Interno Poesia, 2024 – A cura di Damiana De Gennaro
Descrizione-Per la prima volta nelle librerie italiane L’anniversario dell’insalata -Poesie di Tawara Machi, fenomeno editoriale da due milioni di copie. Pubblicato in Giappone per la prima volta nel 1987, il libro mette subito d’accordo critica e pubblico: oltre a collezionare prestigiosi premi per aver infuso nuova linfa alla forma metrica tanka, le cui origini risalgono alle prime opere di poesia scritta in lingua giapponese, il volume scala le classifiche con cifre di vendita vertiginose. Leggere l’opera prima di Tawara Machi, le cui poesie oggi fanno parte dei manuali scolatici giapponesi, è come sfogliare una raccolta di istantanee che testimoniano le forme assunte dell’amore nella società post-capitalista. Figure amate, oggetti di uso quotidiano e piatti preparati in fretta prendono vita sul fondo di una realtà scandita dal ritmo incalzante della pubblicità. Senza mai esprimere giudizi, l’autrice (e la curatrice e traduttrice del volume Damiana De Gennaro) ci consegna frammenti di visioni che vanno a comporre un disegno più ampio: le istanze dei rapporti umani in Giappone subito prima della crisi economica degli anni Novanta.
L’autrice Tawara Machi (Ōsaka, 1962) è autrice di raccolte di poesia, saggi e traduzioni di opere della tradizione letteraria giapponese in lingua contemporanea. Il suo libro d’esordio, L’anniversario dell’insalata (1987), vince la trentaduesima edizione del Premio Kadokawa e supera i due milioni di copie vendute. Avendo ricevuto i più prestigiosi riconoscimenti in campo letterario, le sue poesie oggi sono riportate sui manuali di letteratura per le scuole giapponesi. Tra le sue altre opere in poesia, inedite in Italia, ricordiamo: Kaze no te no hira (1991), Chokorēto kakumei (1997), Au made no jikan (2005), Pū-san no hana (2008), Umarete banzai (2010), Ore ga Mario (2013), e Mirai no saizu (2020), Abokado no tane (2023).
空の青海のあおさのその間サーフボードの君を見つめる
ti guardo
cavalcare le onde –
spazio azzurro
in cui cielo e mare
si confondono
*
同じもの見つめていしに吾と君の何かが終わってゆく昼下げる
tardo pomeriggio –
guardiamo nello stesso punto
mentre
qualcosa, tra noi due,
si sta spezzando
*
上り下がりのエスカレーターすれ違う一瞬君に会えてよかった
sono grata
alle scale mobili che
portandoci in direzioni opposte
anche solo per un attimo
ci hanno fatti incrociare
*
サ行音ふるわすように降る雨の中遠ざかりゆく君の傘
il tuo ombrello
si allontana nel paesaggio –
ha solo
suoni sibilanti
il sillabario della pioggia
*
「元気でね」マクドナルドの片隅に最後の手紙を書きあげており
allora,
stammi bene –
gli scrivo
quest’ultima lettera
da un angolo del McDonald’s
Traduzione di Salvatore Quasimodo-Illustrazioni di Renato Guttuso –
Einaudi editore-20 febbraio 1952 (prima edizione)
PABLO NERUDA – Poesie. Traduzione di Salvatore Quasimodo. Illustrazioni di Renato Guttuso. Torino, Einaudi editore, 1952 (20 Febbraio).-Cm. 22, pp. 169 (7). Con 5 suggestive tavole a piena pagina f.t. ed una piccola illustrazione n.t. di Renato Guttuso. Bella brossura editoriale illustrata dallo stesso Guttuso. Trascurabili segni del tempo. Esemplare nel complesso ben conservato. Importante traduzione italiana delle poesie di Pablo Neruda curata da Salvatore Quasimodo. Ricercata prima edizione seguita da molte ristampe identiche per forma e contenuto. Cfr. Iccu; Galati (1980): cita erroneamente il 1965 come data per la prima edizione italiana.
Biografia di Pablo Neruda
Pablo Neruda, Pseudonimo del poeta cileno Ricardo Neftalí Reyes Basoalto (Parral 1904 – Santiago 1973). Premio Nobel per la letteratura nel 1971, N. è considerato una delle voci più autorevoli della letteratura contemporanea latino americana, per la sua sensibilità acuta ma non preziosa, ricchissima d’immagini ma non complicata. È stato testimone di molti degli eventi cruciali che hanno segnato il XX secolo: dalla guerra civile spagnola alla guerra fredda, dai movimenti di liberazione in America Latina alla morte di S. Allende. La sua opera poetica comprende un’impressionante antologia di testi fra i più alti della poesia moderna di lingua spagnola, sostenuti da un prodigioso dono di «canto» che si articola nelle strutture musicali più disparate, con una costante sperimentazione linguistica e metrica, sui temi congeniali dell’amore, del paesaggio natale e delle speranze collettive.
Vita
Di origini modeste, frequentò il liceo di Temuco e l’univ. di Santiago, dove nel 1921 si mise in mostra vincendo una gara poetica con La canción de la fiesta. Nominato console in India nel 1926, iniziò una brillante carriera diplomatica che gli dette modo di maturare le sue esperienze con continui viaggi e incontri. Stabilitosi in Spagna nel 1934, sempre al seguito dell’ambasciata cilena, si legò subito con il gruppo repubblicano di R. Alberti, F. García Lorca, M. Hernández e dette vita, sulle colonne della rivista da lui stesso fondata, El caballo verde para la poesía, a una vivace polemica con J. R. Jiménez. La guerra civile, il suo temperamento drammatico e, non ultima, la morte di Lorca e di Hernández, lo spinsero sempre più a precisi impegni politici che tanta parte hanno avuto poi nella sua vita e in tutta la produzione posteriore. Dopo ancora qualche anno di servizio diplomatico, nel 1944 N. tornò in Cile, e fu eletto senatore; ma un’accusa di tradimento lo costrinse ben presto a esulare in Messico, da dove compì lunghi viaggi in Europa (Parigi, Polonia, Ungheria). Nel 1949 presiedette a Città di Messico il congresso mondiale dei Partigiani della pace. Nel 1951 visitò l’Italia e la Cina. Nel 1952 fu ancora in Italia, da dove venne espulso come straniero indesiderabile. Tuttavia, a seguito di un movimento d’opinione pubblica, il decreto fu revocato, e N. poté trascorrere un lungo periodo a Capri. Nel 1953 tornò in patria, nel suo rifugio di Isla Negra presso Valparaíso. Con l’avvento alla presidenza della Repubblica di S. Allende (1970), fu nominato ambasciatore a Parigi. Nel 1972, gravemente malato, tornò in Cile, mentre il governo Allende era in crisi. Nel 1973, quando ormai la minaccia del colpo di stato militare era incombente, N. seguì Allende sul cammino della morte, mentre la dittatura di Pinochet s’instaurò in tutto il paese.
Opere
Trovatosi a scrivere negli anni in cui l’opera di R. Darío dettava legge in tutta l’Ispano-America, N. non aveva potuto fare a meno di allinearsi con le tendenze moderniste, benché la sua ispirazione fosse già orientata verso altre strade. Uscito finalmente dal pericoloso equivoco tra il 1924 e il 1935, e avendo raggiunto una notevole maturità espressiva, poté dare sfogo alla sua originalità, divenendo, in breve tempo, il maggior rappresentante degli anti-modernisti. Il sentimento riacquista allora l’importanza che l’esasperato formalismo gli aveva negato e la personalità intensa e drammatica del poeta si fa luce con versi che sembrano scritti, come disse Lorca, «più che con l’inchiostro, con il sangue». La società borghese, giudicata corrotta e ipocrita, è presa continuamente di mira con attacchi violenti alle convenzioni, ai sentimenti codificati, all’ordine costituito, mentre, con immagini grottesche, se ne sviliscono i suoi sacerdoti. Dal 1940 N., ormai marxista convinto, si dedica quasi esclusivamente alla poesia sociale e alla lotta politica: il dolore, l’umiliazione, la speranza sono i temi ricorrenti di questa nuova produzione, accompagnati da una vena di profondo calore umano che riesce a smorzare i toni marcatamente propagandistici e a dare spesso pagine d’intensa poesia. Tra le sue opere principali si ricordano: Crepusculario (1923), Veinte poemas de amor y una canción desesperada (1924), Tentativa del hombre infinito (1926), Residencia en la tierra (1933; 2a ed., con l’aggiunta di un 2º vol. contenente le liriche composte dopo il 1931, 1935), España en el corazón (1937), Tercera residencia (raccolta delle poesie composte dopo il 1935, 1945), Canto general (1950), la sua opera maggiore, amplissimo poema sulla storia del Cile e della stessa America latina come insieme di tradizioni e incrocio di civiltà; Odas elementales (1954), Nuevas odas elementales (1956), Tercer libro de las odas (1957), Estravagario (1958), Navigaciones y regresos (1959), Memorial de Isla Negra (1964), Arte de pájaros (1966), Fulgor y muerte de Joaquín Murieta (1967, dramma scritto in Italia), La barcarola (1968), Las manos del dia (1968), Aun (1969), l’apocalittico Fin del mundo (1969), Las piedras del cielo (1970), La spada encendida (1970), Geografía infructuosa (1972). Da segnalare infine le prose autobiografiche di Confieso que he vivido (1973; trad. it. 1975) e la traduzione italiana integrale della sua opera poetica (1960-73).
Pёtr Il’ič Čajkovskij LETTERE DA SANREMO (1877-1878)
A cura di Marina Moretti-Introduzione di Valerij Sokolov
Zecchini Editore Varese
Il soggiorno di Pёtr Il’ič Čajkovskij a Sanremo, dalla fine di dicembre 1877 alla metà di febbraio 1878, si colloca in un periodo cruciale della vita del compositore, che nella fitta corrispondenza indirizzata alle persone più vicine e legate a lui da rapporti di affetto e di lavoro rivela il complesso e a volte contraddittorio e tormentoso intreccio di sentimenti che agitavano il suo animo. Le lettere alla baronessa Nadežda von Meck, al fratello Anatolij, alla sorella Aleksandra Davydova e ad alcuni tra i più importanti esponenti del mondo musicale russo, qui presentate per la prima volta in traduzione italiana, tra le descrizioni dell’ambiente, della vita quotidiana e della sua “anima malata”, ruotano sempre intorno a ciò che per il compositore è centrale: la sua musica e la possibilità di dedicarsi ad essa con tutte le sue forze, per poter “lasciare di se stesso un ricordo duraturo”. E questo gli riuscì anche grazie al periodo sanremese, una tappa importante sulla strada del suo destino.
Biografia di Pёtr Il’ič ČajkovskijMusicista russo (Votkinsk 1840 – San Pietroburgo 1893). Compositore geniale e versatile, tra le sue opere più celebri spiccano Eugenio Oneghin (1879) e La Dama di picche (1890). Assai importante è la produzione che dedicò al balletto, di cui C̆. è considerato, sotto l’aspetto musicale, uno dei padri. I suoi capolavori (Il lago dei cigni, 1876; La bella addormentata nel bosco, 1890; Schiaccianoci, 1892), tengono presenti le esigenze coreografiche e ritmiche della rappresentazione, imponendo e suggerendo agli interpreti nuove e ardite soluzioni. Vita e opereStudiò con A. Rubinstein, e si diplomò a San Pietroburgo nel 1865. Fu professore al conservatorio di Mosca. Compì numerosi giri artistici, quale compositore e direttore, in Francia, Germania, Italia e in altri paesi. Tra le sue musiche emergono specialmente le opere Eugenio Oneghin (1879) e La Dama di picche (1890); i balletti Il lago dei cigni (1876), La bella addormentata nel bosco (1890), Schiaccianoci (1892); la musica per La fanciulla di neve (1873); la IV, la V e la VI (Patetica) tra le sei sinfonie; i concerti per violino op. 35 (1877) e per pianoforte (specie il III, op. 75; 1893). Fu musicista di schietta e generosa natura, non molto disciplinata spiritualmente e piuttosto incline a certa sentimentale eloquenza (soprattutto melodica), oltremodo comunicativa anche per la frequente amplificazione oratoria. Rispetto ai musicisti nazionalisti russi del Gruppo dei Cinque, egli fu il principale esponente della tendenza “occidentalizzante”, anche se i caratteri nazionali sono tutt’altro che assenti nella sua produzione. I suoi lavori sono tuttora popolarissimi: egli è l’autore russo più eseguito in patria, mentre la sua Sinfonia patetica ed anche le Sinfonie IV e V e i Concerti per violino e orchestra e per pianoforte e orchestra sono fra i brani del repertorio sinfonico più frequentemente eseguiti nelle sale da concerto d’Europa e d’America. I suoi balletti sono considerati come pezzi classici del genere e le sue opere teatrali sono state oLe lettere alla baronessa Nadežda von Meck, al fratello Anatolij, alla sorella Aleksandra Davydova e ad alcuni tra i più importanti esponenti del mondo musicale russo, qui presentate per la prima volta in traduzione italiana, tra le descrizioni dell’ambiente, della vita quotidiana e della sua “anima malata”,
Il 6 novembre 1893, a San Pietroburgo, muore Pёtr Il’ič Čajkovskij.Di Čajkovskij sono ben note le pagine strumentali ispirate al nostro Paese: e in questa raccolta inedita di lettere da Sanremo troviamo le ragioni più profonde dell’estetica del compositore più russo di tutti, e insieme più cosmopolita.
Fontamara fu il primo romanzo di Ignazio Silone e pubblicato nel 1929; lo scrittore abruzzese è il narratore esterno in questo romanzo di denuncia sociale; la storia racconta le prepotenze, gli abusi, la miseria cui sono condannate le popolazioni della valle del Fucino. Fontamara è un luogo immaginario situato nella Marsica in Abruzzo, si tratta di un paese povero dove i più poveri devono fare i conti con la prepotenza dei piccoli proprietari terrieri per cui lavoro e da cui vengono sistematicamente imbrogliato e fruttati, i cosiddetti GALANTUOMINI appoggiati e protetti dal governo fascista. Il tono della narrazione è lineare e piacevole, spesso veneta da una sottile ironia nei confronti del regime e dei suoi rappresentanti. Silone denuncia amaramente che nulla è cambiato nella storia dell’uomo: una volta c’erano gli schiavi, i servi della gleba, ora ci sono i “cafoni” , ossia uomini nati poveri e costretti a rimanere tali , soggetti a soggiacere all’ingiustizia e alle sopraffazioni del padrone, in tutto questo , e qui è molto amara dal denuncia, la legge non esiste, lo Stato è muto, anzi appoggia e tutela l’ingiustizia; il messaggio è che non si può discutere con l’autorità che non rispetta la legge, e la legge stessa è prigioniera piegata all’interesse di pochi a danno di tanti. Il messaggio valido purtroppo anche adesso, pur con alle dovute variazioni, è che nell’ignoranza c’è la sconfitta del più debole.
Chi vuole dominare e spadroneggiare ha bisogno di un popolo ignorante da controllare ed ha tutto l’interesse a lasciare nell’ignorante larghe fasce della popolazione da manipolare; in questo senso l’ignoranza è la primo nemico della democrazia e condanna all’immobilismo sociale. In conclusione, il messaggio universale da trarre è che un popolo di ignoranti è più facilmente manipolabile e questo vale in tutte le epoche.
Biografia di IGNAZIO SILONE-Pseudonimo dello scrittore e uomo politico italiano Secondo Tranquilli (Pescina 1900 – Ginevra 1978). Partecipò alla fondazione del Partito comunista (1921), allontanandosene nel 1931. Attivo nel Partito socialista clandestino (1942), diresse le riviste Europa socialista (1946-47) e Tempo presente (1956-68). Scritti nel gusto della narrativa verista, partecipi della drammatica urgenza degli avvenimenti storici e nutriti di un sentimento acutissimo dei limiti della giustizia umana e del richiamo ai valori di un cristianesimo evangelico, i suoi romanzi più noti (Fontamara, ed. ted. 1933, ed. it. 1947; Pane e vino, ed. ingl. 1936, ed. ted. 1937, 1a ed. it. riveduta e col tit. Vino e pane, 1955) raffigurano per lo più situazioni e ambienti di paesi dell’Italia meridionale nel loro lento processo di redenzione sociale.
Vita e opere
Quasi tutti i suoi familiari perirono nel terremoto della Marsica del 1915 (il fratello superstite, Romolo, arrestato nel 1928 e condannato per attività sovversiva, sarebbe morto a Procida nel 1932). Interrotti gli studi e avvicinatosi al partito socialista (1918), S. partecipò nel 1921 alla fondazione del partito comunista, per il quale s’impegnò, dopo l’avvento del fascismo, in un’intensa attività clandestina prima in Italia e, dal 1927, prevalentemente in Svizzera. Qui maturò la crisi in seguito alla quale si allontanò (1931) dal partito comunista e dalla militanza politica per dedicarsi alla scrittura, pubblicando, oltre ai primi romanzi, alcuni saggi storici (Der Faschismus, 1934; La scuola dei dittatori, 1938; ecc.). Tornato all’impegno politico attivo nelle file del partito socialista clandestino (1942), rientrò in Italia nel 1944 e nel 1946 fu eletto all’Assemblea costituente per il PSIUP, da cui uscì al momento della scissione del 1947, non iscrivendosi però al PSLI. Diresse le riviste Europa socialista (1946-47) e Tempo presente (1956-68), fondata con N. Chiaromonte, attraverso le quali poté diffondere i suoi ideali federalisti e di un socialismo democratico e umanitario. Il suo nome di scrittore è affidato soprattutto ad alcuni romanzi (i primi dei quali apparsi in ed. straniera) che, tradotti in molte lingue, furono per lungo tempo più apprezzati all’estero che in Italia: i più citati Fontamara e Pane e vino; Il seme sotto la neve (ed. ted. 1941; ed. it. 1945); Una manciata di more (1952); Il segreto di Luca (1956); La volpe e le camelie (1960). Scrisse anche, per il teatro, Ed egli si nascose (1944) e, particolarmente significativo, L’avventura di un povero cristiano (1968), dramma storico sulla figura del papa Celestino V. In parte saggistici in parte narrativi sono gli scritti riuniti in Uscita di sicurezza (1965), libro importante per la ricostruzione del percorso umano e ideale dell’autore. Postumo è apparso l’incompiuto romanzo Severina (1981).
Attilio Bertolucci:C’è un proverbio che dice: “Dovrebbe sempre essere settembre”. Settembre ,un mese mite, dolce, venato appena di nostalgia, di una sottile malinconia. Un mese che i poeti come Attilio Bertolucci sentono vicino al loro cuore-Poesie di :Antonia Pozzi,Attilio Bertolucci,Luigi Pirandello,Leonardo Sciascia,Hermann Hesse,Grazia Rombolini,Forough Farrokhzad, Gabriele D’Annunzio.
ATTILIO BERTOLUCCI, “Sirio”, 1929
SETTEMBRE
Chiaro cielo di settembre
illuminato e paziente
sugli alberi frondosi
sulle tegole rosse
fresca erba
su cui volano farfalle
come i pensieri d’amore
nei tuoi occhi
giorno che scorri
senza nostalgie
canoro giorno di settembre
che ti specchi nel mio calmo cuore.
SETTEMBRE
Boschi miei
che le nuvole del settembre
lente percorrono
mentre le prime foglie
crollano giù dai rami
e adunano umidore per i sentieri
intanto che nel cielo
gli alberi si denudano —
così come di sera
quando cadono le ombre
giù dalle cime
s’incupisce la terra
e in alto si rivelano
i disegni dei monti
e delle stelle —
miei boschi
vi è tanta pace
in questa vostra muta
rovina
che in pace ora alla mia
rovina penso
e sono come chi
stia sulla riva di un lago
e guardi miti le cose
rispecchiate dall’acqua
“Settembre” di Luigi Pirandello
Le speranze se ne vanno
come rondini a fin d ’anno:
torneranno?
Nel mio cor vedovi e fidi
stanno ancora appesi i nidi
che di gridi
già sonaron brevi e gaj:
vaghe rondini, se mai
con i raj
del mio Sole tornerete,
le casucce vostre liete
troverete.
Pioggia di settembre, Leonardo Sciascia
Le gru rigano lente il cielo,
più avido è il grido dei corvi;
e il primo tuono rotola improvviso
tra gli scogli lividi delle nuvole,
spaurisce tra gli alberi il vento.
La pioggia avanza come nebbia,
urlante incalza il volo dei passeri.
Ora scroscia sulla vigna, tra gli ulivi;
per la rabbia dei lampi preghiere
cercano le vecchie contadine.
Ma ecco un umido sguardo azzurro
aprirsi nel chiuso volto del cielo;
lentamente si allarga fino a trovare
la strabica pupilla del sole.
Una luce radente fa nitido
Il solco dell’aratro, le siepi s’ingemmano;
tra le foglie sempre più rade
splende il grappolo niveo dei pistacchi.
Settembre di Hermann Hesse
Triste il giardino,
cade la fresca pioggia sui fiori
L’Estate trema
tranquillamente verso la fine.
Gocciola una dopo l’altra una foglia d’oro
giù dalla grande acacia.
L’estate sorride con stupore e nostalgia
nel sogno del Giardino morente.
S’attarda tra le rose,
Si ferma desiderosa di pace;
Lentamente chiude i suoi [grandi] occhi pesanti di stanchezza.
****************
September, Hermann Hesse
Der Garten trauert,
kühl sinkt in die Blumen der Regen.
Der Sommer schauert
still seinem Ende entgegen.
Golden tropft Blatt um Blatt
nieder vom hohen Akazienbaum.
Sommer lächelt erstaunt und matt
in den sterbenden Gartentraum.
Lange noch bei den Rosen
bleibt er stehn, seht sich nach Ruh.
Langsam tut er die großen,
müdgewordenen Augen zu.
“Ecco arriva settembre, mese dolce e propizio, di piogge a colorare i prati e di dolci frutti della terra.
Amo settembre, il sole è ancora caldo, si respira ancora aria di gioia e vacanza e qualcosa mi sussurra di sognare e reinventarmi, quasi fosse un nuovo inizio. E’ settembre.”
Settembre
Saluterò di nuovo il sole,
e il torrente che mi scorreva in petto,
e saluterò le nuvole dei miei lunghi pensieri
e la crescita dolorosa dei pioppi in giardino
che con me hanno percorso le secche stagioni.
Saluterò gli stormi di corvi
che a sera mi portavano in offerta
l’odore dei campi notturni.
Saluterò mia madre, che viveva in uno specchio
e aveva il volto della mia vecchiaia.
E saluterò la terra, il suo desiderio ardente
di ripetermi e riempire di semi verdi
il suo ventre infiammato,
sì, la saluterò
la saluterò di nuovo.
Arrivo, arrivo, arrivo,
con i miei capelli, l’odore che è sotto la terra,
e i miei occhi, l’esperienza densa del buio.
Con gli arbusti che ho strappato ai boschi dietro il muro.
Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natia
rimanga ne’ cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Ora lungh’esso il litoral cammina
La greggia. Senza mutamento è l’aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, dolci romori.
Ah perché non son io cò miei pastori?
“Settembre, andiamo. È tempo di migrare.” Il primo giorno di settembre porta con sé la promessa di un nuovo inizio, il che si collega direttamente all’idea di movimento e alla prospettiva di avanzare in una direzione ben precisa.
In un solo verso della poesia I pastori, Gabriele D’Annunzio, il poeta vate, è riuscito ad esprimere entrambe queste sensazioni tipicamente settembrine: l’inizio e il movimento, tramite l’accostamento di due verbi “andare” e “migrare” che appaiono quasi sinonimici, eppure esprimono due moti differenti. L’uso dell’imperativo “andiamo” riflette la necessità di muoversi, di spostarsi, appare come una chiamata alle armi: levatevi, alzatevi, sottintende un incitamento. L’infinito “migrare” invece rimanda all’idea dell’erranza e al proposito della ricerca di un luogo più accogliente, quindi, in breve, al cambiamento.
Nel verso di apertura della lirica I pastori, D’Annunzio esprime una sorta di “passaggio di stato”: dalla stasi al moto, dalla pace alla irrequietezza, tutte sensazioni che, a ben vedere, la fine dell’estate porta con sé.
Settembre è iniziato, è tempo di andare; ciascuno torni alle attività consuete nella stagione che porta il profumo dell’uva matura evocando il tempo della raccolta e della vendemmia.
La poesia I pastori (il cui titolo originale era I pastori d’Abruzzo, Ndr) fu scritta da Gabriele D’Annunzio nel 1903 ed è contenuta nell’ultima sezione dell’Alcyone intitolata Sogni di terre lontane. La raccolta Alcyone rappresenta il vertice massimo della poetica d’annunziana e si presenta come un’autentica celebrazione della natura: nelle cinque sezioni dell’opera infatti il poeta descrive il trionfo della primavera sino all’arrivo dell’autunno. I pastori, ambientata nel tempo mite di settembre che preannuncia l’imminenza della stagione autunnale, rappresenta una delle liriche conclusive.
I pastori di Gabriele D’Annunzio: parafrasi
Settembre è arrivato, è ora di partire.
Adesso, in Abruzzo, i pastori, miei conterranei, lasciano i pascoli montani e scendono verso il mare:
si dirigono verso il mar Adriatico in burrasca che appare verde come i pascoli montani. Lungo il cammino hanno assaporato la dolce acqua delle montagne che ha il sapore delle loro terre e resterà nei loro tristi cuori di migranti per confortarli, affinché la loro nostalgia (della terra natia) sia meno dura.
I pastori hanno fabbricato nuovi bastoni di legno di nocciolo e ora camminano per il sentiero antico che conduce verso la pianura, quasi fosse un fiume d’erba silenzioso, seguendo le orme lasciate dai loro antenati.
È gioiosa la voce di colui che per primo scorge in lontananza il tremolio delle onde del mare. Ora il gregge procede lungo la costa. Il vento tace, mentre il sole si riverbera dorato sul mantello delle pecore, rendendolo di un colore simile alla sabbia.
Il movimento delle onde si accompagna al lento calpestio del gregge, sono rumori dolci.
Ah, perché io non sono con i miei pastori?
I pastori di Gabriele D’Annunzio: analisi e commento
Nella lirica I pastori, Gabriele D’Annunzio compone un idillio pastorale che sembra riflettere lo schema classico, seguendo la tradizione delle Bucoliche virgiliane. Come non associare ai pastori cantati da D’Annunzio, Titiro e Melibeo, i protagonisti della prima ecloga di Virgilio? Anche i pastori abruzzesi di D’Annunzio, proprio come Titiro, sono costretti a partire: ma il loro non sarà un esilio senza ritorno.
La lirica d’annunziana è pervasa da un sentimento di struggente nostalgia, che sembra ben accostarsi ai dolci moti dell’aria di settembre che segna la fine dell’estate. L’imminenza dell’autunno rievoca nel cuore del poeta vate la nostalgia e l’affetto per la propria terra natale, l’Abruzzo. Riportando in vita una delle tradizioni più antiche della propria terra, la pratica della transumanza, D’Annunzio sembra rispondere a questo nostalgico richiamo d’amore.
In quattro strofe in versi endecasillabi il poeta ritrae passo passo il cammino dei pastori che come ogni anno, seguendo una pratica antica, con l’arrivo del vento d’autunno abbandonano i pascoli montani per dirigersi verso le aree costiere. La lirica è chiusa significativamente da un endecasillabo finale, che appare isolato e distaccato dagli altri versi, e ci restituisce intatta la nostalgia del poeta tramite l’emergere della voce dell’Io lirico che improvvisamente si intromette nel canto con un grido accorato: “ah, perché io non sono con i miei pastori?”.
La poesia si apre con un’esortazione: l’invito a partire è dato dall’imperativo “andiamo”. Seguono quindi tutte le varie fasi del viaggio: dalla preparazione (i pastori si abbeverano alle fonti montane e forgiano i bastoni, Ndr) sino al cammino dai monti verso il mare. L’arrivo dei pastori alla meta viene descritto come un momento di quiete, riflette una pace idilliaca: il sole risplende sul manto delle pecore e il loro lento scalpiccio si accompagna allo sciacquio delle onde marine.
D’Annunzio evoca una serie di suoni onomatopeici che si riflettono nelle orecchie dei lettori come dolci rumori familiari, suoni che ci restituiscono l’atmosfera accogliente e piena di grazia di settembre. Ogni nuovo inizio possiede un suono dolce, d’altronde, e ci ricorda che la vita è un continuo “incominciare”.
I pastori di Gabriele D’Annunzio: figure retoriche
Apostrofe: la poesia si apre con un’esortazione “Settembre, andiamo”
Allitterazioni: numerose le allitterazioni dei suoi r e l che danno il ritmo alla poesia. Nel primo verso in particolare la ripetizione del suono “r” produce una ripetizione confortante che suggerisce la presa mnemonica del verso “settembre; migrare; ora; terra”.
Personificazione: il mare Adriatico viene definito “selvaggio” come un uomo straniero o un animale non ancora domato.
Similitudini: il mare è verde come i pascoli dei monti; la lana del gregge è dorata come la sabbia.
Metafora: “erbal fiume silente”, l’erba calpestata dai pastori appare come un fiume silenzioso in cui non s’ode neppure il lento sciabordio dell’acqua. Nel componimento sono frequenti i simboli e le analogie tra i pascoli e il mare.
Onomatopee: “isciacquio; calpestio” sono espressioni che evocano suoni.
Sinestesia: l’espressione “dolci rumori” produce l’accostamento di due sfere sensoriali diverse, quella uditiva e quella del gusto.
Epifrasi: nell’endecasillabo finale, definito dalla domanda retorica “perché io non sono con i miei pastori?” è racchiuso il senso dell’intero componimento, ovvero la nostalgia del poeta che ha dato origine al canto.
Mary Oliver (Maple Heights, 10 settembre 1935 – Hobe Sound, 17 gennaio 2019) è stata una poetessa statunitense. Ha vinto il National Book Award e il Premio Pulitzer. Il New York Times l’ha descritta come “Di gran lunga, la poetessa di questo paese che ha venduto di più”.
Poesia fredda
Freddo ora.
Vicino al bordo. Quasi
insopportabile. Nubi
si ammucchiano in alto e ribollono
dal nord dell’orso bianco.
In questo mattino che spacca gli alberi
sogno le sue tracce grasse,
lo strutto salvavita.
Penso all’estate dai frutti luminosi,
boccioli che si arrotondano in bacche, foglie
manciate di granaglie.
Forse ciò che il freddo è, è il momento
in cui misuriamo l’amore che abbiamo sempre avuto, segreto
per le nostre stesse ossa, il duro amore affilato
per il caldo fiume dell’io, oltre ogni cosa; forse
è questo che significa la bellezza
dello squalo blu che incrocia verso le foche che cadono.
Nella stagione della neve
nel freddo incommensurabile
cresciamo crudeli ma onesti, ci manteniamo
vivi
se possiamo, prendendo uno dopo l’altro
i corpi necessari degli altri, i molti
fiori rossi schiacciati.
GIORNO D’ESTATE
Chi ha fatto il mondo?
Chi ha fatto il cigno e l’orso bruno?
Chi ha fatto la cavalletta?
Questa cavalletta, intendo, quella che è saltata fuori
dall’erba,
che sta mangiandomi lo zucchero in mano,
che muove le mandibole avanti e indietro invece che in su e in giù
e si guarda attorno con i suoi occhi enormi e complicati.
Ora solleva le zampine chiare e si pulisce il muso, con cura.
Ora apre le ali di scatto e vola via.
Non so esattamente che cosa sia una preghiera;
so prestare attenzione, so cadere nell’erba,
inginocchiarmi nell’erba,
so starmene beatamente in ozio, so andare a zonzo nei prati,
è quel che oggi ho fatto tutto il giorno.
Dimmi, che altro avrei dovuto fare?
Non è vero che tutto muore prima o poi, fin troppo presto?
Dimmi, che cosa pensi di fare
della tua unica vita, selvaggia e preziosa?
La prossima volta
Quello che farei la prossima volta è guardare
la terra prima di dire qualunque cosa. Mi fermerei
subito prima di entrare in una casa
per un minuto sarei un imperatore
e ascolterei meglio il vento
o l’aria stando immobile.
Quando qualcuno mi parlasse, per
biasimo o lode, o solo passatempo,
guarderei la faccia, come la bocca
deve funzionare, e vedrei ogni tensione, ogni
segno di cosa ha alzato la voce.
E nonostante tutto, saprei di più – la terra
che si rinforza e si libra, l’aria
che trova ogni foglia e piuma al di sopra
di foresta e acqua, e per ogni persona
il corpo che risplende dentro gli abiti
come una luce.
IL VIAGGIO
Un giorno, finalmente, hai capito
quel che dovevi fare, e hai cominciato,
anche se le voci intorno a te
continuavano a gridare
i loro cattivi consigli-
anche se la casa intera
si era messa a tremare
e sentissi le vecchie catene
tirarti le caviglie.
“Sistema la mia vita!”,
gridava ogni voce.
Ma non ti fermasti.
Sapevi quel che andava fatto,
anche se il vento frugava
con le sue dita rigide
giù fino alle fondamenta, anche se la loro malinconia
era terribile.
Era già piuttosto tardi,
una notte tempestosa,
la strada era piena di sassi e rami spezzati.
Ma poco a poco,
mentre ti lasciavi alle spalle le loro voci,
le stelle si sono messe a brillare
attraverso gli strati di nubi
e poi c’era una nuova voce
che pian piano
hai riconosciuto come la tua,
che ti teneva compagnia
mentre procedevi a grandi passi,
sempre più nel mondo,
determinata a fare
l’unica cosa che potevi fare-
determinata a salvare
l’unica vita che potevi salvare.
LE OCHE SELVATICHE
Non devi essere buono.
Non devi camminare sulle ginocchia
Per centinaia di miglia nel deserto, per espiare.
Devi solo lasciare che il delicato animale del tuo corpo
ami ciò che ama.
Parlami della disperazione, la tua, e io ti parlerò della mia.
Intanto il mondo va avanti.
Intanto il sole e le luminose perle di pioggia
Si stanno spostando attraverso il paesaggio,
sopra le praterie e gli alberi profondi,
le montagne e i fiumi.
Intanto le oche selvatiche, alte nella pulita aria blu,
di nuovo si stanno dirigendo verso casa.
Chiunque tu sia, non importa quanto solo ti senta,
il mondo si offre alla tua immaginazione,
ti chiama come le oche selvatiche, stridenti ed eccitanti –
annunciando ripetutamente il tuo posto
nella famiglia delle cose.
Gufi bianchi volano dentro e fuori i campi
Venendo giù
dal cielo gelido
con le sue profondità di luce,
come un angelo, o un Buddha con le ali,
era bello e preciso,
battendo le neve e qualsiasi cosa fosse là
con una forza che lascia l’impronta
della punta delle sue ali – distanti un metro e mezzo –
e l’impeto predatore delle sue zampe,
e il segno di ciò che stava rincorrendo
attraverso le bianche valli della neve –
e allora si è levato, graziosamente,
ed è volato via nuovamente verso le paludi ghiacciate,
per appostarsi là, come un piccolo faro,
nelle ombre blu –
così pensai:
forse morte
non è oscurità, dopo tutto,
ma così tanta luce che si avvolge attorno a noi –
soffice come piume.
Noi, istantaneamente stanchi di guardare, e guardare,
chiudiamo i nostri occhi, non senza meraviglia,
e ci lasciamo trasportare,
come attraverso la translucenza della mica,
al fiume che è senza la ben che minima ombra o macchia –
che è nulla se non luce – bruciante e aortica luce –
in cui siamo lavati e lavati
dalle nostre ossa.
DICHIARA PACE
Dichiara pace con il tuo respiro.
Inspira uomini d’arme e d’attrito, espira edifici interi e stormi di merli dalle ali rosse.
Inspira terroristi ed espira bambini che dormono e campi appena falciati.
Inspira confusione ed espira alberi di acero.
Inspira quanto è caduto ed espira amicizie di tutta una vita ancora intatte.
Dichiara pace con il tuo ascolto: quando senti sirene, prega ad alta voce.
Ricorda quali sono i tuoi strumenti: semi di fiori, spilli da vestiti, fiumi puliti.
Prepara una minestra.
Fai musica, impara come si dice grazie in tre lingue diverse.
Impara a fare la maglia, e fai un cappello.
Pensa al caos come mirtilli che danzano,
immagina il dolore come l’espirazione della bellezza o il gesto del pesce.
Nuota per andare dall’altra parte.
Dichiara pace.
Il mondo non è mai apparso così nuovo e prezioso.
Bevi una tazza di tè e rallegrati.
Agisci come se l’armistizio fosse già arrivato.
Non aspettare un altro minuto.
Solitari, bianchi campi
Ogni notte
il gufo
con la sua scimmiesca faccia selvaggia
lancia il suo richiamo di tra i rami neri,
e i topi hanno freddo
e i conigli rabbrividiscono
nei campi innevati –
e allora si apre la lunga, profonda valle del silenzio
quando egli smette il suo canto e si lancia
in aria.
Io non so
quale sia della morte lo scopo
ultimo, ma penso
questo: chiunque sogni di tenere la sua
vita in pugno
anno dopo anno per centinaia di anni
non ha mai considerato il gufo –
come egli viene, esausto,
attraverso la neve,
attraverso gli alberi ibernati,
superati tronchi e piante,
tirandosi fuori da stalle e campanili,
girando per questa e quella via
attraverso le maglie di qualunque ostacolo –
fermato da nulla –
riempiendosi momento dopo momento
di una gioia rossa e digeribile,
lanciandosi a falce dai campi solitari e bianchi –
e come al mattino,
come se ogni cosa fosse
come deve essere, i campi
si fanno intensi di luce rosa,
il gufo scompare
dietro tra i rami,
la neve va a cadere
fiocco dopo perfetto fiocco.
Mary Oliver was an “indefatigable guide to the natural world,” wrote Maxine Kumin in the Women’s Review of Books, “particularly to its lesser-known aspects.” Oliver’s poetry focused on the quiet of occurrences of nature: industrious hummingbirds, egrets, motionless ponds, “lean owls / hunkering with their lamp-eyes.” Kumin also noted that Oliver “stands quite comfortably on the margins of things, on the line between earth and sky, the thin membrane that separates human from what we loosely call animal.” Oliver’s poetry won numerous awards, including the Pulitzer Prize, the National Book Award and a Lannan Literary Award for lifetime achievement. Reviewing Dream Work (1986) for the Nation, critic Alicia Ostriker numbered Oliver among America’s finest poets, as “visionary as [Ralph Waldo] Emerson.”
Mary Oliver was born and raised in Maple Hills Heights, a suburb of Cleveland, Ohio. She would retreat from a difficult home to the nearby woods, where she would build huts of sticks and grass and write poems. She attended both Ohio State University and Vassar College, but did not receive a degree from either institution. As a young poet, Oliver was deeply influenced by Edna St. Vincent Millay and briefly lived in Millay’s home, helping Norma Millay organize her sister’s papers. Oliver is notoriously reticent about her private life, but it was during this period that she met her long-time partner, Molly Malone Cook. The couple moved to Provincetown, Massachusetts, and the surrounding Cape Cod landscape has had a marked influence on Oliver’s work. Known for its clear and poignant observations and evocative use of the natural world, Oliver’s poetry is firmly rooted in place and the Romantic nature tradition. Her work received early critical attention; American Primitive (1983), her fifth book, won the Pulitzer Prize. According to Bruce Bennetin the New York Times Book Review, American Primitive, “insists on the primacy of the physical.” Bennet commended Oliver’s “distinctive voice and vision” and asserted that the “collection contains a number of powerful, substantial works.” Holly Prado of the Los Angeles Times Book Review also applauded Oliver’s original voice, writing that American Primitive “touches a vitality in the familiar that invests it with a fresh intensity.”
Dream Work (1986) continues Oliver’s search to “understand both the wonder and pain of nature” according to Prado in a later review for the Los Angeles Times Book Review. Ostriker considered Oliver “among the few American poets who can describe and transmit ecstasy, while retaining a practical awareness of the world as one of predators and prey.” For Ostriker, Dream Work is ultimately a volume in which Oliver moves “from the natural world and its desires, the ‘heaven of appetite’ … into the world of historical and personal suffering. … She confronts as well, steadily,” Ostriker continued, “what she cannot change.”
The transition from engaging the natural world to engaging more personal realms was also evident in New and Selected Poems (1992), which won the National Book Award. The volume contains poems from eight of Oliver’s previous volumes as well as previously unpublished, newer work. Susan Salter Reynolds, in the Los Angeles Times Book Review, noticed that Oliver’s earliest poems were almost always oriented toward nature, but they seldom examined the self and were almost never personal. In contrast, Oliver appeared constantly in her later works. But as Reynolds noted “this self-consciousness is a rich and graceful addition.” Just as the contributor for Publishers Weekly called particular attention to the pervasive tone of amazement with regard to things seen in Oliver’s work, Reynolds found Oliver’s writings to have a “Blake-eyed revelatory quality.” Oliver summed up her desire for amazement in her poem “When Death Comes” from New and Selected Poems: “When it’s over, I want to say: all my life / I was a bride married to amazement. / I was the bridegroom, taking the world into my arms.”
Oliver continued her celebration of the natural world in her next collections, including Winter Hours: Prose, Prose Poems, and Poems (1999), Why I Wake Early (2004), New and Selected Poems, Volume 2 (2004), and Swan: Poems and Prose Poems (2010). Critics have compared Oliver to other great American lyric poets and celebrators of nature, including Marianne Moore, Elizabeth Bishop, Edna St. Vincent Millay, and Walt Whitman. “Oliver’s poetry,” wrote Poetry magazine contributor Richard Tillinghast in a review of White Pine (1994) “floats above and around the schools and controversies of contemporary American poetry. Her familiarity with the natural world has an uncomplicated, nineteenth-century feeling.”
A prolific writer of both poetry and prose, Oliver routinely published a new book every year or two. Her main themes continue to be the intersection between the human and the natural world, as well as the limits of human consciousness and language in articulating such a meeting. Jeanette McNew in Contemporary Literature described “Oliver’s visionary goal,” as “constructing a subjectivity that does not depend on separation from a world of objects. Instead, she respectfully conferred subjecthood on nature, thereby modeling a kind of identity that does not depend on opposition for definition. … At its most intense, her poetry aims to peer beneath the constructions of culture and reason that burden us with an alienated consciousness to celebrate the primitive, mystical visions that reveal ‘a mossy darkness – / a dream that would never breathe air / and was hinged to your wildest joy / like a shadow.’” Her last books included A Thousand Mornings (2012), Dog Songs (2013), Blue Horses (2014), Felicity (2015), Upstream: Selected Essays (2016), and Devotions: The Selected Poems of Mary Oliver (2017).
Mary Oliver held the Catharine Osgood Foster Chair for Distinguished Teaching at Bennington College until 2001. In addition to such major awards as the Pulitzer and National Book Award, Oliver received fellowships from the Guggenheim Foundation and the National Endowment for the Arts. She also won the American Academy of Arts & Letters Award, the Poetry Society of America’s Shelley Memorial Prize and Alice Fay di Castagnola Award.
Oliver lived in Provincetown, Massachusetts, and Hobe Sound, Florida, until her death in early 2019. She was 83.
Cenni biografici di Mary Oliver
Mary Oliver (Maple Heights, 10 settembre 1935 – Hobe Sound, 17 gennaio 2019) è stata una poetessa statunitense. Ha vinto il National Book Award e il Premio Pulitzer. Il New York Times l’ha descritta come “Di gran lunga, la poetessa di questo paese che ha venduto di più”.
After Images. L’eccidio della famiglia Einstein Mazzetti: risonanze visive-
Fotografie di Eva Krampen Kosloski-Sellerio Editore
Descrizione del libro della Sellerio Editore -Il 3 agosto 1944 nella tenuta Il Focardo di Rignano sull’Arno, circa 15 chilometri a sudest di Firenze, poche ore prima che l’avanguardia delle forze alleate raggiunga la villa, un commando tedesco giustizia Nina Mazzetti e le sue figlie Luce, 27 anni, e Anna Maria, 18. Nina è la moglie di Robert Einstein, ricco commerciante, ebreo apolide, che viveva in Italia da diversi anni. Era il cugino dello scienziato Albert. Robert, che durante la strage era in fuga nei campi, poco dopo il suo ritorno e la scoperta del massacro si suiciderà.
Presenti all’esecuzione sono Lorenza e Paola Mazzetti, cugine di Luce e Anna Maria, che da alcuni anni, di fatto adottate, vivono con la famiglia degli zii. Vengono risparmiate perché non ebree. All’epoca sono poco più che bambine.
Lorenza e Paola diventeranno, ognuna a suo modo, personaggi importanti della stagione culturale del dopoguerra. Lorenza trasferitasi a Londra sarà una delle protagoniste – se non la vera artefice – del Free Cinema inglese, una delle «onde nuove» più trascinanti della cultura europea che vede protagonisti registi del calibro di Lindsay Anderson, Karel Reisz e Tony Richardson. Tornata in Italia negli anni Sessanta sarà anche pittrice, giornalista, intellettuale influente. Dei mesi che precedettero quella terribile esperienza scriverà nel libro Il cielo cade, mentre dal mondo cinematografico della Londra del dopoguerra nascerà il Diario londinese (entrambi pubblicati da questa casa editrice).
La sorella Paola sarà scrittrice, illustratrice, artista.
Sua figlia, Eva Krampen Kosloski, fotografa, tornerà nei luoghi dell’infanzia e della tragedia con la madre e la zia e ne documenterà l’atmosfera, la bellezza, la nostalgia. E fotograferà le due sorelle pochi anni prima della loro scomparsa: nella tenuta di Monte Malbe in Umbria, nella villa del Focardo, a Roma…
Queste toccanti immagini, con altre storiche che documentano quell’infanzia dal tragico epilogo, insieme ai documenti che registrano la strage, sono oggetto di un’importante mostra che fino al 25 febbraio 2024 è visitabile in anteprima assoluta presso il Memoriale della Shoah di Milano, e che in seguito sarà portata a New York al Centro Primo Levi.
Edizione bilingue (italiano e inglese) Brossura, formato 17×24 cm Con 74 illustrazioni a colori
La casa editrice Sellerio
Quello che è diventata la casa editrice Sellerio era in un certo modo già presente nel carattere di chi l’ha ispirata come impresa culturale e fondata come impresa economica. Il centro guardato dalla periferia, per scoprire che la periferia è il centro.
La casa editrice Sellerio nasce nel 1969, con un piccolo investimento da parte di Elvira ed Enzo Sellerio celebre fotografo, sulla base di una idea nata parlando assieme a Leonardo Sciascia e Antonino Buttitta, l’antropologo. I quattro sono amici e sono protagonisti della vita culturale palermitana. Palermo negli anni Sessanta è una strana città. Da mille anni una delle capitali dell’Occidente, da mille anni alla periferia dell’Occidente. Crocevia e crogiuolo di tutti gli elementi fondamentali assorbiti dalla cultura occidentale. Ne è legata e distaccata insieme. In ogni sua stagione di fervore culturale (e gli anni Sessanta sono anni di fervore) produce un tipo di intellettuale, egocentrico e presuntuoso quando è un piccolo intellettuale; originale e creativo quando è un grande intellettuale. È un intellettuale segnato da un particolare movimento dialettico: dal suo cantuccio guarda il centro del mondo. Osserva quanto fragili e piene di eccezioni sono sempre diventate in Sicilia le mode e le verità altrove proclamate di volta in volta infallibili e assolute. Considera tutto questo dapprima con risentimento per esserne escluso, con sufficienza, con desiderio; poi scopre che il suo cantuccio è il mondo. Così, fin dall’inizio Sellerio è una casa editrice periferica e interessata alle periferie. Ma è questo essere una specie di provincia dell’anima che le consente di esprimere una generalità. Di non essere una nicchia, ma un soggetto. Perché il soggetto è inevitabilmente un punto di vista, cioè una provincia che si fa centro.
Il programma all’origine della casa editrice è il ritorno a una cultura che Sciascia definisce «amena», cioè una cultura in cui il cosiddetto impegno è implicito e non esplicito, quindi una cultura della leggerezza, che non rinuncia all’eleganza, una cultura delle idee, sì, ma in forma di cose belle.
La fine degli anni Sessanta segna l’apice del grande impegno ideologico e politico della cultura italiana. Ma come sempre, dall’apice, dalla sommità comincia la discesa. Alla fondazione della casa editrice vi è, volontario o involontario, l’intuito che sta per cominciare quello che allora si chiamerà riflusso. Tutti leggono soltanto di politica. Tutto è politico, in quegli anni, perfino la letteratura, perfino l’arte. Tutto è essenziale, ascetico, importante e ostentatamente povero. Se è colto, è sperimentale. La prima collana Sellerio si chiama invece La civiltà perfezionata. È fatta di carta pregiata, con le pagine intonse. E pubblica testi di «belle lettere»: ricercata letteratura, rarefatta, distante anni luce da ogni tempesta politica. Sono testi caratterizzati da due linee apparentemente parallele, in realtà convergenti: la letteratura siciliana, e la letteratura europea meno nota e più raffinata. Due linee che convergono perché si dipartono da un illuminismo di base: il credere che la cultura non ha bisogno di aggettivi, che è di per sé trasformatrice. I due primi titoli sono infatti Mimi siciliani del nobile letterato Lanza e Lettere sulla Sicilia di Eugène Viollet Le Duc, scrittore francese (nonché architetto) malinconico e di sensibilità autobiografica. Ogni volume è accompagnato da incisioni di grandi illustratori (Mino Maccari, Tono Zancanaro, Bruno Caruso) e da una introduzione che in casa editrice si prende l’abitudine (in parte per il gusto della modestia, in parte per la vanità della modestia) a chiamare Nota. Le Note sono testi che hanno come modello gli scritti occasionali di Sciascia stesso, che non prendono mai di petto il loro oggetto, ma vi alludono alla ricerca di connessioni e suggestioni apparentemente lontane ma che in realtà centrano più di ogni zelante documentazione. Così le Note sono introduzioni ma costituiscono, se si vuole, letture autonome. Lanza, per esempio, è introdotto da Calvino.
La prima svolta: la pubblicazione de L’affaire Moro di Leonardo Sciascia.
Dentro la casa editrice, nei primi anni serpeggia un dissenso. C’è chi vuole conservare una dimensione minima e riservata, un carattere strettamente amatoriale (sull’esempio del milanese Scheiwiller, o dell’editore nisseno Salvatore Sciascia). Altri invece vorrebbero misurarsi col mare aperto, con una presenza editoriale più marcata e pubblica, forse nazionale. Nel 1978, senza che nessuno lo abbia programmato volontariamente, arriva un libro di Sciascia come la spada di Alessandro Magno che taglia il nodo gordiano. L’affaire Moro è un classico libro Sellerio (forse il primo tipico). Pubblicato in una collana per pochi com’è La civiltà perfezionata, vende più di centomila copie. È un libro di denuncia, senza parrocchie, coraggioso, scritto nella prosa magnifica di Sciascia. Non teme di essere un libro di grande responsabilità ideale; ma è fatto per essere letto e goduto. Insomma è nato lo stile di una casa editrice e il suo spazio a livello nazionale.
La seconda svolta: la collanina blu della Memoria. Nasce la piccola editoria. Mentre circola lo slogan «piccolo è bello». Tra la casa editrice e l’immaginario dell’italian style si crea un involontario circolo virtuoso.
Fortunato, fortunoso e fortuito – avrebbe detto Sciascia – fu dunque il presentarsi di Sellerio sulla scena nazionale. Ma fu vissuto come una occasione da non mancare. E nell’autunno del 1979 nacque la collana che mancava. Il blu della Memoria. Prima di tutto la grafica. Fu una piccola rivoluzione, nel grigiore metallico delle copertine di quegli anni l’irrompere della macchia blu, della carta vergata, dell’immagine pittorica figurativa al centro della sovraccoperta, dentro una cornicetta colorata che richiamava il colore delle lettere del titolo. Un effetto cromatico accentuato da quella che era allora una originalità audace: i colori delle lettere e della cornice che cambiavano di numero in numero: una volta gialli, una volta celesti, una volta grigi, una volta rossi, quasi mai bianchi. Il libro tornava ad essere anche un oggetto elegante, anche per quel suo formato tendente al quadrato, studiato per essere su misura per la tasca di una giacchetta. Un’unica legge per i contenuti: la curiosità intelligente (intelligente, diceva Sciascia nel senso di intelligenza col lettore «come si dice intelligenza col nemico», cioè intesa rapida, sotterranea, forse complice) che il libro doveva comunicare al lettore, resa con stile letterario. Leggerezza. Una collana amena, appunto. Per quell’accavallarsi di casi fortunati che contornano le buone imprese, La memoria accompagnò – forse incoraggiò, addirittura, si può azzardare, inaugurò – una serie di novità in ciò che allora cominciava a chiamarsi «immagine». Nasceva allora lo stile della piccola editoria. Nasceva dentro l’idea dei prodotti italiani come esempio di cose belle fatte bene e con stile. La memoria, nella sua fortuna di lettori e di critica, sosteneva queste tendenze e ne era sostenuta.
La consacrazione nazionale: il caso Bufalino. Difficilmente un altro editore avrebbe scoperto Diceria dell’untore. Perché quella scoperta fu il frutto dello stile di lavoro di Sellerio.
Un uomo già anziano. Un tipico professore di Liceo siciliano. Coltissimo ma impenetrabilmente schivo. Poco appariscente, sembrava più un erudito che uno scrittore di talento. E poi la sua scrittura barocca, ricercata allo spasimo, figlia, apparentemente, dell’altra metà del secolo. Nel 1981 l’incontro con Bufalino fu casuale e solo il fatto che lo stile di lavoro di Elvira Sellerio (che allora cominciava a occuparsi a tempo pieno, da direttore editoriale, della sua impresa) è poco programmato e molto guidato dalla curiosità, poté produrre quella piccola inchiesta alla fine della quale nel cassetto di Bufalino fu scovato Diceria dell’untore. Una casa editrice più ordinata, un direttore editoriale più tradizionale, uno stile di lavoro più efficiente avrebbe mai trovato Diceria dell’untore? Comunque, quel romanzo che fu la consacrazione di Sellerio tra gli editori nazionali, vinse un meritatissimo Campiello nel 1981 e segnò un cambiamento anche nella cultura italiana. La narrativa italiana girò pagina. E cominciò la stagione dei nuovi scrittori italiani. Almeno per Sellerio.
Saggi legati soprattutto alla storia, alle scienze del linguaggio e a quella che una volta si chiamava varia umanità. Rigore scientifico ma anche il tentativo perenne di rinverdire il vecchio saggio di lettura – che non è la divulgazione o la volgarizzazione ma la capacità di mantenere lo stile, la curiosità e l’innocenza di fronte alle tematiche più teoriche ed erudite.
Nel frattempo nel 1976 erano nate due collane di saggistica. Biblioteca siciliana di storia e letteratura e Prisma. La Biblioteca è la prima collana di storia della Sellerio. Il titolo è vagamente crociano. C’è Croce infatti, forse senza che se ne abbia esplicita intenzione, sotto tutta la storia di Sellerio. Perché non possiamo non dirci crociani? Perché Croce era forse prima di tutto un grande letterato. La storia che cerca di fare Sellerio è storia con la S maiuscola, quella che Les Annales chiamavano storia evenemenziale, dei grandi avvenimenti. (Non che non sia presente anche una storia sociale e materiale, una microstoria: essa è raccolta nella collana Quaderni, fondata nel 1984). Storia di grandi avvenimenti, storia siciliana ma non solo. Ma soprattutto libri di storia fatti, o almeno questo è il tentativo perenne, per essere letti più che studiati (è in questa collana che compare il libro dello storico Francesco Renda Storia della Sicilia dal 1860 al 1970, la più completa storia della Sicilia postunitaria). Prisma invece è la collana di saggistica più classica e più specialistica: essa è destinata agli studi dei linguaggi e delle letterature intesi nel senso più ampio. Nel corso degli anni a queste prime si aggiunsero altre collane: La diagonale e La nuova diagonale, Fine secolo, destinate rispettivamente a saggi di varia, a lettere diari biografie e memorie di viaggio, alla letteratura dei diritti civili (Fine secolo, fu inventata ed è diretta da Adriano Sofri). Ma la cifra che le unifica tutte quante è sempre quella. Non perdere mai l’innocenza e la curiosità. Non perdere mai di vista che la conoscenza è un orizzonte non un traguardo. Se non è incanto, la conoscenza è tecnicismo per i tecnici. Un esempio è la Sentenza, di Luciano Canfora, che indaga sul caso della esecuzione del filosofo del fascismo Gentile e del coinvolgimento del grecista Marchesi. Canfora è intellettualmente coinvolto, per le sue posizioni politiche di sinistra per il suo antifascismo e per essere grecista; ma questo coinvolgimento non prevale sulla obiettività e dà al libro, semmai, un di più di passione. Canfora dal 1990 dirige la collana La città antica, l’unica collezione di scritti classici con studi critici e testi a fronte diretti al vasto ambito dei lettori non specialisti.
Gli anni Ottanta di Tabucchi, di Consolo, di Adorno, di Maria Messina. Sellerio è in prima fila in quella stagione in cui con un nuovo orgoglio la narrativa italiana scopre (riscopre) un’altra generazione di scrittori.
Dopo Diceria dell’untore il nome della casa Sellerio si salda in qualche modo con la vena dei nuovi scrittori italiani. Sellerio, nel suo piccolo, contribuisce a riprendere l’esportazione della cultura italiana all’estero. Accanto a Bufalino, sono richiestissimi i diritti di traduzione di scrittori che la casa editrice va scoprendo. Antonio Tabucchi, Maria Messina, Luisa Adorno, sono i nomi più interessanti. Ed è indicativo che non di inediti si tratti. Ma di scrittori caduti nel dimenticatoio, che Sellerio scopre e rilancia. Segno che gli anni Ottanta sono proprio la stagione della piccola editoria che esercita una funzione di svecchiamento, contro la pigrizia e il letargo dei giganti dell’editoria. E di questa stagione, la stagione della nuova generazione di narratori italiani, assieme a un paio di altri, Sellerio è protagonista e traino.
Il risveglio dei giganti. I grandi gruppi editoriali riassorbono i piccoli, con i manager al posto dei vecchi leoni. Fine della piccola editoria. Sellerio resiste, assieme a pochi altri. E lancia un nuovo genere di giallo all’italiana. Un piccolo editore, Sellerio?
Nel 1990 esce da Sellerio un librettino. Racconta di un commissario di polizia che indaga su un torbido delitto, nel passaggio dalla repubblica di Salò alla repubblica italiana. Il commissario, De Luca si chiama, è un funzionario del regime fascista onesto e molto scettico, in un’epoca in cui le due qualità – onestà e scetticismo – non possono andare d’accordo. Sembra il primo giallo «revisionista», in quanto presenta il volto umano di un’epoca e un momento storicamente perversi. Ma il suo autore ha abbastanza cultura, talento e onestà intellettuale per far argine a quello che potrebbe essere uno scandaluccio e per farne un caso letterario. Con Carta bianca di Carlo Lucarelli si può dire che nasca un nuovo genere di giallo italiano. Seguirà un profluvio di letteratura poliziesca, para o similpoliziesca, italiana e straniera, di grandissimo interesse e successo. Quasi a conferma di una profezia di un grande scrittore svizzero importato in Italia da Sellerio. Nel 1985 la casa editrice aveva pubblicato il romanzo di uno strano giallista svizzero e irregolare Glauser (Il grafico della febbre, giunto a una decina di ristampe), che diceva: «il racconto poliziesco è il miglior mezzo per diffondere idee ragionevoli». E a questo motto profetico oggi – che sembra più nulla possa dirsi se non in forma di giallo – pare obbedire il giallo Sellerio. All’apice di questa avventura con il poliziesco c’è la scoperta di un vero e proprio genere nuovo. Il poliziesco di scuola siciliana, e due nomi senza commento: Andrea Camilleri e Santo Piazzese. Sono titoli di successo e di grande diffusione. Sull’onda di questi anni Novanta, Sellerio inaugura altre collane, più marginali e divaganti. Come Il castello che viaggia nei grandi libri della letteratura del mondo non globalizzato – dall’Irlanda all’America latina, all’Africa, agli Afroamericani. Come Il divano che butta qui e là sotto gli occhi del lettore le più diverse stranezze, da collezionisti di oggetti inesistenti o da eruditi di cose perdute o da manualistica di pratiche del tutto inutili. Un ventaglio di grande ricchezza intellettuale, di spirito ed eleganza, di suggestioni, che consente a Sellerio di sfuggire a quello che è il grande vento editoriale degli anni Novanta. Il risveglio dei giganti. Le nuove immani concentrazioni editoriali. Le cosiddette sinergie che tolgono i libri dalle mani degli editori, e ne fanno gadget. Sellerio è così ormai un caso più unico che raro di piccola editoria. Un artigiano robusto come una industria. Un gruppo di dilettanti più bravi del miglior professionista. Una follia con dentro il metodo più rigoroso. Ma stiamo parlando ancora di un piccolo editore?
Gli anni del Duemila per Sellerio sono stati gli anni di un’esperienza nuova: i cinque milioni di copie di libri di Camilleri, oggi diventati trenta milioni, prodotti a Palermo e venduti in Italia, più i diritti di traduzione venduti fino al Giappone. Ma non c’è solo questo.
C’è prima di tutto che questa esperienza capace di travolgere e di tramutare non ha travolto e tramutato. E non è solo l’esperienza dei grandi numeri. È ancora una volta, negli anni dei giganti multimediali e multinazionali della comunicazione, l’esperienza di lanciare ovunque nel mondo la cultura in lingua italiana da una provincia siciliana in cui si prende ancora il gelato al gelsomino e si investe ancora il tempo a perdere tempo felicemente. Forse bisogna ancora accorgersi che in questi primi anni del Duemila la Sicilia ha esportato ovunque due cose, due cose sole ma cariche di significato e di speranza: il vino siciliano e i libri blu di Sellerio. E non solo libri. Nell’autunno del Duemila la casa editrice ha cercato una via nel nuovo campo del multimediale. Sellerio ha prodotto, per la prima volta in Italia, un cartone animato interattivo dal Cane di terracotta. Un libro video e gioco interattivo insieme: un’invenzione, premiata con la menzione d’onore al «Bologna New Media Prize». Oltre Camilleri, poi, tornando ai libri, gli anni Duemila sono stati anni di scrittori dal mondo di cui si parla molto e se ne parlerà per molto. La canadese Margaret Doody: aveva pubblicato un libro e poi il suo editore americano si era dimenticato di lei. Ma Margaret aveva creato un nuovo detective nel filosofo Aristotele, un detective deduttivo e realistico, rimandando indietro nel tempo il genere del giallo speculativo. E con questa operazione ironica di proiettarlo nel passato ha tolto ogni anacronismo a un genere, appunto la detection speculativa, che sembrava oggi impossibile: un best seller, il primo libro, seguito da altri due in prima mondiale e venduti in più di centomila copie. Ancora un miracolo editoriale: un’anziana signora inglese, caso letterario europeo degli ultimi anni, Penelope Fitzgerald, che parla delle cose profonde e invisibili e forti della vita, con una grazia colorita di tinte tenui che è stata paragonata alle tele di Turner. Il divertimento triste e trascinante del russo Dovlatov, che parla della sua esperienza di russo a cavallo della caduta del muro, con un umorismo acuto e dissacrante che ha la forza – è stato detto – di Čechov. Bolaño, cileno e giramondo, un Borges dei tempi di Tarantino (è un critico francese a definirlo così nella commemorazione per la sua recente scomparsa), che trae dal passato di ieri delle dittature sudamericane, e dal presente della diaspora della sua generazione di sudamericani, cronache vere, ma che sembrano uscite dalla smorfia dada e surrealista. E le scoperte più recenti. Due giallisti di grande qualità e di grande successo. Gianrico Carofiglio (Testimone inconsapevole e Ad occhi chiusi) l’inventore del «legal thriller» italiano, con un personaggio così vero, l’avvocato Guerrieri, che solo un magistrato di lungo corso com’è lui poteva scolpire. E la spagnola Alicia Giménez-Bartlett: l’ispettrice Petra Delicado e il vice Garzón sono due piedipiatti così indimenticabili, nel loro umorismo dolceamaro, nella loro durezza dal cuore tenero, che il grande critico Cesare Cases parla dell’autrice come «geniale scrittrice mediterranea».
Mostra del Cinema del Lido di Venezia 2024 – I film italiani in gara-
Articolo di Andrea Curcione-Altritaliani.net
La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica del Lido di Venezia 2024, edizione numero 81, che inizierà il 28 agosto e terminerà il prossimo 7 settembre, è come l’elefante disegnato dal celebre grafico Lorenzo Mattotti per la locandina di quest’anno che avanza, guidato da una giovane fanciulla con un mantello rosso, tra le acque della laguna. Il pachiderma ricorda un evento che si è svolto proprio a Venezia nell’estate del 1954. Il circo Togni allestì il proprio tendone nel cuore della città; alcuni elefanti vennero condotti per le calli e sui ponti per raggiungere la loro destinazione e furono l’inusuale attrazione del tempo per adulti e bambini.
Così la Mostra del Cinema è un importante momento di richiamo che prosegue per il suo cammino, si spera infinito, portatore di successi e di novità culturali internazionali. Da quest’anno la guida della Biennale è cambiata; salutato Roberto Cicutto il cui incarico di presidenza è scaduto all’inizio dell’anno, a succedergli è stato nominato lo scrittore e giornalista Pietrangelo Buttafuoco che si avvale ancora – e probabilmente per l’ultimo anno – alla direzione artistica della Mostra del Cinema, del giornalista e critico Alberto Barbera; un nome che nel corso degli anni è diventato una garanzia per l’importanza di questo evento.
Presidenza e composizione della Giuria di Venezia 81
Quest’anno la Mostra ha chiamato un nome di risalto internazionale per la presidenza della Giuria di Venezia 81. Sarà l’attrice francese Isabelle Huppert a guidare la squadra che assegnerà i principali premi e il Leone d’Oro. L’Huppert a Venezia ha vinto due Coppe Volpi come miglior attrice: nel 1988 per il film “Un affare di donne” e nel 1995 per “La cérémonie – Il buio nella mente”, senza contare tutti gli altri riconoscimenti internazionali. Oltre alla Presidente, faranno parte della Giuria il regista e sceneggiatore americano James Gray; il regista e sceneggiatore britannico Andrew Haigh; la regista, sceneggiatrice e produttrice polacca Agnieszka Holland; il regista e sceneggiatore brasiliano Kleber Mendonça Filho; il regista, sceneggiatore e produttore mauritano Abderrahmane Sissako; il regista e sceneggiatore italiano Giuseppe Tornatore; la regista e sceneggiatrice tedesca Julia von Heinz; l’attrice cinese Zhang Ziyi.
Preapertura il 27 agosto
La sera del 27 agosto vi sarà la consueta preapertura con la proiezione a 50 anni dalla scomparsa dell’attore e regista Vittorio De Sica del suo Oro di Napoli (1954), un grande classico della commedia italiana interpretato da Eduardo De Filippo, Sophia Loren, Silvana Mangano, Paolo Stoppa e Totò.
Madrina di Venezia 81
L’attrice Sveva Arditi è la madrina di Venezia 81 che aprirà ufficialmente l’evento il prossimo 28 agosto e condurrà la cerimonia di chiusura. Romana, 40 anni, modella a 17, a Venezia si era vista nel 2011 nel cortometraggio “Alice” di Roberto De Paolis, ma il vero successo è arrivato nel 2016 quando la regista Liza Azuelos l’ha scelta per il biopic “Dalida”, ruolo che le è valso una candidatura come miglior attrice emergente ai Césars del 2018. L’anno seguente è stata conduttrice sul palco di San Remo insieme a Carlo Conti. Ed ora, con una serie di progetti sia cinematografici che di fictions televisive, compresa la regia di un documentario sul mondo femminile, è ormai un’importante attrice di successo.
Leone alla carriera e premi
Anche quest’anno la Mostra assegnerà una serie di importanti riconoscimenti. Al regista australiano Peter Weir (1944, Sidney) verrà attribuito il premio alla carriera. Suoi sono alcuni film indimenticabili come “Picnic ad Hanging Rock” (1975), “Gli anni spezzati” (1981) con Mel Gibson, “Witness il testimone” (1985), e ancora “L’attimo fuggente” (1989) con Robin Williams e “The Truman Show” (1998) con Jim Carrey, questi ultimi due presentati a Venezia. Oltre a ricevere il Leone alla Carriera il regista verrà omaggiato con la proiezione del film del 2003 “Master & Commander” interpretato da Russell Crowe e Paul Bettany.
Il regista e sceneggiatore francese Claude Lelouch (1937, Parigi) che ha diretto celebri film come “Un uomo, una donna”, “Una donna e una canaglia”, “La belle histoire”, riceverà il premio Cartier Glory to the Filmmaker dedicato a una personalità che abbia segnato in modo particolarmente originale il cinema contemporaneo. La consegna del premio avrà luogo il 2 settembre nella Sala Grande del Palazzo del Cinema prima della proiezione fuori concorso del suo nuovo film, Finalement interpretato da Kad Merad, Elsa Zylberstain, Michel Boujenah, Sandrine Bonnaire, Barbara Pravi e Françoise Gillard.
La Biennale di Venezia e il marchio Campari hanno inoltre deciso di attribuire alla scenografa Paola Comencini (Roma, 1951.) il premio Campari Passion for Film. Tra i film che ha curato vi sono “C’è ancora domani”, “La bestia nel cuore”, “Romanzo criminale”. Il riconoscimento le verrà consegnato il 6 settembre in Sala Grande prima della proiezione fuori concorso del suo ultimo film Il tempo che ci vuole (Italia/Francia, 110’) interpretato da Fabrizio Gifuni e Romana Maggiora Vergano, di cui la Comencini è l’autrice delle scenografie. La storia è autobiografica di un padre, Luigi, il grande regista e una figlia. Il cinema e la vita. L’infanzia che sembra perfetta e poi diventare grandi sbagliando tutto. Cadere e rialzarsi, ricominciare, invecchiare, diventare fragili, lasciarsi andare ma non perdersi mai. Il tempo che ci vuole per salvarsi.
Veniamo ora alla rassegna principale e ai titoli italiani presenti alla Mostra del Cinema di Venezia.81.
La selezione ufficiale presenta ben 21 film in concorso rispetto ai 23 dello scorso anno. Sono cinque i film italiani (l’anno scorso erano sei) in concorso:
Campo di battaglia di Gianni Amelio. Il film è ambientato sul finire della Prima Guerra Mondiale. Due ufficiali medici, amici d’infanzia (Alessandro Borghi e Gabriel Montesi) lavorano nello stesso ospedale militare, dove ogni giorno arrivano dal fronte i feriti più gravi. Molti di loro però si sono procurati da soli le ferite, sono dei simulatori, che farebbero di tutto per non tornare a combattere. Nel frattempo scoppierà anche l’influenza della febbre spagnola che colpirà più della guerra e contagerà anche la popolazione civile.
Vermiglio di Maura Delpero. La storia, con echi alla Ermanno Olmi, si svolge verso la fine della Seconda Guerra Mondiale in un piccolo paese di montagna di nome Vermiglio che si trova in Trentino. Lucia, Ada e Livia sono tre sorelle adolescenti inseparabili, figlie di un eccentrico insegnante. Quando in paese arriverà Pietro, un soldato siciliano, Lucia si innamorerà di lui e rimarrà incinta. I due saranno costretti a sposarsi. Ma il destino della coppia coinvolgerà anche le sorelle quando si svelerà un risvolto inatteso che condurrà a un esito drammatico. Tra gli interpreti Tommaso Ragno.
Iddu – L’ultimo padrino di Fabio Grassadonia, Antonio Piazza. Una storia di mafia ambientata nella Sicilia dei primi anni Duemila. Dopo alcuni anni in prigione per mafia, a Catello (Toni Servillo), politico di lungo corso ormai alla deriva, i Servizi Segreti italiani si rivolgeranno per catturare il suo figlioccio Matteo (Elio Germano), ultimo grande latitante di mafia in circolazione. Catello, uomo furbo dalle cento maschere, coglierà astutamente l’occasione per rimettersi in gioco. Il film è liberamente ispirato a un periodo della vita di Matteo Messina Denaro.
Queer di Luca Guadagnino. Il romanzo scandalo di William Burroughs, dal quale è stato tratto il film, è stato talmente censurato da poter uscire solo ed esclusivamente nel 1985, trent’anni dopo la sua scrittura. La storia è incentrata sulla relazione omosessuale tra Lee (Daniel Craig) un espatriato americano che fugge dalla sua terra natia per non essere invischiato in una retata di droga, e si ritrova in Messico dove la sua passione per l’eroina non sembra trovare una fine, e un militare della Marina Militare in congedo, Allerton (Drew Starkey), affetto dalla stessa dipendenza. Lee perderà la testa per il militare. Il film, considerato da Barbera uno tra i migliori film di Guadagnino, si preannuncia molto “hot” e vede protagonista l’ex Bond 007 Daniel Craig in una parte molto forte inusuale.
Diva Futura di Giulia Louise Steigerwalt. Ambientato negli anni Ottanta in Italia è quella di Debora, una studentessa che, per mantenersi indipendente accetterà un lavoro come segretaria presso Diva Futura, l’agenzia fondata nel 1983 da Riccardo Schicchi e Ilona Staller per curare gli interessi delle più famose pornostar italiane dell’epoca: Moana, Cicciolina, Milly D’Abbraccio, Eva Henger. Nei nove anni in cui lavorerà nell’agenzia, Debora capirà che il mondo della pornografia è lontano dagli stereotipi e dai pregiudizi comuni, trascorrendo il periodo più felice, assurdo e divertente della sua vita. Il film è tratto dall’omonimo libro di Debora Attanasio. Tra gli interpreti Pietro Castellitto nel ruolo del manager delle pornostar.
Tra i film “Fuori Concorso” troviamo queste pellicole italiane:
L’orto americano di Pupi Avati. Tratto da l’ultimo romanzo del regista (pubblicato da Solferino), racconta una storia dai contorni gotico-paranormali. Inizia a Bologna alla vigilia della Liberazione: un giovane aspirante scrittore dalla mente contorta, incrocia casualmente lo sguardo di un’ausiliaria americana dal barbiere e se ne innamora follemente. Il suo amore lo condurrà prima nel Midwest da dove proviene la ragazza e poi in una cittadina alla foce del Po dove sembra che la ragazza sia tornata per sposarsi. Lo scrittore scoprirà verità macabre che non si immaginava nemmeno… Sarà il film di chiusura della Mostra del Cinema.
Se posso permettermi Capitolo II di Marco Bellocchio. Il film che vede il contributo di molti attori (da Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Rocco Papaleo, Giorgia Fasce, Filippo Timi, Pier Giorgio Bellocchio, Fabrizio Gifuni, Edoardo Leo) è stato realizzato nell’ambito del corso di alta formazione cinematografica “Bottega XNL – Fare Cinema 2023”. Si tratta del seguito del cortometraggio omonimo realizzato nel 2019 da Marco Bellocchio con i suoi allievi della scuola di cinema di Bobbio.
E ancora in diverse categorie altri film italiani:
Tra le “Proiezioni Speciali” vedremo il film di Sergio RubiniLeopardi, il poeta dell’Infinito, altro biopic dedicato al sommo poeta di Recanati, con un ritratto inedito ma storicamente coerente di Leopardi, il formidabile talento che ha incendiato con le sue opere passioni amorose e ideali politici. Dall’infanzia alla fuga dall’opprimente ambiente familiare, dalle prime amicizie fuori dal borgo antico fino all’amore non ricambiato per la bellissima Fanny Targioni Tozzetti, la più corteggiata delle nobildonne fiorentine.
Nella categoria “Non Fiction – Fuori Concorso” è presente il documentario Bestiari, erbari, lapidari di Massimo d’Anolfi, Martina Parenti. Una sorta di “enciclopedia” visiva, diviso in tre atti ognuno dei quali tratta un singolo soggetto: gli animali, le piante, le pietre. Invece nella categoria “Venezia 81 Series” dove sono presentate anche le serie televisive potremo assistere alla visione di M. Il figlio del Secolo di Joe Wright (Episodi 1-8) con Luca Marinelli, Francesco Russo, Barbara Chichiarelli, Benedetta Cimatti, Lorenzo Zurzolo, Gaetano Bruno, Paolo Pierobon, Vincenzo Nemolato. L’adattamento all’omonimo romanzo dello scrittore Antonio Scurati che ha dedicato a Mussolini.
Nonostante, di e con Valerio Mastandrea
Ad aprire la rassegna “Orizzonti” sarà il film dal titolo Nonostante, diretto dall’attore, regista e sceneggiatore Valerio Mastandrea. Una commedia imperniata sulla storia di uomo che trascorre serenamente le sue giornate in un ospedale senza troppe preoccupazioni e quella condizione sembra il modo migliore per vivere la sua vita, al riparo da tutto e da tutti, senza responsabilità e problemi di alcun genere. Seguiranno poi Familia di Francesco Costabile che racconta la storia di due fratelli, Luigi e Franco e una madre, Licia. Il padre violento è andato via di casa. Luigi sfogherà la sua rabbia unendosi a un gruppo di estrema destra. Il ritorno del padre dopo molto tempo riaccenderà i conflitti ormai sepolti. Con Francesco Gheghi, Barbara Ronchi, Francesco Di Leva, Marco Cicalese, Francesco De Lucia, Stefano Valentini. E ancora, Diciannove di Giovanni Tortorici. La storia di un diciannovenne di Palermo che lascia Londra, dove studia economia, per trasferirsi a Siena ed iniziare la facoltà di lettere. Il viaggio introspettivo tra i ricordi del protagonista mostra la sua maturazione mentre è alla ricerca del proprio posto del mondo.
In “Orizzonti Extra” troviamo Vittoria di Alessandro Cassigoli, Casey Kauffman. La storia di una donna di quarant’anni, Jasmine, con una famiglia serena e il suo lavoro a Torre Annunziata. Tuttavia, dopo la morte del padre e il sogno ricorrente di una bambina che le corre incontro per abbracciarla, Jasmine farà di tutto per intraprendere un complicato percorso per un’adozione internazionale che metterà a rischio anche l’equilibrio della sua famiglia. Altro film è La storia del Frank e della Nina, di Paola Randi, e vede protagonisti tre adolescenti che vivono una storia d’amore e di amicizia a Milano. Due ragazzi che fanno i graffitari, Carlo e Frank, un giorno si imbatteranno in Nina, mamma a soli 15 anni che sta fuggendo da un matrimonio forzato. I tre ragazzi decideranno di scappare dalla città per formare una nuova famiglia fuori dall’ordinario.
Tra i “Corti di Orizzonti” in concorso troviamo l’animazione Il burattino e la balena di Roberto Catani e Renè va alla guerra di Mariachiara Pernisa, Luca Ferri, Morgan Menegazzo mentre fuori concorso ci sarà FII – Lo stupore del mondo di Alessandro Rak con Massimiliano Gallo, Alessandro Rak, Gianmaria Fresa.
Per “Biennale College Cinema” che permette a giovani esordienti di seguire corsi per diventare registi di film a micro-budget si vedrà Il mio compleanno di Christian Filippi (Italia, 90’) con Zackari Delmas, Silvia D’Amico, Giulia Galassi, Simone Liberati, Federico Pacifici, Nicolò Medori, Carlo De Ruggieri.
Segnaliamo inoltre per “Venezia Classici” i due interessanti documentari Carlo Mazzacurati – Una certa idea di cinema di Mario Canale, Enzo Monteleone (Italia, 96’. Doc.) sulla vita e i lavori dello straordinario regista veneto che ci ha lasciati troppo presto, e Volontè, l’uomo dai mille volti di Francesco Zippel (Italia, 96’. Doc), un ricordo del grande attore che ha segnato gli anni Settanta-Ottanta del Cinema italiano con il contributo di chi lo ha conosciuto da vicino.
Quest’anno sarà anche una kermesse ricca di film e divi internazionali che sbarcheranno al Lido.
Lady Gaga e Joaquin Phoenix interpreti di Joker: Folie à Deux
A iniziare dal regista Tim Burton a cui spetterà il film d’apertura Beetlejuice Beetlejuice, e il suo cast, con Michael Keaton, Willem Dafoe, Winona Rider e Monica Bellucci e la giovane emergente Jenna Ortega. Invece Tilda Swinton, Julianne Moore e John Turturro verranno con il regista Pedro Almodovar che presenterà il suo primo film girato in inglese, The Room Next Door. Adrian Brody, Guy Pearce e Felicity Jones saranno con il regista statunitense Brady Corbet per presentare The Brutalist. Daniel Craig e Jason Schwartzman invece arriveranno insieme al regista Luca Guadagnino per lo scandaloso Queer. Il regista argentino Pablo Larrain porterà una nuova biopic dedicata a un’altra carismatica figura femminile: Maria, un lavoro dedicato all’immortale soprano Maria Callas interpretata da Angelina Jolie. Nel cast anche Pierfrancesco Favino, Valeria Golino e Alba Rohrwacher. Ma sul red carpet l’attesa sarà soprattutto per Lady Gaga e Joaquin Phoenix interpreti di Joker:Folie à Deux, secondo capitolo del personaggio anti-Batman dalla risata malvagia dei fumetti della DC Comics, diretto ancora una volta da Todd Phillips. E ancora, sono attesi Nicole Kidman, Antonio Banderas e Harris Dickinson interpreti del film ad alto tasso erotico Babygirl della regista Halina Reijn. Gli attori George Clooney e Brad Pitt che questa volta lavorano insieme nel film d’azione Wolfs. E ancora, arriveranno Vincent Lindon, Caleb Landry Jones, Jude Law, Cate Blanchett, Kevin Kline, Sigoruney Weaver, mentre Richard Gere sarà l’ospite d’onore del gala annuale di amfAR, la fondazione per la Ricerca sull’Aids. E ci sarà anche Kevin Costner che presenterà i primi suoi capitoli 1 e 2 dedicati al western Horizon: An American Saga.
Insomma, sarà una Mostra del Cinema sfavillante di stelle che faranno la gioia del pubblico e dei fans di ogni età alla ricerca di un selfie o di un autografo con i divi. Che la Mostra abbia inizio.
Articolo di Andrea Curcione-Fonte Altritaliani.net
Andrea Curcione è nato e risiede a Venezia dal 1964. Laureato in Storia all’Università Ca’Foscari di Venezia, ama i libri, la scrittura, la fotografia e il disegno. Giornalista pubblicista, ha pubblicato alcuni racconti e romanzi noir di ambientazione veneziana. Si occupa soprattutto di critica cinematografica, ma per Altritaliani scrive anche di avvenimenti culturali e mostre di particolare interesse che si inaugurano nella città lagunare
Descrizione-Harold Bloom ha scritto che “con l’eccezione di Shakespeare” Emily Dickinson dimostra più originalità cognitiva di qualsiasi altro poeta occidentale dopo Dante, e che i critici quasi sempre sottovalutano la sua sorprendente complessità intellettuale. Forse anche per questa complessità, quasi un prisma che moltiplica immagini, luci, sensi, la poetessa che dalla sua stanza ha inviato una “lettera al mondo” colma di verità distillate in solitudine, continua ad attirare ovunque “biografi, filologi, docenti, studiosi, traduttori, critici” (Vivian Lamarque). E soprattutto lettori, catturati e conquistati dall’enigma di Emily, “piccola come lo scricciolo” e vestita sempre di bianco. I suoi versi concisi, intensi e misteriosi ritraggono ciò che la circonda: animali, fiori, piante, voci di una poesia spesso definita oracolare. Da un isolato punto di osservazione lo sguardo acutissimo di Emily ha saputo individuare e ampliare i limiti dell’espressione e della comprensione, indicare nuovi significati, vedere oltre la vita. Ha saputo creare un linguaggio nuovo per suggerire sensi inediti, pause come improvvise deviazioni nel volo degli uccelli: forse indecifrabili, ma ipnotiche, libere.
Crocetti Editore
Traduzione: Barbara Lanati;
Pagine: 96
Prezzo: € 7,00
ISBN: 9788883064326
Data Uscita: 02/07/2024
LA CASA EDITRICE CROCETTI
Fondata nel 1981 dal grecista e traduttore Nicola Crocetti, la casa editrice Crocetti è specializzata nella pubblicazione di opere di poesia e di letteratura neogreca, omaggio alle origini del suo fondatore.
In quasi quarant’anni di attività, la Crocetti ha pubblicato numerose opere di poeti italiani e stranieri, tra cui i Premi Nobel Ghiorgos Seferis, Odisseas Elitis, Saint-John Perse, Derek Walcott e Tomas Tranströmer. Nel catalogo figurano inoltre volumi di Emily Dickinson, Antonio Machado, Walt Whitman, Ghiannis Ritsos, Costantino Kavafis, Louis Aragon, Kahlil Gibran, Rainer Maria Rilke, Edna St. Vincent Millay, Paul Valéry, Simone Weil, Yehuda Amichai, Anne Sexton, Manolis Anaghnostakis, Adrienne Rich, Jaime Saenz, Carol Ann Duffy, Thomas Bernhard. Quasi tutti i volumi sono pubblicati con il testo originale a fronte.
Tra gli autori italiani in catalogo, troviamo Alda Merini, Franco Loi, Antonella Anedda, Giovanni Raboni, Maria Luisa Spaziani, Antonio Porta, Cesare Viviani, Milo De Angelis, Aldo Nove, Giorgio Manganelli, Mariangela Gualtieri, Maria Grazia Calandrone, Pierluigi Cappello.
Oltre alle opere di singoli autori, la Crocetti ha inoltre pubblicati alcuni volumi collettanei, come le antologie della poesia basca, svedese, russa, greca e svizzera di lingua tedesca.
Da alcuni volumi editi dalla Crocetti sono stati tratti spettacoli teatrali interpretati da importanti attori italiani. Ne sono un esempio alcuni monologhi drammatici di Ghiannis Ritsos, portati sul palcoscenico, tra gli altri, da Moni Ovadia, Paolo Rossi, Anna Bonaiuto, Elisabetta Vergani, Isabella Ragonese, Luigi Lo Cascio ed Elisabetta Pozzi.
Nel 1995 alle collane di poesia si è aggiunta la collana di narrativa neogreca “Aristea”, che ha proposto ai lettori alcuni dei romanzi greci più venduti e letterariamente più rilevanti del Ventesimo secolo, finora assolutamente sconosciuti al pubblico italiano.
Nel 2020 la Crocetti è stata acquisita dal gruppo Feltrinelli e ha inaugurato questa nuova fase cominciando a ristampare i titoli che l’hanno resa una delle più prestigiose case editrici italiane.
LA RIVISTA “POESIA”
Nel gennaio 1988 Nicola Crocetti ha fondato “Poesia”, la rivista mensile di cultura poetica più diffusa d’Europa. Fin dal primo numero, le caratteristiche principali di “Poesia” sono state: il taglio internazionale e informativo, la distribuzione capillare nelle edicole e un apparato iconografico che finalmente consentiva ai lettori di conoscere i volti dei poeti.
La distribuzione nelle edicole ha permesso alla rivista di raggiungere un pubblico molto vasto, distribuito su tutto il territorio nazionale. La tiratura di “Poesia” ha raggiunto in passato le 50.000 copie. Molte tra le maggiori Università europee e tra le più prestigiose Università americane sono abbonate alla rivista fin dal primo numero. Nei suoi trentatré anni di vita, “Poesia” ha venduto complessivamente circa tre milioni di copie.
L’alto interesse non solo italiano nei confronti di questa rivista può essere verificato digitando la parola “poesia” sul motore di ricerca Google: su oltre cento milioni di pagine la rivista “Poesia” risulta in prima posizione tra quelle regolarmente visitate.
Del comitato di redazione di “Poesia”, garante del suo alto livello culturale, fanno o hanno fatto parte sei Premi Nobel per la Letteratura (il russo-americano Joseph Brodsky, il caraibico Derek Walcott, l’irlandese Seamus Heaney, il greco Odisseas Elitis, il polacco Czesław Miłosz e lo svedese Tomas Tranströmer), oltre a poeti di fama nazionale e internazionale, come Yves Bonnefoy, Tony Harrison, Charles Wright, Adam Zagajewski, Durs Grünbein, Paul Muldoon, Antonella Anedda, Milo De Angelis, Nicola Gardini, Franco Loi, Vivian Lamarque, Silvio Ramat.
Dopo che per i primi tre anni “Poesia”è stata diretta dai poeti Patrizia Valduga e Maurizio Cucchi, nel 1991 la direzione è stata assunta da Nicola Crocetti, e la rivista si è sempre più caratterizzata per la sua vocazione internazionale. Nei 358 numeri usciti con cadenza mensile fino all’aprile 2020 e nelle sue 30.000 pagine, la rivista ha proposto centinaia di articoli su poeti tradotti per la prima volta in italiano e di nuove traduzioni di poeti ancora sconosciuti in Italia. In totale ha pubblicato quasi 3.500 poeti, tra i maggiori a livello nazionale e internazionale, e oltre 36.000 poesie tradotte da una quarantina di lingue, quasi sempre con il testo originale a fronte.
La casa editrice Crocetti ha organizzato anche diversi festival di poesia. In collaborazione con il Comune di Parma e il Teatro Due, dal 2004 al 2012 ha curato la sezione internazionale del Festival di poesia di Parma, uno dei più prestigiosi appuntamenti culturali di quegli anni, al quale sono intervenuti alcuni dei maggiori poeti del mondo.
Nel 2003 il Ministero dei Beni Culturali ha assegnato a “Poesia”un riconoscimento per la sua attività di diffusione della poesia in Italia, consegnato al direttore della rivista Nicola Crocetti il 12 maggio 2003 al Quirinale dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
Con il passaggio al gruppo Feltrinelli, dal maggio 2020 “Poesia” ha cambiato veste grafica, periodicità (da mensile in bimestrale) e canale distributivo (dalle edicole alle librerie). Non è mutata, però, la passione con cui i suoi redattori e i collaboratori raccontano da trentaquattro anni il mondo poetico italiano e internazionale.
Per attivare l’abbonamento a “Poesia” scrivi a info@poesia.it . Otterrai tutte le informazioni.
I numeri arretrati di “Poesia” (nuova serie) sono ordinabili in libreria (certamente nelle Librerie Feltrinelli) e nei principali store online (lafeltrinelli.it, ibs.it, Amazon.it ecc).
Nel nostro magazzino sono disponibili molti titoli del catalogo Crocetti, chiedi al tuo libraio di fiducia di ordinarteli. In caso di difficoltà o per ulteriori informazioni scrivi a info@poesia.it
Spoltore(Pescara) il primo festival dedicato alla scrittura d’amore
La poesia internazionale a Spoltore per il primo festival dedicato alla scrittura d’amore – Scrive la poetessa palestinese di Gaza Dunya al-‘Amal Ismail: “Avessi scelta/ nasconderei la mia stanca età in un armadio segreto/ irraggiungibile dagli aerei da guerra/ e raccoglierei la mia anima in un cesto di rose./ Avessi scelta/ rammenderei il cappotto della nostalgia/ e ricamerei lune di speranza per due innamorati/ che rubano un bacio tra un bombardamento, una tregua e un fugace attimo d’amore”.
A lei fa eco Elham Hamedi, poetessa iraniana: “Le mani dell’amore sono diventate blu nel bagno del tempo/ E ancora i miei capelli/ Come un pesce ubriaco/ Nelle mani di un amore, non sanno dove andare/ Il dubbio nel comprendere la luce mi ha avvicinato al baricentro dell’acqua/ Il mondo fa un passo avanti e due passi indietro a differenza della mente in movimento di un albero/ Il mondo trema sotto la pelle della guerra con la sosta di uno sguardo sbagliato/ Spara le tue mani blu nell’oscurità/ Forse la luna respira ancora nell’inconscio di uno stagno/ Le tue mani blu sono un pentagramma/ Una versione dei cinque elementi della natura/ Inizia ad accarezzare i capelli disordinati del mondo/ Forse la pioggia della tua mano porterà un vicolo ai miei passi/ E anche una finestra nelle mani di una donna per respirare”. Saranno le due scrittrici a ricevere il premio internazionale e della Giuria nell’ambito della prima edizione del Premio Città di Spoltore.
Inni poetici alla pace e all’amore risuoneranno nella Piazza D’Albenzio di Spoltore, dove si svolgeranno venerdì 6 settembre e sabato 7 settembre alle 18 e 30, le iniziative previste per il “Festival Scrittura d’Amore”, culminanti nella inaugurazione della prima piazza del mondo “Messaggera d’Amore” che rientra nell’ambito di “Interamiamoci”, un progetto che vuole promuovere l’unione dei popoli in nome dei messaggi dell’amore, per creare una rete di solidarietà e di rispetto e di cura per la vita di tutte le creature.
Massimo Pamio, direttore del Museo della Lettera d’Amore, che ha promosso l’iniziativa con la parrocchia di Torrevecchia Teatina, specifica che: “I messaggi d’amore provenienti da tutto il mondo saranno raccolti e conservati fisicamente presso il Museo della Lettera d’Amore e digitalizzati. Ci proponiamo di creare un Comitato internazionale dell’Unione dei Popoli attraverso messaggi d’amore; ogni anno il Comitato deciderà di compiere il gesto simbolico di portare fisicamente tutti i messaggi raccolti in un luogo abbisognevole. Ogni anno verranno raccolti i messaggi e promosso un incontro internazionale nel corso del quale si sosterrà il progetto di proclamare nel pianeta un minuto di raccoglimento in cui venga condiviso il pensiero dell’amore verso tutti gli altri esseri umani e verso tutte le creature”.
L’iniziativa, promossa dal Comune di Spoltore, è organizzata da Abruzziamoci odv in collaborazione con il Museo Lettera d’Amore, In Service srl, l’associazione Il pensiero divergente, e i contributi dell’Azienda Biologica Alfredo D’Eusanio e di Julia Gas. Il 6 settembre la cerimonia di consegna del premio di poesia d’amore “Marco Tornar”, ospiti Francesca e Lorenza Tornar, che ricorderanno lo scrittore abruzzese. Presenteranno Anna Di Giorgio e Antonella De Collibus, che introdurranno il Sindaco Dott.ssa Chiara Trulli e l’Assessore alla Cultura Dott.ssa Nada Di Giandomenico per i saluti istituzionali.
“E’ con orgoglio” – sottolinea il sindaco Chiara Trulli – “che diamo il via a una manifestazione culturale di così alto livello, che coinvolge alcune delle personalità letterarie più valide e apprezzate e crea un premio prestigioso legato al nome della nostra città. Ringrazio gli amministratori comunali e tutti i volontari delle associazioni che hanno reso possibile questa due giorni che, ne sono certa, potrà avere un seguito e continuare a migliorarsi nel futuro”.
Seguirà una lettura da Florilegio d’amore, con Enrico Guerra e Cam Lecce. La giuria formata da Nicoletta Di Gregorio (Presidente), Annamaria Giancarli, Enrico Guerra, Daniela Quieti, Stevka Smitran ha assegnato i seguenti premi: Premio internazionale a Dunya al-‘Amal Ismail, parteciperà il Prof. Simone Sibilio dell’Università di Venezia; Premio Speciale del Presidente alla poetessa iraniana Elham Hamedi, Premio alla carriera a Giuseppe Rosato, Premio Speciale della Giuria ad Anna Manna.
Verranno poi consegnati i premi per il concorso Poesia d’amore a: Antonio Alleva, primo classificato, Marco Palladini, secondo, terzi ex aequo Ugo Capezzali e Marcello Marciani. Menzioni di Merito per: Antonella Caggiano, Federica D’Amato, Grazia Di Lisio, Giuliana Giancarli. Segnalati: Pietro Assetta Proietto, Mauro Barbetti, Giancarlo Bufacchi, Maria D’Alessandro, Valeria Di Felice, Giuseppina Fazio, Nicoletta Fazio, Erika Maffei, Esmail Mohamed, Hebe Munoz, Marco Pavoni, Anna Polidori, Raffaele Rubino, Alessio Scancella, Silvia Zuccarini.
A seguire, presso il palazzo di Piazza D’Albenzio saranno inaugurate la mostra “Il Museo Viaggiante” a cura di Massimo Pamio, Lea Contestabile, Annarita Melaragna, Vito Bucciarelli, a cui partecipano le Artiste italiane Greta Bisandola, Simona Bramati, Anna Muzi Falconi, e la mostra “Pier Giorgio D’Angelo legge Robert Capa La guerra! – Un racconto per immagini”di Pier Giorgio D’Angelo. Sabato 7 settembre alle ore 18 e 30 in Piazza D’Albenzio si svolgerà la prima edizione del premio per il romanzo d’amore intitolato a Ugo Riccarelli. Ospite Roberta Bortone che ricorderà lo scrittore. La giuria formata da Lucilla Sergiacomo (Presidente), Antonella Perlino, Massimo Pamio, Marco Tabellione, Milvia Di Michele, Presidente onoraria Roberta Bortone, ha assegnato i riconoscimenti a Barbara Alberti e Paolo Di Paolo.
Seguirà l’inaugurazione di Piazza D’Albenzio come prima Piazza Messaggera d’Amore. Parteciperanno il Sindaco di Spoltore Dott.ssa Chiara Trulli, il Sindaco di Torrevecchia Teatina Dott. Francesco Seccia; la Dott.ssa Marta Bucciarelli, in rappresentanza dello Spazio Sfera di Milano Bussero; Francesco Di Domenico in rappresentanza de Le Tartarughe di Piazza Mattei di Roma, Silvia Di Cicco in rappresentanza del CSCS di Loreto. Sarà apposta una targa e sarà compiuta una raccolta messaggi d’amore per la cassetta postale realizzata appositamente da Guido Di Nicolantonio, così come il logo è stato creato dall’Artista Albano Paolinelli.
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Dunya al-‘Amal Ismail(Gaza, 1971) è una poetessa palestinese. Si diploma all’Università di Gerusalemme in giornalismo e comunicazione, poi in lingua araba all’Università del Cairo in Egitto. Dal 1994 vive a Gaza. Scrive per numerosi quotidiani e riviste, anche estere. Dal 2000 si occupa di questioni femminili e di comunicazione.
Elham Hamedi (Shiraz, Iran, 1967) è un’Artista multimediale, pittrice, scrittrice, poeta. È membro permanente dell’Associazione scientifica delle arti visive dell’Iran, membro esecutivo della Writers Capital International Foundation (WCIF). Ambasciatore IFCH. È autrice del libro di poesie dal titolo “Un colpo alla testa era uno Zaqboor”. Le sue opere sono presenti in numerose mostre e antologie internazionali. Laureata in Ricerca Artistica e in Radiologia, coniuga lo studio del corpo a livello medico con le materie artistiche in una relazione psicoanalitica. Ha ricevuto numerosi premi letterari internazionali pubblicando raccolte e scritti in prosa e poesia su riviste e cataloghi specializzati con importanti case editrici. Recentemente è stata nominata una delle “50 donne indimenticabili dell’Asia” e il “Pilastro della cultura asiatica” nel grande progetto “Stoccolma 2025” in cinque volumi in 5 continenti (2024). Vincitrice del Premio Letterario Internazionale 2022 dal titolo “Donne per la Cultura e la Pace” (MESTRE/VENEZIA/Italia).
Giuseppe Rosatoè uno dei maggiori poeti italiani. Dopo essersi laureato all’Università di Pavia, debutta come poeta con la raccolta L’acqua felice nel 1957. In seguito pubblicherà numerosi libri di versi, in lingua e dialetto, di narrativa, di prose, di aforismi, oltre ad operine satiriche e parodistiche. Ha diretto la rivista “Dimensioni” (1957-1974), la rivista “Quest’arte” (1977-1986) e collaborato con numerose testate giornalistiche, realizzando servizi e trasmissioni culturali per la RAI, monografie su artisti contemporanei, antologie per le scuole. Ha vinto prestigiosi premi letterari, il “Carducci”, il “Pascoli”, il “Dessì”. È stato insignito del “Frentano d’oro”. Nel 2022 ha ricevuto il Premio “Camaiore” alla carriera.
Anna Manna, nata a Gaeta, vive da sempre a Roma dove nel 1973 si è laureata in Lettere Moderne presso La Sapienza. È figlia d’arte, suo padre lo scrittore Gennaro Manna (Tocco Casauria, 1922 – Roma, 1990). Poetessa, scrittrice, saggista e, ha svolto intensa attività culturale a Roma e a Spoleto, fondatrice e organizzatrice di premi letterari di rilievo nazionale. Ha pubblicato numerose raccolte di poesia, curato l’antologia Poesie per Karol (2005), Le rosse pergamene. Poesie d’amore1972-2000, Maree amare – Mare e amare (2007). La sua poesia è stata adattata in musica a Recanati (MC) presso il prestigioso Centro Mondiale della poesia negli anni 2000, inserita nel progetto “Il senso dei sensi” a Spoleto (2011) ed esposta a L’Aquila nella Mostra “Corrispondenze” patrocinata dall’UNESCO (2012). Ha pubblicato romanzi e raccolte di racconti e numerosi testi di saggistica. Numerosi i premi letterari che le sono stati attribuiti tra cui il “Teramo” per un racconto, il “Calliope di poesia”, lo “Ziré d’Oro” e molti altri.
Barbara Alberti, scrittrice, sceneggiatrice, drammaturga, giornalista, opinionista, personaggio televisivo, attrice e conduttrice radiofonica italiana. Laureata poi in Filosofia alla Sapienza, esordisce con il picaresco Memorie malvagie, a cui seguiranno Donna di piacere, Il signore è servito, Tahiti Bill, Sbrigati Mama, Scommetto di sì, Fulmini, con pseudonimi, Buonanotte Angelo, Povera bambina, Dispetti divini, Parliamo d’amore, Gianna Nannini da Siena, Il promesso sposo. Romanzo popolare, Vocabolario dell’amore, La donna è un animale stravagante davvero, Gelosa di Majakovskij, L’amore è uno scambio di persona, Il principe volante, Il ritorno dei mariti, Letture da treno. Diciassette opere letterarie e un melodramma, Riprendetevi la faccia, Sonata a Tolstoj, Amore è il mese più crudele, Lezioni d’amore, Lezioni d’amore. Gelosia, La guardiana del faro. [Storie di amori e di scritture], Non mi vendere, mamma!, Francesco e Chiara, Mio signore, Amores, Tremate, tremate. Le streghe son tornate. È anche coautrice di sceneggiature cinematografiche, tra cui Il portiere di notte di Liliana Cavani, Maladolescenza di Pier Giuseppe Murgia, Io sto con gli ippopotami, Monella e Melissa P. (2005) e autrice di testi teatrali (Ecce homo). Dal 1983 al 1998 ha tenuto la rubrica Parliamo d’amore sul settimanale Amica. Nel 1983 scrive una rubrica su Penthouse chiamata Luci rosse. Dal 2009 gestisce una pungente rubrica settimanale (La posta di Barbara Alberti) su Il Fatto Quotidiano. Attualmente tiene, inoltre, una rubrica di corrispondenza coi lettori sul settimanale Gioia. Scrive anche sui settimanali Confidenze e D-La Repubblica delle Donne. Partecipa abitualmente come opinionista a diversi talk show televisivi, da Pomeriggio 5 a L’Italia sul 2. Fino a settembre 2013 ha condotto La guardiana del faro, un programma settimanale in onda la domenica mattina dalle 9 alle 10 su Radio 24. Nel 2018 ha partecipato come concorrente a Celebrity Masterchef, venendo eliminata nella seconda puntata. Da gennaio 2020 partecipa come concorrente alla quarta edizione del Grande Fratello VIP, da cui si ritira per motivi personali nella prima metà di febbraio; sempre nello stesso anno, partecipa come ospite e giudice del sintony test al programma televisivo La pupa e il secchione. Da settembre a novembre del 2022 è curatrice della rubrica La posta del cuore, ospite e giurata della trasmissione BellaMa’. Nel corso del festival Liberevento (che si svolge in diverse località della Sardegna) il 25 agosto 2022 riceve dalle mani del poeta Beppe Costa il Premio alla carriera.
Paolo Di Paolo è scrittore. Laureato in Lettere alla Sapienza, ha ottenuto un dottorato di ricerca in Studi di storia letteraria e linguistica italiana all’Università degli Studi Roma Tre. Nel 2003 è stato tra i cinque finalisti nazionali del Premio Campiello Giovani. Ha esordito nel 2004 con i racconti Nuovi cieli, nuove carte. Nel 2008 ha pubblicato il romanzo Raccontami la notte in cui sono nato. Al 2009 risale la prima edizione di Questa lontananza così vicina. Nel 2011 è uscito Dove eravate tutti vincitore Premio Mondello, Superpremio Vittorini. Nel 2013 Mandami tanta vita finalista Premio Strega e vincitore del Premio Salerno Libro d’Europa] e del Premio Fiesole Narrativa Under 40. Ha pubblicato poi Una storia quasi solo d’amore, Lontano dagli occhi, Premio Viareggio Romanzo senza umani, finalista allo Strega 2024. Ha curato diversi libri in forma di dialogo: Un piccolo grande Novecento, con Antonio Debenedetti (Manni, 2005), Ho sognato una stazione. Gli affetti, i valori, le passioni, con Dacia Maraini, Risalire il vento, con Raffaele La Capria,Queste voci queste stanze, con Elio Pecora. In Ogni viaggio è un romanzo ha raccolto le voci di diciannove scrittori italiani sul rapporto tra letteratura e viaggio, Inventarsi una vita, un dialogo con Claudio Magris. Ha scritto e curato libri su Antonio Debenedetti, Antonio Tabucchi e nel 2017 in Vite che sono la tua racconta 27 opere letterarie che hanno segnato la sua formazione. Per il teatro ha scritto Il respiro leggero dell’Abruzzo, dedicato a pagine di grandi scrittori sull’Abruzzo e portato in scena da Franca Valeri, Milena Vukotic, Arnaldo Ninchi, L’innocenza dei postini messo in scena durante il Napoli Teatro Festival Italia 2010, Wet Market. La fiera della (nostra) sopravvivenza, spettacolo con regia collettiva a cura della Compagnia permanente di Ert. Ha scritto libri per bambini e ragazzi: La mucca volante, Giacomo il signor bambino, La Divina commedia raccontata da Paolo Di Paolo, Papà Gugol, I desideri fanno rumore, Trovati un lavoroe poi fai lo scrittore. Collabora con La Repubblica, L’Espresso e Vanity Fair. Conduce dal 2006 le Lezioni di Storia all’Auditorium Parco della Musica di Roma, nel 2008 è stato uno dei volti della trasmissione culturale di Raitre Gargantua, condotta da Giovanna Zucconi. Dal 2020 conduce la trasmissione radio settimanale “La lingua batte” su Rai Radio 3.
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