricercate e si trasferiscono in Brianza, poi in una località sopra Lecco, per tornare infine a Milano, nascoste in una casa di ringhiera bombardata, di proprietà di amici, in via Rovello. Per passare il tempo legge Marcel Proust, nei libri Gallimard in lingua originale posseduti da suo padre, il quale aveva studiato alla Sorbona.
Nel 1944, ospitata a Roma da una cugina del padre, si presenta all’audizione per l’ingresso all’Accademia nazionale d’arte drammatica, assieme a Tino Buazzelli. Recita un brano da Le mosche, di Jean-Paul Sartre, ma Silvio D’Amico, Wanda Capodaglio e Orazio Costa, affamati e di fretta, prendono Buazzelli e respingono lei. Franca non si dà per vinta, e, complice la cugina, fa credere ai suoi di frequentare l’accademia; nel frattempo riesce a recitare e a fare cabaret, divenendo amica di Ennio Flaiano e Nicola Ciarletta. Domenica 29 aprile 1945 è a Milano ed assiste all’esposizione del Duce Benito Mussolini, Claretta Petacci e gerarchi a piazzale Loreto, avendo la sensazione di assistere a un giudizio universale.
Esordi
Nel 1946 debutta ufficialmente a teatro nel ruolo di una sarta, in una commedia della compagnia di Ernesto Calindri, in scena al Teatro Olimpia, in Foro Buonaparte. Nel 1947 si fa notare con il personaggio di Lea Lebowitz, una ebrea innamorata del rabbino, in un lavoro teatrale di Alessandro Fersen. Accetta poi di interpretare il cane bassotto del signor Bonaventura, per poter recitare con Sergio Tofano. In seguito entra a far parte della compagnia del Teatro dei Gobbi, nella quale esordisce nel 1949. Il nome d’arte Franca Valeri viene scelto solo più tardi, nei primi anni cinquanta, su suggerimento dell’amica Silvana Mauri, che in quel periodo stava leggendo un libro del poeta Paul Valéry, e su spinta del padre ingegnere che non era convinto della carriera d’attrice della figlia.
La compagnia del Teatro dei Gobbi, formata da Alberto Bonucci (più tardi sostituito da Luciano Salce. Vittorio Caprioli (conosciuto a Roma e ritrovato a Milano in una rivista di Marisa Maresca) e Franca Valeri, si trasferisce a Parigi portando in scena i Carnet de notes n. 1 (1949) e Carnet de notes n. 2 (1950), opere che propongono una serie di sketch satirici sulla società contemporanea senza ausilio di scene e costumi.
La compagnia sceglie infatti una formula teatrale che non prevede alcun travestimento: gli attori non indossano costumi per caratterizzare uno o l’altro personaggio, ma si presentano così come sono al naturale, in modo che il personaggio sia una invenzione del momento e che scaturisca “come dal cappello di un prestigiatore”.
A Parigi la compagnia si esibisce in un teatrino del quartiere latino, vicino al teatro dei Pitöeff, condividendo la serata con un’altra coppia di artisti: Raymond Devos e Marcel Marceau e utilizzando scene dipinte da Lila De Nobili.
Anni cinquanta
Durante gli anni cinquanta, la Valeri intraprende l’attività di attrice cinematografica: esordisce con Federico Fellini, il primo film al quale prende parte è infatti Luci del varietà, codiretto dal regista riminese assieme ad Alberto Lattuada, nel quale interpreta la piccola parte della coreografa ungherese che allestisce un balletto surreale nel nuovo spettacolo di Checco Dalmonte (Peppino De Filippo). Farà seguito una lunga serie di commedie, spesso al fianco di Alberto Sordi o di Totò, tra cui Totò a colori (1952), Piccola posta (1955), Il segno di Venere (1955), Il bigamo (1956), Arrangiatevi! (1959), Il vedovo (1959).
Nel 1950 Colette Rosselli e Indro Montanelli si trovano a Parigi, dove va in scena proprio il Carnet de notes n. 2. Montanelli e la Rosselli sono amici della Valeri e sostenitori dello spettacolo. Nasce così in quel periodo la collaborazione tra la Valeri e la Rosselli, che le porterà a realizzare congiuntamente il libro, fortemente sostenuto dallo stesso Montanelli, Il diario della Signorina snob, pubblicato nel 1951 dalla Mondadori. Il volume è frutto della celebrità ottenuta dal personaggio della “signorina snob” alla radio, alla fine degli anni quaranta. Il diario della Signorina Snob racconta, in forma di diario, un anno della vita di questo personaggio, tracciandone la vita quotidiana, le frequentazioni, le vacanze. Ogni pagina del diario è illustrata dalle tavole della Rosselli.
Anni sessanta
Negli anni sessanta viene diretta dal marito Vittorio Caprioli in alcune commedie a colori, di cui è anche coautrice della sceneggiatura: Leoni al sole (1961), Parigi o cara (1962) e Scusi, facciamo l’amore? (1967).
Franca Valeri è colonna portante del varietà televisivo dagli anni sessanta, spesso diretta da Antonello Falqui in trasmissioni come Le divine (1959), Studio Uno (1966) e Sabato sera (1967), gli ultimi due condotti da Mina e diretti da Antonello Falqui.
Le pellicole che la vedono protagonista sono poche e per la maggior parte scritte da lei e dirette da Caprioli. In Parigi o cara al personaggio di Delia Nesti è affidato il ruolo di reggere da sola l’intera costruzione del film, circondato da personaggi tutti di secondo piano.
Franca Valeri inoltre non si è dedicata molto al doppiaggio, tuttavia è rimasto un suo doppiaggio dell’attrice francese Simone Signoret nel film Confetti al pepe del 1963.
Durante gli anni sessanta, Franca Valeri pubblica una serie di dischi nei quali vengono registrati i suoi personaggi femminili. La serie di dischi viene pubblicata dalla casa discografica EMI – La voce del padrone. Nascono così gli album Le donne di Franca Valeri (1962, con lo stesso titolo verrà pubblicato anche un EP 7″ contenente un brano inedito rispetto all’album), Una serata con Franca Valeri (1965) e La signora Cecioni e le altre (1968). Negli album ogni traccia racchiude un breve monologo dei personaggi più celebri e conosciuti di Franca Valeri, attraverso la radio e la televisione. Al successo televisivo si deve infatti l’album La signora Cecioni e le altre del 1968, che dedica tutta la prima facciata al personaggio della signora Cecioni, una romana popolana sempre al telefono con mammà, divenuta celebre grazie alle trasmissioni, dirette da Antonello Falqui, Studio Uno (1966) e Sabato sera (1967).
Anni settanta
Le ultime apparizioni cinematografiche di Franca Valeri sono da posizionare tra gli anni settanta e gli anni ottanta, quando figura in alcune pellicole minori che fanno parte degli ultimi fuochi della commedia all’italiana, tra le tante: Basta guardarla di Luciano Salce (1970), Ettore lo fusto (1972), Ultimo tango a Zagarol (1973), La signora gioca bene a scopa? (1974).
Durante gli anni settanta partecipa alla fertile stagione degli sceneggiati televisivi della Rai. Diviene molto amica di persone di teatro, come Nora Ricci, con la quale reciterà negli sceneggiati Rai Nel mondo di Alice e Sì, vendetta…, entrambi del 1974, e Giuseppe Patroni Griffi. Nel 1974 scrive e interpreta la miniserie in quattro puntate Sì, vendetta…, diretta da Mario Ferrero. La vicenda è una riflessione sul mondo degli anni settanta e sui cambiamenti avvenuti in seno alla società italiana in conseguenza alla rivoluzione sessuale, vissuta attravers o gli occhi di una signora borghese e della di lei figlia hippy. Ogni episodio infatti affronta un argomento diverso (l’emancipazione dei ragazzi italiani, il femminismo, il rapporto della borghesia con le mode dei giovani, ecc.), attraverso personaggi femminili, in parte già affrontati precedentemente da Franca Valeri nei suoi sketch: ad esempio l’episodio nel quale Sandra Mondaini interpreta la ricca signora che ha votato la sua esistenza alle stravaganze del mondo dell’arte, riecheggia il personaggio della traccia La donna del mondo hippy, presente nell’album La signora Cecioni e le altre, del 1968, che vuole convincere il marito ad indossare abiti stravaganti per non sfigurare alla festa che lei sta organizzando. Sempre nel 1974 Franca Valeri prende parte allo sceneggiato Nel mondo di Alice, diretto da Guido Stagnaro e interpretato da Milena Vukotic (Alice).
Il 12 giugno 1978, su Rete2 viene mandato in onda lo speciale Bistecca, insalatina, del programma di Claudio Barbati e Francesco Bortolini, Videosera. Franca Valeri fa da conduttrice intervistando vari personaggi celebri sul tema dell’alimentazione e delle diete dimagranti. Tra gli altri vengono intervistati Agostina Belli, Margherita Boniver e Maurizio Costanzo
Anni ottanta e novanta
Nel 1982 è nuovamente in TV nel varietà di Enzo Trapani Due di tutto.
Dal 1989 fino al 1993 nell’ampio spazio all’aperto del Museo della civiltà romana, vengono organizzate e prodotte le stagioni Eurmuse dal regista Massimiliano Terzo in collaborazione con Franca Valeri, grande appassionata di opere liriche, e il direttore d’orchestra Maurizio Rinaldi; Eurmuse ebbe risonanza a livello internazionale. Durante questa manifestazione Franca Valeri cura la regia nelle opere: Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini e Rigoletto di Giuseppe Verdi.
Nel 1993, dopo un’assenza di circa un decennio, riappare sugli schermi televisivi partecipando alla trasmissione Magazine 3, in onda su Raitre.[17] Nel 1995 ritorna a recitare per la fiction, partecipando alla sit-com Norma e Felice accanto al comico Gino Bramieri (con cui aveva già collaborato ai tempi di Felicita Colombo, durante gli anni sessanta), a cui fanno seguito le due serie di Caro maestro (1996-1997), nelle quali interpretava il ruolo della bidella della scuola elementare nella quale era ambientato il telefilm.
Nel 1998 ritorna al varietà partecipando a La posta del cuore, in cui riporta in auge il personaggio della “Sora Cecioni”. Nel 1999 interpreta a teatro Alcool, commedia sulla decadenza dell’alta borghesia diretta da Adriana Asti[
Ultimi anni
Oltre che attrice famosa è autrice di commedie di successo, come Lina e il cavaliere, Meno storie, Tosca e altre due (portata anche sul grande schermo nel 2003) e Le Catacombe.
Nel 2000 prende poi parte alle fiction Linda e il brigadiere e Come quando fuori piove. A gennaio 2007 la trasmissione di Raiuno TV7 le dedica un approfondimento. Durante la lunga intervista, l’attrice racconta un aspetto inedito della sua vita: i suoi primi anni e la sua esperienza di componente di una famiglia ebraica durante le leggi razziali del 1938 e la seconda guerra mondiale. Il 25 settembre 2009 prende parte a una puntata del varietà I migliori anni su Raiuno. Ospitata ed intervistata da Carlo Conti viene tributata dal pubblico con lunghi e calorosi applausi in ricordo della sua fulgida carriera.[senza fonte]
Tornerà al doppiaggio nel 2001 prestando la voce a uno dei personaggi principali del film d’animazione Disney Atlantis – L’impero perduto, la Signora Wilhelmina Bertha Packard. Nel 2003 Franca Valeri collabora con il rapper Frankie hi-nrg mc, prestando la sua voce per i pezzi prologo ed epilogo dell’album Ero un autarchico. Nel 2005 ha pubblicato Animali e altri attori. Nel 2006 ha recitato in Les bonnes di Jean Genet.
Nel dicembre 2010 Franca Valeri pubblica il libro autobiografico Bugiarda no, reticente, un racconto di un centinaio di pagine nel quale traccia i principali avvenimenti della sua esistenza, che l’hanno portata a intraprendere la carriera artistica come autodidatta. A gennaio 2011 l’attrice torna sul palco del Teatro Valle di Roma con due lavori: Non tutto è risolto (commedia diretta da Giuseppe Marini, con Licia Maglietta, confermata anche nella stagione successiva), la nuova commedia di cui è autrice e protagonista, e La vedova Socrate, un testo liberamente ispirato a La morte di Socrate di Dürrenmatt che aveva debuttato nel 2003; vi farà ritorno il 16 giugno durante l’occupazione[19]. Nell’aprile dello stesso anno aveva già sostenuto quella della Sala Arrigoni (ex Cinema Palazzo) nel quartiere di San Lorenzo, partecipandovi con un intervento insieme con Sabina Guzzanti.
Insieme a Luciana Littizzetto scrive il libro L’educazione delle fanciulle, per poi essere ospite della seconda serata del Festival di Sanremo 2014, condotto dalla stessa Littizzetto insieme a Fabio Fazio.
Armando Lostaglio- Giuseppe Tornatore “Il Collezionista di Baci” cinematografici
Il collezionista di baci. Ediz. illustrata di Giuseppe Tornatore Mondadori Electa 2014
Un libro sul bacio cinematografico. Un regalo per la San Valentino. Ciascuno di noi ha nel fondo del proprio intimo cassetto il bacio più bello, quello che al cinema ha visto da ragazzo, che lo ha ammaliato e forse turbato. Nel 2014, il regista premio Oscar Giuseppe Tornatore ne ha fatto un libro prezioso, un volume fotografico per raccontare il bacio cinematografico attraverso le suggestioni che proiettavano i manifesti dei film. Vere e proprie opere d’arte pittorica.
Questo libro – pubblicato da Mondadori Electa, 215 pagine – ha un pregio particolare, oltre a quello di farci rivivere scene famose di film che fanno parte della storia del secolo scorso: restituisce dignità a quegli artisti che dipingevano i manifesti, pittori come Anselmo Ballester, Alfredo Capitani, Luigi Martinati. “E come Casaro – sottolinea Tornatore – che è stato quello che ha portato più a lungo questa tradizione della cartellonistica pittorica, ma ci sono stati degli artisti, dei pittori che per arrotondare facevano i manifesti per il cinema. Era un’arte particolare, i manifesti erano bellissimi.”
Il regista siciliano, ideatore dell’indimenticabile sequenza finale di “Nuovo Cinema Paradiso” dedicata proprio al bacio, che il parroco don Adelfio tagliava perché li giudicava scabrosi, ha selezionato e commentato più di duecento manifesti originali che coprono un arco temporale di circa un secolo. Si tratta di immagini provenienti dalla collezione di Filippo Lo Medico, il quale – aggiunge ancora Tornatore – “ha dedicato tutta la sua vita alla gestione di sale cinematografiche ed ha collezionato 60 anni di cartellonistica cinematografica. Quando vide “Nuovo cinema Paradiso” manifestò l’idea di fare una raccolta di baci nei manifesti e oggi, a distanza di 25 anni, il sogno si realizza”. Il libro ripercorre dunque su un’unica traiettoria un arco temporale che va dal 1926, col bacio tra Rodolfo Valentino e Vilma Banky nel film “Il figlio dello sceicco”, fino al 2005 con “Cinderella man” e il bacio tra Russell Crowe e Renee Zellweger.
E come non ricordare la locandina dell’indimenticabile bacio tra Clark Gable e Vivien Leigh di “Via col vento” (del 1939) e de “La dolce vita” (del 1960) fra Marcello Mastroianni e Anita Ekberg nella mitica Fontana di Trevi? Ed ancora quello tra Audrey Hepburn e George Peppard in “Colazione da Tiffany”; sublime quello tra Marcello Mastroianni e Sophia Loren in “Una giornata particolare” di Ettore Scola; vigoroso e reale quello tra Jack Nicholson e Jessica Lange in “Il postino suona sempre due volte”; e, più vicino a noi nel tempo, il bacio quasi innocente tra Leonardo Di Caprio e Kate Winslet del “Titanic”; e quello della coppia (allora anche nella vita) Nicole Kidman e Tom Cruise per l’ultimo film di Kubrick “Eyes wide shut”.
Ma il bacio preferito di Tornatore qual è? “Ne ricordo tanti, ma se dovessi scegliere non ho dubbi: è quello fra Tyron Power e Kim Novak in “Incantesimo”, perché con questo film fu inaugurato il Supercinema di Bagheria che era a poche centinaia di metri da casa mia. Lì sono entrato per la prima volta a vedere un film, lì sono ritornato da solo e da ragazzo, sempre in quella sala ho lavorato come proiezionista ».
Una testimonianza toccante che profuma di amore verso il cinema; il bacio che ha segnato la nostra passione rimarrà quello fra il pugile Rocky Graziano/Paul Newman e Norma/Pier Angeli (l’italiana Annamaria Pierangeli), diretti nel 1956 da Robert Wise in “Lassù qualcuno mi ama”, il primo film della personale folgorazione verso quest’arte.
Armando Lostaglio
Nota biografica di ARMANDO LOSTAGLIO iscritto all’Ordine dei Giornalisti di Basilicata; fondatore del CineClub Vittorio De Sica – Cinit di Rionero in Vulture nel 1994 con oltre 150 iscritti; promotore di altri cinecircoli Cinit, e di mostre di cinema per scuole, carceri, centri anziani; autore di testi di cinema: Sequenze (La Nuova del Sud, 2006); Schermi Riflessi (EditricErmes, 2011); autore dei docufilm: Albe dentro l’imbrunire (2012); Il genio contro – Guy Debord e il cinema nell’avangardia (2013); La strada meno battura – a cavallo sulla Via Herculia (2014); Il cinema e il Blues (2016); Il cinema e il brigantaggio (2017). Collaboratore di riviste e giornali: La Nuova del Sud, e web Altritaliani (Parigi), Cabiria, Francavillainforma; Tg7 Basilicata.
Il collezionista di baci. Ediz. illustrata di Giuseppe Tornatore Mondadori Electa 2014
Fara in Sabina -La seconda settimana del Festival FLIPT del Teatro Potlach
Fara in Sabina -Il grande festival FLIPT – Festival Laboratorio Interculturale di Pratiche Teatrali del Teatro Potlach di Fara Sabina ha avuto inizio il 26 giugno e prosegue fino al 7 luglio nella sua sessione internazionale.
Il Festival è sostenuto dalla Regione Lazio e dalla Fondazione Varrone, e che ha il patrocinio della Provincia di Rieti e del Comune di Fara Sabina.
La prima settimana di Festival ha visto succedersi numerosi spettacoli internazionali di altissima qualità, e la seconda settimana di festival non è da meno.
Ecco tutti i prossimi appuntamenti:
Lunedì 1 luglio alle 18:00 presso il Teatro Potlach
La compagnia polaccaTeatr Brama porta in scena lo spettacolo “Voices”, dove la principale forma di espressione è il canto, trasportando lo spettatore in diversi mondi emotivi. Uno spettacolo in cui gli spettatori potranno perdersi tra le polifonie meravigliose di paesi lontani, grazie ai 6 attori/musicisti in scena.
E poi alle ore 21:00 presso il Teatro Potlach
La compagnia brasiliana Estelar de Teatro si esibirà con lo spettacolo “Tarsila o il vaccino antropofagico”. Poesia, musica e videoproiezioni delle immagini del pittore brasiliano Tarsila do Amaral, in uno spettacolo-utopia e manifesto artistico alla ricerca di nuove immagini. Con l’attrice Viviane Dias.
Martedì 2 luglio altri due appuntamenti per il FLIPT:
Alle ore 18:00 lo spettacolo “La lingua dei fiori”, della compagnia italiana Teatro Nucleo, animerà la passeggiata del Belvedere di Fara in Sabina. In scena sette attori, per uno spettacolo che vuole indagare con gli strumenti della poesia, del canto, dell’immagine, la vita ribelle e silenziosa del mondo vegetale: nell’indifferenza generale, i fiori organizzano la loro lenta ma inesorabile rivoluzione fatta di bellezza, profumo, incanto. Lo spettacolo è gratuito e non è necessaria la prenotazione.
Alle ore 21:00 al Teatro Potlach una coproduzione tra “Kamigata-mai Monokai”, la compagnia di Keiin Yoshimura dal Giappone, e Residui Teatro dalla Spagna, con lo spettacolo “White Bird”. L’opera si basa su un antico racconto tradizionale giapponese, interpretato con diverse tecniche del teatro e della danza tradizionali giapponesi (teatro Noh, Kyogen e Kamigata-mai) in aggiunta a tecniche del teatro fisico e della Commedia Dell’Arte.
Mercoledì 3 luglio continuano gli spettacoli:
Alle ore 18.00 sarà presentato “La mia vita nell’arte” della compagnia brasiliana Estelar de Teatro presso il Teatro Potlach. Lo spettacolo condivide i paradossi di un regista pedagogo nel XXI secolo – un mondo digitale – che cerca ispirazione dalle lezioni di K. Stanislávski nei suoi luoghi di utopia per nutrire un teatro del futuro.
Alle ore 21:00, presso il giardino del Teatro Potlach, ci sarà lo spettacolo “caMARá” della compagnia tedesca antagon theaterAKTion. Due uomini vagano tra le onde, danzando con le stelle. Benedikt Müller e Lucas Tanajura del gruppo antagon Theater AKTion utilizzano teatro, danza, acrobazie, musica strumentale e canto per creare un viaggio intimo iniziato con la domanda: “Cosa succede quando perdiamo tutte le certezze e ci tuffiamo nell’ignoto? Dove ci porterà il nostro viaggio quando lasciamo la terraferma e ci arrendiamo alle forze della natura?” Uno spettacolo da non perdere
Giovedì 4luglio un’altra ricca giornata:
Alle ore 18:00 ci sarà, presso il Teatro Potlach, lo spettacolo “Home” della giovane compagnia ucraina“Maysternya 55”. Lo spettacolo esplora artisticamente il concetto di casa e come cambia nel tempo e durante la guerra. Il collettivo, composto da ucraini sparsi per il mondo a causa della guerra in Ucraina, riflette su due concetti di casa: quello originale e quello attuale.
Alle ore 21:00 uno spettacolo in coproduzione tra il Centro Anziani “Insieme” di Fara Sabina APS, il Teatro Potlach, e l’assessorato ai Servizi Sociali del comune di Fara in Sabina. “Le radici del futuro” è il titolo dell’evento che avrà come protagonista il Monumento ai Caduti di Fara in Sabina che prenderà vita nuova con luci, proiezioni e installazioni visive. Alla fine del percorso artistico allestito sul monte, sarà possibile assistere a un filmato che racconta, attraverso la voce di chi ha il ricordo del passato e delle tradizioni, la storia dei mutamenti della vita nei borghi, per trasmetterla alle nuove generazioni. E a seguire… una sorpresa dal vivo, per permettere un contatto tra le generazioni, tra il passato e il presente!
Il 6 e 7 luglio l’appuntamento imperdibile con lo storico spettacolo del Teatro Potlach “Città invisibili”. Gli oltre 100 artisti Italiani ed internazionali che hanno partecipato a queste dodici giornate di Festival invaderanno il centro storico di Fara in Sabina con performance, teatro, danza, musica e molto altro!
Per info e prenotazioni scrivere al numero del Teatro Potlach: 3517954176
Teatro Potlach -Via Santa Maria in Castello n.28 | Fara in Sabina (RI)
Oggi ricorrere anche l’anniversario della scomparsa di un altro grande poeta del ‘900.
Attilio Bertolucci-Poeta italiano (San Lazzaro, Parma, 1911 – e morto a Roma il 14 giugno 2000). Allievo di R. Longhi, le sue opere poetiche (Sirio, 1929; Capanna indiana, 1951; Viaggio d’inverno, 1971) sono il risultato di una felice contaminazione tra eredità ermetica e capacità di tradurre ogni astratta eleganza in un discorso poetico naturale. Tra le sue opere principali occorre segnalare anche il romanzo in versi La camera da letto (I, 1984; II, 1988).
Vita e opere
Ha insegnato storia dell’arte e poi ha svolto una intensa attività pubblicistica e di consulente editoriale. Ha diretto Nuovi argomenti. La sua produzione poetica è quasi tutta compresa nei due libri Capanna indiana e Viaggio d’inverno, pure preceduti da un esordio dall’accento inconfondibile come Sirio. L’elemento elegiaco ritorna nel già citato romanzo in versi La camera da letto: frutto di una lunga elaborazione, questo “romanzo famigliare” in versi è stato uno degli esiti più significativi della ricerca letteraria di Bertolucci. Il libro, svolgendo in forma poetica una materia squisitamente narrativa (la storia della famiglia B. e delle sue origini appenninico-padane), conferma non solo la sostanziale estraneità di B. alla tradizione della lirica pura, ma anche l’assoluta rilevanza del suo autonomo percorso nel panorama della poesia novecentesca. Dopo aver raccolto la sua produzione in un volume (Le poesie, 1990; 2ª ed. ampliata 1998), B. ha pubblicato, riunendo testi recenti e liriche di antica data, due nuovi libri di poesia, Verso le sorgenti del Cinghio (1993) e La lucertola di Casarola (1997), dai titoli suggestivamente evocativi di luoghi e paesaggi dell’infanzia. Non meno significativi, a illuminare la figura umana e intellettuale di B., altri volumi pubblicati nel corso degli anni Novanta: la raccolta di scritti saggistici Aritmie (1991); il carteggio con V. Sereni, Una lunga amicizia: lettere 1938-1982 (a cura di G. Palli Baroni, 1994); e All’improvviso ricordando (1997), un libro di “conversazioni” con P. Lagazzi. A cura dello stesso Lagazzi e di G. Palli Baroni è quindi apparso un volume di Opere (1997), comprendente poesie, traduzioni e saggi. La raccolta saggistica Ho rubato due versi a Baudelaire: prose e divagazioni (a cura di G. Palli Baroni, 2000), è apparsa poco prima della sua morte, mentre sono state pubblicate postume la raccolta di scritti La consolazione della pittura. Scritti sull’arte (a cura di S. Trasi, 2011), compiuta attestazione di un’apertura intellettuale scevra da ogni provincialismo, e l’antologia di testi e versi inediti Il fuoco e la cenere. Versi e prose dal tempo perduto (2014).
Fonte- Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani –
Attilio Bertolucci
18 Novembre 1911 – 14 Giugno 2000
Oggi ricorrere anche l’anniversario della scomparsa di un altro grande poeta del ‘900.
Uccelli di passo
****
Le belle giornate se ne vanno rapide,
viene l’autunno.
Ma di questa dolcezza che riempie
l’aria del mezzogiorno ventilata
sull’ultimo sudore del volto,
di questo riposo dell’anno
ti ricorderai
e del suo quieto affanno?
Oh, fuggir via quando nel rosa eterno
della sera imminente
s’allontanano uccelli di passo
e portano sulle ali cangianti
l’estrema luce del giorno,
oh, fuggire ai paesi distanti
dove quiete finestre si chiudono
sui relitti del cielo.
****
La rosa bianca
Coglierò per te
l’ultima rosa del giardino,
la rosa bianca che fiorisce
nelle prime nebbie.
Le avide api l’hanno visitata
sino a ieri,
ma è ancora così dolce
che fa tremare.
E’ un ritratto di te a trent’anni,
un po’ smemorata, come tu sarai allora.
Vento
Come un lupo è il vento
che cala dai monti al piano
corica nei campi il grano
ovunque passa è sgomento.
Fischia nei mattini chiari
illuminando case e orizzonti
sconvolge l’acqua nelle fonti
caccia gli uomini ai ripari.
Poi, stanco s’addormenta e uno stupore
prende le cose, come dopo l’amore.
Neve
Come pesa la neve su questi rami
come pesano gli anni sulle spalle che ami.
L’inverno è la stagione più cara,
nelle sue luci mi sei venuta incontro
da un sonno pomeridiano, un’amara
ciocca di capelli sugli occhi.
Gli anni della giovinezza sono anni lontani.
****
Le belle giornate se ne vanno rapide,
viene l’autunno.
Ma di questa dolcezza che riempie
l’aria del mezzogiorno ventilata
sull’ultimo sudore del volto,
di questo riposo dell’anno
ti ricorderai
e del suo quieto affanno?
Oh, fuggir via quando nel rosa eterno
della sera imminente
s’allontanano uccelli di passo
e portano sulle ali cangianti
l’estrema luce del giorno,
oh, fuggire ai paesi distanti
dove quiete finestre si chiudono
sui relitti del cielo.
****
Assenza,
più acuta presenza.
Vago pensiero di te
vaghi ricordi
turbano l’ora calma
e il dolce sole.
Dolente il petto
ti porta,
come una pietra
“Ottobre”
Sporge dal muro di un giardino
La chioma gialla di un albero.
Ogni tanto lascia cadere una foglia
Sul marciapiede grigio e bagnato.
Estasi, un sole bianco fra le nubi
Appare, caldo e lontano, come un santo.
Muto è il giorno, muta sarà la notte
Simile ad un pesce nell’acqua.
leggera.
Nessuno:
Io sono solo Il fiume è grande e canta Chi c’è di là? Pesto gramigne bruciacchiate.
Tutte le ore sono uguali Per chi cammina Senza perché Presso l’acqua che canta.
Non una barca Solca i flutti grigi Che come giganti placati Passano davanti ai miei occhi Cantando. Nessuno.
Settembre
Chiaro cielo di settembre
illuminato e paziente
sugli alberi frondosi
sulle tegole rosse
fresca erba
su cui volano farfalle
come i pensieri d’amore
nei tuoi occhi
giorno che scorri
senza nostalgie
canoro giorno di settembre
che ti specchi nel mio calmo cuore.
Gli anni
Le mattine dei nostri anni perduti,
i tavolini nell’ombra soleggiata dell’autunno,
i compagni che andavano e tornavano, i compagni
che non tornarono più, ho pensato ad essi lietamente.
Perchè questo giorno di settembre splende
così incantevole nelle vetrine in ore
simili a quelle d’allora, quelle d’allora
scorrono ormai in un pacifico tempo,
la folla è uguale sui marciapiedi dorati,
solo il grigio e il lilla
si mutano in verde e rosso per la moda,
il passo è quello lent Convalescente
Ancora vita il tuo dolce rumore
dopo giorni bui e muti riprende.
Porta il vento di maggio l’odore
del fieno, il cielo immobile splende.
Gli occhi stanchi colpisce di lontano
il rosso papavero in mezzo al tenero grano
o e gaio della provincia.
Sei stata la mia compagna di scuola
Sei stata mia compagna di scuola
ma hai un anno meno di me
abbiamo un bambino che va a scuola mi
sono innamorato di te…
Fingerò d’essere una tua scolara
che s’è innamorata di te
mi sono fatta una frangetta
per cenare fuori con te…
Cerchiamo una locanda piccina
nella città ma non c’è
inventiamola affacciata sul fiume
che allevò me e te…
Di acqua nel fiume che è nostro
ce n’è e non ce n’è…
Inventerò un nuovo mese
ricco d’acqua per te…
Che si rifletta in me
nei miei occhi
china dalla veranda inverdita
sull’acqua che somiglia la vita
rubandomi e restituendomi a te
Agosto, anno imprecisato
Sereno d’autunno
Non ricordavo un ottobre
così a lungo sereno,
la terra arata
pronta per la semina,
spartita da viti rossastre
molli come ghirlande.
L’AMORE CONIUGALE
Ma se la pioggia cade
la camera s’oscura…
L’amore ancora dura
che le gocce più rade
la finestra più chiara
i tuoi occhi più neri
e oggi come ieri
come domani. Amara
sui tetti umidi brilla
la giornata nel sole
che si volge sulle viole
risorte stilla a stilla.
Questa lirica è tratta dalla sua raccolta “In un tempo incerto” pubblicata nel 1955 da Garzanti; ora in: Attilio Bertolucci, “Opere” a cura di Paolo Lagazzi, Mondadori 1997. Strofa unica di12 versi, 11 settenari e il penultimo ottonario. Perfetta la disposizione delle rime, incrociate: abba, cddc, effe.
“L’amore coniugale” è anche la raccolta di lettere che si sono scambiati il poeta Bertolucci e la moglie Ninetta, quando lei studiava lettere all’ università di Bologna e il poeta era a Parma. Il loro è stato un amore grandissimo, a cui il poeta fa riferimento in questi versi. La pioggia cade portando via il sole, è la bellissima metafora di un litigio, una incomprensione che ha generato il pianto dell’ amata “la pioggia cade la camera s’oscura”. Il chiarimento fa diradare le gocce/ lacrime di pioggia e ritorna la luce nella stanza, nulla ha oscurato l’amore che li lega, che durerà per sempre. La nuvola “amara” ha lasciato uno strato umido sui tetti, che stranamente “brilla” illuminato dal sole e le viole traggono beneficio, per la loro sete, dalla gocce che scendono dal tetto “stilla a stilla” sulle loro corolle. L’ amore vero resiste alla distanza, alle incomprensioni e alle intrusioni di terzi. Delicato e tenero il poeta, nel trasformare “un’ombra” in luce e colore . . . sole/ viole.
Vincenza Cerbone
Bruciano della gramigna nei campi,
un’allegra fiamma suscitano
e un fumo brontolone.
La bianca nebbia si rifugia
fra le gaggie,
ma il fumo lento si avvicina
non la lascia stare.
I ragazzi corrono corrono
al fuoco
con le mani nelle mani,
smemorati,
come se avessero bevuto
del vino.
Per lungo tempo si ricorderanno
con gioia
dei fuochi accesi in novembre
al limitare del campo.
Storie di cinque donne che hanno cambiato l’immagine del mondo-·
Editore Mondadori
Descrizione-Di buona famiglia o figlie di emigranti, amate o solitarie, ammirate o emarginate, le cinque donne protagoniste di questo libro, di Elisabetta RASY, hanno tutte un rivoluzionario desiderio: indagare la realtà con il proprio sguardo femminile, abituato a cogliere aspetti della vita ignoti, intimi o trascurati, coltivando un’audace arte dell’indiscrezione che è l’esatto contrario dell’indifferenza. Sono cinque grandi fotografe, diverse per carattere e destino, ma ugualmente animate dalla voglia di cambiare l’immagine del mondo scovando bellezza e dolore là dove non erano mai stati visti, che si tratti di amore, politica, sesso, povertà, guerra o del corpo, soprattutto femminile. Tina Modotti, Dorothea Lange, Lee Miller, Diane Arbus e Francesca Woodman hanno poco in comune, per origine e storia personale, ma condividono la stessa voglia di raccontare con l’obiettivo fotografico la realtà a misura della loro esperienza di donne e di ciò che hanno conosciuto, scoperto e amato.
Le loro esistenze sono avventurose, spesso difficili. Tina Modotti, operaia in fabbrica a Udine a soli tredici anni, dopo una breve parentesi hollywoodiana vive accese passioni politiche e sentimentali nel Messico degli anni Venti, spalancando i suoi occhi sulla bellezza dei diseredati; Dorothea Lange, in fuga dalla sua famiglia di emigranti, ritrae nel coraggio degli americani rovinati dalla Grande Depressione la propria lotta contro la vergogna della malformazione con cui convive dall’infanzia; l’inquieta Lee Miller, che qualcuno considera la donna più bella del mondo, è pronta a svestirsi degli abiti da modella per denunciare il volto spettrale della guerra; Diane Arbus abbandona gli agi della mondanità newyorkese per puntare il suo obiettivo su ciò che non corrisponde al canone della normalità e raccontare l’imperfezione umana; Francesca Woodman nella sua breve esistenza esplora la figura del corpo femminile, indagandone in crudi ed emotivi autoritratti il lato più misterioso, insieme fragile e potente. Con una scrittura intensa e partecipe, Elisabetta Rasy insegue lungo l’arco del Novecento la vita e l’opera di queste cinque donne straordinarie, animate, ognuna secondo il proprio temperamento, da un’inarrestabile aspirazione alla libertà. Perché proprio l’incontro di talento e libertà è la cifra segreta grazie alla quale hanno saputo farsi strada in un mondo ancora fortemente maschile, diventando protagoniste di un nuovo sguardo sul secolo che hanno attraversato.
Editore : Mondadori (11 maggio 2021)
Lingua : Italiano
Copertina rigida : 252 pagine
ISBN-10 : 8804738820
ISBN-13 : 978-8804738824
Enciclopedia TRECCANI-Rasy, Elisabetta. – Giornalista e scrittrice italiana (n. Roma 1947). Laureatasi in Storia dell’arte, negli anni Ottanta ha fondato con P.V. Tondelli e A. Elkann la rivista Panda. Ha collaborato con varie testate, tra le quali, La Stampa, L’Espresso, Panorama e Sette del Corriere della Sera. Autrice di numerosi saggi di argomento letterario, molti dei quali dedicati alla scrittura femminile (La lingua della nutrice, 1978; Le donne e la letteratura, 1984), ha esordito nella narrativa nel 1985 con il romanzo La prima estasi. Da allora ha scritto diversi romanzi di successo anche all’estero, che hanno ricevuto vari riconoscimenti come il Premio Campiello con Posillipo nel 1998, spesso di argomento parzialmente autobiografico, tra i quali si ricordano: Tra noi due (2002), La scienza degli addii (2005), L’estranea (2008), Non esistono cose lontane (2014), entrambi nel 2016, Le regole del fuoco (finalista al Premio Campiello) e Senza la guerra (con M. Cacciari, E. Galli della Loggia, L. Caracciolo), Una famiglia in pezzi (2017) e Le disobbedienti. Storie di sei donne che hanno cambiato l’arte (2019).
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